L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni.

Food & Wine (250)

 
 
 
 
Urano Cupisti
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 L'antico feudo di Montepò

LA DIMORA DEL VINO: Castello di Montepò.

“Boschi, alture e un antico maniero: la Maremma, dolce e mossa, che si distende fino all’orizzonte tra campi, uliveti e vigne. Una casa per custodire la cultura della vite”.

Mai così presagire una visita aziendale. Quando arrivi a Pancole, una frazione del Comune di Scansano (quello del Morellino) e scolletti sulla sinistra, ti ritrovi in un anfiteatro tra boschi, alture, oliveti e una marea di vigne con al centro, elevato su di uno sperone di roccia, il Castello di Montepò che domina a 360° l’antico feudo equivalente a 600 ettari. Qui Jacopo Biondi Santi e suo figlio Tancredi sono impegnati a proseguire una storia d’eccellenza del vino italiano nata a Montalcino: la ripartenza da un processo scientifico.

LE SCELTE

Importanti e decisive le scelte di cosa allevare. Visione coraggiosa e moderna nel coltivare Sangiovese Grosso BBS 11, patrimonio esclusivo della famiglia in quel di Montalcino, insieme a varietà internazionali come Merlot e Cabernet Sauvignon con cui realizzano etichette che esprimono una vigorosa individualità determinata a ricostruire il futuro della propria famiglia rendendolo ancor più brillante che in passato. Un intenso lavoro

Jacopo e Tancredi Biondi Santi

dove convergono esperienza, intuizione e rigore enologico, principi nei quali Jacopo e Tancredi credono come missione.

RIPARTENZA con il BOTTO.

È accaduto Giovedì 28 maggio in coincidenza con la mia ripartenza dopo l’uscita dal confinamento (loockdown) a seguito del COVID-19.

In una sala del Castello, appositamente preparata, alla presenza del Dott. Jacopo Biondi Santi e di suo figlio Tancredi, hanno avuto luogo superbi assaggi di due anteprime (JeT rosé e Sassoalloro 2018) e di una verticale composta da sette annate di Schidione selezionate tra le migliori dal 2016 al 1995.

Queste le mie considerazioni:

JeT 2019.   J e T, acronimo di Jacopo e Tancredi, padre e figlio in un progetto di grande ambizione: produrre un rosé con uve sangiovese nelle terre di Scansano. “Dal nostro Sangiovese grosso “BBS11” nasce un rosato intenso e profumato. Raccolto nei vigneti più freschi e meglio esposti, attraverso un’accurata vinificazione in bianco a bassa temperatura, ne nasce un vino di estrema freschezza e sapidità”. Scheda Tecnica: Sangiovese grosso BBS11 100%. Zona di Produzione: Scansano (Grosseto). Composizione del terreno: galestro a larga tessitura. Altitudine: tra i 300 ed i 450 metri s.l.m. Esposizione dei vigneti: ovest, sud-ovest. Vendemmia: primi di settembre.

Le mie considerazioni:  Rosa tenue “provenzale”. Sottofondo vegetale dove assistiamo in progressione al passaggio di piccoli frutti rossi. Sorso animato, esuberante, brioso ben amalgamato in una gradevole morbidezza. Equilibrato. Uno dei pochi rosé italiani che meritano particolare attenzione. Eccellente, voto 90/100.

La Cave

Sassoalloro 2018 “Figlio enologico prediletto del Castello di Montepò, un'etichetta capace di esaltare tutte le qualità organolettiche portate in dote dal Sangiovese Grosso BBS 11, patrimonio esclusivo della famiglia Biondi Santi. Un vino fresco, rotondo e dinamico, il cui nome è ispirato a un masso erratico di origine vulcanica che, nei secoli, ha alimentato” Mai considerazione per un vino così azzeccata. Scheda Tecnica, Uve Sangiovese grosso BBS11 100%. Composizione del terreno: galestro a larga tessitura. Esposizione dei vigneti: ovest, sud-ovest. Altitudine: tra i 300 ed i 450 metri s.l.m. Vendemmia: fine settembre.

Le mie considerazioni: campione in anteprima. Ancora molto lucente. Ha danzato nel bevante lasciando scie di morbidezze ed alcolicità. Ventaglio olfattivo in evoluzione. Al momento scomposto nei secondari e terziari. Il lungo affinamento lo porterà ad un progressivo olfattivo di grande respiro. Sorso vivo con verve sapida che fa capire eleganza che si sprigionerà a breve. Insomma un puledro di razza che scalpita. Ha iniziato a percorrere gli scalini dell’eccellenza. Chapeau!

Terminate le novità abbiamo iniziato la degustazione in verticale di Schidione, il Supertuscan che unisce le preziose tradizioni al piacere del gusto moderno. Di grandissima personalità, lo Schidione - blend di Sangiovese grosso BBS 11, Cabernet Sauvignon e Merlot - deve il suo nome “allo spiedo medievale usato per arrostire la selvaggina, che lo lega alla tradizione dei grandi rossi da meditazione”.

Sette annate per capire al meglio la sua evoluzione. Sette annate a dimostrare che, pur essendo un blend nobile, il Dott. Jacopo non ha mai voluto incidere sulle percentuali a seconda dell’esito della vendemmia: “se lo si produce deve rappresentare il terroir, l’annata come se fosse un monovitigno”.

Ed ecco allora nel 1995 la scelta del 40% sangiovese, 40% cabernet sauvignon e 20% di merlot immutati nel tempo. Così ha voluto il suo Schidione dandone una personalità evitando uniformità e standardizzazione. Del resto il Dott. Jacopo è uomo vissuto “nel Brunello”.

 
 Tavolo degustazione

Schidione 2016 e Schidione 2015 zona di produzione: Scansano (Grosseto), composizione del terreno: galestro, esposizione dei vigneti: ovest, sud-ovest, altitudine: tra i 300 ed i 500 metri s.l.m. vendemmia: ottobre. Vinificazione: separatamente per singole varietà di uva, con prolungata macerazione (18 gg) e fermentazione malolattica a complemento. Affinamento: in barriques di legni delle foreste di Tronçais per 24 mesi Blending per circa 6 mesi in tini di acciaio.

Le mie considerazioni: inevitabile associare le due annate 2016 e 2015 per capire i possibili sviluppi nel tempo. La 2016 si è presentata pronta alla beva mentre la 2015 ancora ha dalla sua parte quella rusticità che invita ad aspettare. Ritengo che la 2015, quando avrà raggiunto la maturazione ottimale, recupererà il gap che adesso la separa dalla 2016. Adesso il mio voto porta entrambi nella scala delle eccellenze: 94/100 per la 2016 e 93/100 per la 2015.

Schidione 2011

Le mie considerazioni: Ha in se tutte le prerogative stagionali di quell’annata. Un vino nel pieno della sua maturazione, con sviluppo di profumi di gran persistenza e ricchezza. Al palato è risultato avvolgente, con trama tannica nobile e una infrenabile escalation gustativa. Eccellente, 93/100

Schidione 2001

Le mie considerazioni:   Nel 2001 ricordo un settembre piovoso in tutta Italia con perturbazioni che si succedevano senza discontinuità. Tanto da posticipare le date delle vendemmie nel mese di ottobre. Questo ha portato nel tempo ad una leggera scoperta di sovramaturazione. Questo campione, se pur sempre inserito nelle eccellenze, ha manifestato quel tocco di dolcezza in più. Si è lasciato apprezzare anche per un supplementare tocco di sauvage. Ha comunicato una immediatezza fruttata stimolando la beva. Eccellente, 90/100

Schidione 1998

Le mie considerazioni:   Dalle note sull’andamento stagionale ho ricavato “raccolta in settembre con uve mature e di grande concentrazione, scarsamente acide”. E la freschezza ,nel lungo affinamento in bottiglia, ne ha risentito. Il campione più debole dell’intera “verticale”. Leggermente scomposto, sovramaturazione, dinamica gustativa non coinvolgente. Si ferma a 89/100

 
 Schidione 1997

Schidione 1995

Le mie considerazioni:   Un “vecchio” che ha ancora molte cose da raccontare. Nell’analisi sensoriale ha giocato la sua partita sul terreno delle innumerevoli sfumature aromatiche con tannini cesellati. Il tutto in una naturalezza espressiva dove la sapidità è risultata particolarmente versatile. Eccellente, 91/100

Schidione 1997, III Millennio, versione Magnum

Le mie considerazioni: Volutamente lasciato per ultimo. Leggo nell’introduzione aziendale:” La vendemmia tra le migliori del XX secolo, la grande struttura dimostrata da questo vino, la promessa longevità ed il passaggio al nuovo millennio, inducono ad onorare questa riserva con una etichetta in oro 23 kts”. Cosa aggiungere se non evidenziare alcune note che rendono lo Schidione 1997 ancor più ciclopico. Leggiamo l’analisi chimica: TAV 13,40%, zuccheri g/l 1,51, estratto g/l 29.70, acidità totale g/l 7.50. Partendo da questi dati l’assaggio, dopo 23 anni, ci ha consegnato un vino che ha saputo esprimere classe e complessità a tutto tondo. Insomma: un vino emozionante, impressionante, commovente fuori dal tempo. Riduttivo dargli un punteggio. Solo aggiungere all’eccellente il mio Chapeau!

Nulla di holliwoodiano al Castello di Montepò. Si lavora per la ricerca della pura espressione del terroir, con un atteggiamento volutamente alieno da enfasi e retorica. Vivere questa nuova esperienza come una missione: La ripartenza da un processo scientifico.

Assaggi effettuati giovedì 28 maggio 2020.

Castello di Montepò

Località Montepò

Scansano (Gr)

Tel: 0577 848238

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www.castellodimontepo.com

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La Riflessione!

La luce in fondo al tunnel!

Inutile continuare a piangerci addosso. La nostra economia era già fragile prima della pandemia, figuriamoci ora. Soldi nelle casse dello Stato non ce ne sono, imposte e tasse non arriveranno come preventivate nel bilancio, tutti i settori nessuno escluso hanno enormi difficoltà a ripartire e la disoccupazione avanza. Tutti i settori compreso quello generico che passa sotto il nome “agro-alimentare”. Aziende vitivinicole in ginocchio nel particolare momento in cui i vigneti devono essere “curati” in modo maniacale, il vino delle annate precedenti invenduto, le fatture 2019 non pagate. Agriturismo vuoti senza prenotazioni e tutto l’eno-turismo bloccato. Senza parlare del settore food. Timidi segnali da parte di chi vuol ripartire giungono nelle redazioni ed hanno priorità nella comunicazione. Come quello di Helmuth Köcher patron del Merano Wine Festival così come riportato nel frammento n. 1. Alcuni Hotel si stanno organizzando con progetti studiati per offrire alloggi sicuri (frammento n. 2) e riflessioni sul turismo eno-gastronomico che è tutto da re-immaginare (frammento n. 3).

 

 Frammento n. 1

 
 Helmuth Köcher.

L’Alto Adige in pole position nella ripartenza.

Il Merano Wine Festival (MWF) si farà! Ad annunciarlo il suo dinamico patron Helmuth Köcher. Le date: dal 6 al 10 novembre 2020 nelle storiche sedi di Merano. L’instancabile, intraprendente, efficiente Wine Hunter affronta la nuova sfida nel segno delle formule ormai note e rodate dell’evento food&wine più glamour al mondo, aggiungendo le necessarie gestioni rese particolari dal Covd-19 come la gestione degli afflussi, le distanze, i vari test sanitari. “Merano Wine Festival, back to the roots (ritorno alle origini)”. Così si chiamerà l’edizione novembrina 2020. Non a caso il segnale di ripartenza con il 2020 anno 0. Per il programma ne parleremo più diffusamente nei mesi a venire quando conosceremo i “veri numeri” relativi alla partecipazione dei produttori italiani ed esteri. E come ritorno alle origini quanto di meglio avere come Paese Ospite chi il vino lo ha prodotto per primo: la Georgia.

 

Frammento n. 2

Il progetto Grand Hotel della Salute

Non un progetto di un particolare Hotel ma un’idea di un gruppo di circa venti strutture alberghiere, distribuite lungo lo stivale, da nord a sud isole comprese, a rilanciare l’offerta per un alloggio sicuro e confortevole. Conferenza stampa di Piergiorgio Mangialardi della catena alberghiera Allegroitalia coadiuvato dal Prof. Claudio Zanon del progetto “Motore Salute”. "In un momento così delicato vogliamo mettere a disposizione i nostri spazi per permettere di soggiornare in un luogo sicuro che possa trasmettere benessere attraverso il proprio personale e i servizi offerti. Può inoltre essere un modo per rilanciare il turismo e il mondo dell'ospitalità, così profondamente colpito". Il pacchetto include assistenza medica e infermieristica giornaliera, dieta personalizzata, animazione culturale, palestra e Spa e possibilità di avere personal trainer a disposizione. È evidente che si tratta di un progetto dedicato ad una clientela facoltosa per assicurarla che potrà effettuare la vacanza in sicurezza. I costi? L’unico dato certo proviene dagli hotel della catena presieduta da Piergiorgio Mangialardi: soggiorno per 7 giorni, a partire da 770 euro a persona. Termoscanner con il quale viene quotidianamente misurata la temperatura a dipendenti e clienti, ionizzatori per una pulizia approfondita delle camere e degli spazi comuni, speciali sistemi di erogazione di perossido di idrogeno per la sanificazione di scarpe e valigie. Tutto compreso nel prezzo supergarantito. (fonte Cronache di Gusto a firma Michele Pizzillo).

 

Frammento n. 3

Re-immaginare il comparto food&wine

Quanto emerso dal Food&Wine Tourism Forum, organizzato dall’Ente Turismo Langhe Monferrato Roero che ha proposto una riflessione sul tema della sostenibilità. Finalità del forum: una riflessione sul turismo enogastronomico a seguito della pubblicazione della ricerca di Nomisma (una società che realizza ricerche di mercato e consulenze che non è un acronimo ma ispira il suo operato al significato del nome greco: “il valore reale delle cose”) sulle cose prioritarie da fare finito il lockdown (confinamento): al primo posto riabbracciare i propri cari, al secondo (per il 43% degli intervistati) una cena fuori casa. Quest’ultimo è importante per un settore che va incontro a non poche incertezze e ad una crisi che sicuramente coinvolgerà decine di migliaia di imprenditori. Al Forum hanno partecipato Alessandra Priante, direttore Europa Unwto (l'Agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di Turismo), l’albergatore Michil Costa (Hotel La Perla, Corvara-Alta Badia), presidente di Maratona dels Dolomities, Mauro Carbone e Roberta Milano, rispettivamente direttore dell’Azienda turistica e coordinatore scientifico del forum (come moderatori). La ristorazione sta attraversando un momento difficile. È necessaria una grande capacità di adattamento da parte di questo comparto e un’estrema sensibilità nei confronti dei clienti. Diverse le soluzioni per reinventarsi, come il delivery (consegna a domicilio) per esempio, definita “una carezza verso i clienti”. È importante tornare a fare i ristoratori, nel senso classico del termine, perché la differenza si fa dentro un locale. Qualità, ospitalità e prezzi non dovranno cambiare. Per garantire queste caratteristiche serve attenzione da parte di chi ci governa per formalizzare le regole e rendere sostenibile la situazione. “È il momento di fermarsi a riflettere sul futuro, sulla visione di turismo che siamo chiamati a re-immaginare e riprogettare - dicono all’Ente del turismo delle Langhe - Questa crisi accelera l'urgenza di scelte nette nella strategia e azioni concrete conseguenti nell'unica, a nostro avviso, direzione possibile”.(fonte Cronache di Gusto a firma Michele Pizzillo).

Osservo, scruto, assaggio e…penso. (urano cupisti)

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La Riflessione!

 

 

Arrivederci al 2021, speriamo!

Previsione ahimè che si sta avverando con una “moria” di aziende vinicole impensabile e inimmaginabile. Al di là delle difficoltà di attuazione dei vari DPCM una cosa è ormai certa: “bambole, non c’è una lira!” di avanspettacolo memoria.

- Oltre duecento vignaioli chiedono che sia pagato subito il vino venduto nel 2019 con uno straziante appello ai governanti;

- “il corona virus ha ucciso il turismo del vino”, il rilievo di Donatella Cinelli Colombini Presidente Nazionale delle Donne del Vino;

-la mancanza di liquidità per procedere a coprire i costi fino alla vendemmia;

- l’impossibilità di stoccare le nuove produzioni.

Senza ricordare la fragilità pregressa. E il primo salone importante, dove fare business, programmato a Marzo 2021. Infine le banche tentate a cedere i loro crediti a Società di recupero crediti, il colpo finale alle aziende vinicole.  

 

 

Frammento n. 1

Appello choc dei Vignaioli.

Sono oltre duecento i vignaioli che hanno firmato un appello choc che contiene il loro grido di allarme per il perdurare del momento di difficoltà dovuto al blocco del flusso dei pagamenti del vino consegnato nel 2019. Nella sostanza i vignaioli portano all’attenzione dei governanti il mancato incasso dei prodotti venduti a ristoratori ed enotecari fatturati entro il 31 dicembre 2019. Tra i vignaioli che hanno aderito a questo appello choc ci sono buona parte degli aderenti alla FIVI (Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti).

 

 

Frammento n. 2

Il Coronavirus ha ucciso il turismo del Vino

È Donatella Cinelli Colombini, Presidente Nazionale delle Donne del Vino, a lanciare più che un allarme: la tragica uccisione del Turismo del Vino. “Il turismo è la

 
 Donatella Colombini

vittima economica principale della pandemia e quello specifico legato al mondo del vino, in particolare ”. In questo disastroso 2020 ogni nazione cercherà di tenere i cittadini nei propri confini nazionali e gli italiani faranno viaggi di prossimità (se tutto andrà benino). Il turismo del vino comprende una articolata serie di consumi che solo parzialmente riguardano le cantine. Basti pensare all’hospitality, agriturismi, l’offerta dei cibi locali, vivere la natura. Un dato che purtroppo perderemo: nel 2019 cinquantotto milioni di turisti stranieri aveva acquistato almeno una bottiglia di vino.

 

 

Frammento n. 3

I “vini naturali” riconosciuti anche dalla Francia. Una buona notizia?

Per gli ecologisti, in generale, rientra in una di quelle notizie che portano i vignaioli ad una maggiore responsabilità nel trattamento della terra. Per i vignaioli italiani, sicuramente i primi a rivolgere particolare attenzione a produzioni biologiche, biodinamiche ed altre, si pensa all’ennesimo “colpo di scena alla francese”, l’ottenimento da parte dei governanti, in tempi brevissimi, della possibilità di utilizzare in etichetta “Vin Méthode Nature” e dare il via ad una massiccia operazione di marketing. Mentre noi, malati di personalismi, evochiamo l’unione d’intenti (da quanti anni sento queste parole?). Gabriele Da Prato, presidente di ViTe (Vignaioli e Territori): In Francia c’è dialogo fra istituzioni e territori, in Italia la politica dialoga con la politica. Tutto qui.  

 

 

 

Frammento n. 4

Choc nella ristorazione: saranno i delivery gourmet la nuova frontiera.

Pare proprio di sì anche perché le soluzioni paventate per la riapertura dei ristoranti non sono altro che dosi di morfina da iniettare al paziente agonizzante. Secondo il quotidiano spagnolo che si occupa di questioni economiche, finanziarie e commerciali, El Economista, il consumatore è già abituato a comprare online e a ricevere i suoi acquisti rapidamente a casa. Ricorda che il settore della ristorazione che di recente ha iniziato a offrire il servizio delivery ha aumentato le sue vendite del 29% nel 2015. Ed è una tendenza in crescita. In Italia Alcune aziende alimentari di cibo a domicilio, in periodo di Pandemia, hanno rotto gli schemi organizzandosi con un ventaglio di proposte che vanno oltre la pizza, kebab o involtini primavera. Hanno capito che, di fronte a difficoltà insormontabili serva portare anche gli ultimi trend gastronomici direttamente a casa: il Delivery Gourmet. Insomma quanto presentato sul tavolo di un ristorante di grido deve essere riprodotto nel confezionamento e nel trasporto affinché i piatti giungano a destinazione conservando il loro aspetto e il loro sapore originale. Infine potenziare il marketing. Personalizzare buste e scatole significa lasciare marchi nella mente dei clienti.

Ma con le cene galanti, quelle del primo approccio? Tempi durissimi per gli amanti (comunque c’è qualcuno che si sta organizzando).

 

Osservo, scruto, assaggio e…penso. (urano cupisti)

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La Riflessione!

Se tanto mi da tanto…Arrivederci al 2021!

Pandemia, manifestazioni annullate per il 2020 e “possibile” rinascita nel 2021. Pessimismo?

Qualcuno ipotizza “qualcosina” ad autunno. Improbabile perché già da adesso dovrebbero partire le “macchine organizzative”, le prenotazioni alberghiere e soprattutto gli inviti per gli operatori stranieri.

Nel mondo dell’editoria specializzata in enogastronomia stesso discorso: salteranno le edizioni 2021 delle Guide.

I ruolini di marcia degli assaggiatori risultano stravolti e, nel caso specifico della gastronomia con i ristoranti chiusi, annullati.

Questo è lo scenario ad Aprile. Niente di buono all’orizzonte. Fermarci?

Servono nuove strategie, interpretazioni, adottare sistemi diversi.

Per esempio, nel mondo del vino, dare maggior impulso alle vendite con “l’e-commerce”, le enoteche virtuali. Del resto in Cina è il sistema maggiormente usato. Stimoli nuovi e lavoro in sinergia. (U.C.)

 

 

Frammento n. 1

Guida Michelin: salteremo un giro.

La più famosa Guida della ristorazione, la Guida Rossa, salterà la pubblicazione 2021? Pare proprio di sì. Non ci sono più i limiti temporali organizzativi. Si pensa ad una edizione digitale molto ridotta con le visite effettuate fino al 28 febbraio 2020 penalizzando, di fatto, esercizi di primo ordine non visitati. Giusto così? Credo proprio di NO! Meglio saltare e continuare a vendere la 2020 (stampata alla fine del 2019) magari con una edizione straordinaria contenente l’appendice 2021 ricordando la pandemia. Questo è lo scenario italiano. Nel resto del mondo non si sa cosa accadrà. La conclusione lasciamola all’ufficio stampa della rossa:”se ci saranno segnali incoraggianti di ripartenza noi ci saremo”.

 

 

Frammento n. 2

Non ci resta che piangere: è saltato anche il rito del Vino Santo.

Vino Santo del Trentino, non Vin Santo Toscano. Tutti gli anni, durante la Settimana Santa, in Valle dei Laghi, si ripete un rito storico: la spremitura delle uve Nosiola per la produzione del Vino Santo Trentino Doc. Causa Covid-19, tutto annullato. La spremitura, che rappresenta il passaggio dalla fase di appassimento dei grappoli a quella di fermentazione e maturazione, ha avuto luogo nelle cantine senza presenza di pubblico esterno, sagre e musiche comprese. Ahimé, un tocco di amaro in questo vino dolce raro e prezioso.

 

 

Frammento n. 3

 

Il salva-mele è in atto

Una distesa di luci, nel contesto di uno scenario magico, ha illuminato le notti dell’Alto-Adige. I viticoltori aderenti al Consorzio Vog sono ricorsi ai sistemi anti-brina scaldando i meleti in fiore. Immaginate i viticoltori altoatesini che, svegliati durante la notte, corrono nei meleti ad accendere i fuochi? Niente di tutto questo.

Hanno scaricato sui propri cellulari un’App che, nel momento in cui sono iniziate le gelate, ha avvertito i produttori facendo loro azionare un congegno a distanza che ha acceso i fuochi. Tutto dal comodo letto.

 

 

 

Frammento n. 4

Ancora cocktail durante la quarantena

Della serie: mi ispiro ad un film per preparare un cocktail. A proporlo questa volta il Barman Alessio Ciucci, bartender del Borgo La Chiaraccia Resort & SPA di Castel Giorgio (Terni). L’ispirazione? Il film “Balto”, di Simon Wells, 1995. Ingredienti:

 Alessio Ciucci

5 cl Historiae Brandy Portegnac Pilzer

1 cl Amaro Venti

3 cl succo di limone

3 cl succo di arancia

4 cl miele di eucalipto diluito (5:1)

1 pezzo zenzero

1 goccia tabasco

mezzo bar spoon curcuma

profumo al pino mugo

scorza di limone e scorza d'arancia tenute per guarnire

Preparazione:

Diluire il miele con acqua calda in proporzione 5 (miele) a 1 (acqua) e poi raffreddarlo. Con la tecnica dello shake and strain, versare tutti gli ingredienti con del ghiaccio nel Boston Shaker e agitare. Filtrare il tutto e versarlo in un sifone Twist'n Sparkle per la soda con una cartuccia di Co2. Appena ultimato il processo, versare nel bicchiere Cortina da 16 cl.

Ma qual è il fil-rouge che lega il cocktail al film secondo Alessio Ciucci?

Il drink presenta parti agrumate, dolci, acide, una parte balsamica e contrasti che rappresentano sogni, paure, speranze e dolori racchiusi nella storia di un viaggio di un eroe che ha salvato diverse decine di persone; un viaggio pieno di speranza, paura, ansia e voglia di superare ogni ostacolo. Visto il periodo certamente non facile, con questo drink il barman Alessio Ciucci racconta e omaggia le persone che, con coraggio, affrontano tutte le difficoltà a testa alta, con le maniche rimboccate.

Preparatelo e nel berlo pensate al film. Non avete visto il film? Non importa, il cocktail è gradevolissimo e sicuramente è un presidio anti Covid-19. Chapeau!

 

Osservo, scruto, assaggio e…penso. (urano cupisti)

 Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.

La Riflessione!

Covid-19, Vino e dintorni

Pandemia, Tutti a casa, Economia al collasso, Manifestazioni rinviate (minimo un anno), Cantine che traboccano di vino invenduto, Ricerca disperata di vie per vendere qualche bottiglia, Rischio di non portare avanti la vendemmia per carenza di personale ed incentivi per pagarlo. Tutto questo il tragico scenario causato dal Covid-19. Adesso, da subito, oltre salvare il salvabile, dobbiamo progettare il “primo futuro” appena si allenterà la morsa.

Pubblico alcuni frammenti che partono dalle fake news per proseguire con le prime riflessioni raccolte (che contengono proposte provenienti dal mondo lavorativo vinicolo) terminando con un gradevole fai da te (tanto per tirar su un po’ di morale).

Frammento n. 1

Il Vino non contamina

Il Consorzio Vini Valpolicella contro la fake news di presunte contaminazioni del vino al tempo del Covid-19. Daniele Accordini, DG ed enologo di Cantina Valpolicella Negrar, rassicura sul bere il vino e contrasta con viva forza l’immotivata campagna denigratoria che circola su alcuni media rischiando di infierire duri ulteriori colpi all’economia del vino italiano. Il DG di Negrar, oltre a ricordare che molti esponenti della comunità medico-scientifica hanno divulgato i loro autorevoli pareri per cui la sopravvivenza del virus appare impossibile grazie alla presenza nei vini di alcool e fenoli, ricorda il rigoroso rispetto, da sempre, delle norme igieniche da parte dei produttori dovute dalle costanti verifiche delle autorità sanitarie.

 

 

Frammento n. 2

Una proposta: “Riduciamo le rese”

Il Presidente del Consorzio Vignaioli del Trentino, Lorenzo Cesconi, scende in campo proponendo alle autorità preposte un provvedimento d’urgenza finalizzato alla riduzione della resa di uva a ettaro. Il tutto riconducibile agli effetti negativi dati dalla riduzione delle vendite. In parole più semplici cambiare i limiti esistenti producendo meno. La proposta avanzata è per un taglio orizzontale tra il 20% e il 30% delle rese.

 

 

Frammento n. 3

Da una ripresa lenta e graduale un primo futuro realistico.

"Il contraccolpo sarà pesante". Così l’Assessore Regionale all’Agricoltura del Veneto dopo l’enorme calo delle vendite di vino (Prosecco in primis). I dati raccontano che in Veneto i consumi registrano un calo del 30-40%. Al momento tengono solo i consumi nella grande distribuzione mentre sono ferme le esportazioni. A preoccupare i consorzi dei vini Dop del Veneto sono le prospettive per la prossima vendemmia, i surplus produttivi che si genereranno in cantina a fronte del vino 2019 rimasto invenduto, la crisi di liquidità determinata dalla frenata di vendite ed export, gli impegni finanziari richiesti dai programmi di promozione e commercializzazione. Gli strumenti ci sono, dalla riduzione della resa, all'aumento degli stoccaggi, fino a forme parziali di "vendemmia verde" o distillazioni di crisi (anche se limitata a contesti particolari). L'obiettivo è superare questo "annus horribilis". Poi il primo futuro: tutti i fondi risparmiati ora da aziende e consorzi a seguito dell'annullamento di fiere e manifestazioni, dovranno essere investiti in una futura grande campagna di promozione e commercializzazione.

 

 

Frammento n. 4

Consoliamoci con un cocktail da fare in casa.

 
 Stefano Santucci

Della serie: mi ispiro ad un film per preparare un cocktail. A proporlo il Barman Stefano Santucci, head barman dell’Hotel Hassler di Roma. L’ispirazione? Il film “The Irishman”, di Martin Scorsese, 2019. Ingredienti:

2 cl Maker’s Mark bourbon

2 cl Connemara Peated Single Malt whiskey

2 cl Amaretto di Saronno

scorza di limone, cannella e amarena per guarnire

(se in casa non avete le bottiglie sopra indicate arrangiatevi con prodotti simili). Preparazione:

Riempire di ghiaccio un mixing glass fino a tre quarti della sua capacità per raffreddarne le pareti, successivamente scolare l'acqua in eccesso. Versare i tre ingredienti, miscelarli con un bar spoon e quindi versare il contenuto con uno strainer per trattenere il ghiaccio nel bicchiere Old Fashioned con ghiaccio. Infine, decorare con una lunga striscia di buccia di limone, una amarena e rametti di cannella.

Ma qual è il fil-rouge che lega il cocktail al film secondo Stefano Santucci? Tutti gli ingredienti sono scelti in base alla nazionalità dei personaggi:

Robert De Niro, che nel film impersona Frank Sheeran, detto L’Irlandese è raccontato dall'unico whiskey irlandese torbato, il Connemara;

Joe Pesci, che impersona Russell Bufalino, capo di una famiglia mafiosa italiana è l'Amaretto di Saronno,

Al Pacino - Jimmy Hoffa è l'americano che ha legami con la mafia è il bourbon Maker’s Mark.

Preparatelo e nel berlo pensate al film. Non avete visto il film? Non importa, il cocktail è gradevolissimo e sicuramente è un presidio anti Covid-19. Chapeau!

Osservo, scruto, assaggio e…penso. (urano cupisti)

 
 Montalcino

È trascorso un mese dal 21 febbraio, il primo giorno di Benvenuto Brunello 2020. Adesso, causa Covid-19, ho tempo a sufficienza per sistemare gli appunti, rassettare i depliant delle aziende presi “in fretta e furia”, riordinare le idee.

Si fa presto a dire : il Brunello è un vino unico, eccezionale! E le vigne, magnifiche! Le cantine di produzione, fantastiche! Il vitigno Sangiovese Grosso, unico!

Mi domando: ma in che senso?

Passeggio nel borgo, incontro amici e colleghi. Quattro chiacchiere tutte improntate immancabilmente all’evento eccezionale, magnifico, fantastico, unico. L’enfasi che si respira al posto dell’aria.

Passano in secondo piano le necessità, le occorrenze di comprendere ed interpretare le annate 2015, le Riserve 2014, il Rosso 2018, il Moscadello e il Sant’Antimo.

E tutti gli anni è la solita storia, il solito copione. Nessuno parla del Vino Italiano prodotto con quella disciplina che ne è l’essenza, il suo rigido sistema di classificazione che dura nel tempo, dei vincoli produttivi ai quali i produttori devono assoggettare le scelte.

Ed ecco allora che il mio spirito critico ha un senso, ecco perché tutti gli anni mi presento qui, a Montalcino, ed essere partecipe , se pur in piccolissima parte, di quella che è la magia del Benvenuto Brunello.

Senza dimenticare la “gerarchia delle annate”, da queste parti come assegnazione delle stelle.

Materia sdrucciolevole della quale ho sempre evitato di parlarne. Intervengono diversi fattori che non possiamo ignorare. Personalmente, da appassionato più che da comunicatore, mi rifugio in una frase detta da un “certo” Aubert de Villaine che aveva a che fare con la Romanée Conti:È vero che niente è più seducente di un grande vino in un’annata eccezionale, ma non c’è nulla di più ammirevole di un grande vino in una piccola annata”.

I territori vitati a Nord, ad Ovest, a Sud, ad Est diversi tra loro, molto diversi. Nel tentativo di dargli un loro connotato ti accorgi dell’emergere delle eccezioni rafforzando e consolidando il concetto di vino di Montalcino.

Di conseguenza ogni anno mi trovo nelle vie del borgo antico con l’esigenza di comprendere e interpretare.

Quest’anno ho optato per il contatto diretto con i produttori per capire, recepire i loro messaggi. Ne ho selezionato 9 (nove) tra i 146 presenti nel Complesso di Sant’Agostino. Parlerò di loro nelle settimane a seguire.

Produttori che non hanno quella visibilità come altri pur svolgendo con altrettanta passione il loro lavoro.

Produttori con vigneti dislocati in località diverse a rappresentare la realtà territoriale e i diversi terroir.

- Corte dei venti;

- Fornacella;

- La Fornace;

- Lambardi;

- Le Gode;

- Mocali;

- Poggio Antico;

- Sesta di Sopra;

- Terre Nere.  

Inoltre, durante la mia tre giorni ilcinese, ho visitato la Cantina Ridolfi , la Cantina Casisano e il Casato Prime Donne con intervista a Donatella Cinelli Colombini. Tutto materiale per prossimi articoli.

Benvenuto Brunello, appuntamento annuale nel mio intimo. Ogni anno un intreccio di ricordi e nuove sensazioni. Chapeau!

Urano Cupisti

Consorzio del Vino Brunello di Montalcino  

Via Boldrini, 10

Montalcino (Si)

Tel: 0577 848246

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www.consorziobrunellodimontalcino.it

A Primavera-Estate, tempo di zucchine. Al vapore con un filo d’olio, bollite con aggiunta di carote, cipolle, patate per un secondo leggero (sempre condite con olio vergine di oliva a crudo), trifolate (ottime, saporite, saltate in padella) ed infine come prodotto principale per torte. Ed è di queste ultime che voglio parlare: La Scarpaccia

Torta semplice, genuina, saporita sia nella versione salata che dolce. Nome che non deriva da una scarpa rotta ma bensì dallo spessore della torta simile ad una vecchia e consumata suola da scarpe. La torta dell’orto, quello spazio vitale tipico di ogni abitazione di un tempo ormai remoto, dove il piccolo allevamento di animali da cortile si integrava con le coltivazioni di verdure che mutavano a seconda delle stagioni. Patate, cipolle, pomodori, piselli, insalate e zucchine. Ed è proprio con questo prodotto dell’orto, raccolto in primavera ed estate  che ha origine questa scarpaccia.

La ricerca nel tempo trova una data: 1400, quando la Repubblica di Lucca offriva a qualsiasi cittadino disposto a stabilirsi sulla Marina, al di la  del monte, tre coltre di terreno per costruirvi la casa e coltivare orti. Significava urbanizzare, con il concetto rurale, la fascia pedemontana rivolta al mare ancora in parte acquitrinosa (l’attuale Versilia).

A Camaiore, borgo medioevale costruito lungo la via Francigena già  famoso nel periodo romano come Campus Major (accampamento maggiore della vicina Lucca), nella primitiva versione salata era un vero piatto nel comune desinare. Zucchine, fiori di zucchina e cipolle, ingredienti tipici dell’orto. Oggi la si trova in qualche pizzeria a taglio o durante sagre e fiere rievocative.

La versione dolce è un piatto tipico della cucina viareggina, elaborata, nata come merenda pomeridiana e integrativa alla dieta legata prevalentemente ai prodotti del mare. Ancora oggi nelle famiglie la tradizione continua come dolce di stagione nel momento migliore delle zucchine

Abbinamento:

Anche la vite era elemento importante degli orti. Con il sistema d’impianto a pergola riparava dalla calura estiva e forniva l’uva da tavola e da vino. In particolare l’ibrido americano (post filossera)  prodotto da  vitis labrusca e vitis vinifera conosciuta meglio come uva fragola. E un bicchiere di fragolino, con il suo spiccato profumo di framboisier e il sapore deciso di cassis, accompagna benissimo la Scarpaccia. Ricercando un vino da dessert del territorio toscano sicuramente il migliore abbinabile è il Moscadello di Montalcino (85% moscato bianco e 15% altre uve a bacca bianca) da non confondere con il Vin Santo nella versione uve trebbiano e malvasia. Oro brillante, piacevolmente aromatico con un leggero tocco muffato, beverino con il suo 10,5% di volume litro di alcool,  molto misurato nella dolcezza con un finale rispondente e perfettamente abbinabile.

LE RICETTE

Versione salata:

ingredienti: zucchine, fiori di zucchine, cipolla, farina, olio vergine d’oliva.

Affettate finemente sia la cipolla che i fiori di zucchine e le zucchine (mi raccomando a rotelle) in egual misura, insaporite con sale e pepe. Aggiungete dopo circa due ore della farina, senza aggiunta di acqua, amalgamando il tutto. Teglia unta pronta, versare il tutto fino ad ottenere uno strato al di sotto di un centimetro, cospargere il preparato con un filo d’olio vergine e via in forno fino a quando la superficie non avrà  raggiunto quel bel colore dorato (temperatura di cottura media 150°)

Versione dolce:

ingredienti: 300 gr di farina bianca 00, 400 gr di zucchine pulite e tagliate a rondelle, 1 bicchiere di latte, 250 gr di zucchero, 50 gr di burro, 2 uova, 1 bustina di vaniglia.

Preparare una pastella con tutti gli ingredienti ad esclusione delle zucchine (ricordarsi di aggiungere un pizzico di sale), versare nella teglia già  imburrata il preparato (meglio cospargere prima il fondo con  un velo di pangrattato) anche in questo caso non superare 1 centimetro di spessore (ne è la caratteristica), aggiungere le zucchine a rotelle, un filo d’olio vergine di oliva e infornare  fino a quando la superficie non avrà  raggiunto quel bel colore dorato (temperatura di cottura media 150°)

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 Fattoria di Fiano

Le manifestazioni rappresentano, sotto certi aspetti, una specie di “banca dati” da salvare e parlarne alla bisogna. Mi spiego meglio.

Le aziende vinicole presenti agli eventi non hanno solo lo scopo di generare business ma di farsi conoscere, presentare i loro prodotti, farli assaggiare, raccontare le loro storie, intrattenersi con i wine lovers, con chi fa comunicazione (come il sottoscritto). Ed allora ecco che dal moleskine esce un nome: Ugo Bing, Fattoria di Fiano.

La manifestazione di riferimento: Sangiovese Purosangue del novembre 2019 svoltasi a Siena. L’incontro con l’enologo e amico Angelo Bertacchini. Gli assaggi dietro la sua descrizione. E l’azienda?

“L'antico borgo di Fiano, vicino a Certaldo, in origine si chiamava “Alfiano”, perché apparteneva alla nobile famiglia fiorentina degli Alfani. E' situato sulla cima della collina che divide la Valdelsa dalla Valdipesa, nella zona del Chianti Colli Fiorentini. È proprietà della famiglia Bing sin dal 1940. Questi terreni, unici per esposizione e origine geologica, sono naturalmente vocati alle produzioni di alta qualità”. Così l’inizio della chiacchierata con Angelo tra un sorso e l’altro.

La bottaia

“I terreni sono esposti a ventaglio da est a ovest, per oltre 65 ettari, e orientati a sud in corrispondenza del vigneto Poggio ai Monti, situato a 330 metri di altitudine. Altri 14 ettari di vigneto si trovano a Novoli, circa 1 km più a nord-est, nella valle del Vergignolo”. Interessante il racconto. Del resto la descrizione dei terreni, del microclima, degli allevamenti e il conseguente lavoro in cantina, meglio dire del terroir, aiutano a capire più soddisfacentemente i vini.

Tutto non è nato per caso. Ugo Bing, agronomo, si è dedicato allo studio del comportamento della varietà dei vitigni nei diversi appezzamenti . Applicare la propria filosofia basata sulla fedeltà al terroir, nel rapporto stretto, totale, tra uomo e terra.

In seguito, insieme al figlio Francesco, calpestare le vigne perché è in vigna che nasce il vino. Senza dimenticare le operazioni in cantina, la scelta dei legni per l’invecchiamento e l’accompagnamento verso la bottiglia.

“Il vino "Ugo Bing" di Fattoria di Fiano è un vino rosso, fermo e secco, vinificato da uve nel contesto delle tipologie previste dalla denominazione Chianti DOCG sottozona Colli Fiorentini”.

In degustazione le “riserve” .

Le note aziendali descritte da Angelo:   “Si presenta come un vino tipico del territorio, con l’austerità della Riserva ma con un taglio morbido. Ottenuto da sangiovese, canaiolo e colorino vinificati in barrique. Uve da vigne di 15/20 anni che rendono i profumi molto intensi con sentore di elicriso, ciliegia e nelle annate più calde profumi di macchia mediterranea. Nella maturazione i profumi si arricchiscono di note di sottobosco, muschio, e di tartufo, che da queste parti, nascono in buone quantità. Un vino sapido, strutturato e di corpo”.

Devo dire che mi sono ritrovato appieno nella descrizione sensoriale dell’amico Angelo. Aggiungerei:

- Chianti Colli Fiorentini Docg Riserva 2016. Un tocco di selvatichezza aromatica con buona struttura tannica. Aiutato da un’ottima vendemmia. Voto ottimo, 89/100

- Chianti Colli Fiorentini Docg Riserva 2011. Trasuda austerità, intensità verticale e, anche questo millesimo, con marcata struttura tannica. Ottimo, 89/100

- Chianti Colli Fiorentini Docg Riserva 2009. Direi, nella sua tipologia, disteso, rilassato, elegante. Mi è piaciuto superando la soglia dell’eccellenza: voto eccellente, 91/100

- Chianti Colli Fiorentini Docg Riserva 2005. Il “vecchio” del panel. Da questo millesimo non è possibile ottenere di più. Onore al merito. Ottimo, 88/100

Autentica passione che deriva dal lavoro in vigna e in cantina mossa da tradizione e ricerca. La cura maniacale dei vari processi, con la mente sempre rivolta al terroir, “ideale”alla base della continua ricerca di un'identità riconoscibile e della massima qualità dei prodotti finali. Chapeau!

Urano Cupisti

Fattoria di Fiano

Località Fiano

Certaldo (Fi)

Tel:     0571 669048

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www.ugobing.it

 San Gimignano

«Questi, e mostrò col dito, è Bonagiunta. Bonagiunta da Lucca: e quella faccia di Ià da lui più che l'altra trapunta ebbe la Santa Chiesa e le sue braccia: dal Torso fu, e purga per digiuno l'anguille di Bolsena e la Vernaccia»(Dante Alighieri, Divina Commedia, Purg. XXIV,19-24).

E le vicende di vita di Dante Alighieri con San Gimignano spesso si sono incrociate nel periodo storico di riferimento tant’è che nel Palazzo, oggi sede del Comune, c’è una sala affrescata dedicata al Sommo Poeta: Sala Dante che per noi umili mortali dediti alla comunicazione vitivinicola è la Sala della Vernaccia di San Gimignano.

Termine quest’ultimo dovuto all’evento che ogni anno, nel periodo “Anteprima Vernaccia di San Gimignano”, vi si svolge: l’Edizione dei cicli di degustazione dove alcune “vernacce” si confrontano con altri “bianchi” provenienti da territori sia nazionali che internazionali.

Ma torniamo all’Anteprima 2019. Non si può parlare di Vernaccia di San Gimignano se non ricordiamo didascalicamente numeri e brevi cenni distintivi del “fenomeno bianco”, prima Doc italiana.

San Gimignano, comune di circa 8.000 abitanti, esteso per 138 km2, con dislivello altimetrico compreso tra 64 metri s.l.m. e 631 metri s.l.m., con un centro storico dichiarato dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità. All’ombra delle sue 14 torri (nel periodo d’oro erano 72 tra torri e case-torri) nasce, da centinaia d’anni, il bianco toscano più famoso che ha saputo coniugare la sua eccellente qualità.

Dai 693 ettari destinati alla produzione viticola della Vernaccia coltivati da 172 aziende ai circa 4 milioni e 700 mila bottiglie prodotte nel 2019 per un giro d’affari che si attesta sui 13,2 milioni di Euro.

Il 52% rappresenta l’export mentre del 48% destinato al mercato italiano il 24% viene venduto nei Wine Shop aziendali e nei locali sul territorio. Numeri che tutti gli anni rappresentano il biglietto da visita dell’Anteprima dell’ultima vendemmia.

Quest’anno è stata la Rocca di Montestaffoli (detta a San Gimignano semplicemente La Rocca) nel cuore della città, sede del Wine Experience, ad ospitare la

 
 Sala Dante

manifestazione. Una tensostruttura esterna ha raccolto 38 produttori con più di 110 campioni rappresentativi in primis la vendemmia 2019, la riserva 2018 e altre precedenti vendemmie a giustificare le proprie linee aziendali.

Mentre nelle sale della Rocca destinate alla Storia secolare della Vernaccia, ai suoi poeti, al territorio, al racconto dei momenti della vinificazione attraverso immagini, luci, suoni, voci, video, ologrammi e visori per la realtà virtuale, giornalisti rappresentanti Blog, Stampa nazionale ed internazionale hanno potuto testare le due Anteprime anche dei produttori non presenti nella tensostruttura.

La vendemmia 2019 l’ho trovata con ottimi profumi, una bella spalla acida, equilibrata. Tutto lascia prevedere che, dopo un ulteriore periodo di affinamento, rientrerà in una grande annata. La riserva 2018 ha portato con se la disomogeneità riscontrata l’anno scorso in alcuni campioni di botte. Solo la struttura riesce a renderla in generale, salvo eccezioni di eccellenza, ottima.

Questi gli assaggi che porterò all’attenzione dei miei lettori nel tempo :

 
   La Rocca

- Alkessandro Tofanari;

- Cantine Guidi;

- Collemucioli;

- Fattoria Poggio Alloro;

- Guicciardini Strozzi;

- La Lastra;

- Macinatico;

- Mormoraia;

- Signano.

“Quest’anno è stato segnato da importanti cambiamenti a cominciare dal nostro Consorzio. Nell’eleggere il nuovo Consiglio d’amministrazione si è voluto ribadire una tradizione iniziata con la precedente Presidenza, una tradizione tutta femminile, quella di una donna alla guida della “Signora Vernaccia di San Gimignano”. Così Irina Strozzi, nuova Presidente. Chapeau!

Urano Cupisti

Consorzio Vernaccia di San Gimignano
Via di Fugnano, 19
San Gimignano (Si)
Tel      0577 940108
info@vernaccia
www.vernaccia.it

 Se crediamo alle profezie dei numeri e diamo loro un valore particolare, premonitore, divinatorio, in questa edizione del Chianti Collection ne troviamo delle coincidenze che hanno prodotto ancora una volta il “successone”. Ci vogliamo credere? Proviamo.

Il comunicato stampa di presentazione recita così:

“Parte con una sfilata di “due” (strane coincidenze) la nuova edizione della Chianti Classico Collection. Siamo nel secondo mese del 2020 (2 volte venti dove il 2 primeggia), due le giornate di apertura e per la seconda volta l’evento apre anche al consumatore finale. Vi partecipano 200 aziende del Gallo Nero e, nell’occasione, si festeggiano i 20 anni della DOP dell’olio Chianti Classico. Per la seconda volta, Giovanni Manetti farà gli onori di casa e darà il benvenuto agli ospiti in qualità di Presidente del Consorzio. Due gli ambasciatori ad honorem del Chianti Classico che verranno nominati nell’ambito dell’evento, due i seminari dedicati agli altri prodotti di eccellenza del territorio chiantigiano, l’olio DOP e il Vin Santo DOC”.

Il mondo della cabala che ci riconduce alla smorfia napoletana legata ad altri numeri, quelli del lotto. Mistero.

 
 

Una cosa è certa; altri numeri hanno caratterizzato la manifestazione. Numeri da capogiro a testimoniare che il Gallo è vivo più che mai. Anzi si è divertito sfoggiando una veste inusuale, colorandosi di varie tinte, i colori del vino, il rosso rubino, il viola dell’uva, il verde delle vigne, ma anche le tonalità dei marroni dei suoli e le sfumature azzurre dei cieli del Chianti.

Ritornando ai numeri, al di là dei giochi e interpretazioni, la potenza del Gallo Nero si è espressa sciorinando 740 etichette in degustazione, circa 10.000 bottiglie aperte e servite dai produttori insieme alla squadra dei sommelier AIS, 56 anteprime da botte per valutare il Chianti Classico che verrà ed infine la Gran Selezione che sta prendendosi la rivincita sugli “esperti scettici” di tal scelta raggiungendo, con le sue annate, l’eccellenza (95 centesimi minimo).

Al Chianti Collection bisogna andare organizzati. Sapere cosa assaggiare, capire il Chianti dei vari terroir, scegliere le visite ai tavoli dei produttori mossi da quelle curiosità che possono nascere dalle degustazioni riservate alla stampa.

E allora chiedere il campione di botte del 2019 anziché della 2018 e magari soffermarsi su quella che uscirà il prossimo anno.

Un applauso va riservato al Consorzio per la perfetta organizzazione. Cartella Stampa espressione del lavoro che c’è stato e di quello attuale, nozioni esplicite sulle

 
parte dei campioni in assaggio

vendemmie di ben otto anni.

Ecco che il degustatore-comunicatore ha a disposizione tutti gli elementi per diffondere pregi e difetti.

Questi gli assaggi che porterò nel tempo all’attenzione dei miei lettori:

- Castelnuovo Berardenga, Canonica a Cerreto;

- Gaiole, Rocca di Montegrossi;

- Radda, Borgo la Stella e Corte Domina;

- Castellina, Castello La Leccia;

- Poggibonsi, Fattoria Le Fonti;

- Barberino Tavernelle, Fattoria Cerbaia;

- Greve, Candialle, Fattoria Le Bocce e Ottomani;

- San Casciano, Luiano e Poggio Borgoni.

Ancora una volta protagonisti i calici, le bottiglie, i vini e i produttori con la loro passione ed entusiasmo. E il Gallo Nero, nella sala della Leopolda, impettito, sembra “cantare”. Chapeau!

Urano Cupisti

Consorzio Vino Chianti Classico 
Località Sambuca
Barberino Tavernelle
Tel 055 82285
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www.chianticlassico.com

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