L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni.

Environment (78)

Nunzio Ingiusto

                                                                                                                                                                         contatto

 

 

GLI IPCEI (Importanti Progetti di Interesse Comune Europeo) possono fare la differenza nella corsa all'uso dell'idrogeno per l'industria del futuro. L'Italia sta costruendo, non senza difficoltà burocratiche, le sue Valley dove l'idrogeno verde viene messo a disposizione delle industrie. Sono soprattutto le piccole e medie, che per combattere i costi in aumento delle energie tradizionali, dovranno convertire le lavorazioni con l'uso di una fonte pulita e priva di emissioni nocive. Ma lo spazio non si limita solo alle piccole, ovviamente. 

Edison ha annunciato che il suo progetto "Puglia Green Hydrogen Valley” è stato selezionato, appunto, per un finanziamento IPCEI per  370 milioni di euro. Il punto di partenza è sempre lo steso: la decarbonizzazione delle filiere. Ne abbiamo bisogno. Ora, è vero che mancano pochi mesi alle elezioni del nuovo Parlamento europeo e che dall'esito delle elezioni dipende il futuro del Green New Deal. Da quando fu lanciato, tutto è cambiato. Il piano è sempre più criticato da governi e forze politiche anti green che tutto sommato si contenterebbero di uno status quo di petrolio, gas e carbone. Questi progetti Ipcei , invece, sono pur sempre "esempi di cooperazione europea, in cui le aziende, gli Stati membri e la Commissione, ciascuno per il proprio ruolo, lavorano per raggiungere un obiettivo comune” dice Giovanni Brianza, CEO di Edison Next. Uscire dal carbone e dalla morsa della CO2 non deve restare solo un ambizione L'Italia è il paese che deve aspirare a un ruolo leader nella transizione energetica. Per la Valley pugliese c'è fiducia per aver ottenuto un riconoscimento che vede all'opera anche partner come Saipem e la società di investimenti Sosteneo.

La vocazione ambientalista di questi soggetti deve avere senso pratico, in particolare in Puglia, Regione al centro di vicende energetiche e ambientali come quella dell'ex Ilva. La cittadella dell'idrogeno sorgerà a poca distanza dell'acciaieria. Le tecnologie previste nel progetto Walley sono delle più innovative e saranno utili anche alla costruzione di una nuova pipeline per il trasporto dell'idrogeno. Qui si aprono nuove prospettive per la riconversione dell'acciaieria che potrà utilizzare idrogeno per forni elettrici in grado di produrre preridotto senza diffondere benzene e altri veleni. Altre acciaierie lo hanno fatto e nonostante a Taranto se ne parli da 10 anni. I 370 milioni di euro vanno spesi bene e in fretta, infine, per misurare la capacità italiana di accettare sfide epocali sul tema ambientale, il più avvincente del nostro tempo.

Cara Italia, quanto sei fragile. C'è altro da aggiungere ? Si è un paese fragile in tutto: per il clima, per il  territorio, per le polveri sottili, le malattie respiratorie. Quello che preoccupa più di ogni altra cosa è dove viviamo o lavoriamo. Caro il nostro paese ancora indifeso dagli eventi climatici. Quante ne abbiamo viste di tragedie annunciate. L'ennesimo report di Legambiente a fine anno ci mette davanti una fragilità indomita.

" Il paese continua a rincorrere le emergenze senza una chiara strategia. Serve una road map climatica nazionale non più rimandabile" dice Stefano Ciafani, presidente di Legambiente. Non mente, il garbato presidente della storica associazione. Nel 2023 abbiamo avuto 378 eventi causati da fenomeni climatici. Li elenchiamo, cara Italia ? Siccità, alluvioni, trombe d’aria, alte temperature, incendi. In molte città si è ripetuto il picco delle emissioni di ossido e biossido di carbonio. La solerte Milano è rimasta in testa alle classifiche europee delle città con il più alto numero di polveri sottili.

Cara Italia, Legambiente fa un lavoro meritorio ed è dalla parte delle cause giuste. Ma tutti coloro che nelle istituzioni ricevono i suoi dati- sempre più gravi- cosa dicono ? Nei dibattiti e nei convegni portano cifre, parlano di progetti, il giorno dopo sistematicamente smentiti dalla realtà. Da almeno trent'anni.

 L'Italia è uno dei pochi paesi in Europa che non ha un piano clima degno del nome. Quello inviato alla Commissione Ue a giugno del 2023, dopo cinque mesi è stato ritenuto inadeguato e lacunoso. Non ci risulta che il governo o il Ministro dell'Ambiente ci abbiano rimesso mano.

Cara Italia, gli eventi estremi in un anno hanno ucciso 31 persone, in media più di 2 al mese. Li abbiamo pianti ma anche pensato: è cosi' difficile e complicato fare fronte a fenomeni naturali che si sa che accadranno.

"Il rischio- ha aggiunto Ciafani- è che l’Italia, senza il Piano e gli adeguati stanziamenti per la prevenzione, assenti anche nella Legge di bilancio, continui a rincorrere le emergenze".

Lombardia ed Emilia-Romagna nell'anno che finisce sono state le Regioni più colpite. Il Report insiste su tre cose da fare subito: adottare il Piano di adattamento ai cambiamenti Climatici; una legge contro il consumo di suolo; superare la logica dell’emergenza agendo sulla prevenzione.

Cara Italia, il governo ha preso nota ? Tutti i progetti inseriti nel PNRR dovrebbero avere come base la tutela territoriale. Se intere Regioni sono esposte a rischi così alti, come è pensabile che un imprenditore investa lì propri soldi. Basta una grandinata, lo straripamento di un fiume e il capitale investito non produce più. Eppure, con la  prevenzione si risparmierebbero i due terzi di quello che si spende per rimediare alle emergenze.

Cara Italia, lentamente e brutalmente ci stiamo abituando a questo stato di cose. Peggio, siamo anche già predisposti a celebrare le prossime vittime. Per negligenza.

 

 

 

 

Un nome accattivante: Think Forestry. Due città già pronte: Torino e Roma. Un piano d'impresa fino al 2025. Banca Intesa si scopre green urban e va alla conquista di spazi verdi. Nemmeno a pensarlo, ma l'annuncio arriva una settimana dopo che il Ministro Raffaele Fitto ha tagliato 13 miliardi di euro dal PNRR per i piani urbani integrati. I sindaci sono sul piede di guerra perché hanno già appaltato i lavori e rischiano contenziosi milionari.

L'iniziativa della Banca capita a proposito, anche se non potrà sostituire l'intervento dello Stato. Dalla cassaforte di Intesa usciranno, infatti, solo soldi per gli alberi. E non arriveranno nemmeno tutti dalla banca.

Con Think Forestry si vogliono piantumare 100 milioni di alberi nei prossimi anni. Ma le imprese clienti della banca  devono collaborare, se no addio frescura e mangiaveleni. Per fine 2023, informa la banca, saranno messi a dimora 2500 alberi a partire da Torino e da giovedì 16 novembre nel quartiere di Mezzocammino a Roma. Gli imprenditori con conti presso Banca Intesa sono partner disposti a radicarsi di più in certi quartieri e mostrano la vocazione verde.

Meglio che niente, intendiamoci, perché chiunque mette soldi per cause ambientali va incoraggiato. Piantumare migliaia di alberi è un obiettivo molto ambizioso, soprattutto in un periodo di fiacca finanziaria.

 Iniziative del genere, tuttavia, non sono facili per le piccole imprese solitamente alle prese con altre urgenze. Non ultime quelle del credito che molte banche non accordano. Intesa seminerà (é il caso di dire) anche per altri istituti di credito ?

Elementi per avere successo ce ne sono. Se una grande banca porta gli imprenditori a riparare guasti ambientali storici, merita attenzione. Purché non mischi business e arbusti.

 
              Antonio Costa
António Costa non è più a capo del governo del Portogallo. Si è dimesso per sospetta corruzione in un giro d'affari legato all'idrogeno verde ed al commercio di litio una materia rara utile per le batterie. 
L'economia verde fa pagare, cosi, un prezzo altissimo al leader socialista pottoghese in carica dal 2015. 
Il Portogallo è molto avanti sull'economia verde, ma  le cose non vengono fatte in modo trasparente. 
Il terremoto politico ha raggiunto il suo apice dopo un'indagine partita nel 2021. Erano state intercettate telefonate del premier in merito anche alla scoperta di una importante miniera di litio. 
La polizia ha setacciato la casa di Costa alla ricerca di prove e i ministeri dell'Ambiente e delle Infrastrutture. In stato di fermo si trovano il capo di gabinetto di Costa Vítor Escaria, l'imprenditore Diogo Lacerda Machado, il sindaco di Sines Nuno Mascarenhas. Sono tutti accusati di corruzione, traffico d'influenza e abuso d'ufficio.
 
 Il Presidente della Repubblica portoghese Marcelo Nuno Duarte Rebelo de Sousa, davanti alle accuse degli inquirenti, non ha potuto fare altro che ha accettare le dimissioni. 
 
A gennaio la Procura della Repubblica di Lisbona aveva confermato l'esistenza di un'indagine su idrogeno e litio che coinvolgeva il governo coperta da segreto istruttorio, ma poi le intercettazioni erano state autorizzate.
 
Costa si è dimesso, ma si è difeso: " voglio dire ai portoghesi, guardandoli negli occhi, che non ho sulla mia coscienza il peso di nessun atto illecito, ho piena fiducia nella giustizia nazionale". 
Se ci sono dei sospetti, allora è giusto che le autorità facciano il proprio dovere, è il giudizio finale dell'ormai ex premier. 
 
I giudici prima di agire hanno spiegato che "i sospetti hanno invocato il nome del primo ministro" riferendo di suoi interventi diretti per mandare avanti le procedure e quindi gli affari nell'economia verde. 
Sarà tutto vero ?  Nell'indagine sono coinvolti anche il ministro delle Infrastrutture João Galamba e quello dell’Ambiente Duarte Cordeiro. 
Sul suo futuro António Costa sembra avere le idee chiare. “È finita una fase della mia vita “ ha detto. “ I procedimenti penali raramente sono rapidi e non aspetterei le conclusioni dei procedimenti per trarre conclusioni”. Ora si aspetta la data delle nuove elezioni. Senza Costa candidato .  

 

La vie est apparue dans les océans il y a plus de 3800 millions d'années. Berceau de la vie sur terre, les mers et les océans sont intimement liés à l'histoire de l'humanité.

La vitesse et la sévérité de la crise climatique nous rappelle comme une évidence que nous ne sommes pas au-dessus des lois de la nature.

Les activités humaines altèrent la surface et la température de la planète, mais aussi les sons.

Le son propageant 4 à 5 fois plus vite dans l'eau que dans l'air, il voyage très loin en pleine mer.

Ce qui bouleverse l’ouïe des cétacés et modifie leurs comportements de plongée.

L’intensité croissante de la pollution sonore suscite pour eux même maladies et échouages.

Ayant abandonné la terre pour la mer voici plus de 50 millions d'années, les dauphins utilisent des fréquences pour communiquer à des distances infinies.

Ils peuvent entendre nos « pensées », car ils captent les infrasons (fréquences inférieures à 20 HZ)

Nos ondes cérébrales Alpha autour de 8 HZ leur parviennent sans discontinuer.

D'un tempérament joueur et pacifique, ce prince des profondeurs océaniques a le mérite d'être aussi un champion de la détection d'ultrasons

Fondamentalement, nous voyons que les dauphins sont bienveillants, animés d'une sorte de compassion à l'égard de notre espèce.

Ils sont d'excellents nageurs et plongeurs avec un profil en torpille, parfaitement hydrodynamique.

A chaque instant ils expriment la joie et la vie, la perfection, la beauté et la bonté.

On pourrait penser que le dauphin soit tellement au-dessus de l'homo sapiens qu'en aucun cas la méchanceté humaine ne saurait l'affecter.

Nous savons que ce gymnaste aquatique sait utiliser son cerveau de manière plus vive que celle d'un humain. Selon nos critères d'humains, ce cétacé a de quoi intriguer...

Les dauphins parlent-ils ? Pour l'essentiel de ce qui est connu, il utilise trois principaux signaux acoustiques ; Les sifflets modulés en fréquences, l'écholocation (sonar-clicks en large bande) et les sons pulsés en rafales (paquets de clicks). A des fréquences élevées, des sons tonals-pulsés combinés.

Un examen plus poussé permet de distinguer la diversité, les nuances d'un large spectre d'émissions vocales qui défie toutes analyses.

D'une durée moyenne de 2 secondes, ces signaux correspondent à une structure significative de syntaxe-grammaire complexe.

En obtenir une réponse n'est pas aussi simple que de composer un numéro de téléphone.

Ils échangent entre eux avec d'infinis variations sur la base de leurs aptitudes de communications à plusieurs niveaux.

A chaque seconde, ces sons injectent instantanément des informations très complexes.

Des informations sur ce qu'ils ressentent, comprennent, ce qu'ils attendent mais aussi des choses insaisissables que nous, humains ne comprendrons jamais...

Les acrobaties qu'ils réalisent par pur plaisirs, sont des signes parlants aussi importants que les sons qu'ils émettent.

Les biologistes marins et les chercheurs spécialisés reçoivent sans cesse de nouveaux résultats à interpréter.

Une quantité d'informations d'observations ont pu être mises en évidence et étudiées expérimentalement.

L'étude du supposé langage parlé des dauphins reste complexe.

Après plus de 50 ans d'efforts de recherches, il n'a pas encore été possible d'identifier, de comprendre1/1 et d'apprendre le langage des delphinidés.

 

Dans cette perspective, j’entends aller au fond des choses.

Je me pose beaucoup de questions concernant les dauphins et leurs différents comportements.

Un rendez-vous a été conclus fin août 2022 avec un spécialiste comportementaliste des dauphins.

IL fait partie d’une équipe d’experts spécialisés dans l’observation et l’approche des cétacés. Pour se faire, cette association, Apex Cétacéa organise des excursions en zodiac au large de Capbreton (région Aquitaine, France).

  

Questions pour l’entrevue

 

Cette proposition d’article n’est pas un traité scientifique et n’a pas la prétention d’apporter des réponses

Catégoriques, ni détenir la vérité absolue.

Mais essayons de faire le point de ce que nous savons ou pas au sujet des dauphins.

Pour ce faire, commençons par une question simple :

 

1)Quel est votre moment préféré avec les dauphins ?

- « A question simple, réponse simple : interagir avec ces animaux dans leur milieu naturel »

 

2)Pensez-vous que les dauphins puissent former des projets et réfléchir sur eux-mêmes ?

« Former des projets, oui ! Dans un sens puisqu’ils décident de leurs déplacements, leurs

destinations et pourquoi ils le font. »

« Ce sont des animaux qui sont conscients du temps, pour migrer, se reproduire et chercher de la nourriture... c’est toujours difficile d’éviter l’anthropomorphisme mais Oui, ils se projettent. »

 

3)La surpêche tue massivement les dauphins. Les sonars désactivent les organes auditifs de ces cétacés qui finissent par mourir de famine.

Selon vous, l’être humain est-il digne de cet « amour » inconditionnel et merveilleux que le dauphin lui porte ?

- « Ces animaux ont une culture, une mémoire...c’est une certitude. Ici dans le golfe de Gascogne, les chalutiers capturent accidentellement entre dix et quinze milles dauphins par an. C’est énorme, cela doit cesser. A la limite de toute compréhension, nous sommes toujours surpris de leur tolérance. Nous le savons déjà, la méchanceté, c’est typiquement humain.

 

4)Que répondez-vous à ceux qui disent que les dauphins ont une intelligence et une sensibilité bien au-delà de celle des grands primates intelligents ?

« Qu’est-ce que l’intelligence ? Ils possèdent des compétences inexistantes chez les humains et vice-versa »

5)Pensez- vous qu’il soit envisageable que le dauphin ait d’avantage appris sur les êtres humains que ces derniers sur le dauphin ?

- « Sur des faits scientifiques, nous n’en savons rien et nous ne pouvons pas le prouver. Avec le temps, nous apprenons les uns des autres et surtout, tout le monde s’adapte. Les dauphins ont un seuil d’adaptation très élevé, sinon ce serait très compliqué pour eux. »

 

6)Selon vous, pourrait-il y avoir une relation télépathique entre humain et dauphin ?

- « Personnellement, je dirais sans doute...j’imagine bien plus que ça. »

 

7)En tant que spécialiste, que pouvez-vous dire de l’étude du supposé langage parlé des dauphins ?

- « Ces animaux sont très évolués. Leurs signaux-dialectes extrêmement complexes varient

selon les espèces et emplacements géographiques. L’océan est un monde de totale obscurité, où des relations entières se forgent à travers le son. »

 

8)Les dauphins ont une vie 100 % aquatique.

Possédant deux poumons, ils sont forcés de faire surface pour respirer.

Nécessitant la plus grande prudence, patience et persévérance, une quantité considérable de travaux scientifiques ont été réalisés pour essayer d’approcher le monde mental des

dauphins. Des tests d’intelligence, psychologiques, musicaux et Psychiques...

 

De votre point de vue, est-il exact qu’un dauphin peut délibérément retenir sa respiration pour mettre fin à sa vie ?

- « Hélas, oui c’est un fait. La respiration, c’est à la demande. Physiologiquement, ils sont obligés d’y penser, ils en sont conscients. »

 

9)Le cerveau des cétacés est très gros et très plissé. Le plissement extrême du cortex a une

surface plus développée que chez aucun autre mammifère, l’être humain y compris. Toutefois une partie non négligeable du néocortex du dauphin reste encore à cartographier.

Selon vous, quelle sont les conditions les plus propices pour obtenir une communication efficace avec les dauphins ?

- « Les conditions les plus propices, c’est quand eux le désirent, de leur plein gré. »

 

10)Il est difficile, faute de pouvoir partager leur vécu, de savoir si les dauphins ont un sens

subjectif du temps qui passe. Toutefois, la mort est pour eux une circonstance spéciale qui

implique un rituel comportemental spécifique.

 

Considérez-vous qu’il soit possible de vérifier par leurs attitudes si les dauphins ont un sens objectif du temps qui passe ?

- « Scientifiquement parlant, nous ne le savons pas encore. Peut-être de façon diffuse. »

 

Une autre voix s’imbrique maintenant dans la continuité de ces questionnements-réponses.

C’est celle d’un scientifique anglais de renommée internationale, le Dr Rupert SHELDRAKE,

Docteur en science naturelles et auteur de plusieurs best-seller mondiaux.

Fondé sur des études rigoureuses, ses recherches se sont concentrées sur le développement et le comportement chez les animaux. Il a étudié aussi les végétaux, la télépathie (encore débattue) la prémonition et autres capacités de perception qui font partie de notre nature biologique.

Dr SHELDRAKE, selon vous, il y a longtemps, l’humanité était-elle capable de communiquer par télépathie avec le monde animal ?

- En réponse à votre question, les humains communiquent désormais par télépathie avec les animaux, comme je le démontre dans mon livre" des chiens qui attendent leur maître et autres pouvoirs inexpliqués des animaux", et je suppose que cela n’a rien de nouveau et qu on peut le constater avec d’autres animaux depuis qu’ils ont été domestiqués.

Dans la rédaction de cet article je constate pour ma part que la reconnaissance de la vraie intelligence du dauphin peut s’avérer douloureuse pour l’égo humain convaincu de sa supériorité sur les autres espèces.

Contrairement aux pertinents propos du Dr.ES d’Ethologie cognitive et cétologue française, qui ne reconnaîtrait pas la haute intelligence du dauphin et au-delà des raisons propres à chacun de la réfuter. J’insiste sur le fait qu’ils peuvent être nombreux à ne pas oser compromettre leur carrière par peur de perdre les subventions à venir ou de paraître irréalistes etc...

Je reste saisi d’interrogations sur le dauphin.

Concrètement, pouvons-nous penser que les sons émis par les dauphins lors de leurs échanges entre eux, soient les seuls ou existerait-il des signaux plus subtils qui nous échappent ? Pouvons-nous penser que le dauphin soit doué d’une conscience spécifique et d’une intelligence innée supérieure ?

Que penser du fait que le dauphin soit capable de scanner avec discernement os, circulation sanguine, état de santé générale ?

Quel regard porter sur la remarquable faculté de cicatrisation de ces mammifères marins ?

Au vu de sa prédisposition à l’autodestruction, on sait aujourd’hui sans spéculatifs, que l’avenir de l’humanité n’est pas rassurant.

Pouvons-nous penser que l’être humain ait une quelconque utilité dans la survie des espèces animales ?

Pouvons- nous dire que le delphinidé a une conscience plus affinée et bien différente de la nôtre, au point de se préserver et de ne pas vouloir totalement communiquer avec notre espèce ?

En y regardant de très près, l’étude de la vraie intelligence des cétacés et en particulier des delphinidés reste non-élucidée.

En réalité, peut-être que nous n’avons pas besoin de la science pour communiquer avec eux. Je pense intimement qu’à un moment donné, depuis l’existence de l’être humain, cela a pu être possible.

Avec mon respect et mes remerciements les plus profonds au Dr Rupert SHELDRAKE et à l’équipe d’APEX CETACEA.

Le foto allegate si riferiscono alla stazione della EAV (Circumvesuviana) di Brusciano (Na) linea Napoli- Nola-Baiano. La struttura è in totale stato di abbandono. È stata ristrutturata e inaugurata a gennaio 2020 con molto denaro pubblico. Da tempo è sporca, incustodita, spesso malfrequentata. Le sue condizioni sono preoccupanti anche per il grande impatto ambientale negativo che si ripercuote sull'intera zona. Molti viaggiatori hanno timore ad accedervi  in ogni ora del giorno. Di notte spesso è rifugio di persone sospette.

La situazione è stata segnalata più volte alle Autorità, ad EAV stessa, al Sig. Sindaco di Brusciano. In seguito a denunce per vari reati, nei giorni scorsi i Carabinieri del Gruppo di Castello di Cisterna al comando del Maresciallo capo Sabatino Russo, hanno intensificato in maniera meritoria i controlli sul territorio cittadino e a quanto risulta anche nell'area a ridosso della stazione. Eppure la stazione è posta a poche decine di metri dalla centralissima Via C. Cucca, al confine con il Comune di Castello di Cisterna.

Il sottoscritto ha molta contezza della situazione e rappresenta il disagio degli abitanti della zona e degli operatori commerciali.  Chi si fa carico di intervenire ? Dalla EAV non sono mai arrivate risposte di nessun tipo. E la Regione Campania? Eppure EAV è azienda  "che opera nel settore del trasporto pubblico su gomma, ferro e funivia, della Regione Campania".

Risulta che altre stazioni ferroviarie della EAV sono state affidate in gestione a soggetti privati. Non sappiamo se sia la soluzione migliore. In passato anche il sito di Brusciano è stato gestito in tal modo. Poi lo stato attuale - pericoloso- che non fa molto onore agli amministratori dell'azienda e a chi deve vigilare sulla sicurezza e il decoro urbano e ai cittadini-viaggiatori.

A quando una rapida ed efficace azione per rilanciare una stazione ferroviaria al servizio di una comunità di oltre 10 mila abitanti?

 

Il cambiamento climatico sta affamando il mondo. Le cinque più importanti agenzie delle Nazioni Unite - Fao, Ifad, Unicef, Oms, Pam- hanno diffuso i dati aggiornati sulla fame e la denutrizione sulla terra. Climate change, epidemie, guerre, nel 2022 hanno colpito 735 milioni di persone. Non hanno avuto accesso a nessuna forma di cibo, lottando (quando non sono morte) contro il peggiore nemico della vita. In tre anni gli affamati del pianeta sono aumentate di 122 milioni. 

Il Rapporto “Lo stato della sicurezza alimentare e della nutrizione nel mondo” ha messo in evidenza gli effetti della pandemia da COVID 19. Tuttavia è ormai accertato che nei Paesi asiatici, africani, dell’America latina la pandemia ha fatto più danni di una guerra mondiale anche per il clima. Mentre il mondo industrializzato discuteva se, come, a quale prezzo distribuire i vaccini ai quei Paesi, donne, bambini e uomini morivano senza conoscerne le ragioni. Il Covid non era da solo a flagellare vite umane. Incendi, tsunami, deforestazione, alluvioni, coesistevano con la malattia. Un sommatoria di fattori disgraziati che hanno rimesso a nudo le contraddizioni del mondo moderno e postmoderno. Come se fosse la prima volta!

Chi vive nei Paesi sviluppati spesso dimentica che la stragrande maggioranza di quelle popolazioni vive in villaggi lontanissimi dai centri abitati, non hanno Tv e smartphone, per lo più non sanno né leggere, né scrivere, aspettano - quando va bene- le organizzazioni umanitarie e le ONG che portano aiuti. I numeri delle Nazioni Unite sono sempre più terrificanti, certo, ma non cadiamo nella seconda dimenticanza da benestanti: pensare, cioè, che il peggio sia passato. No, è vero il contrario. Il programma Onu “Fame Zero” al 2030 si è indebolito e, scrive Chiara Manetti su La svolta.it,  “si prevede che nel 2030, quasi 600 milioni di persone soffriranno di fame “.

Per il Segretario generale dell’Onu António Guterres i motivi per sperare in un miglioramento non mancano, perché alcune regioni del mondo sono sulla buona strada contro la denutrizione. “Nel complesso occorre venire in soccorso degli Obiettivi di sviluppo sostenibile, con un energico e immediato intervento a livello mondiale”, ha detto. Parole non diverse da quelle pronunciate da Papa Francesco in molte occasioni rimaste inascoltate dagli stessi che nei giorni scorsi a Vilnius hanno stabilito come continuare a finanziare la guerra in Ucraina.

In Africa, oggi 1persona su 5 non mangia in quantità sufficiente per sopravvivere e qualcosa si sta muovendo in Sud America. Ma sono percentuali di miglioramento dello 0, che vanno avanti molto piano. Intanto milioni di persone si spostano verso le città alla ricerca di un futuro meno a rischio. Gli effetti perversi di queste migrazioni con le quali convivremo a lungo, sono lo spopolamento delle campagne e l’aumento esponenziale di persone urbanizzate. Si calcola entro il 2050 7 persone su 10 vivranno in città. La maggiore presenza comporterà aumento di CO2, congestionamento urbano per mobilità, lavoro, assistenza, edilizia, consumo di suolo, importazioni di prodotti agricoli. Il mondo gira a rovescio si diceva una volta e chi lo percorre avverte un disagio culturale e politico per la superficialità di molte classi dirigenti ambientalisti da convegni.

Il peggioramento delle condizioni climatiche mondiali non farà che accelerare le modificazioni socio- economiche. Il Rapporto Onu di oggi con i dati delle agenzie di sostegno umanitario allunga la lista dei documenti che i membri del G20 dovrebbero leggere con molta più convinzione. La loro smania di leadership e il tempo impiegato a parlare di guerre di occupazione territoriale, stanno facendo perdere la guerra climatica.


 

L’Italia sta prendendo la giusta strada per la protezione dell’ambiente? A vedere il Rapporto sull’efficienza e la decarbonizzazione preparato dall’Ispra (Istituto per la protezione ambientale) si direbbe di sì: stiamo andando benone. E questo nonostante gli allarmi sull’inquinamento delle città che accusano sindaci ed amministratori di non fare ancora abbastanza. La polemica sollevata sul decoro urbano di Roma da Carlo Calenda contro il sindaco Roberto Gualtieri le rappresenta un po’ tutte.

Andiamo incontro ad un’altra estate di caldo ed afa, dicono i meteorologi,  perché l'Italia resta uno dei Paesi più esposti alle variazioni climatiche. Ma secondo il Report dell'Istituto ambientale abbiamo raggiunto “un’elevata efficienza energetica ed economica”. Dal 2015 al 2021 le emissioni di gas serra sono scese del 27% a fronte di un consumo di corrente elettrica ridotto del 16%. Sono percentuali riferite ad unità per PIL che indicano che il nostro ambiente non solo migliora, ma produce anche risparmi. L‘”Efficiency and decarbonization indicators in Italy and in the biggest European countries” (questo il nome del documento Ispra) ha studiato tutti settori industriali che stanno passando alle rinnovabili. Va detto, tuttavia, che mentre gli investimenti pubblici non sono ancora ai livelli sperati, l'Italia è al secondo posto in Europa- dopo la Svezia- per la quota di consumo interno lordo: 19,4% contro una media del 17,7%. Anche in agricoltura le cose vanno piuttosto bene con le aziende che affrontano le rinnovabili con biometano o altre fonti green. Le performances nel terziario non sono buone. In un solo anno, da Bolzano a Trapani, abbiamo immesso in atmosfera  24 tonnellate di CO2 per ogni miliardo di valore aggiunto prodotto. In altre parole quando creiamo ricchezza ci sono parti della nostra economia che continuano ad inquinare. È lo stesso Ispra a dirci che « l’industria e l’agricoltura rappresentano un’assoluta eccellenza in Europa. Per settori come il residenziale, i servizi e i trasporti ci sono ancora ampi margini di miglioramento ».

Siamo al che fare? L’orizzonte è politico e industriale. Ma industriali e banchieri, in genere, non si muovono se la classe di governo ha idee confuse o è solo linguacciuta. Il governo di centrodestra da fine 2022  ha messo in campo alcune iniziative, diciamo trasversali, per andare avanti verso gli obiettivi ambientali al 2030. Il cammino, però, è lento e per questo due documenti non sono più rinviabili: il Piano integrato clima e ambiente e il Decreto Fer 2 sulle rinnovabili. Sul primo, il governo è in spaventoso ritardo, sebbene a cadenza più o meno mensile riceva proposte di aggiornamenti e integrazioni da parte di  associazioni ambientaliste serie e responsabili. Orecchie tappate. Il secondo provvedimento è stato inviato alla Commisione europea a marzo e Giorgia Meloni e il Ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin farebbero bene a sollecitarne la valutazione.

Si tratta – conclude l’Ispra nel suo rapporto – di “risultati coerenti con la preoccupante distanza delle proiezioni italiane dall’obiettivo di riduzione delle emissioni al 2030, poiché gli obiettivi nazionali riguardano solo i settori disciplinati dal regolamento sulla condivisione degli sforzi di riduzione tra gli Stati europei”. Se l’Ispra dice che dal 1995 al 2021 le emissioni sono cresciute meno dell’economia, dobbiamo augurarci che l’economia continui a crescere e che le emissioni scendano ancora più velocemente rispetto ai sei anni passati. Bisogna mettersi al lavoro per investire su tutte le fonti rinnovabili e sulla ricerca, non compiacersi dei numeri dei report istituzionali, per quanto ben fatti. Lo scacchiere del clima, dell’ambiente e dell’energia è quello mondiale, dove Giorgia Meloni vuole avere più autorità. Fa bene perché rappresenta un grande Paese. Ma inizia  a fare cose indispensabili in casa propria per il bene (tangibile) dei cittadini e per quelli che vogliono investire, ma sono in stand by .

 

 

 C'è chi afferma le posizioni a favore del surriscaldamento globale e chi minimizza o nega il cambiamento climatico ma la corsa per le energie pulite è partita anche se il green, oggi, è di moda. 

 

Ormai il cambiamento climatico è l'argomento più al centro della nostra informazione e delle nostre vite. 

I fatti avvenuti di recente nella nostra Emilia Romagna, ci dicono alcune cose che sembrano distanti tra di loro ma forse facce diverse della stessa medaglia. Una prima tesi, sostiene che siamo davanti a fenomeni irreversibili a cui possiamo rispondere con una vera transizione ecologica che è energetica prima di tutto. 

Oppure, tesi che minimizzano il cambiamento climatico e per i fatti della Romagna, adducono che la causa principale che ha colpito quella terra siano lavori di manutenzione di argini, fossi e fiumi che sono mancati. Parola del fisico Franco Prodi, professore accademico, fratello di un presidente del consiglio, dirigente del Cnr a 30 anni e una carriera spesa tra cattedre e istituzioni prestigiose. E' incontro esperto di microclima e in particolare della formazione di nubi. 

Vediamo il contesto degli esperti e partiamo da qui: gli scienziati che sostengono che le temperature stanno aumentando, sono tanti nella comunità scientifica internazionale. Non me ne vogliano gli esclusi, ma tra di loro ci sono voci altrettanto prestigiose. 

Citiamo tra tutte, la voce di Guido Visconti, fisico, coetaneo di Prodi che come lui ha studiato nel centro meteorologico di Boulder in Colorado. Visconti è anche un accedemico dei Lincei e afferma che “le prove sono schiaccianti: non ci sono dubbi che è in corso un riscaldamento senza precedenti per velocità, e che è responsabilità dell'uomo”. ("Clima estremo: un'introduzione al tempo che ci spetta" di Guido Visconti). 

Coloro che sostengono le tesi della crisi climatica, sostengono le politiche della decarbonizzazione prima di tutto. La questione dei combustibili fossili e delle emissioni non può essere ignorata, insomma. Dobbiamo limitare il livello totale delle emissioni di anidride carbonica, anche con una carbon tax che impone un prezzo alto alle tonnellate di carbonio, seguendo ad esempio il prezzo della Svezia che è quello di 100 dollari a tonnellata. 

E investire ed acquistare fonti rinnovabili elettriche, termiche, solari ed eoliche, cioè tutte energie pulite affinché queste energie possano sostituire le altre. 

Decarbonizzare significa eliminazione dei combustibili fossili da tutti gli usi industriali e sociali, con la sostituzione di bio-metano, di idrogeno verde e il resto sarà tutto prodotto con l'energia elettrica. 

Significa anche rendere i prezzi delle energie rinnovabili, competitivi, alla portata di tutti, soprattutto il fotovoltaico. Ma non solo.

Nell'edilizia, ad esempio, il futuro delle nostre abitazioni saranno gli edifici NZEB, edifici a consumo di energia quasi a 0. Case più isolate, finestre efficienti, ricambi d'aria, cercando di recuperare l'aria dall'interno verso l' esterno. La tecnologia interna per riscaldarci nel futuro delle nostre case sarà la pompa di calore, probabilmente.

E poi, esempi virtuosi, per superare la crisi idriche, per fare un esempio, vediamo il caso emblematico di Barcellona, ​​con la creazione di pozze d'acqua, di veri parcheggi di serbatoio idrico.

 Nella comunità scientifica non tutti sono assertori della decarbonizzazione a ogni costo. Il professore Franco Prodi è invece di parere diverso. Più volte nelle sue interviste ai media, afferma che il “cambiamento climatico richiede adattamento e non panico”. Rifiuta l'approccio catastrofista, il pensiero unico delle Nazioni Unite. “L'aumento delle temperature non è in discussione. Ma prima di tutto bisogna pensare che il cambiamento è connaturato al clima. Ci sono ragioni astrofisiche e astronomiche, oltre a quelle atmosferiche…” (IL FOGLIO, intervista del 1 novembre 2021). 

Il professore cita un esempio. Se lei pensa che le alluvioni, gli eventi estremi, siano in aumento e per questa ragione decidono di alzare il livello degli argini dei fiumi, fa un intervento che comporta certi costi. Se invece decidi di investire sulla salvaguardia dell'ambiente intero fa altri interventi”. Il professore insomma non accetta una visione troppo appiattita sulla Co2 e avanza il sospetto che le transizioni troppo rapide possano provocare scossoni al sistema economico, con effetti drammatici a livello sociale. Ci sono delle strade che possono essere percorse, anche quelle delle energie rinnovabili (che pure hanno dei costi e dei limiti) ma tenendo sempre conto delle conseguenze di ogni decisione. 

Sul clima, insomma la prospettiva è complessa ma va aggiornata. Le posizioni possono essere diverse, si può essere più o meno d'accordo o rinnegare il tutto, ma il tema “ cambiamento climatico”, la discussione sulle soluzioni, la transizione ecologica verso le energie alternative, o meno, sono tutte domande che non possono finire in secondo piano perché presuppongono ingenti costi economici e sociali da cui non si scappa.

Perché se il clima planetario è in evoluzione è pur vero che l'uomo moderno e contemporaneo “può fare bene per il suo bene”.

 

 

L'Italia vuole importare più gas dai Paesi del Mediterraneo e un nuovo gasdotto dovrebbe collegare la Sardegna alla rete esistente. Miglia di chilometri di tubazioni destinate a crescere se i progetti andranno avanti. Ma i gasdotti in attività sono tutti in buono stato o hanno bisogno di manutenzioni ed interventi di riparazione? Secondo Legambiente no, perdono gas che va in atmosfera e non fa bene all'ambiente. Di più, il governo è sollecitato ad intervenire per mettere a posto. Un bel guaio per chi vuole costruire nuove infrastrutture di trasporto di fonti fossili, mentre siamo tutti impegnati nella transizione energetica.

 

 Le preoccupazioni sui gasdotto vengono fuori dalla campagna “C'è Puzza di Gas” che dal 2022 ha toccato Sardegna, Sicilia, Basilicata, Campania, Toscana, Emilia-Romagna, Abruzzo con flash mob, conferenze stampa e dibattiti. Realizzata da Legambiente insieme a Clean Air Task Force la campagna sul territorio ha scoperto 150 punti di dispersione. Esce gas dal gasdotto Greenstream che collega Libia e Italia, dalla centrale di pompaggio di Melizzano in Campania, dall'impianto di Moliterno in Basilicata e in tanti altri posti. Il futuro sviluppo dell'energia non puo' trascurare situazioni di questo genere che hanno a che fare con la sicurezza dei cittadini.Dai dati raccolti all'appello diretto a Giorgia Meloni il passo di Legambiente è stato rapido. In una nota si dice che “per contrastare la lotta alla crisi climatica e centrare gli obiettivi luminosi, si acceleri il passo per ridurre le emissioni di metano e dotare l'Italia di norme stringenti che impongano attività di monitoraggio, rilevamento e riparazione delle perdite negli impianti. Oltre, chiaramente, ad un cambio di rotta delle politiche energetiche.

 

Il governo dovrebbe intervenire sulle società che gestiscono i metanodotti che sono le stesse che gestiranno il futuro hub del gas, se e quando si farà. Le rilevazioni sulle perdite non possono essere rimesse in un cassetto e richiedono interventi urgenti. E' auspicabile anche che ci sia un rapido confronto con le società ei manager che gestiscono le reti di trasporto del gas, Snam Rete gas in particolare che ne ha oltre il 90%. Legambiente denuncia anche casi in cui il gas viene rilasciato volontariamente in atmosfera, il cosiddetto venting che si sparge nell'aria. “La guerra in Ucraina ha mostrato in maniera chiara a imprese, cittadini e amministrazioni pubbliche tutti i limiti della dipendenza italiana ed europea dalle fonti fossili” ha detto Stefano Ciafani, Presidente di Legambiente. “Una situazione che in Italia rischia di peggiorare alla luce non solo delle sostanziose politiche di diversificazione degli approvvigionamenti di gas fossile, ma anche a causa dello sviluppo delle nuove infrastrutture fossili”. Trasformare l'Italia in un hub del gas è “una scelta totalmente sbagliata, perché il nostro Paese deve diventare l'hub delle rinnovabili”. Nel lungo periodo sarà così, ma intanto per alcuni anni di gas ce ne vuole ancora, almeno finché tutte le rinnovabili non saranno convenienti. Ci tocca un periodo di passaggio. Per le importazioni di idrocarburi la Commissione europea vuole rivedere le regole e l'Italia non deve restare alla finestra. Tuttavia, controllare le tubazioni e riparare le perdite è una necessità che non puo' aspettare i tempi della politica.    

 

  

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