L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni.

Food & Wine (250)

 
 
 
 
Urano Cupisti
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.

La Riflessione!

 
 veduta aerea del Prosecco

Il comitato dell’Unesco ci ripensa. Dopo lo “strombazzato trionfalistico” comunicato dei giorni scorsi diramato dai responsabili alla comunicazione del Consorzio Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene che recitava così ” Prosecco patrimonio dell’Umanità”, ecco arrivare una nota “nuda e cruda” a spengere tutti i comunicati a zonzo sul web. “Le alte potenzialità del sito candidato, che ha elementi di unicità, devono essere meglio precisate. Invitiamo l’Italia, la Regione Veneto e il Consorzio, coinvolti a presentare il dossier, di riproporlo il prossimo anno con le correzioni richieste per l’iscrizione”. Come dire:” vietato barare con i numeri”. La solita figuraccia all’italiana. Il sottosegretario agli Affari Esteri, Guglielmo Picchi, minimizza dicendo “Oggi si è vinto” solo perché la decisione è stata presa a maggioranza. Il governatore del Veneto, Luca Zaia, difendendo l’indifendibile, ha dichiarato che comunque è stata richiesta solo una integrazione. Come dire il dossier è stato presentato in maniera corretta. Nel frattempo, in Regione, le previsioni meteo segnano “burrasca”.

   

 

 

Frammento n. 1

Nasce il nuovo Consorzio Roma Doc.

24 produttori della Doc Roma, istituita nel 2011, hanno dato vita al Consorzio Roma Doc, eleggendo Tullio Galassini alla Presidenza. “La denominazione della Città Eterna ha finalmente raggiunto un riconoscimento storico”. Questa la prima dichiarazione, come dire, abbiamo stravinto sulla burocrazia. “ Al momento l’87% della filiera risulta iscritto al Consorzio nella speranza che il rimanente 13% capisca presto l’importanza dello stare uniti e proporci al mondo esterno con le nostre innate capacità produttive supportate dalla Storia con la S maiuscola”.Il discorso d’insediamento è stato breve e diretto. “Puntiamo subito all’Erga Omnes. Locuzione latina che significa “davanti a tutti”. Nel mondo del vino prende questo significato:” Un'opportunità di fare sistema che nasce dal basso e può rispondere efficacemente alle esigenze delle aziende, chiamate a concorrere per garantire tutela e promozione della denominazione e assicurarne la valorizzazione e la protezione in Italia e all’estero”. Il Presidente Tullio Galassini non è uno qualunque. Enologo uscito dalla prestigiosa Scuola Trentina di San Michele all’Adige, sostenitore da subito della Doc Roma intesa come guida della viticoltura regionale, produttore presso la Galassini Viticoltore.

 

 

 

Frammento n. 2

Con la Birra ci si guadagna?

“Chi si avvicina al mondo della Birra pensando di fare soldi, sbaglia di grosso”. Parola di Jef Van den Steen, mastro birrario belga e guru delle birre artigianali. “Siamo di fronte ad un fenomeno su scala mondiale. La gente è stufa di bere Birre industriali sfornate dalle multinazionali del settore. C’è un ritorno diffuso all’arte di fare birra per la famiglia, per gli amici, per gli intenditori. L’Italia è tra le protagoniste di questo nuovo corso ma attenzione, il fenomeno non va collegato al business. Chi pensa di aprire un birrificio perché vuol fare soldi, si sbaglia di grosso. La vita di un Mastro birrario è sacrificio e intorno al magico mondo di malti e orzi non ci sono tanti soldi”. Ma è proprio così?

 

Frammento n. 3

 
 Enoteca Pinchiorri

Quattro Ristoranti Italiani tra i primi 91 nel mondo per la migliore cantina.

Eletti da Wine Spectator, la rivista ritenuta più attendibile a livello mondiale. Si tratta del Duomo di Ragusa, il nuovo Cracco di Milano, Pierluigi di Roma e del Caffè Dante Bistrot di Verona. Raggiungono i tristellati Enoteca Pinchiorri di Firenze, la Pergola del Rome Cavalieri di Heinz Beck, la Ciau de Tornavento di Treiso, la Bottega del Vino di Verona e il Poeta Contadino di Alberobello.

 

 

Frammento n. 4

Barrique si, barrique no.

Doctor Wine, al secolo Daniele Cernilli che di vino se ne intende, prende le distanze dal tentativo di demonizzazione “di principio” le piccole botti meglio conosciute come barrique (di solito circa 225

Barrique

litri). Validi strumenti di cantina, “inventate” dai francesi utilizzando legno di rovere proveniente dalle foreste del Massiccio Centrale. Allier ne rappresenta la produzione migliore. “I francesi chiamano elevazione il passaggio in barrique proprio per sottolinearne gli aspetti positivi”. In Italia è in atto da anni un processo di demonizzazione delle barriques per quell’uso troppo eccessivo. Daniele Cernilli continua nella sua disanima su barrique si, barrique no. Interessante il suo pensiero finale che mi trova concorde: ”Demonizzare la barrique è come demonizzare una padella o una casseruola quando facciamo il ragù. Se bruciamo il ragù non è colpa dei contenitori, forse e del fuoco troppo alto o della nostra scarsa attenzione. (Fonte: Doctor Wine del 02/07/18)

 

Frammento n. 5

Un esempio da seguire.

Al via il nuovo progetto di sensibilizzazione al bere responsabile promosso da Ruffino e dal Comune di Firenze. Ruffino Cares. “L’idea è quella di educare a gustare il vino ancorandolo a sistemi relazionali che ci appartengono quasi geneticamente: la convivialità, la condivisione, le saporite tavolate, il pranzo della domenica, un fiasco da spartire con amici. Ma non isolarsi negli eccessi”. A parlare Francesco Sorelli, responsabile della comunicazione dell’Azienda della Rufina e responsabile del progetto. “Ruffino Cares vuol comunicare la bellezza che, come dicevano gli antichi, può essere buona e sociale. Adesso la sensibilizzazione al consumo responsabile, in futuro comunicazione nelle Scuole”. Un esempio da seguire!

 

 

Osservo, scruto, assaggio e…penso.

Sempre più l’avvenimento “IN” d’inizio estate.

Sicuramente lo è per la Versilia. Atteso, partecipato, impossibile mancare. Ma in cosa consiste?

A parlare è Gianluca Domenici, l’eclettico personaggio versiliese e non solo, editore, direttore editoriale della rivista quindicinale Paspartu, musicista (l’inno della squadra Torino è suo) e patron dell’Evento:

“C’era e continua ad esserci la necessità di promuovere la Versilia, nel contesto dell’attività turistica, anche per il cibo ed il vino, meglio dire proposte di enogastronomia. Far conoscere la grande offerta esistente in questo fazzoletto di terra per tutte le tasche.

Perché non istituire premi alla Ristorazione cogliendo l’occasione per distribuire in anteprima la Guida particolareggiata a tutti i ristoranti, agli addetti ai lavori? (ristoratori, giornalisti del settore, invitati).

Siamo arrivati alla decima edizione (la guida) con la prudente politica dei piccoli passi. Da subito ho capito che aveva bisogno di essere affiancata da un Gran Gala, appunto. Nasce così (nove anni fa, 2009) il Gran Gala della Cucina d’Autore”. Una vetrina del Gusto di Alto Livello.

Ed infine i “celeberrimi Premi alla Ristorazione”, gli Oscar ambiti in marmo bianco di Carrara.

EDIZIONE n° 9

 
 La sala

è andata così:

Miglior Chef 2018 è Nicola Gronchi, nuova generazione dello stellato Bistrot di Forte dei Marmi. Dinamismo, slancio e modernità.

Migliore in Sala 2018 è Libero Musetti, titolare del Ristorante Il Circo di Pietrasanta. Simpatia, la giusta professionalità, la conoscenza dei gusti degli abituè della Versilia.

Premio Carriera 2018 è Bruno Vietina. Discorso a parte per questo ristoratore versiliese già protagonista negli anni ’60, ’70, ’80 alla guida dei locali storici come il Madeo e il Maitò. Successivamente sbarcato negli Stati Uniti con altrettanti ristoranti di conclamato successo. Basti pensare al suo ristorante a Beverly Hills.

Ed infine il Premio più ambito, ovvero il Ristorante dell’Anno 2018:

Filippo Mud di Filippo Di Bartola. Così è stato presentato da Gianluca Domenici:

“ Il riconoscimento al locale pietrasantino è soprattutto motivato da un innovativo e stimolante concetto di ristorante, non più imbrigliato in statiche formule ma aperto a nuovi intriganti elementi, come quello della mixology dei cocktail, della pittura e della scultura, con geniali ‘focus’ sulle materie prime utilizzate nell’ottima cucina. Oltre ad una sala dinamica, giovane e attenta”.

IL PREMIO ECCELLENZA ITALIANA

Non solo Versilia ma individuare anno dopo anno, l’eccellenza conclamata della cucina italiana, quella che mette d’accordo tutte le guide della ristorazione.

Tutti in piedi: una vera e propria standing ovation per Alfonso e Livia Iaccarino del celebre ristorante “Don Alfonso 1890” nella penisola sorrentina, “Premio Versilia Gourmet – Champagne Bergère 2018 Eccellenza Italiana”.

C’erano davvero tutti ad applaudirli: i migliori ristoratori della costa, i giornalisti ed esperti del settore, le autorità e uno stuolo di appassionati ammiratori. Il momento della consegna dei Premi Versilia Gourmet – Champagne Bergère è stato il toccante ed emozionante gran finale di una cena da mille e una notte allestita dai migliori chef “stellati” della Versilia.

Sì perché l’Evento, come nelle passate edizioni, è stato un momento per assaggiare le “creazioni di sei chef stellati”:

l’inizio, l’aperitivo in terrazza del Luxury Hotel Principe di Forte dei Marmi, con il coreografico panorama di una Versilia scintillante d’inizio estate, direttamente dalla cucina e bagnati rigorosamente da champagne Bergère, le micro-creazioni dello chef di casa Valentino Cassanelli (ristorante stellato Lux Lucy dell’Hotel Principe) hanno dato il via al gran Gala, con il sole a tuffarsi nel mare proprio lì davanti.

 
 l'impiattamento

A seguire, gli oltre 160 ospiti si sono seduti nell’elegante dehors dell’hotel per gustare il ricco menù.

Raffinato e leggero antipasto di Giuseppe Mancino, chef bistellato del Piccolo Principe a Viareggio accompagnato dal Rosato Le Cicale 2017 dell’azienda Sardi Giustiniani.

 
               Alfonso e Livia Iaccarino

Secondo antipasto, saporito e convincente, dello chef stellato Gioacchino Pontrelli di Lorenzo a Forte dei Marmi. Abbinato a Altair 2017 Fattoria La Torre

Il primo. Il vulcanico e anticonformista Cristiano Tomei (vi ricordate la trasmissione La Prova del Cuoco di alcuni anni fa?), versiliese doc ma adesso protagonista a Lucca con il suo Imbuto, ha proposto una sua personale versione di un minerale e ‘salmastroso’ riso di mare. (non chiamatelo risotto, per favore). Abbinato a Vermignon (vermentino e sauvignon) 2017 Tenuta Lentini.

Secondo piatto dai sapori caleidoscopici quello di chef Nicola Gronchi, emozionato per essere stato protagonista sia della cena che del Premio ricevuto. Ristorante stellato Bistrot di Forte dei Marmi. Abbinato a Sauvignon 2012 Terre del Sillabo

Chiusura dolce grazie alla pastry chef viareggina Silvia Pardini, giovanissima ma già protagonista nelle prestigiose cucine del Le Cirque di New York e di Dubai. Tanto per dire. Abbinato ad una stupenda Malvasia di Bosa Slittari (un appunto: la Malvasia meglio berla da sola in meditazione: fantastica).

Al momento dei saluti, selfie e foto con i “personaggi della serata”, la consegna della Guida ai Ristoranti della Versilia, Versilia Gourmet in vendita nelle edicole e librerie. Chapeau!

Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.

Il mondo del Vino scosso per un femminicidio: il primo.

La sommelier Donatella Briosi, del gruppo “Le donne del Vino”, uccisa dall’ex nello studio di un Notaio a Udine. Non entro nelle cause ne

 
 Donatella Briosi femminicidio (foto Donne del Vino)

dinamiche dell’accaduto. Dico solo che è venuta a mancare una “grande persona” molto stimata e amata. Quella che si definisce “una grande signora” con quel comportamento “nobile” che l’ha sempre contraddistinta in ogni occasione. Alziamo simbolicamente i calici e “urliamo”: CIN!

La Riflessione!

La notizia: “Mondo del food sotto shock. Si è suicidato lo chef Anthony Bourdain”. La notizia è stata resa pubblica dai media, Rai 1 in primis nei titoli. Come notizia “importante”. Sbalordito ho atteso pazientemente il momento del “servizio”. Breve informazione sulla vita di questo grande chef, la sua filosofia, le sue idee, ricette, piatti. Ma il “pezzo forte” del servizio è stata la sua “sregolatezza” (uso di droghe, non per le sue creazioni) e per essere legato sentimentalmente ad Asia Argento, nota attrice “anticonformista a 360°. Che vuoi che importi alla gente se Anthony è stato un “narratore unico”del cibo nel mondo; era il compagno di Asia Argento e con questo passo e chiudo. Chapeau alla Rai.

 

   

Frammento n. 1

 

 Riflessione Anthony Bourdain  (foto extra-tv)
Asia Argento e Anthony Bourdain

Enolithech lascia il Vinitaly dopo ventuno edizioni. Era ora.

Enolitech, tradizionalmente organizzato nel corso del Vinitaly nella tendo struttura contrassegnata con la lettera “F”, dal 2019 sarà una fiera autonoma che, per la prima edizione, si svolgerà dal 30 gennaio al 1 febbraio. Una tre giorni con un nuovo format altamente specializzato che avrà nella internazionalità degli operatori il punto di forza del nuovo progetto fieristico.  Finalmente una piattaforma unica annuale a forte vocazione internazionale per la divulgazione e promozione delle applicazioni fortemente innovative in campo agricolo e industriale prodotte dalle imprese italiane”. Parola di Giovanni Mantovani, amministratore delegato di Vpe. Devo dire che a noi appassionati ci mancherà il “giretto” tra le tecnologie del settore durante il Vinitaly ma per gli operatori sarà sicuramente “l’evento verticale di filiera”.

 

Frammento n. 2

Ci risiamo: Frodi sul biologico.

15 tonnellate di alimenti finti Bio sequestrati dai Nas dei Carabinieri. Non c’è niente da fare, quando un brend tira la frode è sempre in agguato. Ricordate il parmigiano reggiano, il Sassicaia, il Chianti? (tanto per rimanere in tema senza dimenticare l’abbigliamento). Una recente indagine ha messo in evidenza che il falso biologico alimentare colpisce sei italiani su dieci che nell’ultimo anno hanno messo nel carrello della spesa prodotti bio (fonte Coldiretti). Ricordiamoci che l’Italia detiene il primato di produzione in Europa con un mercato che supera i 2,5 miliardi di euro in valore con una ricaduta sulla occupazione di oltre 72mila occupati. Preoccupante l’invito di Coldiretti:” acquistate i prodotti bio direttamente dai produttori”. Come dire:”Attenzione alla grande distribuzione che con etichette taroccate vi rifila prodotti importati

dall’oriente (non solo Cina, ma anche Laos, Cambogia, Vietnam).

Frammento n. 3

Vino aromatizzato prodotto in Toscana. DI’WINE.

Presentazione ufficiale di DI’WINE, vino aromatizzato prodotto dalla famiglia Giotti. L’evento a Firenze in un celebre locale anni ’50. Ovvio che la ricetta sia “segreta”. Vino fortificato fino a raggiungere i 23° e poi aromatizzato con agrumi freschi (non possono sfuggire ai “nasi” esperti degli assaggiatori) e con quel finale di vaniglia, a detta dei più capaci, del Madagascar. Sarà la volta del “tramonto” dello Spritz?

 

Frammento n. 4

Non solo Birra. Con pizza (finalmente) anche Vino.

Devo dire che diversi tentativi erano stati fatti in passato. Ma “mescere” birra in caraffa ha preso il sopravvento. E a rimetterci è proprio la birra ridotta a bibita senza anima, meglio l’acqua. Una pizzeria recentemente premiata con “uno spicchio” sulla Guida Pizzerie del Gambero Rosso, la Rock1978 di San Faustino di Bione in provincia di Brescia, guida gli ospiti nell’abbinamento con etichette selezionate e mirate. 300 etichette di vino in carta per accompagnare le varie pizze comprese nell’offerta. Vini della Mosella, Bordeaux, Borgogna, Alsazia, Champagne e naturalmente dalle varie regioni italiane. E se proprio vogliamo restare fedeli alla Birra un NO secco, deciso alla birra in caraffa a favore delle “artigianali” e alle meravigliose belghe d’Abbazia.

 

Frammento n. 5

La ristorazione italiana nel mondo: nuovo record.

209 miliardi di euro è il volume d’affari generato dalla cucina italiana nel mondo. Questo dato emerge da una ricerca commissionata a Deloitte dalla Scuola Internazionale di Cucina Alma. Seconda alla Cina. Al di là di questi dati pesa il valore del canale Full-Service Restaurant, dove sono compresi i fast-food, i take away e/o ristoranti con servizio più o meno formale al tavolo. Rappresenta il 52% del totale. Francamente non c’è da stare allegri. Significa che anche noi facciamo tanta quantità e poca qualità. (Fonte: Cronache di Gusto)

 

 

Osservo, scruto, assaggio e…penso.

 

“per sua natura il vino è naturale”

Così è stato scritto da un amico sul mio profilo facebok dopo la pubblicazione dell’ennesimo post sui “vini naturali”.

La mia posizione è nota: “I vini naturali non esistono, in natura si trova solo l’uva”.

Non voglio assolutamente nascondermi dietro un dito circa la definizione. Capisco, ma non condivido. Perché?

L’utilizzo della definizione “vino naturale” sta ad indicare un vino prodotto con uve che, dopo la pigiatura divenuto mosto (ad opera dell’uomo, in natura questa non avviene) segue un percorso di “trasformazione” guidata dall’uomo senza che intervenga qualsiasi tipo di aggiunte e manipolazioni. Vino frutto dei soli processi “naturali” però (ed è importante) predisposti e favoriti nei tempi dall’uomo.

Ma è proprio vero tutto questo? Fra i “produttori così chiamati naturali” è veramente bandito qualsiasi intervento aggiuntivo?

E se fa freddo e le fermentazioni non partono aspettiamo la “calda” primavera con i mosti nelle vasche? E gli affinamenti che rendono i vini unici? Con la malolattica che ci facciamo? Il vero vino deve essere aspro, amaro? E con la “solforosa “ come la mettiamo?

Per i produttori “puri” l’aggiunta di metabisolfito di potassio che sprigiona il biossido di sodio ovvero anidride solforosa, detta più semplicemente “solforosa” che produce stabilità e conservazione del vino, è sacrilegio.

Altri che sanno come “vanno le cose” l’aggiungono “quando proprio non se ne può fare a meno”.

A parte queste disquisizioni che fotografano la “vera” situazione della produzione dei “vini naturali” mi preme ritornare alla frase di partenza.

Secondo il mio interlocutore il vino si può definire naturale perché altro non è che la trasformazione dell’uva in mosto e a seguire in vino attraverso processi che la natura stessa “governa”.

Mi viene da pensare: “Bando quindi alla chimica? Intesa come scienza che studia la composizione della materia ed il suo comportamento? Chiusura di conseguenza delle facoltà di Agraria ed Enologia perché non servono più gli studi scientifici a riguardo, solo “vino genuino del contadino” con tutte le “puzzette inebrianti” magari non filtrati, veri “mangia e bevi”.

Capisco e chiedo scusa. Mi sono lasciato trascinare in “spicciola” polemica.

Ritorniamo a “per sua natura il vino è naturale”.

Vediamo le varie fasi dove l’uomo “favorisce il cammino dall’uva al vino. Pigiatura come? Con i piedi, con i torchi o con le presse di ultima generazione? Diraspare o pigiare con raspi? Perché da se gli acini non si staccano. Lavare o no? Usare tini di cemento, botti vecchie, bandire l’inox termocontrollato? Usare il processo a caduta o con le odiatissime pompe? O, come centinaia di anni fa portando con scale i “buioli” (contenitori, secchi ecc…) pieni di mosto? E poi filtrare o non filtrare, imbottigliare con le “sughette” aspirando l’aria con la bocca? Ritornare ad usare l’olio enologico e la stoppa?Comunque la si pensi è l’uomo che decide ed opera: il Vino è opera dell’Uomo.

E lo certificano anche i VAN (Vignaioli Artigiani Naturali). “Con il termine naturale si intende un concetto culturale, filosofico e spirituale che riguarda il rapporto tra uomo e natura. Mezzo fondamentale nella definizione di questo rapporto è, nel vino, la fermentazione spontanea: momento di trasformazione naturale da mosto a vino, dal lavoro in vigna a quello in cantina, in grado di restituire l'unicità dell'annata e del terroir”.

Con il Vignaiolo al centro ovvero l’uomo che prepara il mosto, controlla la fermentazione ed imbottiglia il vino. E alla fine esclama: questo è il mio Vino!.

Perfino Noè, sceso dall’Arca, nella piana di Erevan, fece vino e si ubriacò.

Meglio, molto meglio a mio parere l’atteggiamento di quei produttori che gestiscono le vigne in regime di lotta ragionata nella tutela dell’ambiente per la produzione di ottimi vini nel contesto del territorio e altrettanta attenzione in cantina nell’aiutare le fermentazioni ed arrivare alla messa in bottiglia ottenendo così un prodotto che risponda appieno alle vere tradizioni

Avviso ai contadini: via tutti i sacchi di metabisolfito, la medicina, che avete ben nascosti in cantina. È sacrilegio.

Viva il vino buono!

Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.

 
 Terenzio Medri

Un’altra figura storica del mondo della sommellerie internazionale ci ha lasciato. Addio a Terenzio Medri, albergatore con la passione del vino: È stato presidente dell’A.I.S, Associazione Italiana Sommelier. CIN Presidente!

 

 

 

La Riflessione!

 

“Vini prodotti con metodi di lavoro che prevedono il minor numero possibile di interventi in vigna e in cantina e che escludono l’utilizzo di additivi chimici e di manipolazioni da parte dell’uomo”. Questa una delle tante definizioni che troviamo in giro in riferimento ai cosiddetti “vini naturali”. Quando poi vengono organizzate tavole rotonde per osannare i vini veri, a mio avviso, tocchiamo il fondo nella comunicazione: vero è proprio inganno per i consumatori. Il contrario di Naturale: artificiale, alterato. Il contrario di Vero: falso, ingannevole. “Dobbiamo giocare tutti con le stesse regole. Vini naturali, vini veri, sono termini ambigui” ( Ruenza Santandrea. Coordinatrice Alleanza Cooperative Agroalimentari). Aggiungo:” Il vino naturale non esiste. È frutto del lavoro dell’uomo. Altra cosa è biologico”.

  

Frammento n. 1

Cerea, Vini Veri.

Si è svolta a Cerea, pochi chilometri da Verona, in concomitanza con il Vinitaly, la quindicesima edizione di Cerea ViniVeri, “nel rispetto dei ritmi e delle risorse naturali”. Tema conduttore per questa edizione è stato:” Amore per la natura e i suoi cicli”. Amore come arte del saper attendere, come “certezza che la natura non tradisce mai”, nel rispetto dei ritmi e delle risorse naturali. “Amore, in un’epoca di standardizzazione e omologazione, per i frutti di un’agricoltura sostenibile che preserva ed esalta la ricchezza e l’unicità dei territori e della loro biodiversità”. Così è stato sostenuto da Giampiero Bea, Presidente di ViniVeri. Filosofia pratica che è e vuole diventare anche stile di vita. Non importa se il vino non è buono. L’importante è che sia frutto di amore, natura, passione, ambiente, rispetto, sostenibilità, identità. Quindi al centro il vignaiolo, la vigna, la cantina. Al bando i trattori inquinanti, le vendemmiatrici, tutta la tecnica di vinificazione che ha rappresentato studi e conquiste per il viniviticoltura. E dato che ci siamo chiudiamo le Facoltà di Agraria ed Enologia che sfornano di continuo i “personaggi del male”. Però, attenzione, udite udite, un piccolo peccato può essere ammesso: l’aggiunta in “modeste” dosi di solfiti. Viva Cerea e i suoi Vini Veri. Se non ci fosse saremmo tutti senza una parte di “filosofia di vita”. Un consiglio: continuate questo tipo di produzione e lasciate agli assaggiatori dire che il vino così ottenuto è Vino Buono.

 

 

Frammento n. 2

Spesso ci dimentichiamo delle Pietre Miliari della ViniViticoltura.

I 40 anni di Banfi ci ricordano, in questo mondo di ricerca del diverso a tutti i costi, che esistono realtà che rappresentano la viniviticoltura italiana nel mondo. Era il 1978, l’anno della messa a dimora della prima barbatella di sangiovese a Montalcino. Ogni tanto corre l’obbligo di ricordarlo per primo a noi stessi: cosa sarebbe oggi Montalcino senza Biondi-Santi, Fattoria de’ Barbi e Banfi? Festeggerà i traguardi raggiunti, oltre a degustazioni particolari e iniziative sia in Italia che all’estero dove l’etichetta Banfi è presente, con un vino celebrativo, prodotto solo in 2.000 esemplari, che non sarà in vendita ma omaggiato a selezionati clienti che propongono Banfi in tutto il mondo.

 

 

 

Frammento n. 3

Sandro Gini eletto Presidente del Consorzio Tutela Vino Soave.

 
 Presidente Gini

Sandro Gini, enologo classe 1958 e titolare dell’azienda “Gini Sandro e Claudio” è il nuovo Presidente per il mandato 2018/2020. Subentra ad Arturo Stocchetti, storico Presidente rieletto per 14 anni. Conscio di essere a “capo” di circa tremila piccole aziende distribuite su circa 7.000 ettari di territorio vitato. La sfida è quella di proporre un nuovo Soave sia in Italia che all’estero, arricchito di valori basati sull’unicità del territorio. Occasione per vedere alla prova il Nuovo Presidente è stata Soave Preview, dal 17 al 20 maggio scorso. Dove, davanti ad una platea formata da stampa specializzata e buyer da tutto il mondo, ha ben spiegato i nuovi progetti di tutela e valorizzazione della denominazione. Buon lavoro Presidente!

 

 

 

 

Frammento n. 4

Terremoto nel Consorzio dell’Oltrepò Pavese.

Era nell’aria già da tempo. 15 aziende hanno lasciato il Consorzio perché “legato a schemi passati”. Gli “aventiniani” che da tempo partecipavano passivamente alle riunioni consortili, si sono riuniti presso l’Azienda Torrevilla sottoscrivendo le lettere individuali di dimissioni irrevocabili. Pare che, alle prime quindici, seguiranno altre. Una cosa è certa: viene meno il ruolo del Consorzio su controllo e vigilanza delle produzioni nel territorio. Il futuro? Auspicabile le dimissioni di tutto l’apparato consortile, apertura di un serio dibattito e riscrivere nuove politiche di rinnovamento. Altrimenti questa scissione non sarà che l’inizio di un nuovo percorso che porterà alla costituzione di un Consorzio alternativo. Diciamo la verità: l’Oltrepò non ci guadagnerà.

 

 

Frammento n. 5

Tar: la nocciola delle Langhe è solo delle Langhe.

Svolta storica: la sentenza del Tar Lazio ha accolto il ricorso presentato da circa cento comuni piemontesi per difendere il nome e l’identità di un territorio. La sentenza mette fine alla generica definizione “Langhe” e apre la strada al riconoscimento di una nuova Igp che farà storia: Langhe è solo delle Langhe. Quindi cancellazione dal Registro Vivaistico Nazionale “Tonda Gentile Langhe” che permetteva ad altre nocciole, di quella specie prodotte nel resto d’Italia, di portare in etichetta Langhe creando nel consumatore una evidente confusione.

 

 

Osservo, scruto, assaggio e…penso.

 

Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.

 

La Riflessione!

Langhe shock. Mezzo ettaro di terreno nel Barolo venduto per due milioni di euro. E giù fiumi di parole che hanno invaso i social e la carta stampata. Notizia descritta come “orrore” in un mondo che ci ha abituato da tempo a simili “pazzie”. Ci dimentichiamo i limiti di decenza superati nel mondo della “pelotas”, dei cachet pagati per attori, presentatori televisivi e giornalisti opinionisti. Ci meravigliamo della vendita di un “pezzettino di Barolo” (ancora lontano dai prezzi della Borgogna) e lasciamo passare inosservati gli accordi multimilionari di acquisizioni del Made in Italy sempre meno Italy. E poi Farinetti che esclama :”sono un po’ preoccupato”. Chapeau!

Frammento n. 1

Il mondo del vino in lutto. Ci ha lasciato Leonildo Pieropan

 
 Leonildo Pieropan (il gazzettino)

Viticoltore del Soave, fondatore della FIVI (Federazione italiana Vignaioli Indipendenti). La scomparsa di Leonildo avvenuta alla vigilia del Vinitaly, ha scosso moltissimi produttori e wine lovers che hanno, da sempre, apprezzato l’uomo e i suoi vini. Commovente la menzione di amici e vignaioli che hanno deciso di ricordalo nel suo “mondo”, il padiglione della FIVI.“ Tutti a ricordare Leonildo Pieropan dedicandogli un momento di raccoglimento e silenzio.

Frammento n. 2

Langhe sotto shock

 
 Langhe Barolo (foto sfbest.com japan)

La notizia motivo della mia riflessione. Mezzo ettaro del Cru Cerequio de La Morra ceduto per 2 milioni di euro. I prezzi che circolano in Borgogna sono sempre molto lontani. Basti pensare che i cugini vendono a filari e conseguentemente un ettaro oscilla tra i 7 e 8 milioni di euro. Quindi “avanti Savoia”( per l’origine del barolo nelle langhe), ci sono “margini di crescita” (o lievitazione). La notizia è stata commentata da Oscar Farinetti nel totale “no comment” dei grandi produttori come Gaja, Chiarlo, Voerzio, Damilano e altri. Il nostro guru di Eataly ha detto:” In realtà sono un po’ preoccupato. Temo l’effetto bolla, ci vuole equilibrio. Non si può andare oltre certi limiti”. E se lo dice lui c’è da crederci. (Sic!)

Frammento n. 3

Cambiamenti climatici. Finalmente se ne parla.

 

 Bodega Colomé 3.150 mt nel Salta (Argentina)

foto aziendale

Finalmente se ne parla attribuendo al fenomeno nomi maggiormente identificativi. Il cambiamento climatico permette alla vite di “sfondare quota 50” (cinquantesimo parallelo sia nord che sud considerato limite invalicabile). A dire il vero gli antichi Romani, nell’espandere l’Impero, arrivarono a coltivare la vite a ridosso del Vallo Adriano. Ma venne considerata impresa al limite con risultati altamente scadenti. Oggi la produzione di chardonnay e pinot noir in Inghilterra è significativa per la produzione degli sparkling (spumanti). Non solo latitudini ma anche altezze. L’asticella si è alzata: dai tradizionali 800 mt (limite ritenuto insuperabile) agli attuali 1.200/1.300 mt slm (di media con picchi fino a 2.200 metri).

Finalmente se ne è parlato ufficialmente al Convegno dell’Alleanza delle Cooperative tenutosi a Roma alla fine del mese di Marzo. Il meteorologo Luca Mercalli ha precisato:” siamo nella situazione in cui un vigneto trova le stesse condizioni di un secolo fa a circa 250 metri più in alto e a 200 chilometri più a nord”. Da diversi anni, nei miei incontri, lezioni, parlo di cambiamento e che le “fasce climatiche” non esistono più, superate dal concetto Terroir. In tal senso possiamo giustificare quanto avviene in Argentina, nello Stato Salta, dove il vitigno a bacca nera Malbech viene allevato a ben 3.150 metri di altezza (Fazenda La Caloma).

Frammento n. 4

Adotta un filare.

Non è proprio una novità ma comunque fa sempre scalpore, notizia. Ultimamente è accaduto ad opera di una giovane vignaiola piemontese nella Langa Barolo, Sara Vezza a Monforte d’Alba. L’adozione di

 
 Filari d'uva numerati

un filare in una vigna, secondo Sara, rappresenta la salvaguardia dell paesaggio vitivinicolo (insomma) e garantisce la sopravvivenza dei piccoli produttori (ecco, ci siamo. Attestato di adozione con relativo bonifico). Il tutto ammantato dalla finalità di creare degli itinerari turistici e culturali. Sì perché nell’adozione è compresa la visita alla cantina, partecipare alle varie fasi sia in vigna che altrove fino alla degustazione dei vini. Insomma, sono nati i “benefattori del vino”.

 
 Durello metodo classico

Frammento n. 5

Il Durello anche con Metodo Classico

Svolta storica: dal metodo charmat (grandi recipienti) al metodo classico (rifermentazione in bottiglia). Lo spumante dei Monti Lessini cresce ed aspira a ricoprire posizioni di eccellenza. Per aiutare il consumatore nella scelta, in etichetta, sarà ben evidenziato “Lessini Durello” a significare Metodo Charmat e “Monti Lessini” a significare Metodo Classico. La quinta DOC spumantistica italiana che ha superato 1.000.000 di bottiglie. Esigenza di fare chiarezza in questa evoluzione di eccellenza.

 

Frammento n. 6

La Street Art Romana ispira i Cocktail

Alessandro Antonelli, barman dello Sky Stars Bar dell’A.Roma Lifestyle Hotel, ha presentato, alcune sere fa, sette drinks ispirati da sette murales della Città di Roma. Gli abbinamenti:

  • La Piedad, con rum The Matcha, rondelle di cioccolato bianco, una stecca di cannella, lime e gomme syrup, ispirato al murales di via Prenestina 913.
  • 2Evita!, con Unicum dry orange, arancia essiccata, gomme syrup, limone essiccato, lime essiccato, semi di finocchio, fiori d'arancio, soda, ispirato al murales di via Maiolani, angolo via Fabriano, in zona San Basilio.
  • Rabourbon, con bourbon whisky, rabarbaro Quaglia, radice di liquirizia, pepe rosa e peel di arancia, ispirato al murales in via dello Scalo di San Lorenzo, 93.
  • Little Diamonds, con Campari, vodka, vermouth Carpano classico, rubino, cardamomo, ginepro, coriandolo, zagara, peel di arancia, pepe indonesiano, pepe seishuan, tè Lapsang, ispirato al
     
     Cecafumo - foto autorizzata C. Dutto
    murales di Via di Tor Marancia, 63.
  • Torpigna Coffee Break, con mezcal Illegal, mezcal Bruno, orange bitter, chicchi di caffè, fave di Tonka, corteccia di china, ispirato al murales in via Pavoni, angolo via del Pigneto.
  • Cecafumo (il più gettonato), con Cutty sark, Campari, vermouth Carpano classico, miele di melata, burro Ocelli, fiori di camomilla, fiori di ibiscus, salvia, ispirato al murales di via Decio Mure nel quartiere Quadraro.
  • Attenti ar cane, con rum Arcane, fiori d'arancio, maraschino, loomi grattugiato, peel di pompelmo, gomme syrup, ispirato al murales in via del Porto Fluviale.

Inutile ribadire il successo dell’iniziativa. Christian Marazziti,regista di turno:”il connubio tra arte di strada e cocktail l’ho trovato originale, geniale”. Un evento davvero al di fuori delle serate classiche romane. Comunque la si pensi sorseggiare un cocktail dal panoramico Sky Stars Bar con la incantevole vista dall’alto della città di Roma non ha prezzo! (Fonte: Uff.St. Carlo Dutto)

Osservo, scruto, assaggio e…penso.

 Per tanti anni, terminato il Vinitaly, promesse a fiumi mai mantenute. Viabilità, telefonia e connessioni, ubriachi a non finire e “operatori furbetti” che, già dalle prime ore del Mercoledì, ultimo giorno di Fiera, smontano lo stand e…via, insensibili verso chi ha pagato profumatamente il biglietto d’ingresso (€ 80,00)!

Da due anni, devo dire, che qualcosa è cambiato e molto sta cambiando. Le connessioni sono migliorate, gli ubriachi sono stati diluiti tra la Fiera e le vie della città, gli operatori furbetti hanno posticipato alle prime ore del pomeriggio la “fuga”. Ancora nota dolente la viabilità e gli accessi ai parcheggi.

Maurizio Danese, presidente di Verona Fiere e Federico Sboarina, Sindaco di Verona, hanno promesso interventi sostanziali su nuove aree di sosta, gallerie mercatali e un “Central Park”, tra la Stazione ferroviaria e la Fiera. Elementi innovativi che dovrebbero incidere sulla Manifestazione edizione 2019.

Felici di registrare queste innovazioni che ricadranno positivamente nel contesto generale mi chiedo:” lo studio viario per raggiungere le aree di sosta e uscirne in tempi accettabili? Aree all’esterno della città collegate con servizio navetta decente e non all’indiana non sono pensabili?”

 
Vinitaly in città  (Verona Wine Lover-VeronaFiere)

Auspicabili certamente.

Pazienza, ci vuole pazienza. Del resto “Il Vinitaly racconta la passione del vino. E, ne sono certo, adesso ci sono nuove generazioni che lo faranno per altri 50 anni”. Parola di Maurizio Danese. Vale a dire:”largo ai giovani, ci penseranno loro”.

Veniamo a quelle che ho registrato come “pillole di eccellenza” per l’edizione 2018.

Sicuramente in testa ai sondaggi nel pubblico degli appassionati è stato Vinitaly and the City.

Verona si è aperta ed ha accolto migliaia di eno-appassionati in una invasione che ha reso la tranquilla città scaligera compartecipe della Grande Festa del Vino.

Vino, musica e arte uniti in scenari fantastici. La Fiera e la Città: un tutt’uno.

Circa 40.000 appassionati coinvolti nelle iniziative fuori dal quartiere fieristico in modo da controllare meglio le presenze dei visitatori nei padiglioni espositivi. Non solo. Diminuendo in parte gli appassionati ne hanno beneficiato gli incontri con i buyer in questa edizione. Volti nuovi, qualificati, selezionati, invitati da Veronafiere attraverso la propria rete presente in tutto il mondo. 1.000 nuovi professionisti che hanno partecipato alle iniziative dei Consorzi e ai grandi tasting come La magia delle vigne vecchie presentate dalle Donne del Vino, 30 anni di Amarone a Vinitaly dell’Azienda Masi, il confronto dei territori di Bolgheri e Pessac-Léognan (Bordeaux), i Cinque Terroirs del Barolo e Barbaresco raccontati dalle Cantine Ceretto e i 15 vini provenienti dal Mondo curati dell’enologo Riccardo Cotarella. Senza dimenticare i numerosi tasting effettuati da molte aziende che

interno vinitaly (foto VeronaFiere)

hanno di fatto occupato le agende degli addetti ai lavori.

In extrema ratio: Quartiere fieristico dedicato al business e Vinitaly and the City ai wine lovers.

Attenzione però a non estremizzare. Il rapporto produttore e consumatore è da salvaguardare. Lo ha dimostrato il successo di presenze fuori da ogni previsione delle aree FIVI, Vi.Vit e dei Consorzi delle Strade del Vino.

Quest’ultime veicolo, trade-union del turismo vitivinicolo che svolge un ruolo importantissimo nella quotidianità delle aziende.

Chiudo questa personale riflessione registrando, ahimè, una verità tutta italiana e ricordata dal Presidente Maurizio Danese all’apertura della Edizione 2018:” Per il vino italiano ci sono molte opportunità inesplorate. Se vogliamo cogliere queste occasioni e diversificare realmente i mercati, è necessario essere presenti come sistema Italia e non con individualità”.

 
 degustazione (VeronaFiere)

 La due giorni altoatesina ha proposto come sempre un programma ricco e originale, che ha visto protagonisti temi d’innovazione e sperimentazione, in vigna e in cantina, sviluppati in diverse degustazioni speciali come Oops! Error. Wine mistakes e We are not ready yet.

Si è chiusa l’edizione 2018 della kermesse nata dalla mente eclettica di Alois Lageder. Non come antitesi al Vinitaly o come qualcuno scrisse anni indietro l’Antivinitaly. Ma manifestazione collaterale, aggiunta, specifica nei contenuti e di confronto rivolta ai wine lovers e non solo per una più distinta conoscenza dell’eccellenza vinicola proveniente anche da oltre i confini nazionali. Il confronto.

Manifesta volontà di allontanarsi dal concetto di fiera del vino per offrire a operatori del settore, stampa internazionale, agli stessi partner (inclusi i produttori) e agli appassionati, uno scenario di condivisione e di viticoltura sostenibile e vivibile, in una atmosfera familiare ed accogliente che solo l’Alto Adige e le sue genti sanno donare.

Magrè, l’ultimo comune della Bassa Atesina confinante ad ovest del fiume Adige con il Trentino, per due giorni si è vestita a Gran Festa.

Casòn Hirschprunn e Tòr Löwengang, quest’ultimo sede della Cantina Lageder, maestosa e unica nel suo genere per essere stata apripista di scoperte e applicazioni filosofiche legate alla biodinamica, sono stati ancora una volta invasi fino all’inverosimile da una moltitudine di persone. Più di 2.000 visitatori, circa 130 ospiti della stampa italiana e internazionale, 80 aziende vinicole: i numeri della “non fiera”.

La piccola stazioncina ferroviaria condivisa con altri minuscoli comuni della valle, divenuta per due giorni luogo di arrivo e partenza, ha vissuto appieno la sua funzione nell’ottica primaria di accoglienza vivibile e sostenibile (limitare le auto).

IL PROGRAMMA

Come ogni anno Summa ha offerto un ricco programma di degustazioni guidate e verticali esclusive, condotte dagli stessi vignaioli o da esperti veri.

Seminari e visite alla cantina Lageder insieme ai consueti ed irrinunciabili percorsi in vigna sui carri trainati dai forti cavalli altoatesini bardati a festa sono stati, come in tutte le edizioni, elemento folcloristico, immersione nelle tradizioni locali e conoscenza dei sistemi di allevamento dei vitigni.

“Parole chiave della ventunesima edizione: Sperimentazione ed Innovazione”.

Per Alois Clemens Lageder, sesta generazione della Famiglia Lageder, da pochi anni entrato in Azienda, sono argomenti molto cari che porta avanti con passione e dedizione. Sperimentazioni in vigna e cantina. Temi che, anche nella ventunesima edizione, sono stati trattati durante i wine tasting molto particolari, un po’ fuori dagli schemi.

I componenti del vino e le prove di botte in We are not ready yet (non siamo ancora pronti): sperimentare, a volte sbagliare, in Oops! Error. Wine mistakes (errori nel vino).

E ancora i Tasting Hidden Treasures, tesori della tradizione enoica dimenticati e recentemente riemersi, portavoce del proprio territorio d’origine che forse, dopo studi approfonditi, torneranno alla ribalta.

Senza dimenticare le scoperte, gli assaggi direttamente ai banchi dei produttori presenti disseminati nelle stanze storiche di Casòn Hirschprunn (Granaio e I°, II° piano del Palazzo ) e nelle sale di Tòr Löwengang.

Infine come sempre a disposizione di tutti la proposta gastronomica di pregio offerta da aziende leader del settore come il catering Hannah&Elia e il pastificio trentino Monograno Felicetti.

Senza dimenticare di menzionare i prodotti tipici delle malghe: formaggi, pane biologico, speck e le amatissime frittelle di mele “spadellate” in continuo, senza sosta, dalle contadine di Magré.

Insomma è stata una manifestazione incredibilmente incredibile che ha soddisfatto curiosità, interesse, desiderio di sapere, conoscere.

Summa 2018, Chapeau!

“Come una piccola isola, tra il Rodano e l’altopiano Vecors, si trova la denominazione Clairette de Die. Qui si producono vini fino dai tempi dell’Impero Romano. In particolare spumanti sia con metodo rifermentazione in bottiglia (champenoise e/o classico) sia quello del tutto particolare chiamato méthode dioise”.

Leggere, studiare e apprendere da testi come L’Universo del Vino di Catarina Hiort af Ornäs, scritto in modo molto didascalico, è stato motivo, per il sottoscritto, di interesse, curiosità, approfondimento. Tutto mosso dall’innato desiderio di sapere, conoscere.

Di recente, avendo programmato un tour nella Côte du Rhône, come non includere la “deviazione” verso Die e la sua Clairette. Era giunto il momento di soddisfare il desiderio di sapere e conoscere mosso dalle letture di Catarina Hiort af Ornäs.

“A differenza della maggior parte degli spumanti questo si fermenta solo una volta; il che lo rende particolare, unico”

Risalire la Drôme fino alla città di Crest. Iniziare a percorrere la strada del vino verso l’altipiano di Vecors ai piedi delle Alpi. Questo il percorso per raggiungere Die tra filari di “bianchi” Aligoté, Muscat à petit grains, Clairette e “neri” Syrah, Gamay e Pinot Noir.

Tappa d’obbligo nel centro di questa cittadina con poco meno di 5.000 abitanti è stata la Cave de Jaillance, un consorzio di aziende della valle che rappresentano più di 1.000 ettari di vigneti.

Il motivo? Conoscere, in un circuito guidato, i colori di un tempo, da Plinio il Vecchio ai giorni d’oggi e scoprire, con immagini e racconti, la Clairette de Die e il Crémant de Die, i territori protetti dalla Aoc, e il méthode dioise nei particolari.

Come è nata la Clairette de Die?

La Storia mista a leggenda ci tramanda che un pastore gallico, usando le fresche acque del fiume “La Drôme” per rinfrescare una bottiglia di vino, la dimenticò nel fiume per tutto l’inverno. A primavera, ritrovandola, si accorse che il vino, evidentemente non ancora ben fermentato, aveva prodotto carbonica rendendolo “pétillant”. Da allora le tribù galliche iniziarono a produrre Vin Pétillant con l’aiuto delle fresche acque della Drôme.

Tutta fantasia popolare? Non proprio perché negli scritti lasciati dallo scrittore romano Plinio il Vecchio si trovano descrizioni documentate di questo metodo ancestrale.

A Die solo vino pétillant?

Si producono anche vini fermi bianchi, rosé e rossi.

Coteaux de Die, un vino bianco secco prodotto con Clairette al 100% nell’ambito del territorio comunale di Die e protetto da Aoc. Fresco, gradevole e niente più.

Châtillon en Diois, vino fermo prodotto in tutti e tredici comuni facenti parte della Vallée, disponibile nella tipologia “bianco” da uve clairette e aligoté , “rosé” con aggiunta di pinot noir e/o gamay, “rosso” con l’utilizzo di gamay, pinot noir e syrah.

Ma è indubbio che l’Ancestrale e il Crémant, les vins pétillant, siano il riferimento vinicolo che ha reso famosa Die.

I miei assaggi alla Cave Jaillance:

Clairette de Die Icône 2014, cuvée blanche traditional, 80% moscato piccoli grani e 20% clairette. Dal gusto facile ed immediato. Al naso floreale e fruttato (tiglio, pesca e banana). Al palato ritorni fruttati per una gradevolezza unica. Astenersi dal punteggio: è una Clairette de Die.

Clairette de Die cuvée imperial tradition rosé 2014. Un tocco di Pinot Noir e Gamay come colorante. Delicatamente fruttato, con leggere fragoline disperse nel bouquet leggermente tropicale. Un frizzante gentile e “simpatico”.

Clairette de Die Les Hautes de Dess 2016, il Bio-dinamico. Quel tocco “naturale” che lo ha reso interessante.

Crémant de Die Icône Grand Cuvée 2012. Originariamente composto solo da Clairette. Oggi si aggiunge Aligoté e un po’ di Moscato. Rientra tra i crémant discreti. Decisamente da aperitivo, più difficile abbinarlo a tutto pasto anche per il suo basso tenore alcoolico (7°/8°).

Crémant de Die Grand Réserve Brut 2012. A dire il vero più extra-dry che brut, simile ad alcuni nostri “prosecco”. Il Crémant top della gamma.

Clairette e Crémant. Diciamocela tutta. La deviazione stradale verso l’interno direzione Alpi, per soddisfare il desiderio di sapere e conoscere mosso dalle letture di Catarina Hiort af Ornäs, è stata l’attrazione per la Clairette e non certamente per il Crémant.

Hum…Ce gôut divin fruité qui pétille dans la bouche: la Clairette de Die, unique! Chapeau!

 

 
 Claudio Mollo presenta

“Artigiani del gusto toscani, con le loro delizie gastronomiche, accompagnano da sempre la kermesse Terre di Toscana, l’Eccellenza nel bicchiere, nata nel 2007 inserendosi nell’ambito di un ciclo di eventi con l’obiettivo di offrire uno spaccato di alto livello dell’enologia d’eccellenza della regione toscana”.

A parlare Claudio Mollo, giornalista e scrittore, ideatore di questo angolo sfizioso all’interno dell’evento divenuto “evento cult nazionale”, uno di quelli da non perdere assolutamente.

Golosizia rappresenta l’ineludibile corollario della manifestazione “marzolina” con i suoi cooking show ovvero “la vetrina della cucina d’autore, animata da chef affermati ed emergenti di Toscana.”

Apprezzare meglio viaggi nelle tradizioni del Cibo in questa regione dalle molteplici varietà: mare, terra, montagna.

Qualcuno, di cui non ricordo il nome, ebbe a dire in altra sede: “Per la mente, per il cuore, per la gola”. Magnifica, fantastica, straordinaria espressione che si addice perfettamente a Golosizia. Sorprendente idea ad identificare la professionalità in cucina.

Oggi constatiamo, nel girare per ristoranti, trattorie, locande, la difficoltà di coniugare il bello al bravo. Golosizia : scopo di valorizzare un territorio, lo spirito del luogo.

E l’evento interpreta questi valori proponendo ogni anno le interpretazioni da parte di personaggi già conosciuti o emergenti, selezionati da Claudio

 
 piatto di Ilan Catola  

Mollo in quella ricerca non basata su semplici ricette o ricordi della nonna ma frutto di studio tramutato in arte consolidato da un passato e coniugato con il presente da cui emerga intelligenza e professionalità.

E vedere “sfornellare” gli chef aiutati da parte delle proprie brigate di cucina, capisci il senso e la differenza con “il finto sapere” che quotidianamente riscontriamo nelle moltitudini di programmi televisivi.

Edizione 2018: a confronto cinque chef nella due giorni di Terre di Toscana.

 
 piatto di Nicola Gronchi   

Nicola Gronchi, Chef del Ristorante Bistrot di Forte dei Marmi, una stella Michelin che ha presentato due piatti di pesce, libera interpretazione di crudité risultati armonici, al top.

Nicoletta Marighella del Ristorante Il Mestolo di Siena. Nicoletta si è imposta in quel della città del palio portando nel cuore del Chianti il Mare. Ravioli di

 
 piatto di Nicoletta Marghella

patate con gamberi rosa e sarago affumicato in “diretta”, sfilettato e accompagnato da un misto di pasta. Chapeau!

Emiliano Lombardelli, Ristorante Gourmet con Gusto di Santa Liberata, Porto Santo Stefano GR. “Abbraccio Terra e Laguna (Orbetello n.d.r)”. Questi i temi dei due piatti presentati: Cavolfiore, panzanella in crema, bottarga di femminella (uova di granchio di laguna) e sfumature di cefalo. Intrigante!

Ilan Catola, Ristorante Locanda Garzelli di Quercianella LI. Cucina fusion con le innovative cotture e utilizzo di materie prime fuori dalle tradizioni toscane come ostriche affumicate e funghi Shitake, considerati elisir di lunga vita. Blasfemo!

Andrea Perini del Ristorante Al 558 di Bagno a Ripoli FI. La degna conclusione di Golosizia con piatti dai sapori della tradizione animate da colori e aromi internazionali: grande esperienza gourmet.

Appuntamento al 2019 per altre conoscenze, scoperte da assaggiare e ricordare. Parola di Claudio Mollo.

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