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"Agnelli Coltelli" - Intervista a Gigi Moncalvo

By Andrea Signini December 06, 2022 1196
 

 

 

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Analizzando la copertina del libro Agnelli Coltelli , notiamo tre figure: Lapo Elkann in posizione centrale e frontale affiancato dal fratello John e dal cugino Andrea che si danno le spalle l'un l'altro. Tre sguardi in tre direzioni differenti. Che significato ha questa disposizione iconografica?

 

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Come avviene nella realtà, non si guardano. Semplicemente perché non si sopportano nella maniera più assoluta. A dire il vero, non c'è una ragione di tipo storico-familiare. Anche

        Gigi Moncalvo

Gianni Agnelli non sopportava suo fratello Umberto il quale non ha mai ricevuto incarichi di rilievo. Gianni lo aveva sempre tenuto lontano dal core-business del Gruppo, come suggeritogli dal vero padrone occulto di FIAT ovvero Enrico Cuccia. Non a caso fu lo stesso Cuccia a convincere l'Avvocato a scegliere un giovane Cesare Romiti come uomo di fiducia e “uomo delle banche”. Inutile far presente che queste scelte ebbero delle ripercussioni sia sui rapporti tra fratelli sia sui rapporti relativi agli equilibri interni al Gruppo. È fatto noto che Umberto facesse in un certo qual modo spiare l'operato del Romiti attraverso una rete di informatori che settimanalmente gli fornivano rapporti dettagliati comprendenti tabelle, grafici, cifre e commenti che puntualmente egli faceva recacapitare sulla scrivania del fratello maggiore per renderlo edotto circa il grado di inaffidabilità e scarso attaccamento al Gruppo, oltre alla tendenza ad intascare molti quattrini non opportunamente rendicontati. Passano gli anni, cambiano i nomi ma le dinamiche di fondo restano invariate e l'ho voluto riportare in copertina. 

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Agnelli Coltelli. Perché proprio questo titolo? 

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Perché è una storia di coltelli. Di coltellate. E di colpi bassi anche. Coltellate in senso metaforico, ovviamente. Nessuno ha mai usato le lame e... paradossalmente, sarebbe stato meno doloroso se qualcuno le avesse utilizzate. Agnelli Coltelli perché c'è una madre, Donna Marella – vedova dell'Avvocato – che “accoltella” la figlia nel momento in cui c'è da spartire la grande, enorme quantità di denaro accumulata all'estero da Gianni Agnelli. Come anche ci sono le “coltellate” contraccambiate da Margherita alla madre Marella nel momento in cui la chiama in tribunale a risolvere i veri problemi, a dire la verità e mettere sul piatto il vero malloppo! Inoltre ci sono le “coltellate” dei tre figli di Margherita, John, Lapo e Ginevra nati dal primo matrimonio, quello con Alain Elkann; i quali non sono gli unici figli di Margherita in quanto ella, unitasi in seconde nozze a Serge de Pahlen, ha dato alla luce Pietro, Sofia, Maria, Anna e Tatiana ai quali nonna Marella – stranamente – non ha inteso donare alcunché privilegiando solo ed esclusivamente i primi tre.

          E come dimenticare le “coltellate” che riguardano le Società? Prima tra tutte, la Juventus. Ed ecco le “coltellate” di John Elkann ad Andrea Agnelli (figlio di Umberto, 1934-2004) Presidente in prorogatio de La Vecchia Signora la quale, sin dalla fondazione risalente al 1897, ha sempre vantato un Uomo Agnelli al vertice che l'ha portata ad un palmarès da 36 Scudetti, 14 Coppe Italia, 9 Supercoppe Italiane, 2 Coppe dei Campioni, 1 Coppa delle Coppe, 3 Coppe UEFA, 2 Supercoppe UEFA, eccetera eccetera eccetera. Tra poche ore, nulla sarà più come prima: la proprietà cadrà nelle mani di un Elkann! Questo la gente lo deve sapere, soprattutto i tifosi.Come devono sapere che John Philip Jacob Elkann non sopporta sentir parlare di “Gruppo Agnelli”. Perché egli non lo è! Non è e non sarà mai un Agnelli. Che il suo inconfessabile desiderio fosse quello di chiamarsi Agnelli è arcinoto. Io stesso mi sono divertito a coniare “Agnelkann” che è la fusione tra Agnelli ed Elkann per sottolineare il fatto che vi siano delle domande di ordine psicologico e – se vogliamo – di sentimenti e risentimenti che sono quelli prevalenti in tutta questa storia che va ben oltre le mere apparenze da gossip. In parole povere, tutta questa faccenda, è una vera e propria serie televisiva. Gli ingredienti ed i caratteri ci sono tutti: smanie, bramosie ed intemperanze, odi e meschini interessi. Ci troviamo poi quelli simpatici e quelli antipatici, i buoni ei cattivi. E l'immancabile denaro. Montagna di denaro. Oro ed opere d'Arte; sconfinate proprietà e quei profumatissimi conti segreti esteri.  

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Una enorme quantità di denaro. Enorme quanto? È possibile quantificare? 

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In base alle mie ricerche, posso offrire una scansione accurata a partire dal lascito testamentario dell'Avvocato in cui troviamo le briciole del malloppo di cui sopra. Parliamo di qualcosa come 216 milioni di euro; bazzecole. Quale persona assennata potrebbe mai ritenere verosimile che Gianni Agnelli potesse disporre di un patrimonio pari al doppio di quello – con tutto il rispetto – di Alberto Sordi? Che se paragonato a quello di Luciano Pavarotti non sarebbe che un ventesimo! Ma per cortesia, non scherziamo. È inammissibile ritenere che il vero patrimonio dell'Avvocato potesse ammontare a soli 216 milioni. Milioni che sono stati spartiti in somme uguali tra le due eredi immediatamente dopo la sua morte.

          Pertanto, a questo punto, sarebbe opportuno far luce su quelli che sono i patrimoni sottratti al fisco italiano che sono stati fatti finire all'estero. Perché è esattamente qui che s'innesca la prima grande guerra tra madre e figlia. Ma non è che il primo atto. Un atto di breve durata compreso tra il 2003 e l'anno successivo che vedrà l'aggiudicazione delle seguenti cifre: alla figlia Margherita 1,1 miliardi di euro; a Donna Marella 550 milioni di euro più una pensione di 700 mila euro al mese (pari a 8,4 milioni di euro l'anno), più tutta la collezione d'Arte Agnelli; e non sto parlando della sola pinacoteca di Torino sulla quale torneremo più avanti ma dell'intera collezione d' Arte Agnelli;e non sto parlando della sola pinacoteca di Torino sulla quale torneremo più avanti ma dell'intera collezione d'Arte che non ha mai suscitato alcun interesse concreto da parte dei Ministri dei beni Culturali avvicendatisi nel corso degli ultimi vent'anni.

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Si ha contezza di quale potrebbe essere il valore complessivo della collezione d'Arte Agnelli? E soprattutto a chi appartiene? 

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Allora, in base agli accordi del 2004, la proprietà è finita nelle mani de Margherita ma l'usufrutto è andato alla madre Marella la quale lo ha esercitato sino al 2019, anno del suo decesso. Il valore complessivo, secondo una stima molto al ribasso, è stato fissato a 400 milioni di euro. Ma ripeto: si tratta tout court di una palese sottovalutazione poiché il patrimonio effettivo sarà almeno dieci volte tanto. 

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E qui cala il sipario sul primo atto. Però sarei curioso di sapere se le dinamiche del secondo atto siano in qualche modo collegabili agli accordi del 2004 o se vi sia dell'altro. 

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In realtà è tutto quanto collegato e non potrebbe essere altrimenti dal momento che Margherita, insospettita da quanto sinora ripercorso, abbia deciso di incaricare i propri uomini di fiducia affinché scandagliassero a fondo la materia. Ed ecco affiorare col passare degli anni alcuni conti correnti bancari riconducibili all'Avvocato, ubicati presso la Morgan Stanley di Zurigo, al cui interno giacevano somme per un totale approssimativo di 1,4 miliardi di euro. Erano ormai già trascorsi dieci anni dalla sua morte ma ciò non impediva a Margherita di comunicare ai Procuratori di Milano Fusco e Rutta i numeri dei succitati conti per spianare loro la strada alle indagini successive.

          Ma non è ancora tutto! Deceduta Donna Marella (2019), ecco apparire sulla scena ulteriori conti correnti ed ulteriori somme di denaro ed oro, a conferma che i sospetti nutriti da Margherita nei confronti della madre fossero più che fondati. L'anziana vedeva le aveva sfacciatamente mentito nascondendo somme, conti e patrimoni nel tentativo di tenerla alla larga dalla spartizione dell'eredità reale che – sempre secondo i piani dell'anziana nonna – avrebbe dovuto interessare esclusivamente i tre nipoti John, Lapo e Ginevra. Un'eredità di oltre 8 miliardi di euro cui vanno aggiunti ulteriori 9 miliardi di euro in lingotti d'oro. Lingotti d'oro della cui esistenza Margherita non ne ha mai saputo nulla sino a tempi recenti. 

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Nove miliardi di euro in lingotti d'oro? Un lingotto d'oro standard pesa 12,5 chilogrammi ed ha un valore di 712 mila euro. Quindi stiamo parlando di 12.650 pezzi. Qual è la provenienza? 

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Si tratta molto semplicemente di una enorme quantità di oro depositata presso un caveau di Ginevra sito nei pressi dell'aeroporto di Cointrin. Sono il frutto degli incassi accumulati dal vecchio Giovanni Agnelli (1866-1945). Senatore del Fascismo e creatore della FIAT (che portò via con scaltrezza unica ai suoi soci iniziali) si aggiudicò forniture belliche industriali in entrambi i conflitti mondiali mediante forniture di aerei, treni, mezzi da battaglia, motori per navi e quant'altro, pretendendo di essere pagato dallo Stato italiano non in moneta frusciante bensì in lucenti e pesanti “mattonelle d'oro”. Proprio quelli di cui sopra.E qui ha inizio il terzo atto della tragedia: una madre che si scaglia contro i propri figli di primo letto unici beneficiari di tutto questo bendidìo...sebbene scomodare Dio parlando di lingotti sporchi del sangue dei morti delle due guerre mondiali possa sembrare un po 'fuori luogo.

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Nel precedente libro intitolato Agnelli Segreti , viene menzionato il nome di una Società dal risibile capitale di alcune migliaia di Lire, pochi euro al cambio d'oggi. È evidente che si tratti di una sorta di facciata eretta allo scopo di occultare ben altro, dunque chiedo cosa celi e quali siano i meccanismi interni. 

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Si tratta della famosa Società Semplice Dicembre . Rappresenta l'acme dell'impero Agnelli e da essa dipartono le grandi Società controllate: la Giovanni Agnelli BV, la cassaforte dell'impero ovvero la EXOR NV (entrambe con sede in Olanda). Inoltre, troviamo tutte le altre Società partecipate come la Juventus, la CNH Industrial NV, la Iveco, la Ferrari eccetera. Quindi, in sostanza, chi controlla e possiede le quote (non sono azioni) della Dicembre SS è a tutti gli effetti il ​​padrone di tutto.

          La storia di questa Società Semplice è imbarazzante perché oltre ad essere ai più sconosciuta venne escogitata da un vecchio commerciante genovese il quale l'aveva ideata per i pescatori. Intendo proprio coloro i quali escono in mare per andare a pesca. E dunque, per metterli al riparo dall'obbligo di redigere il bilancio perché non contavano più di un dipendente ciascuno, ideò questo meccanismo che col tempo migrò sino in Piemonte dove attecchì soprattutto tra i grandi proprietari terrieri. Ergo, Gianni Agnelli, su suggerimento di Franzo Grande Stevens, ha deciso di sfruttarne tutti i vantaggi.

          Attenzione: la Dicembre , esiste dal 1984 e soltanto grazie al sottoscritto, nel 2011, la Camera di Commercio – che è tenuta per Legge a tenere aggiornato il Registro delle Imprese – si è degnata di aggiornare una parte del libro Soci della Dicembre . 

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Per quale motivo un giornalista per giunta estraneo alle dinamiche societarie del Dicembre dovrebbe sollecitarne l'aggiornamento presso la Camera di Commercio? 

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L'ho dovuto fare in quanto dal 2009 in poi nei miei libri l'ho citata ripetutamente e dentro di me dicevo: “Dal momento che non trovo tracce ufficiali di questa Società, se per caso “questi” intendessero querelarmi, come potrei mai difendermi in sede di giudizio”? Ma non è tutto. Attivatomi con la CCIAA vengo a scoprire che i nomi dei Soci fossero rimasti gli stessi identici del 1984 ed il capitale era ancora trascritto il Lire. Cioè, Gianni ed Umberto erano morti da anni ma i loro nomi non erano stati sostituiti con altri nomi. Una Società di defunti!

          A quel punto mi dovetti rivolgere al Tribunale delle Imprese, chiedendo che venisse aggiornato l'elenco dei nomi. Mi venne bellamente risposto che avrei dovuto fornire quantomeno delle prove evidenti circa l'effettiva morte dei Soci. Non mi restò che far loro ricapitolare una dozzina di chilogrammi di ritagli di giornale ed il giudice delle Imprese si vide costretto ad enucleare i due illustri nomi. Da allora, il nuovo elenco ha annoverato nell'ordine: Marella Agnelli di 94 anni con 10 quote da 1.000 Lire ciascuna; Cesare Romiti di 98 con una quota da 1.000 Lire e Gianluigi Gabetti che ne aveva 92 con una quota identica al Romiti. Correva l'anno 2011, ricordiamolo.E sino al mese di Luglio di quest'anno (2022) i loro nomi erano ancora lì com'era accaduto per Umberto e Gianni. Ricapitolando, con un capitale sociale di 12 Mila Lire, i tre controllavano un impero di dimensioni inimmaginabili distribuendo dividendi per milioni e milioni di euro l'anno.

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Luglio 2022. Meno di cinque mesi fa, cosa è accaduto di preciso?     

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È accaduto che il famoso commercialista Gianluigi Ferrero, neopresidente della Juventus, ha depositato presso la CCIAA tutti i documenti che erano stati mantenuti nascosti: si tenga presente che in Italia non depositare questo tipo di documenti comporterebbe alle brutte una multa di appena 500 euro.. La domanda che dobbiamo porci ora è: perché John Elkann – membro della Dicembre dal 1997 – si è deciso a mettere ordine nelle carte della Società dopo venticinque anni? La risposta è perché mi sono mosso io che non volevo correre il rischio di finire sotto al torchio di questa gente. E per riuscire a smascherare questo loro omertoso silenzio, stavolta, mi sono direttamente rivolto alla Security Excange Commissiondi Washington che regola alla Borsa di New York le attività delle Società quotate. Ed ho inoltrato la missiva per conoscenza a tutti i vari CEO delle più grandi Società automobilistiche mondiali. Il testo recita pressappoco così: “Da anni ci sono due Società del settore Automotive quotate alla Borsa di New York le quali non hanno consegnato tutti i documenti anzi, li hanno occultati commettendo un grave reato nei confronti degli azionisti ma soprattutto nei confronti della Società che deve controllare i titoli della Borsa di NYC ed i nomi di queste due Società sono FCAA e Ferrari.

          Ecco spiegato il motivo di tanta fretta: John non teme certo la Legge italiana oi tribunali territoriali, no! Teme però la Legge statunitense e le indagini della SEC

          E concludendo riportando quelli che sono gli attuali nomi dei soci della Dicembre: John Elkann col 60%; suo fratello Lapo col 20% e la sorella Ginevra col restante 20%. Posso solo aggiungere che ci sono alcuni contorni che ancora mi sfuggono e mi appello a quanti possono in qualche modo venirmi incontro aiutandomi a sciogliere un ultimo nodo: a seguito delle tragica vicenda occorsa a Lapo Elkann salvato in extremis grazie all'aiuto fornitogli da Donato Brocco in arte Patrizia – nota trans operante a Torino al tempo – costui venne liquidato con una somma di circa 130 milioni di euro. Un nonnulla se confrontato col 20% dell'impero rappresentato dalla Dicembre . Impero di cui egli fa ancora parte a pieno titolo; non so se mi spiego.Se desiderava liquidarlo in toto , sarebbe stato logico attendere che gli venissero confiscate le quote o adeguatamente pagate, giusto? Forse si è trattato di un'operazione di maquillage tesa a ripulire l'immagine del Gruppo? O c'è dell'altro? Ecco, questo, per me, rimane un punto cruciale cui venire a capo mi rimane difficile. 

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Confesso di essere rimasto colpito, oltre che dalle cifre inimmaginabili, dalla quantità di ricerche condotte. Un giornalista per quanto capace e noto come lei, può arrivare a tanto da solo o si è avvalso del valido sostegno di collaboratori e professionisti nei vari settori? 

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Senza rivelare le fonti ed i nomi, rispondendo mantenendo fede allo svolgimento degli eventi. Sin dalla pubblicazione del primo volume dedicato alla Famiglia Agnelli intitolato I Lupi e gli Agnelli (2009) sono stato contattato da una sfilza di personaggi più o meno attendibili. Tutte le persone accomunate dal desiderio di incontrarmi e raccontarmi aneddoti e segreti che ho dovuto valutare, dosare e selezionare con estrema attenzione. Con parecchi ci siamo incontrati de visu ed ho potuto attingere a piene mani, questo è innegabile. C'è stato anche chi ha avanzato l'ipotesi che io ce l'avessi con la famiglia Agnelli.Ma al netto di tutto ciò, rimane un dato di partenza molto significativo: quanta esasperazione, delusione e frustrazione potevano albergare nell'animo di una figlia spinta a rivolgersi ad un tribunale per ottenere il rendiconto dettagliato voce per voce dei possedimenti del defunto padre coinvolgendo nomi di peso come quelli di Gianluigi Gabetti, Franco Grande Stevens e Sigfrid Maron quali persone informate dei fatti? E come mai nessuno si è voluto calare nei panni del mediatore magari proponendo un incontro chiarificatore lontano dai riflettori? Vedete, quando ci si trova davanti alla Corte, non è mica sufficiente produrre ritagli di giornali o pettegolezzi. Per farsi dare ragione, ci vogliono pezze d'appoggio chiare ed incontrovertibili.Ecco che a quel punto mi son detto: se riesco a mettermi dietro a questa storia e riesco ad individuare il canale per cercare di ottenere gli Atti e le copie dei documenti scottanti relativi a questo gigantesco processo, avrò fatto bingo. Una mera questione di natura giornalistica. 

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Che nessun giornalista abbia avuto il fegato di insinuarsi nelle pieghe di questa storia, non mi sorprende minimamente. Mi sorprende inve ce il fatto che un Gigi Moncalvo si sia calato in questa sorta di “noir dinastico”, col passato e l'esperienza di alto giornalismo alle spalle che può vantare. Non è mai stato sfiorato dal timore che le potesse accadere qualcosa di spiacevole? Ad esempio, scoprire che anche per lei l'attraversamento dei caselli autostradali possa rivelarsi fatale?

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Nel corso della mia carriera, no mi sono certo risparmiato ed ho accettato i rischi del mestiere. Sono stato il primo giornalista italiano ad aver fatto accesso all'interno della centrale di Chernobyl. Ho lavorato in Afghanistan al tempo dell'occupazione sovietica ed ho visto coi miei occhi la devastazione della guerra nella ex Jugoslavia. Ho intervistato Gheddafi e la Thatcher e mille altre cose. Mai e poi mai avrei pensato che un giorno avrei potuto ritrovarmi coinvolto in un simile intrico di elementi arruffati, confusi e poco chiari. Inoltre, confesso di essere rimasto attratto dal fatto che nessuno fosse stato sfiorato dalla fantasia di mettersi sulle tracce degli Agnelli. E da cronista quale sono, ho scelto di farlo io.In parole povere, ho fiutato l'affare inteso come l'opportunità di diventare l'unico esperto in materia. Qualifica che mi riconosco senza falsa modestia! Ma al contempo non mi sono mai fatto illusioni perché ho sempre mantenuto presente a me stesso la realtà: in un Paese come il nostro, nessuno – ad eccezione di un pubblico elitario e selezionato – avrà il coraggio di dare spazio ai miei libri dedicati agli Agnelli . E mai nessuno ne parlerà né bene né male perché i miei colleghi non sono le persone libere che professano di essere.

          Vieppiù, proprio in virtù di questa forma di rifiuto ostinato di fornire indicazioni o notizie su fatti di cui si è al corrente, per proteggere la propria sicurezza personale, per timore di venire coinvolti in date situazioni e per un malinteso senso dell'onore, io sono arrivato al punto di offrire la somma di 30 mila euro in contanti al primo giornalista del gruppo controllato da John Elkann (La Repubblica, La Stampa, Il Secolo XIX) che oserà parlare dei miei libri. Che ne parli anche male, li critiche e ne faccia quello che vuole purché lo faccia ma... so già che non spenderò questi euro. 

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Un noto precetto di pratica utilità dice che chi si loda si sbroda. Ne consegue che chi non perde occasione per sbandierare la propria autonomia di pensiero e libertà di parola non fa altro che denunciare i propri limiti servili. C'è da chiedersi quanto possano essere attaccati alla poltrona. 

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Colui che stacca milioni di euro in stipendi mensili per mantenere le testate che controlla e per gli onorari di chi vi è impiegato a vario titolo e che stacca anche gli assegni delle pubblicità dei vari componenti del Gruppo che domina col 60% mediante la Dicembre per far sì che appaiano sulle pagine delle testate e sulle emittenti televisive che non gestisce direttamente ma foraggia a suon di soldoni, incute timore. 

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Esistono delle eccezioni? 

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Ce ne sono. Poche ma ce ne sono. Un esempio tra tutti è Striscia la Notizia di Antonio Ricci. L'unica testata che abbia avuto il coraggio di denunciare lo scandalo delle macchine costruite coi fondi pubblici addirittura anticipati dal Commissario Arcuri il quale ha donato al Gruppo gli stabilimenti di produzione a titolo gratuito. Attenzione: parliamo di mascherine che non valgono un tubo! Poiché sprovviste dei requisiti minimi richiesti per Legge. Il simpatico inviato Marino Morello si è mosso liberamente, con indipendenza ed autonomia, arrivando a scoprire che molti Prèsidi di scuole elementari e medie si erano visti costretti a rispedire al mittente quei prodotti scadenti confezionati al peggio;notizie che il cosiddetto mainstream si era guardato bene dal divulgare. Per qualche puntata è riuscito a far emergere responsabilità incontrovertibili. Poi ahimè anche Morello ha contratto il virus, si è dovuto mettere a risposo e una volta guarito l'enfasi era scemata. 

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Una sorta di autocensura applicata e tollerata da chi dovrebbe metterla al bando? 

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Ne vorrei riportare una davvero grossa. Ricordate la famosa pellicola del 1991 con Anthony Hopkins e Jodie Foster intitolata Il silenzio degli innocenti ? Ebbene, in tutto il mondo, il libro da cui è stato tratto il film s'intitolava Il silenzio degli agnelli, -The silence of the lambs -. Ed aveva quel titolo perché la Foster nel film cresce col padre adottivo in una fattoria nella quale di notte ella udiva gli strazianti belati degli agnelli che erano macellati dal patrigno e sognava di salvarli per porre fine allo strazio. Ed ecco che Hopkins le dice: “Tu non troverai pace fino a che gli agnelli non smetteranno di urlare”. Ebbene, solo in Italia il sostantivo agnelli è stato sostituito con innocenti .Ora, per fare una battuta, ricordo bene che la Innocenti producesse vetture formidabili ma... qui siamo al patetico. E tenderei ad escludere che l'Avvocato al tempo avesse potuto alzare la cornetta del telefono e richiedere un cambio eclatante al titolo. Qui siamo proprio di fronte ad un raccapricciante esercizio di vile sottomissione punto e basta. Gente che vive con freno a mano tirato in cerca di una pacca sulla spalla da parte di chi conta.

          Ecco perché son sicuro che risparmierò i 30mila euro in palio per il primo collega che si dovrebbe assumere il rischio di parlare dei miei libri; perché non c'è, non esiste e non si troverà un impavido. Mi andrebbe bene pure che verghi due righe in cui riporti che Agnelli Coltelli sia una cagata pazzesca. Lo pagherei comunque! Certo, ci sono andato vicino. Ed è accaduto proprio ieri quando sul Corriere della Sera è apparso un articolo a firma di Monica Colombo – giornalista sportiva – dedicato ai “casini” in cui attualmente ristagna la Juventus. Ebbene, ella è arrivata a citare il titolo del libro ma non il mio che ne sono l'autore. Non credo serve aggiungere altro! 

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Edoardo Agnelli dichiarò: “Se il potere della nostra famiglia casca nelle mani sbagliate , è una cosa estremamente pericolosa per questa nazione. Mio padre ha una grossissima responsabilità di fronte alla sua coscienza”. Che lettura ne dà lei? 

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Il ventiduesimo anniversario della morte di Edoardo Agnelli è ricorso appena quindici giorni fa, precisamente il 15 Novembre. Per caso hai colto qualche segnale da parte dei nipoti? Lapo, quello che parla di tutto dalla pastasciutta al miracolo di San Gennaro, ha forse twittato mezza riga in memoria dello zio deceduto in circostanze misteriose? Hai visto una virgola sul sito della Juventus di cui è stato dirigente? Hai visto una virgola per ricordare “l'Agnelli sbagliato”? Perché lui era ed è stato considerato sempre “l'Agnelli sbagliato” così come ora potrebbero “sbagliata” sua sorella Margherita. Ma attenti: coloro che hanno rimosso il ricordo di Edoardo lo hanno fatto in quanto egli è un personaggio ingombrante.Ci avrà senz'altro messo del suo in questo essere ingombrante, è innegabile. Ma era considerato ingombrante perché diceva la verità! Quando morì di cancro Giovannino Agnelli, dopo appena tre giorni Gianni Agnelli nominò al suo posto un ragazzo inesperto di diciannove anni, racconto John Elkann; come a dire “tanto questo posto lo può occupare chiunque”. Fu uno sfregio. Giovannino venne ucciso due volte. Una volta dal cancro ed una volta da suo zio. Non sembrano queste mani sbagliate ?

          Pensiamo per un attimo se Edoardo fosse ancora vivente. Oggi sarebbe sulla settantina ed avrebbe partecipato a pieno titolo alla famosa spartizione ereditaria. Ergo le quote non sarebbero più state solamente due, Marella e Margherita ma sarebbero state tre: Marella, Margherita ed Edoardo. Conseguentemente fratello e sorella si sarebbero coalizzati contro la madre e quest'ultima non avrebbe potuto ordinare il pianoforte assieme ai Gabetti, Stevens e Maron a vantaggio dei nipoti Elkann. E non avrebbe certo potuto scavalcare il primogenito maschio con un nipote come John che nell'asse non avrebbe vantato alcun diritto di prelazione.Sono pronto a scommettere che qualcuno gioì a cadavere ancora caldo quella mattina del 15 novembre 2000. Perché era caduto un ostacolo insormontabile posto al centro di quell'immaginario viale alberato che John avrebbe finalmente potuto percorrere trionfalmente verso l'autoproclamazione di capo incontrastato del Gruppo. . E ripeto autoproclamazione in quanto nessuno, nemmeno il nonno Gianni lo ha mai nominato leader supremo. E se qualcuno dovesse domandarsi a chi abbia giovato il tutto, la risposta è Gabetti e Stevens, elementare Watson! Gli unici due che hanno continuato a comandare come sempre in passato, nient'affatto impensieriti dalla presenza di un diciannovenne inesperto, incapace e totalmente all'oscuro di quel mondo pregno di meccanismi e scatole cinesi che essi ben conoscevano. 

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Di Agnelli non ne rimangono molti in circolazione, ad eccezione di Andrea e del figlio Giacomo. Quanto tempo dovrà trascorrere affinché possa giungere la coltellata definitiva al cognome che a quel punto passerà definitivamente alla storia? 

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Questa è materia di apertura del nuovo libro Agnelli Coltelli .

          Facciamo un elenco veloce comprendente uomini e donne che ancora ne portano il cognome. Due sorelle dell'Avvocato di oltre 90 anni e Margherita di quasi settant'anni. Con loro tre, si estingue il ramo di Gianni. Poi abbiamo i discendenti di Umberto: Andrea e sua sorella Anna. Poi troviamo bambini, adolescenti ed adulti che sono: la figlia di Giovannino Virginia di circa 25 anni, i quattro figli di Andrea compresi tra i 2 ed i 14 anni ed infine la figlia di Anna Agnelli che si chiama Luna.

          Ne deriva dunque che quelli che Margherita definisce les usurpateurs (gli usurpatori) ovvero i suoi figli di primo letto, siedono sul trono degli Agnelli senza né meriti né diritti. E se non dovesse intervenire un giudice degno di tale nome a ristabilire gli equilibri mediante l'imposizione della cancellazione degli accordi del 2004 e la relativa restituzione delle azioni dell'Azienda da sottrarre dalle grinfie degli Elkann, non ci saranno speranze di rivedere il cognome Agnelli nel prossimo futuro. 

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La Juventus sta perdendo il cognome storico. È questione di giorni. Che giudizio ne dà? 

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Chi ci dice che quanto avvenuto recentemente alla Juventus non sia una manovra ordita a tavolino avente lo scopo di infiacchire Andrea Agnelli sul quale far ricadere le responsabilità della malagestione? Non potrebbe essere un escamotage volto ad offrire da un lato la testa del colpevole alla magistratura torinese e dall'altro consentire ad un John di rifarsi una verginità agli occhi degli inquirenti che lo vedranno come il deus ex machina che giunge dall'alto per rimettere ordine nelle casse dissestate? 

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Juventus. Un commento per il tifoso attento, quello che non si fida ciecamente delle notizie riportate dai “giornali di famiglia”. 

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È anche questo uno scontro tra parenti, come quelli sin qui riportati. Ma andiamo per gradi. Nello specifico, tra John ed Andrea, affronterei innanzitutto la questione partendo dal piano umano. E sul piano umano c'è da sottolineare un dato essenziale: se affondi il coltello nella schiena del tuo cugino il quale sta attraversando una delicata fase della vita contrassegnata da una sfilza di difficoltà, stai dicendo urbi et orbi che lui e non altri sia il solo colpevole dei dissesti societari. Su questo non ci piove. Senza contare che la Legge italiana parla chiaro e si è ritenuti innocenti sino al terzo grado di giudizio. E al momento non siamo nemmeno giunti al primo, non so se mi spiego.Quindi John che tra i vari incarichi è anche un editore, sta emanando segnali devastanti di sé e della propria dubbia moralità. Se tratti così un parente in condizioni critiche, non oso immaginare di cosa tu sia capace di fare nei confronti dei dipendenti delle testate di cui sei capo. E a margine di tutto ciò, in secondo luogo dobbiamo considerare un ulteriore fattore di fondamentale importanza: John è il più “amato” dai parenti perché è colui il quale consente loro di svolgere vite da nababbi tra dividendi e rese finanziarie. Ergo nessuno osa contraddirlo per proprio tornaconto. Prova ne è il fatto che nessuno si sia sognato di rinfacciargli il tradimento perpetrato alla memoria del nonno e del bisnonno i quali sono sempre stati ligi al precetto “mai vendere e mai cedere”.Mentre lui si è venduto di tutto pur di far bottino. Basterebbe dare uno sguardo alla composizione del CDA di FIAT al cui interno siedono sei francesi contro cinque italiani. E tra i francesi spicca un membro del governo francese nominato direttamente dal banchiere dei Rothshild Emmanuel Macron attuale Presidente della Repubblica francese dal 2017. E secondo voi, quei sei membri del board di nazionalità francese faranno gli interessi italiani o quelli dei galli? Se ci sarà da chiudere uno stabilimento al Sud od in Francia, quale faranno chiudere? Se saranno necessari tagli al personale, licenzieranno gli italiani o i francesi?

Con ciò non intendo scaricare l'intero fardello delle scelte errate esclusivamente sulle spalle di John Elkann. Perché compirei io stesso un errore imperdonabile: quello di non aver ricordato al popolo italiano – notoriamente orfano di memoria storica – che sono la bellezza di cinquant'anni che viene derubato senza che opporre un briciolo di resistenza. Un popolo di migranti del Sud che andavano a sgobbare al Lingotto tra mille difficoltà, prima tra tutte quella abitativa perché ai terroni nessun torinese voleva affittare casa, mentre gli Agnelli prendevano i contributi per la Cassa del Mezzogiorno, quelli a fondo perduto, le esenzioni fiscali le Leggi ad personam, gl'incentivi per le rottamazioni delle auto usate ed il contingentamento delle importazioni di auto straniere mentre dominavano il settore del trasporto rigorosamente su gomma a danno di quello marittimo, ferroviario ed aereo. Questo fiume di denaro pubblico è sempre provenuto dalle nostre tasche di orfani di memoria storica e la famiglia Agnelli lo ha intascato senza reinvestire in ricerca o produzione per farlo sparire nei conti cifrati all'estero. Pensate che sia cambiato qualcosa in questi ultimi anni? Certo che no! I 6.7 miliardi di euro donati dal governo Conte sotto forma di contributi alla lotta alla pandemia per realizzare le mascherine spazzatura di cui sopra, quel Conte del reddito di cittadinanza, dove li mettiamo?

           Di tutto ciò, l'italiano medio ha solo voluto ascoltare quello che più gli piaceva ascoltare, ovvero che la Juventus alterasse a proprio piacimento i risultati delle partite e corrompesse gli arbitri. Un'eccellente macchina di distrazione di massa creata ad hoc per non far capire a quell'italiano medio che lo stavano riducendo sul lastrico a forza di prelievi incessanti, tasse e gabelle. Un'emorragia di denaro finito nelle casse di un Gruppo che ha fatto sparire tutto nella più colossale truffa allo Stato mai vista prima.

 

Andrea Signini, Dicembre 2022 

 

 

Come e perché Agnelli Coltelli dovrà essere il libro da piazzare sotto l'albero di Natale 2022

 

Invece di perdere tempo davanti alla televisione, perché non leggi un bel libro ? Chi non ha ascoltato almeno una volta un'idiozia simile? Idiozia in quanto scegliere un “bel libro” è tutt'altro che semplice. Molto meno impegnativo è pigiare i tasti del telecomando lasciando l'encefalo alla deriva. Però, con l'avvicinarsi di feste natalizie e compleanni, chi vuol vestire i panni del dotto ripulito, dona immancabilmente un libro. È un rito irresistibile che viene ripetuto per due ordini di ragioni. La prima riguarda la spesa contenuta: nel raggio dei quindici euro ci si sente padroni di spaziare dal manuale di cucina al romanzo strappalacrime.La seconda riguarda invece un distorto riconoscimento dei propri meriti: “Il regalo te l'ho fatto, non ho la più pallida idea di cosa trattino queste pagine ma tu penserai che io le conosca quasi a memoria ma la cosa non ha alcun valore poiché già da domani non ne parleremo più”. Ecco spiegato il motivo per cui le mensole delle case che frequentiamo sono vistosamente incurvate dal peso di carta stampata che nessuno ha mai nemmeno sfogliato.

          Ma ci sono delle eccezioni. Raro ma esistono. Ed è proprio a queste che l'intervista a Gigi Moncalvo si rivolge. Mi riferisco a coloro che sanno dare ascolto alla vocina che avvertono dentro, che li spinge a ricercare dove i dotti ripuliti non cercano e li spinge a vestirsi per recarsi presenti in libreria ad afferrare e riafferrare tutto ciò che trovano attraente, sbirciando prefazioni, leggendo sinossi e contemplando copertine colorate nel mero tentativo di farsi un'idea del testo adatto alle proprie esigenze. E quello adatto alle proprie esigenze è immancabilmente quello che non vedi l'ora di pagare alla cassa, mettere sottobraccio e portare in fretta a casa. Perché è lì che inizierai a costruire un rapporto con l'autore o l'autrice che sia.

          Tanto più la scelta sarà stata azzeccata tanto più sentirai affiorare un senso di rispetto per chi avrà vergato quelle pagine, frutto di mesi ed anni di certosine ricerche che arricchiranno te e quanti ti ascolteranno parlarne. Ciò ti renderà una persona di certo più accorta, capace di leggere la contemporaneità con la sensibilità che chi pigia i tasti del telecomando non si sogna nemmeno.

 

 

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Last modified on Wednesday, 07 December 2022 10:02