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Carlotta Caldonazzo
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La Nuova Destra Riformista Americana: Vermeule, Deneen, Rufo e gli Architetti della Rivoluzione Conservatrice di Trump
Mentre il mondo osserva con attenzione le evoluzioni della politica americana, un movimento profondo e coerente prende forma al di sotto della superficie mediatica. Si tratta della nuova destra riformista, un insieme di pensatori, strategisti e funzionari che — al seguito di Donald Trump — mirano a rifondare le basi morali, istituzionali e culturali degli Stati Uniti.
Non si tratta di un semplice ritorno al passato, ma di un progetto contro-rivoluzionario che vuole riprendersi lo Stato, ripensare la Costituzione e riaffermare valori tradizionali attraverso strumenti moderni. Alcuni nomi sono centrali in questa strategia: Adrian Vermeule, Patrick Deneen, Christopher Rufo, Kash Patel, Stephen Miller e Russ Vought. Sono loro i teorici e tecnici del trumpismo 2.0.
Adrian Vermeule: il giurista della sovranità morale
Professore ad Harvard, ex liberale convertito al cattolicesimo e poi al conservatorismo integrale, Adrian Vermeule è il pensatore più sofisticato del gruppo. La sua teoria del “common-good constitutionalism” propone una rilettura della Costituzione americana non come insieme di libertà individuali astratte, ma come strumento per realizzare il bene comune oggettivo, ancorato alla legge naturale.
Vermeule contesta la neutralità liberale e suggerisce che i giudici e lo Stato abbiano il dovere di promuovere ordine, moralità pubblica e gerarchia. In sintesi: meno diritti soggettivi, più autorità e valori condivisi. La sua visione offre a Trump un linguaggio giuridico per giustificare una presidenza forte, centralizzata e moraleggiante.
Patrick Deneen: il critico del liberalismo
Professore a Notre Dame, Patrick Deneen è l'autore del libro-manifesto Why Liberalism Failed, letto e apprezzato anche da Barack Obama. Ma la sua conclusione è radicale: il liberalismo ha distrutto le comunità, dissolto le virtù civiche e generato un individualismo decadente.
Deneen propone un populismo tradizionalista, basato su autorità locale, comunità religiose e virtù civiche. Il suo approccio ispira una destra post-liberale che non si accontenta di “vincere le elezioni”, ma mira a trasformare l’ethos americano. È la dottrina che giustifica l’offensiva trumpiana contro l’élite culturale, il wokismo e l’individualismo progressista.
Christopher Rufo: il guerrigliero culturale
Se Deneen e Vermeule forniscono la filosofia, Chris Rufo è il commando operativo nella guerra culturale. Giornalista, stratega, ex documentarista, Rufo è diventato celebre per aver portato all’attenzione pubblica l’insegnamento della Critical Race Theory nelle scuole, scatenando un’ondata di reazioni conservatrici.
Rufo è oggi uno degli architetti del progetto di controrivoluzione culturale trumpiana, che punta a ripulire agenzie pubbliche, scuole e università da ideologie progressiste. La sua strategia è semplice ma efficace: nominare, attaccare, polarizzare, con l’obiettivo di mobilitare l’elettorato e normalizzare un'agenda tradizionalista.
Kash Patel: l’uomo dei dossier
Kash Patel, ex funzionario del Dipartimento della Difesa e stretto collaboratore di Trump, è il volto tecnico e operativo della battaglia per il controllo dello Stato profondo. È stato coinvolto in numerose operazioni per smascherare il presunto abuso dell’intelligence contro Trump, e oggi è visto come un possibile alto funzionario in un secondo mandato.
Patel rappresenta il lato più militare e strategico della riforma trumpiana: sfoltire le agenzie, epurare i vertici ostili, riorganizzare il potere federale per garantire fedeltà all’esecutivo.
Stephen Miller: l’architetto della nuova sovranità
Noto per le sue posizioni dure sull’immigrazione, Stephen Miller è uno degli ideologi più fedeli a Trump. Fu lui a concepire il “Muslim Ban”, la separazione dei migranti al confine, e altre misure simboliche che miravano a riaffermare il controllo nazionale.
Miller crede in una visione etnopluralista e sovranista degli Stati Uniti: una nazione con confini chiari, identità forte e governo autoritario. È uno degli artefici dell’idea che lo Stato non sia neutrale, ma difensore attivo della cultura americana storica.
Russ Vought: il burocrate del rinnovamento
Ex direttore dell’Office of Management and Budget sotto Trump, Russ Vought guida oggi il Center for Renewing America, un think tank chiave nel progettare una futura amministrazione trumpiana. Il suo scopo? Costruire un governo populista conservatore che funzioni sul serio.
Vought si occupa di policy e istituzioni: selezione dei funzionari, riforma burocratica, tagli ai fondi delle agenzie ostili, incentivi alle famiglie tradizionali. È lui il tecnico della rivoluzione, colui che cerca di rendere operativa la visione teorica di Vermeule e Deneen.
Oltre Trump: verso una nuova forma di Stato
Questi sei uomini non sono semplici consiglieri o simpatizzanti: sono ingegneri politici, impegnati nella costruzione di una destra americana post-liberale, moralmente aggressiva, istituzionalmente trasformativa. La loro visione va oltre la figura carismatica di Trump: immaginano una nuova architettura dello Stato, fondata su autorità morale, efficienza esecutiva e identità nazionale.
Trump alla Casa Bianca, avrà costoro al suo fianco. Avrà con sé una squadra, una dottrina, una strategia di lungo termine. E l’America potrebbe entrare in una fase nuova, non più dominata dal liberalismo, ma da una destra organica, verticale e a suo modo restauratrice.
Da Mosca, Mark Bernardini. Centotrentunesimo notiziario settimanale di lunedì 2 giugno 2025 degli italiani di Russia. Buona festa della Repubblica nata dalla Resistenza antifascista. Buon ascolto e buona visione.
* Il governo di Giorgia Meloni mantiene le limitazioni sulle armi fornite all’Ucraina. Perché l’Italia contrasta la sedicente idea europea enunciata dal cancelliere tedesco Friedrich Merz.
* Marco Travaglio ha superato se stesso. Godibilissimo. Già impegnatissimo, nell’ordine, a: incendiare casa, auto e altre proprietà di Starmer, mandare in black-out la Spagna, il Festival di Cannes e pure a Nizza, truccare (invano) le elezioni in Romania e (con successo) in tutti i Paesi dove vince quello sbagliato, provocare anche i più piccoli incidenti elettrici, idrici, ferroviari, navali e aerei nei più remoti angoli del pianeta, Putin colpisce ancora.
* La settimana scorsa vi ho riferito di una legge approvata di recente sulla cittadinanza italiana. In realtà, ci sono due questioni distinte, seppur accomunate dall’argomento: gli emigrati italiani all’estero (e loro discendenza), e gli immigrati stranieri in Italia.
* Ciò che osserviamo è che le autorità italiane, sin dall’inizio della crisi ucraina e già dal colpo di Stato del 2014 hanno sempre “assecondato” i leader del Majdan. E dopo il febbraio del 2022, Roma è definitivamente scivolata in una posizione dalla quale esprime approvazione incondizionata nei confronti di tutte le azioni, persino di quelle più efferate, compiute dalla giunta nazionalista di Zelenskij e dai suoi lacchè. “Un sostegno a 360 gradi”, come ama definirlo la Presidente del Consiglio dei Ministri italiano, Giorgia Meloni. In tutto questo periodo, l’Italia ha già accolto in gran festa il malriuscito leader ucraino per ben sette volte, due delle quali in occasione del cambiamento avvenuto ai vertici del Vaticano. In tale contesto, sarebbe un grande evento anche solo scendere a un sostegno “a 359 gradi”. Ma ciò, ahimè, per il momento non accadrà.
* Una canzone del 1973, «Звенит январская вьюга» (Risuona la tempesta di neve di gennaio), tratta da una commedia fantascientifica, «Иван Васильевич меняет профессию» (Ivan Vasil’evič cambia mestiere), nel senso di Ivan il Terribile.
Per questa settimana è tutto. A risentirci e rivederci, sui miei canali!
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