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Metamorfosi creativa: il tempo dell’arte tra tecnica e memoria

By Massimo Fabbri May 15, 2025 83

 

È possibile vedere nell’atto creativo la misura del tempo? Nella forza trasformatrice dell’immaginazione l’eco di un vissuto che travalica le barriere temporali? La memoria non offre solamente uno spazio in cui scandagliare flussi di reminiscenze, bensì lo strumento primordiale di una mente creativa. Nel divenire continuo, l’essere umano esprime la sua vocazione innata, ritrovando nell’esperienze personali veri e propri elementi di innovazione.

Il filosofo Henri Bergson sottolineava la differenza tra un tempo “quantitativo”, misurabile, e un tempo “qualitativo”, che mette al centro il valore intrinseco all’esperienza vissuta. Questo tempo risiede nell’intimo di ognuno, custodito dalla sacralità di quel reame che chiamiamo coscienza, e nel quale abbiamo modo di riscoprire un sistema per rileggere – attraverso filtri diversi - fatti e momenti che si sono avvicendati nel corso delle nostre storie. Siamo noi i protagonisti di una lenta metamorfosi di pensieri e ricordi che assumono forme sempre nuove. E quel concetto di durata a cui dovremmo ripensare - per l’appunto in una prospettiva bergsoniana - non rimanda unicamente a una profonda consapevolezza intellettuale, ma ad una qualche maturità “biologica” della produzione artistica.

La metamorfosi chiama in causa lo sviluppo di un’individualità generatrice, capace di attingere in autonomia da un percorso esperienziale unico, irripetibile. L’evoluzione - in questo senso - è sinonimo di imprevedibilità, che funziona come costante del tempo. E proprio nell’imprevedibile catena degli eventi, la nostra personalità “cresce, germoglia, matura continuamente”, come afferma Bergson. La memoria è la materia prima di questa meravigliosa metamorfosi umana, rafforzata dalla nostra immaginazione. Tuttavia, questo concetto oggi subisce drastiche riconsiderazioni.

In che senso? Se pensiamo che un essere umano dispiega il proprio potenziale creativo per mezzo dell’esperienza – sulla quale incidono la forza del carattere e delle connessioni col mondo - negli algoritmi domina una logica computazionale totalmente estranea a quella umana. Le macchine non contemplano tutto ciò che a noi può far gioco nella costruzione di realtà simbolicamente condivise, in particolare ai fini di un’elaborazione ottimale del risultato.  

L’arte avanza di pari passo allo sviluppo tecnologico, in primis dell’Intelligenza Artificiale. Parlando di una “maturità artistica” da parte dell’individuo, possiamo scorgere una contraddizione che mette in risalto la dissonanza che intercorre tra il concetto di maturità e il lavoro artistico in sé. In effetti, se pensiamo che per un essere umano non esiste stimolo più adatto di un frammento biografico, nel meccanismo dell’IA si astrae completamente dalla dinamica della concrescenza di immagini che lentamente entrano a far parte di una personale narrazione esperienziale. La vocazione artistica può essere vista non solo come una metamorfosi, ma anche come una sorta di “gestazione dell’Io”, in cui ognuno di noi cresce dentro di sé il seme dell’inventiva. Tuttavia, sappiamo che l’ausilio dell’IA ha comportato l’introduzione, quasi dirompente, di standard sempre più lontani dall’impegno creativo profuso dall’essere umano. Il rischio, naturalmente, consiste nel vedere non più nella durata, ma nel risultato immediato, la risorsa fondamentale nella spinta creativa. E tutto questo a scapito del tempo necessario per realizzarla.

Indubbiamente non è solo l’opera o il prodotto finale a risentirne, ma l’esperienza artistica come percorso di autocomprensione e crescita. Questa è – come indicava Bergson - l’altra faccia del tempo. In ogni creazione, è possibile scorgere parti di una memoria autoriale, composta da significati e sensazioni esperite di momento in momento. È proprio a partire da questo presupposto che Marcel Proust trovò nella sua madeleine un’immagine evocativa che offrisse al lettore l’idea di un legame indissolubile col tempo vissuto, e di come l’azione – sublimata in arte – ne sia il prolungamento.  

Possiamo istruire l’IA nell’elaborazione di contenuti testuali e visivi che rispettino i nostri canoni di creatività; aspettarci che prestazioni sempre più elevate arrivino addirittura a suggerirci stili e modelli ideali sulla base di feedback reali. In questo caso, il risultato sarebbe garantito. Ma se invece di puntare sull’educazione umana nella produzione artistica pensata per algoritmi IA, provassimo a ragionare sull’impatto che un’educazione all’arte avrebbe per l’essere umano? La sinergia tra creatività e memoria non avviene esclusivamente nell’attuazione del prodotto, ma è un modo per apprendere da sé stessi quanto c’è di essenziale nell’esprimere il nostro lato più autentico. Anche nella creazione, è presente quella consequenzialità che il tempo, nelle sue innumerevoli manifestazioni, imprime nella mente del singolo, e ogni rappresentazione non è che “un’essenza incarnata” che ha saputo volgere a suo favore l’attesa.

L’animazione mostra l’intensità di questa relazione. Arte mai statica e in continua evoluzione, nell’animazione emerge quella continuità tra la personalità artistica dell’autore, coltivata nel tempo attraverso un processo di progressiva originalità e ricercatezza estetica, e la sequenza di immagini, nella cui fluidità emerge il profondo legame con una memoria visiva trasformata in pura tecnica. La narrazione animata è costellata di maestri che hanno lasciato una traccia indelebile, ricordandoci di quanto sia importante il ruolo della durata nel processo creativo. Richard Williams, nel suo celebre libro "The Animator's Survival Kit", descrive l’attività dell’animatore come un “lavoro incessante”: la dedizione costante e il desiderio di sperimentazione stilistica attraverso l’esperienza acquisita, evidenziano l’estro e la crescente padronanza di tecniche narrative tese al miglioramento. Prova ne sono i suoi contributi nel mondo del cinema, Williams ha dimostrato che in ogni linguaggio visivo è radicata una tensione continua all’apprendimento, e in ogni miracolo artistico l’appendice di un vissuto unico.

Se è nell’apprendimento dell’individuo che si evince la malleabilità del tempo, allora anche la mano dell’artista è il prolungamento di immagini ricodificate dalla nostra memoria e riadattate in azione. Ma per far questo, l’essere umano deve, in un certo senso, imparare a rileggere sé stesso, migliorarsi e mettersi perfino in discussione. In ogni metamorfosi c’è un abbandono e un’autoaffermazione allo stesso tempo. Si cambia in funzione di uno stato che si vuole raggiungere.

Negli output generati dall’IA si presentano modalità di gestione e sviluppo sempre più sofisticati, atti a rendere il tempo una variabile difficile da considerare. Si sa che l’IA opera attraverso tre schemi operativi quali velocità, efficienza e quantità. In tutto ciò possono esistere solo tempistiche a cui adeguarsi, soluzioni euristiche che offrono scorciatoie decisionali e strategie creative in tempo reale. Anche in questo senso bisognerà prepararsi ad un cambiamento che appare come una sfida, nella quale sembrano esserci pochi compromessi.

In un quadro come quello attuale, rischi ed opportunità si fondono nel mare magnum degli scenari possibili. La questione sta nel capire come e da quali risorse il mondo dell’arte potrà attingere per poter ancora fungere da catalizzatore dell’esperienze umane, e portare il pubblico in una dimensione in cui l’opera rappresentata proietterà l’immagine di una fantasia che accoglie, rielabora e condivide esperienze che spaziano in un’infinità di espressioni artistiche. La mente è un baluardo di sensazioni e affetti sperimentati nel corso della vita; nonostante gli evidenti progressi tecnologici, sarà sempre “il tempo ritrovato” della memoria ad esprimere l'ultima parola.

 

 

 

 

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Last modified on Thursday, 15 May 2025 15:22