GIORNALISMO INVESTIGATIVO: È Online il corso di giornalismo investigativo a cura della FLIP

 
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United Kingdom Information is not an optional, but is one of the essential conditions of humanity’s existence.  The struggle for survival, biological or social, is a struggle to obtain information.
Italy L’ informazione non è un connotato facoltativo, ma una delle condizioni essenziali per l’esistenza dell’umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per l’informazione.
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Cultural Events

 

                                                                                              Marzia Carocci
                                                                                                Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

ANTONIO PRESTI E LA FAVOLA ERETICA - video intervista

Sabato, 02 Gennaio 2021 10:27
 
 Il cavallo eretico - video-intervista ad Antonio Presti

E niente… ci piace chiudere e aprire un anno così… con la favola dell'Eresia, la bella storia di un visionario e del suo viaggio nella Bellezza. A incarnare ancora una volta lo spirito eretico quale valore della scelta è Cavallo eretico, la sontuosa scultura in lamiera zincata che Antonio Presti ha donato alla valle dell'Alesa. Iconico e imponente, Cavallo eretico, si pone a custode della verità e dall'alto dei suoi 4 mt di altezza ci impone il diritto di scegliere.

Esortazione e monito, dunque, in un periodo storico che è sicuramente il più critico della storia moderna, dalla Seconda guerra in poi! Ma poiché di Favola… oggi… vogliamo parlare… diciamo pure che Cavallo eretico è il Dono, (l'ennesimo di una lunga serie peraltro!) Che un mecenate, eretico per scelta e per dogma di fede, fa all'umanità tutta.E 'il dono dell'amore che, stanco di dormire, nella notte, si volge indietro a guardare il giorno appena trascorso, quasi fosse l'ultimo giorno di dolore, nell'ingenua, forse, ma ostinata e dannata speranza che quel misterioso Salvatore del mondo segretamente custodito e abitato nei meandri più o meno reconditi dell'umana esistenza… si svegli e venga a sdoganare gli animi dal pregiudizio, a districare i nodi che sono divenuti grovigli, ad allentare le maglie di quella fitta rete che è la Soglia della gabbia dorata che dispoticamente tiene il pensiero ostaggio di libertà negate.

E questa è la Favola bella che Presti racconta instancabilmente agli alunni di Librino, realtà ai margini di una Terra a margine. E i ragazzi ascoltano, e… fiduciosi… si adoperano affinché lo stereotipo del vecchio adagio che da più di un secolo anima le coscienze di chi ama pensare che nella Terra del Gattopardo “nulla mai cambierà” si tradisca da sé. In questa terra inquieta che vive le profondità del suo mare azzurro,

 
 Antonio Presti

dilaniata e accecata dalle sue intime contraddizioni si consuma il mistero della vita, della morte e della bellezza generatrice.

Sarà colpa della Luna che annega nel nero di un orizzonte indecifrabile, a renderla così inquieta… questa

terra che invoca gli abbracci ei baci negati. Mentre quell'orizzonte nero si fa strada in un pensiero segreto e diventa l'Orizzonte altro, quello possibile, quello da cui ripartire, feriti forse, provati sicuramente, ma prostrati Mai. A tutti… cittadini del mondo auguriamo di correre come gitani, verso quel mare dalle onde salmastre che ci tenta con le sue rughe salate perché custode della nostra memoria e delle nostre Speranze. Grazie ancora Antonio perché ci restituisci fiducia e speranza!

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Edgar Allan Poe: lo scrittore, il poeta, il critico che non trovò mai se stesso

Giovedì, 24 Dicembre 2020 11:43
Edgar Allan Poe

“Credo che i demoni approfittino della notte per traviare gli sprovveduti”. Non sembra certo una frase scritta dal padre della narrativa macabra. In realtà Edgar Allan Poe (Boston 19 gennaio 1809-Baltimora 7 ottobre 1849) aveva paura anche del buio. Figlio di una coppia di attori girovaghi perse la madre da piccolo. Il padre già aveva abbandonato la famiglia e morì poco tempo dopo la moglie. Orfano dall’età di 3 anni fu adottato da una famiglia benestante ma anaffettiva e che certo non lo comprese mai veramente. Crebbe in Virginia nella città di Richmond. Alcolizzato fin da giovanissimo e dedito al gioco d’azzardo si indebitò moltissimo; con i soldi che gli mandava il padre non pagava le rette Universitarie tanto che abbandonò la scuola dove aveva studiato lo spagnolo, l’italiano e il francese, iscrivendosi in seguito all’Accademia militare a West Point. Entrò nel 1830 e già l’anno successivo fu estromesso per comportamenti non idonei e disubbidienza agli ordini. Fu processato alla corte marziale.

Sgradevole, ubriacone, attaccabrighe e giocatore d’azzardo. Di aspetto cagionevole e trasandato da dimostrare più della sua età. Lottò per tutta la sua breve vita contro le proprie dipendenze e debolezze. Fu diseredato dal padre adottivo per il suo comportamento e addirittura minacciato se si fosse ripresentato presso la sua abitazione. Sposò sua cugina Virginia Clemm di soli 13 anni, lui ne aveva 27. Iniziò a scrivere racconti e storie per alcune riviste. Non si riprese mai psicologicamente, la sua vita fu un tormentoso viaggio annegato nell’alcool e nel delirio oltre che all’abitudine del gioco d’azzardo.. E’ nota la vicenda dei cinque giorni nel quale lo scrittore/poeta fece perdere le proprie tracce. Fu ritrovato svenuto e emaciato di fronte a un pub Irlandese. Ricoverato in ospedale, morì in preda all’incoscienza invocando più volte un nome: Reynolds… Reynolds… All’inizio i medici pensarono che fosse morto a causa di un delirium tremens o congestione celebrale da alcool e narcotici. E’ probabile invece che la causa della sua morte stesse racchiusa tutta in quei cinque giorni dove forse lo scrittore fu rapito da alcuni assoldati per motivi politici. Pare fosse stato obbligato a votare più volte lo stesso nome per l’elezione del sindaco contro la propria volontà; probabilmente fu fatto bere fino al coma etilico. Si dice inoltre che fosse malato di sifilide e di diabete ma di tutto questo vi è totale mistero dal momento che le cartelle cliniche non furono mai ritrovate.

Il suo poema preferito fu “Il corvo” nonostante non avesse avuto alcun successo. Ne era così compiaciuto da inviarlo a tutte le riviste dell’epoca ma se ne crucciò poiché il testo era diventato talmente noto che quando arrivò a pubblicarlo, non fu acquistato praticamente da nessuno.

I suoi pensieri erano spesso imbrigliati fra le righe dei suoi racconti dove nella finzione esponeva anche le proprie verità di pensiero.

*Nel racconto Eleonora del 1841 scrisse:

«Mi hanno chiamato pazzo; ma nessuno ancora ha potuto stabilire se la pazzia sia o non sia la più elevata forma d'intelligenza, se la maggior parte di ciò che è glorioso, se tutto ciò che è profondo non derivi da una malattia del pensiero, da umori esaltati della mente a spese dell'intelletto generale.»

Scrisse romanzi, racconti, raccolte grottesche, racconti di terrore ma anche di temi vari, scrisse satira letteraria e critica oltre ai saggi. Iniziò anche una drammaturgia che lasciò incompiuta (Poliziano) e scrisse molte poesie che dimostravano la sua grande sensibilità spesso occultata dietro a opere di spessore diverso. Molti non sono a conoscenza che Poe non amava solo dedicarsi alla letteratura ma era anche appassionato di spazio e cosmologia. Durante la sua breve vita Edgar Allan Poe fu conosciuto più come critico letterario che come scrittore. Soffrì dei suoi stessi errori. Morì a soli 40 anni.

Un aforisma ci offre parte della sua profondità.

"Coloro che sognano di giorno sanno molte cose che sfuggono a chi sogna soltanto di notte".

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Paolina Leopardi, la grande luce di una donna ignorata

Martedì, 15 Dicembre 2020 22:34
Paolina Leopardi, la grande luce di una donna ignorata

Paolina Leopardi, (Paolina Francesca Saveria Placida Blancina Adelaide)è stata una traduttrice e scrittrice italiana. Nata il 5 ottobre del 1800, era la terzogenita e unica figlia femmina del conte Monaldo Leopardi e di Adelaide Antici (cugini fra oro).

Ricordata spesso solo come la sorella del poeta di Recanati, sottolineando soprattutto il suo aspetto gracile e la non bellissima presenza estetica.

Vestiva sempre di nero, carnagione olivastra e capelli corti e neri, religiosa tanto da dir messa, fu soprannominata “Don Paolo”, visse nella sua “casa prigione” 57 anni fino alla morte della madre dispotica trovando finalmente una sorta di libertà nella seconda stagione della sua vita. Iniziò a viaggiare, andare a teatro a conoscere persone e avere così una vita sociale.

Non dava amicizia nell’immediatezza, ma quando accadeva era devota a questo sentimento.

Timida ed erroneamente giudicata non cordiale. In realtà Paolina aveva sempre avuto pochissimo contatto con le persone da sembrare schiva ma era solo schiava della propria timidezza tanto che quando si trovava in presenza di estranei, non riusciva quasi a proferire parola.

Una donna coltissima che privata di contatti e di possibilità riuscì solo in piccola parte a esprimere il suo grande sapere e la sua enorme cultura. Studiò la lingua francese in modo ottimale, sapeva inoltre tradurre sia il tedesco che l’inglese. Conosceva ed approfondì il latino. Studiosa di musica e di storia oltre che di testi biblici. 

In età adulta fu un valido ed indispensabile aiuto per il padre Monaldo nel tradurre articoli di giornali in lingua francese che inoltre recensiva. Fu autrice di diverse traduzioni dal francese e di una biografia di Mozart (fu la prima donna che lo ha fatto in lingua italiana).

Paolina dunque crebbe in un ambiente ferreo con il padre Monaldo e la madre Adelaide, quest’ultima era particolarmente despota costringendo la figlia a regole continue che la privavano anche di semplici libertà quali il ridere o il piangere vivendo una sorta di clausura domestica.

In una lettera scritta il 26 maggio 1830 a Marianna Brighenti scrisse:

Fra gli altri motivi che hanno renduto così triste la mia vita e che hanno disseccato in me le sorgenti dell’allegrezza e della vivacità uno è il vivere a Recanati, soggiorno abominevole ed odiosissimo; un altro poi è l’avere in Mamà una persona ultra-rigorista, un vero eccesso di perfezione cristiana, la quale non potete immaginarvi quanta dose di severità metta in tutti dettagli della vita domestica. Veramente ottima donna ed esemplarissima, si è fatta delle regole di austerità assolutamente impraticabili, e si è imposta dei doveri verso i figli che non riescono punto comodi …

Ebbe un rapporto stretto per molto tempo con il fratello Giacomo che adorava; fu al suo fianco quando egli iniziò a non vedere più molto bene e addirittura scriveva sotto dettatura le poesie che Giacomo le dettava. Ascoltava ogni suo progetto, desiderio, confidenza. Tutto questo fino a quando il poeta risedeva a Recanati. Cambiò in seguito il loro rapporto, nel periodo che il Leopardi si instaurò a Napoli, quando a causa di diverse opinioni politiche e religiose dei due, il legame si freddò. Paolina era religiosa come il padre Monaldo, mentre Giacomo portava avanti le idee ateiste. Non si scrissero quasi più nonostante il poeta chiedesse alla sorella di farsi sentire più spesso. Lui si ammalò ma lei non andò mai a trovarlo.

Solo nel 1867 rese omaggio alla tomba del fratello a Napoli

Gli ultimi anni di Paolina si conclusero viaggiando finalmente libera da tanta segregazione.

Visitò spesso Pisa che era la città amata dal fratello Giacomo. Andò spesso a Firenze.

Morì sola a Pisa nel 1869 probabilmente per una pleurite. Fu in seguito trasportata a Recanati e seppellita al cimitero civile.

Ci lascia un bagaglio di opere, epistolari vari, traduzioni, recensioni e molti inediti.

Una donna forte nonostante le privazioni, le segregazioni, le imposizioni. Con la mente e la voglia di sapere studiò tutto quello che voleva conoscere quasi fosse un lungo viaggio oltre il luogo fermo della sua casa a Recanati.

Paolina non era l’ombra di Giacomo, ma il suo alter ego. L’incomprensione e l’anaffettività della famiglia la limitò molto tagliandole le ali ancor prima di volare.

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Roma in pillole - I leggendari sette colli di Roma … ma sono proprio sette?

Domenica, 06 Dicembre 2020 21:32

La ondulata morfologia del territorio romano, avvenuta nell’ultimo milione di anni, è stata determinata dall’attività della tettonica, proveniente dall’apparato vulcanico dei monti Sabatini a nord-ovest e dei Colli Albani a sud -est.

Tuttavia sono state le diverse oscillazioni del livello del mare, scandite nelle diverse epoche glaciali, insieme alla presenza dei corsi d’acqua che la percorrevano, che esercitando l’alternanza sedimentaria ed erosiva ne hanno disegnato il suo dolce collinare andamento, che non supera quasi mai i 50 mt lm., conformato essenzialmente da tufo ed argilla.

 

Andamento comodo, fertilità delle terre, presenza di acqua anche navigabile, vicinanza al mare, clima mite, va da se, che da sempre hanno reso comoda l’antropizzazione.

Va da se che Roma si fondò proprio qui!... 

Si ma come e dove esattamente?

E come erano formate queste alture ? Ma perché il numero sette?

…tra leggenda e storia …

I primi insediamenti nella fase 900 a.C. - 770a.C erano diffusi su villaggi a spazi aperti adibiti a pascolo e all’agricoltura, sulle pendici perlopiù del Palatino e del Campidoglio, ma anche nella piana del Velabro

Tuttavia la difesa primitiva era affidata alla conformazione orografica del territorio, quindi   il leggendario solco di Romolo della  “Roma quadrata “ per la forma vagamente trapezoidale del Palatino, attestata proprio sulla sommità del colle , ci riporta ad un tracciato di confine verosimile, una sorta di recinto sacro il “pomerium”,   nel centro del quale secondo Festo e Properzio vi era scavata una fossa sacrificale il “mundus” , dove venivano interrati simboli religiosi che avrebbero dovuto assicurare alla futura città benessere, prosperità, pace e giustizia.

La fondazione di una città infatti sia latina sia etrusca, seguiva un complesso insieme di solenni cerimonie e suggestivi riti .

Innanzitutto un sacerdote, “l'àugure” provvedeva a conoscere gli “auspici,” ovvero la divinazione tratta dal volo e dal canto degli uccelli.

Una volta espresso il vaticinio favorevole, si procedeva a scavare una fossa circolare nel punto ove le due strade principali “cardo e decumano” si incontravano formando un angolo retto :il “mundus”. Il fondatore vi gettava una zolla della terra di provenienza , seguito dalla stessa azione dai patres familia

Finalmente si tracciava il solco di confine, al quale si aggiungeva un secondo solco parallelo.

La fascia di terra compresa fra i due solchi era il “pomerium”.

In questo spazio territoriale, considerato sacro, sacerdoti isolavano ogni sorta di avversità e sciagura potesse abbattersi sulla città e sulla sua popolazione ed era alienato da ogni tipo di attività, compresa quella del semplice passaggio.

Era quindi per tale ragione, ovvero per evitare di infrangere i divieti rispettandone la divinità, che nei tempi successivi, proprio su questi solchi, venivano erette le mura di recinzione. Spesso all'esterno del muro veniva anche scavato un fossato, tale da rendere quanto meno difficoltoso l'avvicinamento nemico, sui lati non difesi naturalmente.

Nascevano così le “urbes”, chiamate così perché consacrate dagli dei.

A differenza delle città fortificate prive di un confine sacro che erano invece le “oppidi”.

Verosimilmente quindi la tradizione ci riporta ad una origine della “Roma Quadrata” di Romolo, secondo le usanze riportate dall’archeologia storica.                                    Sorta dunque nell’VIII° sec. a.C., Roma era cinta da mura e fossato con tre porte, dove il primitivo muro si suppone sia stato costruito a cavallo fra le alture del Germalo e del Palatino, alla base del quale sorgeva il Lupercale, ovvero la grotta, dove la leggenda ci narra, Faustolo aveva trovato i gemelli Romolo e Remo. 

 Alla fondazione della  “Roma Quadrata” seguiva  il Septimontium, che come ci riporta Varrone , era così denominato dal numero dei monti che lo costituivano , legato all’estensione degli insediamenti delle circostanti popolazioni.

Cominciava così la tradizione che identificherà nel numero sette i colli di Roma.

Nella lista più arcaica delle alture compaiono solo le selle che costituiranno in seguito il Palatino e l’Esquilino oltre al singolo Celio.

- il mons Palatium

- il mons Germalus o Cermalus - Germalo

- la Velia,

- il mons Fagutal                                                            
- il mons Oppius
- il mons Cispius
- il mons Caelius o Querquetulanus

- la Subura che non era un mons ma la pianura di collegamento

Bisognerà arrivare a Plutarco e Cicerone per le acquisizioni delle rimanenti alture .

E troviamo la lista a tutti conosciuta.

- l'Aventino          
- il Campidoglio
 
- il Celio
- l'Esquilino
- il Palatino
- Quirinale
- il Viminale


Nel periodo imperiale la città continuava ad espandersi, quindi ai 7 colli si aggiunsero il Vaticano mons Vaticanus ed il Gianicolo mons Ianiculum

Non erano più 7!.... ed allora come mantenere il numero magico per eccellenza?

Semplice ai tempi di Costantino i sette colli erano nuovamente cambiati ….

- il Palatino, ,
- il Germalo,
- la Velia
- l'Esquilino
- il Vaticano

- il Gianicolo

- la Suburra

Ed allora quanti erano veramente questi colli ?...

Illustriamoli e contiamoli una volta per tutte……chissà se ne veniamo a capo!

Il Colle Palatino comprendeva le tre alture :

del Palatino propriamente detto , del Germalo , della Velia.

Il Colle Aventino comprendeva le due alture:

dell'Aventino Maggiore e dell' Aventino Minore o collina San Saba.

Il Colle Esquilino comprendeva le tre alture :

del colle Oppio, del  Cispio , del  Fagutale, della  zona delle Carinae, della Velia scomparsa che collegava il colle Esquilino al Palatino.

Il Colle Quirinale  comprendeva le quattro alture:

del Colle Quirinale propriamente detto , del colle Latiaris, del colle Mucialis e colle Salutaris.

Colle Campidoglio  con le tre alture :

del  colle Capitolino , della sella  Asylum, della Arx Capitolina, della Rupe Tarpea,

Colle Viminale : con l'altura del colle Viminale
Colle Celio: con l'altura del colle Celio

Vi era un ulteriore sella, che collegava il colle Campidoglio al colle Quirinale.

Veniva completamente sbancata per l'edificazione del complesso del Foro di Traiano.

La stessa Colonna di Traiano, mostrerebbe l’altezza originaria dell’altura rasa al suolo….

Allora questi colli sono 18 forse 19…..ma anche di più ….

come la mettiamo infatti con il Gianicolo e il Vaticano ? ….

Beh! … ma sono al di là del Tevere….

D’accordo, ed il Pincio? Ma è fuori dal sacro pomerio …si, però comunque entro le mura

Per non parlare per quei monti di terreno di riporto e da discarica: Monte Citorio e Monte Testaccio…. Ok …. questi non sono naturali…. tuttavia ci sono….

E allora quanti sono questi colli?

I colli di Roma non erano e non sono mai stati soltanto sette…..

Di certo il numero sancito dalla tradizione è basato più sul suo valore sacro che sulla realtà.

Il "sette", era un numero magico per Roma, una sorta di perfezione che emergeva dal caos, una costante del 7 nella tradizione, nella storia e nella cultura della Città Eterna, perché: 

7 erano i Re di Roma,

7 i Magistrati incaricati nella distribuzione delle Terre,

7 le Coorti dei Vigiles,

7 i septemviri epulones

7 i Colossi (Apollo sul Campidoglio, Giove in Campo Marzio, Apollo nella biblioteca di Augusto, altri due Giove in Campidoglio, Nerone nel Colosseo e Domiziano nel Foro Romano.)

7 le Cose fatali dalle quali dipendevano le sorti di Roma ( l’Ago di Cibele, la Quadriga dei Vejenti, le Ceneri di Oreste, lo Scettro di Priamo, il Velo d’Ilione, il Palladio e gli Ancili)
7 le lucerne dell'Arco di Tito,

7 le meraviglie di Roma narrate da Polemio Silvio nel "Laterculus".

I COLLI NON POTEVANO CHE ESSERE SETTE…..

E 7 SIANO!...   Noi li amiamo così!....

con un famoso passo di Tito Livio: (ab urbe condita , V, 54)

“Non senza motivo gli dèi e gli uomini scelsero questo luogo per fondare la Città: colli oltremodo salubri, un fiume comodo attraverso il quale trasportare i prodotti dell’interno e ricevere i rifornimenti marittimi; un luogo vicino al mare quanto basta per sfruttarne le opportunità ma non esposto ai pericoli delle flotte straniere per l’eccessiva vicinanza al centro dell’Italia, adattissimo per l’incremento della città; la stessa grandezza di quest’ultima ne è la prova“.

…..vi do appuntamento ai prossimi racconti , dove vi porterò su ciascun colle per scoprirne, storia, misteri, segreti e leggende …………………..

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Roma in pillole:…..e la faccenda della fontana dei quattro fiumi?...

Sabato, 28 Novembre 2020 13:26
Piazza Navona

Bernini tornò nelle “grazie “ del papa perché protetto dalla “Pimpaccia”?..... Si tratta di anacronismo storico, quindi leggenda popolare... più che altro una "pasquinata" ...

Bernini non godeva della "protezione" dell'avida Donna Olimpia, (la “Pimpaccia “ come la chiamavano le “pasquinate” )......ma per imbonirsela, l’astuto scultore le regalò il bozzetto in argento della fontana.........

....Correva l'anno Santo 1650 e l'occasione fu ghiotta per la senza scrupoli Donna Olimpia, che non si fece sfuggire occasioni in tutto quel fermento, tra truffe ai pellegrini e raggiri a corte.... non si fece mancare proprio nulla !!....

Con nomina di direttrice dei lavori giubilari, promosse il nuovo assetto architettonico della nuova monumentale "Platea": piazza Navona che, oltre ad officiare la grandezza del suo casato, avrebbe simboleggiato, rappresentandolo nella sua magnificenza, l'intero spirito plateale del Barocco. Il progetto fu affidato per il palazzo come per la chiesa ai Rainaldi, quest'ultima conclusa poi nella facciata da Borromini, impegnato a sua volta alla progettazione della Galleria, poi affrescata da il Berrettini: Pietro da Cortona .

Il Bernini, fuori dai giochi,ma ansioso di riconquistare il suo ruolo di prestigio nella corte pontificia, dalla quale era stato allontanato per i faziosi motivi politici che lo avevano visto vicino al precedente papa, per aggiudicarsi la prestigiosa commissione almeno della costruzione della Fontana , ne fece pervenire un bozzetto in argento alto un metro e mezzo alla terribile confidente di Innocenzo X, che indirizzò solo allora la scelta del potente cognato sullo scaltro ma geniale scultore..... ......fu così che Bernini rientrò in scena ...

OSSERVAZIONE ............

....c'è qualcosa di diverso da ciò che accade al giorno d'oggi?.... Risposta...Si ...non esistono più i geni come Bernini! .............. ......

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Roma in pillole: Bernini-Borromini ... fu vera discordia?...(video)

Venerdì, 27 Novembre 2020 19:15
Canaletto Veduta di piazza Navona  -  Hospital de Tavera (Toledo)

Beh!, in verità non erano poi così tanto in competizione ... anche perché..... ... SCULTORE magnifico.... elegante e salottiero, cavaliere a suo agio in società, autoreferenzialista fino al narcisismo: Bernini, che rivelava, attraverso virtuosi e tortuosi panneggi passionali e sapienti maliziosità espressive, l'intero spirito plateale controriformista...............

Misantropo ed introverso, aspro ed esasperato ARCHITETTO innovativo Borromini, che genialmente tramandava proprio in virtù delle commesse meno ricche, la necessità di plasmare la materia come cera, muovendo facciate ed interni, in concavità , convessità ed infiniti stucchi infarciti di sentimenti mistici fusi ad esoterismo , .... per arricchirli in mancanza dei policromi marmi a disposizione dell'altro..... .. .. ..ma entrambi fini conoscitori dell'illusione anamorfica declinata nella nuova sintassi che dava al classico quel che di "broken ", (rottura con il passato) che in maniera dispregiativa si chiamerà "barocco"...
La vera competitività la impostarono i tre papi che si succedettero Urbano VIII (Barberini)Innocenzo X (Pamphili) Alessandro VII (Ghigi) ...furono le loro "simpatie" alterne che agevolando e privilegiando prima l'uno poi l'altro poi entrambi, a far nascere la leggenda della discordia fra i due .. . Non avrebbe mai potuto Borromini che amava lavorare da solo, al massimo con un mastro che gli preparava i fondi , gestire l'industria che da eccellente imprenditore, aveva allestito Bernini, vantando l'intero parco

 
 Simona Perazzini (video)

disponibile dei contemporanei scultori, nessuno escluso...

Lo scontroso asociale Borromini corse in aiuto più volte dell'accattivante Bernini, che si rifiutava in onestà di operare da architetto, ad esempio quando fu costretto da ricattuccio papale alla realizzazione del Baldacchino di San Pietro.... senza i disegni delle colonne tortili e dei calcoli statici del Borromini, (notizia questa che Bernini si guardò bene dal pubblicizzare egocentrico come era , quindi rimasta sconosciuta, fin quando non sono stati rinvenuti gli originali disegni progettuali di mano del cantonese ) ..... poco infatti avrebbe potuto la pur fertile mente del Bernini di fronte all'oscuro dimensionamento statico .... che comunque, nella sua brillante intelligenza, ben presto imparò ed impeccabilmente mise in pratica, nella straordinaria fontana commissionata dallo stesso papa Pamphilj che lo aveva messo al bando, in quanto nemico del precedente Barberini ed ovviamente dei suoi protetti.
Opera con la quale sfidò l'ingegneria facendo sgorgare l'obelisco, rinvenuto dallo stesso papa in quattro pezzi nella villa di Massenzio, da un vuoto in bilico della sottostante scogliera .... ....

Bernini......Borromini non si possono non si DEVONO confrontare ....si devono amare......e poi il terzo incomodo il Berrettini :Pietro da Cortona .....queste le tre B del Barocco romano ....come i tre papi che commissionarono.........
Ricordatelo così... ricordatelo sempre......................................opere grandiose non hanno mai una sola mano..... . .....l'architettura è sempre espressione dei potenti e non è mai innocente !! ..

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Roma in pillole: l'ospedale San Giacomo

Venerdì, 27 Novembre 2020 15:34
L'entrata del san Giacomo

Avete presente quella finestra "serliana" che decora l'ospedale San Giacomo degli Incurabili in Augusta (queste l'esatta denominazione) sito in via del Corso?

Ve ne racconto la storia in pillole ....

Fondato nel 1339 dal cardinale Pietro Colonna per riscattare lo zio Giacomo Colonna, scomunicato da Bonifacio Vili (schiaffo di Anagni)

- Metà del 1400, (pontificato di Nicolò V) passò alla Confraternita di S. Maria del Popolo che realizzò un primo riassetto.

-   Inizio 1500 durante il pontificato di Leone X, la Confraternita assunse il nome di San Giacomo e grazie all’apporto di numerosi finanziamenti fu ampliato ed elevato al rango di Arcispedale, anche per la cura nel nuovo morbo gallico ( sifilide). 

-   1579 Antonio Maria Salviati, nominato Cardinale da papa Gregorio XIII, ( alla cui casata era passato in alterne vicende) iniziò l'opera di rifondazione dell'Ospedale, finanziandola personalmente , ricostruendo il fabbricato dalle fondamenta , realizzando fin da allora, una struttura di eccellenza .

Il Cardinale donò infine il bene alla città di Roma con vincolo inflessibile ad un utilizzo ospedaliero,venendo meno il quale sarebbe tornato in asse ereditario.

-  1834 Papa Gregorio XVI (dopo la soppressione napoleonica della Confraternita di Santa Maria del Popolo),stabilì nell'ospedale le Suore Ospedaliere della Misericordia , affidandone successivamente l'amministrazione ai religiosi dell'Ordine ospedaliero di San Giovanni di Dio ("Fatebenefratelli"), dando impulso ad una fase di grande ristrutturazione che fu completata sotto Pio IX nell863.
-1896 su Regio decreto entrò a far parte del “Pio Istituto Santo Spirito ed Ospedali Riuniti”

-1978 passò all’Istituzione del “Servizio Sanitario Nazionale
-2008 l'Ospedale venne chiuso e l’edificio fu alienato dalla Reqione Lazio.

La giunta regionale di Marrazzo deliberò la chiusura dell'Ospedale , dopo un restauro costato 30 milioni di euro,per subito dopo decretarne la vendita come struttura alberghiera, giustificandol l'operazione come risanamento del deficit regionale. .

Lo stato attuale vede il bene in progressivo sempre più grave stato di degrado , dovuto soprattutto ad un evidentemente premeditato scempio esercitato dopo la chiusura dell'edificio che ha visto operare vandalismi di ogni tipo,, dalle finestre lasciate deliberatamente spalancate per consentire l'accumularsi di guano da uccelli, alla asportazione di ogni nuova attrezzatura apposta neN'avvenuto restauro .Tutto ciò a fronte di una leggina che recita che se un immobile dovesse rimanere in disuso pe un anno può cambiare destinazione d'uso.

Ma tale lampante quanto iignobile speculazione, non aveva fatto i conti con l'irremovibile vincolo apposto dal lungimirante ed accorto Cardinale!

Da anni perciò la discendente deN'illuminato filantropo , Oliva Salviati, al centro dell'accesa contesa , vede rivendicare il vincolo posto dall'antenato nell'atto di donazione.

Ne scongiurò la vendita ora sta tentando in tutti i modi di farlo riaprire., ma noi aiutiamola tutti.

il patrimonio che rappresenta ...lo dimostra la storia .... lo dimostra stato attuale di emergenza ed è di tutti noi!!!!....................................

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L’umanità che arriva al collasso emotivo diventa puro istinto. Siamo Covid ma non solo

Lunedì, 23 Novembre 2020 11:21
L’umanità che arriva al collasso emotivo diventa puro istinto.  Siamo Covid ma non solo

Stiamo vivendo uno dei peggiori momenti della nostra storia e ci stiamo rendendo conto quanto l’essere umano sia estremamente fragile di fronte al male sia a livello fisico, psicologico, economico. Il Covid ce lo ha ampiamente dimostrato.

Quando sono arrivate le prime notizie a febbraio di questa pandemia, eravamo tutti estremamente impauriti; non sapevamo cosa fare, come difenderci e quanto sarebbe durato il tutto. I politici e il governo dopo essersi sputati addosso rabbiosi, ogni tipo di decisione, mai completamente accettata da tutti, hanno concluso con alcune norme e restrizioni. Per ogni spostamento era necessaria un’autocertificazione. Tutti con la mascherina, a volte i guanti e con in tasca il disinfettante spesso irreperibile inizialmente nei negozi.

Tantissime le vittime, situazioni portate all’esasperazione; difficoltà a seppellire i morti, medici infettati, infermieri stanchi e provati, volontari in prima linea. File interminabili davanti ai centri commerciali, mascherine aderenti ai volti, fiati corti, paura dello sconosciuto virus.

Alle finestre appuntamenti per cantare unanimi la voglia di farcela, canzoni stonate e lacrime agli occhi. Amici e parenti perduti, genitori morti soffocati in case di cura mai più rivisti. Le giornate di fronte al tg in attesa di notizie migliori mentre invece si parlava solo di numeri e vittime, di dati assurdi, e sofferenza data dall’impotenza di fronte a qualcosa di sconosciuto. Un Presidente che ogni volta riportava dati e scelte da fare, scienziati mai sicuri di niente perché di qualcosa di troppo grande, troppo diverso, troppo sconvolgente stava mietendo vittime mentre noi eravamo e siamo privi di armi per difenderci.

Ma quale è il male maggiore adesso? Cosa è che ci provoca malessere oltre che alle restrizioni, agli allontanamenti da amici e parenti, oltre alla propria libertà e al malcontento economico?

E’ lo scoprirsi deboli di fronte al male, impotenti contro chi non sai come combattere e soli… soli senza realmente qualcuno che possa darci certezze. Non almeno nell’immediatezza. E noi? Siamo migliorati noi? L’essere umano è l’animale meno coerente al mondo; è colui che basa il proprio comportamento a secondo del momento. Se ha paura si sente parte del branco, se si sente forte, diventa dominatore, se accusato addirittura vendicatore. Questa maledetta pandemia è l’unica a essere coerente con se stessa. Uccide chiunque e mina la libertà di tutti. Come ne usciremo da questo virus che ci ha minati fisicamente della libertà e della sicurezza? Soli, poveri, rabbiosi e forse ancora più egoisti se possibile. L’umano difende solo il proprio gregge, degli altri spesso vige il menefreghismo.

Questa maledetta pandemia è l’unica a essere coerente con se stessa. Uccide chiunque e mina la libertà di tutti.

L’egoismo è sempre stata la peste della società e quanto è stato maggiore, tanto peggiore è stata la condizione della società (Giacomo Leopardi)

E’ un dato di fatto che nei vari tg e su numerosi quotidiani pare tutto congelato nella notizia Covid.

Sono scomparse le notizie sulle violenze alle donne che ora più che mai vengono consumate all’interno delle mura domestiche, pare non ci siano altre malattie oltre che l’infezione al Coronavirus; non vengono menzionate le guerre nei luoghi dimenticati dai più, non si fa cenno dei bambini che ogni giorno muoiono per un miliardo di altre infezioni oltre che di fame.

Vi è dolore in tutto il mondo; piaghe continue, orrori, sofferenze. Siamo viaggiatori di un tempo difficile che schiaccia senza pietà e senza guardare in faccia nessuno. Il nostro dolore è forse “pilotato”? Sono le notizie dei giornali e dei media in genere a definire il nostro stato d’animo?

Se da domani alla televisione o nei vari quotidiani si andasse a smorzare le notizie sul Covid, se ne parlassero ogni tanto adducendo solamente i cambiamenti e le novità, vivremmo meglio almeno a livello psicologico? Il terrore psicologico non è modo di fare stampa; la gente ha bisogno di essere informata ma non tediata, ha bisogno di capire ma solo quando si hanno le facoltà di sapere spiegare. L’allarmismo causa confusione, depressione, e crea anche mostri e stupidità come l’esercito dei negazionisti.

Siamo uomini e donne in balìa a una tempesta emozionale e fisica difficile da gestire. Guardiamo dentro di noi e cerchiamo di uscirne forti nonostante le gravi e irrecuperabili perdite di chi ci ha lasciati più soli. Non sarà facile, sarà una salita irta e faticosa, non facciamo che ci manchi il fiato!

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La sua ultima Mandrakata. Se ne va un poliedrico. Muore Luigi Proietti

Mercoledì, 04 Novembre 2020 12:24
Gigi Proietti

E’ uscito dalla porta principale anche se nella sua vita non si era mai sopravvalutato.

E’ morto il giorno del suo compleanno, il 2 novembre, giorno che commemora i defunti. Una “mandrakata” per usare la parola ormai cult degli anni settanta estrapolata dal film “Febbre da cavallo” interpretata da “Gigi”. Gigi il maestro, Luigi Proietti classe 1940.

Non parleremo di lui e di cos’era, tutti lo sanno, non faremo lodi alla sua bravura né tesseremo parole per quanto fu estesa la sua arte. Fu direttore artistico, regista di opere liriche, regista teatrale, regista televisivo, attore, cantante, musicista, doppiatore, suonava il pianoforte, il contrabbasso, la fisarmonica, la chitarra.

Attore di cinema, di teatro, di televisione, mattatore e show man, ironico, comico, mai prevedibile. Dai primi anni 60, iniziò anche a doppiare, dai cartoni animati della Warner Bros a grandi attori come: Marlon Brando, Richard Burton, Dustin Hoffman, George Segal, Robert De Niro, Silvester Stallone e tanti altri.

Si cimentò persino con la poesia componendo sonetti pubblicati negli anni ‘90 sul Messaggero e pubblicò il “Decamerino”Novelle dietro le quinte (Rizzoli 2015)

Scrisse libri ricchi di aneddoti, dove raccontava i retroscena nei vari teatri, di quei camerini dove cipria, costumi e parrucche riempivano ogni spazio. Scrisse di Roma, dei suoi personaggi, ne scrisse con amore, dolore, ricordo e tanta vita da rievocare. Un grande attore ma non solo, un grande protagonista, un ballerino, una macchietta, un saltimbanco, un mondo di arte da condividere con chiunque.

Luigi Proietti non rinchiuse in sé la sua bravura e la sua esperienza: volle giovani da indottrinare, ragazzi da fare crescere artisticamente e là dove trovava talento, spremeva fino in fondo per fare venire fuori da loro l’essenza dell’uomo o della donna per farli salire capaci, sul palco polveroso del teatro.

Laboratorio di Esercitazioni Sceniche nasce nel 1978 sotto la direzione artistica di Luigi Proietti e di Sandro Merli presso il Teatro Brancaccio di Roma; qui Proietti porterà in scena con i suoi allievi moltissimi spettacoli di successo. Per anni l’attore mantenne quella scuola da solo fino a che arrivarono i primi contributi Regionali. Molti attori furono formati grazie alla sua esperienza e qualità d’insegnamento.

Più scaviamo sulla sua vita e più scopriremo le attività artistiche svolte e non è questo il senso dell’articolo. Vogliamo ricordare l’uomo, le sue capacità, il suo prendersi in giro e la forza indomabile dell’interiorità istrionica che pareva esplodere ogni volta dal suo corpo. Vogliamo ricordare quel suo sorriso contagioso, quella sua mimica, quella sue pause, respiri e battiti che si sentivano pulsare nel silenzio di un palco di anime incantate da lui.

Erano anni che Proietti non stava bene, ma non resisteva la chiamata del teatro che era sua casa, il suo modo di vivere, la sua vita tutta d’un fiato. Non è retorica dire che ci mancherà, lui era grande davvero e come lui pochi portavano in scena l’ironia, l’allegria, la contagiosità di un mondo migliore. Se n’è andato da grande e se n’è andato nello stesso giorno in cui è nato come per chiudere un cerchio. Luigi Proietti nasce il 2 Novembre 1940 e muore il 2 novembre 2020. Giorno dedicato ai defunti. La sua ultima mandrakata. Vorremmo tanto che fosse una fake news

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“La gioia dentro se non c’è me la invento” - in ricordo di Silvana Simone

Venerdì, 30 Ottobre 2020 17:08
Silvana Simone

A tutte/i le Pacifiste/i, in concomitanza con un traguardo importante quale la ratifica da parte di 50 Stati del Trattato di Proibizione degli ordigni nucleari (TPAN), questa mattina 25 ottobre alle 7.00 è deceduta l’artista Silvana Simone, che per noi di WILPF-Italia e per me, che le sono stata amica, ha rappresentato una complice fervente dell’obiettivo di contrastare la guerra e profetizzare una vita di equilibrio, di rispetto per gli esseri umani, per gli animali e il Pianeta.

Come una vate, come una santa, convinta e brillante nella sua capacità di esprimersi – ovvio sbocco di un’Artista che sente, capta e restituisce agli altri il proprio pianeta interiore di intuizioni ed emozioni – Silvana ha prodotto sempre in modo indipendente tre CD. Negli Anni Ottanta “Almeno tentare”, nel 1998 “L’utopia ti cingerà la vita” e nel 2005 “Armonia Novella”. Appassionata di Bob Dylan, Joni Mitchell, ha vissuto a Ginevra il primo periodo di attività artistica e poi si è trasferita a Roma. Ha sempre lamentato la difficoltà di essere sulla scena musicale come artista che compone, scrive testi, interpreta e suona, senza essere supportata da discografici, spaventati dallo spessore del suo messaggio troppo poco commerciale e pronti solo a sfruttarne l’avvenenza e la voce, per interpretare canzoni scritte da uomini.

Per smarcarsi da questi meccanismi odiosi, descritti nella canzone “Mercati mentali”, Silvana si apre al mondo digitale e lì finalmente comunica con centinaia di followers che scaricano le sue canzoni e le scrivono ammirati. Così diventa invitata speciale della radio argentina “Nuevas Sensaciones Italianas” che le ha dedicato un’intervista il 1° maggio 2020. Intelligente e volitiva Silvana ha costruito il monumento a sé stessa, il proprio sito a disposizione dell’umanità, quando questa sarà pronta a capire e a ritrovarsi in parole così sagge.

Nella sua Arte e nella sua Vita c’è un’impronta: la Resistenza, la Solitudine, il Possibile “La chiarezza non si coglie come un fiore però, come montagna si può scalare”... c’è l’imperativo di rimanere sé stessa con le proprie convinzioni aldilà delle deficienze e dell’assurdità degli eventi, che si accumulano ispirati da logiche nefaste. Un’immensa solitudine ha circondato quest’artista dallo sguardo inquieto e il sorriso africano. Raccontava Silvana di avere fatto un’improvvisazione in Francia con Dizzy Gillespie (morto dello stesso male), che la voleva con sé; di un concerto in cui sentì dalla folla un ragazzo africano chiamarla estasiato: “Silvana!!!!”. L’ultima volta che ci siamo viste prima che si trasferisse a Lecce nel gennaio 2019 è stato nel dicembre 2018, quando mi ha accolto nella sua casa per fornire a tre ragazzi gambiani rifugiati - venuti con me - coperte, lenzuola, suppellettili…

Essere notturno, di grandi meditazioni e filosofia, Silvana ha utilizzato la sua musica per educare e per sfogarsi. E’ mancato tragicamente il nesso tra la sua genuina identità di artista capace di esprimersi solo attraverso la musica e un contesto militante che sapesse sostituirsi a quell’impresariato musicale che voleva solo deviarla. Ma ci sono state occasioni d’oro: un concerto a Bonn il 17 aprile 1999 invitata dalla diaspora curda, un’esibizione a Roma a piazza bocca della Verità il 10 novembre 2001, un’esibizione a Berlino invitata dalla WILPF tedesca, la realizzazione della versione italiana dell’inno della “Marcia mondiale delle donne contro guerra, violenza e povertà” nel 2002. C’era in programma un concerto presso la Casa Internazionale delle Donne a Roma…

Credeva nella dimensione dell’amore Silvana, nel tentativo di dialogare con il mondo maschile, che ha espresso in canzoni come “Uomo”, “Almeno tentare”, “Apriti come un fiore” “E’ amore”, “Sulla sabbia”. Credeva nei rapporti tra donne, anche se le trovava impreparate a cogliere la sua disponibilità artistica per le loro lotte. E’ stata adorata da Adele Faccio che le regalò la sua Enciclopedia della Musica. Bellissima è la canzone dedicata alla madre “Che tenerezza” e alle amiche “Aspetti”.. Amava i bambini e diceva sempre che non avrebbe potuto essere madre perché sarebbe stata troppo apprensiva. “Armonia novella” fa riferimento alla pedofilia quando parla di “oscenità naviganti e piccoli cuccioli offesi, di indifferenze colpevoli” e nella bellissima “Piccolo Tom” fa un omaggio a un bambino immaginario. Credeva nella Pace e nel Disarmo e lo ha espresso in modo imperativo e veemente in canzoni come “Non si può più aspettare” “A voi guerrafondai maledetti” e nella sua preghiera laica “Merçi”. La Musica era il suo grande conforto, la sua grande amica e “stella luminosa” a cui ha dedicato “Euterpe” e “Spontaneamente”. La sua mortificazione di fronte a scenari di violenza e guerra è espressa in “Anima” mentre l’incoraggiamento a non desistere mai è in “L’utopia ti cingerà la vita” e in “Armonia novella”. Una canzone in particolare è dedicata all’immigrazione: “La danza nel freddo”, ispirata dalla sofferenza dei curdi accampati a Roma nel 1998, vittime della repressione dei governi turchi. Ha conosciuto Dino Frisullo Silvana e Hevi Dilara le ha dedicato un ringraziamento, conservato nel suo sito. Al rispetto e al godimento dell’ambiente è dedicata “Non si interrompono i sogni”. La sua terrazza romana in Via di Casal del Marmo era piena di rose gialle, le scale di casa e gli interni erano tappezzati di ghirlande rampicanti, di ciuffi di piante: un’ evocazione di quel mondo naturale che stiamo uccidendo. Il giallo era il suo colore (insieme al rosso, all’azzurro, al nero e al bianco). Il suo cane lassie che apostrofava “O cuccolo” si chiamava “Sole”. Silvana era energia solare, vocale e mentale, consacrata alla liberazione dalla crudeltà umana, maschile in prevalenza. Chiara è per Silvana la femminilità. La sua una voce da opera prestata al blues. Quanta voglia di vivere e di fare aveva Silvana, di partecipare a concerti per sostenere delle cause, di collaborare con artisti africani che le proponevo di incontrare… D’altronde Karl Potter è stato per anni il suo percussionista (insieme a Roberto Genovesi, alle chitarre e tastiere)!

Giuliano Bucarella, suo compagno di vita, fotografo e marito in questi ultimi giorni, ha rivelato che la notte del 21 ottobre nel dormiveglia Silvana ha detto: «Non lo sanno che chi non sogna non sa amare…!» E’ stato proprio per stare vicino a Giuliano, “…la mia esigenza di vita più vera, viva, intensa…è anche la tua, la nostra tenera convenienza” (“Almeno tentare”).. - afflitto da problemi di salute - che lealmente Silvana ha sospeso la sua attività negli ultimi anni, sperando arrivassero tempi migliori. Dal 2020 invece, è stato Giuliano a prendersi cura di lei. Abbracciamo Giuliano, tutta la famiglia di Silvana e in particolare il fratello Donato, che ha sempre condiviso l’impegno civile di questa sorella speciale.

Sciogliamo le barriere che a volte lasciano scompagnate le persone impegnate in obiettivi comuni e facciamo risuonare la voce profetica di Silvana nelle nostre lotte per migliorare l’esistente e renderlo libero, positivo e dolce, come lei. Andatelo allora a vedere il suo sito dedicato all’utopia: www.silvanasimone.com, Silvana Simone Biografia.

Inno della Marcia Mondiale delle Donne (2002)

Nell’utopia il seme da coltivare

Per la gioia di un mondo da liberare,

da un mondo vile di guerre e povertà

ci dissociamo, complici non ci avrà,

in marcia, unite e vere

controvento

vogliamo, esistiamo

in marcia, unite e vere

la stella che brilla in noi mondializzata sì va, sì che va

il multicolore, vita alla vita,

armonia, armonia sarà

in marcia unite, futuro con dignità

amore e pace di certo sarà!

(a cura di Patrizia Sterpetti, Presidente di WILPF-Italia)

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Alberto Mancini - Ci lascia un grande “umile” della letteratura

Venerdì, 16 Ottobre 2020 14:50
Alberto Mancini

OSSERVAZIONI SULLA POETICA DEL PROF.RE ALBERTO MANCINI

In angoli di terra

poco più in là, o sperduti

in luoghi un tempo visti più lontani,

risuonano clamori

e fremiti di vita non umani

A.M.

La poetica di Alberto Mancini è un ricamo di osservazioni e di contemplazioni dove la tessitura letteraria è nicchia dell'uomo al centro dell'universo in attesa di risposte e d'incanti.

La forza nella parola che il poeta esprime non solo diventa eco nella mente del lettore, ma si trasforma con grande trasporto in musica e immagine in continuo movimento.

Odori, rumori, colori, sensazioni vivide che il Mancini esterna con una limpidezza del verso da sentirne la sua stessa voce, voce che è sussurro, soffio gentile, preghiera e confessione.

L'arte del poetare è l'esasperazione dell'introspezione umana dove il bisogno dell'immediato, si fonde con l'accettazione delle nostre convinzioni. Chi scrive poesia, esprime ciò che l'occhio osserva e la mente indaga, fino ad assorbire la coscienza del proprio ego che non conosce menzogna e che non ha freni né catene.

Solo con la grande capacità d'espressione e la tecnica dell'idioma, si rende arte l'immaterialità del pensiero. Alberto Mancini è questo.

Grande espositore di vissuto e di analisi esplicativa, uomo di grande cultura e di enorme sensibilità, egli sa trasportarci nei luoghi che lui stesso vede, sia fisicamente che visitati con la mente, sa condurre alla riflessione, alla contemplazione del bello e allo stesso tempo ci indica l'innegabile filosofia della vita che attraverso la continua osmosi del tempo cambia e si trasforma.

Niente passa a lui inosservato e niente è senza valore per i suoi occhi che sanno scrutare i volti, le movenze, gli atti di chi intorno a lui si muove.

Pare quasi di vedere il poeta dietro ad una finestra dove il tutto è alla sua portata, perfino il vento e le stelle gli sussurrano parole e del cielo ne sente il pianto perché conscio del male che sotto esso, sovrasta in luoghi lontano e vicino a noi.

Mancini parla del tempo, dell'amore, dei ricordi, ha note di nostalgia del padre, parla dei Natali e non dimentica il dolore ch'egli assopisce con le carezze amiche delle parole dove le stelle, il cielo, il vento e il mare, lo accompagnano silenti e comprensivi al suo dire emozionale.

La poesia è sicuramente la branca letteraria più difficile in assoluto da scrivere; è facile cadere in retoriche o scadere nelle banalità, non è cosa semplice riuscire a intersecare le giuste metafore e la giusta tonalità o ritmo e molto spesso non emerge alcuna emozionalità, questo non è assolutamente il caso di Alberto Mancini che è indubbiamente uno fra i poeti più espressivi e più interessanti del nostro tempo, la sua classicità ci riporta a poeti del '900 quando la parola, la forma, l'eleganza erano priorità assolute del verso poetico.

Ogni lirica da lui esposta ha maestria evocativa e possiede una naturale inclinazione alla nitida sintesi verbale; egli sa ben fondere in un unicum l'immagine e la realtà e grazie alla fluidità del verso, alla levità e efficacia espressiva, una musicalità delicata si sprigiona dalle sue parole dove ogni accento cade con regolarità facendo scandire un ritmo armonico e gradevole all'orecchio oltre che alle corde dell'anima attenta.

...Che sarebbe la vita

senza un grumo di luce,

senza un sole che dentro

illumina le cose,

le fa più belle o scialbe di colori,

dall'ombra le solleva

e le ruba alla notte?…

In quella luce espressa dal poeta, tutta la speranza che dentro l'uomo è continua ricerca e motivazione a quel buio che ci circonda, il buio della fine, della paura e della morte stessa.

La luce, la vita, la riflessione, il quesito di un uomo che ha compreso quanto fondamentale possa essere la ricerca interiore di quel bagliore che è faro nella nebbia, la luce che è la forza per resistere.

Alberto Mancini, un grande osservatore, un eccelso uomo di cultura ed esemplare poeta del pensiero, quello stesso pensiero dove ognuno di noi trova una parte di sé poiché Mancini parla di vita, di attimi, di tempo di limiti umani.

Solo chi ha grande esperienza, chi ha della vita visto le ombre e le luci, può arrivare a rendere chiari concetti di grandi impatti emotivi cogliendone la filosofica trama che è appartenenza al mondo intero.

Note sull'autore:

Alberto Mancini fiorentino residente per moltissimi anni ad Arezzo è stato Docente di glottologia per molti anni all'Università di Urbino e docente Universitario in Linguistica Generale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Firenze. Sue molte pubblicazioni scientifiche riguardanti soprattutto le iscrizioni preromane dell'Italia Settentrionale e il latino arcaico e le lingue indoeuropee. Ha scritto numerose recensioni e prefazioni di testi di poesia e narrativa. Ha collaborato con vari siti e blog di letteratura. Presidente di giuria di dalle prime edizioni dello storico Premio Letterario Tagete di Arezzo.

Ha pubblicato libri di poesia “Frammenti di voce”nel 2006 (Editore Guerra di Perugia)

“Il riflesso nell'acqua e il vento” nel 2012 (Pubblicato per Edizioni Polistampa Firenze)

Nel 2017 ha pubblicato per Florence Art Edizioni la silloge “Nelle curve del tempo” dove il Prof. Giuseppe Panella nella sua prefazione sottolinea:

Mancini scrive della poesia, insistita metafora rocciosa e pietrosa della vita, soggetto che si identifica con la storia finora vissuta, delibata o rifiutata ma accettata nel tempo come percorso, come tragitto che valeva la pena di compiere."

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SOCIAL- LAICOS: il suo dritto e rovescio

Lunedì, 05 Ottobre 2020 21:28
SOCIAL- LAICOS:  il suo dritto e rovescio

Facebook, Instagram, Twitter, You Tube, Linkedln, Pinterest e altri social sono diventati ormai da anni un modo di essere, di esibire, di dire la propria attraverso post, link, video, foto e quant’altro. Una virtualità con la quale ci siamo abituati a convivere.

Secondo l’ultimo conteggio, gli utenti di facebook superano i 2.150 milioni di utenti attivi, praticamente una persona su quattro si connette a questo social, a seguire con circa 1.500 milioni di utenti di You Tube, seguito da Instagram con oltre 800 milioni di utenti attivi.

E’ innegabile che i social siano diventati indispensabili sia dal punto di vista personale che a livello commerciale. Vengono usati nei modi più disparati: per pubblicità, per ricerche, per creare collegamenti da una parte all’altra del mondo.

Le industrie, le aziende, i grandi colossi commerciali spesso si avvalgono del web agency, una figura professionale delle ultime generazioni che si occupa di rendere visibile quel brand, quell’industria o qualsiasi prodotto da pubblicizzare; i web agency sono richiesti anche dai alcuni partiti politici nei periodi di campagne elettorali o dai personaggi cinematografici e televisivi per avere più visibilità e consensi.

Chiunque può creare il proprio profilo, pagina o gruppo, chiunque può farsi pubblicità anche a livello imprenditoriale e organizzativo (advertising) attraverso quei strumenti esistenti all’interno dei social. Un mezzo che diventa indispensabile ma come ogni mezzo, anche il migliore, è opinabile e non porta solamente a risultati positivi.

Vi è l’altra faccia dei social; quella della solitudine, dell’incapacità a stringere rapporti umani, quella delle persone sole, annoiate, gente che cerca negli altri quella comunicazione che non riesce ad avere nella vita reale dove il giudizio spesso è una lama tagliente. Non parliamo poi dei danni anche psicologici (ansia, depressione, stanchezza) riconosciuti verso la popolazione dei teen ager per un uso e abuso dei social sia su smartphone che computer. E’ ormai comprovato quanto l’utilizzo su queste piattaforme abbiano la capacità di influire sul nostro stato d’animo, veder cosa capita di fronte a noi e malgrado noi, a volte può essere deleterio sopratutto in una persona con patologie di fragilità psichica. Ricordiamo che sui social è tutto visibile: le foto, gli stati, i post, i video. Pensiamo per un attimo a chi viene preso di mira e viene ferito, umiliato, dileggiato.

Molto spesso si dimentica che il social non è vita privata, ma siamo nomi e cognomi, siamo facce, siamo controllati da un indirizzo ip, siamo rintracciabili e riconoscibili. Siamo tutti personaggi dentro un social ma persone reali nella vita comune.

Lasciarsi assorbire da una dipendenza digitale che esula spesso dalla necessità del mezzo, diventa per molti, l’unico modo per creare legami, scambi di opinioni e discussioni anche con perfetti sconosciuti. Una dinamica sociale che crea una discrepanza nei rapporti reali.

Dall’avvento dei social, persino una telefonata diventa messaggio su WathsApp, su Messanger.

E’ indubbia l’utilità del social, aiuta in molte situazioni, è un deterrente fondamentale ai tempi di oggi ma restarne schiavi ci ha reso freddi e distanti ora più che mai. La vita è sulle strade, dove si lotta, dove si incontra, dove si tende una mano; la vita vera non si alita da un monitor, non si creano empatie reali attraverso una fredda tastiera.

Là fuori ci sono occhi da guardare, situazioni e possibilità che qualsiasi social esistente non potrà mai dare. La vita ha un respiro, il social si spegne con un clic.

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Virgilio un Poeta Iniziato

Venerdì, 25 Settembre 2020 23:24
Virgilio

Publio Virgilio Marone nasce ad Andes, nei pressi di Mantova, il 15 ottobre del 70 a.C. muore a Brindisi il 21 settembre del 19 a.C.

Il padre, Stimicone Virgilio Marone, è un piccolo proprietario terriero, mentre la madre, Polla Magio, è figlia di un noto mercante della zona. Il giovane Publio Virgilio studia a Cremona presso la scuola di grammatica, conseguendo all’età di soli quindici anni la toga virile. Di seguito si trasferisce a Milano, dove studierà – retorica - e poi a Roma nel 53 a.C., dove si dedica allo studio del greco, del latino, della matematica e della medicina.

A Roma frequenterà la scuola del celebre maestro Epidio, dedicandosi allo studio dell’eloquenza che gli sarebbe servito per intraprendere la carriera professionale di avvocato. In occasione del suo primo discorso in pubblico però, Virgilio, avendo un carattere molto riservato e mite, non riesce nemmeno a introdurre una frase, avendo dei difetti nella pronuncia, dunque decide di abbandonare gli studi di oratoria continuando però quelli di medicina, filosofia e matematica.

Virgilio vive in un periodo storico molto complesso, infatti, nel 44 a. C. muore Giulio Cesare in una congiura, conseguenza della rivalità tra Marco Antonio e Ottaviano suoi successori. Durante la battaglia di “Filippi” del 42 a.C. che vede contrapposto l’esercito di Ottaviano con le Forze di Bruto e Cassio, Virgilio perde molte delle proprietà che possiede nell’area mantovana che vengono confiscate e consegnate ai veterani di Ottaviano. Queste perdite lo segneranno tantissimo. In occasione del suo rientro ad Andes, il poeta passati diversi anni incontra l’amico Asinio Pollione, che deve distribuire le terre del mantovano ai veterani di Ottaviano. Nonostante abbia cercato di fare tutto il possibile per tenere i suoi possedimenti, Virgilio non ci riesce, facendo ritorno a Roma nel 43 a.C. L’anno successivo, insieme al padre e agli altri suoi familiari, si trasferisce in Campania, a Napoli. Ci rimarrà per poco dopo aver rifiutato persino l’offerta di ospitalità da Augusto e dall’illustre Mecenate preferendo di fare una vita tranquilla nel Sud Italia. Nel suo soggiorno a Napoli egli frequenta la scuola – epicurea - dei celebri filosofi Filodemo e Sirone. Nel corso delle lezioni che si tengono nella scuola, conosce numerosi intellettuali, artisti e politici. E’ in quest’occasione che incontra Orazio. Dedicandosi alla lettura del “De rerum natura” di Lucrezio, afferma di non condivide la concezione secondo cui deve essere negata l’immortalità dell’anima. Grazie a Mecenate entra a far parte del suo circolo letterario, diventando un poeta molto illustre nell’epoca imperiale. Per la sua prima opera “Le Bucoliche”, scritta a Napoli, il poeta Virgilio trae ispirazione dai precetti epicurei. Nell’opera sembra voler rappresentare, tramite i suoi personaggi, il dramma che ha segnato la sua vita, ovvero l’esproprio dei suoi possessi mantovani dopo la battaglia di “Filippi”.

Tra il 36 e il 29 a.C. , durante il suo lungo soggiorno a Napoli, compone un altro dei suoi capolavori letterari: “Le Georgiche”. In quest’opera, articolata in quattro libri, racconta il lavoro sui campi, descrive attività come l’allevamento, l’arbicoltura e l’apicoltura. In questo poema inoltre vuole indicare un modello ideale di società umana, una visione personale della società del futuro. I quattro libri contengono sempre una digressione storica: ad esempio, nel primo libro, racconta l’episodio della morte di Cesare, avvenuta il 15 marzo del 44 a.C. Nel 29 a.C. nella sua abitazione campana, il poeta ospita Augusto che è di ritorno dalla spedizione militare vittoriosa di Azio contro Marco Antonio e Cleopatra.

Virgilio, con l’aiuto di Mecenate, legge ad Augusto il suo componimento poetico,                   “Le Georgiche” divenendo così uno dei poeti prediletti dell’Imperatore e di tutto l’Impero romano. L’ultima opera letteraria da lui scritta è “L’Eneide” composta tra il 29 a.C. e il 19 a.C. nella città di Napoli e in Sicilia. In quest’Opera viene narrata la vicenda di Enea,             in fuga da Troia, rappresentato come uomo pio, dedito allo sviluppo del proprio Paese. Uomo ligio e virtuoso che con la sua pietas, riesce quindi a fondare la città di Roma, rendendola gloriosa e importante. Il poema ha come obiettivo quello di ricordare la grandezza di Giulio Cesare, del suo figlio adottivo Cesare Ottaviano Augusto e dei loro discendenti. Infatti, Virgilio chiama Ascanio, il figlio di Enea, “Iulo” considerandolo come uno degli antenati della gloriosa Gens Iulia. In quest’opera, con il suo grande ingegno letterario, immagina che i Troiani siano gli antenati dei Romani, mentre i Greci vengono rappresentati come dei nemici, i quali poi saranno assoggettati all’Impero romano. Condizione per la quale i romani rispetteranno i Greci sottomessi. Nel 19 a.C. Virgilio svolge un lungo viaggio tra la “Grecia e l’Asia” con l’obiettivo di conoscere i luoghi che descriverà nell’Eneide e per accrescere la sua sete di cultura. Nella città di Atene il poeta incontra Augusto che in quel momento sta facendo ritorno dal suo viaggio nelle Province orientali dell’Impero. Su consiglio dello stesso Imperatore, decide di tornare in Italia a causa delle sue deboli condizioni di salute.

Dopo avere visitato Megara, Publio Virgilio Marone muore a Brindisi il 21 settembre dello stesso anno a causa di un “colpo di sole”, mentre sta ritornando dal suo lungo viaggio di ritorno. Il poeta, prima di morire, chiede ai suoi compagni Varo e Tucca di bruciare il manoscritto dell’Eneide, non essendo terminato e sottoposto a revisione, ma come sappiamo queste sue ultime volontà non furono rispettate. Muore e viene ricordato dai cittadini della Brindisi Romana in una casa a ridosso della Colonne del Porto, le imponenti e amate colonne simbolo dell’importanza di questa città nel periodo romano. Le sue spoglie come da sue volontà, vengono in seguito trasferite a Napoli, mentre Augusto e Mecenate per riconoscenza e nonostante la contrarietà dello stesso poeta, fanno pubblicare l’Eneide, affidando il compito agli stessi Varo e Tucca, i compagni più intimi di studi di Virgilio.

In epoca medievale i resti di Virgilio vanno perduti (e qui cominciano i misteri).

Nella sua tomba compaiono ancora le seguenti frasi in latino: “Mantua me genuit, Calabri rapuere, tenet nunc Parthenope, cecini pascua, rura, duces”; letteralmente si può tradurre come: "Mantova mi generò, la Calabria (attuale Puglia) mi rapì, e ora mi tiene Napoli; cantai i pascoli, le campagne, i condottieri". La leggenda narra che questa frase sarebbe stata dettata dallo stesso Virgilio in punto di morte.

 

Il poco conosciuto Virgilio “Mago”

 

Durante il medioevo “normanno e angioino”, trovò enorme credito la teoria o leggenda che Virgilio fosse stato un Mago. da dove scaturiva questa bizzarra, per alcuni, teoria?

La strana e inusuale, tomba di Virgilio è sita nel parco di Piedigrotta che porta il suo nome, manifesta due orientamenti cosiddetti “d’amore”: una colta che riguarda la sua prestigiosa opera letteraria, l’altra popolare che lo venera come “Mago e Salvatore” della stessa città; il liberatore da varie “jatture” come l’invasione di insetti o serpenti, con l’ausilio di particolari incantesimi. La testimonianza più affascinante di questa credenza popolare risiede tutta nel nome di “Castel dell’Ovo” riferito alla “turrita” struttura dell’isolotto di S. Salvatore, la greca Megaride, in seguito unita artificialmente alla costa dal Borgo Marinaro.

 Nel periodo medievale, proprio quando si ha notizia della sparizione dei suoi miseri resti, nella zona fiorì una grande scuola “ermetica” che si occupava di “alchimia”. Megaride divenne presto rifugio di eremiti che occuparono le piccole grotte naturali ed i ruderi delle costruzioni romane della grande “domus luculliana” che dalle pendici di Pizzo Falcone giungeva all’isolotto.

Di seguito i monaci Basiliani riutilizzarono le possenti colonne romane per ornare la sala del loro cenobio, come ancora si può notare visitando oggi Castel dell’Ovo. Per una più attenta analisi, invitiamo il lettore a porre bene l’attenzione su nome stesso di Castel dell’Ovo di cui la sua origine resta alquanto “misteriosa”. Nel simbolismo alchemico il concetto di «uovo Filosofale», è la storta (vaso di vetro, rotondo con il becco rivolto verso il basso che serve a distillare la materia nel corso dell’Opera) nella quale viene posta la materia prima e con la quale si procede alla “Grande Opera” durante la cosiddetta "via umida", più lunga ma più sicura, contrapposta alla "via secca" in cui si opera con il più comune crogiolo.

 Questo “uovo” di metallo o di un particolare vetro nel quale avveniva la lenta trasmutazione degli elementi primari – zolfo e mercurio – in metallo prezioso, “l’Oro alchemico”, che rappresentava la simbolica operazione iniziatica che determinava la profonda mutazione dello “spirito e dell’intelligenza” dell’alchimista. Veniva poi rinchiuso all'interno dell'Athanor, chiamato simbolicamente con diversi nomi, come Torre, Prigione o Caverna. Per gli alchimisti l’Athanor era il termine usato per designare un “forno” il cui calore serviva ad eseguire la “digestione alchemica”, utilizzato per la prima volta da Raimondo Lullo nel suo “Elucidatio Testamenti R. Lulli”. In questo ruolo, dunque, l'”uovo Filosofico” fa le veci simboliche dell'uovo del Mondo mentre l'Athanor, nella più diffusa interpretazione è la corrispondenza micro-macrocosmo che diviene assimilato al "cosmo"!

 In un documento molto datato si legge di un antico amanuense (addetto a scrivere a mano atti e documenti) che aveva speso tutta la sua esistenza, nello studio e nella trascrizione del poeta e “mago” Virgilio, da cui traspare la profonda cultura virgiliana della classe colta e religiosa “partenopea” tra il Medioevo angioino e il Rinascimento aragonese. In antichi testi alchemici, gelosamente custoditi da studiosi napoletani, si legge di: “… soluzione de vergilio ...” o più avanti “... lo spireto de frutta de vergilio ...” ; citato anche come: “ … l’acqua de lo Mago Vergilio ...”. Indizi fortemente indicativi. Certo è che per agli scettici nulla fa escludere che un “ignoto alchimista” si chiamasse Virgilio e che avesse distillato uno “spirito di frutta”. Ma perché di frutta? Aveva a che fare forse con il fatto che Virgilio scrisse le Georgiche quale “Inno alla Terra” e le Bucoliche quale “Inno all’Uomo”?

 Si può intuire che il sommo poeta mantovano, nei suoi lunghi soggiorni napoletani, oltre che frequentare la scuola epicurea di Sirone come abbiamo detto, abbia potuto carpire il “segreto” di alcune distillazioni da qualche “stregone” seguace dei misteri orfici, e avendo nel cuore Esiodo e Lucrezio, si sia addentrato nella conoscenza “segreta” della natura “iniziandosi”, molto probabilmente ai culti di Cerere e Proserpina, culti misterici allora vivissimi nella potente Neapolis. Un aspetto particolarissimo e controverso è proprio quello della definizione stessa di Virgilio come Poeta o come “Iniziato ai misteri”, e persino veggente e profeta, dopo quando, nella “IV egloga delle Bucoliche”, molti studiosi si sono attardati a vedere una sorta di “profezia” sulla nascita di Gesù o di altri profetizzati eventi del tutto destituiti di verità. Altro fatto e che ci si ostina a non voler vedere, la traccia dell’autentica intenzione virgiliana cioè: il Compimento dell’Opera Alchemica, ovvero la nascita dell’Oro ottenuto nell’Athanor manipolando la Terra Vergine o Madre; come è eloquente l’incipit dell’ultimo canto del “Paradiso” di Dante.

A prova di questa ipotesi, cioè che fosse prima un iniziato e poi un poeta e scrittore, la storiografia medievale narra che Virgilio entrò nel castello di Megaride e vi pose un “uovo chiuso” in una gabbietta che fece murare in una nicchia delle fondamenta, avvisando che alla rottura dell’uovo la città sarebbe crollata; così nasce molto probabilmente il nome di “Castel dell’Ovo” che l’isolotto ha sempre conservato, e lo si evince sia dagli scritti antichi che da una radicata tradizione orale; un’altra ancor più inquietante, vede Virgilio evocare dal nulla un gruppo di demoni infuocati affinché potessero scavargli una grotta lunga un chilometro ai piedi di una collina. Un'apertura simile a quella di un acquedotto che avrebbe rifornito le città e i paesi circostanti. Il lavoro si sarebbe completato in una sola notte, se non fosse passato di lì un cittadino che, gridando impaurito verso i lampi di luce e il frastuono del “lavorio”, mise in fuga gli spiriti infernali che si volatilizzarono nel nulla. Questi lasciarono il lavoro quasi ultimato, poiché soltanto per altri 100 metri il tunnel sarebbe stato costruito. E' così che nacque la Crypta Neapolitana, sita tra la tomba commemorativa di Leopardi e il colombario che conteneva (ma ora non più) le ossa di Virgilio. Al momento della morte di Virgilio, un grande albero di alloro prosperava vicino all'ingresso della Tomba rigoglioso per mezzo delle “energie Magiche” del corpo del Poeta, acquisendone le stesse capacità “magiche e terapeutiche. Lo stesso Maestoso albero, si dice morì nello stesso anno della morte di Dante, e ne fu piantato uno nuovo dal Petrarca. I suoi rami e le sue foglie venivano utilizzati come dagli insegnamenti misterici delle sacerdotesse di Apollo che ne masticavano le foglie e ne respiravano le esalazioni per ottenere visioni profetiche.

 Questa pianta assume una importanza notevole nel periodo medievale dove i visitatori che se ne appropriavano “segretamente”, la utilizzavano per evocare influssi di chiaroveggenza e saggezza, sebbene il suo sapore sia molto forte. Le foglie di alloro sotto il cuscino portavano sogni profetici, e bruciate provocavano visioni. È una pianta di protezione e purificazione per eccellenza. Alcuni la portavano addosso come amuleto per scacciare le negatività e il male, bruciata e sparsa durante gli “esorcismi”, appesa sopra le finestre per difendere la casa dai fulmini, adoperata per evitare che gli “spiriti insidiosi” seminassero zizzania in casa. L’albero di alloro piantato vicino ad una casa allontana le malattie. Utilizzate perché un amore duri nel tempo, la coppia doveva staccare un ramoscello di alloro, dividerlo in due e tenerne ognuno una metà. Le foglie donavano forza e prestanza agli atleti se portate addosso durante una gara. Se si scriveva un desiderio sopra una foglia di alloro e la si bruciava, venivano esauditi tutti i desideri e tenuta in bocca proteggeva dalla “sfortuna”. 

Nota curiosa e anch’essa controversa vuole che ben prima di S. Gennaro, Virgilio, fosse una sorta di protettore della città di Napoli, per le doti “taumaturgiche” riconosciutegli, fatto che spiega il trafugamento delle povere ossa.

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E’ cambiata la televisione o siamo cambiati noi? Programmi spazzatura e spettatori inermi.

Giovedì, 24 Settembre 2020 14:23

Siamo forse arrivati al livello più basso con alcuni programmi televisivi.

Ciò che disarma, è che sono i più seguiti. La televisione spazzatura dove il gossip ha più valore del bambino siriano ucciso nei peggiori dei modi, della donna violata, delle guerre delle quali non si parla perché non ci sono i guadagni e i riscontri, delle leggi da attuare mai considerate, degli ultimi, degli invisibili.

La tv spazzatura, dove la cultura è inesistente e l’esibizionismo del sé diventa dottrina da mettere in prima pagina.

Siamo ormai arrivati a un punto dove l’audience è il braccio di ferro fra i Palinsesti.

Non importa se gli argomenti sono vuoti o privi di senso, l’importante è esibire. Si esibisce la morte facendone show senza riguardo alcuno trasmettendo la sofferenza, il dolore, la violenza mentre la gente diventa spettatore del male e di argomenti spesso distorti da poca professionalità di alcuni presentatori.

Conduzioni dove la parola è espressa sempre più con linguaggio banale e dal contenuto povero convergendo in discussioni di bassa attrattiva. E cosa dire di quei programmi importati e scopiazzati dall’estero, dove si usa il corpo solo come provocazione per indurre interesse ai voyeur dello schermo? il pettegolezzo come verità da ascoltare. Sempre meno argomenti sul sociale, dossier informativi, documentari-verità. Sempre più fumo negli occhi.

Cosa è cambiato, la televisione o lo spettatore? Perché questo tipo di programmazioni sono seguite da audience altissimi? Perché in tempi così difficili, così complicati a livello internazionale, nazionale, di economia, di politica, di storia, di malattie, di società ai margini ci sono tante persone che hanno interesse a tanta pochezza televisiva? Perché gli acquisti di alcuni settimanali scandalistici di bassa cultura giornalistica sono al top delle vendite? Siamo arrivati ad essere questo o ci vogliono lobotomizzati e distratti? Disoccupazione, malasanità, povertà, difficoltà economiche, intrallazzi di potere, favoritismi, scandali e ingiustizie sono all’ordine del giorno. Lo sappiamo tutti, ce ne accorgiamo e ci arrabbiamo, ma il programmino strutturato a dovere ci ipnotizza, rimandando così quelle riflessioni che ci logorano e che ci fanno capire quanto siamo deboli e fragili in balia degli eventi.

Dovremmo tornare a seguire con attenzione quelle notizie che parlano di disagio, degli ultimi messi ai margini, del degrado, del barbone che dorme al giardinetto vicino a casa nostra. Dovremmo soffermarci e ricordarsi che quella scatola con lo schermo che abbiamo in casa, è solo uno strumento spesso di evasione ma che la vita è ben altro dei chiacchiericci sulla soubrette, sul calciatore o sui tradimenti e che la morte non è solo lo spettacolo da esibire ma dolore e perdita. Sempre!

La televisione spazzatura che attraverso lo scandalo, la morte come spettacolo, il seno e le labbra rifatte, la parolaccia, e il pettegolezzo, non ci toglierà il malessere, il disagio, la solitudine, la depressione ma sarà solo un palliativo che arricchirà chi, con poca intelligenza ma destrezza psicologica, avrà fatto di noi lo spettatore di un niente mentre il tutto è là fuori in attesa che qualcuno lo cambi.

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Gli esordienti nell’arte spesso senza possibilità di emergere

Lunedì, 14 Settembre 2020 22:07

Chi sono gli esordienti in campo artistico? Nei cosi detti luoghi comuni ci viene da pensare a quei principianti che con leggerezza si apprestano ad esprimersi attraverso l’arte a loro più consona, sia questa pittura, musica, scrittura, scultura o fotografia. Invece non immaginiamo nemmeno lontanamente delle infinite difficoltà che vanno ad intraprendere.

Iniziano spesso il loro percorso artistico con l’iscriversi ad Associazioni a pubblicare, a partecipare a quanti più concorsi possibili per intraprendere una strada lunga e tortuosa spesso dove la meritocrazia è inesistente. Un ambiente nuovo per loro dove spesso, a causa della frenesia iniziale non si accorgono minimamente di quante trappole ruotano intorno a questo universo artistico. Troveranno chi si presterà ad aiutarli chiedendo loro cifre importanti pur non muovendo un dito nei loro confronti. Chi dirà di sostenerli pubblicizzandoli ovviamente in cambio di danaro. Cataloghi che propongono la pubblicazione a prezzi per molti inaccessibili. Proposte di successi sicuri là dove non avranno mai accessibilità o visibilità. Sarà solo l’esperienza, gli anni, il passaparola che li renderà più scaltri e meno facili ad essere catturati da perfetti manigoldi.

Pochissime organizzazioni s’impegnano ad aiutare gli esordienti, solo alcune Associazioni no profit che si autofinanziano rimettendoci spesso per prime o, per quanto riguarda i pittori emergenti ci sono piccole gallerie chiamate “gallerie di scoperta” che hanno la caratteristica di chiedere oneri economici limitati ma hanno scarse possibilità di fare entrare il giovane nel mondo dell’arte. Chi ha alle spalle un buon gallerista ovviamente avrà più chanches.

Iscriversi alle mostre è oneroso e spesso gli artisti di arti figurative per risparmiare, si organizzano per le collettive.

Per quanto riguarda invece la fotografia, chi non è del settore vede la figura del fotografo solo colui che scatta le foto e poi le stampa; la gente ignora delle tante ore spese dietro ad un computer per una post produzione sia per elaborare foto ritocchi o per migliorie nello sviluppo standard, per quelle destinate alla fashion portraits, al reportage, still life o semplici foto commerciali che vengono perfezionate per poterle poi consegnare alle Agenzie, ai privati, ai giornali e quanto poi sia difficile trovare le giuste collaborazioni. Ricordiamo anche che dietro ad ogni forma di arte ci sono corsi da conseguire, ricerche continue in campo artistico e di rappresentazioni estetiche, musicali, letterarie, d’immagine, aggiornamenti fondamentali, oltre alla spesa di materiali che hanno prezzi a volte insostenibili per i giovani provenienti da famiglie a basso reddito. E per quanto riguarda gli scrittori? Una giungla, inutili promesse, c’è chi si lascia abbindolare da quelle pseudo case editrici che in realtà solo legatorie, promettono pubblicazioni gratuite chiedendo solo di acquistare qualche copia. Perché non dire subito che trattasi di casa editrice a pagamento? Perché non ammettere che in realtà stampano solo quelle poche copie che daranno al povero illuso autore convinto di essere arrivato? E’ normale che ci siano case editrici a pagamento, ma dovrebbero andare incontro ai giovani talentuosi con prezzi abbordabili o a rate senza approfittarsi di tanta ingenuità. Vi sono case editrici che obbligano a stampare minimo 300, 400 o più copie sapendo la difficoltà poi di vendere i libri degli emergenti o peggio degli esordienti. Perché non dare la possibilità di stampare inizialmente una cinquantina di copie?

Purtroppo fra i nuovi artisti c’è sempre chi dopo un entusiasmo iniziale si arrende, ma anche chi invece con caparbietà e voglia di affermarsi insiste nonostante le difficoltà sempre alla ricerca di quelle opportunità che li conducano finalmente ad un riscontro di visibilità. Giovani talentuosi che si mettono in continua discussione nonostante i no e le porte chiuse in faccia; l’impegno e il lavoro costante però non sempre sono sufficienti.

Non ci sono reali agevolazioni per gli artisti esordienti o emergenti; spesso abbandonano i loro sogni mentre noi perdiamo a volte talenti ignorati. Tutto è diventato business, tutto è commercio, guadagno, e la “meritocrazia” diventa parte di questo. Non sempre i migliori sono quelli arrivati. La bellezza andrebbe sostenuta da tutti, la stessa bellezza che vediamo nei musei, leggendo un buon libro, osservando una scultura e un quadro, incantandosi di fronte ad una bella fotografia ascoltando una musica che fermerà il tempo magari a riflettere su tutto questo.

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IL RISORGIMENTO ITALIANO NEL SALENTO

Lunedì, 07 Settembre 2020 23:11

 

 

 

 Antonio Panzera - Giuliano del Capo (Le)

1825 - Lecce 1886

 Tra i personaggi Illustri che si sono particolarmente distinti durante il periodo del risorgimento italiano, oggi ci occuperemo di Antonio Panzera, oltretutto un mio avo, mia nonna paterna Clotilde Carmina Panzera classe 1889, parente del ramo brindisino della famosa famiglia di Giuliano del Capo. 

Discendente di una antica famiglia detta dei - conti nobili - di Giuliano di Lecce, già del Capo, perché insieme a Santa Maria di Leuca e Salignano, è una delle frazioni confinanti con Morciano di Leuca, Gagliano del Capo e Patù, zona dell’entroterra sud Salentina all’estremità della nostra penisola italica, quasi sulla “punta del tacco”. Secondo una tradizione di famiglia, l’origine risalirebbe alla metà del sec. XV. Sin dal 1600 la famiglia Panzera viveva “more nobilium” - secondo la consuetudine dei nobili - e godeva di numerosi privilegi e benefici, tra cui quello di “frangere e molire”, cioè il trattamento e la lavorazione delle olive e la produzione di olio, che erano diritti di quei tempi riservati ai soli Baroni.  Nel corso dei secoli i Panzera si distinsero per le ricchezze accumulate e la cultura, molti di loro divennero Dottori in “utroque” - i laureati in diritto civile e canonico - e in medicina, oltre a sacerdoti e Letterati tra i quali anche un poeta e scrittore. Cresciuto in una famiglia prevalentemente cattolica, si trasferisce a Lecce, come era consuetudine dei figli dei benestanti delle province limitrofe, per studiare presso il collegio dei Gesuiti di Lecce. Conseguita la laurea in legge, partecipò con entusiasmo e “ piena fede liberale ” al movimento risorgimentale.

Nato negli anni della dura restaurazione del Regno delle due Sicilie sotto l’Indipendenza di - Ferdinando Cito -  dei Marchesi di Torrecuso, spietato Intendente della provincia d’Otranto, esecutore della vigilanza della “polizia borbonica" in terra d’Otranto, eseguito dal - 1825 al 1826 -, un anno di servizio “terribile” tra esecuzioni sommarie e addirittura 6000 arresti e interrogatori crudeli, e che riprese le inchieste sulle “sette” che i suoi predecessori – Guarini e Cammarota – avevano da tempo abbandonato. Nota che ci aiuterà a comprendere quale fosse lo spirito degli studenti di legge che si trovarono, come il giovane Antonio Panzera, nel bel mezzo di una riforma intellettuale e culturale che lo formò come un eccellente interprete del Libero pensiero in quel vento di libertà e di speranza che si respirava tra la popolazione che sognava un’Italia unita e indipendente. Precedentemente il – Cito - volle accertare l’effettiva esistenza in provincia di Lecce della “Setta degli Edennisti”, detta anche delle “otto lettere”, o dei “quattro colori ” - col primo nome si voleva indicare il giardino dell’Eden, col secondo nome si alludeva ai misteri della Setta, col terzo nome si indicava il - “segreto materiale” dei soci, consistente in lacci di seta o margheritine dai colori rosso, celeste, nero e giallo che indossavano di sotto la camicia, all'estremità di un triangolino equilatero con le lettere L.U.G. che significavano “Libertà, Uguaglianza, Giustizia” -  che secondo le varie denunce, si era estesa nei Comuni del Capo di Leuca, nei quali, sempre secondo il “terribile Cito”, vi erano aderenti ed affiliati mai inquisiti dai suoi predecessori. Un linguaggio tipicamente “carbonaro” fatto di allegorie e simboli che richiamavano le materie esoteriche della “Massoneria” che in quel periodo aveva fortemente condizionato lo spirito liberale del popolo attraverso i suoi aderenti, come i più famosi nazionali G. Mazzini, N. Bixio, C.B. Cavour e i salentini C. Braico e B. Marzolla.  

Antonio Panzera divenne orgogliosamente Capitano delle Guardie Nazionali, e riferendosi ai suoi soldati: < è da codardia non marciare alla loro testa >; frase riportata da un giornale locale del tempo, “il Dittatore”, episodio che mette in luce alcune delle sue virtù e cioè la semplicità e la modestia e il coraggio, caratteristiche spiccate di quest’uomo che fu, in seguito, uno dei protagonisti più stimati della vita politica attiva del tempo.

Busto di Antonio Panzera a Lecce

A seguito dell’Unificazione d’Italia avvenuta di fatto nel 1861, fu nominato, nel ’64, - Tesoriere dell’Associazione Unitaria Costituzionale Italiana - di Lecce, voluta e sostenuta dal Duca Sigismondo Castromediano, noto letterato e archeologo italiano, che gli servì da “apriporta” alle cariche più nobili per l’epoca quali quelle di Consigliere Comunale, carica ricoperta più volte, di Consigliere Provinciale fino alla Presidenza della Provincia di Terra d’Otranto. Per le politiche del 1870 la sua candidatura nella destra “storica”, si risolse con una vittoria significativa sul suo antagonista, soddisfacendo il desiderio di coloro che da tempo chiedevano una figura di spessore e di cultura a capo della politica locale e nazionale. Tre anni dopo, è a capo del “Partito Liberale Moderato” fortemente voluto dagli uomini più influenti e Illustri del Salento, i quali riponevano in lui, estrema fiducia per la provata onestà e rettitudine indiscussa. Fu Deputato al Parlamento, per Lecce, eletto attraverso il collegio di Tricase, fu in carica per quattro legislature – 1870/1886 – distinguendosi come deputato della Destra Liberale aperto alle riforme sulla legge elettorale proposte dalla Sinistra, ma che volle votare a favore, come “progressista” e difensore del diritto, con l’approvazione sull’abolizione della tassa sul “macinato”, detestata dal popolo contadino per il quale manifestava immenso rispetto. Lo stesso che nutriva per tutti coloro che, seppur di fazione opposta, lavorava per il bene comune. Una figura politica e umana con una sensibilità innata che si è perduta nel tempo, una particolare nobiltà d’animo che oggi si è trasformata in una “caciara romana” fatta solo di continui attacchi verbali e proclami populisti che identificano lo scarso livello politico che stiamo vivendo, e che di questo periodo risorgimentale potrebbero fare buon “uso” per il nostro prossimo a venire. Chi non conosce la storia, non ha futuro.

Sindaco di Lecce dal - 1884 al 1885 – nel bel mezzo della terribile epidemia da “colera” che colpì tutto il territorio Nazionale, che lo porto a istituire una Commissione Sanitaria, con lo scopo di una profonda ristrutturazione dei servizi sanitari e igienici. Eseguì tra l’altro, forse, il primo “Lockdown” a zona rossa della s

toria contemporanea, chiudendo le porte della città di Lecce durante la festa di Sant’Oronzo, fortemente voluta dai concittadini e che produsse un detto popolare che riporto: “ Durante lu colera, lu Sindacu Panzera, ha chiusu la città. Ricciu ricciu e lari rulì ”. Antonio Panzera muore il 09 Ottobre 1886, nel suo palazzo di via Palmieri dove fu, per deliberazione del Consiglio Comunale, appena quattro giorni dopo, a lui intitolata la piazzetta antistante il suo Palazzo. Fu commemorato alla Camera dei Deputati nella Tornata del 23 novembre dello stesso anno, e ricordato come uomo dai “modi gentili, squisitamente distinti, sommamente benevolo e premuroso nel suo pensiero che non fosse indirizzato al bene altrui e al bene pubblico”. Ebbe un solo fratello, Giovanni sopra citato come “poeta e scrittore”. Ad Antonio Panzera si deve anche la parentela di un’altra “garibaldina” altrettanto famosa che fu Antonietta De Pace di Gallipoli, patriota, educatrice e infermiera militare italiana, figlia di Gregorio De Pace cognato di Giuseppe Panzera e dunque sua cugina. Ma questa è un’altra storia.

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La Piramide 38° parallelo di Mario Staccioli a Fiumara d’arte da Piramide della Luce a piramide del mistero

Giovedì, 03 Settembre 2020 14:26
 
 Rito del solstizio d’estate

Antonio Presti, indiscusso mecenate d’arte siciliano, che vanta fra le sue creazioni anche il parco sculture più grande d’Europa ovvero Fiumara d’arte, ancora una volta centro del mirino dell’ennesimo atto reazionario che lo vorrebbe coinvolto negli ultimi tragici eventi di Caronia.

 

Del “caso” Presti e della sua opera di semina e produzione di Bellezza, invero ci eravamo già occupati poco più di un anno fa in occasione della ricorrenza del solstizio d’estate e della sua celebrazione fra le alture di Motta d’Affermo ai piedi dell’ormai tanto discussa scultura, un tetraedro di trenta metri in acciaio corten oggi co-protagonista insieme a Viviana Parisi di 43 anni e a suo figlio Gioele, del giallo di Caronia.

Anzi a giudicare dalle prime indiscrezioni sui fatti la scultura sarebbe “indagata” quale causa prima della scomparsa della dj di Venetico poiché, questo monumento inizialmente votato alla Conoscenza e al suo percorso di ricerca, ultimamente – hanno dichiarato i legali della famiglia di Viviana Parisi- è andata incontro ad una sorta di deriva mistica molto diffusa nella zona. Ipotesi che ben si inserisce nella complessa vicenda della donna e della “crisi mistica” che stava attraversando peraltro comprovata da un certificato medico trovato a bordo della sua auto. Partita da Venetico col pretesto di andare a Milazzo per comprare delle scarpe al piccolo, la donna ha poi notevolmente deviato il suo percorso probabilmente tentata di raggiungere il luogo della piramide sul quale la sera precedente aveva chiesto informazioni, forse per prendersi una pausa da un lungo periodo di stress emotivo.

La materia poteva non esserci

Antonio Presti non è certo nuovo a eventi incresciosi che da sempre, dall’inizio della sua attività nel territorio siciliano nel 1982, lo hanno riguardato nel tentativo di spegnere qualunque fiammella che arde quasi a scongiurare il divampare di un incendio.

 

Così ai primi, peraltro non tanto timidi, tentativi di bloccare il progetto ubicato lungo gli argini del fiume Halesus, da parte delle autorità locali, è presto seguita una vera e propria vicenda giudiziaria fatta di espropri, sequestri, minacce in pieno stile della mafia locale, come ebbe a riferire lo stesso Presti e, non ultima, un’interrogazione parlamentare che, a metà anni Ottanta vide coinvolto niente meno che Bruno Zevi. Anzi fu proprio Zevi l’autore della petizione al Ministero nel tentativo di fermare gli atti di persecuzione giudiziaria contro Presti che, a dispetto di ogni atto intimidatorio, è andato avanti comunque arricchendo progressivamente lo spazio di opere nuove fino alle ultime, recenti inaugurate lo scorso giugno: Bosco incantato installazione a cura di Umberto Leone e Ute Pyka e Cavallo eretico scultura di Antonello Bonanno Conti.


Due opere intimamente connesse, l’eresia dell’immaterico cavallo come base imprescindibile di un percorso di conoscenza laico e libero dal dogma dottrinale di una società asservita ad un clero mistico e mistificatore si intreccia con l’altrettanto imprescindibile percorso, arduo e travagliato, che bisogna compiere per affrancarsi dalle tenebre mentali dell’ignoranza qui simboleggiato dal sentiero dei tronchi in una tanto sorprendente quanto efficace analogia col libro. Il libro della Vita!

In ultima analisi, per noi questo è Antonio Presti, cultore e diffonditore di Bellezza, mecenate che dà spazio ad ogni artista nascente e non, persona che non lesina nell’esserci laddove si richiede la sua preziosa presenza al di là delle innegabili crisi “mistiche” o di qualsivoglia altro tipo che possono certamente influenzare la vita di ognuno.

Perché quando si fa la differenza…quello è veramente un problema!

Ancora una volta tutti colpevoli innocenti, figli di un Saturno che divora per paura di essere spodestato.

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IN SPAGNA A NERIA DE GIOVANNI IL PREMIO INTERNAZIONALE “UT PICTURA POESIS” PER LA CULTURA

Giovedì, 03 Settembre 2020 10:08

 

Si terrà il 5 settembre prossimo presso il Parque tecnologico di Fuerteventura nelle Isole Canarie la quarta edizione del premio Internazionale “Ut pictura poesis” dell’Associazione culturale IrdidestinazioneArte che nelle precedenti edizioni si è svolto a Firenze, patria della lingua italiana.

Quest’anno si è voluto guardare con maggior attenzione al mondo culturale spagnolo per rafforzare ulteriormente il settore culturale e creativo, la posizione internazionale e la visibilità sulla mappa europea, per promuovere i valori europei di multiculturalismo e multilinguismo.

Il Premio alla cultura “Ut pictura poesis” 2020 è stato assegnato a Neria De Giovanni, presidente dell’Associazione Internazionale dei Critici Letterari perché “con la sua professionalità ha contribuito a dare lustro e merito a tutto ciò che la cultura rappresenta nel mondo, in tutte le sue molteplici manifestazioni”.

“Sono molto lieta ed onorata di ricevere questo premio- ha commentato Neria De Giovanni- non soltanto perché Alghero, la mia città, è legata alla Catalogna, una Regione importantissima della Spagna, ma anche perché l’AICL- Associazione Internazionale dei Critici Letterari il cui Bureau presiedo, ha collegamenti molto stretti con gli scrittori spagnoli. Il nostro Segretario Generale è Angel Basanta Folgueira, dell’Università di Madrid, presidente dell’Associazione Spagnola dei Critici Letterari. Recentemente la Nemapress, di cui sono direttore editoriale, ha pubblicato “Ungarettiana”, un libro per ricordare i cinquant’anni dalla morte di Giuseppe Ungaretti, con ben 19 interventi di critici di tutto il mondo, tra cui tre della Spagna. E proprio nella provincia di Castilla e Leon ,a Ponferrada, grazie al critico e scrittore Manuel Angel Morales Escudero, il 19 agosto u.s. il libro è stato presentato per la prima volta a livello internazionale”.


Il 5 settembre a Fuerteventura, saranno presenti alla cerimonia: Josè Carlos De Blasio, console onorario d’Italia; Andres Brianso Carcamo, vicepresidente e consigliere insulare per la cultura; Moises Jorge Naranyo, direttore del patronato del turismo di Fuerteventura e Maria Grazia Genova responsabile progetti internazionali dell’Associazione IrdidestinazioneArte.

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Il significato semantico di un quadro di Derain

Mercoledì, 05 Agosto 2020 15:11

“Le belve”

 

Sono stati pubblicati alcuni articoli con i relativi commenti sul ritrovamento di un quadro del pittore francese André Derain, uno dei caposcuola della tecnica delle “fauves” ossia delle “belve”, così come sono stati tacciati pittori di questo stile nato alla fine del XIX secolo, per la violenza cromatica dei colori usati in modo quasi casuale, sia nei ritratti delle persone che nei paesaggi delle loro opere. André Derain era stato uno dei promotori di questa tendenza artistica insieme ai colleghi Matisse, Vincent van Gogh, Henri Manguin, Maurice de Vlaminck, Charles Camoin ed altri ancora.

Questi pittori, attraverso una sorta di protesta nei confronti della società adagiata sul vecchio stile, intesero esprimere con la loro intolleranza alla quiete, un incitamento al cambiamento: cambiamento di stile; cambiamento di valori; cambiamento di vita rivolto alla società conservatrice della tradizione del secolo precedente.

Anche i quadri di Derain nell’arco di tempo in cui il “fauvismo” è posto all’attenzione della società, sono stati caratterizzati da precisi tratti figurativi, apparentemente frettolosi e alquanto stilizzati, talvolta anche semplici ma mai semplicistici rispetto alla realtà delle figure rappresentate. Le inconfondibili zone cromatiche nello stile di Derain, acquistano però significato e vigore   in luogo delle sfumature delle linee ornate, caratteristiche di volti e corpo delle persone ritratte nello stile classico.

 

Gli inconfondibili tratti

Molto è stato detto negli articoli precedenti attraverso un’analisi semiotica comparativa tra il quadro in questione ed altri ritratti di personaggi eseguiti dallo stesso autore, nei quali sono state indicate tratto per tratto, le analogie di stile di colore e di forma tra le varie opere. La comparazione con il dipinto in questione è stata sorprendente per il numero dei riferimenti che hanno delineato l’inconfondibile mano pittorica dello stesso Derain.

Tra i commenti di approvazione delle conclusioni a cui l’ analisi semiotica comparativa è pervenuta, sono stati sollevati dubbi non sullo stile ma sull’effettiva autenticità del quadro per il fatto che mancando la firma dell’pera, non poteva essere attribuita per la congruenza dei tratti, sic et simpliciter, alla creatività di Derain.

Vale quindi la pena di approfondire questo aspetto e le varie sfaccettature del quadro, meritevoli di ulteriori precisazioni.

 

 

L’acquisto fortuito

La prima è che per definizione, la firma non può esserci in quanto tutto ciò che è stato detto è proprio per il fatto che l’opera non firmata è stata ritrovata tale e quale al momento dell’acquisto. L’ acquisto è avvenuto in Inghilterra a metà del secolo scorso in un mercato di Londra probabilmente per la singolarità dei segni cromatici del fauvismo che da parte del venditore e dell’acquirente, rimarcavano soltanto la stravaganza cromatica di irreale aderenza alle forme classiche di un ritratto.

In secondo luogo, in forza o meglio dire in debolezza della scarsa conoscenza pittorica dello stile delle “fauves”, l’ acquirente non è andato oltre la conoscenza artistica della sua immediata sensazione di folclore pittorico, soprattutto nei colori del volto.

Malgrado la dedica sul retro del quadro al Presidente americano Roosevelt, con una frase di un suo stesso discorso riabilitativo di qualsiasi forma di progresso, questa dedica non è stata ricollegata dall’ acquirente del quadro al fermento storico della recente entrata in guerra. Fu infatti con la riabilitazione del progresso artistico fino allora considerato futile e marginale che in America iniziò l’ acquisto per i musei di ogni genere di arte. Fu questa geniale idea di Roosevelt per creare subito da niente, un notevole valore di mercato attraverso la veloce circolazione di moneta pubblica e privata per gli impellenti investimenti di guerra.

 

La dedica

La delega a Roosevelt apposta nel retro del ritratto è un estratto del messaggio al Congrsso USA del 6 gennaio 1942.

“Noi lottiamo per la sicurezza e per il progresso e per la pace, non soltanto per la nostra ma per quella di tutti gli uomini, non per una generazione ma per tutte le generazioni”.

Questa dedica esprime il grande consenso di Derain per la riabilitazione che il Presidente USA di cui era un ammiratore, seppe dare al progresso con il  riconoscimento di ogni tipo di estro creativo, tra cui quello delle “fauves” ritenuto fino allora dalla critica, un arcaismo ormai esaurito. Da ciò si evince che il quadro incompiuto, sia stato interrotto nell’ aprile del 1945 nell’ imminenza della vittoria USA, a causa della inaspettata  morte del Presidente a cui Derain gli dedicava il ritratto probabilmente per consegnarglielo, proprio nello stile riabilitato dallo stesso Roosevelt.

Dunque l’intenzione dell’acquirente del quadro è stata solo quella di entrare in possesso del dipinto in funzione della piacevole stravaganza pittorica e non invece per un atto speculativo mai avvenuto, inteso a presentare sul mercato d’ arte il dipinto a fine di lucro.

Infatti solo qualche anno fa è stata convalidata con un’analisi approfondita, l’intuizione durante una cena in un appartamento della Roma romantica, che uno dei quadri visitati in soffitta fosse proprio quello di cui si sta parlando adesso.

 

 

Conclusione

Per queste ragioni e per altre ancora che sembra inutile aggiungere, si ritiene che il ritratto del Presidente Roosevelt non sia affatto un’imitazione, ma un’opera importante di André Derain; opera realizzata nel corso degli anni ‘40 con il vecchio stile delle “belve” inizialmente    incompreso, ma che il Presidente Roosevelt dette ragione e dignità artistica con il proclama che la stessa dedica riporta.

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Le ali rosse di Taddeo di Bartolo

Lunedì, 03 Agosto 2020 15:27

Senza pensarci e quasi controvoglia dopo mesi sono tornata ad entrare in un museo. Mi sono talmente concentrata nel tenermi occupata, in casa, al computer, che, quasi senza rendermene conto, ho interiorizzato il distanziamento.

Mi sono rifugiata, ancora una volta nello studio, però in qualche modo, stavolta l'arte ne era rimasta chiusa fuori, come tutto il resto.

Eppure ormai dovrei saperlo che se c'è qualcosa che mi consola e che mi da speranza è proprio lei.

Forse è che questa volta qualcosa è riuscito a togliermela, a tenermi lontano, a togliermi il gusto, almeno apparentemente.

Sono distratta in biglietteria, non so dove andare e che devo fare, non lo so più, non so più muovermi a casa mia.

Salgo le scale e la bella architettura del Palazzo dei Priori si insinua a poco a poco, sparisce il caldo, affiora il sorriso.

La custode spiega le regole di visita e il percorso, quasi si scusa per tutto questo, ma io sono già oltre, persa nella bellezza.

Comincio proprio con la mostra di Taddeo di Bartolo, mi attira quell'atmosfera rosso arancio, dalla luce calda e soffusa.

Subito mi catturano queste bellissime Madonne, fondo oro, colori tersi, ma soprattutto è il rosso, ali rosse intorno al trono. Rosso dappertutto, ali come fiamme, ma sono angeli, quelli che bruciano dell'amore di Dio, per Dio.

Procedo di rosso in rosso, rapita, torno in me quando scopro la tavoletta con S. Francesco e il Sultano, originariamente parte della predella della smembrata Pala di San Francesco al Prato. La quadratura del cerchio: è stata oggetto di uno dei corsi che ho seguito all'università quest'anno, tutto è tornato al suo posto, tutto ha di nuovo senso.

Attraverso il pianerottolo e torno a visitare la Galleria Nazionale dell'Umbria, non mi ricordavo tutte le magnifiche sculture policrome e anche molti dei dipinti.

C'è il piccolo (solo di dimensioni) dipinto perfetto di Raffaello. E un Santo Stefano che tiene, insolitamente, un sasso in mano, sembra quasi meditare con molta calma a chi tirarlo.

Un San Sebastiano un po' dandy, vestito di tutto punto, tiene una freccia come fosse un bastone da passeggio. Accanto a lui la Maddalena (?) ha lasciato a terra il vaso con l'unguento, chissà chi dei due, muovendo distrattamente il prossimo passo, lo rovescerà?

Taddeo di Bartolo

28.05-30.08.2020

Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria

Info: 075.58668436; Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Catalogo: Silvana Editoriale €.35,15

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Mussolmeli (Cl) -La piazza come “Madre di una Comunità”. Immaginario di un’utopia possibile. (video)

Domenica, 12 Luglio 2020 22:37

“La piazza come madre di una comunità”. Si potrebbe così sintetizzare la breve ma incisiva intervista rilasciata dall’archithetto Michele Schifano giorno 3 luglio, in merito alla polemica che sta sollevando tra la comunità mussomelese il progetto di riqualificazione di Piazza Umberto I. In meno di 24 h. il video ha superato le ….. visualizzazioni, successo probabilmente dovuto anche all’importanza e all’attualità del tema trattato. Al centro della polemica il tanto discusso e controverso “spostamento” del Monumento ai caduti del 1924, di non trascurabile rilievo artistico, fortemente voluto dall’amministrazione in carica e fortemente osteggiato dall’opposizione. Lo scopo della discussione, sin dal suo primo nascere, è stato quello di esulare dalla valenza politica acquisita dalla tematica in questione a qualche mese prima delle comunali e incentrare l’attenzione su principi di carattere universale. La (ri-)scoperta di un luogo dell’incontro e della memoria come può avvenire se non con il compimento di un atto poetico? E quell’atto poetico ci restituisce una piazza, una madre, la coscienza della fratellanza altresì nobilitata da un ben definito richiamo artistico che la vuole “Origine del mondo” in quanto “eterno femminino”, principio primo e arketipico, fondante e fondativo. Dall’altezza di Monte S. Vito, ammirando il crinale che, con la sua linea immaginaria, traccia il vissuto di una comunità in crisi come per l’appunto vuole l’etimologia della parola crinale che facciamo derivare dal verbo greco “krino” ossia giudico, prepotente emerge la necessità di una coscienza e di un giudizio critico nei confronti del mondo che ci circonda. Perché questa piazza ha deviato fortemente dalla sua funzione originaria e primordiale di “agorà” che la vorrebbe sede dell’”ekklesia”, dell’assemblea e principio di democrazia, assumendo i caratteri di una vera e propria arena degli oratori. Quasi una sfida a chi meglio riesce a rendere forte il discorso debole.

Luogo della memoria che, all’occorrenza, può anche diventare frutto dell’innovazione o dell’evoluzionismo, come ha tecnicamente precisato, Schifano, procedendo nella metafora antropomorfica che non è certo sterile teoria fine a se stessa ma tesi ben sperimentata in campo architettonico e, ancor di più, in sede urbanistica. E inevitabilmente, un organismo vivente pone e impone il problema della CURA e quindi di quell’apparato tecnico preposto a svolgere tale, delicato, compito. Con la figura allegorica del contrappunto che racchiude e svela la segreta speranza dell’anima volta al superamento dei contrasti, in virtù del raggiungimento di un bene supremo. Con la consapevolezza che laddove l’estetica incontra l’etica si raggiunge il Sommo Bene. Con l’invito ad ascoltare il silenzio che la Madre Piazza ci chiede, augurandoci che sia foriero di buoni consigli e generatore di nuove melodie, ci prefiguriamo questa piazza dell’immaginario come semantica di un luogo e della sua Comunità ritrovata!

Un particolare ringraziamento va a Peppe Piccica, artista noto non solo a Mussomeli, che ha dato il suo eccellente contributo per le riprese e i consigli .

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Media

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JASMINE LAURENTI E IL VIOLINISTA SUL BALCONE

Domenica, 28 Giugno 2020 19:06

Per cortese autorizzazione dell'Autrice  - di cui, in calce, segue un profilo - e d'intesa con l'Editore originario BETAPRESS.IT, che ringraziamo, pubblichiamo un interessante e dinamico scritto che si riconduce alla vasta gamma di sensazioni originate dai giorni di lockdown ... ma non solo.

I Lettori, ne siamo certi, si sentiranno certamente attratti dalle sensazioni espresse dall'Autrice: ora identificandovisi, ora percependo connotazioni nuove o diverse di un recente, personale, vissuto. https://betapress.it/il-violinista-sul-balcone/

Quando taluno - con piglio autoritario ovvero dittatoriale, o 'a tassametro' come ama spesso indicare chi ora Vi scrive - tenta di soggiogarvi all'assioma "virus=niente sarà più come prima", non lo fà certo perché sia dotato di particolari doti cognitive o precognitive: lo fà per utilitarismo, o nella speranza di poter trarre personale vantaggio dall'opera dei 'burattinai' che stanno gestendo questa situazione, circondati da cortigiani e seguiti da gente che, purtroppo, ha limitata intelligenza, insufficiente cultura, ma anche quella paura subdolamente inoculata con il supporto di complici interessati: della cui buona fede chi scrive dubita fortissimamente.  Ecco allora che le parole di questa capace e sensibile Autrice, ben captate da un Editore attento, assumono un Valore molto importante: quello della solidità, della forza delle Energie sane, dell'Armonia di quell'Amore Universale di cui ogni essere umano è pur intriso, anche se non di rado se ne dimentica o - peggio - non ci fa più caso. E questo fa sì che Jasmine Laurenti ci sappia ricondurre, anche se non lo percepiamo appieno, alla riflessione e quindi alla percezione concreta di quell'Armonia che c'era prima che il virus venisse sparso, nella certezza che i giusti Valori di 'prima' siano anche i giusti valori del 'dopo', piuttosto che non decaduti o sacrificati sull'altare di pseudo-valori nuovi, effimeri, distorti, moralmente corrotti quando non del tutto falsi.

Anche l'Accademia di Alta Cultura - una delle più antiche in Italia, nata nel lontano 1948 - si associa al plauso, complimentandosi con l'Autrice.

Gustata questa belle performance di Jasmine con il suo IL VIOLINISTA SUL BALCONE, non resta che attendere la sua successiva 'fatica'.

Per i nostri Lettori che ancora non conoscono bene JASMINE LAURENTI, ecco un breve profilo dell'eclettica Autrice, Artista seria e appassionata, e sempre entusiasta Professionista. 

Jasmine Laurenti è giornalista iscritta all’Ordine dei Giornalisti Inglesi, Leadership Advisor in Charismatic Communication, Inspirational Speaker e Talk Show Host.     

La sua carriera inizia a tredici anni, quale ‘voce’ in una delle prime radio private: rapidamente, la sua crescita si è imposta, e fin dall’inizio degli anni Ottanta la sua voce è già un vero e proprio brand, conosciuto e apprezzato in numerose radio locali di tutta Italia.                                                      

Oltre alla conduzione di programmi musicali e di talk show come animatrice e intervistatrice, Jasmine effonde il suo talento creativo nell’ideazione di format, spot pubblicitari e jingles canori.      

Ma dove Jasmine ha raggiunto i primi vertici, è stato nella sua carriera di doppiatrice, iniziata a Milano. In più di trent’anni al leggìo, presta la sua voce ad attrici come Brooke Shields, Ren
ée Zellweger, Rose Byrne, Julia Ormond, Fran Drescher, Julianne Moore. Ma ha anche doppiato personaggi dei cartoon, che oggi sono veri e propri cult: tra questi, ''I Cavalieri dello Zodiaco’ (Tisifone),’Sailor Moon’ (Sailor Venus),’Lamù’, ‘City Hunter (Kreta), ‘Scooby-Doo’ (Daphne), solo per citarne alcuni.                                            

Gli armoniosi timbri della voce di Jasmine, non passano certo inosservati agli amanti del canto: è sua la voce scelta per le 'Canzoncine della Pimpa’ - composte e arrangiate dal M° Corrado Tringali - e per i background vocals di 'Ricetta di Donna’ e 'Samba della Rosa’ di Ornella Vanoni.             

Nel 2015 Jasmine parte per New York e, in otto settimane di full immersion, conquista a pieni voti il suo meritato Diploma in Recitazione Cinematografica, alla prestigiosa New York Film Academy.                                

Tornata in Italia, intraprende un percorso formativo alla ‘NLP Italy School’ - certificata da Richard Bandler - e diretta da Alessio Roberti, diplomandosi ‘NLP Master Practitioner’. Il vero e proprio ‘colpo di fulmine’, l’entusiasmo e la passione di Jasmine per la Comunicazione e l’Interazione Carismatica, l’hanno ispirata nel mettere a frutto l’esperienza maturata nei media, ottimamente coniugata all’eccellenza linguistica, a favore di personaggi pubblici che desiderano acquisire il carisma necessario per ‘bucare lo schermo’ in video e in performance dal vivo.     

Attualmente, è impegnata nello sviluppo di un particolare ed esclusivo  Progetto multimediale volto alla diffusione della consapevolezza del potere creativo delle parole pronunciate e ascoltate. Questo Progetto di alto profilo, sta assumendo forte concretezza in uno speciale case nel Canale YouTube “Jasmine Laurenti”: vede Jasmine - con lo pseudonimo di Ondina Wavelet - nelle vesti di Inspirational Speaker e Talk Show Host. 

Per ultimo collabora con BetaPress.it, della cui Redazione fa parte in qualità di Responsabile della Comunicazione Innovativa.

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Il Caravaggio siracusano a Rovereto. Esplode la polemica.

Lunedì, 25 Maggio 2020 14:38

Il regista della Luce rimasto nell'ombra torna a far parlare di sè. Si riaccende l'ennesimo caso Caravaggio.

Il Seppellimento di Santa Lucia, l'opera siracusana di Michelangelo Merisi, al centro di una controversia fra Istituzioni ed esperti d'arte, pone l'accento sulla gestione dei patrimoni artistici e della loro fruibilità in sede nazionale.

Nello scenario politico siciliano, già recentemente agitato dalla decisione del Presidente della Regione di affidare l'Assessorato regionale dei Beni culturali e dell'Identità siciliana ad Alberto Samonà, noto esponente leghista, si innesta la causa perorata da Vittorio Sgarbi che vorrebbe inserire la pala d'altare, quale maggiore attrattiva, nell'ambito di una mostra al MART di Rovereto, museo del quale è il presidente.

Il "prestito" del Seppelimento sarebbe la condizione posta dalla Regione Trentino per il finanziamento di un ipotetico restauro della stima di 350.000 euro.

Nonostante il parlamentare Sgarbi sembrerebbe avere ricevuto tutti i nulla osta necessari, da parte delle autorità competenti, allo spostamento dell'opera, rimangono ancora parecchi i pareri sfavorevoli sia in ambito politico, da parte del sindaco di Siracusa, Francesco Italia e dell'Assessore alla cultura, Fabio Granata, nonchè dello storico dell'arte Paolo Giansiracusa, nomen omen, verrebbe da dire, che valuta alquanto rischioso lo spostamento di una Tela di 12 mt quadrati che versa in già precarie condizioni di forma.

Una macchia dovuta all'umidità del luogo in cui è "custodita" l'opera, fra l'incuria delle autorità e l'indifferenza generale, sembra comprometterne il complessivo stato di salute.

Già perchè il telone nomade che vanta ormai la veneranda età di più di 400 anni, nel corso degli anni, è stato soggetto ad una diaspora che ancora non accenna a finire. Pensato per la Chiesa di Santa Lucia al Sepolcro per cui fu concepito (ma che si rivelò successivamente fonte di danni irreparabili per le condizioni ambientali), trasferito poi a Palazzo Bellomo che per 20 anni ha accolto l'opera permettendone una fruizione più ampia ma "denaturalizzata" perchè spodestata del suo habitat naturale e, quindi, della sua autenticità, infine (forse) posizionato nell'attuale Santa Lucia alla Badìa dove quotidianamente paga il prezzo dell'incuria di una gestione inadeguata sommata alla precaria e peculiare configurazione interna che non ne assicura la necessaria visibilità, in senso letterale e metaforico.

E' anche opportuno ricordare che, in realtà, tale collocazione dell'opera è altresì infausta in quanto "occulta" il dipinto di un altro pittore, Deodato Guinaccia anch'esso dedicato alla Patrona aretusea e al suo martirio.

Due quadri per un altare...del resto siamo o non siamo la Terra della Cultura?!

Quindi nuovo viaggio della speranza per restituire "nuova luce" e dignità d'arte ad un capolavoro custodito nel dimenticatoio dei buoni propositi.

Ricatto, compromesso, l'esito di un do ut des del quale non se ne comprendono appieno le dinamiche, fatto sta che, a parere degli esperti, la Regione Sicilia comunque disporebbe dei mezzi necessari alla "cura" del capolavoro senza il bisogno di "elemosinare" una non meglio identificata beneficenza da parte di qualche sponsor del nord.

Già poco più di un anno fa, il tira e molla di Musumeci che non voleva cedere l'Annunziata dell'altro Grande Antonello al Palazzo Reale di Milano si concluse in realtà con il pellegrinaggio della Vergine che, per l'occasione, viaggiò in una preziosa cassetta di legno e permise che la mostra sbancasse il botteghino.

L'ultimo Caravaggio, quello più estremo, sembrerebbe continuare a non trovare pace e l'opera quasi incarnare lo spirito e perpetrare le rocambolesche vicende del suo Autore che morì iseguendo la Grazia promessa da quella Chiesa che prima lo aveva fatto Grande, che poi lo dimenticò, che infine ne barattò la redenzione pegno due dipinti. Quella stessa Chiesa che benedice la Santa e che ignara e indifferente assiste e partecipa al suo martirio nel dipinto che fu commissionato a Caravaggio dal senato della città (come riporta Francesco Susinno) grazie all'intercessone del siracusano Mario Minniti, vecchia conoscenza dei primi anni del pittore e pittore anche lui.

Quella pala d'altare che denuncia la morte che incombe come una taglia sulla testa del pittore, nella rappresentazione enfatizzata dei due becchini in primo piano, sotto il vuote che schiaccia drammaticamente l'opera tutta.

In quel vuoto, secondo la testimonianza di Padre Ippolito Falcone (Siracusa 1623) sarebbe stato richiesto a Michelangiolo da Caravaggio di dipingere un gruppo di angeli ma egli rispose: "Non havendone mai veduti, non so ritrarli"

Chiaro ed inequivocabile manifesto della poetica realistica di Caravaggio, pictor praestantissimus, regista della Luce, inventore della Fotografia, oggi contemporaneo più che mai.

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Dalla fine del ‘500 ritorna Raffaello alla Cappella Sistina

Lunedì, 02 Marzo 2020 12:24

… “ a universale giudizio non si era mai visto niente di più bello al mondo”

Nei giorni 17-23 Febbraio ha avuto luogo una straordinaria e unica esposizione, che ha fatto rivivere alla Cappella Sistina lo splendore che aveva durante gli anni di Papa Leone X (1513-1521), quando gli arazzi disegnati da Raffaello tra il 1515 e il 1519, da egli concepiti come un grande ciclo monumentale con le storie delle vite di San Pietro e San Paolo, furono tessuti a Bruxelles,nella bottega di Pieter Van Aelst, per essere esposti in occasione delle principali festività liturgiche.

Pochi mesi prima della prematura ed improvvisa scomparsa dell’artista, 26 dicembre 1519, i primi sette arazzi della serie vennero esposti alla presenza del suo illustre committente. Il cerimoniere della Cappella Papale, Paris de Grassis, con grande stupore si trovò ad affermare che: “ a universale giudizio non si era mai visto niente di più bello al mondo”.

E con altrettanto stupore, il Direttore dei Musei Vaticani, Barbara Jatta afferma: “una celebrazione favolosa-500anni- la metà di un millennio, che ha visto Raffaello Sanzio da Urbino protagonista della bellezza, dell’armonia, del gusto e dell’ispirazione creativa di generazioni di pittori,scultori, decoratori, architetti e artisti.

Un artista universale, Raffaello, che ha fornito alla civiltà figurativa occidentale i modelli supremi della Bellezza”.

Per un intera settimana, in onore del grande Raffaello, nel V centenario della sua morte, come speciale omaggio, è stato deciso di proporre nella sua interezza la serie completa di tutti gli arazzi nell’originale posizionamento,compatibilmente con le trasformazioni subite nei secoli dalla Cappella Sistina, a cominciare da quella della parete dell’altare per la realizzazione del Giudizio Universale di Michelangelo.

La Direzione dei Musei Vaticani e Dei Beni Culturali del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, a cura di Alessandra Rodolfo (Curatore dei Reparti Arazzi e Tessuti e Arte dei secoli XVII dei Musei Vaticani), con la preziosa collaborazione del Laboratorio di Restauro Arazzi e Tessuti dei Musei Vaticani e grazie all’intesto sforzo corale di tutti i competenti uffici e servizi impegnati nell’operazione, la ineguagliabile rievocazione dell’antico allestimento viene offerta alla pubblica visione.

I grandi eventi che caratterizzeranno le celebrazioni del maestro, saranno l’omaggio ad un grande papa e ad un grande artista, il “divino” Raffaello, e completare il messaggio religioso di uno dei più significativi luoghi della cristianità:La Cappella Sistina.

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MUSICA E CULTURA: UN ECCELLENTE BINOMIO PER UNIRE ITALIA E RUSSIA

Lunedì, 20 Gennaio 2020 14:15

19 gennaio 2020. A Roma, nella prestigiosa cornice della Sala Verde dell’Istituto Nazareth, si è tenuto ieri un concerto lirico di eccellente livello artistico; evento che ha inteso celebrare tanto il nuovo CENTRO CULTURALE ITALIA-RUSSIA – che opererà nel segno della continuità con il Centro di Cultura Russo in Roma, fondato da Wanda Gasperovich che per offrire un momento di solennità nel ricordando la ricorrenza del Capodanno Ortodosso.

L’Associazione Culturale si propone di promuovere e favorire ovunque gli scambi culturali, scientifici, economici e turistici tra l’Italia e la Federazione Russa. Inoltre, l’Associazione curerà tutte le attività finalizzate al rafforzamento dei rapporti tra le due realtà, nonché le attività di ricerca in ambito commerciale, scientifico, culturale e turistico, con significativa attenzione verso tutte quelle altre tematiche di natura etica che possano esservi correlate. 

La ripresa delle attività è coincisa con il rinnovo delle principali cariche sociali: alla Presidenza è stata designata la Prof.ssa Irina Iakobtchouk, mentre la direzione sarà seguita da Giuseppe Evaristo Massa, con la intensa e fattiva collaborazione di Olga Ivanova ed Elena Naryshkina.

Il clou è stato segnato dal concerto lirico, tenutosi alla presenza di un numerosissimo pubblico, che ha letteralmente colmato la grande Sala Verde dell’Istituto Nazareth, in via Cola di Rienzo 140 a Roma, e persino gli ampli corridoi limitrofi. Presentate da Elena Narysjkina. al pianoforte si sono avvicendate le pianiste Svetlana Dolotchenco, Marina Ciubotaru ed Elena Rusipova, accompagnando le soprano Irina Iakobrchouk, Olga Ivanova e Daniela Conti nelle loro interpretazioni di brani di Giuseppe Verdi, Giacomo Puccini, P.I. Tchaicoskij, S. Gastaldon e altri celebri Autori.

Il pubblico, costellato di raffinati melomani, ha applaudito con entusiasmo le eccellenti performance di queste Artiste di livello internazionale, e al termine si è brindato al Nuovo Anno secondo la Tradizione Russa, non senza aver prima ringraziato nuovamente l’Istituto Nazareth e l’Amm.re Lorenzo Ciliberti per la preziosa ospitalità, l’Accademia di Santa Cecilia per il cortese supporto e per la concessa disponibilità di un eccellente pianoforte, e l’Accademia di Alta Cultura per il suo prestigioso patrocinio.

Non si era ancora spenta l’eco delle ultime note e degli applausi, che l’Amm.re Lorenzo Ciliberti ha desiderato consegnare alla Prof.ssa Irina Iakobrchouk un Attestato a ricordo dell’evento, aprendo le porte a una collaborazione di più ampio respiro con l’Istituto Nazareth, nel segno di quelle nobili Tradizioni che accomunano il Popolo Russo e quello Italiano, particolarmente nel campo della Letteratura, delle Arti e della Musica.
Tra i molti presenti qualificati, giornalisti e personalità del mondo della Cultura e dell'Arte, notata la G.D. Anna Maria Petrova-Ghiuselev, Presidente della Nicola Ghiuselev Foundation, Fondatrice e Presidente della Biennale Artemidia, poetessa e imprenditrice.

 

In un incontro separato con i vertici del Centro Culturale Italia-Russia, nel corso del quale sono state ipotizzate varie possibili future iniziative comuni anche in collaborazione con l’Accademia di Alta Cultura e altri enti, l’Amm.re Lorenzo Ciliberti ha sottolineato il rinnovato corso dell’Istituto Scolastico Paritario Nazareth di Roma attraverso costanti e periodici eventi di divulgazione artistica e culturale, nonché di workhop, nell’interesse degli Allievi e delle loro Famiglie – ricordiamo: il Nazareth segue con cura e competenza dal Nido al Diploma liceale -, ponendo soprattutto enfasi per il nuovo Liceo a indirizzo Economico e Giuridico che il Nazareth metterà a disposizione degli Allievi con l’anno scolastico 2020-2021.  

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Sicilia - “La Pescheria delle Idee” e il valore del controesodo, ovvero: riconoscersi per scegliere.

Lunedì, 13 Gennaio 2020 22:25


Presentato domenica 5 gennaio, a Mussomeli, in provincia di Caltanisetta, presso i locali del Manamanà, il progetto culturale “La Pescheria delle Idee” su iniziativa dei componenti del Collettivo “SempliCittà”, giovani intraprendenti dell’entroterra siciliano che, già da qualche anno, lavorano alla ricerca di un’alternativa possibile alle preoccupanti dinamiche demografiche che stanno svuotando le aree interne del sud del nostro paese.

Il titolo è già la dichiarazione “ante litteram” di quello che vuole essere il cammino pensante di una comunità che, nel suo territorio, conosce se stessa e ivi si riconosce. Un “incubatore di progetti”, come lo definisce uno dei suoi più accesi sostenitori, l’arch. Michele Schifano, il quale tende a sottolineare, con tale locuzione, che non si tratta di un programma preconfezionato, basato su concetti costituiti aprioristicamente ma di un progetto di innovazione sociale volto a produrre nuovi modelli di interazione e nuove possibilità. La produzione di contenuti culturali per aumentare lo spettro delle competenze e la possibilità della scelta per permettere a ciascuno di seguire liberamente il flusso dei propri interessi. Da un’attenta diagnosi del tempo, pratica alla quale la cronaca sembra averci irrimediabilmente votato, il controesodo si impone oggi quasi come necessità storica.“CONTROCORRENTE” appunto… volendo continuare con la metafora della pescheria! E mentre un dialogo vivace prende sempre più forma e sostanza fra i tavoli dei presenti, in una ventosa e fredda sera di inizio gennaio,  nel simposio di giovani fiduciosi, emergono le mille, inevitabili e, quasi scontate, problematiche legate alla logistica e alla viabilità. Quell’indolenza tipicamente siciliana volta quasi pirandellianamente a “scoprire il nulla”. E invece, è proprio da queste problematiche più o meno latenti, da queste contraddizioni istruttive che deve muovere in Senso della Ripartita.

 

Mettere assieme tutte queste note stonate e riaccordarle per dare musica alle meravigliose melodie del concerto della vita. Una vita nella propria terra, “Tra la mia perduta gente”. E si avverte anche la necessità impellente di lottare contro  pregiudizi e preconcetti, contro la diffidenza di chi, cittadino scoraggiato, ritiene impossibile che un’associazione culturale possa offrire, senza alcuna richiesta di compenso, la possibilità di assistere ad uno spettacolo teatrale piuttosto che ad un concerto. Un problema storico delle piccole comunità: la diffidenza atavica verso ogni forma di partecipazione culturale, spesso caricata di tutta una serie di implicazioni sociali. Questa l’osservazione di Carmelo Vitellaro, creatore, insieme ai componenti del Circo Pace e Bene, del magazzino culturale e ideatore del Festival sociale “Mi Fa Sol”. Ed ancora Elio di Salvo che racconta l’impegno nell’organizzare le tre edizioni di Battichiè, un tuffo nella Sicilia degli anni 40. E poi la fortissima testimonianza di Vito Geraci, visionario cultore della sua terra, con i suoi rimandi e i suoi profumi, che sente quasi come un imperativo morale quello di tradurre in un prodotto quella luce che rifulge nella sua lampada gialla. Quelle lampade che sono state pensate, disegnate e ritagliate perché potessero raccogliere le Idee, quella sera per un domani. In ogni lampada impigliata in quella rete, metafora della vita di ogni isolano, ogni giovane ha potuto vedere ed esprimere un Futuro Altro. Un futuro fatto di fiducia, Bellezza, comunità. Un futuro che è storia. Perché a questi giovani, così tanto chiacchierati e condannati, al di là di ogni logica e buon senso, bisogna restituire quanto gli è stato sottratto in termini di pensiero: la significanza sociale. Se vogliamo che ricomincino a vivere di giorno e non di notte. Necessità forse di sopperire al vuoto amministrativo che, se non si argina anzitempo, rischia di diventare una voragine. In quella voragine troverebbe la fine quell’ingente patrimonio di Bellezza, cultura, storia, vita, vissuti che ci è stato consegnato ma del quale non ci siamo presi cura. Quanta Bellezza sprecata! E tutti quei giovani che si autocondannano ad un nuovo volontario esilio, quell’esilio che fece scrivere a Pavese di un “Dio che non c’è” fuori dal legame sacro con la propria terra. E proprio questa terra, grazie all’attività degli organizzatori, è stata meta del viaggio attento di Agostino Riitano, autore del libro “Artigiani dell’immaginario” che, con Sicilia Immagina, ha percorso il suo tour di presentazione del libro in vari paesi dell’isola. “Primo pesce pescato”, sarebbe a dire Riitano. Molto vario il carnet delle attività da svolgere, con molta probabilità a Mussomeli, che prevede eventi sulla cultura d’impresa (imprenditoria femminile, turismo, opportunità e risorse, i lavori del futuro, ecc.).Il calendario di presentazione del progetto, dopo la Sicilia, si sposta a Roma l’8 febbraio. Seguiranno Bologna, Milano, Torino.

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UN LICEO ECONOMICO ALL'IST. NAZARETH DI ROMA (video)

Mercoledì, 11 Dicembre 2019 19:28

A Roma - presso l'ISTITUTO NAZARETH, al 140 di  Via Cola di Rienzo - Il 6 Dicembre 2019 ha avuto luogo l'OPEN DAY nel corso del quale è stato presentato il LICEO ECONOMICO.               

In una Sala colma e attenta, gli interventi di Illustri Ospiti ha fatto seguito al benvenuto della Presidenza dell'Istituto Nazareth, teso anche a ricordare e sottolineare le tradizioni dell'Istituto nel panorama scolastico della Capitale.

Ha preso  la parola per primo il Prof. Avv. Giuseppe Catapano (Rettore dell’AUGE-Accademia Universitaria degli Studi Giuridici Europei, Commercialista-Tributarista, Rettore Emerito dell’Università degli Studi Popolari – Milano,   Docente ordinario per le Discipline Giuridiche presso UniMilano) che ha ricordato il ruolo innovativo dell'AUGE nel campo della formazione giuridica, sottolineando come l'iniziativa di dare sostanza al LICEO ECONOMICOinterpreti in modo coerente gli indirizzi della Società e l'influenza dei settori giuridico ed economico nella vita quotidiana. A seguire, l'intervento di S.E. il Prof. Avv. Salvatore Sfrecola (Patrocinante in Cassazione, già Presidente di Sezione della Corte dei conti, Docente di Diritto Amministrativo Europeo, Presidente dell’Associazione Italiana Giuristi di Amministrazione) che facendo anche riferimento alla propria lunga esperienza - specie quale Alto Magistrato della Corte dei conti - ha evidenziato  per i giovani tanto la necessità di fare affidamento su solide basi culturali di tipo classico - insostituibili - che di poter contare su un bagaglio di esperienze formative di ampio spettro, al fine di acquisire maggiore e migliore consapevolezza delle loro possibilità di fronte alle sfide del presente e quindi del futuro. Ha poi preso la parola la Dott.ssa Fiorella Ialongo (Docente presso l’Università di Roma Tre-Master di Linguaggi del Turismo e Comunicazione Interculturale, Pubblicista, esperta di Economia Creativa ed Ecosistemi dell’Innovazione) che, proprio riferendosi alla propria esperienza universitaria e richiamando l'attenzione sulle sfide dell'attuale mercato globale, ha evidenziato all'attenzione dei giovani l'ineludibile importanza del lavorare in team: le sfide attuali si devono affrontare con gruppi preparati e coesi, dove ciascuno abbia un ruolo pre-definito e si assuma le coerenti responsabilità correlate proprio ai compiti a lui affidati.  Il Dott. Virgilio Violo (Pubblicista, Presidente della FLIP-Free Lance International Press, già membro Consulta Giuridica per la Tutela dei Diritti Umani, già Capo Uff. legale dell’Ente Nazionale Risi, già collaboratore di ANSA) si è poi soffermato sul ruolo dell'informazione e quindi della comunicazione: due arterie molto trafficate, in verità, e non sempre in linea con le esigenze di trasparenza e obiettività che i Cittadini si aspettano - e pretendono - da chi operi in tali delicati settori. E' poi intervenuto il Prof. Cesare Cilvini (Docente presso l'Università Federico II°, Accademico dell'AUGE) che, ricordando pragmaticamente che non si lavora solo per il piacere di far ciò, ha inteso stimolare i giovani ad aprirsi fin da subito a prospettive di crescita, guardando oltre l'orizzonte prossimo della loro vita, confidando su una formazione eccellente. Prima delle conclusioni ha preso la parola il Dott. Riccardo Carnevale (responsabile organizzazione eventi educativi di ‘Starting Finance’, innovativa start-up di settore)  che con toni carichi di energia e quindi coinvolgenti, si è soffermato sulla mission della start-up e sulle esperienze di cui già può farsi vanto. La comprensione dei meccanismi della finanza, quale elemento portante della nostra quotidianità, insieme al diritto, è di estrema importanza: fermo restando l'importanza di valide, concrete e pratiche basi culturali, utilissime a rapportarsi correttamente con ogni interlocutore.


Al termine dell'incontro il Dott. Lorenzo Ciliberti ha ringraziato tutti gli intervenuti all'interessante e per certi versi unica iniziativa del LICEO ECONOMICO, che mette al centro – così come nobile tradizione dell’ISTITUTO NAZARETH – gli Studenti e le loro Famiglie. La dinamica socio-economica contemporanea; sempre più intensa, rapida e persino poco prevedibile impongono che i giovani studenti maturati dalle scuole – in generale -  possano superare fin da subito le difficoltà che affrontare il mondo 'reale' comporta.      Comunicazione, Giornalismo, Marketing, Espansione e Integrazione dei Mercati e dei Territori, non disdegnando di entrare nel mondo delle grandi possibilità innovative offerte dal mondo delle start-up.                                                                 In sintesi: gli studenti acquisiranno tutta una serie di vere e proprie pre-professionalità nel campo dell’Innovazione Tecnologica, della Comunicazione, delle Pubbliche Relazioni e del Marketing, tali da agevolarli ad approcci più rapidi con settori qualificati del mondo del lavoro. 
Arrivederci all'11 di Gennaio 2020 con un incontro programmatico e quindi più tecnico: la parola d'ordine è fare squadra, lavorando in team!  .

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L’Amazzonia nei Musei Vaticani

Mercoledì, 04 Dicembre 2019 23:05

Il 28 ottobre è stato riaperto al pubblico un settore del Museo Missionario Etnologico dei Musei Vaticani, fondato dopo la grande mostra tenutasi nel 1925.

Gli spazi all’interno dell’edificio costruito dagli architetti Passarelli negli anni Sessanta del secolo scorso, sono stati completamente ristrutturati.

Pareti di vetro lasciano vagare lo sguardo in senso orizzontale, permettendo di vedere in contemporanea più sezioni differenti. In senso verticale, la vista si apre sulle scaffalature dei depositi, permettendo, almeno in parte, la visione dei manufatti che non sono rientrati nel percorso espositivo.

Altrettanto particolare è il lavoro svolto dalle restauratrici del Laboratorio polimaterico, che, già dal nome, esprime le diverse competenze necessarie per trattare manufatti composti da materiali eterogenei, sia organici che inorganici.

I lavori continuano e, a breve, l’intera ala sarà riaperta al pubblico.

Il rinnovamento del museo si è esteso anche al nome, Anima Mundi, a sottolineare il fatto che la nuova disposizione rispecchia una nuova concezione e una nuova sensibilità verso questa particolare tipologia di collezioni. Nonché la responsabilità morale del creato come casa di tutti. In tale ottica è stata discussa, decisa ed effettuata la restituzione della testa tsantsa, trofeo rituale della popolazione degli Shuar, tribù indigena del sud ovest della Foresta Amazzonica, tra Ecuador e Perù.

In contemporanea e in accordo con il Sinodo per l’Amazzonia, nel settore riaperto dedicato all’Australia e all’Oceania, è stata allestita la mostra Mater Amazonia. The deep breath of the world, in corso fino all’11 gennaio 2020.

Il percorso multimediale immersivo vuole guidare lo spettatore alla conoscenza dell’Amazzonia. Viene perciò accolto in tre ambienti caratteristici della vita quotidiana, cioè la foresta, il fiume e la maloca, la casa comunitaria.

Oltre ai manufatti di appartenenza dei Musei Vaticani, sono presenti in mostra oggetti provenienti dal Museo Etnografico e di Scienze Naturali “Missioni Consolata” di Torino, dal Museo Missionario Indios-Frati Cappuccini in Amazzonia (Muma) di Assisi, dal Museo Etnologico Missionario del Colle Don Bosco (Mem) nell’Astigiano, dal Museo d’Arte Cinese ed Etnografico di Parma dei Saveriani.

La mostra racconta il rapporto tra l’uomo e l’ambiente, ma anche, con la presenza dei missionari, il rapporto tra culture diverse.

La realizzazione tecnica è stata curata dalla Mediacor di Torino, responsabile anche della foto, che raffigura alcuni degli oggetti contenuti nella vetrina dell'inculturazione.

Il copricapo di piume di tucano è appartenuto al missionario salesiano don Luigi Bolla, che ha trascorso la sua vita tra gli Shuar e gli Achuar, in Ecuador e Perù dal 1971 al 2013, dal Museo Etnologico Missionario di Colle don Bosco.

L’Intaglio con la Madonna Assunta in legno di cedrella lucidato, reca le firme di Julio Pires e Nazico, artisti Tikuna, gruppo etnico dell’Alto Solimões, nella parte occidentale dello Stato brasiliano di Amazonas. Il pastorale fu donato nel 1986 a Mons. Marzi, missionario dei Frati Minori Cappuccini umbri, per il 75° anniversario della Prelazia e il 25° del suo Episcopato. I due manufatti provengono dal Museo Missionario Indios Frati Cappuccini dell’Umbria in Amazzonia. L'amaca di cotone che si vede sullo sfondo, era del missionario salesiano don Luigi Cocco, che ha trascorso gli anni dal 1951 al 1974 sulla Sierra Parima in Venezuela, attualmente è conservata nel Museo Etnologico Missionario di Colle don Bosco.

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MATERA: QUANDO L'INFORMAZIONE ZOPPICA PUÒ' DIVENTARE SOLO PROPAGANDA

Martedì, 19 Novembre 2019 00:31

A Matera, capitale europea della Cultura, per il 2019 -  il 9 c.m., nel corso della manifestazione 'Una Notte per l'Europa', ha avuto luogo un incontro indetto dalla GRAN LOGGIA D'ITALIA DEGLI ANTICHI LIBERI ACCETTATI MURATORI - Obbedienza di Piazza del Gesù - Palazzo Vitelleschi - nel cui contesto ha preso la parola anche il giornalista Paolo Mieli, il cui intervento è stato etichettato quale lectio magistralis, peraltro ripreso dall'emittente televisiva RAI3-Regione Basilicata.

Orbene, è opportuno chiarire, poiché non tutti sanno. Una lectio magistralis - per propria intrinseca natura - è una lezione di significativa rilevanza e alto profilo tecnico, tenuta da un personaggio dotato di notevoli competenze in particolare sul tema trattato; difatti, che lezione sarebbe se i discenti dovessero apprendere dal docente di turno concetti non in linea con le tematiche oggetto dell'intervento stesso, o persino erronei riferimenti storici e temporali?

Dobbiamo anche intenderci sulla figura dello 'storico':  è colui che nel suo agire ha per oggetto e fine la storia, intesa come ricerca, descrizione e interpretazione di fatti che hanno una linea comune di sviluppo nel tempo (opera s.;narrazione s.; studî s.; ricerche s.; trattazione s.; notizie s.; cenni s.; letture s. Nella sua attività costui ne tratta, ne scrive anche attraverso  saggi o brani di critica storica, utilizzati specialmente nell'insegnamento a sussidio del libro di storia). L'opera dello 'storico' costituisce quindi un sussidio - per qualità dei contenuti, spesso inediti - e si incardina su tutta una serie di attività (che fanno riferimento a un vero e proprio metodo)  su ciò che già possa esistere: un metodo costituito da indagini, ricostruzioni, approfondimenti, interpretazioni coerenti di fatti e circostanze, con indubbie implicazioni in diverse altre discipline. Ma per 'fare' materialmente dette indagine e per far si che queste avvengano con serietà, occorre agire in profondità, attingendo ai documenti ma ancor più alle fonti; senza apriorismi, con obiettività, con giusto senso critico, senza dare per scontato delle verità precostituite.

Insomma, è evidente che non possa definirsi 'storico' chi si abbeveri solo a una fonte, o chi possa ripetere - senza averla prima verificata - una notizia, una storia: che così diventa 'storiella' soggetta a critiche.

Fin qui la cronaca spicciola e qualche mio commento 'letterario.grammaticale', sicuramente superfluo. 

Ma vi è di più, e non lo ritengo superfluo, poiché ciò che scrivo è sostenuto da documenti - ed è quindi certo - ed è nell'interesse dei moltissimi Fratelli che nell'attuale Massoneria Italiana 'ignorino' o si abbeverino a 'fonti inquinate'. Quanto qui contenuto, invece, sarà forse fonte di preoccupazione per coloro che - attraverso affabulazioni e/o coreografie varie - possano intendere ovvero possano prestarsi a far credere cose non vere - quindi non reali, ossia irreali -; cose errate che qui si intendono ristabilire quali VERITÀ' STORICHE e DOCUMENTATE, non certo artefatte né rimodellate 'pro domo '.

1) La GRAN LOGGIA D'ITALIA DEGLI ANTICHI LIBERI ACCETTATI MURATORI - Obbedienza di Piazza del Gesù - Palazzo Vitelleschi (dal nome delle propria Sede in Roma), è nata negli anni '60 del 1900. Per l'esattezza, in data 4 Maggio 1962, Giovanni Ghinazzi, Riccardo Granata, Anton Gino Domeneghini e altri - al termine di un regolare processo massonico basato su più documenti d'accusa - vennero espulsi con ignominia, a seguito di tradimento, dalla SERENISSIMA GRAN LOGGIA NAZIONALE ITALIANA DEGLI ANTICHI LIBERI ACCETTATI MASSONI- COMUNIONE DI PIAZZA DEL GESÙ - sedente a Piazza del Gesù 47, in Roma. In sede processuale interna, venne anche accertato che mentre era ancora attivo nella COMUNIONE DI PIAZZA DEL GESU', Giovanni Ghinazzi e altri avevano già costituito altra e diversa associazione per proseguire nel proprio disegno qualora il colpo di mano interno non fosse riuscito. Tale altra e diversa associazione scimmiottava spudoratamente, riprendendolo pressoché in toto, il titolo distintivo - il nome, per capirci -  della Comunione di cui costoro avevano tentato di impossessarsi con un colpo di mano e indubbie complicità interne. Quindi, la nuova e diversa realtà costituita allora dal Ghinazzi, e che tenne la propria prima Grande Assemblea il 24 Giugno 1962, NON  ha mai avuto alcuna attinenza storica, documentale, iniziatica e ritualistica con la regolare e unica COMUNIONE DI PIAZZA DEL GESÙ.

Quindi, il citato contesto NON ha un secolo di vita, NON ha compiuto alcun centenario, né  tanto meno è ultra-centenario: 2019 meno 1962, in aritmetica fa solo 57: 57 anniè quindi la corretta età dellaGRAN LOGGIA D'ITALIA DEGLI ANTICHI LIBERI ACCETTATI MURATORI - Obbedienza di Piazza del Gesù - Palazzo Vitelleschi. 

Il contesto che ruotava intorno al Ghinazzi  NON  ha mai avuto - né ha, né mai potrà averne - alcun legame di causa-effetto per cui possa ricondursi - nientemeno! - a Saverio Fera od a Placido Martini o ad altre luminose Figure del passato e della Storia della Massoneria Italiana - in generale - e della Massoneria di Piazza del Gesù - in particolare -; come pure NULLA ha a che vedere con la storica scissione avvenuta nel 1908 e che allora segnò la divisione tra feriani e balloriani. 

E ancora: NULLA c'entra con il GRANDE ORIENTE sorto nel 1805.

NULLA c'entra con i fatti storici e massonici intercorsi tra il 1805 e il 1908, e dal 1908 ad oggi.. 

NULLA ha a che vedere con la GRAN LOGGIA D'ITALIA, già attiva alle dipendenze del Supremo Consiglio e quindi della Massoneria di Rito Scozzese Antico ed Accettato. anche se forse taluno - con disinvolte abbreviazioni - possa indulgere alla tentazione di confondere, ricondursi e quindi accreditarsi solo citandola. Sia ben chiaro: la GRAN LOGGIA D'ITALIA DEGLI ANTICHI LIBERI ACCETTATI MURATORI di Palazzo Vitelleschi è cosa altra, diversa e distinta della GRAN LOGGIA D'ITALIA tout court.

2) Gli ALAM (anche se trattandosi di un plurale, l'esatta abbreviazione è AA.LL.AA.MM.) ossia gli ANTICHI LIBERI ED ACCETTATI MASSONI della SERENISSIMA GRAN LOGGIA NAZIONALE ITALIANA della COMUNIONE DI PIAZZA DEL GESÙ, erano e sono cosa ben diversa dagli ALAM - ANTICHI LIBERI ACCETTATI MURATORI di Palazzo Vitelleschi. Certamente gli AA.LL.AA.MM. NON  videro la luce con il Ghinazzi nel 1962: così che costoro non possono certo appropriarsi della nascita/costituzione/adozione d una realtà non loro. 

3) L'inserimento della componente femminile nella Massoneria Italiana, che il Sig. Mieli fa risalire a 50/55 anni or sono (quindi, tra il 1964 ed il 1969) per illuminata volontà di Palazzo Vitelleschi, ha invero altri padri nobili e altre date di riferimento: tanto il giornalista che lo storico rimarrebbero sorpresi nell'indagare a fondo! La SERENISSIMA GRAN LOGGIA NAZIONALE ITALIANA della COMUNIONE DI PIAZZA DEL GESÙdalla quale venne espulso il Ghinazzi, aveva già al proprio interno più Logge femminili di adozione: Senza citare altre date, si ricorda che nel  1956 la COMUNIONE DI PIAZZA DEL GESÙ diede energica enfasi e rinnovato vigore alla componente iniziatica femminile. Sempre seduta al proprio  fianco con pari dignità. 

4) Per il Sig. Mieli la nascita della Massoneria risalirebbe a 1000 anni fa (ossia ca. all'anno 1000, epoca del Basso Medioevo e per estensione momento di grande dinamismo di corporazioni medievali e gilde: corporazioni nate nell'82 d.C. in Inghilterra - costruttori -, e nel 680 d.C. in Francia). . NON è così: se è vero che la c.d. MASSONERIA MODERNA ebbe origine in Inghilterra nel 1717 -1720 (ossia ca. 300 anni or sono) è altrettanto vero che prima dei quella data era attiva una diversa forma di Massoneria - operativa piuttosto che non speculativa, e quindi vera e propria MURATORIA - più scrupolosa e rispettosa  delle antiche origini e quindi di per sé ben riconducibile all'originaria Tradizione. Ricondursi in modo limitativo 'solo' all'anno 1000 è inesplicabile, e non calza con la vera Storia della Massoneria. Una mini-cronologia ci riconduce al 950 a.C.(costruzione del Tempio di Salomone); al 714 a.C. (Collegia Fabrorum romani); al 75 d.C. (Vitruvio con i suoi volumi sull'Architettura); al 643 d.C: (Editto di Rotario, Magistri Comacini: precursori italici della Massoneria speculativa), al 1259 d.C. (Bonaventura, Itinerarium in Mentis Deum, ritenuto a ragione una sorta di rituale mistico-operativo, per molti versi precursore)... solo per citarne in minima parte. 

5) E' quantomeno strano dover apprendere che c'è chi sostenga essere difficile, se non molto difficile, ricostruire la presenza e la Storia della Massoneria Italiana nelle fasi del fascismo e successive alla caduta del regime stesso. Se non una sorta di buco nero, viene evidenziata una sorta di intensa opacità. Un sommesso suggerimento: forse altre e diverse consultazioni di testi e documenti, anche presso gli Archivi di Stato, potrebbero agevolare quantomeno il diradarsi e quindi l'attenuarsi delle intense foschie.

6)Le indagini della Commissione Parlamentare d'Inchiesta sulla Loggia P2-Propaganda 2, coinvolsero tutte le principali Famiglie massoniche operanti in Italia: gli inquirenti volevano accertare irregolarità, illeciti e trasversalismi, individuando sopratutto Logge o gruppi 'coperti', 'segreti' o 'all'orecchio'. A prescindere dal buon gusto o meno di citare ciò, riferendosi implicitamente al Grande Oriente d'Italia di Palazzo Giustiniani, se si vuole fare un riferimento obiettivo al contesto di allora, occorre precisare che in quel momento tutti ne vennero coinvolti, pur con esiti diversi delle indagini. Anche la GRAN LOGGIA D'ITALIA DEGLI ANTICHI LIBERI ACCETTATI MURATORI - Obbedienza di Piazza del Gesù - Palazzo Vitelleschi di Ghinazzi venne coinvolta, e non in modo leggero: le cronache dell'epoca e gli Atti della Commissione fanno giustizia di ipotesi e chiacchiere. Vero è che il Ghinazzi visse allora momenti molto seri durante i lunghi interrogatori degli inquirenti. Quindi anche la GLDI di Palazzo Vitelleschi non fu indenne dai travagliati momenti di allora. Solo per la cronaca: la Commissione Parlamentare d’Inchiesta, presieduta da Tina Anselmi, giudicò la P2 una vera e propria organizzazione criminale che mirava ad “assumere segretamente il controllo della vita pubblica italiana, svuotandone la democrazia”. Tra gli innumerevoli interventi, anche quello che il Sig. Mieli ebbe ad esprimere al riguardo (4-5-2017)   "fu indubbiamente nociva al Paese, ma sarebbe iniquo incolparla di ogni sventura nazionale, caso Moro e brigatismo rosso compresi".

7) Il Ghinazzi (cfr. punti 1 e 2) e altri con lui ai vertici del loro sodalizio, fin da subito tentarono di appropriarsi illecitamente del nome dell'ente dal quale erano stati espulsi. Vuoi utilizzando l'indicazione SERENISSIMA e il toponimo PIAZZA DEL GESÙ, vuoi utilizzando l'indicazione DISCENDENZA DI PIAZZA DEL GESÙ, vuoi utilizzando COMUNIONE DI PIAZZA DEL GESÙ. Nonostante gli innumerevoli tentativi di far recedere il Ghinazzi ed i suoi da tale abuso (all'epoca, il ricorso all'Autorità 'profana' veniva scrupolosamente evitato: la regola aurea era che 'i panni sporchi si lavano in famiglia'), non ci fu niente da fare. Fu così che il Sovrano Piero Piacentini, nell'interesse della Comunione di Piazza del Gesù, il 29 Gennaio 1965 formulò espresso atto di intimazione, diffida e messa in mora nei confronti del Ghinazzi, e - proseguendo imperterrita l'azione del Ghinazzi -  richiedendo poi al Tribunale di Roma di pronunciarsi. Il 18 Giugno 1967 il Tribunale di Roma diffidò il Ghinazzi dal proseguire nella sua disinvolta opera, inibendogli tra gli altri l'utilizzo dei termini SERENISSIMA, PIAZZA DEL GESÙ, COMUNIONE DI PIAZZA DEL GESÙ, DISCENDENZA DI PIAZZA DEL GESÙ. (riconoscendoli prerogativa esclusiva della controparte). Quel che venne concesso e quindi autorizzato dal Tribunale lo si può leggere nell'attuale carta intestata del sodalizio fondato dal Ghinazzi.  Ancora nel 1974, a margine della fallita unificazione della Comunione di Piazza del Gesù con il GOI di Palazzo Giustiniani, il Ghinazzi tentò invano di inserirsi nuovamente in tale discorso.

8) L'esternazione del Sig. Paolo Mieli  rivolta pubblicamente non solo ai presenti ma al sodalizio tutto della GRAN LOGGIA D'ITALIA DEGLI ANTICHI LIBERI ACCETTATI MURATORI - Obbedienza di Piazza del Gesù - Palazzo Vitelleschi "... siete la parte migliore della Storia... questa e' la massoneria buona quella che non ebbe a che fare con la P2 e che ha una lunga tradizione di trasparenza...." appartiene solo al giornalista-scrittore e ai suoi convincimenti, anche se questi possano essere opposti ad una realtà oggettiva. Ma tant'é L'assunto avrebbe potuto essere minimamente giustificabile - a volte i conferenzieri amano 'caricare' la platea con contenuti più forti - se sviluppato solo all'interno della sala ove si teneva la manifestazione. Ma l'esternazione del Sig. Mieli  è divenuta sconcertante, stonata e urticante quando tale assunto è uscito all'esterno e quindi diffuso pubblicamente, persino etichettato e quindi fatto proprio e diffuso dalla GLDI di Palazzo Vitelleschi.  Che si tratti di Massoneria 'buona' è un'idea tutta personale del Sig. Mieli? Ha lui dati oggettivi - massonici, di cronaca o altro - per basare il suo ragionamento, le sue parole? Quali sono questi dati? La sua è o non è un'idea personale? Nel secondo caso indichi chi possa avergliela suggerita! Tanto Lui  che chi possa aver ripreso le di lui parole - facendone citazione più utile alla  propaganda che a rinsaldare i cuori - hanno offeso gratuitamente e pesantemente tutti i Massoni Italiani: una disdicevole graduatoria - quella dei 'buoni' e dei 'cattivi' - discriminante e lesiva, oltre che di cattivo gusto.

E' poi difficile ritenere che l'intervento sopra riportato non sia strettamente correlato con l'altro: “Sappiate che l’attenzione che un mondo esterno a voi vi da è un’attenzione in crescita. Non siete soli. Non sentitevi soli perché, senza volervi fare da scudo a priori, se ci saranno delle cose che non andranno, le persone come noi, lo diranno. Tutto quello che avete passato in questi anni non ci è stato indifferente, lo abbiamo notato, ne abbiamo preso nota, lo abbiamo scritto ... e lavoreremo tutti nel mondo dell’informazione perché non accada mai più”. Cosa significano queste parole? Il Sig. Mieli vuol farsi portavoce del mondo dell'informazione, o intende influirvi, mobilitandolo per alleviare le presunte 'pene' dei destinatari delle sue parole? Sarebbe interessante avere una risposta a questi quesiti con un gradito elenco del tipo di 'pene' o 'sofferenze' che si vorrebbe alleviare a questi 'buoni' soggetti, come sarebbe gradito conoscere come il Sig. Mieli pensi di poter influire benevolmente sull'informazione.

Che il Sig. Mieli abbia voluto sdoganare in modo salvifico  la GLDI dalle citazioni della stessa in altre situazioni, in altre città, in altre regioni? Una sorta di nèmeṡi storica? 

Chissà, solo lui potrebbe chiarire il proprio pensiero: che è sempre il pensiero di uno studioso illustre e affermato ma non necessariamente il pensiero di altri. 

In ogni caso, nella serata di Matera la Massoneria Italiana ed i Massoni Italiani sono stati disinvoltamente svillaneggiati per essere trasformati in un qualcosa - che non c'entra niente con la 'vera e autentica' Massoneria.

Non può quindi destare meraviglia se nel generale contesto proprio certi atteggiamenti, certi comportamenti, certi richiami, possano stimolare e aizzare  ondivaghe tifoserie sorrette da propositi vendicativi piuttosto che non animate da presupposti costruttivi. Per edificare Templi alla Virtù... recitavano e recitano i nostri testi, e per rafforzare Ideali e Tradizioni. 

Ma attualmente il clamore delle tifoserie (e nient'altro di consistente...) supera il sommesso brusio degli Operai; lo sbracciarsi e sbraitare sguaiato dei capipopolo stordisce chi, nell'ordine, possa intendere 'crescere' e 'svilupparsi', confuso dal proliferare di gruppi e gruppuscoli  e di nomi e nomignoli di famigliole che sarà difficile svezzare. Se continua così, venendo meno le risorse da cui attingere nel continuo copi-incolla, verranno alle mani per definirsi "discendenza della discendenza di un'obbedienza" o ricondursi a una qualche supposta forma di Tradizione.

Già: altro punto dolente (ma fa anche ridere...): sta sorgendo la 'moda' di chi si intende definire come attivo secondo una certa 'tradizione'. Costoro sarebbero  in grado di esibire un attestato di chi a tale 'tradizione'  sia direttamente riconducibile? E questo attestato sarebbe 'sine die' od a termine? Cosa seria la Tradizione, e cosa serissima è indicare che la si segua senza spiegare come.

Come vedete, come può ben vedere chi la Massoneria la ami e la pratichi correttamente, vivendola nell'unico modo possibile, mentre chi scrive auspica e inneggia da tempo all'UOMO NUOVO, il vecchio ci opprime e ci toglie l'aria, preferendo spesso incensarsi e autocelebrarsi.

Aria nuova, dunque... spalancate le finestre... non smarritevi e non fatevi menare per il naso da chi vi possa vedere solo come 'teste paganti', utili solo a mantenere baracche e burattini.

Contribuite lavorando intensamente, confrontandovi con lealtà e apertura mentale: non aspettate che qualcuno faccia il compitino per poi leggerlo e plaudire estasiati: siamo colmi di note trite e ritrite su questo o quel pur illustre personaggio; c'è desiderio, forte desiderio, di novità, di cose nuove e diverse.

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PROCLAMATI I VINCITORI DEL FESTIVAL INTERNAZIONALE DI CULTURA «LA ROMA RUSSA - 2019» (video)

Sabato, 09 Novembre 2019 14:40

Sempre più intensi gli scambi culturali tra l’Italia e la Russia. Sono stati proclamati a Roma i vincitori del Festival internazionale di cultura «La Roma Russa»: la premiazione è avvenuta nel contesto della cerimonia di proclamazione tenutasi nello storico Palazzo Poli. Ad ottenere il prestigioso premio sono stati esponenti del mondo della cultura di grande levatura, il cui impegno è rivolto alla promozione della cultura russa all'estero. Per partecipare all'evento sono giunti a Roma, dai vari paesi del mondo, tutte quelle persone che nutrono per la cultura russa un sincero interesse, tra cui artisti e personalità pubbliche.

 

 

Circa 200 anni fa fu proprio Palazzo Poli il centro d'attrazione in cui la principessa Zinaida Volkonskaja radunava i suoi ospiti per serate di letteratura e musica. Qui si riunivano i brillanti rappresentanti dell'intelligencija russa ed europea: pittori, scrittori, musicisti.

«Sono lieto che l’agenda ufficiale dei nostri rapporti bilaterali si arricchisce con le iniziative private come il Festival “La Roma Russa”. Il suo svolgimento nelle sale del Palazzo Poli, dove all’epoca Zinaida Volkonskaja conduceva i “salotti russi”, sta diventando una bella tradizione”, - ha sottolineato l'Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario della Federazione Russa nella Repubblica Italiana e nella Repubblica di San-Marino Sergey Razov.

«La cultura è da sempre una sfera privilegiata nei rapporti italo-russi. La nostra cooperazione in questo ambito affonda le sue radici in una storia secolare, ricca di numerosi punti di intersezione, e racchiude in sé una grande moltitudine di argomenti comuni per il dialogo. Questa influenza reciproca esprime una affinità spirituale del tutto particolare, unica nel suo genere, una comprensione reciproca capace di unire i nostri popoli.

È un immenso piacere per me rivolgere un saluto al Festival «La Roma Russa» il cui obiettivo è riconoscere i meriti dei personaggi degni della lode più alta nell'ambito della promozione della cultura italiana in Russia e della cultura russa in Italia. Auguro un grande successo al Festival, che rappresenta un ulteriore esempio della straordinaria ricchezza dei rapporti culturali tra i nostri paesi», ha detto il Primo Consigliere dell’Ambasciata d'Italia a Mosca Walter Ferrara.

«La cultura russa rappresenta un ambito che gode di stima riconosciuta dalla cerchia dell'intelligencija e dell'arte mondiale impegnata nella costruzione di un dialogo con la sfera umanistica. Oggi la geografia degli ambasciatori del Festival «La Roma Russa» si sta ampliando. Assieme ai paesi europei, Italia, Francia, Inghilterra, Germania, Belgio, Cechia e altri, il progetto abbraccia gli esponenti del mondo della cultura dall'India, Stati Uniti, Australia», ha sottolineato il presidente del Festival Vladimir Torin.

Il premio «La Roma Russa» viene assegnato ai vincitori la cui attività glorifica la cultura russa all'estero. Il premio, una statuetta, è stato appositamente disegnato dal noto scultore russo, artista del popolo, Аleksandr Rukavišnikov.

Nella categoria «Musica» ha vinto il premio Svetlana Kasyan, solista del teatro di Mosca «Nuova Opera», la prima cantante lirica nella storia del Vaticano insignita del titolo Dama ("La Fenice”) dell'Ordine di San Silvestro.

Il vincitore del premio nella categoria «Letteratura» è lo scrittore e sceneggiatore russo, storico e dottore in scienze storiche, autore di gialli e romanzi storici Leonid Jusefovič. I suoi libri sono tradotti in tedesco, italiano, francese, polacco, spagnolo.

Julian Henry Lowenfeld, poeta, drammaturgo, giurista, compositore e traduttore americano è stato insignito del premio nella categoria «Attività di traduzione». È considerato uno dei migliori traduttori delle opere di A.S. Puškin in lingua inglese. Autore di una delle cinque redazioni di «Evgenij Onegin» pubblicate negli USA.

Il direttore dei Musei Vaticani Barbara Jatta, la prima donna ad ottenere questo incarico nei secoli di storia della Collezione d'arte Pontificia è vincitrice del premio nella categoria «Arti figurative». Nel 2018 ha partecipato alla realizzazione di un progetto senza precedenti: l'allestimento della mostra «I capolavori della Pinacoteca Vaticana» presso la Galleria Tret'jakov, mentre i Musei Vaticani hanno accolto un'esposizione unica proveniente dalla Galleria Tret'jakov «Il Tratto russo. Dal Dionisio a Malevich».

Il vincitore del premio nella categoria «Arte teatrale» è Daniele Cipriani, produttore teatrale, una figura di straordinaria autorevolezza nel mondo del balletto. Daniele Cipriani ha unito in una compagnia i giovani diplomati della scuola romana e di quella teatrale attiva presso La Scala. Numerosi sono i suoi successi, riscossi sia in Italia sia in Europa: i suoi spettacoli esclusivi costituiscono immancabilmente dei veri e propri eventi, come lo è stato lo spettacolo dedicato a Rudolf Nureev.

Sono stati inoltre consegnati i diplomi onorari nella categoria «Arte teatrale» al primo ballerino del Teatro Bolshoj Jacopo Tissi e alla fondatrice dell'unica scuola di balletto russo in India Apeksha Bchattarchia.

Quest'anno il Festival ha istituito un nuovo premio per la categoria «Mecenatismo». A vincerlo è la Fondazione di beneficienza «Arte, scienza e sport» di Alisher Usmanov. La Fondazione svolge la sua attività in nome della tutela e dello sviluppo del retaggio culturale russo, del sostegno del potenziale scientifico e sportivo del paese, della formazione di un ambiente socioculturale inclusivo. Nel 2018 la Fondazione ha sostenuto l'allestimento della mostra presso i Musei Vaticani proveniente dalla Galleria Tret'jakov «La tratta russa. Dal Dionisio a Malevich». In autunno del 2019 ha avuto luogo la prima mondiale del film di Andrej Končalovskij "Il peccato”, realizzato con il sostegno finanziario della Fondazione.

Un premio speciale Festival è stato dedicato al quarantesimo anniversario del film «Stalker» di Andrej Tarkovskij. A ritirare il premio è stato il figlio del geniale regista, presidente della Fondazione Tarkovskij a Direnze, Andrej Tarkovskij.

Nel contesto del Festival è stata consegnata la medaglia commemorativa alla vedova di Aleksej Bukalov, Galina Bukalova. Aleksej Bukalov, un eminente giornalista, diplomatico, studioso di Puškin, che rappresenta una pietra miliare nella promozione della cultura russa.

Il Festival è stato arricchito dai momenti musicali con la partecipazione della pianista Elena Burova, la cantante lirica Svetlana Kasyan, il duetto Gazzana (Natascia Gazzana, violino e Raffaella Gazzana, pianoforte). Il maestro Daniele Cipriani ha regalato al pubblico un performance teatrale.

Il Festival internazionale culturale «La Roma Russa» si è tenuto per la prima volta nel mese di novembre del 2017. Il Festival si prefigge l'obiettivo di unire quelle persone la cui attività artistica e professionale favorisce la promozione della cultura russa all'estero, costruendo ponti culturali tra Russia ed Europa. L'ideatore del Festival è stato Vladimir Torin, segretario per i progetti internazionali dell'Unione degli scrittori russi, giornalista, personalità pubblica.

L‘iniziativa culturale “La Roma Russa” ha trovato il sostegno presso l’Ambasciata della Federazione Russa in Italia, l’Unione libraria russa, l’Unione russa degli scrittori, il Conservatorio statale di Mosca P.I. Čajkovskij, l’Istituto italiano di cultura a Mosca e molteplici associazioni di cultura in Italia e in Europa. Inoltre, nel 2019 il Festival ha ottenuto il patrocinio del Comune di Roma (Assessorato alla crescita culturale-Roma Capitale) e della Regione Lazio. Il progetto è seguito dalla stampa, tra cui Agenzia Askanews, Sputnik Italia, Agenzia Nova, Agenzia TASS, Eurasia News TV, Società statale di televisione e di radiodiffusione russa (VGTRK), LF magazine e portale ufficiale dell’Ambasciata italiana a Mosca “La Tua Italia”.

www.rusrome.ru

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"FRIDA KHALO 360°" di Cecilia Salaices a Roma

Venerdì, 25 Ottobre 2019 22:28

Il 20 ottobre scorso si è svolto all’aula magna dell'università Valdese, a Roma, lo spettacolo dedicato a FRIDA KHALO con "Frida y sus Amores", organizzato dall’associazione internazionale Orchidea Latina aps, della presidente Cecilia Salaices. Ampio successo con il pieno della sala e dalla viva partecipazione del pubblico allo spettacolo di grandi artisti lirici.

“Un pubblico completamente rapito della potentissima voce della soprano messicana residente a Venezia, Liliana Henkel, che ha saputo trasmettere la forza e vitalità dell'iconica Frida Kahlo ad un pubblico che sembrava volesse cantare insieme agli artisti.” ha dichiarato la Presidente, “Non esiste Frida senza Diego Rivera e questo ruolo è stato interpretato dal tenore peruviano Eusebio Consoli che ha fatto sognare il pubblico con la sua voce.
I cantanti lirici, accompagnati dai 
maestriDuilio Congedi al piano e Marco Cruz alla chitarra ci hanno donato una serata piena di sensazioni bellissime. 
La voce narrante di Sara Guasti ci ha condotto in un viaggio attraverso la vita di Frida Kahlo, che ci ha permesso di conoscere meglio tutte le sfaccettature di questo prezioso diamante messicano sulle note di "Frida y sus Amores”, le canzoni del suo paese, il Messico”.

La manifestazione si è svolta già tre volte, ma la richiesta di repliche non accenna a diminuire. E’ stato presentato all’Ambasciata del Messico a Roma e sul palco di prestigiosi teatri romani.

Con il suo progetto Cecilia Salaices ha entusiasmato il pubblico nel far conoscere la grande pittrice messicana la cui arte è intrisa di passioni, profondo vissuto e una tormentata vita amorosa. Il concerto ha coinvolto emotivamente gli spettatori nella sofferenza e l’amore fra i due protagonisti: “FRIDA KHALO e DIEGO RIVIERA”, nonché nel calore messicano e i suoi colori.

Chiara Pavone ha letto le poesie di Angela Maria Tiberi e Barbara Maresti con le parole ha toccato l’anima degli spettatori facendo sentire la sofferenza di questa grande artista ed il suo esempio di vita nel reagire al fato perverso.Mua è pettinatura è stato a carico della Fashion Look Academy Roma, guidata da Alfonso Boselli, con la sfilata delle ragazze in fiore, 

 
 Cecilia Salaices

molto gradita al pubblico, che hanno sfilato con la nuova collezione autunno sempre con lo stesso tono “fiori” della prestigiosa Eire Mota Fashion Expert.


Grande successo anche di Milena Petrarca, artista internazionale, con le sue opere sulla vita di FRIDA KHALO negli attimi più significativi con Diego Riviera. Milena Petrarca è
figlia d’arte, è nata a Pozzuoli, ma vive tra Latina e New York e proprio in questa ultima città, dopo aver esposto in diverse rassegne, ha ricevuto il prestigioso riconoscimento “Artistic Achivement Award Gallery”  in virtù dell’impegno profuso nell’organizzazione di mostre personali e collettive in occasione del Cinquecentenario di Cristoforo Colombo.

La serata è stata presentata dalla signora Susana Clavarino.

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In mostra nella Città Eterna l’eternità di Pompei e Santorini

Martedì, 22 Ottobre 2019 19:14

Pompei e Santorini, l’eternità in un giorno è il titolo della mostra in corso presso le Scuderie del Quirinale a Roma.

Ad accumunare la città campana e Akrotiri, capitale dell’isola di Thera, oggi Santorini, nelle Cicladi, è la loro fine improvvisa: sepolte da un’eruzione vulcanica. Sepoltura che, allo stesso, tempo ha conservato, cristallizzandolo, un attimo di storia.

Per il resto le due civiltà non potrebbero essere più diverse.

Ad unirle in un’unica esposizione, l’interesse e la curiosità della loro riscoperta, che risveglia l’archeologo nascosto e, più o meno conscio, che è in ognuno.

Sono due civiltà lontane tra loro nel tempo oltre che nello spazio.

Questa lontananza è ben evidenziata dalle opere e dai manufatti presenti in mostra. Ed è specificata, nei pannelli, dalle linee temporali, che riportano e mettono in relazione le due vicende, con le tappe più note della storia ufficiale e diffusa.

Risale al 1613 a.C. l’eruzione che ha sepolto Akrotiri (Thera-Santorini), mentre al 79 d.C. quella di Pompei.

L’interesse e la curiosità sono il filo d’Arianna che collega i due siti, così, in mostra, senza soluzione di continuità, si trovano opere di artisti, che hanno dato espressione a quell’immaginario collettivo, formatosi nei secoli, a partire dalla riscoperta. Emerso dagli scavi insieme agli oggetti e alle svariate testimonianze.

In apertura, se non fosse per le dimensioni, la scultura novecentesca di Arturo Martini, Il bevitore del 1936, potrebbe tranquillamente essere scambiata per uno dei corpi ricoperti dalla lava.

In chiusura, la land art di Richard Long con Vesuvius circle del 1984, richiama l’attenzione del contemporaneo, verso la natura e al bisogno di rispetto nei suoi confronti.

L’immagine della copertina della mostra e del catalogo, edito da Artem in coedizione con l’Erma di Bretschneider, è un particolare del dipinto di Pierre-Henri de Valenciennes, Eruzione del Vesuvio del 24 agosto dell’anno 79 d.C., sotto il regno di Tito, del 1813.

Tra i manufatti più rappresentativi di Pompei i frammenti di affresco dalla Casa del Bracciale d’oro, il servizio da tavola in argento di età augustea, alcuni gioielli.

La pittura ad Akrotiri, oltre che nei frammenti di affresco, come quello dei Giovani pescatori o il fregio miniaturistico con un paesaggio subtropicale, si apprezza nei vasi, come nella brocca sferica monoansata, decorata con piante d’orzo e di veccia.

Una guida alla comprensione e all’immersione viene dall’approfondimento offerto dagli incontri al Teatro Argentina e dai laboratori per scuole e famiglie.

La realtà immersiva più apprezzata, per e da chi scrive, è rappresentata dai dipinti di Turner, come L’eruzione delle Souffrier Mountains nell’isola di Saint Vincent del 1815, e da quello di Filippo Palizzi, Fanciulla negli scavi di Pompei del 1870, dove la giovane donna impersona la curiosità, la meraviglia e la riflessione di fronte agli scavi.

Pompei e Santorini

l’eternità in un giorno

11 ottobre 2019-6 gennaio 2020

Roma, Scuderie del Quirinale

Orari: da domenica a giovedì 10.00-20.00;

venerdì e sabato 10.00-22.30

Ingresso: Intero €.15,00; ridotto €.13,00

Info: 0292897722

www.scuderiedelquirinale.it

Catalogo: Artem-l’Erma di Bretschneider €. 36,00

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Chiara da Montefalco e Jean d’Amiel ai Musei Vaticani

Mercoledì, 02 Ottobre 2019 16:13

Un’oasi ai Musei Vaticani, una piccola mostra nel cuore della Pinacoteca Vaticana: Chiara da Montefalco e Jean d’Amiel. Devozione e committenza in due dipinti restaurati dei Musei Vaticani

All’interno della frenetica attività dei Musei Vaticani sopravvivono, in qualche modo, delle sacche di tranquillità. Come delle oasi, dove l’impegno si concentra sulla tutela e la valorizzazione, altrimenti dette ricerca e restauro-conservazione.

Con la ripresa delle attività dopo le vacanze, che non sono state tali per i Musei Vaticani che, anzi, hanno lavorato a pieno ritmo, vengono riprese quelle iniziative che esulano dalla estenuante gestione degli imponenti flussi di visitatori.

Chi conosce la realtà dei Musei Vaticani potrebbe percepire come ironico il titolo di Museums at work, dato all’iniziativa, nata per comunicare attività di restauro e di studio, presentate attraverso piccole mostre, solo nel senso dello spazio ristretto, allestite in una delle salette della Pinacoteca Vaticana.

In questo caso si tratta dell’esposizione al pubblico di due gioielli del XIV secolo, il Polittico della Chiesa di San Francesco e il Dossale della Cappella di Santa Croce a Montefalco in provincia di Perugia.

I dipinti sono stati restaurati dai Musei Vaticani per la mostra Capolavori del Trecento. Il cantiere di Giotto, Spoleto e l’Appennino, tenutasi lo scorso anno in diverse sedi nel territorio di Spoleto, in risposta ai distruttivi eventi sismici.

Per l’occasione le due opere, che ora decorano gli appartamenti di rappresentanza del Pontefice, sono tornate a Montefalco, loro luogo d’origine.

L’attuale esposizione Chiara da Montefalco e Jean d’Amiel. Devozione e committenza in due dipinti restaurati dei Musei Vaticani, rende conto di quanto emerso dai restauri. Tessere di un puzzle tutt’altro che concluso e che, al contrario, offre spunti per lo studio di argomenti ancora inediti e di indagini sul territorio.

Il Polittico della Chiesa di San Francesco è formato da cinque scomparti, nel maggiore e centrale, campeggia la Crocifissione con, al di sotto, la Comunione degli Apostoli. Nei laterali sono distribuite le Storie della Passione.

Nel 1336 Jean d’Amiel ha incaricato l’artista convenzionalmente indicato come Maestro di Fossa, della realizzazione del polittico destinato alla Chiesa di San Francesco a Montefalco.

L’opera è giunta in Vaticano a seguito delle requisizioni napoleoniche succedute al trattato di Tolentino del 1797.

Il restauro ha determinato la ricomposizione delle parti nell’assetto originario, ma soprattutto l’emersione dell’iscrizione nascosta dalla cornice.

Sempre Jean d’Amiel, ma nel 1333, aveva fatto decorare la Cappella di Santa Croce nel convento delle monache di Santa Chiara a Montefalco.

Il Dossale si trovava probabilmente sull’altare centrale della Cappella, nel centro è “replicata” la Crocefissione ad affresco sul muro di fondo. La decorazione è attribuita al Primo, probabilmente autore anche del Dossale, e al Secondo Maestro della Beata Chiara da Montefalco.

Ai lati della Crocefissione si dispongono, nel Dossale, scene del martirio di San Biagio e di Santa Caterina d’Alessandria.

A testimonianza di quanto le immagini fossero veicolo per la preghiera e la devozione personale, i volti dei carnefici sono stati “sfregiati” dai devoti, che li hanno colpiti e graffiati.

Storie nelle storie si incontrano e si sovrappongono, così come le discipline, le tecniche artistiche, i materiali.

Una storia infinita di cui le opere costituiscono traccia e documentazione.

Info:

http://www.museivaticani.va/content/museivaticani/it/eventi-e-novita/iniziative/Eventi/2019/museums-at-work-chiara-da-montefalco.html

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Intervista a Bernadetta Olla, una pittrice creativamente spinosa

Lunedì, 30 Settembre 2019 22:52

Bernardetta Olla è una pittrice nata a Quartu Sant’ Elena, provincia di Cagliari.

È molto conosciuta in tutta l’isola: le mostre in cui ha esposto le sue opere, non si contano.

È  stata premiata a New York. Ha esposto anche a Montmartre – Parigi, Italia Vogue, Spoleto Art Festival, Berlino, Dioscuri del Quirinale, al palazzo della Cancelleria Vaticana a Roma.

Sempre a Roma, ha partecipato ad una mostra interamente a lei dedicata; ha inoltre ricevuto una menzione speciale e vinto un concorso con premio nella galleria, Frammenti d’Arte.

Ha partecipato a prestigiosissime mostre a Bergamo e a Milano. Sofia Falzone, una delle amministratrici del Focus-Group-Art, la descrive così :

“L’adesione alla matrice figurativa,rivisitata con personale sensibilità, è un aspetto essenziale dell’operatività pittorica di Bernardetta Olla, un’artista che intende l’arte come espressione di forme e di concetti, da proporre alla fruizione degli osservatori senza astruse mediazioni deformanti.

Nelle sue opere si individua una tensione narrativa.

Bernardetta è anche ritrattista. In questo campo la sua maestria tecnica, sisposa ad un notevole ed approfondito studio psicologico, per decifrare l’animo dei soggetti oltre che le fattezze esteriori, per fare emergere con eleganza un fraseggio generato da tratti precisi”.

Il percorso di Bernardetta è sempre in salita.  Di recente ha partecipato alla Biennale di Venezia, a Palazzo Zenobio.

Ha esposto a Roma, Via Margutta nella Galleria Arte Area Contesa.

A Cagliari ha partecipato alla 33esima edizione del Festival Sciampitta , che da sempre mette a confronto tradizioni e folklori di vari paesi.

Molto legata alle bellezze e tradizioni della sua terra, sta lavorando a un progetto che parla di fate e streghe, creature fantastiche della mitologia sarda: Janas e Cogas.

È bello ascoltare Bernardetta quando si racconta ma è altrettanto affascinante cogliere femminilità, forza e delicatezza dai suoi lavori.

Ho avuto il piacere di chiacchierare con lei e scoprire una tecnica particolare, usata per impreziosire le opere e renderle sempre più suggestive.

Quanti anni avevi quando hai scoperto la passione per la pittura?

Penso di essere nata con questa passione, dal momento che non ho ricordi nitidi che possano in qualche modo indicare il periodo preciso in cui ho cominciato a dedicarmi all’arte.

Quando e come nasce il tuo percorso artistico?

Inizia quando grazie ad un’amica d’infanzia riscopro la mia passione.

Ho detto “riscopro”, perché dopo essermi sposata, vari impegni familiari, mi hanno allontanata,pur avendo sempre vivo in me il pensiero.

Con lei ho iniziato un corso di pittura a olio, ritrovando così, l’emotività, l’incanto, il sogno e soprattutto riscoprendo un posto che mi piace definire magico dove potermi rifugiare e ritrovare quella parte di me stessa che avevo trascurato.

Ti va di parlarmi ,in modo più dettagliato, dei motivi per cui sei stata costretta ad interrompere il tuo percorso creativo e di come hai vissuto quel periodo?

Domanda dolente, cara Cristina.  Posso dirti che forse dentro di me non ho mai smesso di creare, anche se la vita per molto tempo mi ha portata altrove.

Penso che sia difficile per una donna conciliare i ruoli di mamma e moglie con le passioni, soprattutto quando si hanno figli piccoli.

Mi sono sempre interessata di arte e ho notato con piacevole sorpresa che i tempi sono cambiati e a favore delle donne.

Anni fa, alle mostre erano rare le esposizioni di artiste femminili, mentre sempre più presenti quelle di artisti maschili.

Ora, direi che quasi si equivalgono.

Ciò dimostra che il tempo è stato utile per far sì che non fosse penalizzato il percorso artistico delle donne.

Ti sei ispirata ad un’artista in particolare?

Per la rappresentazione degli alberi, con la tecnica dell’acquarello, mi sono ispirata a Kersey , mentre per i fiori a Whittle.

Ho incontrato e lasciato per strada, tanti maestri.

Amo Caravaggio, per come riesce a far emergere la bellezza del buio. Adoro Van Gogh.

Hai partecipato a vari eventi dedicati a Frida Kahlo, ti va di parlarmi di questa esperienza?

A Bergamo, presso Sala Manzù, l’ambasciatore del Mexico, En Milan Hernan De J. Ruiz Bravo, si è complimentato con me ed ho provato un’emozione grandissima che custodisco nel cuore, come si fa con le medaglie.

Ha commentato la mia opera con queste parole, che non dimenticherò: “Quest’opera è bellissima, è un vero omaggio a Frida che amava gli animali e la natura”. Mi sono commossa.

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Ai Musei Capitolini sulle tracce di Luca Signorelli a Roma

Lunedì, 16 Settembre 2019 18:16

Signorelli e Roma. Oblio e riscoperte inaugurata a metà luglio, oltre a diversi spunti di riflessione e suggestioni, se non una vera e propria risposta al perché di una mostra dedicatagli a Roma, offre anche la possibilità di un prolungamento di vacanza.

Infatti il pittore cortonese è presente nella Città Eterna, o meglio nella Città del Vaticano, con una sola opera certa, perché documentata, cioè il Testamento e morte di Mosè. Una delle scene delle mura laterali, realizzate in Sistina dalla scuola umbro toscana tra il 1481 e il 1483.

Quindi a Roma Signorelli c’è e non c’è. Eppure la sua arte è stata fortemente influenzata da quello che a Roma ha visto, le opere antiche in particolare.

A sua volta ha influenzato i due grandi protagonisti della Roma del Rinascimento, Raffaello e Michelangelo. Anche se è soprattutto al suo capolavoro, cioè la Cappella di San Brizio a Orvieto, che hanno guardato.

Perché una mostra ai Musei Capitolini? Perché se è Sisto IV della Rovere che costruisce la Sistina e poi la fa decorare dalla scuola umbro toscana, è lo stesso papa, che nel 1471, “restituisce” al popolo romano alcune sculture romane di bronzo, allo stesso tempo, eredità e identità culturale dei cittadini. Così facendo fonda il nucleo primitivo di quello che, probabilmente, è stato il primo museo pubblico al mondo.

Oggi i visitatori dei Musei Capitolini, hanno modo di vedere quegli stessi capolavori, lo Spinario, il Camillo, il Bruto Capitolino, solo per citarne alcuni.

L’esposizione si articola in sette sezioni, dedicate alle tematiche salienti che ruotano intorno alla figura di Luca Signorelli. In apertura la ricerca del vero ritratto, dopo il grande successo, addirittura ci si dimentica delle sue fattezze. Quindi il ritratto di Roma attraverso le piante e le vedute.

La figura e l’opera del papa francescano, Sisto IV, occupa molto spazio, con le molteplici attività come teologo, come restaurator urbis, come ospite caritatevole dei pellegrini con la riedificazione dell’Ospedale di Santo Spirito, come benefattore del popolo romano con la donazione delle sculture antiche, come mecenate delle arti.

Poi l’attenzione torna sul Signorelli, con il suo operato in Sistina, con il capolavoro, la Cappella di San Brizio a Orvieto, con il suo rapporto con l’architetto Bramante, con Michelangelo, infine la riscoperta dopo l’oblio nell’Ottocento e nel Novecento.

L’opera copertina della mostra è la tavola, fresca di restauro, con il Martirio di San Sebastiano, risalente al 1498 circa e conservata presso la Pinacoteca Comunale di Città di Castello in Umbria.

Dalla Alte Pinakothek di Monaco proviene invece la Madonna col Bambino e nudo maschile, realizzata tra il 1494 e il 1496. Allo stesso lasso di tempo viene fatto risalire il Cristo in croce con Maria Maddalena degli Uffizi. La Collegiata di San Medardo ad Arcevia, in provincia di Ancona, conserva il Battesimo di Cristo del 1508.

Signorelli e Roma. Oblio e riscoperte

Roma, Musei Capitolini

19 luglio – 3 novembre 2019

Orario: tutti i giorni 9.30-19.30

Ingresso integrato intero 16,00€; ridotto 14,00€

Catalogo De Luca Editori d’Arte

Info: tel. 060608

       www.museicapitolini.org; www.museiincomune.it

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Roma: neve a Santa Maria Maggiore del 5 agosto: intervista all'architetto Cesare Esposito

Mercoledì, 07 Agosto 2019 12:26

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MONOCROME: LA GIOIA DEL CAMMINARE TRA LE DOLOMITI AMPEZZANE (DAL LIBRO ALLA MOSTRA)

Sabato, 20 Luglio 2019 05:10

La primavera fiorisce sempre, l’estate fiammeggia sempre, l’autunno accarezza sempre nel mondo di colui che non si sazia mai dei liquori della vita, che non si dichiara mai vinto dagli eserciti della disperazione e della morte.

Giovanni Papini

Da domenica 7 luglio fino a lunedì 30 settembre, il Museo Paleontologico “Rinaldo Zardini” di Cortina d’Ampezzo ospiterà una mostra di rara bellezza: MONOCROME – Camminando tra le Dolomiti d’Ampezzo – Immagini dal libro fotografico di Manuel Cicchetti*.

Dice Cicchetti, nell’ introduzione al suo splendido volume, che la sua storia tra le dolomiti ampezzane è iniziata assai precocemente, fin da quando ha cominciato a muovere i primi passi proprio su quei sentieri.

E il suo rapporto d’amore (perché di questo indubbiamente si tratta), mai interrotto e sempre accresciuto, è ben racchiuso ed espresso nelle 25 fotografie in bianco e nero che compongono il libro. Fotografie raccolte nell’arco di ben quattro anni di ricerche esplorative quanto meditative, in cui le acque ribollenti dei ruscelli si alternano a ieratici silenzi lacustri, e nuvole massicce si alternano a filamenti ectoplasmatici inzuppati di cielo, a cirri e cumulonembi dalle luminanze variegate e cangianti. In cui pareti aspre si immergono in orizzonti abissali e boschi solenni vengono risucchiati nell’inesausto altalenìo del gioco delle stagioni. In cui l’inverno accondiscende appena alle prime tentazioni del sole e l’invito amoroso dell’aurora rimbalza sui ghiacci e sul crinale dei poggi respiranti alla vita.

Chi ama la montagna, chi sa cosa si provi colloquiando con il fruscio delle selve e il gorgoglio dei rivi incastonati nelle rocce, non potrà non innamorarsi di questa mostra e della magnifica pubblicazione da cui trae origine. E chi sa poco di montagna credo che difficilmente potrà riuscire a resistere alla fascinosa tentazione di incamminarsi, con passo lento e curioso, su qualche sentiero.

L’opera, con testi in italiano e inglese (180 pagine, formato 30x30, cartonato) gode dei patrocini di Fondazione Dolomiti UNESCO,Comune di Cortina d’Ampezzo, Regole d’Ampezzo e Parco Naturale delle Dolomiti d’Ampezzo, e, cosa importante e bella, parte del ricavato della vendita del volume sarà devoluta ai fini del ripristino e della cura delle foreste abbattute dalla tempesta dell’ottobre dello scorso anno.


 

Il Museo Paleontologico si trova presso il Centro Culturale Alexander Girardi Hall in Via Marangoi, 1 – loc. Pontechiesala – Cortina d’Ampezzo

Orari apertura: 

Luglio 10.30-12.30    15.00 19.00 chiuso lunedì

Agosto aperto tutti i giorni 10.30 -12.30  15.00-19.00

Settembre 15.00 - 19.00 chiuso lunedì

Tel. 0436 875502 - Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

*Manuel Cicchetti è un creativo che si è misurato con le più varie attività artistiche, teatrali e musicali. Tra queste, fotografia e regia sono state preponderanti.

La Conca, le montagne, i boschi, i luoghi e le persone della zona di Cortina lo hanno profondamente influenzato nel suo rapporto con la Natura, assolutamente particolare e unica, come uniche sono le Dolomiti.

http://bit.ly/catalogomonocrome

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Uno sguardo sulla suppellettile liturgica tra Otto e Novecento ai Musei Vaticani.

Sabato, 06 Luglio 2019 18:14

Quando si visitano i Musei Vaticani si viene sopraffatti dalla bellezza e dal numero dei capolavori. Alla fine gli occhi non sanno più dove e cosa guardare.

All’uscita dalla Sistina, si arriva alla cappella di S. Pietro Martire, dove sono conservati alcune suppellettili liturgiche provenienti dal Sancta Sanctorum di S. Giovanni in Laterano.

Poi si accede alla Sala degli Indirizzi, così chiamata per via degli “indirizzi” d’omaggio a Leone XIII e Pio X, qui conservati insieme alle raccolte di arte applicata della Biblioteca. Si tratta soprattutto di suppellettile liturgica: calici, ostensori, reliquiari.

Si passa accanto alle vetrine, gli oggetti scorrono per lo più inosservati, l’attenzione è attirata soprattutto dalla bellezza e dalla preziosità di alcuni pezzi, ma ne sfugge il reale significato liturgico e la storia a questo associata.

Fino al 7 settembre, in una saletta della Pinacoteca Vaticana, è visibile la mostra Plečnik e il sacro, che offre l’opportunità di vedere lo sviluppo del design degli oggetti liturgici tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento.

Jože Plečnik è stato un architetto e designer sloveno, che ha lasciato testimonianza del suo lavoro soprattutto a Vienna (palazzo Zacherl), Praga (ristrutturazione del Castello) e Lubiana. La mostra del 1986 al Centre Georges Pompidou a Parigi ha sancito la sua affermazione pubblica come architetto, urbanista e designer, diffusore delle forme eterne dell’arte classica.

Sono in tutto 33 gli oggetti in mostra: calici, ostensori, cibori, custodie liturgiche. Un video contestualizza gli oggetti mostrando le chiese costruite da Plečnik.

Il Calice di Andrej (1913) e il Calice di Hut (1931) mostrano una forma e una decorazione di sapore medievale. Il metallo è associato a pietre semi-preziose lavorate per lo più a cabochon, richiamando la levigatezza del metallo.

Il Calice di Salvator (1930) affida la cromia al bordo dorato e alla pietra incastonata nello stelo, unica deroga alla purezza lineare delle forme.

Il Calice di Sušnik invece esalta la lavorazione plastica del metallo.

La particolarità del Calice di Plečnik (1956 ca.) è costituita dall’inserzione di monete d’argento nello stelo.

A spirale è lo stelo del ciborio del 1938, che ritorna nei sostegni dell’elemento architettonico sommitale.

Nell’Ostensorio scarlatto (1930) trionfa il contrasto cromatico ottenuto anche con l’impiego di materiali e forme diverse. Il piede è liscio, dorato e quadrangolare. La superficie piatta dello stelo è movimentata da pietre cabochon. Nella lunula la pietra bianca centrale, richiama la sfera alla base della piccola croce gemmata sommitale. Il disco scarlatto è punteggiato da cerchi concentrici di piccole sfere e circondato da un anello dorato con pietre cabochon.

La mostra, con la collaborazione dei Musei Vaticani, dell’Ambasciata della Repubblica di Slovenia presso la Santa Sede, del Ministero della Repubblica di Slovenia per la Cultura e dell’Arcidiocesi di Lubiana, è stata realizzata dal Museo e Gallerie della Città di Lubiana.

L’esposizione dal 26 settembre si sposterà nella capitale slovena.

 

 

Plečnik e il sacro

28 giugno-7 settembre 2019

Musei Vaticani, Città del Vaticano

Info: www.museivaticani.va

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Roma - 21 Giugno 2019 Giornata Internazionale dello Yoga al Campidoglio

Lunedì, 17 Giugno 2019 00:51

Open class di Yoga all’ambasciata Indiana di via XX Settembre

 

Duplice celebrazione con International yoga day a San Marino, cinema all’isola tiberina di Roma e cultura indiana a Zagarolo

iniziano le celebrazioni, dal 16 al 28 giugno , della common yoga protocol, settimana dello yoga con posture semplici accessibile a tutti. Una celebrazione giunta alla quinta edizione quella “della giornata internazionale dello yoga” (approvata nel 2014 con un consenso record di ben 177 paesi) e presentata presso l’Ambasciata indiana di via XX Settembre. Dunque il 21 giugno, solstizio d’estate, sotto la statua di Marco Aurelio in Campidoglio, dalle ore 18,30 happening di yoga alla ricerca dell’armonia e della pace e concerto di musica indiana alle 20,30 con il maestro Partho Sarathi Class.

Open class , conferenze e meditazione gratuite presso l’Ambasciata dell'India per appassionati e principianti sotto la guida of course di esperti insegnanti yoga e professionisti della meditazione.

Lo Yoga arriva grazie alla collaborazione con l’Ambasciata Indiana anche nella bellissima città di San Marino , una delle più antiche democrazia del mondo e patrimonio dell’Unesco , il 15 giugno, con incontri attivi dal pomeriggio fino all’imperdibile sunset. Ore 20.00 danza classica indiana Kathak.” La prima esperienza con lo yoga è partita l’anno scorzo , oggi siamo alla seconda edizione ed è giusto rilanciare una pratica di successo con le scuole e numerosi partecipanti. Questo interesse con l’Ambasciata indiana è nato per caso - spiega il diplomatico di San Marino Marina Emiliani – in collaborazione con il ministero culturale, turismo e affari esteri della Repubblica di San Marino.”

Per la giornata dello yoga arriva la duplice celebrazione con musica e danza , dal 21 giugno al 13 luglio, all made in India, da Roma a Zagarolo e altre città di Italia, la settima edizione del Summer Mela (festival di cultura e musica indiana organizzata da fondazione Find), in collaborazione con l’Accademia Filarmonica Romana, l’Istituto Palazzo Rospigliosi di Zagarolo, l’ISMEO (associazione internazionale di studi sul mediterraneo e l’oriente), Fabbrica Europa, River to River Florence Indian festival e l’Isola del cinema dell’isola Tiberina. “Abbiamo organizzato – racconta il direttore del Summer Mela Roma Finds India Riccardo Biadene – eventi da non perdere all’isola tiberina come il film “3storeys” tutto indiano di Arjun Mukerje su un condominio di Mumbai e un altro proiettato in anteprima al festival di Toronto 2018 in salsa tutta Bollywoo, a Zagarolo preview presso Palazzo Rospigliosi della danza indiana di Hemabharathy Palani e in scena altri artisti indiani come Partho Saroty, Supryo Dutta, Sabir Khan e Nihar Mehta“.

Lo yoga è una disciplina apprezzata e praticata in tutto il mondo, uno strumento utile riconosciuto anche dalle istituzioni. “ Il mio impegno – chiosa, la seconda donna eletta nel 2017 nella storia dell’India come ambasciatrice, Smt. Reenat Sandhu - sarà quello di intensificare con lo Stato Italiano la diffusione di questa antichissima pratica anche come materia di studio nelle scuole. In Sardegna dove sono stata recentemente ho trovato davvero un grande interesse per lo yoga come anche in Nord Italia”.

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Librino, Catania - la Redenzione attraverso l’arte. L'impossibile diventa possibile.

Giovedì, 23 Maggio 2019 14:17

 Sono più di 1000 i volti che hanno affidato alla street art nel suo valore più alto il loro percorso di redenzione umana.

Sono i volti degli abitanti di Librino, quartiere satellite della città di Catania, una periferia del Sud come tante altre, lo Zen a Palermo o Scampia a Napoli.

Progettato a metà degli anni ’60 dall’architetto giapponese Kenzo Tange, con i migliori propositi , Librino ha presto deviato dalla sua funzione originaria di città modello di urbanistica secondo i canoni del tempo per trasformarsi in zona di illegalità e malaffare.

Complice l’infelice e infausta posizione nei pressi dell’attiguo aeroporto catanese di Fontanarossa, presto il sogno si dissolve in una storia già nota ai più.

Ma a volte cambiare si può! E così in questo luogo di periferia il silenzio è stato rotto dalla voce della poesia.

Grazie, infatti, all’opera magnanima del noto mecenate siciliano Antonio Presti un messaggio a colori ha investito il grigio del cemento simbolo, fino a poco tempo fa, di speculazione edilizia e dell’abusivismo che hanno gravato sul quartiere sin dal suo primo nascere.

L’artista benefattore ha sposato la causa degli abitanti di Librino e, con un colpo di genio di cui solo gli spiriti più profondi sono capaci, ha ribaltato decenni di storia di una comunità scuotendo le coscienze dei Siciliani e non solo.

“Librino è bello” afferma Presti e per convincere anche gli abitanti di questo ha dato vita ad un progetto arduo, forse, ambizioso sicuramente che si snoda in un percorso lungo più di 500 mt e che investe quello snodo viario di collegamento fra la città di Catania e la sua periferia.

Alle foto che ritraggono alcuni fra gli abitanti del quartiere sono stati affiancati i versi sacri del “Cantico delle creature“di S. Francesco.

Una mirabile fusione dove l’immagine viene valorizzata dall’immenso potere della parola. Ad ogni volto un destino. Un destino di riscatto sociale che nella coralità del messaggio universale del Poverello trova la sua giustificazione d’essere.

Le immagini colpiscono per la loro immediatezza comunicativa e per la loro estrema semplicità, le parole si offrono nella loro purezza come “carezze all’anima” a scardinare quelli che sono i pregiudizi presenti nell’immaginario collettivo, nelle gabbie dell’animo umano.

Un’umanità a volte emarginata si pone e si impone al passante inconsapevole e inaspettatamente assurge a dignità artistica ancor prima che umana.

Nella misura in cui l’arte intesa come categoria estetica non può prescindere dalla sua funzione etica. Ora il bello incontra il buono, il sublime. Quel sublime che, per sua stessa natura, è indicibile e che si può cogliere solo con un percorso interiore.

La “fiumara” di volti, termine caro allo stesso Presti che ha voluto intitolare la sua Fondazione “Fiumara d’arte”, appunto, guida lo spettatore profano lungo un percorso iniziatico che attraversa la vita in tutte le sue fasi, approda inevitabilmente alla morte ma, con essa, non muore, anzi rinasce a nuova vita.

Una catarsi spirituale che approda ad un panteismo cosmico di portata universale, la scoperta di quell’Assoluto che è dentro ognuno di noi. Quell’altro che sta di fronte è uno specchio per chi osserva, una parte del nostro stesso cosmo. Ogni micro parte del macro. E’ la legge dell’immanenza, della fratellanza, della tolleranza.

Messaggio politico? Forse!

In un tempo in cui il dibattito sulla globalizzazione infiamma gli animi della politica, su quel cavalcavia si dibatte un tema che è nazionale ed internazionale insieme, universale, appunto,quello dell’integrazione in tutte le sue forme.

Angustamente ancorati ad un’illusoria e limitata apparenza, prigionieri di una mente che se è vero, ed è vero, spesso mente, figli di ipocrisie ideologiche sterili e fuorvianti non troviamo ancora risposta ai mali dell’umanità.

 
 Antonio Presti

Dove la verità intellettuale del sistema?

Nello sguardo degli ultimi un canto che viene da lontano e che, attraverso loro, parla l’universale linguaggio dell’amore, di ogni Dio, nel tempo in cui anche la dottrina si fa sempre più semplicemente disciplina. Il vichiano “parlare eroico” qui si traduce in un messaggio dai toni apparentemente paradossali, quasi eretici.

Ma quanta verità nell’eresia!

Alla “ Bellezza” e al suo immenso potere pedagogico Presti ha affidato la rinascita tout court di un luogo. E Rinascita sia!

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Premiata Chiara Rossi, finalista del PREMIO CENDIC-SEGESTA 2018 PER LA DRAMMATURGIA ITALIANA CONTEMPORANEA

Domenica, 19 Maggio 2019 18:50

Chiara Rossi, Autrice di "UNA LUNGA NUOTATA", è stata premiata lo scorso 17 maggio presso il “Caffè Letterario” di Via Ostiense, 95 a Roma. Per l'occasione alcuni allievi deĺla scuola di recitazione “Angelo Longoni” hanno letto dei brani.

Nel 1986 l’Ente israeliano per la Memoria della Shoah insignì del riconoscimento di Giusto tra le nazioni, un anno prima della sua morte, Chiune Sugihara, unico giapponese ad avere il suo nome inciso nel Giardino dei Giusti del museo Yad Vashem di Gerusalemme, per aver rilasciato - nel 1940, durante l’occupazione nazista, disobbedendo agli ordini di Tokyo - visti di transito per migliaia di Ebrei Lituani in fuga dalla Polonia e da altri paesi dell’Europa orientale.

Da questo spunto, che si staglia sullo sfondo, nasce la pièce teatrale, in cui, a partire dalla figura di Lucio, mai presente in scena, si intrecciano le storie di Dalya, Lucilla e Metella, inconsapevolmente legate da un destino comune, che inciderà per sempre sui loro reciproci rapporti. Dalla lunga nuotata - quale è stata la vita della protagonista - si evince che ogni esistenza influisce sull’altra, e che, al di là di allusioni, illusioni e delusioni, esiste una quinta stagione: quella che appartiene alla scelta di viverla, come ognuno di noi la crea. Nella vita di Dalya, felicità, sofferenza e amore sono accaduti per grazia, avendo potuto scegliere le diramazioni su cui incamminarsi. Sarà per questo che lei afferma nel monologo finale: “Alla soglia degli ottant’anni, mi sveglio e mi scopro allegra” e “Più viva di così non sarò mai”.

Chiara Rossi

Lombarda di nascita, ligure di adozione, laureata quale “Esperto nei processi formativi e in Scienze dell'Educazione degli Adulti e della Formazione continua”, è giornalista pubblicista. Le esperienze professionali sono legate a progetti editoriali e di comunicazione (anche in ambienti no profit), oltre che di consulenza e coaching, nell’ambito della redazione di tesi di laurea in Scienze umane e psico-sociali e writing coaching. Appassionata di scrittura (drammaturgica, cinematografica e narrativa), arti visive, viaggi e musica (nonché di molte altre cose), crede fermamente nel long life learning e nell’utilità dell’Inutile, ossia dei saperi che, pur non producendo guadagno, migliorano l’Uomo. È iscritta al Centro Nazionale di Drammaturgia Italiana Contemporanea (CENDIC), Roma; alla Società Italiana Autori Drammatici (SIAD), Roma; alla Federazione Unitaria Italiana Scrittori (FUIS), Roma; alla Federazione Italiana dei Cineclub (FEDIC) e alla SIAE, sezione DOR (opere drammatiche e radiotelevisive). Fa parte, inoltre, della comunità di autori di www.dramma.it e www.autoriexpo.it (siti nei quali sono pubblicati anche riconoscimenti e pubblicazioni) e membro di SCRIBIOMEMO (gli Scribi di Memoria).

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58. Esposizione Internazionale d'Arte della Biennale di Venezia

Martedì, 14 Maggio 2019 23:43

Che tu possa vivere in tempi interessanti. Che sia vera o meno l’antica maledizione cinese sentita pronunciare da un diplomatico britannico in Cina, a quanto pare mai esistita, poco importa vista l’intenzione dell’arte di trasformare la presunta maledizione in una sfida da affrontare con

 
 Padiglione Austria - Renate Bertlmann (Artedamiani)

entusiasmo.

May you live in interesting times è il titolo della Biennale curata da Ralph Rugoff, direttore della Hayward Gallery di Londra dal 2006, già direttore artistico nel 2015 della XIII Biennale di Lione, dal titolo La vie moderne.

La Mostra è divisa in due presentazioni distinte, Arsenale e Padiglione Centrale ai Giardini, comprende 79 artisti provenienti da tutto il mondo. Da parte sua Ralph Rugoff ha dichiarato: “May You Live in Interesting Times includerà senza dubbio opere d'arte che riflettono sugli aspetti precari della nostra esistenza attuale, fra i quali le molte minacce alle tradizioni fondanti, alle istituzioni e alle relazioni dell'ordine postbellico".

La Mostra è affiancata da 90 Partecipazioni Nazionali negli storici Padiglioni ai Giardini, all’Arsenale e nel centro storico di Venezia.

 
 Padiglione Paesi Nordici (Artedamiani)

La Repubblica Dominicana e la Repubblica del Kazakistan partecipano per la prima volta alla Biennale Arte con un proprio padiglione, mentre sono 4 i paesi presenti per la prima volta alla Biennale Arte: Algeria, Ghana, Madagascar e Pakistan.

Sono 21 gli Eventi Collaterali ammessi dal Curatore e promossi da enti e istituzioni nazionali e internazionali senza fini di lucro. Organizzati in numerose sedi della città di Venezia, propongono un'ampia offerta di contributi e partecipazioni che arricchiscono il pluralismo di voci che caratterizza la Mostra.

Due progetti speciali realizzati dalla Biennale di Venezia: Progetto Speciale Forte Marghera, a Mestre dove Ludovica Carbotta, tr gli artisti presenti all’Esposizione Internazionale, è stata invitata da Ralph Rugoff per un intervento specifico all’interno dell’edificio chiamato Polveriera austriaca.  Progetto Speciale al Padiglione delle Arti Applicate, Arsenale, Sale d’Armi: Marysia Lewandowska è l’artista chiamata a esporre. Il progetto, che si rinnova per il quarto anno consecutivo, è frutto

 
 Andreas Lolis (Artedamiani)

della collaborazione tra La Biennale e il Victoria and Albert Museum di Londra.

 
  Andreas Lolis  2 (Artedamiani)

Il Padiglione Italia alle Tese delle Vergini in Arsenale, sostenuto e promosso dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, Direzione Generale Arte e Architettura Contemporanee e Periferie Urbane presenta la mostra “Né altra né questa: la sfida al labirinto” a cura di Milovan Farronato. La mostra ospita lavori inediti e opere storiche di tre artisti italiani: Enrico David, Chiara Fumai e Liliana Moro.

Il sottotitolo della mostra allude a “La sfida al labirinto” saggio seminale di Calvino del 1962, a cui né altra né questa si ispira. In questo testo l’autore propone un lavoro culturale aperto a tutti i linguaggi possibili e che si senta corresponsabile nella costruzione di un mondo che, avendo perso i propri punti di riferimento 

 
 “Barca nostra” di Christoph Büchel (Artedamiani)

tradizionali non chiede più di essere semplicemente rappresentato.

Molteplici e generosi sono i percorsi e le interpretazioni offerti allo spettatore a cio la mostra affida la possibilità di assumere un ruolo attivo nel determinare il proprio itinerario e mettersi a confronto con le proprie scelte.

Indugiare e non abbiate paura. Non esiste il perdersi, ma solo il tornare sui propri passi ed è legittimo: regredire non significa peggiorare. Godete il senso di un tempo dilatato e non abbiate ansia di dover vedere tutto. Ogni strada si ricongiunge a un’altra, ogni scelta è giusta, non ne esiste una sbagliata. Lo spazio è generoso, offre ossigeno, non è soffocante: si apre, non si chiude.

La mostra è accompagnata da un ciclo di eventi collaterali che si terranno tra maggio e novembre. Nell’ambito della mostra verrà inoltre realizzato un programma di attività educative rivolte ai giovani studenti delle accademie e delle scuole di ballo promosso dalla Direzione Generale Arte e Architettura contemporanee e Periferie urbane del MiBAC.

 

Patrizia Grandis

 

 

 May You Live In Interesting Times

58. Esposizione Internazionale d'Arte

Biennale di Venezia
Venezia, Giardini e Arsenale

11 maggio > 24 novembre 2019

Sito web ufficiale: www.labiennale.org
Hashtag: #BiennaleArte2019 #MayYouLiveInInterestingTimes

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Arte - Nick Solonair

Lunedì, 13 Maggio 2019 08:58

Multiple Artist from West Ukraine, born in Ternopil. Since child he has been always drawings and engraving on wood, creating sensational pieces of human forms in an futuristic way which later on became his own style. Coming to London was his artistic adventure, scouting for new forms and new experiences. Mykola is living and working until now in his studio in Chelsea.

He is been recognised in 2007 one of the best British /Ukrainian rising star in the phantasmagoric world of contemporary art by representatives of the Opera Gallery,one of the most important galleries in the world, in Bond Street signing a three years contract to provide paintings and sculptures and other masterpieces in mix media and formally entering in their international catalogue. Same year he is been accepted as a member of the famous Chelsea Art Club in London were he held quite few exhibitions, among his admirers is famous English pop icon Peter Blake, celebrity photographers John Stoddart, Barry Lategan and Vyacheslav Kostyukov, Soviet rock star Andrey Makarevich, caricaturist Gerald Scarfe, Derrick Stafford, the main influencing teacher of David Hockney, currently living artist which works are the most expensive in the world.

In 2007 is been invited by the Victoria and Albert Museum to show his hand craft techniques by invitation to a valuable only public in the sector. 2015 he was finally exhibiting in his own country, in the Academia of Art of Ukraine in Kiev,where 20 of his fabulous sculptures were appreciated; always in 2015 he was invited for a personal exhibition in the local museum of his birth city Ternopil where he donated 20 pieces of his works like sculptures and drawings and graphic designs. Cosmopolitan press and Media have been writing about him since as well as interviews were given to TV channels.

In 2018 twenty of his sculptures were shown in the Art Gallery of Ternopil in permanent exhibition.

In 2019 one short Movie on his new revolutionary techniques on making clay sculptures was chosen for the Venice Biennale and it will be on till end of June.

His latest exhibition is been held in Rome in Palazzo Velli Expo in Trastevere during the Ukranian Art Festival curated by Marianna Abramova. In this occasion Nick has opened his works to the eternal city and conquered the italian and foreign visitors in the most exquisite way as he is been asked to come back and provide some works for this country.

His latest studies are based on types of collages with special metal gloss light sparkling in all the shades of the rainbow colours, meaning the celebration of life, among symbolism, fantasy and imagination in abstract forms resembling, baby face women, pompous hair for prosperity, health and happiness, shopping with their hand bags, with a long neck searching for something in their life which is all contained in all the are holding in their hands as you can think: passport and mobile phone, car and apartment keys, credit card and money, make up and sunglasses, jewellery and perfume; this the idea that Mykola expressed observing women around the world coming to the conclusion that they are the same, they carry their life in their hand bag: you can see woman not all the time carrying a baby but you can see them carrying a bag all the time.

One of the biggest collector of his works is Royal Prince of France Robert D'Orleans, Compte de la Marche.



lady Fiorella Bellagotti

 

Nick Solonair

Questo artista poliedrico e' nato a Ternopil nell'Ucraina Occidentale. Sin da bambino disegnava e scolpiva il legno creando pezzi sensazionali con forme umane in modo futuristico, quello che poi contrassegnerà il suo stile.

Giunto a Londra, inizia la sua avventura artistica, qui viene a contatto con nuove forme e nuove esperienze e qui Mykola vive e lavora nel suo studio di Chelsea ancora oggi. Nel 2007 e' stato riconosciuto una delle migliori stelle emergenti Ucraino/Britannico,nel mondo fantasmagorico dell'Arte contemporanea, dai maggiori esponenti dell'Opera Gallery, una delle più importanti gallerie del mondo; a Bond Street dove firma un contratto triennale con il compito di produrre una serie di quadri e sculture e vari moduli di avanguardia, entrando ufficialmente nel loro catalogo internazionale. Nello stesso anno è accettato quale membro del Chelsea Art Club di Londra dove espone saltuariamente, tra i suoi ammiratori notiamo l'icona pop inglese Peter Blake, celebri fotografi quali John Stoddart, Barry Lategan e Vyacheslav Kostyukov, la rock star Sovietica Andrey Makarevich, il caricaturista Gerald Scarfe, Derrick Stafford, colui che ha influenzato con i suoi insegnamenti, il famoso artista vivente le cui opere sono le più costose al mondo, David Hockney.

Nel 2007 e' invitato dal Victoria ed Albert Museum londinese a esporre le sue nuove tecnologie scultoree ad un selezionato pubblico molto importante nel settore.

Nel 2015 finalmente è invitato ad esporre 20 delle sue migliori sculture, che verranno poi molto apprezzate con una mostra personale nel suo paese, all'Accademia Di Arte di Ucraina a Kiev. E sempre nel 2015 ha esposto nella Galleria Nazionale della sua Città di origine molte opere, donandone una ventina di pezzi a questo Museo tra disegni, grafiche e sculture. Da questo momento la stampa internazionale,

 
 Nick Solonair with Free Lance International Press President Virgilio Violo

media e canali TV si sono interessati a questo artista con entusiasmo. Nel 2018 venti delle sue sculture sono state esposte in una permanente a Ternopil.

Nel 2019 un documentario sulle sue tecniche rivoluzionarie sulle sculture in argilla è stato scelto per essere presentato alla biennale di Venezia aperta fino alla fine di giugno.

La sua ultima mostra si e' svolta a Roma a Palazzo Velli, Expo in Trastevere durante il festival Di Arte Ucraino curato da Marianna Abranova. In questa occasione Mykola si e' aperto alla città eterna ed ha conquistato i visitatori italiani e stranieri con estrema squisitezza per lcui gli e' stato chiesto di tornare e portare nuovi capolavori nel nostro paese.

I suoi studi più recenti si basano su tipi di collage fatti con luci metalliche speciali che brillano di tutti i colori dell'arcobaleno, a significare la celebrazione della vita tra simbolismo, fantasia ed immaginazione; le sue forme astratte che si esplicano in volti di donna bambina, dai capelli voluminosi raffiguranti prosperità, salute e felicità, con in mano le loro borsette, dal lungo collo, alla ricerca di un qualcosa nella loro vita che e' contenuto tutto nelle loro mani e che può farti pensare: passaporto e cellulare, chiave di casa e della macchina,carte di credito e soldi, trucco ed occhiali da sole, gioielli e profumo; questa e' l'idea che Mykola esprime osservando le donne nel mondo, arrivando alla conclusione che sono tutte uguali, portano la loro vita nelle borsette: si può vedere che non sempre una donna porta un bambino ma si può vedere che sempre porta la sua borsetta. Uno dei più grandi collezionisti dei suoi lavori è il Principe Reale di Francia Rodert D'Orleans, Compte de Marche.

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Natale di Roma - ascensione al Monte Sacro - Giorgio Vitali (video)

Martedì, 30 Aprile 2019 08:37
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Media

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Roma: palazzo Barberini - il nuovo allestimento dei capolavori del Settecento

Domenica, 14 Aprile 2019 00:25
 
 Canaletto, Venezia, Rialto

Dal 12 aprile 2019 le Gallerie Nazionali di Arte Antica si presentano al pubblico con un nuovo allestimento delle 10 sale espositive nell’Ala sud del piano nobile di Palazzo Barberini, restituite tre anni fa dal Ministero della Difesa che le aveva in gestione da più di ottant’anni.

Dopo un accurato restauro, l’Ala sud ha accolto da maggio a ottobre 2018 Eco e Narciso, la mostra prodotta dalle Gallerie Nazionali in collaborazione con il MAXXI, che metteva a confronto arte antica e arte contemporanea con opere provenienti dalle collezioni dei due musei nazionali.

Queste sale, per un totale di 750 mq di nuovo spazio espositivo, diventano definitivamente parte integrante del nuovo percorso museale con 78 opere esposte secondo un nuovo progetto allestitivo, un nuovo impianto di illuminazione, una nuova grafica, nuovi apparati, pannelli e didascalie. Il tutto al fine di rendere più visibile e leggibile il percorso di visita del museo.

Si potranno vedere le opere che vanno dal Seicento napoletano alla collezione settecentesca, con i ritratti, le vedute, i pittori del Grand Tour e i dipinti della donazione Lemme.

Sarà l’occasione per scoprire o riscoprire capolavori che non si vedevano da tempo, opere recentemente restaurate e dipinti esposti raramente come la Giuditta e Oloferne di Francesco Furini, le monumentali tele degli Apostoli realizzate da Carlo Maratti per il cardinal Antonio Barberini, le vedute di van Wittel, appena

Guido Cagnacci, Maddalena

restituite alla loro originaria, smagliante luminosità.

Inoltre alcune sale, in particolare quella della Pittura napoletana e quella dedicata a Pompeo Batoni, saranno oggetto di un avvicendamento semestrale di alcune opere (Bernardo Cavallino, Salvator Rosa, Francesco Solimena, Massimo Stanzione, Pompeo Batoni, Pierre Subleyras) al fine di esporre più opere – da ottobre infatti saranno 82 – senza alterare l’impianto dell'allestimento.

Si potrà ammirare nella sua completezza la raccolta di dipinti donata da Fabrizio e Fiammetta Lemme nel 1998: una serie notevole e coerente di 21 modelli di presentazione (i bozzetti finali che i pittori presentavano ai committenti per l'approvazione, prima dell'esecuzione materiale dell'opera vera e propria) di opere realizzate per alcune tra le più importanti imprese decorative della Roma del XVIII secolo, con opere, fra gli altri, di Giuseppe Chiari, Sebastiano Conca, Domenico Corvi e Pier Leone Ghezzi.

Le Gallerie Nazionali di Palazzo Barberini riacquistano così un nuovo respiro e un rinnovato equilibrio: i visitatori potranno finalmente apprezzarne le opere e gli spazi in tutta la loro ampiezza, da un capo all’altro, dallo scalone di Bernini a quello di Borromini. E questo è solo l’inizio, in attesa di ritrovare così rinnovate il prossimo

Pompeo Batoni, Agar

autunno anche le sale dei pittori caravaggeschi.

Molte le iniziative collaterali previste: visite animate ai capolavori dell’Ala sud per bambini di 5-12 anni e famiglie, tutte le domeniche alle ore 11.30 dal 14 aprile fino al 30 giugno e il 1° maggio, stesso orario. Per info: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..

Inoltre, per tre sabati, il 13, il 27 aprile e l’11 maggio, alle ore 16.30, alcune delle opere esposte saranno oggetto dell’iniziativa Museo Adagio, un progetto di slow art per vivere l’arte con lentezza, contemplazione e condivisione, per osservare i capolavori con maggiore attenzione e consapevolezza. Per info: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..

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Antonello da Messina a Milano

Sabato, 06 Aprile 2019 23:12

Inaugurata il 21 febbraio a Milano,dall’assessore dei Beni culturali della Regione Siciliana, Sebastiano Tusa, dal sindaco lombardo Beppe Sala, alla presenza di Vittorio Sgarbi, la mostra dedicata ad Antonello da Messina, l’artista siciliano che ha dato vita ad un corpus di opere fra cui spicca per dovizia di cura, ingegno ed estro artistico una tra le opere più seducenti della storia dell’arte di tutti i tempi: l’Annunziata.

Così come una bella signora di provincia, senza troppi orpelli, la Vergine lascia gli angusti vicoli arabi della Kalsa di Palermo, dov’è esposta a Palazzo Abatellis (sede della Galleria Regionale) per fare il suo ingresso nel capoluogo milanese.

Sono le 5 del pomeriggio quando il camion dei trasporti eccezionali fa il suo ingresso nel cortile di Palazzo Reale a Milano accompagnato dalla scorta armata. A bordo, in una piccola cassa di legno, custodito quasi come una reliquia sacra, il magnifico ritratto del pittore siciliano. Hanno accompagnato la Madonna, nel volo di linea PA-MI, Evelina De Castro, direttrice di Palazzo Abatellis e Franco Fazzi, restauratore che hanno fatto notare la fragilità di una pittura su legno che non vede ritocchi dal 1941.

Nonostante il decreto di inamovibilità voluto dall’ex assessore ai Beni culturali Maria Rita Sgarlata che grava sull’opera e nonostante fosse in corso proprio al Museo Regionale che ospita l’opera una mostra su Antonello con opere provenienti da tutta la Sicilia, dagli Uffizi e dalla Romania, alla fine la controversa questione si è risolta a favore dei milanesi.

 

Decisive comunque le trattative di carattere economico che sono risultate vantaggiose per la Regione Sicilia e il “baratto” con alcune tele sulla ritrattistica del 900 che hanno operato il dietro front del Presidente della Regione Nello Musumeci .

Così, concessa “in extremis”, l’opera è stata assicurata per un valore di 60 milioni di euro e rappresenta indubbiamente il pezzo clou della monografica curata da Giovanni Villa.

La mostra che si protarrà fino al 2 giugno prossimo, grazie al prezioso “prestito”, con molta probabilità riuscirà a battere tutti i record di Palazzo Reale: dopo solo 5 giorni dall’apertura delle prenotazioni, infatti, si sono già registrate 11 mila possibili presenze.

Questa “Madonna col libro avanti”, come ebbe a definirla Marco Boschini, con il suo sguardo ipnotico, diventa, per l’occasione,” ideale ponte di bellezza fra due grandi capitali di cultura, Milano e Palermo”. Queste, in buona sostanza, le parole del sindaco Sala.

Il rapporto simbiotico che lega quasi sempre indissolubilmente l’artista alla propria opera, in questo caso, sembra incarnarlo persino nelle vicissitudini a cui sia l’opera che il suo creatore sono andati incontro. Dell’autore, “Antonellus Messanensis”, com’era solito firmarsi, infatti, pochissime sono le notizie pervenute. Circondata da un’aura di mistero la sua vita a causa della mancanza di notizie perché tracce e documenti relativi sono stati distrutti o dispersi nei terremoti. Così pure la sua tomba. Però fonti accreditate narrano di un “pictore ceciliano” che Galeazzo Maria Sforza avrebbe , a un certo punto voluto alla Corte di Milano.

 

“Pictor non umano” scrisse di lui il figlio, mentre era ancora in vita, proprio a voler sottolineare come fosse già evidente questo suo talento capace di superare gli umani limiti.

E così anche la sua opera eccelsa: datata 1475/76, sopravvissuta a catastrofi, calamità, incursioni di popoli stranieri, in una terra che è stata territorio di conquista sin dalle sue origini, rimane nell’oblio per secoli fino al 1860 circa quando lo studioso Giovanni Battista Cavalcaselle compie il suo viaggio in Sicilia. Come i molti paradossi di cui solo la storia dell’arte e della sua critica sono capaci, il capolavoro, oggi universalmente riconosciuto, rimane ignoto per circa 400 anni quando salta fuori il nome di questa Vergine legato forse ad Antonello da Messina.

Ignota la modella, ignota la committenza, innegabile la bellezza.

La ragazza siciliana, dal volto olivastro, dai lineamenti leggeri e raffinati, è di fronte a noi ma il suo sguardo non sembra incrociare il nostro.

Perché?

Perché i due occhi scuri guardano altrove.

Non è solo lo sguardo timido di una ragazza che non si sente ancora pronta ad affrontare il proprio destino, è di più: il punto di fuga è verso il basso perché la Vergine sta contemplando  un’assenza annunciata. Antonello ha stravolto i canoni consueti fino a quel momento, ha reinventato l’iconografia dell’Annunciazione ponendo l’Arcangelo nella stessa posizione dello spettatore.

In questo ribaltamento del punto di vista il colpo di genio del pittore.

L’osservatore è contemporaneamente fuori e dentro l’opera.

Spettatore e protagonista nello stesso tempo.

Un dialogo silenzioso, una presenza non rappresentata, l’umano e il divino che si fondono, che si confodono in una dimensione catartica e soprannaturale.

Perché il miracolo della Vergine, per chiunque abbia avuto il privilegio di ammirarla, sta proprio in questo: nella catarsi che si avverte a prescindere da ogni dogma di fede.

Perché la Vergine di Antonello è come la contemporanea opera di Mantegna, Il Cristo morto che non è solo il Cristo dei Cristiani è il Cristo di tutta l’umanità.

E le opere d’arte sono le testimoni ignare, innocenti di questo miracolo, esse sono la nostra memoria, la nostra identità, l’ultimo baluardo di difesa contro ogni possibile barbarie.

E cosa dire poi di quelle mani, “le mani più belle che io conosca dell’arte” per usare le parole di Roberto Longhi che così le definì nel 1912.

Una mano che nel suo gesto enigmatico sembra racchiudere tutto il significato di un’opera apparentemente semplice ma fondamentalmente complessa.

La Vergine sa a che cosa è chiamata e il gesto istintivo della sua mano cerca di fermare l’Angelo ma al contempo il suo sorriso è sereno e pacato già quasi divino.

Che possa l’arte insieme alla sua Madonna compiere oggi il miracolo di “muovere le folle”, cosa dove peraltro sembra stia riuscendo alla perfezione.

 

 

Emilia Di Piazza

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Leonardo a Roma

Venerdì, 22 Marzo 2019 04:06
 

Leonardo da Vinci, S. Girolamo penitente, 1482 ca.,
olio su tavola, cm. 103x75,
Musei Vaticani, Città del Vaticano. 

Mentre per volere di papa Giulio II della Rovere Michelangelo stava affrescando la volta della Cappella Sistina (1508-1512), Raffaello stava decorando le stanze dell’appartamento papale (1508-1517) e Bramante, a partire dal 1506, stava contemporaneamente distruggendo la vecchia e costruendo la nuova basilica di S. Pietro, a Roma, c’era anche Leonardo.

Documentazione figurativa di tutte queste presenze e accadimenti, è l’istantanea ideale che Raffaello ha scattato, tramandandoci i ritratti dei protagonisti nell’affresco della Scuola di Atene nella Stanza della Segnatura, la più importante delle Stanze di Raffaello in Vaticano. Proprio nel centro dello schieramento dei filosofi, Platone, il dito puntato verso il mondo delle Idee e il Timeo nell’altra mano, tradizione vuole, che abbia il volto di Leonardo.

Un documento dell’Archivio Storico della Fabbrica di S. Pietro certifica la presenza del maestro, chiamato in Vaticano, più come ingenere e scienziato, che come artista, proprio per la costruzione della basilica.

Tale documento, è esposto presso il Braccio di Carlomagno, terminazione di una delle ali del Colonnato berniniano, insieme al S. Girolamo penitente di Leonardo.

In occasione delle celebrazioni dei cinquecento anni dalla morte del genio del Rinascimento, l’unica opera di Leonardo nelle collezioni dei Musei Vaticani, solitamente esposta nella Pinacoteca, è offerta gratuitamente alla fruizione dei visitatori, turisti e pellegrini.

Il percorso ha inizio con i pannelli che riportano la biografia dell’artista, da una parte la cronologia, dall’altra la versione del Vasari.

In una teca il documento della Fabbrica di S. Pietro, dall’altra il video realizzato dai Musei Vaticani, che racconta la presenza di Leonardo a Roma e, in particolare, in Vaticano.

Si affrontano poi i pannelli che narrano la storia e le vicissitudini dell’opera: una vita avventurosa e ancora enigmatica, per quello che riguarda la committenza e, soprattutto, la datazione certa.

Quindi le indagini, scientifiche e di restauro, ma anche iconografiche, tecniche e stilistiche. Il non finito, lo sfumato, la ricerca naturalistica nel paesaggio, ma anche nelle dissezioni anatomiche, tutto emerge in questa singola opera, che richiama per analogia gli altri capolavori del maestro. Infine, un pannello è dedicato a S. Girolamo, le notizie sul padre della Chiesa, vengono dalla voce autorevole di Bendetto XVI, tratte da due testi delle consuete udienze del mercoledì, del 7 e del 14 novembre del 2007.

La mostra in Vaticano può fare da prologo o completamento a Leonardo da Vinci. La scienza prima della scienza, in corso, sempre a Roma, alle Scuderie del Quirinale. Anche in questo caso, come è stato per la chiamata di Leonardo in Vaticano, non è all’artista che ci si rivolge, quanto all’ingegnere e allo scienziato.

 
 Leonardo da Vinci, studio di due mortai che lanciano proiettili esplosivi, 1485.
Codice Atlantico f.33r. Milano Veneranda Biblioteca Ambrosiana.

L’esposizione è incentrata sulle riproduzioni delle macchine inventate dal genio toscano, provenienti dal Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia «Leonardo da Vinci» di Milano. L’originalità della mostra, non è tanto nell’esposizione delle macchine, per quanto in relazione con i disegni del maestro conservati nel Codice Atlantico della Biblioteca Ambrosiana, pure presentati al pubblico, quanto nel tentativo di ricostruzione di una possibile biblioteca a lui appartenuta. Oltre ai dieci fogli del Codice Atlantico è presente l’unico libro con annotazioni autografe dell’artista, il Trattato di Architettura di Francesco di Giorgio Martini della Biblioteca Laurenziana.

È proprio ai manoscritti e agli stampati che è affidato il compito di ricostruire l’ambiente culturale dell’epoca. I temi del dibattito culturale, non ancora settorializzati, ma in dialogo profiquo tra discipline differenti e, seppure disparate, non così lontane e separate, emergono e si dipanano lungo l’esposizione, che segue anche la periodizzazione biografica.

La prima sezione è dedicata agli ingegneri toscani sulla cui professionalità e maestria Leonardo si è formato.

Segue lo studio dell’Antico e Leonardo è già a Milano, siamo nel 1482. Il dibattito tra pianta centrale e pianta a croce latina nell’architettura delle chiese e la sovrapposizione-combinazione delle due, lo porterà a Roma per la nuova S. Pietro.

Quindi l’invenzione della prospettiva. Poi la sezione delle città ideali e vie d’acqua. Tra i manufatti che più attirano l’attenzione, i portelli originali della chiusa di S. Marco del Naviglio di Milano, ancora in uso fino al 1929. I teatri di macchine poi ci conducono nel mondo dello spettacolo con gli apparati scenici.

Quindi la parte dedicata alla biblioteca di Leonardo, seguita dall’arte della guerra. La mano felice del maestro rende quasi leggiadre queste macchine da distruzione, come nel disegno dal Codice Atlantico, Studio di due mortai che lanciano proiettili esplosivi del 1485. Le macchine da offesa lasciano poi il campo a quelle dal fascino avveniristico e visionario del volo.

La mostra si chiude con la sezione dedicata al mito di Leonardo che continua ad affascinare ed ispirare, così che queste celebrazioni del Cinquecentenario della morte, ce lo fanno sentire quanto mai vivo e presente.

Approfondimenti sono previsti dalla programmazione degli incontri Leonardo in città che vedrà protagonisti gli studiosi specialisti di Leonardo come Pietro Marani e Martin Kemp.

Accompagna la mostra il catalogo edito da arte’m l’Erma di Bretschneider. La bellezza di manoscritti e stampati, solitamente tesori poco visibili in mostra, sia per la scarsa conoscenza, legata anche alla giovinezza della codicologia, disciplina che studia l’aspetto materiale di tali opere, sia per la fragilità e conservazione delle stesse, è esaltata dalle foto a piena pagina. Le didascalie sono generose e puntuali, anche e soprattutto quelle riguardanti manoscritti e stampati, dove è riportata oltre agli incipit e la presenza di fogli di guardia, anche la bibliografia di riferimento, come la descrizione codicologica prevede e vuole.

 

 

Leonardo.

Il S. Girolamo dei Musei Vaticani

22 marzo-22 giugno 2019

Città del Vaticano, Piazza S. Pietro, Braccio di Carlomagno

Ingresso gratuito

Orari: Lunedì, martedi, giovedì, venerdì e sabato dalle 10.00 alle 18.00

Mercoledì dalle 13.30 alle 18.00

Domenica chiuso

Info: www.museivaticani.va

Leonardo da Vinci.

La scienza prima della scienza

13 marzo-30 giugno 2019

Roma, Scuderie del Quirinale

Ingresso intero €.15,00

Orari: da domenica a giovedì dalle 10.00 alle 20.00

Venerdì e sabato dalle 10.00 alle 22.30

Info: www.scuderiedelquirinale.it

Catalogo arte’m l’Erma di Bretschneider €.35,00

 

 

Elena Sidoni

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All'hotel Hassler di Roma un libro per Cabss Onlus, associazione per bambini sordociechi.

Mercoledì, 06 Marzo 2019 16:56

Party per i 125 anni dell’Hotel Hassler di Roma Spunta un libro, i cui diritti verranno devoluti a CabssOnlus, associazione per bambini sordociechi.

 

 

“Il Grande silenzio è stato il mio primo compagno di giochi”. E’ titolo del libro di Roberto Wirth, nato sordo profondo e proprietario di una delle più prestigiose location di Roma l’Hassler hotel. “un abbraccio affettuoso e terribile, la sordità, – commenta Wirth - che non mi ha mai abbandonato”. Il testo edito da Newton Compton Editori, autobiografico, racconta le strategie utilizzate per raggiungere il successo nonostante la disabilità, con un lieto fine. “la sordità non da segni evidenti – spiega l’honer dell hotel - ma nonostante tutto io c’è l ho fatta”. Dopo aver combattuto i tabù delle persone e anche quelli purtroppo dei suoi familiari, da un deaf infondo cosa ci si può aspettare? Wirth raggiunge i suoi obiettivi, si laurea presso prestigiose università americane(es. john cabot university), crea l’associazione la CabssOnlus - centro di assistenza piccoli sordociechi - e diventa manager dell’ hotel Hassler invidiato nel mondo, che gli vale un premio “Campidoglio per l’Economia” consegnato dall’ex Sindaco Walter Veltroni .

 

 

L’albergo situato a due passi dalla scalinata di piazza di Spagna, nel cuore di trinità dei monti,a due passi dall’accademia francese, da sempre meta di personaggi illustri e stelle del cinema. Oggi il palazzetto dell’800 è l’esempio di una parabola esistenziale ,dove gli sforzi e la tenacia hanno vinto, costruendo un luogo intimo e riservato. Nel 1975 Wirth raccoglie l’eredità della sua dinastia (ndr famosi albergatori svizzeri) e lo trasforma con dedizione in uno dei migliori hotel di Europa. Poi nel ‘90 diventa proprietario. E’ allora che rivoluziona e vivacizza l’hotel. Lo trasforma in una location ambita per chi soggiorna nella capitale, con un servizio di notevole livello. Ma i segreti dell’hotel sono custoditi tra le pareti e i mobili. Campeggiano in giro foto dei sorrisi e strette di mano di re, presidenti, statisti e star di hollywood che hanno incrociato la vita di Mr Wirth e del suo Hotel. Così lo vediamo passeggiare con la principessa Lady Diana, stringere la mano al Re Juan Carlos di Spagna, in compagnia nella terrazza dell’hotel con l’ex presidente USA Bush o accanto ad Helmut Kohl, Bill Gates felice sotto i grandi occhiali a sfera. Cinque generazioni sono passate ma il palazzetto è più che mai attivo e aperto alla città. Pochi mesi fa, infatti, importanti festeggiamenti hanno celebrato i suoi 125 anni (dal 1893 al 2018). Tra champagne Pommery , musica, happening e buon cibo (la torta di compleanno era spaziale, sei strati decorati con tartarughe dorate). Tanti ospiti al rendez-vous tra cui il conduttore televisivo Bruno Vespa, il vice sindaco capitolino Luca Bergamo, l’ex sindaco Gianni Alemanno, il diplomatico Mario Vattani. Anche loro risucchiati dalla storia dell’Hassler.

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La scultura di papa Ratzinger “ Habemus Hominem” di Jago in mostra a Roma presso Palazzo Doria Pamphilj

Venerdì, 01 Febbraio 2019 23:45

L’Arte diventa multiproprietà grazie alla piattaforma ADA e la start up Feral Horses

 

La scultura di papa Ratzinger “ Habemus Hominem” di Jago in mostra a Roma presso Palazzo Doria Pamphilj fino a marzo 2019 nata con un Dremel.

 

 

L’opera è dentro il museo, in piattaforma, in start up e vendibile a futuri clienti. Quanti? Tutti quelli che vogliono comperarla per almeno dieci anni.  Oggi esiste la multiproprietà dell’arte. Come? con l’acquisto semplice di quote azionarie sulla piattaforma art adivisor Ada e la start up Feral Horses. E’ iniziata infatti la compravendita delle opere artistiche alla portata di tutti . Un esempio? La scultura Habemus Hominem , del giovane artista Jago, divisa in 10.000 quote di proprietà del valore di euro 20,50 ciascuno - le quali possono essere vendute sul mercato in qualsiasi momento - in esposizione fino alla fine di marzo nella stanza del trono – impreziosita di quadri - dell’ autorevole Palazzo dei Doria Pamphilij di Via del Corso a Roma.

“Con un Dremel ho creato l’opera Habemus Hominem - dice l’artista trentenne poliedrico Jago di Anagni – l’arte e stupore e coraggio”. L’artista autodidatta , in grado di manipolare il marmo, spiega di non avere un modello particolare a cui tendere, eppure, le sue opere trasudano dell’influenza dei maestri della tradizione tra cui lo scultore napoletano del “il cristo velato” prova ne è la prossima esposizione in America di una sua scultura “il bambino velato”. Al tempo del web Jago non usa lo scalpello per liberare il marmo di un precedente lavoro - rifiutato dal Vaticano - ma uno strumento di precisione: il risultato è suggestivo. Come per Michelangelo la pietra è libera ed emerge una scultura dai rilievi sottili delle vene, dalle rughe affiliate come una garza trattenuta sulla schiena curva, da uno sterno non più vigoroso con le clavicole scarnificate. Tutto sembra vivo in questa opera marmorea. Un Papa umano da dove evapora sofferenza. Non più ieratico e chiuso nel suo ruolo ufficiale ma dal volto in fine umano, un

 
 lo scultore Jago Cardillo

individuo avviluppato si dal dolore, dentro un corpo scarno segnato nel volto dal patimento, con le mani tra loro strette nervosamente, ma autentico. Forse prega? Il Papa è nudo, colto nel momento più tragico della sua vita: le dimissioni da Santo Padre. “Quest’ opera rappresenta il travaglio di un uomo - spiega la storica dell’arte Benedetta Maria Teresa critica d’arte - prigioniero delle vicende” .

 

 

Mostra :

Periodo dal 26 gennaio al 24 marzo 2019

Luogo appartamenti privati palazzo Doria Pamphilij Via del Corso 305 Roma

Apertura da martedì a domenica orario 10.00/19.00

Info 3346633660 Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Biglietto 14,00 euro

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Capri revolution: Mario Martone ci presenta DIEFENBACH, straordinario pittore e pensatore naturista e pacifista.

Martedì, 08 Gennaio 2019 03:57

           

 
 

          Karl Wilhelm Diefenbach   
 
Du sollst nicht töten (Non uccidere)

Ha senza dubbio ragione Roberto Saviano quando, a proposito dell’ultimo film di Mario Martone, Capri revolution, parla di un grande regalo. Soprattutto, credo, per il fatto di averci permesso di entrare in contatto con la splendida figura di un intellettuale scomparso all’inizio del XX secolo, il pittore Karl Wilhelm Diefenbach (Hadamar, 21 febbraio1851 – Capri, 15 dicembre1913). Figura splendida davvero, in quanto libero pensatore di chiaro orientamento teosofico, sostenitore di ideali agapici ed irenici, praticante uno stile di vita coerentemente antimaterialista e anticonsumista, ispirato ad una profonda sintonia con la natura, e, pertanto, convinto sostenitore del vegetarianesimo inteso come scelta autenticamente rivoluzionaria, capace di mettere radicalmente in discussione ogni ideologia antropocentrica e ogni strategia comportamentale basata sul credo dogmatico del dominio della forza e sulla negazione del principio dell’unità cosmica e del valore della compassione. Figura di artista filosofo dalla originale vena creativa impregnata di suggestioni romantico-decadenti, che vanno da Caspar David Friedrich ed Arnold Böcklin a Giovanni Segantini e a Gaetano Previati, e in cui si riverberano echi di altri grandi spiriti ribelli nonviolenti,

 
 

-          Karl Wilhelm Diefenbach  
      
Il Tramonto

disobbedienti e anticonformisti, da Henry David Thoreau a Lev Tolstoj.

E veramente dobbiamo ringraziare Martone per aver ripescato dagli oceani dell’oblìo un personaggio così potentemente capace di suscitare tante stimolanti riflessioni critiche non soltanto sul mondo del suo tempo (quello precipitato nella abissale mattanza della Grande guerra), ma anche su quello attuale, sempre più sprofondato nelle sabbie mobili dell’ipocrisia, dell’ingiustizia e della violenza contro i più deboli e l’intera vita planetaria.

Ed è un vero peccato non poter considerare la pur pregevole opera di Martone pienamente riuscita. Al contrario di quanto afferma Saviano, che ci parla di un film “talmente fluido che quasi ci si dimentica che è un film”, l’opera non risulta certo priva di difetti. Meglio sarebbe stato, infatti, evitare, prima di ogni altra cosa, la asfissiante quanto insensata sovrabbondanza di sottotitoli. E certamente meglio avrebbe fatto Martone a concedere più spazio all’estetica spiritualista di Diefenbach, sia nelle sue componenti teoretiche che in quelle poietiche, magari alleggerendo la narrazione filmica di qualche boschiva danza notturna. Incomprensibile, poi, il fatto di ignorare totalmente la reale (e meravigliosa) produzione pittorica di Diefenbach, con l’effetto (voluto?) di farlo apparire come un pittore informale e materico, più vicino a un Alberto Burri piuttosto che a simbolisti come Gustave Moreau e Giulio Aristide Sartorio. E molto discutibile (e anche piuttosto irritante) risulta poi il fatto che, tramite la figura del bel dottorino rivoluzionario, si finisca per individuare nel movimento socialista il più tenace e convinto teorizzatore e sostenitore dell’interventismo bellicista.

Al di là delle riserve qui espresse, comunque, il film risulta sicuramente apprezzabile, soprattutto, direi, per la forte passionalità lirica e ideologica che lo attraversa.

Menzione particolare, infine, merita senza alcuna esitazione Marianna Fortuna, vero fulcro della vicenda narrativa, ammirevole per intensità espressiva, oscillante fra slanci delicatamente poetici ed esuberanti grintosità.

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Roma - a Casal Bertone la mostra: " Il Presepe di Sabbia" (video)

Sabato, 05 Gennaio 2019 01:01

Dal 22 Dicembre 2018 al 6 Gennaio 2019, nel quartiere di Roma di ''Casal Bertone'' in via Morozzo della Rocca n.5, e' in mostra il ''Presepe di Sabbia'', promosso e realizzato dall'Accademia della Sabbia sotto la direzione artistica di Paolo Fontecchia e Antonio Molin. Il Presepe è situato sotto un piccolo edificio in una grotta scavata nel tufo e coperta da una volta di mattoni, sicuramente usata da cantina. Il presepe e' stato costruito con 120 quintali di sabbia, prelevata da un sedimento depositato dal fiume Tevere nel pliocene alla fine dell'ultima era glaciale. Sabbia molto fine e pulita, ottima per la realizzione dell'opera.

Siamo andati ad intervistare Paolo Fontecchia dell'Accademia, il quale ci ha raccontato lo sviluppo della scultura e le sue caratteristiche.

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Magici incontri del Natale a Roma tra il sacro e profano

Sabato, 29 Dicembre 2018 19:38

L’ iniziativa di Allianzbank -   Certe volte la presenza in un luogo inconsueto di enti diversi che in genere non hanno occasione di incontro per la loro differente attività professionale, determina un proficuo risultato che diversamente non sarebbe stato raggiunto.

Quando ciò accade, naturalmente a ragion veduta, il fatto di trovarsi insieme dà luogo assai spesso a piacevoli sorprese. Questo succede in quanto gli uni e gli altri in occasione dell’incontro, esprimono un punto di comune interesse per il quale tutti si sentono coinvolti, soprattutto dal punto di vista emotivo.

Il riferimento in questione è quello di un grande gruppo finanziario/assicurativo, quale Allianzbank della sede romana di via Piemonte, che ha organizzato un incontro tra amici e conoscenti con un gruppo musicale della capitale, Soul Singers riuniti per un concerto nella dirimpettaia basilica di San Camillo de Lellis lo scorso 20 dicembre, in occasione dello scambio di auguri per le festività natalizie.

Il gruppo musicale in questione esprime per la preparazione dei propri orchestrali, coro, solisti e direttore d’orchestra un folklore culturale arricchito dalla valenza dei singoli artisti oltre che dalla scelta dei brani musicali molti dei quali di tradizione americana a cui tutti hanno dato una convincente rappresentazione dei ruoli interpretati.

 

Il gruppo musicale Soul Singers - I molti giovani che costituivano il gruppo musicale, hanno saputo improntare un incontro di voci e toni diversi nella ottima sonorità acustica della Basilica di San Camillo. Il canto e la musica ha magistralmente accompagnato il ritmo dei brani interpretati anche con elementi di jazz e swing; mentre il coro ha amalgamato le varietà dei propri componenti: da adulti maschi e femmine, fino ad un piccolo gruppo di voci bianche. In altri termini, l’intero contesto musicale, compreso i giovanissimi artisti, ha destato l’ apprezzamento dei presenti.

Si tratta di canti corali soprattutto natalizi estratti un po’ ovunque nel mondo dalle varie regioni in tempi attuali e lontani, che hanno lasciato una traccia musicale indelebile.

I Soul Singers hanno formato i punti focali del loro show con queste piccole grandi opere tradizionali, che hanno adattato alla loro espressione musicale di virtuosismi e variazioni sul tema.

I brani infatti, sono stati validamente riproposti nella sonorità acustica della basilica che ha fatto da cassa di risonanza agli strumenti e alla voce dei protagonisti creando maggiori sfumature. I brani musicali che si sono avvicendati hanno ricalcato il carattere natalizio, così come era nell’aria e come tutti quanti potevano attendersi, ma quanto all’esposizione, all’arrangiamento e all’impostazione canora che il gruppo Soul Singers ha saputo dare, questo è stato una gradevole sorpresa.

 

I virtuosimi musicali - Vale quanto detto, per l’orchestra che sotto la efficace direzione femminile ha saputo ritmare con particolare sensibilità i canti corali e dei vari artisti che alternativamente scambiavano i loro interventi musicali; ciò vale per gli stessi protagonisti che con la loro voce hanno ripresentato i vecchi motivi natalizi in un susseguirsi di brani di qualche minuto ciascuno, tanto che è stato possibile gustare proprio per la limitatezza della loro singola esposizione, i virtuosismi musicali che sono state presentati.

Si tratta di noti brani natalizi con i quali i Soul Singers hanno iniziato per rompere il ghiaccio si fa per dire, con ritmi abbastanza sostenuti, tanto da pensare a un particolare accordo musicale tipico delle rappresentazioni diciamo… elettrizzanti, ma ciò invece era dovuto soltanto all’intensità partecipativa dei cantanti e del gruppo con coro che si è avvicendato nella prima parte dei canti di Natale.

 

I nuovi talenti - Sarebbe troppo lungo elencare quasi venti esecuzioni nelle quali si è avvicendato persino un piccolo gruppo di bambini che hanno interpretato la loro parte con le voci bianche. Anche questi piccoli artisti sono stati proficuamente incastonati nel contesto musicale delle voci adulte e che proprio per questa variazioni di toni, hanno espresso una gamma di coralità molto estesa e molto piacevole, tanto da prevedere per loro un prossimo alzo artistico della asticella.

Vi era tra il coro delle voci bianche un bambinello dai capelli neri, disinvolto nei modi, con una voce squillante e intonata. È stato gradevole osservare, il suo coinvolgimento spontaneo da piccolo artista, anche quando non cantava nel coro dei bambini. Si poteva infatti osservare in lui quell’impercettibile movimento del ginocchio al ritmo dell’orchestra, che alludeva alla sua naturale predisposizione musicale.

“Mary ha a baby” - Tra i vari testi eseguiti ve ne è uno, tra una ventina dell’intera rappresentazione, che vorremmo commentare per la sua tipicità poiché rende bene l’idea della gradevolezza del concerto.

Si tratta di una ninna nanna simbolica che Maria canterebbe al suo neonato con il coro dei visitatori presenti a questo grande prodigio, che intonano “ Mary had a baby”.

La sorta di dialogo canoro che si svolgeva tra l’interprete maschile e quello femminile imprimeva con toni alti e bassi un intreccio risonante che in alcuni tratti rapiva emozione nell’ascolto. Vi sono infatti, alcuni brani che a causa del battimento di due risonanze simultanee discoste di circa un ottava danno la sensazione di una doppia armonia. È vero che questo stato emotivo dipende dalla sensibilità di ciascuno, ma è altrettanto vero che se non vi è alcuna base nell’esecuzione musicale, nulla di questo genere potrebbe avvenire.

Ci sono infatti, dei brani musicali che se ben interpretati arrivano ad esprimere attraverso una cascata di note della voce soprattutto alle frequenze più alte, delle interazioni sonore, formando delle armoniche che si aggiungono ad una melodia già di per sé di base. Talvolta in questi casi, quando le note per qualche motivo si sovrappongono nella giusta espressione dei toni e delle altezze musicali, si forma una sorta di ulteriore doppia armonia.

 

Per analogia musicale - Un esempio molto vicino a quanto detto si avverte in un brano del quintetto musicale” N Sync “ che andava per la maggiore qualche anno fa in una canzone del proprio repertorio:  “Bye bye bye”. In questo brano verso la fine, il solista si staccava dal coro ritmico intervenendo con una nota di un’ottava più alta; nota che prolungava nel tempo per poi discendere verso toni più bassi. Era in questo modo che il coro esprimeva attraverso il solista un accordo musicale che coinvolgeva emotivamente gli ascoltatori con la creazione molto coinvolgente di una doppia armonia. Questa si manifestava con un abbandono a nuove emozioni di chi sapeva ascoltare, ma che lasciava poi anche il segno del plauso per il consenso collettivo che il pubblico attribuiva all’intero quintetto.

Ecco che qualcosa del genere stava avvenendo con “ Mary had a baby” anche se l’ ottava superiore non era presente. I due interpreti, ossia, la voce maschile e quella femminile avevano creato fra loro una sorta di linea musicale continuata. Si trattava di un coinvolgimento tra l’uno e l’altra, senza interruzione di continuità e cioè in un duetto di note più che di parole che creavano con questa sorta di accordo, l’emotività e la piacevolezza dell’ascolto.

 

L’ incontro - E’ stata una serata molto interessante; difficilmente qualcuno si è pentito di essere stato presente; tutti o quasi si sono abbandonati ad applausi spontanei in quanto si percepiva il senso della partecipazione e dell’emozione. In queste circostanze importanti come il Natale, era palpabile il senso della coesione tra persone che neanche si conoscevano ma che così come nella vita, se si ha la capacità di creare interesse comune insieme, si stringe emotivamente un rapporto di partecipazione piacevole quanto proficua per tutti.

 

Alberto Zei

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Alessandro Passaro inaugura la sua mostra personale a Maglie

Lunedì, 19 Novembre 2018 03:27

All'avanguardia con i tempi e con una pseudomodernita' tangibile Alessandro Passaro ha oggi inaugurato la sua mostra personale a Maglie, dove un

 
Alessandro Passaro

pubblico variopinto tra le sue incredibili opere ha squisitamente esposto i suoi punti di vista sull’Arte davanti ai suoi dipinti pseudoreali, dove il soggetto espresso in tutte le sue sfaccettature, ti parla e ti conquista con enfasi e con la sua immediatezza visiva. E ‘ proprio questa sensazione di soddisfazione che caratterizza i suoi lavori e ti porta a viverli ed immedesimarsi nei suoi personaggi e rendertene partecipe... Cosa si può dire oltre quello che non si è già detto sul suo talento... Alessandro ci fa vivere momenti ineguagliabili in uno scenario tipicamente ed eticamente salentino avvolgendoci in uno mondo di colori vivaci e vitali, ricchi di mera passione. 

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Mosca - sulla Piazza Rossa ricordando la rivoluzione di ottobre (video)

Sabato, 10 Novembre 2018 16:46

Il 7 novembre 1941 è una data memorabile per la storia militare nazionale russa, in questo giorno, una parata militare si tenne sulla Piazza Rossa in onore dell'anniversario della Rivoluzione d'Ottobre . Le truppe terminata la parata, lasciarono immediatamente la Piazza per recarsi al fronte. Questa parada fu preparata in gran segreto da Stalin, ad ovest di Mosca in un qualsiasi momento c'erano i tedeschi pronti ad entrare in citta', anche durante l'evento sulla Piazza. La parata ebbe inizio due ore prima delle solite 10 del mattino, tutte le misure precauzionali furono prese, come la difesa aerea che era due volte maggiore di quella di Londra, i monumenti furono protetti da scudi di legno e sacchi di sabbia. Anche il mausoleo di Lenin era stato trasformato e coperto da costruzioni speciali da tutti i lati.

Mentre tutte le agenzie governative furono evacuate verso la citta' di Kuibyshev, il 19 ottobre Stalin diffuse la notizia che egli si trovava a Mosca e che in nessun caso avrebbe abbandonato la capitale, messaggio chiaro al popolo e al mondo intero, che Mosca non si sarebbe mai arresa al nemico.

Oggi 7 novembre 2018, giornata di sole qui a Mosca, scenario completamente diverso da quel novembre di 77 anni fa freddo e nevoso, abbiamo filmato la piazza occupata dai vecchi automezzi e carri armati dell'epoca e naturalmente affollata di gente, turisti e curiosi.

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Roma - alla Garbatella a Roma, Art. 31: diritti umani ed oltre

Venerdì, 09 Novembre 2018 22:52

Alla Garbatella, quartiere popolare e affascinante di Roma, celebrato da Nanni Moretti, è in corso presso Cosarte Spazio Creativo, la mostra collettiva di arte comtemporanea, Art. 31: diritti umani ed oltre. Il finissage si terrà sabato 10 novembre.

Lo spazio espositivo di Simona Gloriani nasce come scelta di vita. Sempre a stretto contatto con il quotidiano del quartiere. Si apre sulla strada come spazio creativo che invita a partecipare a corsi di pittura, ad eventi di varia natura, disponibile alla collaborazione con altre iniziative culturali ad ampio spettro presenti sul territorio.

Quindi il tema dei diritti umani costituisce una naturale evoluzione nell’attività di Cosarte. L’esposizione attuale è la prima di un ciclo che continuerà nel 2019.

Diversi gli artisti, diverse le tecniche. Si tratta soprattutto di dipinti realizzati con tecniche miste.

Oltre al tema, è la parola a sembrare il filo d’Arianna che lega un’opera all’altra. Infatti se non è presente direttamente nell’opera, come in Pensieri di pace … Parole di luce di Roberto Fantini o nello stendardo di Anna Rita Trulli, More heart for the earth, è nel titolo, che la parola gioca e interagisce nel senso logico-tematico e con l’immagine, figurativa o astratta che sia. Ad esempio si vedano (e si leggano) Mare Monstrum di Calogero Carbone Kalòs o Ragazza Trasparente e The wall di Simona Gloriani.

 

 

Art. 31: diritti umani ed oltre

26 Ottobre—10 Novembre 2018

Cosarte Spazio Creativo

Via Nicolò da Pistoia 18 (Garbatella) ROMA

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Il registra Matteo Garrone vince il prestigioso Premio Speciale Penne-Mosca 2018 giunto alla 40^ edizione

Venerdì, 02 Novembre 2018 23:10

La cornice dello splendido Palazzo Firenze a Roma ospita il Premio, ricco di delegazioni russe, cinesi e americane.

 

“A cosa serve scrivere?”. “A sconfiggere la morte” rispose il poeta e drammaturgo Ennio Flaiano. “Nel 2049 una ragazza entrerà in libreria e leggerà un nostro libro. Così avremmo sconfitto la morte”.   Il Premio Penne- Mosca 2018 compie 40 anni oggi; presentato presso la sala dello scrittore “Walter Mauro” di Palazzo Firenze a Roma, i primi di ottobre, è un patrimonio da difendere, un lessico da tutelare, unico al mondo, svincolato dalle logiche delle case editrici.

Un concorso sull’Olimpo della cultura glossa il Sindaco di Penne. Non abbiamo niente da invidiare a il Premio Strega o Campiello, qui i popoli si combattono culturalmente, incalza Antonio Sorella, direttore scientifico del Premio. “Il regionale può diventare globale - chiosa lo scrittore Carmine Abate vincitore del premio narrativa dello scorso anno - Prendiamo ad esempio il termine, vongole veraci, pochi sanno che viene dalla lingua abruzzese”. Il Premio ha l’ambizione di creare un legame con i linguaggi culturali tra i paesi, per questo esiste da 20 anni ,anche ,il Premio Penne Russia. Lo scrittore Abate, originario di una minoranza albanese della Calabria ha delle idee precise al riguardo. “A soli 16 anni sono arrivato in Germania. Mi sono reso conto che quando ero in Italia ero un germagnese e per i tedeschi uno straniero”. Alla fine mi sono chiesto ma chi sono io veramente? E’ cosi che ho capito attraverso le vie e gli sguardi, prendendo il meglio dal nord e dal sud, di essere molte definizioni, svincolato dalle differenze etniche. Sorrido quando a volte qualcuno mi chiede: E’’ meglio il Trentino o la Calabria?. E come domandare a chi vuoi più bene alla mamma o al papà?”

Ecco perchè allora Il premio Penne Mosca 2018 va al regista Matteo Garrone, il quale, incarna in questo momento gli ideali più sentiti del Premio. Garrone difatto ha focalizzato sempre il suo lavoro sui i temi degli esseri umani, centrale nell’era moderna, autore di Gomorra, Dogmam e del prossimo film fiabesco su Pinocchio. “sarà un capolavoro dell’anima - spiega Garrone - legato alla forza dei personaggi e alle immagini. Una fiaba moderna con cast internazionale”

Il Premio 2018, insomma, è una splendida 40enne la quale non mostra i suoi anni ma è sempre più attraente, con una ricchezza di collaboratori e personaggi eccellenti, come la casa editrice Dante Alighieri e premiati doc come Carlo Verdone . Nel corso degli anni il Premio è cresciuto dedicando una parte alla sezione cinema onorata da Enrico Vanzina - fratello del compianto regista Carlo - e autore del libro “Detective Max”, a breve un film-romanzo di successo. Una grande famiglia dove la letteratura dona felicità, abbraccia e rende i popoli interconnessi con la cultura. Diverse delegazioni di letterati russi e un congruo gruppo di persone provenienti da Pechino, Shangai e Taiwan erano presenti all’inaugurazione. “Ricordo l’Italia degli anni ’70 – rivela il nipote del grande scrittore cinese Lu Xun – e visitando Roma, mi sono emozionato, proprio come nel film della grande bellezza. La nostra ambizione? Un Premio Penne-Cina 2019”. Ad 86 anni dalla morte di D’annunzio non si poteva non omaggiare un grande poeta di Pescara, D’Annunzio, delegando l’interpretazione della “pioggia nel pineto” ad una coppia storica del teatro italiano Ugo Pagliai e Paola Gassman. Il Premio si è concluso con un buffet eccezionale, con i tipici prodotti abruzzesi: i cantucci alla liquirizia di Atri sono da svenimento. Indispensabili i ringraziamenti a tutta la giuria tecnica tra cui Alessandro Masi segretario della Dante Alighieri, le autorità accademiche, gli ospiti di onore e gli sponsor della manifestazione, dal Sindaco di Penne alla Camera di Commercio di Pescara, Confindustria di Pescara, al Presidente Domenico Noviello presidente della nota compagnia petrolifera italiana portatrice di energia nelle case e aziende di ben 80 paesi. A Luglio 2019 appuntamento con un'altra edizione ,mentre Il Premio cresce a San Francisco nasce Il Penne Americano.

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Svelati i nomi dei protagonisti del Concerto di Natale in Vaticano

Giovedì, 01 Novembre 2018 02:35

Il 15 dicembre si terrà la ventiseiesima edizione del Concerto di Natale, presso l’Aula Paolo VI in Vaticano.

Anche quest’anno, accompagnato dall’Orchestra Universale Sinfonica Italiana diretta dal Maestro Renato Serio, con la collaborazione del Maestro Stefano Zavattoni, il cast sarà eccezionale e prevede al momento la presenza dell’americana Dee Dee Bridgewater, una delle inarrivabili voci femminili del jazz; della statunitense Anastacia, una delle artiste di maggior successo del terzo millennio; dei due cantautori Raphael Gualazzi e Edoardo Bennato, delle voci stupefacenti di Alessandra Amoroso e Elisa, cantautrice, polistrumentista, compositrice e produttrice; del vincitore di Sanremo 2017 e 2018, Ermal Meta; del vincitore nuove proposte Sanremo 2015, Giovanni Caccamo; del grande flautista Andrea Griminelli e dell’altrettanto prestigioso suonatore del flauto di Pan, Gheorghe Zamfir e del poliedrico astro nascente Mihail; e con la partecipazione straordinaria di Miguel Angel Zotto e Daiana Guspero. Il Coro Gospel statunitense sarà il New Direction Tennessee State Gospel Choir (USA), il complesso vocale che accompagnerà i solisti sarà quello dell’Art Voice Academy, mentre le voci bianche saranno quelle del Piccolo Coro Le Dolci Note diretto dal Maestro Alessandro Bellomaria.

Il 26° Concerto è promosso dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica della Santa Sede, a favore della Fondazione Pontificia Scholas Occurrentes e di Missioni Don Bosco Valdocco Onlus.

Il Concerto, prodotto e organizzato dalla Prime Time Promotions, verrà mandato in onda in tutto il mondo attraverso la piattaforma di Canale 5 il 24 dicembre, in prima serata. I telespettatori avranno un numero di sms solidale al quale inviare le loro donazioni ai destinatari dei progetti di solidarietà.

Il “Concerto di Natale” porterà a vivere l’atmosfera del Santo Natale in maniera più profonda, unendo alla spiritualità, l’emozione della grande musica nazionale ed internazionale.

I biglietti sono acquistabili online sul sito www.concertodinatale.it oppure in tutti i punti vendita TicketOne e Box Office Lazio. Per informazioni e prenotazioni chiamare il numero 06 68136738.

Il centro commerciale Euroma2 è lo Sponsor Ufficiale della manifestazione canora per la Solidarietà.                                                        

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Fondazione Umberto Veronesi - l’asta low cost con i creativi Cappelli di Marina Ripa di Meana

Domenica, 28 Ottobre 2018 07:11

Prima asta della Bertolami Fine Art, fashion&luxury.

Un evento mondano ricco di personaggi del mondo dello spettacolo e politico.

 

Marina Ripa di Meana non c’è più, se n’è andata inizi 2018, all’età di 76 anni, ma la sua imprevedibile creatività, il suo carattere esuberante, la sua personalità anticonformista, il suo amore per la vita aleggia ancora a Roma. E’ scomparsa a causa di un male incurabile, lasciando però una via di uscita a chi soffre a causa del cancro: l’uso della sedazione profonda. Un ultimo messaggio, prima della dipartita, lanciato da un donna provocatrice e promotrice di tante battaglie a difesa dell’ambiente e degli animali. Così anche dopo la sua morte vediamo il ricrearsi di quella atmosfera briosa e di valore a favore, questa volta , della Fondazione Umberto Veronesi. Infatti grazie ad un’ asta pubblica ,dei suoi copricapo e oggetti, verranno raccolti fondi per la ricerca scientifica sulle neoplasie. L’ apres-midi a Palazzo Caetani vicino alla fontana delle Tartarughe, accanto al ghetto Ebraico - dove nel frattempo domenica si è svolto un dibattito sulla discriminazione della Comunità di Sant Egidio - è stato particolarmente sentito. Un’ occasione per incontrare attraverso il suo guardaroba lo stile di Marina Meana. Una delle donne più belle degli anni ‘70, stravagante, innamorata della vita, stilista, amica di grandi scrittori come Moravia, Pasolini e artisti come Schifano. Generosa amante del pittore Angeli e del giornalista Jannuzzi, con vitalità da vendere: attrice e opinionista, donna criticata con un forte legame con Bettino Craxi, fedele a lui, nonostante la costretta latitanza dell’uomo politico.

La ricordiamo per le sue battaglie ecologiste, nelle memorie il famoso blitz a Palazzo Farnese sede dell’Ambasciata di Francia a Roma e le sue provocazioni a difesa della pelliccia degli animali. Scrittrice e animatrice, conosceva bene il mondo della comunicazione. Battagliera su Roma come quella contro le sventramento del Pincio e la chiusura dello storico Ospedale San Giacomo. “affidabile, intelligente e generosa “ come la definisce il suo amico giornalista Giampiero Mughini. Ed  è appunto la moda, in mostra a palazzo Caetani Lovatelli con i suoi allegri e irripetibili cappelli costruiti secondo lo stile made in Meana, a riportare il sapore e i ricordi di quelle lotte e del suo stile unico. Le pareti della mostra-asta del Palazzo Caetani trasudano di stravaganza e gioia, con i copricapi dalle farfalle dorate, arancioni e nere, i fiori violacei, i colori gialli, cappelli campagnoli o con il ragno elegante dalle zampette nere attorniate da piccoli treppiedi alzati in volo. In un atmosfera provocatoria, bizzarra ed eccentrica è stata inaugurata l’asta che si terrà il 30 ottobre a cura della Bertolami Fine Art degli oggetti di moda style Marina Ripa di Meana con una base d’asta accessibilissima. Le stanze arredate con gioielli vestiti e quadri - come quello nel vano di ingresso dell’artista Sironi - sono avvolti da una luce vigorosa, da set cinematografico come in un film sembra quasi stia per arrivare Marina. Ma siamo alla fine del 2018 e Marina è già andata via, ci sono invece i suoi amici e parenti a ricordarla, come l’onorevole Fausto Bertinotti intervenuto all’evento, la figlia e attrice Lucrezia Lante della Rovere, Eleonora Albrecht del mondo dello spettacolo e perché no, anche il sosia di Jack Nicholson. Durata dell’asta dal 22 al 29 ottobre 2018. il 30 ottobre incanto del guardaroba di Marina Ripa di Meana. Il catalogo on line www.bertolamifinearts.com.

 
Il sosia di  Jack Nicolsson         

 

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Maglie (Le) - opere di Alessandro Passaro e conferenza: "Cervello e creatività"

Giovedì, 25 Ottobre 2018 04:54
A Maglie una mostra personale di arte contemporanea del Pittore Alessandro Passaro.

 

DENTRO IL REALISMO, OLTRE LA FORMA

La creazione artistica presuppone sempre uno stato di tensione, uno slancio emotivo in cui idea primigenia e materia informe si incontrano e si affrontano. Uno scontro proficuo che si materializza con veemenza sulle tele di Alessandro Passaro, artista brindisino che da quasi un ventennio si muove con convinzione – e convincimento – sul confine tra figurativo e informale, dando luce a composizioni pittoriche dense, grumose e quasi materiche. Nei suoi dipinti il colore sembra esplodere in composizioni magmatiche, in cui brandelli di corpi si legano e si confondono a masse informi, di evidente estrazione espressionista. La figurazione è compromessa da un tratto pittorico istintivo, puramente gestuale, mentre cromie brillanti ne movimentano la composizione, in un effetto estetico di inusitato fascino, in cui il pathos prevale sempre sul logos.

Dipinti nati da un autentico slancio vitalistico in cui non è la realtà a tradursi in arte ma è l’arte ad imporsi alla realtà, con i suoi modi e i suoi mezzi. È la stessa pittura ad essere sotto esame, la sua capacità di riprodurre e astrarre, di accogliere e respingere. Passaro ne sonda le capacità mimetiche e al contempo ne mette alla prova le possibilità estranianti; tenta di rinnovare la pittura operando al suo interno, valorizzandone le molteplici potenzialità mediante un disegno agile, che tende a sparire sotto pennellate ampie ed energiche, simili a sciabolate, e una gamma cromatica sempre brillante. Un omaggio alla pittura quale veicolo di scandaglio interiore oltre che mezzo d’interpretazione del reale, medium e compendio di necessità espressiva che attraverso la luce, il gesto e il colore trova la via per la corporeità.

Passaro indaga le zone d’ombra della ragione e mostra il disagio esistenziale attraverso figure in pose ardite, provate dall’esistenza, sofferenti, a volte grottesche, simili a martiri della contemporaneità. Lo dimostrano i grandi dipinti di critica al sistema dell’arte, datati 2018 e alla loro prima esposizione. Collezionista, pittore, critico, gallerista, sono ritratti con pungente ironia, rivelandosi figure meste e grottesche, vittime di quegli stessi stereotipi che hanno contribuito a creare, protagonisti improbabili di atmosfere sardoniche e scene surreali. Mediante un tratto corsivo e una solida conoscenza delle tecniche pittoriche l’artista crea composizioni visivamente coinvolgenti, generate da una poetica visionaria e da una personale ricerca creativa. Immagini allocate in spazi dilatati, di cui si percepisce la continuazione oltre i margini della tela, determinando effetti di forte suggestione. Talvolta è la stessa materia (tela, ma anche legni o pelli) a suggerire all'artista idea e soggetto, senza però nulla perdere della sua peculiarità linguistica ed espressiva. Passaro sovrappone e confonde luoghi fisici e contesti memoriali, in avvicendamenti emotivi stratificatisi in corso d’opera. Le cromie variano per intensità e stesura, passando dalle campiture piatte agli innesti gestuali, con frequenti turbamenti in forma di colature e andamenti vorticosi. Trame complesse attraverso cui l’artista scompagina la figurazione tradizionale per traslarla in un equilibrio di mera precarietà.

Ancorato alla scala reale, Passaro mescola volontà analitica e invenzione artistica riuscendo a conferire poeticità e visionarietà ad ogni soggetto rappresentato all’insegna del motto borgesiano “L’arte vuol sempre irrealtà visibili”. La sua è una ricerca che nell’indeterminatezza ripone una sua specifica qualità estetica, una ricerca espressiva in cui gli opposti si affrontano e si confondono, rendendo i lavori ambigui sul piano formale e percettivo. Umorismo e solennità, irriverenza e meditazione, citazionismo e ideazione, sintesi e narrazione, compendio e meticolosità, sono solo alcune delle contrapposizioni possibili, poli di una produzione pittorica imprevedibile che avanza in una condotta zigzagante, caricandosi di antiche suggestioni e rivelandosi audace testimone del presente.

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Alessandro Passaro artista salentino, vive e lavora a Mesagne, consegue il Diploma di Laurea all'Accademia di Belle Arti di Lecce nel 2005. Abbraccia un genere che spazia dal figurale all'informale con un atteggiamento sperimentale verso le potenzialita' del mezzo pittorico. L'idea di un limite che si trasforma in ricchezza linguistica lo affascina. Dalla sua terra deriva il temperamento sanguigno e la freschezza emotiva,elementi che caratterizzano le sue opere.
Il vernissage si terrà il 16 Novembre 2018 dalle ore 18 alle 22 presso la Fondazione per Arte e le Neuroscienze F. Sticchi, in via Thaon De Revel 25 nell'antica cittadina di Maglie in Salento.
Ufficio Stampa: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Mobile. 3291273493

 

 

 

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Il Presidente della Biblioteca Statale Russa auspica Maggiore collaborazione culturale tra Italia e Russia - VIDEO

Sabato, 20 Ottobre 2018 14:35

La Biblioteca Statale Russa di Mosca, con  ben 44 milioni di unita' conservate, e' una delle piu' grandi al mondo, si pensa che rientri tra le prime cinque. Il Presidente Fjorodov Viktor Vasilievich ha ricordato la storia della Biblioteca e ha evidenziato che ora, con le nuove tecnologie, esiste la possibilità di scambi internazionali di libri elettronici Ci sono interi testi in digitale nella biblioteca elettronica, e l’ accesso è assolutamente libero, ovvero qualsiasi lettore, se il testo non è limitato dai diritti d’autore o da altre norme, può accedervi. Un cittadino di qualsiasi Paese del mondo, con la connessione internet, può diventare lettore della Biblioteca. Ciò e' stato possibile perche' tra le biblioteche si è addivenuti ad un accordo affinché ci fosse la possibilità di questa unione tra di loro attraverso sistemi tecnologici informativi.

Tra le più grandi biblioteche nazionali, tra le quali anche le italiane, la collaborazione avviene attraverso lo scambio di specialisti: ad esempio, la delegazione russa va in Italia, o in un altro Paese, in relazione all’attività della propria biblioteca e viceversa. In questo modo si collabora per l’organizzazione di mostre di tipo diverso e così via. Contatti piuttosto stretti vi erano con la biblioteca nazionale italiana che si trova a Roma, con quella di Firenze dove vi sono libri rari, anche con la Biblioteca Vaticana ma, purtroppo, ora non è il momento migliore per questo tipo di collaborazione, e ciò è dovuto alla situazione politica internazionale, si spera che termini presto. Auspicando un maggior scambio culturale tra i due popoli, il Presidente ha anche ricordato quanto i lettori russi amino la storia dell'Italia e di scrittori russi, come Gogol, che visse a Roma durante il suo periodo italiano.

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Media

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ARTE: la cultura europea ora sottotitolata in italiano

Giovedì, 18 Ottobre 2018 02:58

È stata presentata presso la casa di Goethe a Roma, l’unico museo tedesco all’estero, fondato nel 1997, nell’edificio che ha ospitato il poeta, il pittore, autore del suo celebre ritratto, Johann Heinrich Tischbein e altri artisti tedeschi nel 1786, la versione sottotilolata in italiano di ARTE, il canale culturale europeo. Una selezione dei programmi in italiano saranno disponibili anche sul sito della Radiotelevisione Svizzera Italiana, così come ARTE in italiano ospiterà alcuni programmi della RSI. La versione italiana è disponibile su internet al sito www.arte.tv/it, tramite applicazione su smartphone, tablet e smart TV, ma anche sul servizio tivùon! di tivùsat.

Il progetto nasce nel 1988 con il supporto del Presidente francese François Mitterrand e del Cancelliere tedesco Helmut Kohl.

Nel 1990 viene firmato il trattato tra Francia e Germania.

Nel 1991 il canale culturale europeo ARTE è fondato a Strasburgo. Il fine è mostrare e promuovere la diversità della ricchezza culturale europea e i legami esistenti tra gli europei.

Nel maggio del 1992 cominciano le trasmissioni in Germania e Francia, dove viene lanciata anche la rivista settimanale per professionisti del settore audio-visivo, ARTE Magazine.

Nel 1994 in Germania è la volta del mensile sui programmi trasmessi dal canale, ARTE Magazin. Nel 1996 la programmazione, inizialmente pomeridiana, viene estesa a tutto il giorno.

Nel 2003 la sede è trasferita a Strasburgo, vicino alle istituzioni europee.

Nel 2005 comincia la trasmissione digitale completata nel 2008.

Nel 2007 il debutto in internet con la produzione del primo web documentary.

Nel 2009 ARTE Live Web è la prima piattaforma dedicata alle arti performative.

Nel 2010 la televisione è visibile su tutti i tipi di schermo e dal 2012 è in live streaming.

Nel 2014 ARTE Live Web diventa ARTE Concert.

Nel 2015 al francese e al tedesco si aggiungono l’inglese e lo spagnolo.

Nel 2016 è la volta dei sottotili in polacco e di formati innovativi come il documentario di 24 ore 24h Jerusalem, il documentario a 360° Polar Sea e il rapporto stilato da 20 artisti nei campi, Refugees.

Nel 2017 la celebrazione di 25 anni di attività.

L’offerta di ARTE comprende documentari di approfondimento su scoperte, inchieste, società, scienze, cultura e arte. Particolare attenzione è dedicata alla musica e anche al cinema.

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I lavori di Nick Solonair

Mercoledì, 17 Ottobre 2018 17:56

Nick nato in Ucraina,vive e lavora a Londra. La sua arte e' collegata al mondo della Pop Art e la sua ispirazione e' quella di collegare le forme in templati geometrici.
Attraverso una lunga ricerca il mondo di Nick Solonair si e' evolto in un display di immagini tridimensinali e vive in un atmosfera surreale dove gli spazi di luce ed ombra giocano in un tortuoso carosello di emozioni con allusioni figurative estremamente plastiche ed iperattive.

Le sue sculture vengono a contatto diretto con la materia prima con cui lui le realizza; I suoi disegni ampollosi e sinuosi quando ricchi di colori e quando permeati di chiaroscuri esplicativi comprimono su realta' fantasiose ma pur sempre raggiungibili attraverso quell'idea con cui l'occhio di chi le visualizza vuole immaginare,la dove le interpretazioni sono varie ma tutte plausibili. Nick coinvolge e sconvolge;il suo amore ed immensa passione per l'arte va oltre qualunque aspettativa e spazia in quell'universo dove lui e soltanto lui puo creare.
La sua unicita' e' l'arma piu' potente ed invincibile con cui forgia le sue opere.
Si e' conclusa con immenso successo a Londra la sua ultima mostra alla Daniel Raphael Gallery in Marylebone, uno spazio dedicato all'arte contemporanea, il cui scopo e' quello di provocare il visitatore ad interagire in modo originale con le opere ivi esposte.

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Da New York a Roma: Pollock e la Scuola di New York

Sabato, 13 Ottobre 2018 05:21

Dal Whitney Museum di New York arrivano al Vittoriano, a Roma, Pollock e la Scuola di New York.

 

A detta di uno dei curatori, David Breslin, due dei Pollock più importanti, sono in mostra. In particolare l’attenzione è concentrata sul grande dipinto, Number 27 del 1950.

Si può ancora parlare di dipinto? C’è la tela come supporto, ma non è più, da tempo, quella finestra aperta su un mondo altro, ma del tutto simile al reale. Tridimensionalità fittizia, inganno ben costruito e intelligente dell’occhio. Pollock la mette sul pavimento, la tela, per dipingerla. Lo schermo, dal verticale passa all’orizzontale. Il pennello non la tocca più, ma il colore gocciola sulla superficie, è la tecnica del dripping. Il gesto creativo è una danza magica, movimento nello spazio, action painting.

Non c’è danza senza musica o suono e il gocciolìo non è certo silenzioso.

Sono gli anni Cinquanta, la colonna sonora è jazz e il rock è agli albori.

Suoni e musica emergono anche da alcuni titoli, come nella poderosa Orchestral dominance in Yellow (Predominanza orchestrale in giallo) di Hans Hofmann del 1954. O nel brivido e nella rigidità di The Frozen Sounds, Number 1 di Adolph Gottlieb del 1951.

Tutti i sensi sono coinvolti e la pittura è spessa e materica, tanto da diventare un rilievo quasi tridimensionale e sconfinare nella scultura.

Sono più di due i Pollock in mostra, ma anche il confronto con gli altri protagonisti sembra avvenire due a due: due de Kooning, due Kline, due Rothko.

È soprattutto con Rothko che, dall’azione, si passa alla contemplazione e all’immersione del color field. Un campo di colore abbacinante e coinvolgente, dove il movimento è tutto nella vibrazione destabilizzante, sfibrata e smarginata dei toni.

Il percorso si apre, come al solito al Vittoriano, con la saletta dove è proiettato il filmato introduttivo. Segue la cronologia sul muro che conduce al corridoio di realtà immersiva con proiezione di immagini sulle pareti e la versione jazz di My Favorite Things, brano del musical The Sound of music. L’album di John Coltrane con lo stesso titolo del brano esce nel 1961. L’immersione distrae: perché questo brano? Semplicemente una scelta di gusto o anche tematica per i contenuti della storia? Alla ricerca di se stessi e del proprio destino tra regole e voglia di evasione e di libertà e, su tutto, al di sopra di tutto, l’amore. Non quello da favola, ma quello che lotta, tutti i giorni, con una realtà a dir poco ostile, con sacrificio, generosità e slancio.

L’area selfies con divano sdraiante, isola lo spettatore dal contatto reale e fisico con l’opera e con l’artista e la sua ricerca.

Il touch screen che invita a creare la propria opera alla Pollock, di nuovo rende protagonista lo spettatore, di nuovo, in modo fuorviante: non è più l’unione di corpo-occhio-mente-mano a creare, ma la mediazione attraverso la macchina.

Il digitale può essere il nuovo medium della creazione artistica di oggi, ma che c’entra con Pollock e la Scuola di New York? Può sostituire l’opera? È giusto che lo faccia? Almeno lo faccia in modo dichiarato e consapevole, non subdolo.

Pollock muore in un incidente nel 1956, poco prima Andy Warhol si è trasferito a New York, presente anche al Vittoriano con la mostra in corso fino al 3 febbraio 2019.

Pollock e la Scuola di New York

10 ottobre 2018-24 febbraio 2019

Roma, Complesso del Vittoriano

Orario: da lunedì a giovedì 9.30-19.30

         Venerdì e sabato 9.30-22.00

         Domenica 9.30-20.30

Ingresso: Intero €. 15,00

             Ridotto €. 13,00

Info: + 39 06 8715111

       www.ilvittoriano.com

Catalogo: Arthemisia Books €.32,00

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Prima personale, Art in the Interprise, dell’artista Daniele Basso presso la sede di Azimut a Roma.

Martedì, 09 Ottobre 2018 11:53

27 sculture in acciaio specchiato, legno e feltro di lana biellese.

Novembre nuova mostra presso il Memoriale della Shoah - Binario 1 di Milano e nel 2020 Expo di Dubai.

Anima con eleganza e originalità le sue opere, fresche, poetiche, ricche di fantasia che promuovono la cooperazione sociale. Sensibilità ed identità collettiva: l’essenza stessa dei valori umani.

Avere il privilegio di essere liberi e decidere la direzione della propria vita non da tutti . Pochi sanno cosa vogliono davvero . L’artista Basso laurea in economia, vi è riuscito, seguendo le proprie istanze più profonde, ha risposto alla domanda con creatività . Sono nate così le sue opere a metà strada tra arte e impresa, tra il mondo sociale e il mondo della poesia. Obiettivo costruire un mondo migliore , dove l’arte da vita all’anima di una azienda o di un luogo.

Il mondo del sociale, della comunicazione, un progetto imprenditoriale diventa scultura, colore, materia, comunicazione visiva, installazioni tridimensionali, specchi di acciaio, legno di olivo e noce, il feltro di lana biellese e il colore sgargiante del blu cobalto. Le opere artistiche vanno in scena nelle strade, nei quei luoghi dove le persone si muovono decidono di far accadere le cose, sono creativi, promuovono un prodotto per migliorare il proprio paese e perché no, per fare anche business. Basso nel suo chiedersi il perché del senso della propria vita e cosa vuole davvero, ha scelto la mediazione tra l’impresa e la sua aspirazione: così è nata un’arte dall’ uso di materiali nobili come il legno, simbolo di saggezza e sapienza mediatore tra il mondo terreno e l’aldilà, il feltro di lana di biella custode del menage familiare caldo e morbido o l’acciaio specchiato, ripetitore, attraverso tanti triangolari, di immagini della tangibilità della nostra identità. L’autore con le sue sculture ci spinge ad indagare un futuro migliore da costruire ,per noi e per i nostri figli. Ha il privilegio di dare il volto autentico alle aziende che vuole rappresentare e descrivere. Con le sue sculture di acciaio a specchio, legno di olivo e noce, il colore di un blu intenso esplora certamente l’anima di una compagnia ma cerca il nello stesso tempo un significato più profondo. Le sue opere dicono resta qui, dove vai, guarda. Vivi adesso il momento, non domani, e adesso il momento di creare. Istanti di libertà dal conosciuto, dalle mille facce della realtà, dove non è più “scegliere tra il bianco e il nero ma quanto piuttosto nel sottrarsi a questa alternativa” (Theodor Adorno) . Scegliere dove stare. Scegliere se cercare di essere coscienti o abbandonarsi al sonno per vivere una vita senza vita. I giorni passano per tutti ma con maggior coscienza di sé è un'altra vita. E le sculture di Basso si spingono, domandano, creano quella frizione giusta per stimolare l’immaginazione , un progetto migliore , emozioni positive. L’acciaio a specchio composto da piccoli triangoli cuciti tra loro rimandano immagini di un mondo auspicato , desiderato, un mondo dell’armonia. “Specchiarsi è un gesto innato e ancestrale – ci racconta Basso – di autocoscienza”.

Nel suo trittico scultoreo Vertical Reflection sembra la ricerca di descrivere qualcosa di importante .. forse il mondo dell’uomo fatto di convinzioni, abitudini, le quali, modificano la nostra direzione potandoci, magari, in luoghi dove non avremmo mai voluto essere.. La sua arte orizzontale richiama il simbolo della vita terrena e quella verticale lo sguardo verso il cielo, verso il divino dove l’uomo cerca risposte. Il cammino è in salita ci sono le sensazioni , le impressioni , la ripetizione della vita come i volumi delle sculture che si reiterano, creando luoghi confortevoli per l’uomo. C’è lo ricorda il materiale caldo e morbido del feltro di lana biellese utilizzato nelle sue opere accanto ha un sapiente dialogatore, il legno, simbolo di sapienza, amico e custode dei valori culturali dell’uomo. E allora la sua arte richiama l’uomo a restare qui, nel presente. Non è un caso che proprio una delle sue opere si chiama “QUI”.   Basso partecipa concretamente alla vita delle città, vive l’attimo, si immerge nel presente ,nelle corti, come quella dello stabilimento Aurora di Torino (brand della storica azienda della manifattura italiana dedita da sempre alla produzionevdi penne di alta gamma e pennini) crea un’installazione sul segno e la scrittura “Aureo e Aureo Jr” un racconto di opportunità, potenzialità e sogni, smaterializzando la penna e simboleggiando la libertà con la scultura di un uccellino.

Questa mostra, nella galleria di Azimut di via Flaminia a Roma, racconta si della carriera di un artista e delle sue opere ma soprattutto del filo sottile che lo unisce alle imprese, ai luoghi incontrati, agli eventi sentiti,i a cui Basso da un nome e crea un’anima. Nel salone è potuto ammirare Coke Its Me per il 100° anniversario Coca Cola Bottle expo Milano e World of Coca Museum Atlanta, il Cavallino 70° anniversario Ferrari, Plis de la Vie 55 Biennale di Venezia e Tempus Angulara Università del Seraphicum Vaticano e tanto altre opere. Anche il buffet offerto è stato un piccolo capolavoro, tra i biscotti canestrelli di Biella Bi.Biel. e la birra Mosca 1916, aziende eccellenti made in Italy tradotte nelle creature scultoree di Gigant e Aquamantio ormai diventate entrambe simboli dei loro territori.

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Biennale di Venezia 2018 - VATICAN CHAPELS - Il Padiglione della Santa Sede

Sabato, 22 Settembre 2018 16:32
 
 

La "via pulchritudinis". La strada della bellezza. La bellezza come accesso al trascendente.

 

 

La 16ma Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia ha riaffermato come la cosiddetta "via pulchritudinis", cara alla tradizione cristiana, sia la scelta intrapresa dalla Chiesa di Papa Francesco. Una scelta - va detto - che nasce con le Biennali del 2013 e 2015, con la Santa Sede protagonista nell'arte contemporanea. Questa volta il cardinale Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, ha indicato l'architettura come tema di confronto tra arte e fede. Il risultato è racchiuso nella scelta di invitare a Venezia, sull'isola di San Giorgio, alcuni tra gli architetti più prestigiosi del mondo, provenienti da esperienze culturali e spirituali diverse - anche di matrice non cristiana - per esaltare il rapporto terra-cielo partendo da un elemento architettonico centrale nella millenaria storia del cristianesimo: la cappella, luogo sacro; luogo di parola e meditazione; accesso al divino. In più- e la scelta vista il risultato si è rivelata vincente - la cappella inserita in un contesto altrettanto "sacro", come tradizionalmente viene inteso il bosco. Dieci piccole "cattedrali", nate dalla creatività di altrettanti architetti, decorano il bosco di San Giorgio. Chiave di accesso è l'opera di Gunnar Asplund, architetto svedese, dal titolo "Cappella nel bosco", datata 1920. "Nel culto cristiano - spiega monsignor Ravasi - le cappelle sono veri e propri templi, sia pure in forma minore rispetto alle cattedrali, alle basiliche e alle chiese. In esse sono inserite due componenti fondamentali delle liturgie, l'ambone (o pulpito) e l'altare, cioè le espressioni della Parola sacra proclamata e della Cena eucaristica celebrata dall'assemblea dei credenti".

 

In questo contesto "sacro", nel quale le cappelle trovano spazio all'interno di un elemento naturale altrettanto sacro che le fa da contorno, suonano significative le parole pronunciate da Francesco Cellini, nella presentazione della sua struttura: "Questo non è il progetto di una cappella: è una riflessione costruita sul tema, fatta da un architetto rispettoso ma non credente, guidato dall'intuizione

 

FOTO FOSTER - Norman Foster mentre disegna il primo
progetto
per la cappella.

che ogni cappella sia già in se stessa un idea costruita o un simbolo, piuttosto che un edificio veramente destinato a un uso compiutamente rituale". C'è in questa affermazione un valore universale, che testimonia come l'iniziativa della Chiesa sia aperta al dialogo, alla ricerca di una "verità comune" da condividere e come, nello stesso tempo, l'arte e la creatività siano strumenti di "bene comune". Il mondo come comunità, dunque. Il dialogo come incontro tra simili nella diversità. Ed è ancora monsignor Ravasi che sottolinea, con parole di Papa Francesco, il significato del percorso lungo la "via pulchritudinis": " Bisogna avere il coraggio di trovare i nuovi segni, i nuovi simboli, una nuova carne per la trasmissione della Parola, le diverse forme di bellezza che si manifestano in vari ambiti culturali, comprese le modalità non convenzionali di bellezza che possono essere poco significative per gli evangelizzatori, ma che sono diventate particolarmente attraenti per gli altri". Questa è la vera sfida che parte dal bosco di San Giorgio e che ha iniziato a fare il giro del mondo con dieci architetti-ambasciatori: l'arte come esaltazione dello spirito e lo spirito come ricerca comune della Verità, lungo la strada del dialogo.                       

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Roma - LA SORPRESA PAN DAIJING ALL'ACCADEMIA TEDESCA

Lunedì, 17 Settembre 2018 07:23
Pan Daijing

 

ARRIVA IN MOTO E IL VISO COPERTO DA UNA MASCHERA ROSSA.

alla consolle anche la musica del dj-set Alva Noto & Rabih Beaini

 

Reminiscenze, intrecci vari di musica, da quella elettronica alla tecno, coinvolgenti, come lo è l’artista internazionale e borsista cinese Pan Daijing residente a Berlino e nota per le sue performance musicali di estemporaneità intimistica, dai suoni narrativi, coinvolgenti che ti colgono impreparato e ti ipnotizzano. L’accademia Tedesca a Roma ha inaugurato così la prima edizione di Berlin Rom Express 2018, con un concerto di musica elettronica sperimentale, avvincente e allettante.

La musicista orientale è arrivata, venerdì sera, sette settembre nei giardini di villa Massimo a Roma, in moto e il viso coperto da una maschera rossa che ha sorpreso i partecipanti con il suo mistero. Ad attenderla un pubblico romano entusiasta che negli passati ha già dimostrato di apprezzare la musica elettronica improvvisata. Si è subito creato un background di curiosità, le persone dopo aver fatto festa (pasta alle melanzane e pomodoro, pizza e la mitologica birra tedesca) si sono trasferite sull’area del concerto, dove dietro la consolle, Pan Daijing ha dato vita alla performance. Non si riesce bene a capire l’origine dei suoni, ma ti ammaliano e muovono il corpo con la mescolanze di suoni misti e inaspettati; le dita abbassano e alzano le levette della consolle e così la musica scivola tra suoni

  Alva Noto - foto Alberto Novelli

delicati, primitivi e forti all’orecchio, ma “caspita che..figata”. Tra la folla abbiamo raggiunto il Direttore della Accademia Tedesca Joachim Bluher , promotor e organizzatore da sempre di iniziative culturali accademici a Villa Massimo, con sensibilità ha presentato artisti e borsisti internazionali ed europei, nel corso degli anni . “Il direttore Bluher - chiosa – per questa edizione abbiamo appositamente invitato soltanto 600 persone rispetto alla festa di primavera che aveva un pubblico più esteso. Questo per dare l’opportunità di fruire di una musica di nicchia a chi è veramente interessato. Le performance-live sono ideate appositamente per un pubblico romano entusiasto della musica elettronica”.

(ndr: L' Artista e musicista è nata e cresciuta nel sud-ovest della Cina, attualmente di base a Berlino. Il suo approccio piuttosto primitivo sia come compositrice che performer assume diverse forme, dando innanzitutto vita a un’arte performativa, ma dai suoni, danze e installazioni fortemente incentrate sull’improvvisazione e atti narrativi). Infatti si è esibita al Palais de Tokyo a Parigi, alla Volksbühne a Berlino, al Haus Kulturen der Welt a Berlino, alla Filarmonica di Amburgo, al Planetario di Montreal, e altre location in giro per il mondo. Il suo acclamato album d’esordio LACK (惊) è uscito nel 2017, con una mostra all’Eden Eden della Isabella Bortolozzi Galerie a Berlino. Pendant le sejour a Villa Massimo, come borsista delle arti pratiche, si occuperà di un lavoro commissionatole per la Biennale de l’Image en Mouvement 2018 a Ginevra, continuando a realizzare una nuova opera multidisciplinare.

L’Accademia come sempre ha tanti richiami all’armonia e alla bellezza con la libreria, i suoi balconi, le statue, le immagini, gli alberi svettanti, la sala del

Rabih Beaini

pianoforte. Al festival della Rom Berlin Express 2018 sono presenti anche i DJ Alva Noto e Rabin Beaini. Le feste della Accademia riempiono da sempre la scena culturale di Roma, speriamo che l’avvicendarsi della nomina di un nuovo direttore dell’Accademia non interrompa questi importanti rendez-vous con la cultura.

 

ROM-BERLIN EXPRESS 2018

Accademia Tedesca Roma Villa Massimo, Largo di Villa Massimo 1-2, 00161 Roma

www.villamassimo.de; www.facebook.com/villamassimo.de www.instagram.com/villama

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Mosca ha festeggiato il suo 871.mo City Day (video)

Martedì, 11 Settembre 2018 11:06
Video

L'8-9 settembre 2018 il City Day di Mosca si e' svolto anche questo anno nelle vie e nelle piazze di Mosca con una grande affluenza di pubblico turisti. Tra concerti e spettacoli pirotecnici il Moscow City Day e' una festa annuale che si svolge nel primo e secondo sabato di settembre, questo anno si e' festeggiato l'871esimo compleanno della citta', quasi nove secoli. La città fu fondata nell'anno 1147 da Jurij Dolgorukij.

Il City Day fu celebrato per la prima volta nel 1847, in occasione del 700esimo anniversario della città, ma non sempre e' stato festeggiato in ogni ricorrenza: è dal 1997, in seguito all'ordine esecutivo di Boris Eltsin, che viene sempre celebrato.

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In mostra in Umbria le emozioni e il rosso del Trecento di Giotto, di Spoleto e dell’Appennino.

Venerdì, 31 Agosto 2018 17:01

L’ambiente, la civiltà storico-artistica, civile e socio-religiosa sono oggetto di Capolavori del Trecento. Il cantiere di Giotto, Spoleto e l’Appennino. In corso fino al 4 novembre, Spoleto, Trevi, Montefalco e Scheggino accolgono le opere di pittura e scultura selezionate.

 

 

In realtà Scheggino funge soprattutto da punto informativo per gli itinerari, che toccano Umbria, Lazio, Marche e Abruzzo, con cui è possibile approfondire e proseguire la conoscenza e la fruizione dei temi proposti dalla mostra. Il piccolo paese attraversato dal fiume Nera, dove sui campanelli compaiono desueti nomi di battesimo o soprannomi e non cognomi, rende conto soprattutto dell’ambiente. Il corso del fiume si presta alla pratica del rafting, poco lontano, ha sede una delle più famose e diffuse aziende che si occupano della lavorazione e distribuzione del tartufo. A Scheggino sono esposti frammenti di affresco e del rosone dell’Abbazia si San Salvatore a Campi di Norcia colpita dall’ultimo terremoto. Altro tema che collega non solo gli altri luoghi proposti dagli itinerari, ma anche le altre mostre parte del ciclo Capolavori in Umbria e Marche tra Medioevo e Rinascimento. Due sono i cataloghi, quello più legato agli itinerari è ancora in corso di stampa.

A Spoleto l’esposizione è allestita nella Rocca Albornoziana, costruita tra il 1359 e il 1370 dal cardinale spagnolo Egidio Albornoz, per riportare e gestire il potere papale sul territorio. Gli splendidi ambienti, adibiti a carcere tra il 1817 e il 1982, persa del tutto la memoria di tale funzione, hanno acquisito un’aria quasi metafisica. Attualmente ospitano il Museo Nazionale del Ducato di Spoleto, il Laboratorio di dignostica per i Beni Culturali e la Scuola europea di conservazione e restauro del libro antico. La sezione della mostra espone frammenti di affresco e sinopie che si trovavano nella chiesa di Santa Maria delle Palazze alle pendici del Monteluco di Spoleto. Gli affreschi staccati si trovano ora, in gran parte, presso musei americani e sono presenti solo in immagine. Tre corali e sculture lignee fanno anche parte dell’esposizione. Gli ambienti museali della rocca permettono di espandere il tempo: prima del Trecento, con reperti archeologici, iscrizioni, sarcofagi, uno dei quali, medievale, mostra telamoni angolari, che ricordano divinità azteche con copricapo di piume. Dopo il Trecento con la Camera Pinta, dove due cicli pittorici, realizzati tra il 1392 e il 1416, illustrano una storia d’amor cortese e una tratta dal Teseida di Boccaccio, ma anche dalla stupenda Madonna con Bambino in trono, del siciliano Antonello de Saliba, più conosciuto come Antonello da Messina.

Altra sede spoletina altrettanto suggestiva, il Museo Diocesano e Basilica di Sant’Eufemia, il primo dedica una saletta ai capolavori del Maestro di Cesi, in particolare al Trittico con Incoronazione della Vergine dal Museo Marmottan Monet di Parigi. L’Assunzione della Vergine termina nell’abbraccio di Cristo. Lui ha lo sguardo rivolto verso di noi, a invitarci e includerci, mentre con un braccio circonda le spalle di Maria, che ha la testa reclinata sulla Sua spalla. L’altro braccio incrocia quello di Lei all’altezza del polso. Interamente rossa è la veste di Maria, di un tessuto decorato con motivi geometrici. Rossa la tunica di Cristo, ricoperta dal manto azzurro dalle pieghe dorate. Un tenero abbraccio e molto umano, sembra descrivere un amore reale, vissuto, di un uomo e una donna, non che quello divino non lo sia. La luce che si riflette sui dipinti e costringe a spostamenti tattici, è l’unica pecca di questo museo. Come nella Rocca il bookshop è interessante, lì per le pubblicazioni proposte, qui per i gadgets. Emozionanti anche le sculture lignee e in particolare il gruppo della Deposizione. Pannelli esplicativi trattano le tematiche salienti delle opere del Museo e mostrano confronti e analogie. Non solo i musei diocesani, ma la regione in generale, tiene conto dell’arte, prettamente religiosa, che compone il suo patrimonio. Il percorso prosegue nella Basilica di Sant’Eufemia, l’atmosfera grezza, scarna e mistica della pietra da risalto al rosso, predominante, nelle opere del Maestro di San Felice di Giano. Tra le due sedi si trova il Duomo, di cui, sempre in maiera succinta e riassuntiva, si citano due opere salienti: il Crocefisso di Alberto Sozio, dipinto su pergamena, firmato e datato 1187 e le Storie della Vergine, affrescate nella tribuna da Filippo Lippi, tra il 1466 e il 1469.

A Trevi oltre alla gigantesca croce sagomata, è la scultura lignea e la mano del Maestro di Fossa a colpire per la modernità delle espressioni e delle fattezze di volti e figure. Un esempio su tutti sono le tre statue che compongono la Natività raffiguranti il Bambino, Maria giacente, il viso luminoso e trasognato nel palmo della mano, e San Giuseppe, seduto in disparte, disilluso e rassegnato il suo di viso, pure nel palmo della mano. Nello stesso edificio si trova il Museo della Civiltà dell’ulivo. Sono da citare, almeno, il Duomo intitolato a Sant’Emiliano e la Chiesa di San Martino, ma anche Palazzo Lucarini che permette un’incursione nell’arte contemporanea.

Infine Montefalco, dove alla fama dell’olio si unisce quella del Sagrantino, pregiato vino rosso. Nel Complesso Museale di San Francesco, che pure permette un’incursione nell’arte contemporanea con le mostre temporanee che accoglie, sono tornati due dossali che, a seguito delle spoliazioni napoleoniche, sono attualmente conservati nell’appartamento di rappresentanza del Pontefice. In precedenza dalla Pinacoteca Vaticana era tornata, temporaneamente, nella Chiesa di San Francesco, dove si trovava prima dell’avvento di Napoleone, la Madonna della cintola di Benozzo Gozzoli. Suoi pure i bellissimi affreschi che si possono vedere nella chiesa, risalenti alla metà del XV secolo.

Per informazioni, indirizzi, orari, costo dei biglietti, visite guidate, si rimanda al sito www.capolavorideltrecento.it, presentando il biglietto di una delle sedi, si usufruisce dello sconto nelle altre. Il catalogo ha un costo di 40€.

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Langhirano (Pr): "Passaggi" - collettiva d'arte

Martedì, 24 Luglio 2018 07:20

L’incendio in una azienda. La voglia di ricominciare, di ripartire con nuovo spirito e nuove idee, passando non solo dalla ricostruzione fisica ma anche da un diverso rapporto col luogo, attraverso l’arte. Un passaggio, o meglio “Passaggi”, che coinvolgono non solo la concretezza dell’agire ma anche il pensiero: uno sguardo che è futuro per i valori aziendali espressi e per il modo in cui vengono messi in pratica. In questa visione di mecenatismo d’impresa si inserisce il percorso artistico dal titolo “Passaggi”, voluto dal Prosciuttificio Fratelli Galloni di Langhirano (Parma). Un intervento che ha aperto nuove strade, unico quindi nel suo genere, almeno sul territorio, poiché ha trovato nel proprio esistere le ragioni dell’innovazione. L’azienda Galloni ha vissuto di recente un cambiamento, con la necessità di ricostruire parte delle proprie strutture a seguito di un devastante incendio. Un punto di partenza che ha portato la famiglia Galloni ad aprire le porte alle arti figurative intese come sguardo sulla memoria e visione del futuro. Il progetto artistico è stato condiviso fra gli artisti e l’azienda. Esso è nato infatti, idealmente e formalmente dentro la “fabbrica”, da questa hanno tratto il proprio stesso esistere le idee e le opere. Brani di strutture distrutte dall’incendio hanno preso nuova forma e nuovo significato grazie alla creatività di Danilo Cassano, Candida Ferrari, Graziano Pompili e Aurora Fabri che, entrati negli spazi distrutti nel momento più drammatico, hanno vissuto per oltre un anno le fasi della rinascita aziendale. Insieme, hanno saputo fare “rete”, hanno cioè dato vita ad un nucleo primigenio di interventi creativi seguendo un unico cammino, diversificato nelle forme, ma unito nell’idea di integrarsi col passato, divenire presente e alzare lo sguardo verso nuove prospettive. Il percorso artistico che resterà in permanenza allestito negli spazi esterni del prosciuttificio, è stato aperto al pubblico corredato da una mostra temporanea degli stessi artisti, le prime tre domeniche di giugno.

“L’arte, fin dall’antichità, soprattutto in architettura, ha visto il riutilizzo dei materiali – scrive Stefania provinciali, critico d’arte che ha curato i testi in catalogo- Una storia antica, anzi antichissima in cui si può far rientrare negli anni Sessanta del Novecento il percorso dell’Arte Povera, un nuovo e diverso modo di proporre tutto quanto l’essere umano ha reso “rifiuto” con l’intento di evocare le strutture originarie del linguaggio della società contemporanea liberandolo dalle abitudini e dai conformismi semantici. Da allora, fino ad oggi, il riutilizzo dell’oggetto “rifiuto” ha ampliato i suoi presupposti giungendo a nuove definizioni d’arte, nuovi interventi formali e nuovi significati quali denuncia di una realtà che la coscienza dell’artista porta alle estreme conseguenze. Una lettura che attraversa i "Passaggi" voluti dagli artisti e dagli imprenditori insieme, in questo originale percorso d’arte".

Stesso, divenendo “Onda”. E’ “l’ Edicola votiva” di Alberto Vettori, memoria di riti passati. Una macchina lava-prosciutti “marchiata” dal fuoco, tutto in acciaio, diventa luogo dove posare pietre, come voti; dove lo stesso spettato-re può intervenire col suo gesto, può aggiungere o togliere quelle pietre divenendo partecipe dell’opera e dei suoi significati. Sono i “Custodi del tempo” dove all’acciaio è combinata la carta, fragile essenza in un rapporto visivo che delinea la potenza di differenti materie.

E’ il "Giardino magnetico", di Candida Ferrari che ha avvolto i tubi contorti in ferro zincato con plexiglas dipinto ad acrilico donando alle trasparenze del materiale allusioni cromatiche destinate a mutare con la luce del giorno e della sera. E’ la raffigurazione essenziale di un paesaggio abitato dalle dimore dell’uomo, di Graziano Pompili, che con l’opera “Dall’età del ferro” rievoca i bisogni primari dell’essere umano. Sono le voci degli artisti sguardo sulla memoria e visione del futuro, che hanno creato un percorso dove l’arte incontra il quotidiano, rendendo omaggio alla storia ma suggerendo insieme una diretta partecipazione del pensiero creativo alla vita.

 

Danilo Cassano

Itaca

La barca con rematori e scudi levati, è stata realizzata con una grande trave lunga 7 metri, deformata dal fuoco.

La barca è metafora del viaggio, il cui fine non è semplicemente la meta, ma la ricchezza portata dall’esperienza e dagli incontri vissuti. E dalla saggezza acquisita lungo il cammino.

Danilo Cassano

Porta di Ponente e Porta di Levante

Le porte, realizzate con grandi colonne recuperate di oltre 4 metri di altezza, sono metafore di passaggi che scandiscono e arricchiscono la trasformazione e la rinascita.

 

Aurora Fabri

Onda

Nella grande vasca d’acqua sul fronte dell’edificio, un gigantesco ferro deformato diventa un’onda, ingentilita da piccoli intarsi di ceramica. Nuove forme di vita che attutiscono la violenza del fuoco e crescono sui materiali distrutti.

Aurora Fabri

Fuoco

Fiori che faticosamente spuntano dalla sabbia, in modo drammatico e contorto, e si impongono alla vita contro il doore della distruzione. Colori forti e vibranti nascono dalla forza del fuoco. Oltre, sul terrazzo, si placano e trovano nella terra nuova linfa e nuove ragioni di vita.

 

Candida Ferrari

Giardino Magnetico

Una installazione dedicata al desiderio di bellezza e di elevazione spirituale. Sui tubi di ferro alti 4 metri trasformati dall’incendio e da esso colorati di ruggine, di blu, di piombo, salgono forme di plexiglas trasparente.

La luce, senza la quale nulla potrebbe esistere, illumina di notte questa scultura simbolica entrando nel profondo della sensibilità di chi guarda.

 

Graziano Pompili

Dall’età del ferro

Alta 5,6 metri e costruita con materiali ferrosi recuperati tra la struttura e le attrezzature del prosciuttificio distrutto, l’opera propone il tema della casa. La forza drammatica del ferro nero che vira nel rosso acceso, ha in sé la potenza di una vita che si riprende e si riafferma. La casa, la palafitta tanto presente nella storia antica del territorio, diventa un’indicazione poetica, segno primario e concreto della presenza dell’uomo.

 

Alberto Vettori

I custodi del paesaggio

Unica opera interna, è composta da due lastre metalliche che fungono da supporto ai piccoli paesaggi inseriti all’interno delle lastre stesse. Due carte verticali dipinte e appese, sembianze di presenze ieratiche, assumono il ruolo di custodi della memoria e del paesaggio circostante.

Alberto Vettori

Edicola Votiva

E’ una struttura metallica alta 4 metri, deformata dalle fiamme e dal calore durante l’incendio. La sua identità originaria ha ceduto ai volumi la memoria funzionale: rimane a testimoniare ora la riconciliazione del luogo. Segno forte nello spazio circostante, aggiunge al ricordo un monito e una riflessione.

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11 edizione della cultura ebraica: palazzo del Portico d’Ottavia a Roma

Lunedì, 02 Luglio 2018 09:01

 Speciale giornata sulla cucina e mostra del dopoguerra su Israele

 

 

Se non ci fosse stato San Paolo, forse, oggi saremmo tutti ebrei e probabilmente anche il nostro cibo. Come sarebbe stata, quindi, la nostra cucina? attraverso il breve convengo sulle pietanze ebraiche, tenutosi lunedì 25 giugno presso il Palazzo della Cultura del Ghetto Ebraico, con esperti di ricette e alimentazione come Laura Ravioli, Fabiana Mendia e Giulia Gallichi Punturello, Ariela Piattelli, ci siamo immersi nella cultura ebraica con le sue tradizione ed un cibo tra l’esotico e diverse contaminazioni tripoline. Un cibo mai noioso, influenzato dai paesi con cui è venuto a contatto, come la cucina romanesca. Guardiamo ad esempio ai formaggi oggetto del rinfresco del festival, lavorati secondo la memoria ebraica, sono gli stessi della cucina italiana, ma trattati secondo le regole e precetti della religione ebraica. Infatti gli ebrei non possono accostare formaggio e carne, così da oltre 2000 anni è stato introdotto nella lavorazione il caglio vegetale in sostituzione di quello animale, utilizzando degli estratti del cardo, una pianta che cresce nelle pianure sarde ed adoperata dai pastori sardi per cagliare il latte di pecora e con il siero fare delle caciotte di pecora e della gustosa ricotta. Lo sa bene il proprietario del noto ristorante “Yotvata Cheese Italia” di Piazza Cenci produttore di formaggi lavorati secondo la “tradizione” “Per farla breve – spiega Marco Sed del ristorante kosher Yotvata – circa 12 anni fa ho iniziato la produzione di formaggio di ricotta e mozzarella e poi ho ampliato la gamma di formaggi italiani fatti secondo lo standard Kosher ed ho poi iniziato la vendita anche nei mercati esteri. Oggi la nostra clientela è soprattutto ebraica che apprezza i nostri formaggi naturali e digeribili senza aggiunta di prodotti animali”.

Eredi preziose della cultura ebraica sono le donne, nonne e madri, che la loro cucina ha trasmesso una sapienza fatta di spostamenti e attimi da ricordare. Cucina fatta di regole religiose, tradizioni, ma

 
 Immagini della mostra sugli eventi politici e sociali nel dopoguerra in Israele

anche quella più intima del proprio focolaio domestico come la Shakshuka un piatto specy, di uova e pomodoro. Un cibo scandito dal tempo e dalle ricorrenze, da interpretazioni e tocchi personali, da sapori e contaminazioni culturali . “Molte ricette, come ad esempio quelle degli ebrei libici arrivati in Italia con una forte identità – spiega - originaria di Napoli Giulia Gallichi Puntarello - fanno oggi ancora parte dei menù dei ristoranti del ghetto romano” . E’ stupefacente accorgersi quanto ogni cibo sia collegato a un evento ad un gesto, memorie che si intrecciano per non dimenticare ma nello stesso tempo per non farsi imprigionare da esse, guardando al futuro e ,perché no, anche alla cucina molecolare. Cibi che parlano per simboli, come il melograno i cui chicchi raffigurano i precetti positivi da osservare,oppure la zucca auspicio di guadagno e abbondanza, cibi della storia agricola come il pane, i carciofi romaneschi alla giudia e infine i dolci ,sentinelle delle feste, come quella pasquale la Pesah, con un dolce di pizzarelle e miele, o la Shavuot l’augurio di buon anno di ricotta e visciole. Dolci visti attraverso la festa del Re Fagiolo dove si nasconde il fagiolo tra i dolci e chi lo trova diventa il Re, o la festa di San Nicola del 6 dicembre dove si lasciano ai bimbi buoni tante leccornie. E non dimenticare quando dovevi partire e non avevi che poche sterline, e non potevi portare con te nulla se non un po’ di the e caramello e per questo a fine pasto si finisce proprio con la cerimonia del the e caramello. Insomma l’antisemitismo si può combattere a tavola dichiara Riccardo Di Segni rabbino capo di Roma, sul quotidiano la Repubblica, e questo è tanto più vero quando assaggi la pizza ebraica, un biscotto con dentro canditi e uva passa del forno del quartiere ebraico del centro di Roma.


Il festival della cucina ebraica è stato accompagnato da un mostra sulle donne straordinarie ed eventi legati al tempo che hanno contribuito alla vita sociale e politica dello Stato d’Israele subito dopo la 2^ Guerra Mondiale: come Golda Meir primo ministro eletta nel 1969, Rebecca Sieff promotrice del Movimento delle donne sioniste, la Conferenza Internazionale sul Nucleare del 1957, università di Bar Ilan con la consegna dei diplomi e il tempo delle operaie al lavoro nel 1950 , il tempo del voto delle donne per il rinnovo della Knesset nei kibbutz 1959. C’è un tempo per tutto per mangiare, per lavorare, per fare politica per innamorasi. Il mondo ebraico ti fa innamorare, chi è tornato da Israele lo sa bene, e allora per rendere la propria vita straordinaria ad ottobre sono aperte le iscrizione per imparare l’ebraico moderno e biblico presso il Centro Culturale Ebraico e a Marzo 2019 viaggio in Israele per prendere parte ad un seminario per costruire un mondo migliore (www.oneminutemeditation.com/rvs).

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Roma, a Palazzo Altemps, una conferenza, una mostra, tante suggestioni

Giovedì, 28 Giugno 2018 13:15

Sotto lo sguardo vigile del padrone di casa, il cardinale Marco Sittico Altemps, troneggiante dall’apice del fastigio con stemma e iscrizione sul caminetto, Salvatore Settis, ha parlato su Mostrare la storia, coltivare la memoria nei Musei.

Nella dimora gentilizia, che, ora, è una delle sedi del Museo Nazionale Romano, in particolare quella che rende conto del collezionismo delle famiglie nobili nel Rinascimento, al cospetto del Galata suicida e del Sarcofago Ludovisi, si è parlato del MEIS, Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah. Il MEIS è a Ferrara, la città che, nel Quattrocento dei Gonzaga, ha accolto gli Ebrei, ancora una volta cacciati e, che, in tempi più vicini, con Il giardino dei Finzi-Contini di Giorgio Bassani, tramanda la memoria di storie personali vissute all’interno della Grande Storia, prima e dopo le leggi razziali fasciste. Il museo ferrarese è responsabile della comunicazione della memoria dei duemila e duecento anni della comunità ebraica “italiana”. La mostra attuale, illustrata nel catalogo edito per i tipi della Electa, è stata definita “prefigurativa” di ciò che sarà il museo, anche perché la memoria che tramanda è dei “primi mille anni”. È costituita da opere provenienti da altri musei e da calchi e riproduzioni di quelle inamovibili. Addirittura sono stati ricostruiti tratti delle catacombe ebraiche di Roma. È connotata dall’aniconismo.

A Roma duecento anni prima di Cristo si è stabilita la comunità ebraica. Da Roma è partita la distruzione del Secondo Tempio di Gerusalemme per mano di Tito. Nei rilievi all’interno del fornice centrale dell’arco dedicato all’imperatore alle pendici del Palatino, la memoria storica dell’evento. L’immagine della Menorah è scolpita nella pietra, tra i trofei del corteo trionfale.

La memoria come trauma, come comunicazione del trauma, se nel Sarcofago Ludovisi trova espressione nella sopraffazione, nel Galata suicida è, invece, il non arrendersi oltre la morte, che viene testimoniato.

La memoria non è asettica, è, al contrario, affettiva, coinvolgente. La memoria è selettiva, decide cosa e come ricordare. Lo stesso fa l’oblio. Memoria e oblio costruiscono il futuro. Nella intitolazione delle strade si traccia una memoria topografica. Intitolare una via ad Almirante significa voler dimenticare i suoi scritti razzisti o almeno sminuirne, se non occultarne la gravità. Azione ancora più grave se assecondata e giustificata da un Ministro dell’Interno. Vuol dire obliare il ruolo attivo, la partecipazione degli Ebrei Italiani, all’unità d’Italia e alla formazione dello Stato. Vuol dire voler dimenticare di essere nati come società calda, come la definisce Levi-Strauss, connotata dalla stratificazione delle diversità, dall’accoglienza della diversità.

Il museo come luogo di comunicazione della storia e di coltivazione della memoria, oggi, è un’istituzione che sta cambiando. Dall’educazione del popolo si sta passando all’edutainment, l’intrattenimento educativo.

Orhan Pamuk vede un parallelo tra il passaggio dall’epica al romanzo e dai musei dei palazzi ai musei nazionali. Questi ultimi dovrebbero partecipare non solo la grande storia, ma la storia quotidiana, testimoniata, ad esempio da quegli oggetti d’uso esposti nei musei archeologici.

Può essere letta in tal senso la mostra in corso, Citazione pratiche. Fornasetti a Palazzo Altemps. Personalmente, la sensazione suscitata dall’interazione tra gli inarrivabili capolavori del passato e l’irriverente ironia delle opere del presente, è di forte disturbo e irritazione. Gli spazi del Palazzo e l’aura dei capolavori risultano violati, invasi. Il passaggio dall’epica al romanzo corrisponde a quello tra aristocrazia e borghesia, ma non si tratta di una transizione naturale, ma di un vero e proprio quarantotto.

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EDIZIONE 2018 DELLA FESTA DELL’ ESTATE ALL’ ACCADEMIA TEDESCA

Venerdì, 22 Giugno 2018 07:33

PERFORMANCE DI ARTE DEI BORSISTI 2017/2018  - RUBBANO L’ANIMA A ROMA


Tutti gli anni Villa Massimo apre le porte ad uno degli eventi romani più significati della capitale: mercoledì 20 giugno 2018, infatti, tra le carezze del vento del ponentino e l’aria frizzante , la fila delle persone per entrare all’evento (gli ospiti non hanno dovuto aspettare molto tutto era organizzato in stile tedesco ordinato e puntuale), ai bellissimi giardini di un verde intenso, arricchiti con busti antichi, alla grandezza degli edifici della Villa, è stata inaugurata l’edizione 2018, Festa dell’Estate dell’Accademia Tedesca. Un viaggio festoso da godere fino alla fine immersi nelle sale allestite con mostre, letture, concerti, performance dei borsisti residenti per 10 mesi nella capitale. E’ cosi che abbiamo incontrato il contrabbasso dell’artista Jay Schwartz che ha vibrato sotto le onde dei gong, portandoti in un luogo, lontano dallo stress quotidiano, il luogo della pace, di cui questo pianeta ha immenso bisogno.

L’incanto ha proseguito nelle altre stanze affacciate sui rigogliosi giardini di Villa Massimo con il ceppo sradicato da terra ,dell’artista Cristoph Keller, caduto in via Tiburtina e trasportato nel luogo espositivo, e foto di Corviale, di una gioventù che ha visto già troppo, ed i grattacieli del quartiere come cubi neri uno sull’altro e la solitudine raccontata da un immagine dentro una stanza buia, come in opera di Quasimodo dove gli sguardi di questi giovani in erba trafiggono il cuore e poi arriva il buio, dell’artista Benedict Esche.

Pochi passi e incontriamo l’atelier di un altro artista , Bettina Altamoda che fa spalancare la bocca e gli occhi per la luce e i colori dei sui drappi di stoffe iridescenti con grandi paillette. I borsisti 2017/2018 hanno colto nel poco tempo trascorso a Roma i colori, suoni, architettura, la natura della bella capitale e sembrano dirci come in un quadro del Caravaggio “Guarda”.

Interessante il lavoro del pittore Marx Ernst presentato dall’artista Thomas Baldischwyler, il quadri di Simone Haug in omaggio alle tavoglie delle famiglie di Olevano Romano e dintorni, e il box bianco con all’interno la pianista Hui Ping lan che ha suonato in prima italiana il brano The Incredible Nightcrawler.

Dopo le mostre ha “aperto le danze” alle ore 21.00 il buffet : anche in questa occasione nonostante la presenza numerosa di persone, le pietanze sono state servite velocemente, “come si dice i Tedeschi non si fanno parlare dietro”. Piatti e forchette ecologiche non è mancata la mostarda, cetrioli, rapa rosa, patate e wuster con polpette. Birra e vino e una mousse con yougurt e frutti di bosco come dessert. Personaggi noti e meno noti hanno accompagnato la serata, tra cui l’ incontro veloce con il vicesindaco del Comune di Roma Luca Bergamo.

La serata ha proseguito fino a mezzanotte con il DJ Cilloman nel parco di Villa Massimo tra alberi centenari si è ballato. Anche la musica della disco/dance è stata un’ autentica opera di arte , con proiezioni di luci sugli alberi, sembrava di stare in una spa per la terapia dei colori e una musica tecno dai suoni delicati come in un rave party per altolocati. Un’ esperienza da ripetere all’Accademia Tedesca, ma di questo ne siamo sicuri con la prossima festa dell’estate 2019 che racconta Roma e ne ruba l’anima.

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Le iscrizioni nascoste dei vasi ateniesi svelate ai Musei Vaticani

Venerdì, 22 Giugno 2018 00:34

I giovedì dei Musei Vaticani sono occasione di comunicazione con il pubblico, sia essa la presentazione di un restauro o di una pubblicazione. Ma è comunque sempre una comunicazione scientifica, ottemperando a quel dovere dell’istituzione museale, che è il continuo aggiornamento su tutto ciò che la riguarda. Uno scambio culturale tra istituzioni e discipline differenti, non ultimo, in funzione della formazione, perché, da sempre, il museo ha una funzione educativa.

L’ultimo appuntamento del giovedì ha riguardato un argomento, eccezionale e particolare insieme, intitolato: Oltre l’immagine. Iscrizioni nascoste sui vasi ateniesi, straodinarie scoperte tra il Museo Archeologico di Firenze e il Museo Gregoriano Etrusco.

Mario Iozzo, direttore del Museo Archeologico di Firenze, ha esaurientemente spiegato, da una parte l’importanza della scoperta e della sua divulgazione e, dall’altra, la differenza con altre iscrizioni presenti sui vasi.

Prima di tutto è utile ricordare che le decorazioni sui vasi sono l’unica testimonianza che ci rimane della pittura greca.

Le iscrizioni visibili sui vasi, di solito sono costituite dai nomi dei personaggi raffigurati, divinità o eroi della mitologia, oppure sono dediche.

La particolarità di quelle nascoste è che sono state coperte dal colore e non erano destinate ad essere viste. L’ipotesi è che fossero un messaggio, una comunicazione operativa tra il vasaio e il decoratore o cermografo. Non sempre le due figure coincidevano nella stessa persona. Queste iscrizioni sono poste anche in punti strategici, comunicavano cioè, anche in base alla posizione. L’iscrizione poteva addirittura essere un verso tratto da una rappresentazione teatrale. Il ceramografo non solo conosceva la scena e le figure che doveva ritrarre, ma la posizione strategica dell’iscrizione, indicava anche la disposizione delle figure e il loro atteggiamento. Ad esempio la direzione dello sguardo, come si può vedere dall’immagine di Edipo con la Sfinge, nella kylix attica a figure rosse. Il vaso eponimo, che cioè da il nome all’artista che l’ha prodotto, definito Pittore di Edipo, è parte della collezione etrusca dei Musei Vaticani. Proviene da Vulci ed è datata tra il 470 e il 460 a.C. La tipologia dei vasi è distinta in base alla loro forma e funzione, la kylix è una tazza poco profonda con manici.

Le iscrizioni nasconste quindi costutuiscono un avanzamento e un’apertura negli studi delle botteghe e delle figure degli artigiani. Quella che si auspica è una ricerca a tutto campo condotta all’interno delle collezioni di tutto il mondo. Non è la prima volta che qualcuno vede queste iscrizioni nascoste, già gli studiosi del passato, pur guardando solo ad occhio nudo le avevano intraviste. Oggi siamo avvantaggiati dai progressi della tecnologia, che costituisce anche uno dei motivi per cui i Musei Vaticani sono stati coinvolti, sono infatti responsabili delle immagini delle iscrizioni, di difficile realizzazione. L’altro motivo è che sono detentori di una delle più importanti collezioni di vasi greci, che costituiscono una sezione corposa del Museo Gregoriano Etrusco.

I vasi erano oggetti preziosi, veri e propri status symbol, parte del corredo funerario di personaggi importanti del mondo etrusco.

Il pezzo più famoso è forse l’anfora a figure nere dove sono raffigurati Achille e Aiace che giocano a dadi. L’opera è firmata da Exekias, il famoso artista che era sia vasaio che ceramografo ed è datata tra il 540 e 530 a.C. Sono presenti altre iscrizioni visibili, oltre ai nomi, dalla bocca dei personaggi, a mo’ di fumetto, esce la scritta col punteggio realizzato.

I giovedì dei Musei Vaticani riprenderanno dopo la pausa estiva, in chiusura è stato ricordato l’appuntamento con la mostra dedicata a Johann Joachim Winckelmann, che chiuderà le celebrazioni dedicate, tra il 2017 e il 2018, all’archeologo ed erudito in occasione dei 300 anni dalla nascita e i 250 dalla morte.

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Fasti e colori dall’ Uzbekistan

Giovedì, 21 Giugno 2018 03:11

Serata evento in onore del gruppo di ballo SANAM - alla scoperta del Folklore Uzbeko 

Anzio, 13 giungo – I colori e la tradizione dell’Uzbekistan incantano il pubblico di Anzio, che accorso numeroso ha assistito e partecipato alla serata dedicata al gruppo di ballo folkloristico SANAM esibitosi durante l’evento organizzato dall’ Ambasciata dell’Uzbekistan in Italia, di cui era portavoce e presente l’Head Mission of the Embassy of the republic of Uzbekistan Mr. Rustam Kayumov, e curato da Salvo Cacciola presso la sua AQ International.

Il gruppo SANAM nasce nel 2002 e vanta la presenza di 40 artisti (tra cui 20 ballerini) che esportano la cultura del paese Uzbeco in giro per il mondo, avendo alle spalle spettacoli in ben 41 Paesi.

Il direttore artistico e cantante Mr. Shuhrat Vakhidov, nonché Direttore del Central Palace of Culture presso Tashkent (capitale dell’Uzbekistan), si è esibito insieme a parte del gruppo SANAM e alla ballerina Mrs. Rushana Sultanova. L’esibizione ha catturato la platea grazie alla presenza dei costumi originali delle varie

 Mr. Rustam Kayumov (a sin.) e Salvo Cacciola

Regioni del Paese (Khorezm, Fergana, Bukhara, Tashkent, Surkhandarya) indossati dalle danzatrici e alle musiche rituali e quotidiane delle danze tradizionali, conosciute per il grande pathos emotivo trasmesso tramite la gestualità delle mani e del volto.

Degno di nota è stato il duetto canoro del Baritono Vakhidov e della Soprano Marzia De Lorenzo, che citando la cultura operistica italiana tramite Caruso, hanno espresso una lode all’ arte senza barriere, in grado di avvicinare diverse culture e gli animi delle persone. Questo incontro artistico, voluto da Cacciola e Francesca Pellegrino,nasce dalla consapevolezza del successo che ha la musica italiana in Uzbekistan, tra tutti la lirica e le canzoni di Albano e Toto Cutugno.

È Mr. Rustam Kayumov a sottolineare l’importanza della serata: «L’Italia per noi è una Nazione affascinante, perché con essa condividiamo non solo la tradizione millenaria che tutt’oggi ci identifica nel mondo, ma anche l’importanza dell’espressività artistica manifesta nelle tradizioni folkroristiche. In questo quadro, Anzio è una città dalle infinite potenzialità che vanta un passato degno di nota e che ringraziamo per aver partecipato a questa serata di cultura e divertimento». A queste parole è stato aggiunto il desiderio e l’auspicio di portare avanti una stretta e proficua collaborazione, iniziata da Salvo Cacciola che per anni ha rappresentato la Nazione Uzbeca effettuando studi sul posto e promuovendone la storia e la cultura.

Quest’ ultimo, a chiusura dell’evento, insieme ad Augusto Mammola, presidente della Pro loco città di Anzio, e parte del Consiglio Direttivo della stessa Associazione, ha consegnato una prestigiosa targa al gruppo di ballo e all’ Ambasciata Uzbeca come segno di riconoscimento e di ospitalità da parte di tutta la città Anziate.

Un evento che rimarca l’importanza per la città di Anzio di promuovere la cultura tout court, la quale, in quanto città di Nerone, porta con orgoglio sulle spalle una storia fastosa che spesso dimentichiamo di promuovere con la giusta importanza e consapevolezza.

                                                                                                                                  

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L’Ambasciata della Repubblica dell’Uzbekistan in Italia ad Anzio

Giovedì, 07 Giugno 2018 21:21

Anzio, sabato 12 Maggio - Una giornata preziosa e significante, rappresentata dal  Capo Missione e Primo Addetto Commerciale  dell’Ambasciata dell’Uzbekistan Rustam Kayumov, dal Console Mr. Shuhrat Rashidov,Capo Dirigente Finanziario Madam Farzona Muminova, Madam Nilufar Kayumova e dal Rappresentante Legale dell’“Uzbekistan Airways” in Italia Khushnud Artikov, che ha messo in evidenza il ruolo prestigioso dell’ Ambasciata dell ‘ Uzbekistan in Italia e ha presentato la compagnia aerea di bandiera “Uzbekistan Airways”, promotrice di nuove rotte di collegamento tra Italia, Uzbekistan ed India e ha visto la grandissima partecipazione di pubblico e della Comunità Indiana fornendo l’occasione di vivere questa giornata come esperienza di cultura, integrazione e festa.

Salvo Cacciola e la sua AQ International hanno avuto l’onore e il piacere di ospitare questo importantissimo evento, sotto il coordinamento dei Carabinieri del Comando Stazione di Lavinio Lido Di Enea e del loro Comandante Giuseppe Luca. Il primo interesse è stato quello di rafforzare i rapporti già esistenti tra Italia, Uzbekistan e India che è rappresentata dalla comunità indiana presente in modo importante nel territorio anziate e nel Lazio con cui l’Associazione NCR.it lavora da anni promuovendone e integrandone l’interessante identità culturale.

Da menzionare la stessa presenza di Salvo Cacciola, insieme alla collaboratrice Francesca Pellegrino, a nome della Pro Loco “Città di Anzio” che, grazie al lavoro del proprio Presidente Augusto Mammola, si impegna annualmente per la promozione e la

 
 Il prof. Salvo Cacciolla

conoscenza del mostro territorio.

“L’Uzbekistan è uno scrigno inesplorato, la cui cultura è la perfetta cerniera e comunione tra Occidente e Oriente. È una regione dall’importanza unica dove il tempo ha costruito le civiltà rimanendo intatto e preservandone gli aspetti.” Così Salvo Cacciola giustifica i solidi contatti con il Paese, dimostrato dall’ interesse continuo promosso anche durante la sua manifestazione “Luci nel Blu” dove, ogni anno, affronta l’argomento del Lago di Aral per cui la mano dell’uomo ha causato una catastrofe ambientale, prosciugandone le acque, seconda al disastro di Cernobyl.

Un sodalizio rimarcato grazie a questa giornata, che si propone di continuare e di gettare nuove basi per una fruttuosa collaborazione socio-culturale intenta anche a far conoscere Anzio e questa bellissima Regione dell’ Uzbekistan, dove la grandezza del passato conserva ancora una preziosa attualità.

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Ad Antonio Casu “La pergamena del nuovo umanesimo 2018”

Martedì, 05 Giugno 2018 17:43

Martedì 5 giugno nella prestigiosa sala Igea della Enciclopedia Italiana, a Roma, è stato assegnato il Premio “Le rosse pergamene del nuovo umanesimo” ideato e coordinato dalla scrittrice Anna Manna. Due le giurie tecniche presiedute da Corrado Calabrò che premierà i vincitori del concorso sulla poesia per la Calabria e da Neria De Giovanni che assegnerà i premi speciali per il nuovo umanesimo .

“La pergamena del nuovo umanesimo 2018” è stata conferita a Giurie riunite ad Antonio Casu, Consigliere capo servizio e Bibliotecario della Camera dei Deputati, membro di vari comitati scientifici, condirettore di collane di filosofia politica, autore e /o curatore di oltre cento pubblicazioni, uno dei massimi studiosi di Thomas More e presiedente dell’Associazione culturale “Cenacolo di Tommaso Moro”.

Antonio Casu, della famiglia del grande studioso di Berchidda Pietro Casu, ha ottenuto il premio, come si legge nella motivazione, perché : “La sua “curiositas”lo ha portato a spaziare in diversi campi del sapere ma sempre con il medesimo rigore da bibliofilo e ricercatore.

Ne sono prova gli ultimi preziosi volumetti che aprono la collana “Sentieri” delle Edizioni Nemapress, “La memoria e il sacro, Appunti di viaggio nella letteratura del primo Novecento” e “L’enigma Grazia Deledda, la grande scrittrice e il lungo silenzio delle Istituzioni”.

Antonio Casu con la sua attività di studioso ben incarna lo spirito con cui il Premio intende contrastare il pericolo di una retrocessione rispetto ai valori del vivere in “social catena”.

Durante la cerimonia Neria De Giovanni ha presentato il “Manifesto delle donne letterate per l’educazione al sentimento” proponendo un convegno in autunno che coinvolgerà intellettuali di tutta Italia per una lotta contro la violenza di cui sono vittime le donne e non solo, per una proposta di impegno culturale e civile, per un nuovo umanesimo rispettoso della persona umana.

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Presentazione del Catalogo delle pubblicazioni delle Edizioni Musei Vaticani e di un trittico di volumi ai Musei Vaticani

Lunedì, 04 Giugno 2018 21:02

L’istituzione museo nasce come luogo-contenitore delle arti e della memoria culturale ad esse legata. Luogo della memoria e dell’identità quindi, l’accento sulla funzione educativa, da svolgere sul pubblico, viene posto dall’Illuminismo e dall’epoca napoleonica.

A livello legislativo le funzioni del museo sono raccolte, da una parte sotto il termine tutela, intesa come conservazione dell’oggetto e della memoria ad esso legata, implicante la conoscenza dell’oggetto stesso e del suo contesto. Dall’altra sotto il termine valorizzazione, inteso come divulgazione ad un pubblico più vasto possibile del contenuto museale. Anche in questo caso è implicata la conoscenza, in funzione della fruizione e acquisizione di informazioni, ma anche dell’intrattenimento a vario livello.

L’attività editoriale del museo ottempera ai doveri e alle funzioni dell’istituzione.

Nelle scorse settimane i Musei Vaticani hanno presentato il Catalogo delle pubblicazioni 2018 e un trittico di volumi.

Alla stessa collana Dentro il Palazzo, appartengono Vestire i palazzi. Stoffe, tessuti e parati negli arredi e nell’arte del Barocco e Lusingare la vista. Il colore e la magnificenza a Roma tra tardo Rinascimento e Barocco, dedicati agli allestimenti, agli arredi e alle collezioni dei palazzi romani nell’età moderna, a questi si aggiunge Il Papa e le sue vesti. Da Paolo V a Giovanni Paolo II (1600-2000). I tre volumi hanno in comune l’intento ormai dichiarato da anni di contravvenire alla divisione tra arti maggiori e minori, per tornare ad una visione complessiva e di contesto. Viene confermata quella attenzione accordata all’effimero e al collezionismo. Ancora nuova è l’attenzione concessa al tessuto, indagato nelle sue molteplici sfaccettature di manifattura, moda, mercato.

I due volumi della collana hanno visto la collaborazione tra il Getty Research Institute di Los Angeles, la “Sapienza” Università di Roma e i Musei Vaticani. Parati, tessuti, arazzi e i cosiddetti corami, cioè cuoi lavorati, di cui si ha un esempio nelle pareti laterali di quella che era la cappella privata di Urbano VIII, adiacente alla Stanza dell’Incendio di Borgo di Raffaello ai Musei Vaticani, costituiscono gli oggetti di ricerca di Vestire i palazzi.

La magnificenza espressa da mosaici, dai marmi pregiati e dagli stucchi è il tema di Lusingare la vista.

Il Papa e le sue vesti indaga sulle figure dei pontefici, dei committenti, degli artigiani, dei disegnatori, dei tessitori e dei ricamatori.

Vestire i palazzi

Stoffe, tessuti e parati negli arredi e nell’arte del Barocco

Dentro il Palazzo, 1

Edizioni Musei Vaticani


Città del Vaticano 2014


€ 56,00

Lusingare la vista.

Il colore e la magnificenza a Roma tra tardo Rinascimento e Barocco

Dentro il Palazzo, 2

Edizioni Musei Vaticani


Città del Vaticano 2017


€ 60,00

Marzia Cataldi Gallo

Il Papa e le sue vesti

Da Paolo V a Giovanni Paolo II (1600-2000)


Edizioni Musei Vaticani


Città del Vaticano 2016


€ 70,00

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A Roma al Palazzo Santa Chiara l’esposizione Giovanni Neri. Opere recenti

Martedì, 29 Maggio 2018 00:42

Circa venti opere realizzate da Giovanni Neri negli ultimi due anni, sono disposte negli spazi del Palazzo Santa Chiara nel cuore di Roma. Sono disposte più che esposte, perché entrano quasi a far parte dell’arredo dei particolari ambienti del palazzo, adibiti soprattutto ad ospitare eventi. Una parte dell’edificio seicentesco viene trasformata in teatro nel 1873.

I dipinti sono dislocati lungo le mura perimetrali di quello che possiamo definire il foyer del piccolo teatro, che, sul fondo, si apre su uno spazio minore dove si trova l’accesso alla Cappella del Transito di Santa Caterina da Siena. Il corpo della Santa è visibile al di sotto dell’altare centrale della Chiesa di Santa Maria sopra Minerva. La cappella fu realizzata nel 1638 negli ambienti che l’avevano ospitata, ormai spogli di qualsiasi memoria materiale.

Nel foyer, al di là di una tenda, si accede ad un disimpegno che conduce al piccolo teatro, mentre sulla sinistra parte una breve scalinata. Sui gradini, il Banner di Giovanni Neri è una sorta di guida che conduce al dipinto posto alla sommità, creando un allestimento suggestivo.

Le opere sono costituite in maggioranza da acrilici su masonite.

L’effetto dripping, che ricorda la pittura gestuale di Pollock, è accompagnato da quello che sembra generato dalla stessa interazione chimico-fisica del colore con se stesso e con la superficie. Una sorta di interferenza o onda, è quella che sembra di vedere, o come se il colore avesse una consistenza elastica e fosse stato tirato e deformato.

Proprio nel gesto e nel colore Giovanni Neri, in questi ultimi anni, ha trovato la migliore espressione dell’emozione e della sua ricerca. Questa si svolge per temi, gran parte delle opere esposte appartengono alla serie Leggendo Ungaretti.

L’esposizione è accompagnata da un catalogo che rende conto del lavoro dell’artista, le immagini coprono un arco temporale che dal 1989 arriva al 2018.

Nella pubblicazione si parla anche del documentario Terre incolte. Giovanni Neri e la sua pittura, che fa capire come l’arte sia per lui una necessità di evasione dal quotidiano lavoro della terra.

 

 

Giovanni Neri

Opere recenti

17 maggio-12 giugno 2018

Roma, Palazzo Santa Chiara

Ingresso libero

Orari: dalle 10 alle 20.30, lunedì chiuso

Catalogo: Palombi Editori €. 19,00

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Alla Garbatella a Roma: Contemporanea-mente, mostra collettiva

Martedì, 22 Maggio 2018 06:19

Fino al 26 maggio è visibile presso Cosarte a Roma, la mostra collettiva Contemporanea-mente. Non c’è un tema univoco che collega le opere, differenti anche per il mezzo espressivo prescelto dai diversi autori. In prevalenza sono state realizzate con una tecnica mista, come le opere di Luciano Antonacci, ma anche con colori acrilici, Maurizio Campitelli, o olio su tela, Anna Cunicella. In gran parte sono dipinti, ma sono presenti anche alcune fotografie di Giorgio Cirillo e di Debora Gloriani, delle illustrazioni di Cinzia Isabella Chitti e una scultura di Enzo Romani, forse il più classico degli autori presenti.

Figurativo, Debora Mazzone e astratto, ricorda la tecnica del dripping di Pollock, Maria Grazia Lunghi, ma anche recupero e riutilizzo di materiali, proposto da Roberto Fantini.

Il trait d’union è da rintracciarsi proprio nel titolo, in cui mente e contemporanea sono separati. Il protagonista è quindi il mondo contemporaneo interpretato, però, o meglio filtrato, pensato dalla mente, che condivide e vive il medesimo momento.

Lo spazio espositivo di Simona Gloriani nasce come scelta di vita, a contatto con il quotidiano del quartiere Garbatella. Si apre sulla strada come spazio creativo che invita a partecipare a corsi di pittura, ad eventi di varia natura, disponibile alla collaborazione con altre iniziative culturali ad ampio spettro presenti sul territorio.

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2018: le nozze d’argento di Javier Marìas con il Premio della Critica spagnola

Martedì, 08 Maggio 2018 03:55

Annunciati a Murcia i narratori e i poeti delle quattro lingue ufficiali vincitori del Premio conferito dall’Associazione Spagnola dei Critici letterari

 

 

Come ormai da tradizione a fine aprile sono stati proclamati i vincitori dei Premi Nazionali di poesia e narrativa decisi dall’Associazione Spagnola dei Critici Letterari, l’unico premio nazionale che dal 1975 include a pari merito gli scrittori delle quattro lingue ufficiali dello Stato spagnolo: castigliano, catalano, basco e galiego.

Il Premio della Critica che era sempre convocato a Saragoza, Barcellona e Madrid ha iniziato a proporsi in diverse città spagnole cambiando ogni anno sede di conferimento. Le ultime città che lo hanno accolto, tra le altre, sono Soria, Santa Cruz de La Palma, Pontevedra, Logroño, Cáceres, Santander, La Coruña, Sevilla, Lugo.

Il rituale si ripete dal 1956 quando un gruppo di critici spagnoli propose di organizzare un premio indipendente, dal prestigio riconosciuto, che sottolinea l’influenza della critica letteraria in contrasto con i premi più commerciali. Infatti la peculiarità di questo Premio è che viene assegnato senza alcun compenso in denaro o altro riconoscimento materiale; addirittura i premiati sono assenti perché sanno del premio soltanto cinque minuti prima che la Giuria lo annunci alla Stampa.

E’ veramente singolare assistere allo spoglio delle preferenze espresse dalla giuria dei critici spagnoli che via via si assottiglia eliminando i meno votati fino alla discussione sui due più votati che devono arrivare allo spareggio!
Serietà e continuità nel tempo caratterizzano così questo Premio che conta tra i suoi vincitori i più affermati scrittori nelle lingua della Spagna: dal premio Nobel Camillo José
Cela a Torrente Ballester e Delibes fino a Luis Mateo Díez passando per Ana Matute, Vargas Llosa, Aldecoa, Cristina Fernández Cubas e Aramburu, tra gli altri grandi narratori di ieri e di oggi; Vicente Aleixandre, Luis Rosales e Blas de Otero, José Ángel Valente, José Hierro, Caballero Bonald e María Victoria Atencia, passando per Guillermo Carnero, García Montero, tra gli altri poeti di prima linea.

Così anche i più importanti poeti e narratori catalani, baschi e galieghi hanno vinto il Premio della Critica tra cui Cunqueiro, Méndez Ferrín, Celso Emilio Ferreiro, Carlos Casares e Manuel Rivas tra i galieghi  Salvador Espriu, Mercè Rodoreda, Josep Pla, Joan Margarit e Pere Gimferrer tra i catalani e Ramón Saizarbitoria, Bernardo Atxaga, Kirmen Uribe e Anjel Lertxundi tra i baschi.

Per il 2018 I Premi della critica sono andati, per la lingua castigliana al narratore Javier Marías per il libro Berta Isla e al poeta catalano Luis Bagué Quílez per Clima Mediterráneo; per la lingua catalana in narrativa, Els fills de Llacuna Park di María Guasch e in poesía, Convivència d'aigüe di Zoraida Burgos; in lingua galiega Emma Pedreira, per Bibliópatas e fobólogos,ey Lupe Gómez in poesia, per Camuflaxe; in lingua basca Aingeru Espaltza, perr Mendi-joak e Luis Garde, per la poesia Barbaroak baratzean.

Il Presidente della Giuria Angel Basanta ha sottolineato come pochissimi nei lunghi anni del Premio lo hanno vinto due volte, tra cui proprio Javier Marìas che giusto 25 anni fa ha vinto per un altro racconto ed oggi è annoverato tra i massimi scrittori spagnoli.

Come Presidente internazionale dell’Associazione Internazionale dei critici letterari sono stata invitata, così come già a Soria, dal presidente Angel Basanta a seguire i lavori della Giuria e la premiazione. Mi ha entusiasmato e profondamente colpito la serietà di questa scelta critica e soprattutto mi pare che sia da onorare una selezione che prescinde dalla visibilità commerciale e mondana per privilegiare invece soltanto la qualità letteraria del testo.

Angel Basanta e tutta la Giuria mi dicono che dopo l’annuncio di questo riconoscimento anche le vendite dei libri premiati vola perché i lettori si fidano del giudizio dell’Associazione Spagnola dei Critici Letterari.

Mi adopererò per portare in Italia questo modello grazie anche all’aiuto di Angel Basanta che oltre ad essere il Presidente dell’Associazione Spagnola dei Critici Letterari è anche il Segretario generale dell’Associazione Internazionale dei Critici Letterari .

Murcia, con il suo prestigioso Sindaco José Ballesta, già Magnifico rettore dell’Università di Murcia e lo splendido barocco delle sue piazze e della Cattedrale, con l’ottima ospitalità offerta, sarà la culla del Premio della Critica letteraria italiana?

 

 

 

  •  (nella I°  Foto) Il Sindaco di Murcia, José Ballesta, al centro accanto al Presidente della Giuria, il presidente dei Critici spagnoli, Angel Basanta e la presidente internazionale Neria De Giovanni

  • (nella II°  Foto) Murcia La Giuria del Premio della critica in visita al Museo Ramòn Gaya

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La Russia, così lontana, eppur così vicina. Intervista al direttore dell’istituto della cultura e scienza russo a Roma.

Sabato, 14 Aprile 2018 06:01

Al direttore del Centro Russo di Scienza e Cultura a Roma, Oleg Ossipov, chiediamo quanto sia importante per il suo Paese questo centro culturale nato nel cuore di Roma e se il governo di Mosca creda opportuno incrementare  il ponte culturale tra Italia e Russia.

https://www.youtube.com/watch?v=NyEHZTWMdhc&feature=youtu.be

 

Vediamo tante manifestazioni culturali di gran livello   nel vostro centro, qualche mese fa' si e' esibita anche la banda dei carabinieri…

https://www.youtube.com/watch?v=PdnKqlfh0_w&feature=youtu.be

 

Quali i progetti per il futuro? Lo scambio interculturale tra Italia e Russia va sempre piu' aumentando...ospitate artisti italiani nel vostro centro?

https://www.youtube.com/watch?v=HnCcGLxDDxA&feature=youtu.be

 

Vediamo che organizzate anche corsi di lingua russa,  la vostra iniziativa ha un bun riscontro di utenza?

https://www.youtube.com/watch?v=7fHNJ7W1I68&feature=youtu.be

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Roma, a Palazzo Braschi Il più bel dipinto di Canaletto viene da Mosca

Mercoledì, 11 Aprile 2018 03:55
 

 Canaletto: il ritorno del Bugintoro al Molo il giorno dell'Ascenzione, Venezia
- 1729 olio su tela - Mosca, museo statale delle arti Puskin

Il più bel dipinto di Canaletto della mostra inaugurata oggi a Palazzo Braschi, a Roma, viene dal museo Pushkin di Mosca.

 

Arriva a Roma il più grande nucleo di opere mai esposto in Italia Dall’11 aprile al 19 agosto 2018. Il Museo di Roma Palazzo Braschi celebra il grande pittore veneziano a 250 anni dalla sua morte.

La mostra“Canaletto 1697-1768”, intende celebrare il 250° anniversario della morte del grande pittore veneziano presentando il più grande nucleo di opere di sua mano mai esposto in Italia: 42 dipinti, inclusi alcuni celebri capolavori, 9 disegni e 16 libri e documenti d’archivio.

La stessa è accompagnata da un ciclo di visite guidate gratuite per le scuole di Roma e della città metropolitana e da una serie di attività didattiche a pagamento per il pubblico non scolastico.
Info e prenotazioni allo 060608.

Canaletto è uno dei più noti artisti del Settecento europeo. Con il suo genio pittorico ha rivoluzionato il genere della veduta ‒ ritenuto fino ad allora secondario ‒ mettendolo alla pari con la pittura di storia e di figura, anzi, innalzandolo a emblema degli ideali scientifici e artistici dell’Illuminismo.
Il suo percorso affascina e coinvolge. Dalla giovinezza tra Venezia e Roma come uomo di teatro e impetuoso pittore di rovine romane, al suo ritorno da Roma come stella nascente sulla scena delle vedute veneziane. Prosegue poi arrivando al successo internazionale, con le commissioni degli ambasciatori stranieri per le ampie tele che rappresentano le feste della Serenissima in loro onore – in mostra si può ammirare il magnifico Bucintoro di ritorno al Molo il giorno dell’Ascensione del Museo Pushkin – e l’entusiasmo dei turisti inglesi del Grand Tour. Per loro le luminose vedute di Venezia, così ricche di dettagli architettonici e di vita quotidiana, rappresentano i più incantevoli souvenirdel viaggio. Non mancano, però, imprevisti e sfortune: a Londra deve pubblicare annunci sulla stampa per rispondere ad alcune voci denigratorie e, tornato a Venezia, viene eletto accademico delle Belle Arti con difficoltà. Infine, come accade a molti geni, la morte lo coglie in povertà.

Le opere in mostra provengono da alcuni tra i più importanti musei del mondo, tra cui il Museo Pushkin di Mosca, il Jacquemart-André di Parigi, il Museo delle Belle Arti di Budapest, laNational Gallery di Londra e il Kunsthistorisches Museum di Vienna. Presenti anche alcune opere conservate nelle collezioni britanniche per le quali sono state appositamente create e altre provenienti dai musei statunitensi di Boston, Kansas City e Cincinnati. Tra le istituzioni museali italiane presenti in mostra con le loro opere: il Castello Sforzesco di Milano; i Musei Reali di Torino; la Fondazione Giorgio Cini. Istituto per il Teatro e il Melodramma e leGallerie dell'Accademia di Venezia; la Galleria Borghese e le Gallerie Nazionali d'arte Antica Palazzo Barberini di Roma.

Tra i capolavori in mostra, oltre al già menzionato dipinto del Museo Pushkin,spiccano due opere della Pinacoteca Gianni e Marella Agnelli di Torino: Il Canal Grande da nord, verso il ponte di Rialto,e Il Canal Grande con Santa Maria della Carità, esposti per la prima volta assieme al manoscritto della Biblioteca Statale di Lucca che ne illustra le circostanze della commissione e della realizzazione.

Una sala ricca di prestiti eccezionali – dal museo di Cincinnati e da collezioni private - è dedicata alle vedute di Roma che Canaletto realizza negli anni della maturità, sulla base dei propri disegni o delle stampe di Desgodets, Falda, Specchi e Du Pérac, alcune delle quali sono raccolte negli album provenienti dal Museo di Roma.

Tra i dipinti, alcuni dei quali esposti per la prima volta in Italia, vanno menzionate le due parti di un’unica, ampia tela, raffigurante Chelsea da Battersea Reach, tagliata prima del 1802 e riunita in questa mostra per la prima volta. La parte sinistra proviene daBlickling Hall, National Trust, Regno Unito, quella destra dal Museo Nacional De Bellas Artes de la Habana, eccezionalmente concessa in prestito dal governo cubano.

 

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Hiroshige: il Mondo Fluttuante alle Scuderie del Quirinale

Domenica, 01 Aprile 2018 04:18

Il Mondo Fluttuante di Hiroshige torna a Roma dove era già stato nel 2009, in un luogo diverso, le Scuderie del Quirinale, ma più o meno con la stessa estensione temporale, dal 1 marzo al 29 luglio 2018. Anche questa mostra propone soprattutto xilografie dove la natura ha il ruolo predominante.

Le pareti ci avvolgono in una atmosfera blu che cresce in intensità verso l’alto, al contrario delle stampe, dove il blu appartiene soprattutto alla terra e all’acqua, mentre i cieli hanno sfumature giallo-arancio. La nostra guida in questa immersione in un mondo altro, seppure naturale e familiare ai nostri sensi, è l’artista stesso. Il suo ritratto lo mostra sereno, in abito da monaco shintoista.

Anche l’arte occidentale conferisce alla figura dell’artista una forte connotazione spirituale, investendolo di una carica sacerdotale di messaggero e guida.

In mostra sono riportate le parole di Vincent van Gogh, che in una lettera al fratello Theo, scrive: «Studiando l’arte giapponese si vede un uomo indiscutibilmente saggio, filosofo e intelligente, che passa il suo tempo a fare che? A studiare la distanza fra la terra e la luna? No. A studiare la politica di Bismarck? No. A studiare un unico filo d’erba. Ma quest’unico filo d’erba lo conduce a disegnare tutte le piante, e poi le stagioni, e le grandi vie del paesaggio, e infine gli animali, e poi la figura umana. Così passa la sua vita e la sua vita è troppo breve per arrivare a tutto. Ma insomma, non è quasi una vera religione quella che ci insegnano questi giapponesi così semplici e che vivono in mezzo alla natura come se fossero essi stessi dei fiori? E non è possibile studiare l’arte giapponese, credo, senza diventare molto più gai e felici, e senza tornare alla nostra natura nonstante la nostra educazione e il nostro lavoro nel mondo della convenzione».

Non c’è molto da aggiungere alle parole del grande artista per quello che riguarda l’essenza delle opere in mostra, ma molto altro c’è da dire sulle singole stampe, sulla tecnica.

Sono presenti disegni preparatori destinati ad essere distrutti una volta assolta la loro funzione e invece miracolosamente sopravvissuti. Ci mostrano in modo più diretto la mano di Hiroshige, che, nella stampa, risulta mediata dall’opera dell’intagliatore della matrice di legno. Il formato ha anche grande importanza e le opere erano parte di pubblicazioni. Illustrazioni di viaggi, panorami e temi cari alla società e alla cultura dell’epoca. La scrittura calligrafica accompagna le linee del disegno, riporta titoli e, a volte, piccoli componimenti poetici.

Le immagini raccontano leggende, tradizioni e storie. Attraverso gli occhi ci arriva il silenzio del paesaggio ovattato sotto la neve di sera o le raffiche della pioggia battente o le voci del mercato. Ma anche gli odori e i sapori, tutti i sensi sono sollecitati e rievocati dalle e nelle immagini.

La collaborazione dell’Istituto Giapponese di Cultura offre un programma di incontri, conferenze, laboratori e attività culturali di approfondimento.

La brochure della mostra, una volta dispiegata, diventa un piccolo poster. Nel bookshop pubblicazioni e gadgets sono tentazioni a cui è difficile resistere.

Hiroshige

Visioni dal Giappone

1 marzo-29 luglio 2018

Roma, Scuderie del Quirinale

Orari: da domenica a giovedì dalle 10.00 alle 20.00

         venerdì e sabato dalle 10.00 alle 22.30

Ingresso: intero 15,00€.

              Ridotto 13,00€.

Info: https://www.scuderiequirinale.it/mostra/hiroshige-visioni-dal-giappone-roma

Catalogo: Skira

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Turner dalla Tate di Londra al Chiostro del Bramante a Roma

Venerdì, 30 Marzo 2018 06:37

Pensare ai dipinti di Turner significa evocare masse e vortici di colore e luce, bagliori e superfici specchianti. La mostra in corso al Chiostro del Bramante guida alla visione e all’approfondimento di ulteriori aspetti della personalità e dell’opera dell’artista inglese.

Il Lascito Turner alla Tate Britain è costituito soprattutto da acquerelli e da opere che si trovavano nello studio dell’artista, che li considerava come bozzetti e appunti, non destinati ad essere conservati e tantomeno esposti. Eppure sono proprio queste caratteristiche a renderli estremamente interessanti. Già il solo medium in se stesso, l’acquarello, conduce ad un’epoca, l’Ottocento, e all’Inghilterra, dove questa tecnica ha avuto una grande diffusione. Le sue caratteristiche di immediatezza, trasparenza e rapidità, ne hanno fatto il mezzo espressivo d’eccellenza del paesaggio romantico, specchio dell’animo e delle emozioni dell’autore. Il mezzo ideale per esprimere quel sentimento del sublime alla base dell’estetica e di una nuova concezione dell’arte e del suo significato.

Per Turner l’acquerello è il mezzo con cui realizzare bozzetti e appunti per la ricerca tecnica e la sperimentazione, ma anche opere su committenza o destinate all’incisione. Usa anche carte colorate che esaltano gli effetti di luce e colore che l’artista cerca e vuole comunicare. Allo stesso modo l’allestimento della mostra ha dato colori diversi alle sale, per far risaltare le opere esposte. In alcuni casi, un diverso colore, guida dal pavimento, fino al dipinto a cui si vuole dare risalto attraverso un approccio progressivo e frontale. La presenza di alcuni specchi, invece, amplifica gli effetti luministici e specchianti delle opere.

L’esposizione segue una disposizione cronologica e tematica. Turner debutta come disegnatore topografo, cioè inserisce progetti architettonici all’interno di vedute paesaggistiche da mostrare ai clienti.

Come pittore di paesaggio è influenzato dal Lorrain, oltre la natura, nei dipinti trova spazio anche la storia. Le figure, diversamente dal paesaggio, trovano forme e tocchi definiti, non sono destinate ad esprimere un sentimento o una sensazione, ma a narrare una storia.

Una sezione della mostra è dedicata ai viaggi e all’Italia, oltre al fascino delle rovine, tipologia caratteristica del Grand Tour, è Venezia la protagonista ideale dell’opera di Turner. Le architetture della città lagunare segnano la linea dell’orizzonte, labile e impercettibile confine tra gli specchi di acqua e cielo, in un’atmosfera abbacinata dalla luce, ora scintillante e dinamica, ora immota e soffusa.

Affascinante è l’accenno al Turner illustratore di libri, sarebbe interessante un approfendimento in tal senso.

Nell’ultima sezione esplode il Turner che conosciamo maggiormente, il maestro del paesaggio interiore, dove le masse di colore e la luce sono specchio dei moti dell’anima. Questo è il Turner che ispira gli Impressionisti, ma anche artisti del Novecento come Mark Rothko e Cy Twombly e contemporanei come James Turrell. La mostra rende conto anche di questi importanti e affascinanti collegamenti.

Turner

Opere dalla Tate

22 marzo – 26 agosto 2018

Roma, Chiostro del Bramante

Orari: lunedì-venerdì 10.00-20.00

         Sabato e domenica 10.00-21.00

Ingresso: intero 14,00€.

             ridotto 12,00€.

Info: 06 68809035

       Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Catalogo: Skira 35,00€.

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Conclusi al castello di Santa Severa i combattimenti medievali per la selezione italiana per " Battle of the Nations" (Video)

Martedì, 20 Marzo 2018 18:13

Sabato 17 marzo il Castello di Santa Severa ha ospitato i combattimenti medioevali per il torneo valido per le selezioni di accesso al “ Battle of the nations”. Si è trattato del toreo di qualificazione per la squadra nazionale italiana.

Battle of the Nations è ospitato ogni anno in una nazione diversa, l’edizione 2018 è prevista in Italia, ed è considerato il mondiale del Combattimento Medievale, con oltre 700 combattenti provenienti da varie parti del mondo, come ad esempio la Nuova Zelanda per citare la più lontana e la Cina per menzionane un paese la cui storia è molto diversa dal medioevo europeo. Le categorie sono il suddivise in 4 discipline (spada lunga, spada e scudo, spada e brocchiere ed arma in asta (tutte sia maschile che femminile) e gli scontri di gruppo solo femminili e solo maschili. L’Italia ha partecipato sin dalla seconda edizione del 2011, quando le nazioni interessate erano solo 7 rispetto alle 35 odierne ed è rappresentata da 50 combattenti e partecipa a tutte le discipline.
A castello di Santa Severa, sulla spianata dei Signori, è stato allestito per l’occasione un autentico accampamento storico per mostrare al pubblico un vero fabbro alla forgia da campo, le armi e le armature del tempo, il tiro con l’arco e poter assistere alle fasi di selezione per il Battle of the Nations, una competizione con vere armi, vere armature di ferro, e veri guerrieri in lotta. Lo svolgimento del mondiale è previsto nei prossimi mesi a Roma.

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Alla scoperta dei luoghi dei grandi della cultura russa: Michail Lermontov.

Giovedì, 15 Marzo 2018 21:23

LermontovMolto sappiamo della cultura occidentale poco ancora, a parte gli addetti ai lavori, della cultura dell’Europa orientale. A parte i gradi, L.N. Tolstoj, Dostoevskij, pochi conoscono Michail Lermontov, geniale poeta russo vissuto nella regione di Penza, a circa 600 kilometri a sud-est di Mosca, nato nel 1814 e morto nel 1841 ad appena ventisei anni. Il suo villaggio, Tarkhany, antico borgo ora chiamato Lermontov in suo onore, immerso tra fitte foreste e verdi campi, piccoli fiumi cristallini e uliveti, ha ispirato al nostro grandi capolavori: "Borodino", "Patria", "Il Gladiatore Morente", poesia: "Canzone... sul mercante Kalashnikov", "Sasha," drammi: "Persone e Passioni", "L'uomo strano", "Due fratelli", romanzi " Vadim", etc. L'amore per la Russia e il popolo russo in tutte queste opere è incondizionato.
In questo antico borgo il poeta ha vissuto gran parte della sua pur breve vita e qui è la sua tomba, meta di pellegrinaggio dei tantissimi suoi estimatori. L’amore per Takrhany e i suoi dintorni ha avuto un ruolo fondamentale e lo ha segnato per tutta la vita. E’qui che per la prima volta, da bambino, scoprì il meraviglioso mondo della natura che ne rapì il cuore e la fantasia, è qui che per la prima volta conobbe le canzoni e le fiabe popolari giocando con i  figli dei contadini, suoi coetanei, ed è a Takrhany che ascoltava le testimonianze che venivano dal fronte russo nella guerra contro Napoleone.
"Se Lermontov fosse vissuto più a lungo, non ci sarebbe bisogno né di me, né di Dostoevskij", disse L.N. Tolstoj.


Così il poeta descrive il mondo meraviglioso di Takrhany:"nel rumore del fiume nativo c'è qualcosa di simile a una ninna nanna, con le storie della vecchia tata...", "con la rete verde delle erbe è velato lo stagno dormiente", "il villaggio sta fumando", "si alzano le nebbie sopra i campi...", "l’arco del cielo è blu tranquillo e pulito ","la nebbia qui copre gli archi del cielo", "la steppa si estende con il velo di lilla","trepida il campo di grano ingiallito'', "ruggisce la foresta fresca con il suono del vento ","si nasconde nel giardino la prugna cremisi"," freddo silenzio delle steppe'', "faretra delle foreste sconfinate", "il silenzio dei boschi ","il cespuglio delle rose, curate nella primavera"," il mughetto d'argento ","il fumo della stoppia bruciata"," la coppia di betulle sbiancate ","la capanna coperta di paglia","la danza con il battere i piedi e i fischi "," il popolo russo, il gigante con cento braccia...".


Nel 1939, nell’antico borgo dove è vissuto, su iniziativa di alcuni estimatori è stato aperto un museo a lui dedicato che oggi fa parte del patrimonio culturale dei popoli della Federazione Russa, il Museo-riserva

 
 La dottoressa Julia Sablina

statale di Lermontov. In questo sono esposti i suoi oggetti personali, i quadri di Lermontov pittore e i suoi scritti originali.  L'ambiente in cui è cresciuto e ha fatto le più importanti esperienze di vita che poi hanno ispirato i suoi capolavori è stato ricreato: tutto, dai giardini ai parchi classici, ristrutturati secondo le regole della vecchie masserie, ai monumenti architettonici (9 di cui 2 chiese funzionanti) restaurati in modo rigorosamente scientifico e storico. Con la  mostra "live" poi, combinato di scienza e arte, si sono ricreate le usanze del XIX secolo. feste popolari, antichi cerimonie di nozze, i balli dei

 
Mostra fotografica del Museo-riserva Tarkhany presso il centro della cultura e delle scienze russo a Roma

nobili, i giochi dei bambini, l' equitazione, l'andare con il calesse, in barca, il pranzo contadino e la cucina degli aristocratici, la macinazione della farina al mulino, la raccolta del miele e delle erbe medicinali e così via; viene così data al visitatore la possibilità di rivivere la realtà della provincia russa di un tempo.

La dottoressa Julia Sablina, Segretario Accademico del Museo-riserva statale di Lermontov "Tarkhany", lo scorso 2 febbraio è venuta ad inaugurare presso il centro della cultura e delle scienze russo a Roma la mostra fotografica dedicata al poeta e le finalità del museo.


Uno dei primi paesi che ha fatto conoscere ai propri lettori le opere di M.Ju. Lermontov è stata proprio l'Italia. Altamente professionali le traduzioni di D. Champolini, V. Narducci, F. Losini, V. Giusti e T. Landolfi. Tra i compositori  A. Bizzelli ha messo in musica "Ninna nanna cosacca" ma molti sono gli attestati di ammirazione  di altri compositori verso il grande poeta russo. Un primo film sulle opere di M.Ju. Lermontov è stato girato dal regista D. Vitrotti.

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Roma - artisti russi in mostra 'HAEC EST CIVITAS MEA'' (Video)

Lunedì, 05 Marzo 2018 11:39

Al Vittoriano di Roma, presso la sala Zanardelli, si e' svolta la conferenza stampa dedicata alla mostra di lavori dei diplomati dell'Accademia russa di pittura, scultura e architettura ''I.S. GLAZUNOV'', intitolata ''HAEC EST CIVITAS MEA''

Organizzatori della mostra erano il Governo della Federazione Russa, il Ministero degli Affari Esteri della Federazione Russa, l’Ambasciata della Federazione Russa in Italia, il Centro dei festival cinematografici e dei programmi internazionali, l’Accademia russa di pittura, scultura e architettura “I.S. Glazunov”, la Fondazione Internazionale Accademia Arco e il Centro Studi sulle Arti della Russia dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, con il sostegno del progetto culturale internazionale “Stagioni russe”

Ospiti della conferenza stampa sono  stati: Sergez Razov, Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario della Federazione Russa in Italia, Edith Gabrielli  direttrice del Polo Museale del Lazio, Gabriella Musto direttrice del Monumento a Vittorio Emanuele II, Ivan Glazunov Rettore ad interim dell'Accademia della pittura della scultura e dell'architettura  Il'ja Glazunov, Tatiana Shimova presidente del centro dei festival cinematografici e dei programmi internazionali.

L'arte italliana ebbe un ruolo importante nella storia della Russia,  molti artisti russi usciti dall'Accademia Imperiale di Belle arti venivano mandati in Italia per studiare arte antica e moderna voluto appositamente dall'imperatore , da' allora sono iniziati i legami culturali russi e italiani ancora oggi molto solidi.

La mostra, che fa riferimento al progetto ''Stagioni Russe'', vuole mettere in evidenza il contributo dell'Accademia Imperiale di Belle Arti nella formazione di giovani artisti russi j quali, con la loro pittura, raccontano storie o pagine  di bellezze della natura nazionale e pitture di personalita' contemporanee. L'Accademia I.S. GLAZUNOV e' l'esempio portante delle tradizioni artistiche nazionali russe.

La mostra e' aperta  dal 2 marzo  presso il Monumento Vittorio Emanuele II (Vittoriano)

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“Luci nel blu” nelle scuole, manifestazione tra gusto e cultura Internazionale - collegamento con l’ Uzbekistan

Giovedì, 01 Marzo 2018 08:58

“Luci nel Blu”, la manifestazione scientifico - culturale ideata e promossa dal Presiedente dell’Associazione Nautilusncr.it, Salvo Cacciola, continua la propriadivulgazione grazie al successo e alla sempre calorosa accoglienza ricevuta dagli Istituti di ogni ordine e grado in particolare dalla dirigente degli Istituti (Alberghiero IPSEOA) "Tor Carbone" e "Peano" (Scientifico), la dott.ssa Cristina Tonelli. E ciò grazie anche alla partecipazione dei relatori dei più importanti Istituti di

Ricerca Scientifica Italiani, CNR, ENEA, ISPRA, INGV ed così via. Le richieste di collaborazione da da parte di Istituti Pubblici e Privati pervengono sempre piùnumerose.

Dopo le scuole di Anzio e della Sicilia, “Luci nel Blu” ha fatto tappa a Roma, presso l’ Istituto Scientifico “Peano” e l’Istituto Alberghiero IPSEOA “Tor Carbone”.

Il primo intervento all’ Istituto Scientifico “Peano” è toccato alla nostra Marina Militare per bocca del Tenente di Vascello Simone Pitto e del Maresciallo Biagio Nappi che hanno illustrato la procedura di arruolamento. Grande interesse manifestato dagli studenti e dai professori anche per l’Unità Mobile della stessa Marina Militare con a bordo il I° Maresciallo Vincenzo Mingolla e il sig. Sergio Pro.

A seguire Mauro Cappelli, ricercatore dell’ENEA, ha spiegato i concetti della Fusione e della Fissione nucleare, argomento attuale e sempre caldo dal punto di vista politico e sociale; Sandro Torcini, ricercatore dell’ Unità Tecnica Antartide ENEA, ha raccontato della propria esperienza di attività di ricerca in Antartide; Stefano Urbini, ricercatore del ‘INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) ha spiegato come viene vissuto e gestito il Cambiamento Climatico galoppante di questi anni dalla base di ricerca situata in Antartide e, per concludere, il Presidente Salvo Cacciola ha esposto la storia del prosciugamento del lago di Aral, seconda peggiore catastrofe causata dall’ uomo, dopo Chernobyl, grazie alle informazioni e alle ricerche svolte sul campo.

Il secondo appuntamento presso l’Istituto Alberghiero di “Tor Carbone” ha visto l’importante partecipazione del professor Roberto Verna, ordinario di Patologia Clinica e direttore del Centro per la Medicina e il Management dello Sport presso l’Università “La Sapienza” di Roma, che ha spiegato storia, caratteristiche e benefici del cioccolato, alimento che tutti mangiamo senza però soffermarci sulle reali qualità.

Sulla scia della cultura del cibo si sono poi innestati i preziosi contributi della dott.ssa Federica Nicolò, esperta della valorizzazione e promozione del Patrimonio storico, letterario e artistico, la quale ha parlato della storia e del folklore degli Antichi Romani a tavola; della dott.ssa Elisa Sfasciotti, direttrice delle ENUIP (Ente Nazionale UNSIC Istruzione Professionale) che ha presentato il lavoro del proprio istituto e la promozione di corsi professionali per assaggiatori di olio vergine ed extravergine, con relativo rilascio di un attestato riconosciuto dalla Regione Lazio; infine il dott. Christian Battistoni ha parlato di eventi organizzati per

Uzbekistan 2 
 In collegamento con la repubblica Uzbeka

la degustazione di vino per presentare la Social App “Glu Glu Wine”.

Il fiore all’occhiello degli appuntamenti è stato il collegamento via Skype promosso dal Presidente Cacciola che ha dato la possibilità di interaggire con alcuni responsabili delle istituzioni scolastiche pubbliche e private della repubblica dell' Uzbekistan, entusiasti di condividere le loro esperienze con i nostri Istituti.

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Capodanno a Mosca - VIDEO

Domenica, 31 Dicembre 2017 13:10

Sotto le note di ''5 Minuti'' , colonna sonora di uno dei piu' famosi film sovietici ''Notte di Capodanno'', Free Lance International Press da Mosca, vi augura un felice anno nuovo con le bellissime immagini di festa sulla Piazza Rossa...un buon 2018 !

Lyudmila Gurchenko fu l'attrice nel ruolo principale di questo film e la pellicola fu diretta da uno piu' famosi registi sovietici, Eldar Ryazanov. La canzone fu cantata dalla stessa Gurchenko e da come si puo' intuire il titolo e' basato sull'idea che mancano solo cinque minuti all'anno nuovo, questa canzone divento' un vero inno natalizio.

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In memoria di Francesco Borromini: a 350 anni dalla morte, Roma celebra l’«altro» genio del Barocco

Lunedì, 18 Dicembre 2017 19:08

Francesco Borromini, l’altro grande protagonista del Barocco, considerato l’antagonista di Bernini, moriva suicida nel 1667. In occasione del 350° anniversario, le celebrazioni si sono aperte con il Convegno Internazionale di Studi, che ha occupato tre giorni dall’11 al 13 dicembre e tre diverse sedi: Accademia Nazionale di San Luca; Musei Vaticani; Sapienza Università di Roma. Facoltà di Architettura.

A conclusione del secondo giorno del convegno, in una delle sale della Pinacoteca Vaticana, è stata inaugurata la mostra Francesco Borromini. I disegni della Biblioteca Apostolica Vaticana, in corso fino al 5 gennaio 2018. Le opere fanno parte di tre diversi manoscritti, il Vaticano Latino 11257 e 11258, dove sono raccolte le carte di Virgilio Spada, oratoriano, amico di Borromini e il Chigiano P.VII.9. Quest’ultimo, è stato curato direttamente da papa Alessandro VII Chigi per la propria biblioteca, quando l’architetto ticinese era ancora in vita.

La selezione di esempi dell’opera grafica dell’architetto barocco si è concentrata sul periodo del pontificato di Innocenzo X Pamphili. In particolare i progetti per la risistemazione di Piazza Navona con la Fontana dei Fiumi e del Palazzo Pamphili insistente sulla stessa piazza. L’altra grande committenza papale riguardava, sempre in vista del Giubileo del 1650, il restauro-rifacimento della Basilica di San Giovanni in Laterano. Anche la Basilica di San Paolo fuori le Mura era inclusa nei progetti dei lavori in previsione dell’Anno Santo, come testimonia il disegno esposto proveniente dalla Collezione Paolo Portoghesi.

La provenienza dalla Biblioteca Vaticana della Direttrice dei Musei Vaticani, Barbara Jatta, con le mostre che vedono, protagoniste e partecipi, le opere del patrimonio librario, ha ricostituito, quell’unità, non solo di storia e di situazione fisica, ma anche visiva e visibile, delle collezioni d’arte e librario-documentarie.

Le celebrazioni proseguiranno a gennaio 2018 con la Missa Ecce Sacerdos magnus, messa a tre cori su partitura di Orazio Benevolo (1605-1672), presso la Chiesa di Sant’Ivo alla Sapienza, uno dei capolavori borrominiani, il giorno 27. Da gennaio a marzo sono previste visite, lezioni e letture sulle principali architetture del maestro barocco, tenute dalla Sapienza Università di Roma. Facoltà di Architettura. Sempre a marzo, scade il termine del Concorso fotografico per gli studenti «Le opere di Francesco Borromini», organizzato dalla Sapienza Università di Roma. Facoltà di Architettura insieme alla Accademia di Belle Arti di Roma. Infine, sempre a marzo, le giornate di studio Borromini e l’architettura moderna, che si terranno presso il MAXXI. Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo e alla Sapienza Università di Roma. Facoltà di Architettura, chiuderanno il programma.

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Roma:Tra vocazione e specializzazione sull’Impressionismo, al Vittoriano a Roma, la mostra di Monet

Martedì, 12 Dicembre 2017 13:50

Il debutto dell’ala del Vittoriano destinata alle mostre temporanee d’arte, anni or sono, era stata nell’ambito impressionista. La vocazione e specializzazione è stata confermata negli anni e ora è la volta di Monet. Capolavori dal Museé Marmottan Monet, Parigi, in corso fino all’11 febbraio 2018.

Sono sessanta le opere provenienti dal museo parigino, che, donate all’istituzione dal figlio Michel, erano conservate a Giverny, ultima residenza del pittore.

Come di consueto, in apertura è allestita la saletta con il filmato che introduce all’esposizione, mentre nel corridoio un grande pannello riporta la biografia.

La novità, ormai divenuta consuetudine, è costituita dalla realtà immersiva di schermi, dove foto di giardini e di fiori si trasformano nei dipinti. Quasi a voler suggerire e far assimilare, a livello subliminale, quello che è stato il processo creativo e rivoluzionario instaurato dal movimento impressionista.

Una ribellione giocata tra il fisico e lo spirituale. Fisicamente gli impressionisti avevano abbandonato gli atelier, luogo di azione dei pittori accademici, per immergersi nella natura en plen air. Alla fisica si erano affidati per la teoria del colore e gli studi sul funzionamento dell’occhio umano. Alla chimica avevano richiesto di sintetizzare colori che, spremuti dal tubetto, passavano direttamente sulla tela, dove, insieme al gesto, andavano a costituire la materia dell’opera.

L’invenzione della fotografia li aveva spinti a cercare un’arte più reale del reale. Così, abbandonando la prospettiva rinascimentale, interpretazione matematica dello spazio, si erano affidati all’occhio perchè fotografasse l’attimo fuggente di una porzione di mondo. Ma la pellicola su cui fissare l’immagine era l’anima, capace di imprigionare e rispecchiare l’infinito.

La mostra parte dalle caricature e dai ritratti dei figli, per poi snodarsi tra i diversi paesaggi e le dimore di Monet, fino ad arrivare ai giardini e ai fiori. È un percorso cronologico e tematico che vede nelle versioni del Salice piangente, ne Le rose, ne Il ponte giapponese e nelle Ninfee, il punto d’arrivo della ricerca e della poetica di Monet.

Come di consueto i dipinti sono esposti in modo labirintico, succedendosi senza sosta tra piano inferiore e piano superiore. La situazione è particolarmente penalizzante nel caso delle opere impressioniste, dove, la tecnica esecutiva fatta di macchie di colore e luce, impone un allontanamento dello spettatore, così che la mente sia in grado di ricostruire la scena e il soggetto inquadrati dall’occhio.

 

 

Monet

Capolavori dal Museé Marmottan Monet, Parigi

19 ottobre 2017 - 11 febbraio 2018

Roma, Complesso del Vittoriano - Ala Brasini

Orari: da lunedì a giovedì 9.30 - 19.30

venerdì e sabato 9.30 - 22.00

domenica 9.30 - 20.30

Ingresso: Intero €.15,00

Ridotto €. 13,00

Info: Tel. + 39 06 87 15 111

www.ilvittoriano.com

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AI MUSEI VATICANI UN VIAGGIO NELL'UNIVERSO DI MICHELANGELO

Giovedì, 19 Ottobre 2017 17:21

La tradizione apre alla innovazione

...è proprio così nella splendida cornice del Salone di Raffaello con la consulenza scientifica dei Musei Vaticani, la direzione artistica di Marco Balich che si è avvalso della colonna sonora di Sting, la Artainment Worldwide Show, ha presentato alla stampa lo spettacolo:  "Giudizio Universale. Michelangelo and the Secrets of the Sistine Chapel"

Si tratta di uno show realizzato con i più sofisticati mezzi tecnologici; in proposito Barbara Jatta, direttore dei Musei Vaticani sintetizza lo spirito di collaborazione al progetto: "I Musei Vaticani sono musei dinamici dove tradizione e innovazione trovano una perfetta sintesi. Tradizione che è tutela, restauro, conservazione e valorizzazione delle collezioni attraverso gli studi, la ricerca, la didattica, i progetti internazionali, i convegni e le mostre.

Innovazione che è oggi imprescindibile per il funzionamento di un'Istituzione che accoglie più di sei milioni di visitatori l'anno e che è aperta alle nuove forme di comunicazione. La collaborazione dei Musei Vaticani con Artainment Worldwide Show per questo spettacolo va vista proprio in questa linea di sintesi fra tradizione e innovazione".

Inoltre da qualche mese Marco Balich, l'ideatore del progetto, è impegnato nell'allestimento di quello che viene definito come un viaggio emozionale nell'Universo Spirituale di Michelangelo che vede la Sistina come protagonista assoluta.

Il grande impatto emotivo viene assicurato sia dalla magia degli effetti speciali che dall'intensità del valore spirituale che perviene dalla Sistina stessa luogo di elezione di Papi.

Come non ricordare quella sera del Marzo 2013 quando dopo "la fumata bianca" dal noto tetto della Sistina, dal famoso balcone ad una folla festante arrivava come da una "voce amica".... "Buonasera a tutti..." : la gente applaudiva, pregava, piangeva...il mondo intero sperava.

Marco Balich aggiunge " Dopo aver diretto molte Cerimonie Olimpiche in tutto il mondo sono orgoglioso di creare uno show nella nostra bellissima Italia, affidandoci alla consulenza scientifica rigorosa dei Musei Vaticani. Questa è un'operazione che mira a coinvolgere ed emozionare le nuove generazioni con i capolavori del nostro patrimonio artistico. Vogliamo rendere i giovani fieri e consapevoli di chi siamo e da dove veniamo"

L'eccezionale evento debutterà il 15 Marzo 2018 presso l'Auditorium Conciliazione in Roma; il pubblico potrà scegliere di assistere allo Show in lingua Italiana o Inglese.

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Giovanni Battista Piranesi al Museo di Roma

Giovedì, 21 Settembre 2017 23:25

Il Museo di Roma e Palazzo Braschi si prestano particolarmente alla mostra di incisioni di Piranesi, in corso fino al 15 ottobre. Il primo per via delle sue collezioni composite, comprendenti anche parte delle stampe in mostra e per il suo scopo di istituzione, ospite delle memorie di Roma sparita. L’edificio è stato costruito nel Settecento, il secolo di Piranesi e della cultura che impronta la sua opera.

Già dal titolo, Piranesi. La fabbrica dell’utopia, l’esposizione suggerisce molteplici suggestioni, che si dipanano attraverso le sezioni e le stanze.

La prima suggestione-considerazione da fare è che le mostre di grafica, siano esse di disegni o di stampe, come in questo caso, non sono diffusissime e particolarmente apprezzate dal pubblico. In realtà le incisioni e le tecniche per realizzarle hanno un grande fascino. Due fondamentalmente i motivi per la loro realizzazione e suddivisione: si distingue solitamente tra incisione di riproduzione e di invenzione. La prima consiste nella diffusione a stampa di opere d’arte famose, la seconda è essa stessa un’opera d’arte prodotta dalla “fantasia creatrice” dell’incisore. Entrambi i tipi sono presenti in mostra: Piranesi ha usato l’incisione sia per divulgare i suoi progetti di architetto, sia per riprodurre architetture, rovine e paesaggi, reali o inventati. I cosiddetti capricci, nascono dal combinare e modificare elementi reali, che danno vita ad edifici e ambienti ideali o di fantasia. Così la parola utopia designa sia la ricostruzione di un mondo passato non più esistente, sia la possibile creazione di uno nuovo che ancora non c’è. In questo senso, tutta la mostra si gioca tra passato e futuro, tra ciò che non c’è più e ciò che non c’è ancora. Alle stampe si accompagnano oggetti come vasi e tripodi o decorazioni di caminetti realizzati, a partire dai progetti e dalle stampe di Piranesi, dall’Atelier Factum Arte di Madrid, nel 2010, in occasione della mostra tenutasi a Venezia, presso la Fondazione Giorgio Cini, da cui provengono parte delle stampe. Sono presenti anche calchi dal Museo della Civiltà Romana all’EUR.

Piranesi stesso testimonia e ama il fatto che, a Roma, vede finalmente, dal vivo, le vestigia della cultura romana che aveva imparato ad amare nelle riproduzioni dell’architetto veneziano del Rinascimento, per eccellenza, Andrea Palladio.

Nella sala dove le finestre di Palazzo Braschi si affacciano su piazza Navona, si può confrontare l’immagine che ne ha dato Piranesi con la realtà di oggi.

Un’altra suggestione è data dai frontespizi dei libri dell’architetto veneto, oltre che all’architettura, alla decorazione, all’archeologia, al paesaggio, il rimando è all’epigrafia e alla paleografia, la scrittura della lingua latina: monumentale, pubblica, letteraria.

Tornando sulle tecniche di incisione, Piranesi usa acquaforte e bulino per i progetti e la descrizione puntuale e reale. Con il bulino si rendono linee nette, pulite, con l’acquaforte, invece, crea l’atmosfera suggestiva, onirica, visionaria delle Carceri. È come se con il bulino la mente eserciti il suo controllo sulla mano che incide, mentre con l’acquaforte, è possibile far trasparire l’emozione, da sempre appannaggio del cuore. L’opera dell’artista ha ispirato a Marguerite Yourcenar La mente nera di Piranesi.

L’unica architettura non rimasta su carta è la Chiesa di Santa Maria del Priorato all’Aventino, è riprodotta in mostra nelle fotografie di Andrea Jemolo. Anche la fotografia, che possiamo considerare, in qualche modo, una sostituzione e uno sviluppo dell’incisione, quando nasce, si divide tra fotografia di divulgazione e d’arte, anche se le due funzioni possono anche coincidere.

Sempre sulla linea del non più e non ancora e dell’utopia, si inserisce la realtà virtuale delle Carceri, riprodotta dal Laboratorio di Robotica Percettiva, dell’Istituto TECIP - Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Per quanto interessante, l’esperimento contraddice l’atmosfera nel colore grigio-bianco e nelle linee degli edifici e degli oggetti, nette e rettilinee e non più vibranti. La musica cerca di creare l’ambiente e le sensazioni perse nella realizzazione virtuale, in parte ci riesce, ma è un’atmosfera fredda, come i volumi e le superfici 3D e un po’ troppo “moderna”.

Piranesi

La fabbrica dell’utopia
16 giugno - 15 ottobre 2017
Roma, Museo di Roma Palazzo Braschi
Orario: dal martedì alla domenica 10-19
Ingresso: intero €.9,00; ridotto €.7,00
Info: tel. 060608

       www.museodiroma.it

       www.museiincomune.it

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All’Ara Pacis a Roma: Spartaco. Schiavi e padroni a Roma, una lotta che ancora continua

Giovedì, 31 Agosto 2017 19:53

Settembre è arrivato, Roma si è ripopolata, la scuola ricomincia, sembra proprio che le vacanze siano finite. Per esorcizzare la quotidianità che ripiomba addosso, fino al 17 settembre è in corso, presso il Museo dell’Ara Pacis, Spartaco. Schiavi e padroni a Roma. La mostra prende spunto dalla figura dello schiavo ribelle, resa mitica ed eterna, proprio per lo spirito indomabile e l’invincibile anelito alla libertà, insiti e caratteristici di ogni uomo. Ma è soprattutto la schiavitù, le sue motivazioni e le sue forme, che, attraverso i reperti archeologici e le opere, è documentata nel passato, mentre le foto contemporanee, ne restituiscono l’aspetto attuale.

Undici le sezioni che si succedono nel percorso dell’esposizione. Sono introdotte dalla spiegazione storico-sociale-economica della necessità della schiavitù come forza lavoro per la realizzazione delle infrastrutture dell’impero romano.

Quindi Vincitori e vinti mostra come la guerra, motivata da ragioni politico-economiche, fornisse tra ricchezze e bottini, anche gli schiavi. Particolarmente accattivante il video di questa sezione, le sequenze, accompagnate dal suono, animano il fregio del sarcofago. Il primo piano dei volti, rende i sentimenti, è come vedere la storia accadere di nuovo, in presa diretta. Il video da movimento alla descrizione del fatto storico, caratteristica dell’arte romana. I reperti archeologici in mostra sono in gran parte rilievi ed epigrafi.

Segue Il sangue di Spartaco, schiavo, gladiatore, più precisamente murmillo, della scuola di Capua, che guida la rivoltadi migliaia di schiavi tra 73 e 71 a.C. Viene sconfitto, seimila dei suoi compagni vengono crocifissi lungo la via Appia, ma il suo corpo non viene ritrovato. Il mito è raccontato in mostra da voci narranti che leggono i testi in latino, italiano e inglese, ma le citazioni sono tratte anche da autori moderni, a conferma della longevità della figura di Spartaco.

La terza sezione riguarda il Mercato degli schiavi, seguono quelle che illustrano i settori di impiego: Schiavi domestici; Schiavi nei campi; Schiavitù femminile e sfruttamento sessuale, le tematiche delle ultime due sezioni tornano nel video in chiusura di mostra, realizzato da ILO, International Labour Organization, agenzia delle Nazioni Unite che si occupa delle problematiche legate al lavoro e, specialmente, dell’eliminazione della schiavitù ancora presente in diversi ambiti.

Tra i Mestieri da schiavi vi erano quelli legati al mondo dello spettacolo, in questa sezione è presente una delle straordinarie erme degli aurighi del Museo Nazionale Romano a Palazzo Massimo.

Schiavi bambini, con la tematica del lavoro minorile, è un’altra delle sezioni, purtroppo, ancora attuali anche ai nostri giorni.

L’allestimento della sezione Schiavi nelle cave e nelle miniere, conduce lo spettatore in un percorso labirintico e claustrofobico che imita i cunicoli sotterranei, l’ambientazione è forse un po’ troppo caricata dall’accompagnamento audio.

Una strada verso la libertà è quella che viene descritta attraverso l’affrancamento da parte del padrone.

Un po’ povera, come contenuti e disposizione, soprattutto nella parte riguardante il cristianesimo, risulta l’undicesima sezione dedicata a Schiavitù e religione.

Il gioco…che rende liberi! è il titolo del laboratorio didattico ideato per bambini dai cinque agli undici anni.

Spartaco

Schiavi e padroni a Roma

Roma, Museo dell’Ara Pacis

31 marzo-17 settembre 2017

Orario: 9.30-19.30

Ingresso: intero €.11,00; ridotto €.9,00

Info: 060608

       www.arapacis.it

       www.museiincomuneroma.it

Catalogo: De Luca Editore, €.25.000  

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Roma: Attraverso i labirinti del cuore a Palazzo Venezia e a Castel Sant’Angelo

Mercoledì, 02 Agosto 2017 01:30

Due amici vengono a guidarci tra i Labirinti del cuore. Giorgione e le stagioni del sentimento tra Venezia e Roma, la mostra in corso fino al 17 settembre a Palazzo Venezia e Castel Sant’Angelo a Roma. All’ingresso del palazzo rinascimentale sarà il primo, il protagonista, a venirci incontro, in lui ci identifichiamo, provenienti da una realtà caotica ed estraniante. Come lui confusi tra una realtà esterna, indaffarata e chiassosa, e quella interiore, sospesa, senza tempo, tra il sogno e un sottile dolore. Ci rispecchiamo in lui, il bel volto sul palmo della mano e lo sguardo perso oltre lo spazio dove il quotidiano accade. Non ci guarda, non facciamo parte del suo mondo, ma è il nostro specchio, siamo noi a far parte del suo, condividendo lo stesso sentire. Questi spazio e tempo diversi, si incarnano nel melangolo, il frutto, simbolo della melanconia che, distrattamente, tiene in mano.

Lo stesso contrasto si vive nel passaggio dall'esterno all’interno del palazzo. Nel giardino, recentemente riaperto al pubblico, non arriva, se non come eco lontano, il chiasso del traffico caotico. Ci si siede o si passeggia all’ombra del verde o immersi nella luce, moltiplicata dal bianco della fontana monumentale centrale.

La mostra si snoda all’interno come in un labirinto, nel succedersi delle belle sale, dove lo sguardo si perde, si distrae dal contenuto dell’esposizione e vaga tra pavimenti, soffitti e pareti.

In un percorso a ritroso nel tempo, si incontrano le figure che il palazzo hanno costruito e vissuto. Abbellendolo con collezioni, specchio di raffinati e colti interessi.

In mostra i libri, testimoni e formatori della cultura rinascimentale, dall’Hypnerotomachia Poliphili al Cortegiano di Baldassarre Castiglione.

I bronzetti, virtuosistiche sculture in miniatura, riproducono, oltre agli animali, le opere più famose e significative, come l’immancabile Laocoonte dei Musei Vaticani.

Naturalmente non mancano le arti maggiori, pittura e scultura.

Il giardino dei sogni, installazione video sonora, che conclude il percorso, è un di più non necessario. Una realtà immersiva, per quanto virtuale, che in qualche modo contraddice l’atmosfera, impalpabile e indefinita, nostalgica e melanconica, del resto della mostra.

Alla fine del percorso è il secondo dei due amici a congedarci. Quello che, almeno apparentemente, ci rivolge lo sguardo con un abbozzo di sorriso. Testimone di una recuperata, presente e cosciente serenità.

Il percorso concentrico può proseguire nelle variegate e affascinanti collezioni permanenti del palazzo, che mostrano i punti forti nella scultura lignea, ma anche nei manufatti in terracotta e cartapesta, nei citati bronzetti e nella ceramica. La collezione epigrafico-lapidea si dispone ai lati del perimetro della loggia aperta superiore.

La mostra è allestita in due sedi che testimoniano i rapporti tra Venezia, patria di Giorgione, il famoso ed enigmatico pittore, autore del dipinto intorno a cui è imperniata l’esposizione e Roma. Il Palazzo di Venezia, ovviamente incarna la città lagunare, a Castel Sant’Angelo e, in particolare agli appartamenti papali, spetta, invece, la rappresentanza della Città Eterna. Sono i dipinti di artisti maestri coevi di Giorgione, come Tiziano, Tintoretto, ma anche Bronzino e Barocci, a costituire l’esposizione nel mausoleo-fortezza.

Labirinti del cuore

Giorgione e le stagioni del sentimento tra Venezia e Roma

24 giugno - 17 settembre 2017

Roma, Palazzo di Venezia - Castel Sant’Angelo

Orari: Palazzo Venezia dal martedì alla domenica 8.30-19.30

         Castel Sant’Angelo tutti i giorni 9.00-19.30

Ingresso: unico per le due sedi, validità 3 giorni intero €.14.00, ridotto €.7.00;

               solo Palazzo Venezia intero €.10.00, ridotto €.5.00. Audioguida inclusa a Palazzo  

               Venezia; apposita app scaricabile per Castel Sant’Angelo.

Info: +39 06 32810

       www.mostragiorgione.it

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UN ARCOBALENO DI OTTOMILA COLORI ALLA BIENNALE D’ARTE DI VENEZIA

Mercoledì, 17 Maggio 2017 00:28
Arcobaleno di Gyula Vàrnai
Arcobaleno di Gyula Vàrnai (foto Artedamiani)

Il progetto dal titolo Pace al mondo di Gyula Varnai ci parla della sopravvivenza e la necessità delle utopie e del fatto che sebbene le nostre aspettative sul futuro non si siano realizzate, tuttavia in ogni epoca c’è bisogno di nuove visioni per gli scopi dell’umanità.

Il messaggio positivo che viene offerto dall’artista Varnai è senza dubbio qualcosa di piacevole, che può migliorare le premesse di una giornata grigia e lo scenario in cui ce lo presenta non può che essere accolto da un sorriso dopo aver oltrepassato la scritta Peace on Earth, illuminata al neon, e trovarsi di fronte un Arcobaleno formato da ottomila “colori” creati con i distintivi originali di varie associazioni, società, città e movimenti od eventi degli anni Sessanta e Settanta. L’epoca evoca la promettente immagine del futuro della Guerra fredda, la visione della pace sui conflitti, un messaggio tramite i

aprile maggio 108
foto Artedamiani

segni racchiusi nei significati di ogni distintivo che riferisce di lavoro, diletto, sport e quant’altro.

Gyula Varnai crea le sue opere con le più svariate tecniche, utilizzando oggetti reali e visuali del passato, spesso reliquie della guerra fredda o riferite ai dintorni della sua città, Dunaùjvàros, l’antica Città Stalin ungherese. Le sue opere assemblate riscrivono l’immagine del mondo stereotipato nell’Europa dell’est con referenze contemporanee.

PEACE ON EARTH
Di Gyula Vàrnai
Padiglione Ungheria
Venezia, Giardini di Castello
13 maggio – 26 novembre 2017

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Alighiero Boetti a Parigi

Mercoledì, 03 Maggio 2017 07:17

Intervista a Michele Casamonti


Tornabuoniart Paris si sposta nella nuova sede di Parigi al Marais, situata nel celebre Passege de Retz, il particolare Hotel del secolo XVII: una location di grande impatto.

Questo importante avvenimento, così esordisce Michele Casamonti, che ci accoglie con la consueta ed ineguagliabile cortesia, crea l'opportunità di presentare, in una galleria privata, la più importante retrospettiva, mai realizzata, dell'opera di Alighiero Boetti (1940-1994).

Boetti, ancora oggi vero maestro, guardando le generazioni di artisti a lui ispirata, si può considerare il fondatore principale dell'arte concettuale. Era con ciò naturale realizzare l'apertura in omaggio a questo importante artista italiano con cui la Galleria Tornabuoni ha tradizionalmente lavorato sino alla fine degli anni '80.

I grandi spazi della nuova galleria consentono di costruire un percorso articolato in cinque sezioni distinte, che seguendo un itinerario quasi cronologico, in realtà ripercorrono le diverse tappe delle vicende artistiche di Boetti.

Si inizia dalla prima sala così detta delle Mappe, una sala che raccoglie i lavori più conosciuti, più iconici della ricerca di Boetti. Sono lavori realizzati, pensati, costruiti e disegnati a Roma, ma ricamati in Afganistan dalle donne Afgane. Le mappe, approssimativamente 250, riproduzione fedele delle variazioni geo-politiche mondiali, sono a rappresentare così la globalizzazione del mondo nel tempo in cui vengono realizzate.

Si prosegue poi con la sala dedicata all'opera "Copertine 1984", dove Boetti restituisce un'immagine complessa e articolata, quasi indecifrabile nel suo insieme costruita con un criterio preciso, cronologico dell'anno 1984. L'idea è di realizzare e raccontare uno spaccato complesso di quel periodo storico; le stesse sono realizzate con 12 pannelli ciascuno di 1mt X 1,5 mt all'interno del quale sono riprodotti i dodici mesi e ciascuno dei dodici mesi contiene diciotto copertine.

Si passa poi al concetto "dell'ordine nel disordine": l'esigenza di classificare gli oggetti prima di tutto. Il ciclo chiamato Cielo - Alta Quota, raccoglie una molteplicità di oggetti che si trovano in una sola

 casamonti
Michele Casamonti 

opera: gli aerei.

Modelli di aerei che hanno fatto la storia dell'aviazione: un cielo caotico, come se in qualche modo fosse condensato in un'estensione temporale, Boetti li rappresenta tutti in un sola immagine.  

Una delle opere più conosciute sono I Ricami, con le frasi scritte e le lettere, esempio di passaggio concettuale tra disordine ed ordine.

Sono un caos di lettere, ma in realtà costruite secondo una grafica, una struttura per cui conoscendo le regole diventano leggibili.

Da questo omaggio parigino a Boetti è scaturito un evento più ampio e specifico dal punto di vista del tema che sarà organizzato dalla Galleria presso la Fondazione Cini dall'11 Maggio in concomitanza

della Biennale di Venezia 2017.

E' un tributo all'opera di Boetti cercando di costruire una mostra che si chiama Minimum Maximum, tutte sul tema del formato e della dimensione, mettendo in relazione per ciascuna tipologia di opera la più piccola e la più grande.

L'idea di questa mostra è dimostrare che tra la piccola e la grande non c'è differenza, è tutto un gioco concettuale posto all'interno dell'opera stessa: tra il piccolo e il grande infatti non c'è differenza nella ricerca concettuale dell'artista.

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Il segreto di Caravaggio

Lunedì, 01 Maggio 2017 17:40

Perché nonostante quattro ore di fila sotto la pioggia battente, il braccio anchilosato dall’aver retto l’ombrello per così tanto tempo in un freddo   omeriggio della metà di maggio e le gambe intirizzite quando sono entrata nelle Scuderie del Quirinale qualche anno fa e ho visto i quadri di Michelangelo Merisi detto Caravaggio, invece di accasciarmi sulla prima poltroncina disponibile non ho saputo far altro che correre da un dipinto all’altro? Non riuscivo a staccare gli occhi dai suoi quadri e ad allontanarmi dalle sensazioni estreme che salivano dentro di me dallo stomaco al cuore.
Partendo dal celeberrimo “Canestra di frutta” ( non a caso è stato eletto logo della mostra) che apre subito il confronto tra il visitatore appena entrato e il genio del pittore maledetto e passando poi a tutte le altre opere dal “il Bacco” i Bari” “la Deposizione” “Il concerto di giovani” e tutte le altre posso dire con certezza che non stavo visitando una mostra, ma ero entrata in un teatro. Ho pensato ad Harry Potter alla famosa scuola di Hogwarts dove i personaggi dei quadri di punto in bianco iniziano a parlare e a muoversi e talvolta escono dalla tela.
Mi aspettavo da un momento all’altro che Giuditta una volta finito con Oloferne lasciasse cadere la spada e mi chiedesse“Ho fatto la cosa giusta?” che il Cristo flagellato mi si avvicinasse e mi poggiasse la testa sulla spalla, che il Bacco irriverente mi facesse l’occhiolino.

Quante volte davanti ai quadri di altri geni quali Leonardo da Vinci abbiamo pensato “Sembrano fotografie” e davanti a Raffaello “sono pura poesia” Ecco davanti a Caravaggio noi vediamo l’unione del  realismo e della poesia, del sacro e il profano, ammiriamo il capolavoro Caravaggio non fotografa semplicemente l’umanità e allo stesso tempo non vuole ammantare di poesia la realtà. Non vuole   mistificare neppure la rappresentazione della divinità. Furono diversi infatti i suoi quadri rifiutati da ordini monastici per i suoi santi e le sue madonne troppo “popolani” Caravaggio dipinge delle vicende e le usa come pretesto per  catturare l’anima umana. Individua uomini e donne, dopo averli cercati per le vie Roma, e li traduce su una tela. Attua un semplice trasferimento, imprigiona la loro essenza,  catturando le luce che una determinata azione  accende nei loro corpi, ci mostra il loro lampo vitale circondato sempre e comunque da un’oscurità inquietante. E i chiaroscuri dei suoi quadri  sapientemente fusi alle luci e alle ombre riprodotte nelle sale dai curatori della mostra, ci insinua quella lieve angoscia dentro, che si mescola allo stupore, all’ammirazione, alle mille domande che sorgono sulla sua vita disgraziata e dissennata. Ci lascia commossi, inquieti e riconoscenti. Con queste sensazioni complesse mi sono recata al punto vendita della mostra e mi è caduto l’occhio sul un libro  intitolato “Caravaggio una luce nelle  tenebre” scritto dallo studioso americano Roy Doliner. Più tardi andando  avanti nella lettura di questo saggio ho rischiato di cadere nel tranello e provare un pizzico di delusione, ma è stato solo un attimo. E’ accaduto quando a pagina 71 ho letto questo brano: “Nella sua mansarda d’artista il  soffitto e la finestra dell’abbaino erano dipinti completamente di nero e la
parte superiore del lucernario era stata sfondata per far entrare la luce che si rifletteva in uno specchio convesso collocato vicino alla finestra in modo da concentrarsi come in un riflettore nell’oscurità dello studio sottostante. Focalizzando la luce intensa dall’alto creava il famoso  hiaroscuro teatrale delle sue opere, evidenziando i modelli e gli oggetti principali delle scene eliminando i dettagli inutili con l’uso dello scuro” Caravaggio usava insomma una rudimentale camera oscura, improvvisata con i mezzi dell’epoca. Con lo specchio l’immagine veniva proiettata direttamente sulla tela creando poi un   effetto ricalco e quindi il più reale possibile.

Questo sistema facilitava il suo lavoro, velocizzava i tempi e gli lasciava più tempo libero per dedicarsi alle sue occupazioni preferite: i bagordi le risse e il gioco.
Tesi avvalorata anche da alcuni scritti dei suoi contemporanei, e dal fatto che conoscesse la tecnica perché a servizio del Cardinal romano Del Monte, uomo illuminato e al corrente di tutte le novità  scientifiche del tempo tra cui anche la costruzione dell’ultima camera oscura della Porta a Venezia. Che dire? La sua improvvisata camera oscura gli era di aiuto certo...ma è veramente il suo grande segreto? Che tanto genio lo si possa spiegare solo svelando l’uso di uno specchio convesso? Che tutto di Caravaggio lo si debba sempre ricondurre alle sue intemperanze
e alle sue poco ortodosse inclinazioni e che non abbia nessuna grandezza spirituale un uomo che dipingeva quadri simili?
Io non credo. Pochi lo credono per fortuna.
Tra gli ultimi quadri esposti nel percorso della mostra troviamo “Davide e Golia” la testa di Golia è un autoritratto di Caravaggio a tre mesi dalla sua morte. Guardate bene l’espressione di Davide e quella di Golia nella testa mozzata. Se riusciamo veramente ad entrare dentro a questo dipinto, capiremo che la risoluzione del rebus e lì. Pietà, superbia, umiltà arroganza, luci ,ombre, eroi buoni, giganti   cattivi, sacro e profano, ideali sublimi e istinti più bassi, tutto convive nelle tavole di Caravaggio così come dentro tutti noi e quindi nel mondo, ma lui solo ha saputo fissare il caos su una tela in modo talmente umano da risultare ultraterreno.
Facciamo una fila di quattro ore per vedere noi stessi riprodotti in modo magistrale. Forse è questo il segreto.

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Musei Vaticani: in mostra le reliquie di San Cesario di Arles, avanti tutta nel segno della tradizione delle antichità cristiane

Martedì, 11 Aprile 2017 00:42

Con fiato sospeso si vivono e si attendono le primizie del nuovo corso ai Musei Vaticani. Il passaggio di testimone tra Antonio Paolucci, direttore uscente e Barbara Jatta, direttrice entrante è un cambiamento epocale. Sebbene l’avvicendamento sia stato preannunciato e diluito nel tempo per garantire continuità, le novità si susseguono abbastanza serrate e di sicuro e determinato impatto.

Per prima cosa è stato lanciato il nuovo sito, che costituisce l’interfaccia diretta e l’immagine   proposta al pubblico.

Quindi questa prima mostra «Dilectissimo fratri Caesario Symmachus». Tra Arles e Roma: le reliquie di San Cesario, tesoro della Gallia paleocristiana, in corso fino al 25 giugno 2017.

Il santo vescovo di Arles all’inizio della sua vita religiosa è monaco nell’Isola di Lerino. Conserverà le virtù monastiche di povertà e cura pastorale anche da vescovo, fu esegeta biblico e autore di regole monastiche di notevole capacità, così come abile comunicatore e particolarmente versato nell’arte della diplomazia.

L’esposizione è allestita nel cuore del Museo Pio Cristiano, collezione di antichità cristiane, che raccoglie soprattutto sarcofagi e che si trova nell’ala dei Musei Vaticani inaugurata nel 1970. Cuore nel cuore e vero e proprio fulcro della mostra è la statua del Buon Pastore. La ridotta misura si deve al fatto che non nasce come scultura a tutto tondo, bensì come parte di un sarcofago.

Inversamente proporzionale alla dimensione, l’importanza che il manufatto ricopre come simbolo pasquale di salvezza. Sulle spalle e intorno al collo del Pastore si trova la pecora smarrita della parabola evangelica, che è simbolizzata, a sua volta, dal pallio di lana che, posto intorno al collo e sulle spalle, connota il vescovo metropolita. Colui che è a capo di una provincia ecclesiastica e di altri vescovi.

Proprio nelle teche ai piedi del Buon Pastore sono esposti i due pallii parte delle reliquie di San Cesario. In particolare quello donato da papa Simmaco (498-514), è testimonianza diretta sia della funzione pastorale svolta nelle Gallie, sia del legame con Roma.

La duplice importanza del pallio di San Cesario spiega anche le ragioni della mostra, come riscoperta delle radici cristiane dell’Europa e riaffermazione di antichi scambi e relazioni. La tunica, la cintura con fibbia in avorio e i calzari di cuoio sono le altre reliquie provenienti da Arles. A queste si aggiungono frammenti sarcofagi del Museo Pio Cristiano e poche altre preziose testimonianze.

La presenza degli antichi tessuti è ciò che rende preziosa questa esposizione, piccolo gioiello decorato con numerose gemme. I lacerti tessili sono poco presenti nelle mostre e anche negli studi non godono ancora dell’importanza che spetterebbe loro, in assoluto e in connessione con opere d’arte considerate maggiori.

Legato alla funzione di Responsabile del Gabinetto delle Stampe della Biblioteca Apostolica Vaticana ricoperta da Barbara Jatta, è il prestito del codice carolingio del IX secolo, dove è conservato il testo della lettera inviata da papa Simmaco a San Cesario nel 513. L’incipit della lettera costituisce la prima parte del titolo della mostra.

Oltre che sulla figura di San Cesario, particolarmente sui tessuti e sui manoscritti della Biblioteca Vaticana si concentrano i saggi nel catalogo edito per i tipi della Edizioni Musei Vaticani, dove sono approfonditi anche la cristianizzazione della Provenza e la storia della Arles paleocristiana.

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Roma: Le donne mobili di Giovanni Boldini in mostra al Vittoriano

Martedì, 11 Aprile 2017 00:05

Le donne ritratte da Giovanni Boldini richiamano istantaneamente e immancabilmente l’aria del terzo atto del Rigoletto di Giuseppe Verdi, La donna è mobile. Non sono mai ferme o statiche, ma colte sul momento, perennemente accompagnate dal fruscio delle preziose, lucide e luccicanti stoffe dei loro elegantissimi abiti. Anche quando siedono o stanno fisse sui loro piedi, il movimento viene da dentro, dallo stato d’animo. La luce dei gioielli non offusca la lucentezza del loro sguardo, che, anzi, si sostituisce, in mancanza, ai preziosi monili. Il curatore Tiziano Panconi, autore del catalogo ragionato di Boldini nel 2002, ha detto, in conferenza stampa, che le donne dei dipinti emanano un fascino talmente grande, da non averne esse stesse piena consapevolezza.

Al contrario gli uomini ritratti dal pittore ferrarese, parigino di adozione, siedono statici. Il celebre ritratto di Giuseppe Verdi, presente in mostra, lo inquadra frontalmente, con lo sguardo rivolto allo spettatore, ipnotico, come quello delle divinità orientali e delle icone bizantine.

Alle donne di Boldini si uniscono quelle ritratte da Cristiano Banti, Vittorio Matteo Corcos, Giuseppe De Nittis, Antonio de La Gandara, Paul- César Helleu, Telemaco Signorini, James Tissot, Ettore Tito, Federigo Zandomeneghi.

Quattro le sezioni dell’esposizione: La luce nuova della macchia (1864-1870) rende conto dell’influenza dei Macchiaioli fiorentini; La Maison Goupil fra “chic” e “impressione” (1871-1878) racconta l’esperienza parigina nell’ambito degli Impressionisti; La ricerca dell’attimo fuggente (1879-1890) vede ancora Parigi protagonista, ma questa volta dalla parte dell’alta borghesia; Il ritratto Belle Époque (1892-1924) è caratterizzato dalla grandezza naturale delle figure.

Nel catalogo edito per i tipi della Skira, riveste particolare importanza la pubblicazione delle quaranta lettere circa, inviate da Boldini, in qualità di Presidente della commissione d’arte per la sezione italiana dell’Esposizione Universale di Parigi del 1889, a Telemaco Signorini, incarica della scelta e della spedizione delle opere degli artisti fiorentini.

Nel volume sono riprodotti anche quattro schizzi inediti risalenti agli anni tra il 1906 e il 1921.

Giovanni Boldini

4 marzo- 16 luglio 2017

Roma, Complesso del Vittoriano- Ala Brasini

Orario: da lunedì a giovedì 9.30-19.30

venerdì e sabato 9.30-22.00

domenica 9.30-20.30

Ingresso: Intero €.14,00, ridotto €12,00 audioguida inclusa

Info: 06 8715111

www.ilvittoriano.com

Catalogo: Skira €.39,00

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Valentina Tereškova compie 80 anni: omaggio alla prima cosmonauta del mondo al Centro Russo di Scienza e Cultura

Domenica, 05 Marzo 2017 23:05

Ottanta anni fa nacque Valentina Tereškova, la prima donna a viaggiare nello spazio nella missione di successo svoltasi il 14 giugno del 1963. Per festeggiare questa ricorrenza, nell’ambito del progetto #russiaamoremio, il Centro Russo di Scienza e Cultura a Roma ha organizzato una serata di gala dedicata alla cosmonauta sovietica.

L’incontro tematico, condotto dal Prof. Roberto Toscano ed incentrato sulla vita e sulla missione della cosmonauta, ha svelato dettagli inediti sul suo viaggio epocale, offrendo nuovi spunti e riflessioni sul tema dello spazio. Per l’occasione la sala grande della Casa Russa è stata la cornice per la proiezione di foto e video sul volo storico nello spazio della Vostok 6, regalando agli ospiti del Centro un emozionante viaggio virtuale nel passato.

L’iniziativa è stata corredata da una serie di opere pittoriche, esposte nelle sale del Centro, realizzate dall’artista Franco Toscano e dedicate alla «donna delle stelle».

Numerosi sono stati gli articoli pubblicati dalla stampa italiana in occasione di questo importante anniversario, che ricorre proprio oggi, il 6 marzo 2017. «Tereškova è una donna che ha senz'altro

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 Valentina Tereškova

lasciato un'impronta nel Novecento», - così la definisce il portale ANSA nel suo articolo dedicato all’eroina sovietica.

***

Il 16 giugno 1963 Valentina Tereškova sconfina dall’atmosfera terrestre a bordo della navicella spaziale «Vostok-6». Nel lasso di 71 ore trascorse nell’orbita terrestre compie 48 giri attorno al pianeta. La notizia del volo della Čajka («Gabbiano»), il nome in codice per le trasmissioni radio scelto dalla cosmonauta, raggiunge ogni angolo del mondo.

Quel volo di Tereškova è stato il primo e l’unico nella sua carriera. Dedicò la sua vita all’attività sociale. Per ben vent’anni la donna-generale dell’aviazione guidò il Comitato delle donne sovietiche, a partire dalla fine degli anni 80 del secolo scorso assunse la carica del Presidente dell’Unione delle società sovietiche di amicizia e del Centro Russo per le relazioni con l’estero (Roszarubežcentr, attualmente Rossotrudničestvo*). Fu insignita per meriti con molteplici alte onorificenze dell’URSS e della Federazione Russa nonché di altri stati.

* Agenzia Federale per gli Affari della CSI, dei connazionali residenti all’estero e per la cooperazione umanitaria internazionale presso il Ministero degli Affari Esteri della Federazione Russa

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La Corea è sempre più vicina

Lunedì, 27 Febbraio 2017 12:31

istituto culturale coreano 2Intervista al direttore dell'istituto di cultura  coreano a Roma, Soo Myoung LEE

 

La creatività di un artista scaturisce dall’assemblare elementi di cui se ne ha la padronanza e si è in grado di poter mescolare per creare soggetti diversi, e con lo stesso Dna degli elementi mischiati. Questo è, in sintesi, l’obiettivo che si pone l’Istituto Culturale Coreano che ha aperto i battenti un anno fa a Roma, primo in Italia. L’istituto è stato creato, infatti, non solo per far conoscere la cultura coreana al nostro Paese che sin’ora ha conosciuto e apprezzato quella cinese o giapponese, per parlare di estremo oriente, ma poco sa di quella coreana, ben distinta dalle altre due, ma anche per dare la possibilità agli artisti italiani di interagire con quelli coreani, perché possano nascere  nuove opere d’arte, figlie delle due culture. In un mondo che va sempre più globalizzandosi la mescolanza di culture è capace di creare opere di cultura non più appartenenti a singoli paesi ma all’umanità, sempre più consapevole della propria unicità. Ne chiediamo conferma al direttore del nuovo istituto, il dottor Soo Myoung LEE.

In quali campi l’istituto promuoverà le sue prossime iniziative in Italia? è previsto anche che all’interno dell’istituto possano incontrarsi artisti dei nostri due Paesi per conoscersi e per ulteriori interscambi culturali?

Innanzitutto vogliamo essere presenti sia nel tradizionale che nel moderno. Il nostro primo obiettivo è quello di presentare la cultura del nostro Paese che comprende, oltre lo spettacolo in generale, sia la tradizione che l’arte moderna. Oltre, quindi, gli eventi culturali e gli spettacoli che organizzeremo, vorremmo presentare al pubblico italiano la quotidianetà in Corea, cioè far vedere cosa mangiano, come si vestono, come vivono a casa i coreani, cioè presentare la vita quotidiana dei coreani. Questo per noi è di grande importanza, ha quasi la stessa importanza degli altri eventi culturali. Per quanto riguarda l’incontro tra artisti italiani e artisti coreani posso anticiparvi che abbiamo in programma una mostra che ha come tema la carta coreana (hanji) che si ricava dalla corteccia del gelso. Ne saranno protagonisti gli studenti italiani che presenteranno le loro opere come espressione di arte moderna e, a fianco, ci sarà un’altra mostra che permetterà di vedere come viene prodotta la carta. E'un ottimo esempio di collaborazione tra artisti italiani e coreani per creare l’arte in se, se possiamo dire. Questo obiettivo si può raggiungere in tre modi: far lavorare gli artisti italiani con elementi coreani, far lavorare artisti coreani con elementi italiani per aversi, infine, un incontro culturale tra gli artisti dei due paesi. Un altro nostro importante obiettivo è quello di promuovere le Olimpiadi invernali che si terranno in Corea, a Pyung Chang, nel febbraio del 2018, alle quali parteciperanno ovviamente anche gli atleti italiani. Sembrerà strano, ma per noi è importante anche che nel mondo si riesca a distinguere la lingua della Corea del Sud da quella del Nord. A volte le persone non distinguono la Corea del Nord da quella del Sud.

Dopo la “Korea week” aperta al pubblico italiano, e alla quale sono intervenuti anche molti giovani, avete in programma altri appuntamenti?

Lo scorso anno abbiamo organizzato a Roma la “Korea week”, quest’anno esporteremo il pacchetto delle manifestazioni in altre città italiane: Firenze, Palermo e così via. Ci saranno mostre, performance di arti marziali coreane, il Taekwondo, si avrà la possibilità di vedere la cultura coreana tramite laboratori, anche di cucina etc. A Roma, in occasione del primo anniversario dell’inaugurazione del nostro istituto, inaugureremo il festival della Corea, sarà il prossimo 26 ottobre, nel mentre continueremo a presentare la nostra cultura con spettacoli, mostre tradizionali, mostrando eccellenze di gastronomia coreana, organizzando manifestazioni di arti marziali e tutto ciò che concerne la cultura coreana. Inoltre, come ultima risposta alla sua domanda, ci sarà una giornata della cultura: il Ministero della Cultura coreano dedica alla cultura l’ultimo mercoledì di ogni mese e quindi anche presso l’istituto c’è stato un evento,  lo scorso 22 febbraio c’è stato un concerto di musica classica, e così via, di mese in mese.

Ci sono mostre in corso da poter visitare nel Centro culturale aperte al pubblico?

Certamente, l’istituto è aperto tutti i mesi dell’anno, eccetto luglio e agosto. C’è quella dei dipinti coreani e, a seguire, una mostra di artisti coreani che lavorano in Italia. Per quanto riguarda la gastronomia l’istituto organizza dei corsi, purtroppo ancora limitati per l’orario in quanto gli Scef professionisti per l’ora di pranzo e cena non possono essere presenti in istituto. Seguirà una mostra con tema la carta coreana, poi ancora una mostra sull’arte della calligrafia coreana, ancora una mostra di artigianato molto pregiato, arte creata con le conchiglie, una mostra di artigianato casalingo e, per finire, una mostra di stoffe molto colorate. Inoltre sono stati organizzati anche dei laboratori, di modo che gli italiani possano vivere lla nostra arte.

Molto apprezzati sono stati i corsi di cucina e gastronomia coreana, lei pensa che nel 2017 ci potranno essere altri laboratori di gastronomia?

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 Il direttore dell'Ist. culturale coreano a Roma Soo Myoung LEE (al centro)

Per quanto riguarda la gastronomia l’istituto organizza dei corsi, purtroppo ancora limitati per l’orario in quanto gli cheff professionisti, per l’ora di pranzo e cena, non possono essere presenti in istituto in quanto impegnati nei ristoranti, in aprile comunque l’orario sarà più vicino alle esigenze dei tirocinanti e corsi si potranno tenere anche nella pausa pranzo. Attualmente abbiamo intenzione di proporre la cucina coreana anche nei ristoranti di istituzioni internazionali, come per esempio la FAO. Sono in previsione anche delle manifestazioni di cucina vegetariana, tipica dei templi buddisti coreani. In questi viene consumato cibo biologico e viene usato il principio dello Slow food. Vorremmo presentare anche ai preti cattolici la cucina dei templi buddisti. Siamo in contatto con l’associazione dei buddisti coreani in Italia per presentare questo programma il prossimo anno e, non solo per questo, ma anche per presentare i vari aspetti della filosofia buddista, inclusa la cultura del SHANSUSEY, che concerne la permanenza nei templi buddisti , come vacanza per un determinato periodo, che adesso va tanto di moda.

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Fontanellato (Parma) - mostra di pittura: Patrizia Comand sulla “nave dei folli”.

Domenica, 12 Febbraio 2017 01:46


L’universo onirico della pittrice in mostra al Labirinto della Masone di Franco Maria Ricci

“La nave dei folli”, opera della pittrice Patrizia Comand, è la nuova proposta espositiva visibile al Labirinto della Masone di Fontanellato, fino al 19 marzo, in concomitanza con la riapertura della struttura dopo la pausa invernale. Esposto l’omonimo dipinto considerato capolavoro della pittrice milanese, insieme ai numerosi disegni preparatori, ispirato all’opera quattrocentesca scritta da Sebastian Brant, in originale "Das Narrenschift", alle cui illustrazioni aveva collaborato un giovane Albrecht Dürer. Questa pittorica “Nave dei folli”, di ben nove metri di lunghezza, realizzata dalla Comand è testimonianza diretta della raggiunta maturità creativa dell’artista che riesce a comporre un universo visivo e narrativo originale e autonomo, dove fluttuano o danzano figure allegoriche, dai chiari rimandi simbolici Patrizia Comand rivolti sia al poema di Brant sia alla nostra attualità. Nella sua produzione la Comand ha sempre mostrato di prediligere sequenze tematiche, volte ad una narrazione visiva. Accanto, si evidenzia la padronanza della tecnica pittorica e la capacità di applicarla al pensiero, utilizzando suggestioni visive ed emozionali, fino a rendere piacevole ed allusiva quella sua interpretazione del mondo e delle cose che altri non è se non metafora della condizione umana. Abilità formale e fantasia stanno alla base di questo suo percorso che ha trovato nella “Nave dei folli” una ideale interpretazione.

La mostra occupa una delle sale della Corte Centrale, la sala Calvino, affacciata sulla piazza nel cuore del labirinto di bambù, nella quale è stata allestita  35la scenografica biblioteca progettata nel 1827 dall’architetto bresciano Rodolfo Vantini, recente acquisizione della Collezione Franco Maria Ricci. E’ corredata da un catalogo, stampato da Franco Maria Ricci, con testi di Philippe Daverio e Giovanni Mariotti, affiancati da numerose immagini che illustrano l’opera e la sua genesi. Nata a Corbetta in provincia di Milano, dopo il Liceo Artistico, Patrizia Comand si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Brera, dove frequenta i corsi di Usellini, Ballo, Marchese e Ilario Rossi e si diploma nel 1972. La sua prima mostra risale al 1974. Un lungo soggiorno in Centro America influenzerà la sua pittura portandola a mutare l’interpretazione della luce e dei colori. 

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Roma: mostra Museo Universale alle Scuderie del Quirinale

Giovedì, 09 Febbraio 2017 16:29

1816- 2016 Alle Scuderie del Quirinale a Roma si celebra il bicentenario di un grande ritorno

 

Quando un’opera d’arte è ultimata, nasce al mondo come un individuo e, come tale, è soggetta alle vicissitudini di un’esistenza, forse non comune, ma condivisa.

Nasce, almeno nel passato, da un rapporto più o meno amoroso tra artista e committente. Poi, come tutti, segue un destino che non dipende da lei, ma dal capriccio della storia e delle passioni umane.

Alle Scuderie del Quirinale è in corso, fino al 12 marzo 2017, la mostra Il Museo Universale. Dal sogno di Napoleone a Canova. Nel 1796 Napoleone sogna di raccogliere e concentrare le opere d’arte più importanti al mondo in un solo museo a Parigi, al Louvre. Comincia così l’incubo delle città italiane e dello Stato Pontificio, che si vedono strappare capolavori che, da secoli, formavano l’identità di un territorio, come parti vitali costitutive di un organismo.

L’istituzione museo nasce, fin dall’antichità, come luogo identitario di raccolta della bellezza e della memoria. Attraverso le storie che racconta, esplica la sua funzione educativa.

Fin dall’antichità, il successo di un’impresa bellica è quantificata, espressa e comunicata dal bottino di guerra, trasferito, con processione trionfale, dalla patria del vinto a quella del vincitore.

La realizzazione di un museo universale è un sogno e i sogni non sono eterni. Nel 1816 la Restaurazione sancisce la fine del sogno napoleonico.

Un’altra figura eroica si impone all’orizzonte, è quella dell’artista veneziano Antonio Canova. Con lui, gran parte delle opere trafugate da Napoleone, percorrono in senso contrario il cammino dell’allontanamento, in un emozionante, commosso ritorno.

In realtà la mostra rievoca, in parte, proprio il sogno di Napoleone, raggruppando in un solo luogo un’abbuffata di capolavori, da Raffaello a Canova, dall’antichità delle sculture romane al XIX secolo.

Le grandi pale d’altare si susseguono con ritmo incalzante. Fissate a pochi centimetri dal pavimento, costringono lo spettatore a rimbalzare qua e là, avanti e indietro, in uno spazio relativamente ridotto, cercando di sfuggire a un’illuminazione inclemente. Quest’ultima è addirittura deturpante nel caso del magnifico dipinto di Raffaello, che raffigura Leone X Medici con i cardinali Giulio de’ Medici e Luigi de’ Rossi. Sembra di poter carezzare le ricche e soffici stoffe, prendere la lente dalle mani del papa e sfogliare il prezioso libro, apparecchiato sul tavolo, accanto al campanello d’argento cesellato d’oro.

Avevano preso la strada di Parigi anche il gruppo marmoreo del Laocoonte e l’Apollo del Belvedere dei Musei Vaticani, collezionate da Giulio II agli inizi del ‘500, prime ad entrare nelle raccolte papali. Per riempire il vuoto straziante, non solo fisico, ma soprattutto spirituale, Antonio Canova aveva scolpito il Perseo e i Pugilatori, tutt’ora esposti nel Cortile Ottagono, in contiguità con le ritornate statue antiche che avevano dovuto sostituire.

Ma la mostra può riportarci anche all’oggi, al pensiero delle opere vendute, trafugate e distrutte per via della guerra e del terrorismo.

Dolorosamente vicini a noi, fisicamente e psicologicamente, i disastri degli eventi sismici.

Chi è o chi sarà l’Antonio Canova di oggi? Forse tutti noi, condividendo il dramma di persone e cose, ricostruendo la nostra identità.

 

Il Museo Universale - Dal sogno di Napoleone a Canova
16 dicembre 2016- 12 marzo 2017
Roma, Scuderie del Quirinale
Orari: Domenica – giovedì dalle 10.00 alle 20.00; Venerdì e sabato dalle 10.00 alle 22.30     
Ingresso: Intero € 12,00 - Ridotto € 9,50
Info:    Tel. +39.06.39967500 - www.scuderiequirinale.it

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I MUSEI APERTI A TUTTI: il nuovo sito web - www.museivaticani.va

Martedì, 31 Gennaio 2017 05:13

"La rete digitale può essere un luogo ricco di umanità, non una rete di fili ma di persone...", è quanto detto da Papa Francesco che ha ispirato la creazione di questo nuovo sito: pensato e realizzato in modo da renderne accessibili i contenuti al maggior numero di utenti.

Presso la Sala Stampa della Santa Sede è stato presentato il nuovo sito web dei Musei Vaticani.

Sono intervenuti: S.E. Mons. Fernando Vergez Alzaga, L.C., Segretario Generale del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, Direttore della Direzione delle Telecomunicazioni; Rev.mo Mons. Dario Edoardo Viganò, Prefetto della Segreteria per la comunicazione; Dott.ssa Barbara Jatta, Direttrice dei Musei Vaticani.

La struttura del portale infatti, guida il pubblico visitatore, prima, durante e dopo la visita con nuove e riformulate informazioni, risulta semplice ma al contempo elegante e sofisticato, accattivante facilmente accessibile e navigabile da qualsiasi dispositivo e piattaforma, mirando ad arricchire e agevolare "l'esperienza di visita", sarà consultabile sia da computer, tablet e smartphone e fruibile in cinque versioni linguistiche ( italiano, inglese, spagnolo, tedesco, francese).

Le caratteristiche proporzionali del nuovo sito possono essere ben comprese da alcune cifre: 12.995 pagine ( nelle cinque lingue), 3.071 immagini e numerosi contenuti multimediali.

Il lungo e notevole lavoro di realizzazione del nuovo portale è stato promosso dal Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, su indirizzo e supervisione dei Musei Vaticani e coordinato dall'ufficio [email protected] e Sito Web dei Musei Vaticani.

L'Ufficio Supporto Tecnologico dei Musei Vaticani, la Direzione Tecnologica della Segreteria per la Comunicazione della Santa Sede, il Provider Servizi Internet Vaticani e Inarea Strategica Design, hanno prestato la loro opera nella realizzazione del nuovo sito.

"I Musei siano aperti a tutti" - esorta Papa Francesco - "Se il Papa ha dei musei è proprio per questo!Perché l'arte può essere un veicolo straordinario per raccontare agli uomini e alle donne di tutto il mondo, con semplicità, la buona notizia di Dio che si fa uomo per noi, perché ci vuole bene! Ed è bello questo!"

E' così che , attraverso il nuovo portale, I Musei Vaticani, saranno in grado di preservare, valorizzare, promuovere e condividere il patrimonio storico - artistico -culturale della Chiesa.

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Bologna: Mostra - "Cartoni. Disegni smisurati del ‘900 italiano"

Venerdì, 27 Gennaio 2017 02:12

Veder riuniti in un’unica raccolta “cartoni” di maestri del Novecento italiano è occasione piuttosto rara. Ce la offre la mostra proposta da Marco Fabio Apolloni e Monica Cardarelli dal titolo <Cartoni. Disegni smisurati del ‘900 italiano> che presenta (fino al 31) a Bologna, nello Spazio Sympò (ex Chiesa di Santa Maria del Buon Pastore), in 20 cartoni di maestri, la collezione della Galleria del Laocoonte di Roma: una sorta di pinacoteca di “disegni smisurati”, espressione dell’alto livello dell’esercizio del disegnare nella prima metà del secolo scorso, legato al ritorno alle tecniche di decorazione antiche e tradizionali.

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 Ferrazzi Ferruccio: Cerere


Si va dal dannunziano Adolfo De Carolis con il grande foglio preparatorio del dipinto Primavera (1903) ad una monumentale figura di Mario Sironi che pare scolpita nella roccia a colpi di grafite. Del poliedrico Duilio Cambellotti è esposto il cartone per il rosone realizzato in vetri colorati per la Cattedrale di Teramo, oltre a due disegni preparatori per i manifesti del film Fabiola, uno dei primi kolossal italiani del immediato dopoguerra. Due maestosi cartoni per gli affreschi dello scalone del palazzo dell’INA a Roma – ora proprietà dell’Ambasciata Americana – sono opera del quasi dimenticato Giulio Bargellini (Firenze 1875- Roma 1936), frescante instancabile di terme, banche e ministeri dove andò traducendo in italiano le archeologie viventi di Alma Tadema e le bellezze femminili che Klimt aveva trasformato in sontuose carte da parati. Di Gino Severini è una Madonna con Bambino per la Cattedrale di Losanna. Di Galileo Chini una delle virtù, che ornavano il Padiglione delle Esposizioni della Biennale di Venezia.
Publio Morbiducci (1889-1963), è l’autore di una serie di disegni con trionfi di spoglie militari in cui le armi dell’antichità classica sono commiste con quelle moderne dell’ultima

Adolfo De Carolis La Primaveram
Adolfo De Carolis: La Primavera

guerra. Erano per grandi pannelli in vetro smerigliato, ma la sconfitta di quelle armi stesse venne prima della realizzazione finale. Del calabrese Achille Capizzano, autore tra l’altro di alcuni mosaici del Foro Italico, sono presentate due scene dalla Divina Commedia ispirate ad antiche xilografie.

Infine di Ottone Rosai è in mostra un Giovinetto Crocifisso sospeso quasi a grandezza naturale su un vasto foglio, in cui il rovello del disegno si traduce in un’apparenza espressionista di grande pathos.
<Il cartone - spiega Marco Fabio Apolloni  -è l’ultimo luogo delle incertezze, dei ripensamenti, dei cambiamenti improvvisi in corso d’opera. Sono le cancellature, le correzioni, ciò che rendono il cartone una sorta di sindone di carta di tutta la passione e le sofferenze di un artista nel corso della creazione del proprio capolavoro. E’ questa qualità del cartone in cui l’opera d’arte e il documento di lavoro si confondono che costituiscono la sua maggiore attrattiva>.

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Spoleto festival: meeting tra arte e cultura

Mercoledì, 25 Gennaio 2017 00:49

In quel di Spoleto sarà Il teatro Caio Melisso-spazio Fendi a far da cornice ad un evento acclamato, dove arte e cultura si fondono in un unicum all’interno del programma “Giudicate Voi”, talkshow televisivo in cui si dibatte a gran voce sugli inganni e le difficoltà che il contribuente si trova ad affrontare all’interno delle controversie bancarie e tributarie.

Onere del prof Luca Filipponi, Presidente dello Spoleto art festival, di dare inizio alla trasmissione con l’autorevole guida del conduttore dott. Alfredo Mariani : “ L’arte è un qualcosa di straordinario e va enfatizzata sotto tutti i punti di vista ,così la cultura, pilastri su cui fondare i dettami della società odierna e trasmettere quindi ai giovani la complementarietà tra l’una e l’altra . Lo Spoleto art Festival risponde a questa finalità : elevare l’arte al massimo grado, offrire la possibilità agli artisti di poter emergere, esportare il Made in Italy nel mondo valicando ogni confine “.

All’intervento del Prof. Filipponi si aggancia il Rettore dell’Accademia Universitaria degli Studi Giuridici Europei ,prof. Giuseppe Catapano, (AUGE,www.accademiauge.com ): “ L’artista è una figura qualificata all’interno dell’ordinamento,ha una propria identità; studioso e dedito al proprio lavoro ogni giorno come se fosse il primo. Ed allora mi chiedo,perché non è riconosciuto come professionista? Su questo filone, l’ Auge ha generato la figura di consulente del contenzioso. L’Accademia ,insieme ad Assicont(albo europeo assistenti del contenzioso)fornisce al contribuente in difficoltà gli strumenti giusti per farvi fronte: predispone figure qualificate,professionisti formati e agguerriti nella battaglia alle ingiustizie e vessazioni sul contribuente. : “Talvolta-conclude l’intervento- I fondi della comunità europea finiscono per essere destinati al finanziamento edile,alla creazione di nuovi istituti sforniti di docenti formati”. Presente in puntata la dott.ssa Mariarosaria Rusciano (Presidente Assicont) urla “no” ai tuttologi, esorta a diffidare di quei professionisti tuttofare e che si prodigano nel poter risolvere qualsiasi situazione. “Bisogna affidarsi a persone serie e qualificate che abbiano conoscenza certa della specifica materia di cui si tratta; solo in questo modo si può far fronte a situazioni compromettenti dannose per il contribuente. Assicont opera in tal senso, assistere i contribuenti con una figura innovativa all’interno del law system italiano: il consulente del contenzioso.

Una figura professionale specifica, che gestisce in modo consapevole la controversia . “ Insieme alla dott.ssa Rusciano anche l’avv. Alberto Pastore, formatore AUGE e l’avv. Francesco Petrino Toga d’oro AUGE nonché Presidente S.N.A.R.P (Sindacato Nazionale Antiusura Riabilitazione Protestati), il quale critica aspramente il sistema bancario italiano, elogiando il lavoro svolto dal prof. Catapano volto alla creazione e formazione di una figura qualificata del tutto estranea al nostro ordinamento. “Questo incontro tenutosi al Teatro Caio Melisso rappresenta un felice connubio tra arte ed altre attività professionali che consentono al mercato e agli esseri umani di crescere culturalmente e consentire la coagulazione tra le varie categorie professionali. “ Il Dott. Eraldo Vinciguerra (rapporti istituzionali per l’arte) approva a pieno il discorso tenuto dal Rettore Giuseppe Catapano esaltando al contempo il valore dell’arte nel contesto della nostra società. La risposta della politica arriva da Mario Sepe (vice segretario nazionale DC): “il politico volge lo sguardo al futuro: il patrimonio artistico italiano ha un valore inestimabile, fa parte di quella filiera che può produrre reddito. D’accordo con il Prof. Catapano circa lo scopo che si prefigge con la creazione della figura di assistente del contenzioso e si auspica,inoltre,un corso di formazione mirato allo sviluppo e promozione del territorio italiano.”

Il comune di Spoleto è rappresentato da Gianpiero Panfili (presidente consiglio comunale):” L’Italia intera deve forzare la mano sullo sviluppo della formazione. Siamo portati a intendere la formazione come una spesa,a mio avviso è una risorsa e l’imprenditore non può ritrarsi; deve costantemente promuovere e alimentare la formazione”. Conclude il dibattito l’intervento del Preside Tesoriere Auge ,dott. Cesare Cilvini : “l’Auge è onorata nello sponsorizzare questi eventi poiché la cultura è un perfetto connubio con lo studio del professionista , per la sua crescita professionale e culturale.” Il Rettore dell’Accademia, Giuseppe Catapano, è un professionista alla costante ricerca di soluzioni favorevoli al contribuente. Completamente dedito alla causa, pubblica il secondo volume di “Banche e anomalie” un manuale –guida che offre spunti concreti,da poter consultare con estrema facilità in qualsiasi momento ed in ogni occasione per cui si voglia fare chiarezza. Le domande ed i dubbi sono tutte nella nostra testa,le risposte sono contenute nel volume accompagnate da moduli pratici per agevolare chi dall’altra parte necessità di un sostegno e di chiarimenti circa il proprio caso. Il volume è acquistabile sia in formato cartaceo sia in formato e – book. Per maggiori informazioni visitare la pagina Facebook: Banche e anomalie”.

E per fortuna c’è chi ancora si dibatte per i contribuenti vessati, per i padri di famiglia che non arrivano a fine mese ,per tutti coloro che incontrano difficoltà insormontabili e che diventano protagonisti di efferate tragedie. Per fortuna, c’è chi combatte per noi offrendo possibilità concrete di rinascita. La città di Spoleto ,già scenario di una manifestazione di arte esclusiva,quest’anno potrà fregiarsi di aver ospitato dei luminari in tema di controversie bancarie e tributarie,in primis il prof. Giuseppe Catapano che con tenacia ha affermato il suo talkshow “giudicate voi” nelle più prestigiose località italiane.

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Architettura: Incontro con TOYO ITO

Lunedì, 16 Gennaio 2017 01:08

Roma 14 Gennaio. Ieri al Maxxi di Roma, come evento collegato alla mostra “The Japanese House” (9 novembre 2016-26 febbraio 2017), si è tenuto un incontro con Toyo Ito durante il quale l’archistar coreano-giapponese ha presentato alcune delle sue più significative opere.

Toyo Ito, nato in Corea 76 anni fa ma cresciuto professionalmente in Giappone, è un protagonista indiscusso dell‘architettura contemporanea. La parola più idonea per definire il suo lavoro è

college of social science taiwan 
 College of social science Taiwan

“innovazione”. Le sue opere esprimono un cambiamento, la sua architettura è leggera, immateriale e lo spazio diventa flessibile.

Laureatosi a Tokio nel 1965, oltre ad aver operato come professore associato in numerose prestigiose università nel mondo, ha ricevuto significativi riconoscimenti quali il Good Design Award nel 2001, il Leone d’oro alla Biennale di Venezia nel 2002, il premio annuale dell’Architectural Institute of Japan nel 2003 e la medaglia d’oro dei Royal British Architects nel 2006. Nel 2013 ha ottenuto il Pritzker Architecture Prize.

Significativo è stato il suo contributo al progetto “Home for all”, in cui, dopo il terribile terremoto e maremoto del 2011 in Giappone, un gruppo di importanti architetti, attraverso un dialogo con le vittime di Sendai, ha cercato un modo di aiutarle nella ricostruzione della città e nel miglioramento della vita quotidiana della comunità. Il risultato è stato la Home-for-All (Minna no Ie): un luogo dove la gente potesse sentirsi come a casa propria, incontrarsi, riposarsi e parlare del futuro della città.

All’incontro Toyo Ito si presenta con un paio di occhialini con montatura bianca che gli conferiscono un’ aria arguta, vispa e giovanile.

sendai mediatheque
Sendai Mediatheque

Il primo sviluppo significativo del suo percorso professionale è la “White U”, abitazione al centro di Tokio realizzata per sua sorella e le figlie dopo la perdita del marito; l’obiettivo dell’opera era proteggerle, avviluppandole come se fossero in una caverna. Riuscì così bene nell’intento che venti anni dopo l’opera fu distrutta per volere delle stesse proprietarie proprio perché si sentivano talmente “iperprotette” da questo edificio al punto di non sentirsi in grado di “ spiccare il volo” nella vita.

Altre opere significative illustrate:

Sendai Mediatheque, centro culturale innovativo per la sua estetica ed ingegneria, che combina una biblioteca con una galleria d’arte; molto amato e frequentato dagli abitanti di Sendai.

Tama Art University Library di Tokio, la cui facciata è costituita da archi di differente ampiezza e le pareti molto sottili costruite con metallo e

Tama Art University Library
Tama Art University Library

calcestruzzo. Al piano terra il pavimento ha un’ inclinazione di circa un ventesimo con le conseguenti difficoltà nel posizionamento degli archi stessi.

College of Social Sciences - National Taiwan University caratterizzata da una distribuzione delle colonne particolare che gli conferisce l’aspetto di un bosco che si integra col paesaggio.

Taichung National Theatre (Taiwan), inaugurato nel 2016 , gruppo di tre teatri, inserito in zona residenziale costruita durante i dieci anni di realizzazione dell’opera.

L’incontro avuto fa riflettere sull’importanza delle visioni degli architetti eccellenti per promuovere, ideare e costruire luoghi di aggregazione tra le persone.

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Roma: Hopper, Ligabue e Guerre Stellari al Vittoriano, tre modi di guardare e comunicare la vita

Domenica, 01 Gennaio 2017 23:17

A grande richiesta del pubblico, è tornata a Roma, a pochi anni di distanza dalla precedente, una mostra dedicata ad Edward Hopper. Sessanta dipinti, che coprono gli anni dal 1902 al 1960, provenienti dal Whitney Museum di New York, sono esposti al Vittoriano fino al 12 febbraio 2017. Nonostante l’altezza di un metro e novanta gli conferisse un’imponenza fisica notevole, Hopper era sfuggente e riservato. Allo stesso modo appaiono gli spazi che raffigura: vuoti, dall’atmosfera sospesa, con una luce tagliente. Non è facile comprendere l’atteggiamento delle figure, che appaiono lontane, chiuse nel loro mondo estraneo e lontano. Grande successo per questo artista sfuggente, morto a soli quarantaquattro anni. Forte la sua influenza sul cinema e l’originalità della mostra è proprio nella sezione dedicata a questo tema.

Dal modo distante di Hopper, si passa all’esistenza vissuta senza pelle di Antonio Ligabue. Qui la realtà ha colori nitidi, primari, lucidi come smalti. Il fascino degli animali esotici è nella violenza di abbracci mortali. Il colore si fa macchia iridescente nella pelle squamosa del serpente, decoro raffinato nel leopardo, pelo irto e solido nel gatto che ha catturato il topo. Nella lotta concitata anche le foglie sono appuntite come lame, come scaglie di vetro tagliente.

Questa presa diretta sulla vita non deve ingannare, l’apparente semplicità è figlia della sapienza tecnica, della composizione perfettamente bilanciata. La sofferenza è autentica e anche l’empatia. Introduzione all’esposizione la biografia e un filmato dove appare l’artista stesso. Indimenticabile è stata l’interpretazione di Flavio Bucci nei panni di Ligabue. La mostra è stata prorogata fino al 29 gennaio 2017.

Per chi il mondo volesse sfuggirlo del tutto, sconfinando nella fantasia o addirittura in un altro mondo o meglio universo, la terza delle mostre in corso al Vittoriano fino al 29 gennaio, è dedicata a Guerre Stellari- Play. La mostra sulla saga che ha sedotto tre generazioni. Gadget, modellini, action figures e stampe d’epoca, ma anche pezzi vintage e merchandising come costumi, caschi e armi, fanno la felicità di collezionisti e adepti.

Per informazioni e prenotazioni sono disponibili il numero telefonico +39 06 8715111 e il sito internet www.ilvittoriano.com. Il biglietto di ingresso ha il costo di 14€ comprensivo di audioguida per la mostra di Edward Hopper e 10€ per le altre due, è disponibile un biglietto congiunto per tutte e tre le mostre di 28€.

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Arcidosso (Gr) - Presentato il Museo di Arte e Cultura Orientale

Mercoledì, 21 Dicembre 2016 01:54

Si è svolta Lunedì 5 Dicembre 2016 alle ore 12, nella suggestiva sala Barile dello storico Palazzo del Consiglio Regionale di Firenze, la conferenza stampa di presentazione del Museo di Arte e Cultura Orientale del Comune di Arcidosso, in provincia di Grosseto. Sono intervenuti: Eugenio Giani, Presidente del Consiglio Regionale della Toscana; dr. Jacopo Marini, Sindaco di Arcidosso, Alex Siedlecki, Direttore del Museo, Fabio Risolo, Presidente Comunità Merigar, Responsabile Relazioni Istituzionali associazione Dzogchen.

Il Presidente Eugenio Giani, dopo i saluti e i ringraziamenti di rito, ha illustrato le caratteristiche culturali del sito in cui sorgerà il Museo: il castello Aldobrandesco, realizzato dalla famiglia Aldobrandeschi nella parte più alta del centro storico dell'omonima località del Monte Amiata, destinato a diventare un importante punto di riferimento culturale e spirituale sul territorio, sia a livello locale che nazionale e internazionale. Ha preso poi la parola il Sindaco Jacopo Marini che ha ribadito l'importanza dei valori insiti nella mission del museo legati alla tolleranza, alla condivisione e alla compassione. È stata poi la volta del Direttore Alex Siedlecki che ha presentato il Museo, il programma di eventi previsto nella settimana successiva all'inaugurazione e l'articolazione interna del Polo Espisitivo, ovvero i 9 spazi della galleria, che intende collegare percorsi artistici alla tecnologia. Infine, Fabio Risolo ha illustrato la storia e le attività svolte dalla comunità Dzogchen, sorta 35 anni fa dalla volontà di persone di diverse nazionalità, età, professioni e culture che avevano iniziato a incontrarsi e condividere studi, pratiche e vita quotidiana. L’insegnamento Dzogchen, per sua stessa natura, si ispira alla compassione, alla non violenza, al rispetto per ogni creatura vivente. Una delle caratteristiche più forti della Comunità Dzogchen è la varietà di nazionalità presenti. Collegata a diversi centri culturali nel mondo, la sede principale è Merigar, nel Comune di Arcidosso, ed è incentrata sulla figura del Prof. Namkhai Norbu, nato nella Regione Autonoma del Tibet, risiede in Italia dagli anni Cinquanta. Sin dalla giovane età è stato riconosciuto come raffinato erudito, ha lavorato presso l’ISMEO di Roma e all’Università Orientale di Napoli. Le sue ricerche, di fama mondiale, sono un riferimento per tutti gli esperti in campo storico e filosofico del mondo orientale. Sono stati poi ringraziati i diversi Patrocini: la Regione Toscana, della Commissione Italiana Nazionale per l'UNESCO, del Ministero dei Beni, delle Attività Culturali e del Turismo, e del Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca, dell’Unione dei Comuni Amiatini e dell’UBI, Unione Buddisti Italiani. Infine lo sponsor gastronomico, il Consorzio di Tutela dell'Olio di Seggiano, ha offerto un assaggio dei prodotti di eccellenza del territorio, legati alla produzione dell'olio extravergine d'oliva derivato dalla lavorazione della cultivar locale, l'Olivastra di Seggiano: una cultivar autoctona, particolarmente resistente e selvatica, che copre le pendici del Monte Amiata con uliveti secolari, che si estendono fino ai 600 metri sopra il livello del mare, con un aroma e un gusto singolare, quello dell'"ulivo di montagna", importante per le sue proprietà nutritive e curative, caratterizzate da un alta percentuale di sostanze antissiodanti e vitamina E.

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Massa: “Niente è come appare”, mostra di Bertozzi & Casoni

Domenica, 30 Ottobre 2016 00:26

“Niente è come appare” al Palazzo Ducale di Massa dove, fino al 6 novembre, espongono Bertozzi & Casoni. Giampaolo Bertozzi (Borgo Tossignano, Bologna, 1957) e  Stefano Dal Monte Casoni  (Lugo di Romagna, Ravenna, 1961), artisti di fama internazionale portano avanti da tempo una ricerca finalizzata a riposizionare l’utilizzo della ceramica  dandogli pari dignità degli altri mezzi espressivi utilizzati nell’arte contemporanea. Le loro opere, per autorevolezza esecutiva e ideativa, non temono, infatti, confronti né con le sofisticate esperienze contemporanee né con l’antico,  utilizzando un linguaggio definito “pop concettuale”. Le mostra che fa parte del ciclo “Oltre l’immagine” organizzate dall’Associazione Quattro Coronati e dal Comune di Massa e curate da Mauro Daniele Lucchesi, presenta una serie di sculture realizzate in ceramica e maiolica in cui i due artisti riproducono con straordinaria abilità tecnica, acquisita in oltre trent’anni di “mestiere”, così com’era uso dire nelle botteghe rinascimentali, oggetti di utilizzo comune poi abbandonati ( bidoni per l’olio combustibile, cestini dei rifiuti, “sparecchiature”, scatole di detersivo), ai quali aggiungono animali bellissimi e coloratissimi ( pappagalli , coccinelle, camaleonti, iguane, ecc.). La bellezza della natura interagisce e, in qualche modo, assorbe e fa suoi i rifiuti dell’uomo, ne stravolge la percezione visiva  eliminando  il confine tra ciò che viene considerato bello, secondo i normali canoni della bellezza,  e ciò che è considerato “spazzatura” e quindi brutto       portando così a soluzioni creative che vanno “oltre l’immagine”. Bertozzi & Casoni, maestri indiscussi e consacrati, fin dagli anni Novanta hanno riscosso il consenso di critici d’arte contemporanea e l’interesse di gallerie d’arte nazionali e internazionali, di musei e collezionisti d’arte. Nel 2009 i loro lavori sono stati esposti al Padiglione Italia della Biennale di Venezia, nel 2010  alla  All Visual Arts di Londra, alla Galleria Sperone Westwater di New York e alla Fondazione Arnaldo Pomodoro di Milano, nel 2011  al Padiglione Italia della Biennale di Venezia, nel 2013 al Museum Beelden aan Zee all’Aia, alla Galleria Beck Eggeling di Düsseldorf e nelle sale monumentali di Palazzo Te a Mantova, nel 2016 alla Galleria d’Arte Moderna di Palermo

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Roma: inaugurato il nuovo istituto culturale coreano

Giovedì, 27 Ottobre 2016 15:16

Siamo oramai pervenuti nella nuova era, quella del pensare “globale” e del dialogo con il mondo. Se n’è già accorta la Corea del Sud, Paese all’avanguardia sia dal punto di vista tecnologico che culturale. Con il nostro Paese la Corea intrattiene un interscambio non indifferente. La Samsung, la nota marca di smartphone che usiamo tutti i giorni, da noi è di casa, e i meravigliosi abiti di seta della tradizione coreana fanno sognare agli italiani i fasti dell’ estremo Oriente. Del resto anche i coreani apprezzano la nostra cultura, ammirano il nostro “bel canto”, tant’è che numerosissimi giovani vengono in Italia per imparare e diffondere la nostra arte nel loro Paese, e altrettanti vengono a Maranello per

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 La nuova sede dell'istituto Culturale Coreano

ammirare la nostra tecnologia.
Tanta ammirazione e stima reciproca non poteva sfociare che nell’inaugurazione avvenuta il 26 ottobre scorso del Centro di Cultura Coreano a Roma, una bellissima palazzina di stile liberty presso porta Pia, in via Nomentana al civico 10: circa 2.200 metri quadrati ristrutturata dallo studio di architettura Agazzi. L’Istituto è composto da due edifici, l’edificio centrale e la dependance, più uno spazio all’aperto, un giardino che sarà messo a disposizione anche per esposizioni d’opere d’arte. Park Eun-Sun, fra i maggiori artisti coreani contemporanei, che residente in Italia, espone a Roma in occasione dell’apertura dell’Istituto.

L’Istituto è il trentunesimo nel mondo e l’undicesimo in Europa.Esibizioni musicali e di danza moderna di alcuni, tra i più famosi gruppi coreani, hanno dato lustro all’inaugurazione.

Teatro, cinema, musica, arte, sport, beni culturali e ricerca universitaria sono stati coinvolti con l’entrata in vigore dell'ormai lontano Accordo Culturale del marzo 1965, mediate il quale si sono realizzati eventi e accordi che in questi decenni hanno rafforzato e intensificato i rapporti di cooperazione culturale fra i due Paesi.

Del complesso l’edificio centrale, di cinque piani, ospita la gran parte degli spazi che compongono l’istituto: attraverso diverse sale poste al piano terra si ripercorre, come fosse una piccola mostra permanente, la storia della Corea; dall’esposizione di oggetti realizzati da artigiani coreani, alla ricostruzione dell’interno di una casa tradizionale, fino alle più moderne e interattive opere di MediaArt coreane. Al primo piano sarà dato spazio anche alle esposizioni temporanee. Per ora,

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 Oggetti tradizionali

fino al 18 novembre, sarà visitabile una mostra sull’artigianato contemporaneo coreano: “Fare è Pensare, è Fare”. All’edificio si abbinano la Biblioteca, per ora circa 2000 titoli fra pubblicazioni in coreano, italiano e inglese, le aule per la scuola di lingua coreana (Sejonghakdang) e un’ampia sala, di circa 130 posti, destinata a proiezioni, convegni e concerti.

Nella dependance, a fianco dell’edificio principale, troviamo uno studio d’arte che sarà messo a disposizione degli artisti italiani e coreani per la creazione di nuovi progetti, e un’ampia sala per lezioni di cucina coreana. Augurio del neodirettore, Soo Myoung Lee, è quello che, all’interno dell’istituto, artisti dei due Paesi possano conoscersi, entrare in sintonia e divenire pionieri di una nuova cultura, come i tempi richiedono.

Numerose le personalità: oltre all’Ambasciatore della Repubblica di Corea a Roma, Yong-joon Lee, il neodirettore del Centro culturale, Soo Myoung Lee, il Presidente del KCIS ( Korean Culture and Information Service), Gapsu Kim, hanno presenziato l'on. Ilaria Borletti Buitoni, sottosegretario del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del turismo, il cardinale Monterisi, numerose personalità del mondo politico italiano e rappresentanti del mondo imprenditoriale, sia coreano che italiano. Un folto pubblico ha fatto da cornice.

Le attività dell’istituto sono già iniziate: il 27 e 28 ottobre scorso, oltre alle lezioni di cucina coreana e alle mostre d’arte da visitare, per entrambe le giornate, dopo le 20.00, si è potuta ascoltare la voce della cantante Kang Hyo Ju, interprete del Sain Nori, particolare

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 Staza di una casa coreana

canto proveniente dalla tradizione musicale di ispirazione sciamanica (in coreano Mudang) accompagnata da alcuni strumentisti coreani. A seguire la perfomance hip-hop proposta dai Gramblrez Grew, giovanissimo e fra i più affermati gruppi di break dance coreani.

Per i prossimi appuntamenti da segnalare, dal 21 al 26 novembre, la Korean Week ( la Settimana della Corea), che porterà in Italia artisti, musicisti, chef e atleti coreani per approfondire ogni giorno un tema diverso: la cucina (in collaborazione con Gambero Rosso), la cultura della bellezza, la musica jazz, l’arte marziale del taekwondo e ifine ci sarà una giornata dedicata all’hanji, la famosa carta coreana realizzata dalla corteccia di gelso. Nel mentre, fino al 6 novembre, nell’ambito delle celebrazioni per l’apertura dell’istituto, proseguono i concerti Nuovi Voci Coreane per il Bel Canto al Teatro Italia, sempre a Roma, con la Roma Sinfonietta.

I programmi di visita dell’Istituto, i corsi di lingua coreana, i corsi di calligrafia, i corsi di cucina, e lezioni di taekwondo, gratuiti e aperti al pubblico, prenderanno il via nel 2017. Fino alla fine del 2016, dietro iscrizione, si avvieranno corsi saltuari.

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A Parma la mostra di Bruno Zoni "Orizzonti padani"

Martedì, 25 Ottobre 2016 03:50

A trentent’anni dalla scomparsa il Comune di Sissa Trecasali promuove una mostra dedicata all’artista concittadino organizzata in collaborazione con la Pro Loco, il sostegno della Regione Emilia Romagna e il Patrocinio della Provincia di Parma. La mostra resterà aperta fino al 27 novembre.

Con sessanta opere di Bruno Zoni (Sissa 1911 - Parma 1986) esposte a Villa Marchi, Il comune di Sissa Trecasali celebra l’artista nel trentennale della morte. Tema della mostra è il paesaggio del Po e della Bassa, uno dei prediletti e più significativi nella lunga attività del pittore.

587La mostra raccoglie dipinti su tela, su faesite e su carta dedicati al paesaggio della bassa e a tutto quanto nella pittura di Bruno Zoni (1911 - 1986) riprende i temi della tradizione paesaggistica e culturale del territorio. Nato a Coltaro di Sissa il 26 dicembre del 1911, Zoni ha sempre portato con sé memoria di questa terra concreta, contadina, e pur densa di suggestioni per quel paesaggio unico dove le nebbie invernali e le calure estive rendono ad ogni scorcio particolari colori, ed umori quasi tangibili. Immagini e fantasie che si sono radicate in un animo sensibile, dedito alla pittura, già racchiusa da Francesco Arcangeli nell’ambito del naturalismo informale padano.

La vita e l’arte

Trasferitosi a Parma bambino con la famiglia, Bruno Zoni studia all’Istituto d’arte Paolo Toschi e si diploma successivamente in scenografia all’Accademia di Brera, studiando contemporaneamente composizione musicale. A 27 anni è ammesso alla Quadriennale nazionale di Roma con l’opera «L’Appennino dopo la pioggia> che gli vale il Premio Bergamo nel 19.

In quegli anni si va profilando una brillante carriera con la chiamata in cattedra a Brera, condizionata però all’iscrizione al partito fascista a cui Zoni non aderisce. Si ritrova così ad insegnare in provincia di Piacenza nelle scuole medie: prima a Bobbio e poi a Castel San Giovanni. Ciò non gli impedisce di partecipare alle discussioni che animavano la pittura italiana con la nascita del gruppo di Corrente, aperto ad un rapporto intimo con la realtà quotidiana, che per Zoni significa il Po.Nel 1945 sposa Angiolina Gandini (dal matrimonio nascono Lina e Antonello) e inizia ad insegnare a Parma. Nel 1946 vince il premio Piacenza, nel 1947 il premio Modena e nel 1952 il premio Parma.

Sono questi anche gli anni in cui partecipa al dibattito che si forma attorno al realismo come impegno sociale che vuole il contenuto subordinato alla forma ma senza rinunciare alla propria personalità, alle proprie idee. I suoi paesaggi assumono strutture più marcate, quasi post-cubiste e tra i soggetti compaiono le fabbriche e i cantieri. Nel 1950 è invitato alla XXX 663Biennale di Venezia.

L’informale intanto inizia ad attirare diversi pittori e Zoni partecipa con Afro, Birolli, Vedova, Morlotti al «Gruppo degli otto», che propugna un linguaggio volto alle varie esperienze, compreso l’informale.

Dalla metà degli anni Cinquanta si libera infatti dal geometrismo di matrice cubista e nella sua pittura cominciano a trovar spazi sempre più ampi aria, luce, sensazioni, interpretate con segni cromatici brevi quanto intensi, lampi di sostanza poetica che vanno ampliandosi col tempo. Il suo rapporto con la natura non si esaurisce col paesaggio ma prosegue nelle «nature morte» dove scrive alcune delle pagine più significative di quegli anni. Bruno Zoni muore nel 1986, sulla soglia dei 75 anni.

La sua rilevanza nella pittura italiana lo vede ancor oggi protagonista del suo tempo, pittore il cui ricordo va rinnovato con la riproposizione delle opere. Hanno scritto di lui Guido Ballo, Luciano Caramel, Raffaele De Grada, Roberto Tassi, Arturo Carlo Quintavalle, Attilio Bertolucci, Gianni Cavazzini, Mario Penelope, Pier Paolo Mendogni, Gianni Cavazzini, Giovanni Riva. Opere di alto livello sono conservate in collezioni pubbliche e private, tra cui la Fondazione Cassa di Risparmio di Parma che gli dedica due monografiche, nel 1995 e nel 1999.

I dipinti scelti per questa esposizione provengono dalla famiglia che ne vuol così ripercorrere assieme al Comune di nascita la vita e l’opera inserendo il progetto nei percorsi culturali del territorio.

 

Bruno Zoni. Orizzonti Padani

A cura di Stefania Provinciali

Villa Marchi, Sissa (Parma)

Dal 4 novembre 2016 al 27 novembre 2016

Inaugurazione venerdì 4 novembre 2016, ore 16

 

 

 

 

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Approfondire i pilastri della Nuova Civiltà

Sabato, 22 Ottobre 2016 20:28

Dal 29 al 30 ottobre 2016 si svolgerà presso il Parco di Studi e Riflessione di Attigliano il Quinto Simposio Internazionale del Centro Mondiale di Studi Umanisti dal titolo La Rivoluzione Umana Necessaria.

Ne parliamo con due degli organizzatori: Roberta Consilvio del Centro Studi Umanisti “Salvatore Puledda” e Luca Marini del Centro Studi Umanisti “TiconZero”. 

Siamo giunti al quinto simposio, dieci anni di lavoro, proviamo a tirare le somme con Roberta Consilvio che ne è stata una delle organizzatrici fin dalla prima ora.

Roberta Consilvio: una delle idee da cui nasce l’azione del Centro Mondiale di Studi Umanisti è quella della Buona Conoscenza: studiare per comprendere come migliorare, come rivoluzionare il mondo; non pensiamo allo studio come ad un’attività quieta e fine a sé stessa, lo studio è per noi l’attività base della trasformazione; e questo mondo in cui gli studi sono sempre più legati alla loro apparente utilità immediata non ci piace. Questo modo di vedere il sapere e la scienza è un modo direttamente influenzato dall’ideologia dominante, il pragmatismo.

In questi dieci anni di esperienza abbiamo cerato di raccogliere, nei nostri meravigliosi Parchi di Studio e Riflessione, persone che condividevano questa nostra preoccupazione di un sapere utile allo sviluppo umano: io credo che al di là delle pubblicazioni, al di là dei complimenti, ci sia questo grande “successo” di essersi incontrati, ascoltati e, in alcuni casi, di aver continuato a camminare insieme verso un mondo migliore. 

Quest’anno avete scelto un tema della massima importanza, un tema che sembra quasi essere uscito dal pubblico dibattito: la rivoluzione

Luca Marini: trattare della rivoluzione, della rivoluzione umana necessaria ci pare di grandissima importanza; siamo nel bivio epocale in cui sembrano aprirsi due cammini, che allegoricamente potremmo chiamare il cammino del sì e quello del no. Il mondo pare destinato a una possibile catastrofe, 3 minuti alla mezzanotte atomica; eppure, studiando le tendenze degli ultimi avvenimenti vediamo con forza alche un cammino evolutivo che rimette in gioco l’Essere Umano non come distruttore del pianeta o della natura ma come essere capace di rigenerarsi e di costruire la propria esistenza, la propria storia.

Sembra che questa rivoluzione globale, nonviolenta, inclusiva e aperta, tendente alla ricerca di punti in comune, sia già in marcia oggi nel cuore, nell’immaginazione e nell’azione individuale e collettiva. I suoi protagonisti siamo noi, esseri umani in trasformazione. 

Un simposio che è riuscito ad avere, ancora una volta un carattere internazionale 

Roberta Consilvio: sì, nonostante le difficoltà riusciamo a mantenere l’aspetto internazionale che da sempre ha caratterizzato i nostri simposi; intanto ricordando che questo simposio si svolge in assoluta contemporaneità a Asunción, in Paraguay, con identiche tematiche e con lo stesso inquadramento, frutto dell’assiduo lavoro di un’équipe di studiosi internazionali. Poi, qui ad Attigliano, avremo il piacere di ascoltare la dissertazione di Akop Nazaretyan, a nostro avviso una delle menti più brillanti di quel gruppo di scienziati che tanto contribuirono nello sviluppo ideologico della perestroika, del Nuovo Pensiero di stampo umanista che ha prodotto la fine della guerra fredda e del regime totalitario sovietico. In videoconferenza avremo anche l’intervento di Guillermo Sullings, economista e politologo argentino che con il suo ultimo libro ha dato un contributo significativo al tema del mondo a cui aspiriamo.

Un simposio centrato su nonviolenza, libertà e riconciliazione come pilastri della Nuova Civiltà

Luca Marini: questi sono i topici che abbiamo voluto sottolineare e su cui abbiamo chiamato gli studiosi a riflettere insieme a noi. La gente sente una grande restrizione delle libertà collettive ed individuali; la gente soffre per la privatizzazione dei beni comuni; soffre ma magari non coglie i nessi, non comprende i responsabili, trova falsi colpevoli; io credo che il ruolo della scienza sia quello di dare gli elementi affinché la gente possa chiarirsi da sola, al di là dei paternalismi televisivi di moda.

Al tempo stesso la violenza pervade ogni ambito e i mass media gridano a tutte le ore che l’unica risposta è la vendetta; quella vendetta che non potrà far altro che perpetuare la violenza in eterno. In questo circolo vizioso appare la riconciliazione, come un elemento rivoluzionario, giacché spezza in modo unilaterale la catena della violenza e riporta la questione sul piano etico e spirituale. Credo che gli studiosi che hanno aderito al nostro simposio potranno dare un contributo di chiarimento e di approfondimento importante di queste tematiche.

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CONSEGNATI I PREMI ITALIA 2016 PER I DIRITTI UMANI

Martedì, 18 Ottobre 2016 03:20

     Nell'austera cornice dell'Aula Magna della Facoltà Valdese di Teologia, a Roma, si è svolta la manifestazione "Premio Italia Diritti Umani 2016”  organizzata dalla FLIP - Free-Lance International Press che, in tal modo, ha voluto onorare la memoria di Antonio Russo, mai dimenticato giornalista inviato di Radio Radicale, ucciso - in circostanze tuttora misteriose - in Georgia, a Tibilisi, mentre svolgeva la propria attività.

     Il giornalista  Virgilio Violo, Presidente della FLIP, organizza ogni anno questo evento sia per solennizzare il ricordo dell'Amico e Collega scomparso - anche quale v.Presidente della FLIP, allora in carica - , come pure per porre in evidenza ovvero sottolineare le tante situazioni che ruotano in torno all'importante tema della tutela e promozione - a livello internazionale, ovviamente - dei Diritti Umani. 

     L'eccellente giornalista e critica letteraria  Neria De Giovanni - Presidente dell'Associazione Internazionale dei Critici Letterari, con sede a Parigi - ha presentato e moderato l'intera manifestazione, cui  sono intervenuti importanti relatori e nel corso della quale sono state premiate importanti personalità del mondo della Cultura e della Solidarietà.

      Un pubblico numeroso e attento ha seguito con grande attenzione ogni fase della manifestazione e gli interventi che si sono susseguiti da parte di Francesco Piro, Paola Nigrelli - per Amnesty International

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 Ferdinando Maddaloni

Italia -, Antonio Cilli - founder di Cittanet -, Alberto Palladino ed Emiliano Caruso, tutti associati alla FLIP - Free Lance International Press.

     A conclusione della serata,  i ringraziamenti espressi da Neria De Giovanni e Virgilio Violo; quest'ultimo ha posto particolare enfasi nel sottolineare come l'informazione, e specialmente chi la fa,  debbano essere affrancati da qualsiasi forma di condizionamento. Purtroppo, anche i contributi all'editoria - così come all'atto formulati - non aiutano in tal senso, poiché l'aiuto dato all'editore va a costituire di fatto una fin troppo ingombrante correlazione, di cui risente il giornalista dipendente che, a sua volta, in nome della sicurezza del posto di lavoro, si adegua alla politica editoriale della testata. 

     Ha peraltro aggiunto il Presidente Violo che, il previsto ampliamento delle sovvenzioni da parte del Governo a beneficio anche delle testate on-line, rappresenta un forte campanello d'allarme nei confronti di quella libertà di espressione che proprio il giornalismo libero e privo di condizionamenti rappresenta. Tipologia, questa, specularmente sostenuta  dalla FLIP che, nel proprio quotidiano impegno, tutela tanto tale forma espressiva che coloro che, spesso pagando un duro prezzo, la praticano: il tutto, a vantaggio della corretta informazione, completa e obiettiva.

     Una graffiante piéce composta e recitata dal bravo Ferdinando Maddaloni, ha dato risalto ai contenuti della serata, conclusasi con la cerimonia di premiazione. Gli Attori Rita Gianini, Fabiola Di Gianfilippo, Michele Bevilacqua e Giancarlo Brancale, hanno letto le motivazioni dei premi assegnati, rappresentati dalle belle opere pittoriche graziosamente messe a disposizione dagli Artisti Heidi Fosli - residente in Norvegia e che, impossibilitata a presenziare, ha inviato i propri saluti tramite il Presidente Violo -  Denise Gagliardi, Sergio Quarra e Mustafa Suleman. Gagliardi, Quarra e Suleman erano accompagnati dal Presidente dell'Accademia di Alta Cultura - Giuseppe Bellantonio - e dal Presidente dell'Ass.ne  Città Castelli Romani - Carlo Massa - entrambi supporter  del loro percorso artistico, già molto qualificato e appagante.

     Ecco dunque l'elenco dei premiati:

- Associazione S.A.L.-L'ASSOCIAZIONE S.A.L. –

SOLIDARIETÀ CON L'AMERICA LATINA ONLUS da 19 anni accompagna processi di promozione umana e sociale sia in Italia che all'estero, impegnandosi per la possibilità concreta di  rispettare e mettere in pratica i diritti umani fondamentali nelle cause sociali attuali, ancora simili a quelle per cui persero la vita o vennero fatti sparire centinaia di migliaia di leader comunitari, sindacalisti, intellettuali e studenti durante le dittature militari del secolo scorso. In America Latina l'associazione S.A.L. onlus mantiene relazioni solidali con alcune
ORGANIZZAZIONI DI POPOLI INDIGENI in varie parti del continente, per sostenere cammini di autonomia, emancipazione e difesa dei diritti e della cultura originari, accompagna percorsi di PROMOZIONE DEI GIOVANI come alternativa al degrado, allo sfruttamento ed alla criminalità, sostiene programmi di PROMOZIONE DELLE DONNE, per riscattarne il ruolo sociale e prevenire forme di violenza di genere. In Italia, l'associazione S.A.L. onlus anima da circa 9 anni un centro di ORIENTAMENTO PSICOLOGICO PER FAMIGLIE MIGRANTI E COPPIE MISTE, gestito da psicologhe latinoamericane, attraverso consulenze e gruppi di Auto-Mutuo Aiuto, in collegamento con la rete dei servizi pubblici. Questa esperienza ha reso accessibile servizi di alta professionalità a famiglie migranti con gravi difficoltà economiche e problemi personali e di convivenza, rispondendo così a bisogni di secondo livello che aiutano una migliore convivenza a partire dalla riscoperta delle risorse e delle potenzialità degli utenti stessi. Infine, il S.A.L. promuove ogni anno ESPERIENZE DI VIAGGIO, RICERCA, VOLONTARIATO E TIROCINIO aperte a giovani per continuare a costruire un ponte di solidarietà e scambio reciproco con i popoli dell'America Latina che vivono sulle due sponde dell'oceano.

 

-Agenzia di Stampa PRESSENZA: Pressenza ha i diritti umani nel cuore e al centro della sua linea editoriale. Non c'è luogo delle periferie del mondo, non c'è campagna per i diritti umani che non abbia illuminato, spesso da sola, mobilitando coscienze e stimolando all'azione. Dalla pena di morte alla difesa dei diritti sulla terra, dagli attivisti nonviolenti ai giornalisti che sfidano regimi violenti e repressivi, Pressenza è la voce di chi non ha voce. Ed è anche una delle voci di Amnesty International. Con cui condivide l'azione finalizzata al cambiamento, il racconto delle sfide e delle vittorie possibili.

 

- Ferdinando Maddaloni :attore, regista e actor’s coach. Artista di successo, sia teatrale che televisivo, nel corso degli anni si è dedicato alla produzione, alla scrittura, all’interpretazione ed alla regia di tutti i lavori della Compagnia “ARTISTI CIVILI” tra cui - il thatreality “11 settembre 2001:strage o complotto? YOU DECIDE” - il pluripremiato documentario “Anna Politkovskaja- concerto per voce solitaria” . E’ il fondatore del progetto di beneficienza “Una videoteca per Beslan”. Nell’ambito del Premio Troisi si è aggiudicato il “Cremanum d’Argento 2011” e il Premio nazionale “Carlo La Catena 2013” per l'impegno civico.

 

- Renato Bonanni : a lui è andata la Menzione Speciale, quale riconoscimento per la sua attività nel campo della tutela dei Diritti Umani. Fondatore di 'Multi Olistica srl', con questa collabora con AMREF - da 60 anni MG 5703 presente in Africa -, Medici Senza Frontiere, la Rete per l'Identità, la Segreteria dei Diritti Umani dell'Ambasciata Argentina, l'Associazione delle Abuelas de Plaza de Mayo a Buenos Aires, Insettopia Onlus (impegnata nel settore dell'autismo). Nel 2010 ha contribuito a dar vita all'associazione di giovani musicisti di strada kenioti 'Slum Drummers', mentre nel 2013 ha creato il progetto 'Carceri Sostenibili' (unica iniziativa in Italia per costruire un progetto virtuoso di sviluppo economico, sociale e ambientale per i Penitenziari.  Con Multi Olistica, nel 2015, ha ideato 'Il Grande Canale della Pace' di cui la rappresentazione 'Artisti a Roma contro la guerra' è approdata a Villa Doria Pamphili con mostre d'Arte e fotografiche e un pregevole recital di Gospel con tema la Pace: kermesse cui hanno aderito personalità di rilevo del mondo della Cultura e dell'Arte, tra i quali il Premio Nobel Dario Fo, recentemente scomparso.

 

Oramai il premio è diventato occasione di ritrovo per gli associati della flip e non solo, a fare gli onori di casa la collega Irina Raskina che ha contribuito all’evento con un meraviglioso buffet.

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Heidi Fosli: un’artista tra Oslo e Arpino per il Premio Italia Diritti Umani 2016

Giovedì, 06 Ottobre 2016 12:28

Heidi Fosli è uno degli artisti che hanno donato un’opera per il riconoscimento annuale che la Free Lance International Press attribuisce a chi, nel corso dell’anno, si è particolarmente impegnato nel rispetto dei diritti umani.

- Lei vive tra Oslo e Arpino in provincia di Frosinone, com’è nato e qual è il suo rapporto con l’Italia?

Si, è corretto. Vivo tra le due città, e ho studi in entrambi i luoghi. Sono nata a Sandefjord, 120 km a sud di Oslo. Il mio rapporto con l’Italia è iniziato molti anni fa. É più di trenta anni che sono appassionata dell'Italia dove sono tornata in varie riprese per brevi periodi di tempo, visitando siti culturali e musei. Alla fine, ho deciso di stabilirmi qui.

- C’è un aspetto dell’Italia che ha influenzato o influenza il suo lavoro?

Ben più di un aspetto dell'Italia ha influenzato il mio lavoro. Sono molto affascinata dal popolo italiano, dalla simpatia ed empatia vicendevole di un individuo con l’altro. Dal superbo patrimonio culturale e dalla conoscenza dell’arte in generale. Dalla bellezza e dalla pittoricità del paesaggio, che si mostra nei colori e nella combinazione del colore nel mio lavoro con un senso di positività. I miei quadri sono edificanti da vedere.

- Come mai ha scelto Arpino?

Ho scelto Arpino per la bellezza accattivante del paesaggio circostante. É magico, come un sogno. Quando vi sono arrivata la prima volta mi sono subito resa conto che si trattava di un luogo dove artisti provenienti da tutta l’Europa erano venuti numerosi già duecento anni fa. Lì ho trovato la mia casa, che è su una collina con una vista magnifica, e subito ne ho intuito il potenziale. Volevo vivere lontano dalle consuete mete turistiche, imparare a conoscere le persone e la cultura. Lì avevo finalmente il mio paradiso.

- L’arte italiana ha influenzato o influenza il suo lavoro?

Alcuni aspetti del manierismo, come la mancanza di una prospettiva lineare e della proporzione, mi hanno influenzato. Quando l'armonia della simmetria è distorta il simbolismo appare spesso in modo chiaro. Sono anche molto affascinata dalla scultura italiana del rinascimento e dal periodo barocco.

- C’è un artista italiano del passato o del presente, in particolare, che è stato o è un riferimento per lei?

Caravaggio, Leonardo da Vinci, Michelangelo, Botticelli, Masaccio, Raffaello e Bernini sono tutti artisti che ammiro. Ho sempre trovato ispirazione da artisti provenienti da epoche passate mai, invece, dai contemporanei.

- Ci sono dei colori o tonalità che predilige e usa più frequentemente di altri? Che significato hanno per lei?

Mi è sempre piaciuto usare il blu cobalto. Nella pittura degli ultimi anni e, maggiormente in Italia, i colori della mia tavolozza sono cambiati. Oggi uso colori più caldi e sfumature di verde e di rosso.

- Che importanza ha il formato nelle sue opere?

Il formato tende a diventare via via più grande.

- Che materiali usa per le sue opere (supporti, colori)?

Uso olio su tela, ma ho realizzato anche opere grafiche.

- La sua opera sembra più astratta che figurativa, come la definirebbe? Nell’ambito dell’informale?

Voglio invitare lo spettatore a riflettere, in questo caso ho bisogno che il mio lavoro sia più specificatamente antropomorfico. L’astratto e l’uso del colore sono emozionali, mentre quando usiamo le figure, noi classifichiamo e usiamo la nostra capacità di inserire le figure in uno schema che è il nostro. I miei dipinti sono creati partendo da una base iniziale intuitiva e spontanea. Poi, quando vedo i contorni, elaboro e uso le mie abilità cognitive. Quindi le mie opere provengono dalla mia anima e dal mio subconscio.

- La sua opera è orientata verso il sociale, che funzione può rivestire l’arte in questo campo? Denuncia? Testimonianza? Influenza nel o per un cambiamento?

Il mio scopo attuale è di indirizzare i problemi e le sfide che la società di oggi ci mette di fronte in una prospettiva globale. Spero di rispecchiare la società in cui viviamo. Se i miei dipinti sono armoniosi, significa che vedo una scena di sogno o un’utopica società ben funzionante. Questo è il mio modo di introdurre i cambiamenti che è necessario fare. Guardo ai gruppi sociali dove manca l’uguaglianza. Alcuni dei miei primi lavori sono intitolati Libertà di Parola, e già il titolo parla da se.

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L’ARTE E IL RITORNO DEL DIALOGO - Nei Musei Vaticani allestita la “Sala Studio Azzurro” Lo spettatore al centro della Creazione grazie alla multimedialità

Martedì, 04 Ottobre 2016 01:09

Ciò che sta accadendo all’interno dei Musei Vaticani, può essere definito come la riproposizione in chiave moderna del dialogo interrotto tra l’arte e lo Spirito, un dialogo che si ispira al Giudizio Universale di Michelangelo contenuto nella Cappella Sistina, che apre le porte alla contemporaneità e alle espressioni artistiche che la rappresentano.
Ecco allora dare seguito alla “rinascita” del dialogo attraverso la nuova “Sala Studio Azzurro”, una sorta di laboratorio nel quale la parola della Genesi si fonde con la creatività in un gruppo di artisti: Fabio Cirifino, Paolo Rosa, Leonardo Sangiorgi, Stefano Roveda. Sono loro, grazie alle idee del Cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, che hanno infatti curato il padiglione della Santa Sede alla Biennale di Venezia del 2013, con il progetto cioè di rappresentare la “Creazione”: un' installazione che pone al centro lo spettatore mettendolo in relazione con “ l’atto creativo” il momento del Principio come se – ancora una volta – la mano del Creatore sfiorasse quella del giovane e spaurito Adamo.
Tutto questo, a distanza di tre anni dal Padiglione Veneziano della Santa Sede, rivive nei Musei Vaticani, grazie ad un riadattamento curato da Studio Azzurro in collaborazione con l’Arch. Roberto Politani.
Non solo. A questa installazione si affianca un’altra opera sempre realizzata per la Biennale del 2013: la grande wall painting di Lawrence Carrol “Untitled”, che rappresenta il momento della Ri-Creazione , ossia “la pace e l’armonia ritrovata dopo il diluvio” , inteso come De-Creazione per la presenza del Male nella storia.
Manca nei Musei Vaticani il terzo allestimento veneziano la De-Creazione , l’uomo che si allontana da Dio, che era stata affidata al fotografo ceco Josef Koudelka.
In compenso è stata allestita una terza rappresentazione che riguarda tre opere di Tano Festa, donate dalla collezione Jacorossi e che si ispirano agli affreschi michelangioleschi della Cappella Sistina.
Il cerchio si chiude.

Sono le parole stesse di Antonio Paolucci, Direttore dei Musei Vaticani, che fanno testo:“ Invito tutti quelli che ritengono l’arte contemporanea incomprensibile, indecifrabile, nel migliore dei casi un gioco intellettuale per pochi, nel peggiore una vuota provocazione, a visitare, dentro i Musei Vaticani, l’installazione di Studio Azzurro. Capiranno che l’arte contemporanea, quanto è grande e vera, sa essere perfettamente comprensibile e meravigliosamente eloquente”.
Così anche Micol Forti, curatrice della Collezione d’Arte Contemporanea dei Musei Vaticani, ha messo in evidenza che” l’elemento costitutivo è l’immagine immateriale, la luce, lo stimolo sonoro e sensoriale, e il visitatore quindi è chiamato a sovvertire le regole base della fruizione classica. La richiesta non è più “non toccare” , “tieniti a distanza”, ma diventa al contrario “osa” entrare in relazione, “in contatto” con l’opera e con le emozioni che essa suscita.”

Quello che emerge da questa nuova e straordinaria iniziativa, va ben oltre l’iniziativa stessa: è l’inizio di un nuovo dialogo tra la Chiesa e l’Arte, tra la Chiesa e gli Artisti, tra la Chiesa e il mondo della cultura più in generale. Si intravede una nuova fase, il ritorno alla committenza, che ha portato i primi grandi artisti del Rinascimento a farsi interpreti della Spiritualità nel Cinquecento.
Ecco, oggi, siamo di fronte ad un neo - Rinascimento.
Potrebbe sembrare una strana scelta del così detto destino: la location della Sala che ospita Studio Azzurro così pure come le altre dedicate alla sezione arte Contemporanea dei Musei Vaticani, siano ubicate a ... pochi passi dalla Cappella Sistina.
Al momento del commiato ad una intera giornata carica di emozioni e di storia dell’arte, all’improvviso mi trovo immerso nello splendore dell’opera michelangiolesca più famosa nel mondo.
E’ ormai notte, mi attende l’abbraccio del colonnato del Bernini, mentre la maestosità della Cupola di San Pietro sembra toccare il cielo e ... “lucean le stelle”!

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Spoleto, l’altra metà dell’Arte.

Domenica, 02 Ottobre 2016 19:15

La città di Spoleto, culla di cultura e arte, ha inaugurato la cinquantanovesima edizione del “ Festival dei due mondi” ed anche dello “ Spoleto festival Art”. Svoltosi nei giorni 17 e 22, 23 e 26 di settembre,la suggestiva Spoleto ha ospitato presso il Caffè letterario di Palazzo Mauri,biblioteca comunale di Spoleto,le più importanti personalità della letteratura e dell’arte dando lustro a ciò che la società odierna tende a minimizzare. Un patrimonio inestimabile, quello dell’arte, valorizzato con i volti e le premiazioni di donne e uomini,provenienti da ogni angolo della Penisola. Un elogio particolare va al Prof. Luca Filipponi, Presidente dello Spoleto Festival art che,per rilanciare le attività del 2016,prende in considerazione la citta di Bruxelles, rappresentando quest’ultima la “capitale dell’Europa e delle grandi avanguardie culturali del Ventunesimo secolo”. Tra le eccellenze presenti, un riconoscimento considerevole per il Prof. Giuseppe Catapano (RETTORE DELL’ACCADEMIA UNIVERSITARIA DEGLI STUDI GIURIDICI ), autore insieme all’Avv. Michele Imperio,di “Banche e anomalie”volume II, seguìto dello straordinario successo riscosso dal volume I, al quale il Prof. Francesco Petrino ha consegnato il “Premio alla cultura 2016” accompagnato da una targa premio dello S.N.A.R.P (Sindacato Nazionale Antiusura Riabilitazione Protestati ).

Un’ Opera straordinaria, che vuole essere una mano amica per il contribuente, non una “battaglia crociata” verso le Banche, mettendo in risalto meccanismi e punti oscuri del circuito bancario che potrebbero fungere da tranello per gli inesperti della materia. Presente alla manifestazione anche il prof. Cesare Cilvini , Preside Tesoriere dell’AUGE .Tanti gli artisti di spessore premiati a Spoleto: il soprano Cosetta Gigli,il filosofo e medico romano Valerio Giuffrè per la presentazione del libro “L’antimetafisica”, la baronessa Maria Lucia Soares pittrice e creatrice di lavori su alcantara che l’hanno resa nota al mondo; l’ispettore Gennaro Sannino, l’artista pittrice antropologica Roberta Buttini ed il pittore, nonché scultore ed orafo, Giuliano Ottaviani. Con un personale elogio all’organizzazione/coordinazione degli eventi ed al complesso artistico che ha caratterizzato questa edizione del Festival. Arrivederci al 2017.


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Roma: L’amore per l’Arte Contemporanea al Chiostro del Bramante

Giovedì, 29 Settembre 2016 01:03

Love. L’arte contemporanea incontra l’amore è il titolo della mostra aperta al Chiostro del Bramante fino al 19 febbraio 2017. Se non si ascoltasse il suggerimento del curatore Danilo Eccher, di scegliere cosa o quale aspetto dell’amore viene suggerito ad ognuno dalle opere in esposizione, non varrebbe la pena spendere i 13 euro del biglietto (audioguida inclusa). Stesso discorso per i 42 euro del catalogo edito dalla Skira, con testo bilingue italiano- inglese, che, oltre a presentarsi come oggetto d’arredo e di design, anche se non libro d’arte, tra i saggi, contiene quello di Pierangelo Sequeri, Preside della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale. In qualche modo vorrebbero essere uno stimolo a mettersi soggettivamente in gioco e quindi, in un certo senso impegnarsi, anche le cinque diverse personalità che si possono scegliere e che caratterizzano le audioguide, proposte anche come incentivo a tornare, per farsi guidare da un’altra personalità. In modo in qualche modo impegnato, possono essere vissuti anche gli aspetti più spensierati e giocosi, come i selfies da twittare, o l’area dove si può scrivere sul muro la cosa di cui si crede di aver maggiormente bisogno.
Detto questo, ho scelto David (Bowie) come guida, mentre le opere che mi hanno maggiormente colpita sono state: in apertura Love/ Amor di Robert Indiana, dove le lettere costitutive della parola, realizzate in alluminio policromo, formano una scultura. Le epigrafi, che nel corso dei secoli, hanno comunicato messaggi, trasformandosi, in alcuni casi, in immagine, qui, in forma di scultura, si affermano, o meglio si materializzano, come opere d’arte.
Lo stupore barocco, la meraviglia data da cose strane, impronta l’opera di Marc Quinn, che coniuga spesso lo shock della provocazione con la riflessione su argomenti complessi.
Con Tracey Emin di nuovo il mio pensiero torna alle epigrafi: pensieri e sensazioni immortalati e illuminati al neon.
Proseguendo, è il Cuore rosso #3 di Joana Vasconcelos ad attirarmi. Il cuore fiammeggiante, protagonista kitsch di santini popolari, è trasformato in un gigantesco ciondolo di sapore etnico. Formato da posate di plastica rilucenti, ruota al suono della voce di Amalia Rodriguez, icona del fado portoghese. Religione del cuore e musica uniti insieme in un ballo/battito all’unisono.
Un dialogo provocatorio ed evocatorio è quello che intesse Francesco Vezzoli con la replica della testa dell’Apollo del Belvedere, celebre capolavoro dei Musei Vaticani e pietra miliare della storia dell’arte.
La tecnica tradizionale dell’acquerello è scelta da Francesco Clemente per illustrare figure misteriose, in un continuo scambio tra tradizione e ambiguità.
Infine l’aspetto psichedelico delle zucche di Yayoi Kusama, amplificato dagli specchi, costituisce una sorta di moderna wunderkammer.
Insomma è il caso di concludere che «All you need is love, love is all you need», citando i Beatles con quello che sembra un luogo comune, ma ricordando provocatoriamente e facendo intendere il contrario, come cantava Edoardo Bennato, che sono solo canzonette.

 

 

Love. L’arte contemporanea incontra l’amore
Roma, Chiostro del Bramante
29 settembre 2016- 19 febbraio 2017
Orario: tutti i giorni dalle 10.00 alle 20.00
sabato e domenica dalle 10.00 alle 21.00
Ingresso: intero €.13,00; ridotto €.11,00
Info: tel. 069151941; www.chiostrodelbramante.it
Catalogo: Skira €.42,00

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La Biennale di Venezia 57. Esposizione Internazionale d’Arte

Venerdì, 23 Settembre 2016 02:53

Venezia, 22 settembre 2016– Il Presidente della Biennale di Venezia, “ Paolo Baratta “ , accompagnato dalla Curatrice della 57. Esposizione Internazionale d’Arte,  Christine Macel  , ha incontrato oggi a Ca’  Giustinian i rappresentanti di  57 Paesi.  La 57. Esposizione si svolgerà dal  13 maggio al 26 novembre 2017  (vernice 10, 11 e 12 maggio) ai Giardini  e all’  Arsenale  nonché in vari luoghi di Venezia.

Il tema scelto da  Christine Macel  per la Biennale Arte 2017 è: “ VIVA ARTE VIVA “  Christine Macel  ha presentato i temi della prossima edizione con questa dichiarazione: «L’arte di oggi, di fronte ai conflitti e ai sussulti del mondo, testimonia la parte più preziosa dell’umano in un momento in cui l’umanesimo è seriamente in pericolo. È il luogo per eccellenza della riflessione, dell’espressione individuale e della libertà, così come dei fondamentali interrogativi. È un “sì” alla vita, a cui certamente spesso segue un “ma”. Più che mai, il ruolo, la voce e la responsabilità dell’artista appaiono dunque cruciali nell’ambito dei dibattiti  contemporanei.”

“ Viva Arte Viva “ è quindi un’esclamazione, un’espressione della passione per l’arte e per la figura dell’artista. “ Viva Arte Viva “ è una Biennale con gli artisti, degli artisti e per gli artisti, sulle forme che essi   propongono, gli interrogativi che pongono, le pratiche che sviluppano, i modi di vivere che scelgono.

La Mostra si sviluppa secondo una linea organica piuttosto che tematica, in una sequenza di padiglioni, di stanze che si susseguono come “stanze” di una poesia e propongono allo spettatore l’esperienza di un viaggio dall’interiorità all’infinito.

Questi padiglioni o “ Trans-padiglioni “ , che riuniscono artisti di ogni generazione e provenienza, si succedono tra loro senza soluzione di continuità, come i capitoli di un libro. Dal “Padiglione degli artisti e dei libri” al “Padiglione del tempo e dell’infinito”, si presentano come una dozzina di universi che propongono un racconto, spesso discorsivo e talvolta paradossale sulla complessità del mondo e la molteplicità di pratiche e
posizioni.

La Mostra vuole perciò essere un’esperienza che disegna un movimento di estroversione, dal sé verso l’altro, verso lo spazio comune e le dimensioni meno definibili, aprendo così alla possibilità di un  neoumanesimo.

Ogni settimana, durante i sei mesi della Mostra, un artista terrà una “ Tavola Aperta “ in cui pranzerà con il pubblico, creando così un occasione di dialogo in cui possa raccontare il suo lavoro.

Nelle settimane precedenti l’apertura della Mostra, ogni giorno sarà pubblicato un video online sul sito della Biennale, dando la possibilità di conoscere gli artisti prima dell’Esposizione».

Da parte sua il Presidente  Paolo Baratta  ha dichiarato: «In gennaio, nell'annunciare la nomina di Christine Macel ebbi a dire che “la Biennale trova in lei una curatrice protesa a valorizzare il grande ruolo che
gli artisti hanno nell’inventare i loro universi e nel riverberare generosa vitalità nel mondo che viviamo."

Ispirata a una visione "umanistica", con l'attenzione concentrata sull'atto creativo dell'artista, la Mostra svilupperà anche, in misura nuova e più intensa, il dialogo tra i visitatori e molti degli artisti le cui opere
saranno esposte, con un programma di incontri appositamente concepito in spazi dedicati».

La “ 57. Esposizione Internazionale d’Arte “ della Biennale di Venezia presenterà, come di consueto, le “ Partecipazioni nazionali “ , con proprie mostre nei Padiglioni ai Giardini e all’Arsenale, oltre che nel centro storico di Venezia.

Anche per questa edizione si prevedono selezionati “ Eventi Collaterali, “ proposti da enti e istituzioni internazionali, che allestiranno le loro mostre e le loro iniziative a Venezia in concomitanza con la 57. Esposizione.

 

Per ulteriori informazioni

Ufficio Stampa Arti Visive
La Biennale di Venezia
Tel. 041 – 5218-846/849/716

e-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. mailto:Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

www.labiennale.org http://www.labiennale.org

Facebook: La Biennale di Venezia

Twitter: @la_Biennale

Instagram: la biennale

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Ebla Nimrud e Palmira al Colosseo

Venerdì, 16 Settembre 2016 01:16

Rinasceranno al Colosseo le tre città colpite dal terrorismo islamico: è stata presentata ieri presso la Sala Stampa Estera a Roma, la mostra che, dal 7 ottobre all’11 dicembre 2016, sarà allestita nel consueto spazio dedicato alle mostre temporanee, nel secondo anello del Colosseo.
Intitolata Rinascere dalle distruzioni. Ebla, Nimrud e Palmira, presenterà le ricostruzioni in scala 1:1 del Toro androcefalo alato di Nimrud distrutto dall’ISIS nel 2015; dell’Archivio di Stato di Ebla, ritrovamento determinante per la scrittura cuneiforme di documenti a partire dal 2300 a.C. avvenuto tra il 1974 e il 1976, attualmente il sito è in un preoccupante stato di degrado e di metà del soffitto del Tempio di Bel a Palmira, distrutto dall’ISIS sempre nel 2015.
Numerose, variegate e di non facile risposta le questioni aperte in merito all’iniziativa.
Dal punto di vista tecnico, uno studio preparatorio: documentario, storico e archeologico, è stato seguito dalla realizzazione, con moderne tecnologie, quali la stampante 3D. Un materiale leggero come il polistirolo ha fornito la base alla copertura di superficie, realizzata con polveri di marmo per rendere, in modo mimetico, la realtà dell’originale. Tre le aziende italiane, una per ognuna delle opere, assistite da un team di esperti e studiosi.
I problemi realizzativi, legati soprattutto alla sperimentazione di nuovi mezzi, erano forse quelli più semplici a cui dare risposta, diversamente da quelli più teorici e di difficile risoluzione quali l’opportunità della ricostruzione. É lecito ricostruire qualcosa di totalmente distrutto, creando una sorta di falso storico? É giusto che delle opere, patrimonio dell’umanità, vengano distrutte e non si faccia nulla per riempire il vuoto che lasciano? É giusto compensare il vuoto culturale di un popolo, frutto di una violenza unilaterale, con delle copie?
A queste domande cerca di rispondere la mostra in oggetto. Ci si è appellati alle ricostruzioni di intere città a seguito delle distruzioni della Seconda Guerra Mondiale, un esempio per tutte, Dresda. Proprio le esperienze di guerra hanno portato alla redazione di carte e all’istituzione di organismi mondiali, volti alla protezione del patrimonio culturale, come l’Unesco, che patrocina la mostra.
Paolo Matthiae, l’archeologo “scopritore” di Ebla e curatore della mostra, ha ribadito la volontà di non forzare la ricostruzione dall’esterno, con spinte politiche, ma che è dall’interno che deve partire la spinta e il recupero. L’Europa, ha ribadito Francesco Rutelli, Presidente dell’Associazione Incontro di Civiltà, promotrice dell’iniziativa, realizzata con il contributo economico della Fondazione Terzo Pilastro-Italia e Mediterraneo, presieduta da Emmanuele F.M. Emanuele, avendo già subito più volte nei secoli distruzioni dello stesso genere, può fornire l’esempio e l’incoraggiamento alla ricostruzione.
Sky Arte HD sta realizzando il documentario che accompagna la mostra e illustra il processo di realizzazione delle ricostruzioni.
Le opere ricostruite non andranno a sostituire gli originali perduti, ma saranno protagoniste in altri eventi espositivi. La mostra si presenta anche come opera di denuncia e come mezzo per attirare l’attenzione su problemi ed eventi non a sufficienza comunicati, come la morte degli archeologi che stanno cercando di opporsi alla distruzione.

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Malcesine (Vr) - Alfonso Borghi presenta i dipinti dedicati ai poemetti di Eliot

Lunedì, 29 Agosto 2016 06:44

Dopo il successo ottenuto nella mostra al Museo storico della Lamborghini, a Sant’Agata Bolo-gnese, in occasione delle celebrazioni del 50° Anniversario della Miura, Alfonso Borghi si pre-senta con una nuova mostra, “i quattro quartetti” a cura di Stefania Provinciali, critica d’arte e giornalista, nella splendida cornice del Castello Scaligero di Malcesine. Le opere tutte inedite sono dedicate ai poemetti di T.S. Eliot e ripercorrono con la materia ed il colore, elementi basilari nell’opera dell’artista di Campegine, pensieri e parole del celebre saggista e poeta. Un affa-scinante indagine che unisce parole ed immagini e l’idealità di un pensiero racchiuse nelle quindici tecniche miste che compongono la mostra.
Ancora una volta Alfonso Borghi interpreta con passione e tecnica sapiente l’originalità di un autore sulla tela. Si accosta alla materia con immediatezza, compone un’idea donandole una forma ideale nella assoluta certezza di una pittura informale che affonda le radici nella tradi-zione padana. scrive nella sua introduzione al catalogo Claudio Bertuzzi, Assessore al Turismo di Malcesine.

Il tempo e la campana hanno sepolto il giorno T.S. Eliot 2016 tecnica mista su tela cm 50x50 

Il tempo e la campana hanno sepolto il giorno
(T.S. Eliot), 2016,tecnica mista su tela, cm 50x50

Alfonso Borghi, nato nel 1944 nella cittadina di Campegine di Reggio Emilia, si avvicina alla pit-tura a soli 18 anni, ha la possibilità di esporre le sue opere per la prima volta, grazie all’intercessione di un collezionista. Parte per un breve viaggio a Parigi. Da questo soggiorno consegue una ricerca appassionata, che virerà verso l’Espressionismo dopo il suo ritorno in Ita-lia, grazie anche al fortunato incontro con George Pielmann, allievo di Kokoschka. Le sue opere, viaggiano nelle principali città europee e statunitensi. Sono gli anni ’70: Barcellona, Berlino, Madrid, Vienna, Parigi, NewYork, Los Angeles. A partire dagli anni ’80 un susseguirsi di mostre e di eventi importanti costellano l’attività artistica del maestro. Lavora il vetro, la ceramica, ma si dedica anche alla scultura, avvicinandosi ad una pittura di più chiara matrice informale.
Oggi le sue opere trovano spazio in collezioni pubbliche e private e in musei italiani e europei. Tra le mostre più recenti nel 2014 al Museoteatro della Commenda di Prè a Genova, con la mostra Alchimie della realtà e a Palazzo Medici Riccardi a Firenze. Al Centro Espositivo Rocca Paolina, di Perugia presenta l’antologica Sonorità materiche. Nel 2015 e a Milano al Palazzo Giuriconsulti, poi in ottobre sempre a Milano alla Galleria San Carlo, con una personale La pittura sublime alimento dell’anima. Nel 2016 è alla Casa del Mantegna Mantova con la personale L'Olimpo della materia e al Museo Lamborghini a Sant'Agata Bolognese, celebra i 50 anni della Miura con la mostra Velocità e colore.
La mostra “i quattro quartetti” sarà accompagnata da un catalogo in italiano, inglese e tedesco con testi di Stefania Provinciali. Il catalogo sarà presentato sabato1 ottobre a Malcesine.


Il tempo presente e il tempo passato
sono forse presenti nel tempo futuro,
e il futuro è racchiuso nel passato.
(T.S. Eliot “Quattro Quartetti”)


Inaugurazione sabato 3 settembre ore 17,30 Castello Scaligero
Alfonso Borghi “ i quattro quartetti”
Malcesine, Castello Scaligero, Via Castello, 39
Dal 3 settembre 2016 al 30 ottobre 2016
Mostra organizzata da Comune di Malcesine
Orari: tutti i giorni dalle 9,30 alle 18
Per informazioni: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.; Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.; www.alfonsoborghi.com

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A Berceto (Pr) “Storie di vite usate - la diversità in mostra”

Lunedì, 29 Agosto 2016 05:38

Non è solo l’originalità delle immagini che coinvolge lo spettatore ma anche quello sguardo sull’uomo che le stesse suggeriscono, espressione di una storia “dimenticata”. “Storie di vite usate - la diversità in mostra”, rassegna aperta fino al 25 settembre negli spazi del Museo PierMaria Rossi di Berceto, è da leggere in primo luogo per i suoi significati culturali. Ideata e prodottadall’Associazione Culturale Sentieri dell’Arte, realizzata con il patrocinio della Regione Emilia Romagna, del Comune di Berceto e dell’Associazione Borghi Autentici, in collaborazione con Survival Italia, a sostegno della difesa dei popoli indigeni, e Collezione Radauer di Vienna, la proposta espositiva offre,infatti, materiali storici, una settantina originali, inerenti alle mostre etnologiche del secolo scorso. Al centro gli antichi zoo umani che dalla metà dell’Ottocento fino agli anni ‘40 del Novecento, si diffusero in cannibalitutta Europa, venendo a costituire una sorta di rappresentazione del razzismo propagandato dalle teorie scientifiche dell’epoca.

Era stato un commerciante di Amburgo, Carl Hagenbeck che riforniva di animali selvaggi i giardini zoologici di mezza Europa, ad avere l’idea intorno al 1874 di esporre anche alcuni indigeni dell’isola di Samoa presentandoli come individui “puramente naturali”. Si rese presto conto di quanto potesse essere lucroso esporre uomini di etnie differenti da quella europea e inventò di fatto “gli zoo umani”, che divennero presto una delle maggiori attrazioni delle prime Esposizioni Universali.

Al Museo PierMaria Rossi è possibile ripercorrere la vita di intere famiglie alle quali sono state tolte le loro radici. Uomini e donne portati lontano dai paesi d’origine, considerati “diversamente umani”, in alcuni casi spacciati dal mondo scientifico come anelli mancanti tra l’uomo e la scimmia in una logica di darwinismo sociale. Sono immagini e temi delle grandi esposizioni universali, a partire da quella di Torino del 1884.

Manifesto pubblicitario dellepoca del giardino zoologico di Parigi Copia 54811 
 Manifesto pubblicitario d'epoca del giardino zoologico di Parigi

Documentate in particolare quelle di Milano (1906), Torino (1911), Parigi (1931), attraverso fonti giornalistiche, letterarie, iconografiche, fotografiche, di costume mentre una grande installazione riproduce la gabbia originale dell’esposizione di Saint Louis (1904). L’esposizione del 1958, la prima post bellica tenuta a Bruxelles, è raccontata nel cortometraggio “Zoo” di Monda Raquel Webb, concesso in esclusiva per la mostra.
Storie avvincenti quelle narrate, coinvolgenti nei testi del catalogo che racconta di “vite rubate” come quella di Sarah, la Venere ottentotta o quella di Ota Benga, Pigmeo africano. Sono solo un esempio di un percorso che si snoda tra una drammatica realtà e le immagini fantastiche delle riproduzioni di poster datati tra il 1870 ed i primi anni Trenta, volti a raffigurare un fenomeno tanto sconvolgente quanto straordinario. “Non riuscivo a credere che una cosa del genere potesse mai essere accaduta” scrive Clemens Radauer che ha prestato gli oggetti della sua collezione perchè “mostre come questa sono molto importanti per la diffusione della

Pigmei Londra 1884 Copia 54671 
 Pigmei - Londra 1884

conoscenza sugli zoo umani e la sensibilizzazione del grande pubblico”.

Nonostante siano trascorsi anni dalle storiche grandi esposizioni etnologiche -l’ultima documentata in mostra è quella di Augusta, in Germania, del 2005, ultimo caso europeo - la globalizzazione, nel bene o nel male, mette continuamente a confronto realtà e radici differenti, a volte con scambi culturali di grande respiro che portano ad una nuova consapevolezza collettiva, a volte con risultati di intolleranza perchè il “diverso” incute sempre paura, disagio e pregiudizio. L’obiettivo della mostra è sensibilizzare sulla necessità di considerare “l’Altro” non più come nemico in base alla sua appartenenza etnica, sociale, religiosa e politica nella scoperta di vicende reali che la fotografia, l’oggettistica, i manifesti, i testi possono tramandare.

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Spoleto: le vacanze in campagna

Giovedì, 25 Agosto 2016 09:29

La mia campagna si trova a 600 metri sul livello del mare, in linea d'aria, sopra le Fonti del Clitunno, a circa metà strada tra Spoleto e Foligno, Umbria dunque.
La luce del sole estivo filtra tra le foglie degli alberi mosse dal vento, il silenzio è interrotto dalle campane del convento che segnano le ore, facendo riaffiorare la coscienza sopita del tempo che passa. La frenesia dell'attività quotidiana è lontana come il rumore del treno che arriva attutito.

Alle sette di mattina, puntuale, passa lo scoiattolo nero dal petto bianco, percorre la solita via aerea, di ramo in ramo, che la mattina lo porta a lavoro e la sera, a ritroso, a casa.
È un agosto insolitamente freddo, che agevola le passeggiate, a Spoleto per esempio.
La sera, la città è comunque tranquilla e poco popolata. Lungo il corso le vetrine dei negozi sono illuminate e invitano i turisti a tornare di giorno per lo shopping. Diverse gelaterie propongono gelati artigianali, mentre, oltre ai ristoranti con i tavolini su strada, anche luoghi meno strutturati, invogliano a provare cibi e bevande, vari, originali, più o meno veloci, alla moda.
La città sonnecchia, le persone passeggiano rilassate. Le luci del seicentesco Palazzo Ancaiani, che ospita il Centro Italiano di Studi sull'Alto Medioevo sono tutte spente. Al suo fianco ci si affaccia sul Teatro Romano.

Salendo ancora, oltrepassato l'Arco di Druso, si entra nella Piazza del Mercato, le norcinerie "storiche" tengono chiuse all'interno le loro prelibatezze. Si prosegue verso il Duomo e la Rocca, con la passeggiata che gira tutto in torno, con vista panoramica e il ponte che collega al Monte Luco.
Di giorno i musei di Spoleto sono una meta interessante, insieme ai monumenti e alle chiese.
A Ferragosto una delle bellissime chiese antiche nei dintorni della città, nella semplicità della messa offre la musica dell’organo. La cura della chiesa che trasuda da tutti i pori e mattoni, commuove, in questo momento di abbandono della fede, della fedeltà, delle tradizioni. Ogni particolare sembra testimoniare la buona, amorosa, amministrazione di un parroco giovane, irradiata dalle lampadine a basso consumo.
A Spoleto la Metamorfosi Art Gallery in Piazza Duomo espone Antonio Canova. Grazia e Bellezza. Inaugurata nei giorni del Festival, si concluderà il 2 ottobre, aperta da martedì a domenica, con chiusura serale alle 23 il fine settimana, mostra disegni, monocromi, gessi, incisioni e 11 lettere che testimoniano il rapporto con l’Umbria.
I paesi vicini, la sera, offrono spettacoli di musica, danza, teatro dialettale e cinema all'aperto, di giorno, sagre dedicate ai piatti e prodotti tipici tradizionali. Sulle strade di paese si incontrano sparuti turisti, viaggiatori col sacco in spalla, appassionati di trekking, pellegrini. Il fine settimana numerosi ciclisti affrontano la salita verso la montagna.

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La vacanza in città

Mercoledì, 17 Agosto 2016 22:16

A Roma succede di sentirsi in vacanza nelle giornate di agosto, quando la mattina, le strade del quartiere sono silenziose e il passaggio delle macchine di chi è rimasto per lavoro, sulla strada principale, ha il ritmo e il suono delle onde che si infrangono sulla battigia. Non c’è l’ansia della ricerca del parcheggio e i pedoni un po’ per la mancanza di traffico, un po’ per il caldo, camminano più lenti e rilassati, senza fretta. Non c’è fila alla posta, i negozi sono quasi tutti chiusi. Sono andati in vacanza anche i vestiti dei manichini del negozio di abbigliamento, lasciati nudi, di schiena e in fila contro il vetro della vetrina, come una barriera contro chi avesse dei dubbi sulla chiusura del negozio o volesse attentare alle sacrosante vacanze.
Chi si sente solo, armandosi di pazienza nell’attesa delle diradate corse d’autobus, potrebbe spostarsi in centro, dove gli stranieri fanno numero.
I musei offrono rifugio dal caldo e l’opportunità di viaggiare nello spazio e nel tempo. Viaggio esotico alle Scuderie del Quirinale con i Capolavori della scultura buddhista giapponese. Al Complesso del Vittoriano, il fascino liberty delle donne di Alphonse Mucha. Ai Mercati di Traiano Made in Roma. Marchi di produzione e di possesso nella società antica permette un confronto tra il consumismo e lusso antico e quello contemporaneo. Contrasto di antico e contemporaneo anche con Ugo Rondinone. Giorni d’oro + notti d’argento, l’installazione ai Mercati di Traiano consiste in 5 calchi di ulivi millenari di Puglia e Basilicata in alluminio verniciato di bianco, l’archeologia industriale dell’ex mattatoio, sede del MACRO Testaccio, accoglie l’altra installazione dell’artista svizzero. Ai Musei Capitolini, le già ricche collezioni permanenti, sono affiancate da due mostre temporanee: La Spina. Dall’Agro Vaticano a Via della Conciliazione. Materiali, Ricordi, Progetti e La Misericordia nell’arte. Itinerario giubilare tra i Capolavori dei grandi Artisti Italiani.
La sera si può andare a spasso nel tempo con le ricostruzioni virtuali dei Fori di Augusto e di Cesare.

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Italia sempre più multietnica, spettacoli di danza folcloristica indiana sul litorale laziale.

Venerdì, 12 Agosto 2016 06:53

 Il 3 e il 5 agosto scorso si sono svolti, il primo ad Anzio e il secondo a Lavinio, ambedue località sul mare vicino Roma, due spettacoli di danza folkloristica indiana, organizzati nell’ambito del Festival dell’India in Italia, “Rhythm of India”, promosso ed organizzato dall’Ambasciata dell’India a Roma e dal Ministero della Cultura Indiano, in collaborazione con AQ International, società di promozione culturale italiana.

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Con il microfono in mano (da sinistra) l’ambasciatore dell’India in Italia
S.E. Anil Wadhwa e Salvo Cacciola ceo di AQ international

Le manifestazioni sono parte di un Festival itinerante, a carattere nazionale, al quale parecipano 3 gruppi folkloristici che si esibiscono in diverse date e in più località: Anzio, Roma, Cori, Anagni, Assisi.       

Dei tre, i “Kalbelia” si sono già esibiti ad Anzio il 3 Agosto scorso, mentre Il 5 Agosto a Lavinio, che è una frazione di Anzio, si è esibito il “Kathak Group”.

I ritmi, le evocazioni religiose, le atmosfere tipiche della vita quotidiana e della tradizione indiana hanno letteralmente coinvolto tutti. Il “contatto diretto e spontaneo” nelle  DSC9736piazze, luoghi deputati alla vita pubblica per eccellenza, ha sortito il suo effetto. Oltre al pubblico, numerosissimo, ovviamente la comunità indiana del litorale laziale al completo.

La perfomance e la danza “Kalbelia” ha origine nelle zone rurali del Rajasthan; i movimenti vogliono ricordare e replicare il movimento dei serpenti e della vita gitana di alcune comunità indiane che vivono in questa regione. Bellissimi i costumi, soprattutto le gonne nere delle danzatrici, finemente ricamate a mano. La forza di queste danze sta nella spontaneità della perfomance: le coreografie sono spesso accompagnate da improvvisazioni, anche musicali.

Nel 2010 l’UNESCO ha riconosciuto il gruppo, le canzoni e i balli della Regione del Rajasthan e quindi il Kalbelia folk, Patrimonio dell’Umanità.

il Kathak Group che, tra l’altro si era esibito il giorno precedente presso l’Auditorium della FAO a Roma, è stato guidato da Shovana Narayan, artista di fama internazionale, onsiderata la più grande danzatrice di Kathak al Mondo. La sua eleganza e forza interpretativa hanno letteralmente incantato il pubblico. Il Kathak è una danza e un genere

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il Kathak Group con  Shovana Narayan (al centro con veste chiara)

musicale originario dello Stato dell'Uttar Pradesh.Il nome Kathak deriva dal sanscrito katha, che significa storia, e kathaka ossia colui che narra una storia.

Presenti alle serate l’Ambasciatore dell’India in Italia S.E. Anil Wadhwa, sua moglie Deepa Gopalan Wadhwa ed il consigliere Gianfanco Tondini, in rappresentanza del comune di Anzio.

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L’AFFASCINANTE STORIA DEGLI ENOTRI E DI RE ITALO

Martedì, 26 Luglio 2016 21:44

LA CULLA DELLA CULTURA PACIFISTA NEL MEDITERRANEO TRAE LE SUE ORGINI DAI SISSIZI DI RE ITALO DA CUI PARTE LA SCELTA DI UNA DIETA PARCA E VEGETARIANA EREDITATA POI DA PITAGORA DAL QUALE   TRAGGONO ISPIRAZIONE GLI ESSENI CHE A LORO VOLTA PROBABILMENTE ISPIRARONO IL PENSIERO DI GESU’

 

I Sissizi erano i pasti in comune, in genere di comunità di 15 membri, che si riunivano giornalmente per consumare il pasto. Le spese erano ripartite in parti uguali tra i partecipanti, che corrispondevano  mensilmente la propria quota in natura e, in parte, in danaro. Chi non era in grado di contribuire veniva retrocesso nella categoria degli (inferiori), perdendo anche i diritti politici. La quota che bisogna fornire era circa: 3 kg di formaggio, 1,5 kg di fichi, 35 litri di vino.

A dire di <https://it.wikipedia.org/wiki/Aristotele> Aristotele l’ideatore dei Sissizi fu Re Italo, nel territorio dell'attuale Calabria, e che poi tali Sissizi si diffusero in tutta l'area del Mediterraneo, compresa Sparta, Creta ed Egitto, dove con la partecipazione si acquisiva il pieno diritto di cittadinanza. Ai Sissizi era obbligatorio partecipassero anche i re.

Il cibo e le bevande erano uguali per tutti i partecipanti, ma ai cittadini più ragguardevoli (ai re, agli <https://it.wikipedia.org/wiki/Efori> efori, ai membri della <https://it.wikipedia.org/wiki/Gerusia> gerusia  <https://it.wikipedia.org/wiki/Gerusia> , ma anche a chiunque avesse reso particolari servigi alla comunità) erano riservati posti d'onore, precedenze e porzioni particolari. Il menu era sobrio ed era basato su: pane d'orzo, brodo nero, formaggio, fichi e a raramente cacciagione.

<https://it.wikipedia.org/wiki/Cacciagione> I sissizi caddero in disuso alla fine del 4° secolo a.C., ma furono ripristinati, intorno al 240 a.C., dal re Agide IV <https://it.wikipedia.org/wiki/Agide_IV> , che trasformò le ristrette comunità conviviali della tradizione in gruppi che contenevano tra 200 e 400 membri.

<https://it.wikipedia.org/wiki/Agide_IV> In sostanza, si può far risalire al re Italo (vissuto, secondo il mito, 3500 anni fa e fondatore dell’Italia nella terra compresa tra i golfi di Squillace e Lamezia) la nascita della   democrazia nel Mediterraneo, cioè il primo Stato e la prima Nazione denominata “Italia” , con l’istituzione dei “Sissizi”: pasti comuni vere e proprie assemblee sociali e politiche.

<https://it.wikipedia.org/wiki/Agide_IV> Dice Salvatore Mongiardo, scrittore calabrese: “Il re Italo aveva convertito il popolo degli Enotri da allevatori di animali in agricoltori e aveva dato a quel popolo il nome di Itali (Politica VII, 10). Aristotele con quella frase certifica la nascita, assieme all’Italia, della dieta mediterranea, perché quella terra produceva frutta, verdure, cerali, castagne e ulive dalla primavera fino all’inverno  inoltrato. Pitagora, in ringraziamento per la scoperta del suo famoso teorema, offrì agli dei un Bue di Pane. Nelle fiere della costa ionica si vendono ancora oggi i mostaccioli di Soriano Calabro, fatti a forma di

animali con farina e miele: bue, capra, cavallo, pesce. I mostacciolari di Soriano sono gli inconsci continuatori di una tradizione che risale a Pitagora, il quale usava quelle forme sostitutive per non uccidere l’animale, che considerava un fratello minore al quale l’uomo doveva aiuto e protezione. Il Sissizio fu la culla dell’eucaristia, come ho dimostrato nel mio ultimo libro “Cristo ritorna da Crotone”. Il convivio comunitario diventò Sissizio Pitagorico a Crotone; trasmesso poi agli Esseni, fu l’Ultima Cena di Gesù, come ormai alcuni teologi ammettono e scrivono”.

<https://it.wikipedia.org/wiki/Agide_IV> Pitagora, che prima a Crotone e poi a Taranto fondò le sue scuole (che anche Platone venne a visitare), assorbì gli usi ed i costumi di questo popolo pacifico e fondamentalmente vegetariano facendo di tale stili di vita il cardine della sua filosofia che influenzò molti filosofi e la stessa cultura mediterranea.

<https://it.wikipedia.org/wiki/Agide_IV> Gli Enotri erano un'antica popolazione stanziata attorno al 15° secolo a.C., in un territorio di grandi dimensioni, che da questi prese il nome di Enotria (da Enotro figlio di Licaone), comprendente le attuali Campania meridionale, parte della Basilicata e la Calabria.

<https://it.wikipedia.org/wiki/Agide_IV> Gli Enotri, capeggiati dal re Italo, giunsero nell’area catanzarese intorno al 15° sec. a.C. a causa della sconfitta subita da parte dei Lucani, in Puglia, Basilicata e Calabria  settentrionale che spinsero questo popolo a scendere fino ad occupare parte della Calabria centro-meridionale fino all'attuale zona della piana di Gioia Tauro.

<https://it.wikipedia.org/wiki/Calabria> L'integrazione con le popolazioni locali fu pacifica e consentì un ulteriore aumento della popolazione soprattutto sulla costa.

<https://it.wikipedia.org/wiki/Calabria> L'organizzazione politica degli Enotri fu prevalentemente di tipo federativo. Più villaggi, correlati tra loro da vitali interessi, costituirono e fondarono le “città”, nelle quali risiedevano le più alte istituzioni politiche e religiose.

<https://it.wikipedia.org/wiki/Calabria> Gli Enotri seppero sfruttare le possibilità offerte da un ambiente naturale quanto mai fertile e fecondo e presto furono maestri nell'agricoltura e nell'artigianato, grazie anche alla ricchezza delle cave di argilla, degli scambi commerciali, delle prime leggi improntate ad una cultura sempre più tipicamente urbana.