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Interno della Sorgente Gabriele |
Uno dei grandi temi che riveste un interesse rilevante, in ambito sociale e culturale, è legato al tema della natura e delle bellezze che da essa traspaiono. Da esperto paesaggistico e scenografo ambientale, spesso colgo occasione di entrare in comunione profonda con la natura, considerandola
Esterno della Sorgente Gabriele |
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luogo di delizia e benessere, materiale e contemplativo.
A Palermo, sotto la via Umberto Maddalena, meglio conosciuta dai palermitani come “La Conigliera”, su di un terreno dell’Acquedotto di Palermo, immerso, in mezzo a una vegetazione di macchia mediterranea, si trova uno scrigno d’acqua, con piccole sorgenti che affiorano tra le rocce, raccolte in un cristallino laghetto, denominato Gabriele. Un luogo di una bellezza sconfinata, di cui sono rimasto affascinato.
Ho cercato di attingere notizie in merito alla sorgente, confrontandomi con l’addetto stampa dello stesso acquedotto palermitano, Francesca Currieri.
“Si tratta di una delle quattro fonti che contribuiscono all’approvvigionamento idrico della città” (inizia così il racconto della Currieri). “La storica Sorgente del Gabriele, tra le vie d’acqua che scorrono
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Francesca Currieri |
nelle viscere di Palermo, è senza dubbio la più affascinante e carica di storia. Il nome deriva dall’arabo “Al Garbal” e vuol dire “Grotta Irrigante” e viene usato per designare, quattro sorgenti naturali, denominate Gabrielotto, Cuba, Nixio e Campofranco. Trattasi di 4 affioramenti di acqua, che risalgono ai primi del 700, molto vicini fra loro. Già durante la dominazione araba, queste acque venivano impiegate, non solo per usi igienici e domestici, ma anche per alimentare i mulini, allora numerosi in città e i bacini della Zisa e della Cuba. Inoltrandosi nel cuore delle sorgenti del Gabriele, ci si tuffa in un luogo fresco, dove l’acqua fluisce limpida e abbondante, scorrendo attraverso le rocce, formando bolle d’aria che danno vita a suggestivi cerchi concentrici e giochi d’acqua. E’ possibile udire il gorgoglio dell’acqua che fluisce dalle rocce e scorre sul fondo trasparente, in mezzo alle pietre, per poi insinuarsi nei cunicoli che la convogliano al ricettacolo, detto “Magistrale”. Suggestivo anche il laghetto formato dalla sorgente del Gabriele, che mantiene una temperatura costante sia in estate che in inverno. Le sorgenti del Gabriele hanno un grande valore storico e sono legate a uno dei più importanti servizi, offerti ai cittadini: quello dell’erogazione dell’acqua.
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Interno della Sorgente Gabriele |
Nella penombra, si nota una scala ripida che conduce ad un ambiente fresco, coperto da un tetto, sostenuto da travi in cemento armato.
La fonte è provvista di illuminazione artificiale di tipo a led che, permette di godere al meglio, questa meraviglia della natura. L’acqua, che affiora tra le rocce, è fredda e limpida, lo spettacolo è magistrale.
Durante l’anno (continua la Currieri) “sono diverse le visite guidate alla Sorgente del Gabriele, promosse da talune associazioni culturali, in collaborazione con l’Amap e il Comune di Palermo. Il corso delle acque, derivate dalle fonti Gabriele, è raffigurato in un quadrone ad olio del 1722, conservato all'Archivio del Comune di Palermo”.
Attraverso l’intervista e le immagini riportate, ho avuto l’opportunità di entrare dentro la notizia, alla ricerca del tesoro arabo nascosto.
Si ringraziano la giornalista Francesca Currieri per la collaborazione
e Pippo Carollo, esperto di immagine, per le foto.
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Simonetta Camilletti |
Ci sono dei gioiellini nel nostro paese che molti ci invidiano e di cui noi con sufficienza non ce ne rendiamo conto. Da secoli anzi, forse millenni, intere popolazioni hanno cercato un posto al sole tra le nostre amate sponde, sia per il clima, che le bellezze racchiuse nella nostra terra. Centinaia, forse migliaia di borghi dove la vita sembra voglia ridarci quello che la società tecnologica e postindustriale cercano di farci dimenticare: la genuinità dei rapporti umani, la sana alimentazione, la salubrità dell’ambiente, la bellezza intesa come arte, la consapevolezza di appartenenza ad una comunità.
Queste meravigliose cellule sono la nostra spina dorsale ma, protesi ad affrontare gli affanni della vita, non ce ne accorgiamo, eppure loro solo li, a ricordarci che forse un altro tipo di vita è possibile, questa è la forza della nostra terra, e “La forza della terra” è la manifestazione che si è svolta a Rocca di Cave in provincia di Roma, ma altrettante identiche, forse a migliaia, se ne svolgono in altre parti della nostra bella terra.
Rocca di Cave è un ridente comune posto sui monti Prenestini di quasi trecento anime a 933 metri sul livello del mare e ad appena 50 kilometri da Roma. Il paese è nato a ridosso delle mura della torre di avvistamento che i monaci benedettini edificarono nell’anno 850 per difendersi dalle continue incursioni dei Saraceni. Nel ‘400 passa poi sotto il dominio dei Colonna e diviene presto oggetto di controversie tra questi nobili e la Chiesa, così fu che nel 1482 Rocca di Cave venne presa d’assedio da Papa Sisto IV.
Ma il paese non è conosciuto solo per la torre, bensì anche per il suo Museo Civico Geopaleontologico “Ardito Desio”: 100 milioni di anni fa le terre emerse erano abitate dai dinosauri, come attesta la recente scoperta di tre reperti fossili appartenenti a un Tirannosauro, mentre un caldo mare tropicale ospitava una ricca barriera corallina, proprio intorno al territorio di Rocca di Cave; la sommità della rocca ospita poi un osservatorio astronomico a disposizione del pubblico durante le serate osservative organizzate dal museo.
A dare voce alla “ FORZA DELLA TERRA” il 19 agosto scorso il maetro Simonetta Camilletti, concertista, compositrice e docente di chitarra classica presso il conservatorio di musica di Santa Cecilia di Roma con il suo concerto per chitarra solista:”LA FORZA DELLA
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Il prof. Umberto Bielli |
TERRA”, ha fatto letteralmente “vibrare” le mura del Castello Colonna e le numerose persone accorse estasiate, più di centocinquanta:felicissimo il connubio tra arte e storicità. A seguire una felice abbinata con una degustazione di cibi locali e vini pregiati sempre all'interno del museo castello Colonna. “Cantine aperte” la manifestazione che ha poi fatto da eco in tutto il paese al grande concerto della Camilletti. Numerosi gli interventi di personaggi del mondo della cultura, anche con telefonate in diretta. Giancarlo Benedetti, pittore di Rocca di Cave, ha colorato di gioia la serata con le sue tele e la poetessa Renata ha onorato la platea con un suo breve componimento sulla musica.
Lo scopo è stato, appunto, quello di affrontare la valorizzazione dei luoghi sotto il profilo della musica, intesa come cultura, del cibo, come prodotti della terra, e dei bambini del luogo, forza della terra/futuro da coltivare. Bisogna ammettere che la manifestazione, creata e guidata dal bravissimo prof. Umberto Bielli, ha colto nel segno.
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Non è facile descrivere la sensazione che si prova all' arrivo in una megalopoli eletta a capo di un territorio sconfinato, attraversato da ben sei fusi orari. Già il pensiero di esserci ti allarga la mente, ti palesa quell’altra parte del mondo che le paure degli uomini fino a pochi anni fa ti impedivano di vedere o, quanto meno, di viverne la realtà. Crogiolo di razze,dalla slava alla mongola, senza tralasciare i caucasici, Mosca appare per chi vive nelle nostre città come la città dei sogni. Spazi grandi, immensi, strade perfette, senza buche,delle quali la più piccola, escludendo il vecchio centro, è a immagine e somiglianza della nostra autostrada del Sole, semafori che ti contano i secondi prima che scatti il colore opposto, auto dai ventimila euro in su, numerose e disciplinate, pulizia ovunque, non un foglietto di carta per terra, dodici linee di metropolitana che collegano più di duecentocinquanta stazioni, salotti che racchiudono al loro interno veri e propri capolavori d’arte, treni che nelle ore di punta passano puntuali ogni tre/quattro minuti, non un graffio sulle carrozze, non sui muri dei palazzi, ordine dappertutto. 15 milioni di persone, la più grande megalopoli in Europa incanta e fa sognare il visitatore che viene dall’occidente, quasi sempre prevenuto e preoccupato di essere in terra di confine, complici i media occidentali. Niente di tutto questo; forse Mosca rappresenta quanto di meglio la vecchia Europa possa esprimere al momento: gente sana, non uno straccione per le strade, la gioventù va in discoteca per ballare e non per sballarsi con le anfetamine, casomai la loro droga è una birra in più.I russi vivono ancora, in cuor loro, la cultura dell’ex regime sovietico, nel quale droga e criminalità erano parole quasi sconosciute, la perversità dell’occidente ancora non ha attecchito da queste parti. Certo, anche i moscoviti hanno i loro problemi: l’acqua nelle case non è potabile, e quindi li si vede uscire dal supermercato con enormi bottiglioni d’acqua, ma loro non ci fanno caso, sono abituati sin da bambini, è normale. Per il rigido inverno sono attrezzati, si vive bene ugualmente.
Sono innamorati dell’Italia, dovunque si vada, dalla moda alla cucina, tutto parla italiano, e ciò nonostante le sanzioni. “I love Italy”, in tanti rispondono così quando si fa cenno al nostro paese; c’è da rimanere sbalorditi ma .... forse pensano al sole, al mare, ai nostri artisti e alle nostre canzoni, non credo ai nostri politici. Non è facile dialogare con le persone di una certa età, parlano solo il russo e credo si sentano sconfitti da un occidente che ha infranto il loro sogno, una vita solcata da dogmi e sentimenti di invincibilità. I giovani invece parlano in inglese e non c’è nessuna differenza nei modi e nella mentalità con un ragazzo o una ragazza di Madrid, Berlino o Parigi. Tutti con il loro smartphone o tablet, ma a Mosca forse il fenomeno è ancora più esteso che da noi; dai quarant’anni in giù tutti, indistintamente, sono incollati ai loro mondi virtuali; sarà che i tempi di percorrenza delle carrozze tra una fermata e l’altra della metropolitana , viste le distanze, sono lunghi, o perché il comune permette l’accesso gratis alla linea veloce di internet a tutti i cittadini, cosa che da noi corrisponde ad un sogno al chiaro di luna in una notte di mezz’estate, o sarà che finalmente possono vedere senza filtri come vivono gli altri in un mondo che una volta non gli era permesso scrutare e che ora scoprono molto più vicino a loro nei sentimenti e nei bisogni, che sia quel che sia, ben ritrovati fratelli.
L’animatore turistico è una professione sempre più ambita ed è doveroso spiegare i retroscena di una professione che sembra un gioco ma non lo è.
Ha fatto scuola l’istrionico Fiorello, passato poi al mondo dello spettacolo. Rosario Fiorello è l’ esempio vivente di quanto l’animatore debba avere un innato talento e spiccate doti comunicative. Ma non si può puntare tutto su una creativa improvvisazione cabarettistica perché questo lavoro diventi la professione di una vita, occorrono altre doti e una buona preparazione.
Quando nasce questa figura professionale? L’animatore nasce negli anni sessanta per completare e valorizzare l’offerta delle strutture ricettive di lusso, come una sorta di fiore all’occhiello per chi può permetterselo: i villaggi, crociere e alberghi. Con diffondersi del turismo di massa, si è affermato più che l’animatore singolo, il team di animatori , presente in ogni luogo di villeggiatura, dall’economico campeggio ai soli stabilimenti balneari, diventando il valore aggiunto di una di ogni struttura ricettiva.
Purtroppo, come accade spesso con l’aumento dell’offerta la qualità spesso lascia a desiderare. Non basta sognare luoghi esotici , la volontà di conoscere persone e una sana faccia bronzo per fare bene questo mestiere.
Occorre anche una buona dose di pazienza per lavorare in gruppo e quindi spiccata attitudine alle relazioni interpersonali e capacità organizzative notevoli.
“Un bravo animatore deve sapere organizzare il tempo degli ospiti della struttura in modo intelligente e divertente avere insomma capacità tecniche, e sportive” racconta Giovanni Malagò 35 anni, animatore da dieci nei villaggi Eden nell’Italia del sud. “ I giovani notano subito le opportunità e i vantaggi di questo lavoro ma poco sanno dei sacrifici, della professionalità e l’impegno che questa professione richiede “ Giovanni svela che sono importanti gli inizi. “Se si vuole fare carriera e ottenere le meritate soddisfazioni economiche occorre acquisire la giusta mentalità e iniziare bene, trovare subito un buon ingaggio per non perdere tempo prezioso in occupazioni inutili che non offrono niente dal punto di vista formativo ed economico” .
Una volta affrontata la giusta selezione Giovanni spiega che è altrettanto importante capire in quale ruolo si vuole assumere all’interno di un gruppo di animazione perché è bene definire le competente e i ruoli di ogni animatore per offrire un buon programma di animazione consono al target degli ospiti e ai mezzi che si hanno a disposizione. “Se si preferisce lo sport , meglio buttarsi sull’organizzazione di tornei sportivi e giochi piuttosto che sugli spettacoli” prosegue Giovanni “ma non è solo una questione di resistenza fisica. Ci vuole testa per individuare chi hai davanti e cosa può interessare. Sapere diversificare senza standardizzare” Fantasia, creatività, resistenza fisica e abilità motoria , capacità organizzativa. Insomma ce n’è abbastanza da affascinare i ben intenzionati e scoraggiare coloro che pensavano che animare fosse una questione di “feeling”.
Prima di tutto invito tutti a cliccare questo link: http://it.wikipedia.org/wiki/Danimarca
Qui saprete le cose che io non vi dirò mai o che vi dirò sbagliando tipo che la Danimarca non è nell’unione europea mentre lo è eccome, semplicemente ha mantenuto la sua moneta. Io vi racconto scorci di vita quotidiana a Copenhagen raccolti in un’estate insolitamente rovente per quelle latitudini.
Parliamo dunque delle terrazze condominiali a Copenhagen. Bene queste terrazze non sono quelle tristi distese di cemento dove orbita l’antennista in compagnia dell’amministratore in caso di guasti. Sono molto di più socialmente ed esteticamente. Sembrano quelle belle aree pic-nic che noi abbiamo sulle nostre montagne con tanto di parquet e spazio barbecue ma attenzione quest’ultimo non è un fornello sporco e nero, ma un lucente contenitore ovoidale ultramoderno e invogliante dal quale si ergono i fumi della carne messa allo spiedo.
Avete presente quei manifesti nostrani dove si informa il popolo della sagra del tortello a Borgo San Lorenzo? Ecco qui gli stessi manifesti vengono affissi sui portoni per far sapere ai cittadini che nel weekend sulla terrazza numero tale alla tale ora ci sarà la grigliata condominiale.
Gli altri spazi comunitari sono le corti interne dove vengono posteggiate le innumerevoli biciclette, posizionati i cassoni per la raccolta differenziata dei rifiuti e allestiti i parchi giochi per bambini sotto un pennone portante bandiera danese(ma non ho mai visto un bambino giocarci) Ma non finisce qui, la terrazza condominiale non è solo un luogo di ritrovo ma un sito dove molti, per lo più i più giovani e studenti, trascorrono la loro giornata.
Fin dalle prime ore della mattina vedi lo statuario danese in soli calzoncini che pratica flessioni e addominali come fosse in palestra, poco dopo raggiunto da un amico che porta su due tazze di nescafè e colazione. Arrivano poi le ragazze, e qui voglio sfatare un mito: signore e signori le danesi sono alte come noi italiane, non ho visto valchirie con stacchi di coscia chilometrici e se le ho viste sono nettamente in minoranza. Insomma gli uomini sono molto più all’altezza della loro fama e lo dico con la massima obiettività. Dicevo che arrivano le donzelle con libri e personal computer pronte a trasformare la terrazza in biblioteca a cielo aperto. Gusto il mio nescafè e spio a più non posso dalla finestra di cucina. Ogni tanto qualche coppia si scambia effusioni ma sono nanosecondi . Dopo lo studio è l’ora del pranzo al quale si aggiungono anche operai di passaggio, che approfittano del comodo barbecue. Pausa nescafè , di nuovo un po’ di flessioni (come faranno con le salsicce nello stomaco solo Dio lo sa) e di nuovo studio e lettura. Cala la sera e nell’intervallo che intercorre tra la cena e la sera la terrazza si svuota. Pochi coloro che cenano all’aperto, ma passata l’ora X ecco che il bancone si ripopola di ospiti e birre e udite udite la birra fa il suo effetto: si odono risate squillanti. Perché va sottolineato che tutti questi attimi di convivialità diurna trascorrono per lo più in silenzio e per me italiana sembra una magia o un maleficio, dipende dai punti di vista. Io ad esempio sono sempre più convinta di abitare in un palazzo di sordomuti immobili o fantasmi. Sempre a proposito delle terrazze va detto che sono luoghi dove non esiste integrazione tra etnie diverse tutto è ad uso e consumo dei veri danesi.
Il concetto di bellezza ed eleganza dei nordici come è risaputo è diverso da quello dei latini. Una metropoli come Copenhagen non ha negozi di abbigliamento che vendono abiti di alta moda. Nelle vie centrali si trovano grandi magazzini dal realismo impressionante e rivenditori di abiti in stile Postal Market.I negozi scarpe poi, ricordano quei banchi del mercato dove andiamo solo a fine mese prima dell’arrivo dello stipendio. Sono ripetitiva ma lo voglio ripetere: agli scandinavi non interessa la bellezza ,lo stile la forma, quella che imperversa nelle nostra società e che ha paralizzato tutto il resto. Ai nordici, complice anche una religione austera, preme la praticità e lo ha sperimentato la sottoscritta il giorno che è andata dal Frisør, parrucchiere in danese.
Di Frisør e ne ce ne sono molti in periferia ma non si riconoscono tanto sono anonime le vetrine. Assomigliano ai nostri vecchi barbieri o possono benissimo essere scambiati per negozi di telefonia. Di estetiste invece se ne vedono pochissime e mimetizzate. Per la vergogna forse?
Io sono capitata in una di queste celle benedettine perché la sua porta posteriore si affacciava sulla corte interna del mio palazzo e andando a gettare la spazzatura ho visto quel piccolo pertugio. Mossa dalla curiosità sono entrata e l’hair stylist, un ometto panciuto sui sessanta, nonostante la mia furtiva entrata da ratto non si è formalizzato e anzi mi ha fatto subito accomodare davanti allo specchio. Ho pensato “che fortuna proprio quello di cui avevo bisogno” e ho cercato di spiegare il taglio che volevo ma a lui era oltre, mi aveva già bagnato i capelli con uno spruzzino cilling bang e dopo mi ha sforbiciato la chioma in ben cinque minuti non un minuto di più. Una volta finita l’opera stava per rispedirmi fuori bagnata come un pulcino, solo il mio sguardo sgomento e allibito lo ha fatto desistere perché ha preso il phon e con poca attenzione alla piega ha tolto almeno l’umidità. Dopo questa gesto di carità ha chiesto 150 corone ossia euro 22. Perché il danese quando vuole la piega o il lavaggio lo chiede prima, e sono 50 corone in più e spesso mi hanno detto che non la chiede perché va di fretta e ha di meglio da fare.
Comunque chi vuole esagerare si faccia mangiare i piedi da Fish Kiss, in Skindergade 35 dove dei piccoli pesci turchi ancora bambini, (quando crescono diventano almeno 50 cm) stanno in delle piccole vasche e mangiando le pelliccine ai piedi delle signore fanno loro un bel massaggio per la cifra 100 corone ogni 15 minuti. Non vi limano le unghie e non vi passano lo smalto però con cinque euro in più , nel mentre potete bere un bicchiere di champagne. La commessa , Karina di nome e di fatto mi ha confessato che è frequentato solo da turisti. “Se non altro non trovate bande di animalisti pronti a saltarvi al collo come accadrebbe in italia” le volevo rispondere “dove per un pronto soccorso si deve aspettare 16 ore e va bene a tutti ma il pesce turco, dopo aver superato i 6 cm deve avere un avvenire sicuro.”
Grazie alla collaborazione tra Musei Vaticani e Gruppo FS Italiane, ogni sabato, turisti e appassionati avranno la possibilità di salire a bordo di un treno dedicato in partenza dall’antica Stazione Vaticana, all’interno dello Stato Pontificio, e arrivare alle stazioni di Castel Gandolfo e Albano Laziale.
Il nuovo collegamento ferroviario intende idealmente unire i “due Vaticani” e concretamente avvicinare due scrigni di cultura e bellezza quali sono i Musei Vaticani e le Ville Pontificie di Castel Gandolfo, luogo magnifico e segreto dove lo splendore dell’arte e la gloria della natura convivono in mirabile equilibrio.
Qui, per la prima volta, sarà possibile avere accesso al Palazzo Apostolico, da sempre riservato solo al Papa e ai suoi più stretti collaboratori, per visitare i nuovi spazi museali della Galleria dei Ritratti dei Pontefici.
Il nuovo servizio, pensato anche in vista del Giubileo straordinario della Misericordia, è stato inaugurato l’11 Settembre con uno speciale treno storico con locomotiva a vapore della flotta della Fondazione FS Italiane, che ha ospitato a bordo Antonio Paolucci, Direttore dei Musei Vaticani, Osvaldo Gianoli, Direttore delle Ville Pontificie e Michele Mario Elia, Amministratore Delegato del Gruppo FS Italiane.
In tal proposito ““Nei nostri 110 anni di storia – ha dichiarato l’AD del Gruppo FS Italiane, Michele Mario Elia – abbiamo accompagnato numerosi Pontefici in giro per l’Italia, con veri e propri bagni di folla nelle stazioni e lungo le linee”.
Tra i viaggi storici, vale ricordare il pellegrinaggio che San Giovanni XXIII intraprese per Assisi nel 1962: fu il primo pontefice ad usare la stazione ferroviaria della Città del Vaticano inaugurata nel 1932 e il primo Papa a viaggiare in treno, dopo l’unità d’Italia, varcando i confini del Lazio.
Il pellegrinaggio avvenne ad una settimana esatta dall’apertura del Concilio Vaticano II: il “Papa Buono” trascorse quasi tutto il tragitto affacciato al finestrino , raccontano le cronache dell’epoca, e al ritorno, sceso dal treno disse : “contento di aver fatto un buon viaggio”, frase che riempì di orgoglio tutti i ferrovieri.
“Le Ville Pontificie, per secoli inaccessibile segreta dimora estiva dei Papi di Roma – ha commentato il Direttore dei Musei Vaticani, Antonio Paolucci – dal 12 settembre sono aperte al pubblico e ci si arriva con il treno, il più popolare, il più democratico fra i mezzi di trasporto. È un fatto che stringe in emblema con plastica evidenza la politica di Papa Francesco; un Papa che ha rinunciato alla sua residenza estiva per aprirla alla gente. Se non è questo un segno dei tempi! ...
Io, da storico dell’arte, Direttore dei Musei Vaticani, penso all’emozione e allo stupore dei visitatori quando nel parco di Villa Barberini vedranno il geometrico splendore dei giardini all’italiana, quando entreranno nel criptoportico di Domiziano e avranno l’impressione di essere dentro una stampa delle rovine di Piranesi, quando, dalla terrazza della Villa di Castel Gandolfo vedranno l’occhio azzurro del lago dopo aver percorso la Galleria che raccoglie i ritratti dei romani Pontefici. Penso all’emozione e allo stupore, ma anche alla gratitudine che ciascuno dei visitatori proverà per questo imprevisto regalo del Papa.”
Per venire in possesso del biglietto del Treno delle Ville Pontificie, l’ingresso agli spazi museali del Palazzo Apostolico e per consultare l’intero ventaglio delle nuove offerte di tours, itinerari e soluzioni di mobilità,è agevole consultare il sito dei Musei Vaticani www.museivaticani.va.
Gabriele Garagnani
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