L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni. |
Chi pensava che Expo fosse una piattaforma informativa, scambio di risorse culturali e tecnologiche con lo scopo di trovare soluzioni politico-economiche per assicurare a tutti cibo sano e sufficiente e sconfiggere la fame che attanaglia 800 milioni di esseri umani, dovrà attendere edizioni eticamente più avanzate.
Il tentativo non è “Nutrire il pianeta” ma vendere di più i propri prodotti, utilizzando il cibo come strumento strategico per assicurarsi maggiori guadagni e far credere, tra le altre cose, che le grandi industrie non sono responsabili del cambiamento climatico in corso: l’80% delle risorse disponibili è ad appannaggio delle lobby.
L’Expo, che nella sostanza è una fiera per la colonizzazione finanziaria delle multinazionali, non parla di sovranità alimentare, di difesa della biodiversità, di impatto sugli ecosistemi da parte dell’industria della carne, di sostenibilità ambientale, dai danni dei cibi industriali, di sperpero di risorse naturali ed energetiche, di spreco di acqua potabile; l’Expo non parla degli enormi sussidi elargiti all’industria zootecnico agroalimentare, non dice che ogni mucca europea percepisce 2,5 euro di sussidi al giorno (che è il doppio di quanto dispone il 75% degli africani); non parla dei suicidi dei contadini indiani strozzati dai debiti delle multinazionali; non dice che il mangime utilizzato dagli animali d’allevamento sfamerebbe 9 miliardi di persone; non dice che si possono nutrire 12 persone con i prodotti coltivati su un terreno necessario a nutrire una sola persona che mangia la carne.
Sia il Brasile (più della metà della terra coltivata è utilizzata per la produzione di prodotti Ogm) sia le Istituzioni Europee sfiorano appena questi problemi: più attente agli interessi delle grandi lobby, industrie e banche, che all’opinione dei cittadini nettamente contrari alla coltivazione e l’utilizzo di prodotti Ogm.
Ma parlare di cooperazione allo sviluppo, diritti umani, condivisione, disinquinamento, di riduzione del consumo di energia, di sistemi ecocompatibili, di biodiversità, di tutela dell’ambiente, mentre si pubblicizzano prodotti che sono la causa di questi problemi significa prendere per i fondelli l’intelligenza umana.
In tutto questo dov’è la voce della Chiesa, la cui ancestrale visione antropocentrica vanta assurdi diritti sulla natura in preda alla furia devastatrice dell’uomo? La Chiesa, a parte un timido invito al “non abuso”, mai si è pronunciata contro gli allevamenti intensivi, le monoculture, la distruzione delle foreste pluviali, i danni provocati dall’industria chimica, dall’industria del tabacco, o contro le centrali nucleari: essa, teoricamente, lotta contro gli effetti della sua stessa politica.
In che modo una manifestazione sponsorizzata da Coca Cola, Ferrero, Eni, Mc Donalds, Nestlè, (ricordate i danni di quest’ultima per le scorrettezze criminali intese a promuovere sostituti di latte materno e di alimenti industriali?) può garantire cibo sano e sufficiente per tutti? Sarebbe come se l’industria farmaceutica indicasse programmi per non far ammalare le persone. Se la fame, l’inquinamento, la distruzione dell’ambiente è determinato dal consumo di un certo prodotto possono coloro che lo producono andare contro i loro stessi interessi?
Altro che nutrire il pianeta! Expo è un raduno mondiale di ingordigia capitalistica: invece di dibattere sui danni causati dal consumo di prodotti animali (sulla salute umana, sull’ambiente, sull’economia…) sarà una grande abbuffata di carne, di tutti i tipi, di tutte le specie, comprese quelle che i popoli europei considerano ripugnanti: serpenti, ragni, scorpioni, formiche… (di questo passo arriveremo ai pidocchi), meglio se di produzione propria: in fondo il cuoio capelluto di un contadino è sicuramente più pulito di una stalla.
Disapprovo quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto di dirlo (Voltaire).
Tutto pronto per l’ottava edizione del Film Festival Senza Frontiere, che si terrà alla Casa del Cinema dal 5 al 7 Giugno 2015. La nuova edizione sarà incentrata sul concetto di libertà, nel senso più ampio del termine, inteso come la necessità di condividere, conoscere e lottare per la libertà di espressione, lontana da vincoli e barriere costruite su paure e pregiudizi.
La kermesse accende i riflettori sul Medio Oriente, la Russia, l’Iran attraverso una selezione di film provenienti da cinematografie internazionali legati da un fil rouge che passa dai conflitti ai grandi temi e dilemmi del nostro tempo.
In apertura del festival l’anteprima italiana di Taxi, del regista iraniano Jafar Panahi, vittima nel suo Paese di persecuzioni, a cui è preclusa la possibilità di dirigere, scrivere e produrre film, viaggiare e rilasciare interviste. Nonostante ciò il 14 febbraio 2015 Jafar Panahi ottiene un ambito premio: l'Orso d'oro al 65° Festival internazionale del cinema di Berlino proprio con il film Taxi, girato in clandestinità a causa del divieto imposto dal governo iraniano. La pellicola raccoglie le testimonianze dei passeggeri del suo taxi, e dipinge uno spaccato eterogeneo, multicolore e variegato della vita a Teheran. La proiezione segna anche il debutto della neonata “Cinema”, casa di distribuzione creata da Valerio De Paolis.
Monk with a Camera, diretto da Guido Santi e Tina Mascara, è la biografia di Nicholas Vreeland (nipote della famosa Diane Vreeland) che ha rinunciato ai privilegi di un fotografo di successo per diventare un monaco buddista tibetano. Inviato dal Dalai Lama ad aprire e dirigere il Rato Monastery in India, è tornato alla fotografia per raccogliere i fondi necessari per la costruzione del monastero.
Sempre nel corso della prima giornata si assisterà alla proiezione di The Fool, per la regia di Yuriy Bykov: una finestra sulla corruzione in Russia, causa di morte e distruzione.
I tre film in programma nel pomeriggio di sabato 6 giugno sono dedicati a storie di bambini e adolescenti: My Neighborhood, regia di Jula Bacha, Redemption regia di Jon Alpert e Kes, regia di Ken Loach. Si continua il secondo giorno con A Girl Walks Home Alone at Night, diretto da Ana Lily Amirpour: “il primo western di vampiri iraniano”, fuori da tutte le categorie. Una città fantasma immaginaria, la sua gente, un vampiro e la musica, sono gli ingredienti principali di una pellicola densa di emozioni e di atmosfera.
In programma anche Gett - The Trial of Viviane Amsalem, diretto da Ronit Elkabetz e Shlomi Elkabetz in cui la protagonista lotta per la sua libertà contro un uomo che usa il suo potere per tenerla legata a sé, in una Israele in cui un divorzio è possibile solo con l’approvazione del marito. A seguire Last Days in Vietnam, di Rory Kennedy, che descrive il dilemma morale di militari e diplomatici americani alla fine della guerra del Vietnam: ubbidire a ordini superiori provenienti dalla Casa Bianca ed evacuare solo i cittadini americani o rischiare l’accusa di tradimento e salvare la vita al maggior numero di vietnamiti possibile.
Chiude il festival la proiezione di “Citizenfour”di Laura Poitras, reduce dal premio Oscar come miglior documentario, e che affronta il tema della mancanza di privacy in una società totalmente dipendente dalla tecnologia, che Edward Snowden evidenzia attraverso l’incontro con la macchina da presa della regista.
Un’originale e approfondita panoramica che affronta temi interessanti e attuali, il Festival rappresenta un’occasione unica e imperdibile per gustare il grande cinema dal respiro internazionale e dalla vocazione solidale.