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SE IL VIRUS UCCIDE L’INFORMAZIONE

By Roberto Fantini November 16, 2020 3178

             “L’Italia è diventata un enorme laboratorio mediatico per sperimentare un fenomeno ancora sconosciuto, almeno per la frequenza e le dimensioni, nelle altre democrazie. Anche perché nulla di simile, nelle altre democrazie, sarebbe possibile. Una fabbrica di bufale a getto continuo che non ha incontrato ostacoli degni di nota e ha finito con l’assuefare i cittadini, mitridatizzandoli, privandoli giorno per giorno degli anticorpi, trascinandoli sempre più inconsapevolmente verso uno stato di anestesia totale, in una bolla di balle, su un terreno dove la verità e la menzogna non si distinguono più: qui i fatti veri vengono sostituiti sistematicamente, scientificamente con fatti sempre e comunque falsi. E con argomenti che la gente comune non ha gli strumenti per verificare de visu: è costretta a fidarsi, e purtroppo si fida – in mancanza di alternative equivalenti – di chi quei fatti li manipola e li falsifica per mestiere. Di chi è pagato per falsificarli ed, essendo protetto dal potere, non teme alcuna conseguenza né penale né civile per le sue azioni, perché c’è chi pagherà per lui, c’è chi lo tirerà sempre fuori dai guai.”

     Questo leggiamo in un capitolo intitolato Premiato Bufalificio Italia nel libro di Marco Travaglio di qualche anno fa, La scomparsa dei fatti (Il Saggiatore, Milano 2006, p.161).

E, in un capitolo immediatamente precedente, a proposito dell’aviaria, ovvero “del fantomatico virus dei polli che ha terrorizzato l’Europa e l’America negli ultimi mesi del 2005”, definita la “più grande bufala del nuovo millennio” (p. 147), prima della presentazione (in base all’esito delle ricerche effettuate da Report) degli sconfinati vantaggi economici ricavati dalle grandi multinazionali farmaceutiche in seguito al panico venutosi a creare grazie all’ allarmistica campagna mediatica e ai relativi provvedimenti governativi, ci imbattiamo in affermazioni lapidarie in merito a quello che una sana e onesta informazione dovrebbe sentirsi chiamata a fare soprattutto in situazioni di questo genere.

                                             “L’antidoto alla pandemia delle balle sarebbe l’informazione, intesa come contropotere indipendente dal pensiero unico, dalle campagne puzzolenti, dall’ansia di sensazionalismo e dagli interessi forti. Ma l’informazione fallisce, o abdica, o si mette pigramente a rimorchio dei cosiddetti “esperti” che, mai come in questo caso, indipendenti non sono. L’allarme, infatti, lo lanciano i cosiddetti scienziati: fanno lo stesso mestiere di quelli che invitano alla prudenza, ma lo scienziato che annuncia la peste fa molta più audience di chi minimizza e va coi piedi di piombo.

Un vero peccato, davvero, che cose di questo tenore all’epoca ritenute, dalle più brillanti menti progressiste, segno pregevole di rara lucidità di analisi e di indiscutibile indipendenza di pensiero, vengano considerate oggi, nel migliore dei casi, manifestazione tangibile di stolta e pericolosamente irresponsabile dabbenaggine … Ma una informazione come quella attuale, che, anche nei suoi protagonisti ritenuti più liberi e intelligenti, invece che coltivare il dubbio e il sospetto, invece che favorire in tutti i modi il dibattito aperto e il confronto critico fra le varie tesi, possibili interpretazioni e possibili strategie da adottare, svilisce perentoriamente e prepotentemente i pochi che osano porsi fuori dal coro, etichettandoli con grossolano disprezzo come scellerati-negazionisti-terrapiattisti-nomask-novaxisti, rappresenta forse la più inquietante forma di fallimento culturale di questo oscuro periodo. E, senza una informazione in grado di fare veramente da coraggioso cane da guardia nei confronti del potere politico e del potere economico, i tempi che ci attendono difficilmente potranno essere meno oscuri …

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Last modified on Monday, 16 November 2020 19:35