L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni.

Politics (485)

 

 

 

September 30, 2025

September 26, 2025

 

Nel cuore delle istituzioni europee, tra corridoi parlamentari e think tank specializzati, si muove da anni una rete che lavora con discrezione ma grande efficacia: quella dei gruppi di pressione filo-israeliani. Non si tratta di un tema relegato a teorie complottistiche, ma di un dato politico che emerge chiaramente dalle attività pubbliche e dai registri ufficiali delle lobby. Dal 2005, a Bruxelles opera l’AJC Transatlantic Institute (TAI), filiale europea dell’American Jewish Committee, una delle organizzazioni ebraiche più influenti degli Stati Uniti. Con un budget di circa 700 mila euro l’anno, provenienti da un’associazione madre dal patrimonio miliardario, il TAI si è dato una missione dichiaratamente politica: rafforzare i rapporti tra Europa, Israele e Stati Uniti, promuovere valori democratici e contrastare l’antisemitismo. Alla guida, oggi, c’è Benedetta Buttiglione, figlia dell’ex leader democristiano Rocco Buttiglione. Uno degli strumenti più efficaci è la rete dei Transatlantic Friends of Israel (TFI), gruppo interparlamentare che raccoglie 148 deputati ed eurodeputati, 33 dei quali italiani. Dal 2009, la TFI ha costruito legami trasversali che vanno da Fratelli d’Italia al Partito Democratico, passando per Forza Italia, Italia Viva e Azione. Nel febbraio 2024, in piena crisi a Gaza, lo stesso gruppo organizzava al Senato una tavola rotonda per celebrare i 75 anni di relazioni diplomatiche tra Italia e Israele: un segnale di sostegno bipartisan che non è passato inosservato.

Tra i nomi più attivi spiccano Marco Scurria (FdI), presidente della sezione italiana, Mariastella Gelmini (Azione), Stefania Craxi (FI) ed Enrico Borghi (IV). In Europa, invece, un ruolo di primo piano è quello di Fulvio Martusciello (FI), a lungo presidente del Comitato UE-Israele. Nonostante in passato sia finito al centro di controversie legate a rapporti con lobbisti indagati, è stato riconfermato nel 2024 capo delegazione di Forza Italia con oltre centomila preferenze personali. Un capitolo a parte merita l’attuale ministro degli Esteri Antonio Tajani. Già nel 2007 figurava tra i promotori della European Friends of Israel, organizzazione che allora contava più di mille parlamentari. Da commissario europeo ha spinto per una forte integrazione economica e tecnologica con Israele: basti pensare che tra il 2000 e il 2011 le importazioni europee da Tel Aviv sono più che raddoppiate, arrivando a 17,6 miliardi di euro. Tajani ha inoltre favorito la partecipazione israeliana a programmi strategici come Copernicus per la navigazione satellitare e i progetti UE sulla sicurezza, dove Israele è oggi il partner non europeo più attivo. Dalla cooperazione industriale alle conferenze internazionali – come la Go4Europe del 2011, in cui Tajani condivise il palco con esponenti del governo israeliano e grandi fondi d’investimento – emerge con chiarezza come l’asse tra Bruxelles, Roma e Tel Aviv non sia un fenomeno episodico, ma un dato strutturale della politica europea. La narrativa ufficiale parla di valori condivisi e alleanza contro minacce comuni, ma dietro questo linguaggio istituzionale c’è anche la concretezza di interessi economici, tecnologici e militari. L’attività delle lobby filo-israeliane, trasparente nei registri ufficiali e visibile negli eventi pubblici, solleva così una domanda che va oltre le simpatie politiche: “…quanto pesa realmente Israele nelle scelte delle istituzioni europee e nazionali?…”

September 23, 2025

 

La polizia sotto assedio alla stazione di Milano Centrale

È degenerata in violenza la manifestazione pro-Palestina tenutasi ieri nei pressi della stazione centrale di Milano. Un corteo partito con intenti dichiaratamente pacifici si è trasformato in una vera e propria guerriglia urbana. Il bilancio parla chiaro con oltre 10 manifestanti fermati, 60 agenti delle Forze dell’Ordine feriti, danni a infrastrutture pubbliche con pesanti disagi nel trasporto ferroviario e locale. Una scena che ha lasciato sgomento il Paese e scatenato immediate reazioni politiche. Le immagini di scontri e devastazioni sono rimbalzate sui media nazionali, suscitando la ferma condanna del premier Giorgia Meloni asserendo: “Quanto accaduto a Milano è indegno di un Paese civile. Nessuna causa giustifica la violenza. Mi aspetto una condanna unanime”. Il vicepremier Antonio Tajani ha parlato di “violenza deprecabile” e ha sottolineato che “strumentalizzare il conflitto in Medio Oriente per attaccare le istituzioni italiane è irresponsabile e pericoloso”. Anche il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha denunciato la “preparazione deliberata di un attacco contro la Polizia”, ipotizzando una regìa organizzata dietro i disordini. Il vicepremier Matteo Salvini è andato oltre, proponendo una misura drastica: “D’ora in poi chi organizza cortei dovrà versare una cauzione. Basta tollerare che pochi delinquenti mettano a ferro e fuoco le città”. Dalle prime ricostruzioni, pare che parte dei manifestanti più violenti sia riconducibile a realtà antagoniste ben note sul territorio milanese, in particolare al centro sociale Leoncavallo, da anni crocevia di frange estremiste ed incubatore di proteste radicalizzate. Peraltro, non è la prima volta che simili ambienti fungono da base logistica ed ideologica per manifestazioni sfociate in scontri con le Forze dell’Ordine. Il clima che si respira attorno a queste realtà è tutt’altro che pacifico, e spesso agisce da detonatore per tensioni premeditate.

 Anche il confronto con quanto accaduto in altre città d’Italia negli ultimi giorni, si evince il carattere straordinariamente violento dell’evento milanese. Nelle città di Roma, di Bologna, di Torino e di Napoli, infatti, le manifestazioni pro-Palestina si sono svolte con toni accesi ma, salvo episodi isolati, senza degenerare in scontri organizzati. Anche nei casi di blocchi stradali e contestazioni pubbliche, il dialogo con le Forze dell’Ordine ha evitato l’escalation, dimostrando che è possibile manifestare senza trasformare le città in campi di battaglia. Milano, al contrario, è diventata il simbolo di un degrado militante che prende in ostaggio le piazze per obiettivi politici oscuri, ben lontani da qualunque istanza di solidarietà internazionale. Dal centrosinistra, la segretaria del PD Elly Schlein ha preso le distanze dalla violenza, dichiarando che “…i fatti di Milano sono gravi e mai giustificabili…”.

Ma le reazioni dell’opposizione non sono bastate a smorzare le polemiche, soprattutto dopo le dichiarazioni ambigue del Movimento 5 Stelle: “Noi stiamo dalla parte di chi è sceso in piazza”, ha dichiarato un esponente grillino, scatenando un’ondata di critiche. Nel caos del dibattito, emerge anche la posizione discutibile di alcuni sindacati, in particolare l’USB, che nelle ore successive agli scontri ha difeso i manifestanti, accusando il Governo di “repressione autoritaria”. Una presa di posizione che richiama vecchie retoriche e crea un clima pericolosamente simile a quello alimentato storicamente dai sindacati della cosiddetta “triplice”, oggi apparentemente più silenziosi, ma già pronti, secondo alcuni osservatori dell’Intelligence e della Digos, a cavalcare l’onda del dissenso per scopi politici. Le critiche verso l’esecutivo sembrano, infatti, più mirate a destabilizzare l’attuale maggioranza che a difendere i diritti concreti. In un momento in cui servirebbe responsabilità e moderazione, alcuni sindacati preferiscono gettare benzina sul fuoco. Secondo me, siamo lontani dall’essere un atto isolato e quello di Milano sembra inserirsi in una strategia più ampia di pressione contro il Governo, fatta di tensioni create ad arte, rivendicazioni pretestuose ed una narrazione tossica. Il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, pur vicino a certe istanze, ha preso le distanze dagli eccessi: “Il vandalismo non aiuta la causa palestinese e chi trasforma le piazze in teatri di scontro danneggia tutti”. Nel frattempo, i cittadini hanno pagato il prezzo più alto con i trasporti pubblici paralizzati, i treni in ritardo o cancellati ed una città nel caos. È il momento che Istituzioni, forze politiche e sociali, ma soprattutto i sindacati, facciano un passo indietro e restituiscano alla protesta il suo valore autentico, lontano da derive violente e strumentalizzazioni.

September 22, 2025

September 19, 2025

Il recente via libera della Camera alla riforma della giustizia segna un momento decisivo per il sistema giudiziario italiano. Si tratta di una tappa fondamentale di un percorso lungo e complesso, che vede Forza Italia da sempre in prima linea per garantire efficienza, equità e trasparenza nella macchina della giustizia. È una riforma che porta con sé il peso della storia, il valore del cambiamento e il segno indelebile dell’impegno politico e personale del Presidente Silvio Berlusconi, che più di ogni altro ha denunciato e combattuto gli abusi e le distorsioni generate da una magistratura non sempre fedele ai principi costituzionali di terzietà e imparzialità. Il cuore della riforma è la separazione delle carriere tra Magistrature giudicante e requirente, una misura attesa da decenni e mai realizzata fino ad oggi. Con l’istituzione di due distinti Consigli Superiori della Magistratura, viene finalmente riconosciuta l’esigenza di garantire autonomia e indipendenza reale a ciascuna funzione, evitando commistioni che, nel tempo, hanno contribuito ad alimentare dinamiche correntizie e logiche di appartenenza ideologica.

 

La separazione delle carriere non è, come qualcuno ha voluto far credere, un attacco all’autonomia della Magistratura, bensì un rafforzamento delle garanzie costituzionali che tutelano i diritti dei cittadini e il corretto funzionamento del processo. Peraltro, la riforma non si ferma qui, tra i punti qualificanti vi è anche la nascita dell’Alta Corte disciplinare, un organo terzo e indipendente deputato a giudicare le condotte dei magistrati, ponendo fine a quella pericolosa autoreferenzialità che ha spesso protetto comportamenti discutibili e quando non apertamente lesivi della dignità delle istituzioni. Insieme a questa novità, l’introduzione del sorteggio per la nomina dei membri togati del CSM che rappresenta un ulteriore passo verso la trasparenza e l’equilibrio, spezzando il meccanismo opaco delle correnti, e riportando il merito e l’indipendenza al centro del sistema. Questa riforma, tanto attesa quanto osteggiata da chi difende privilegi e status quo, rappresenta una conquista di civiltà. Per l’Italia significa voltare pagina dopo anni di abusi, fughe di notizie pilotate, processi mediatici e carriere condizionate da appartenenze politiche. Tutto questo significa ridare fiducia ai cittadini, agli imprenditori e agli investitori internazionali, che chiedono regole certe, giudici imparziali, e tempi di giustizia compatibili con un Paese moderno. Ed il merito di questo risultato va riconosciuto a Forza Italia e al suo fondatore, Silvio Berlusconi, che ha trasformato le sue battaglie personali in una causa di libertà e giustizia per tutti. Una visione che oggi trova concreta realizzazione e che merita di essere completata con il via libera definitivo del Parlamento. Sarebbe la degna conclusione di una lunga battaglia politica e ideale, ma soprattutto l’inizio di una nuova stagione per la giustizia italiana, più giusta, più libera e, finalmente, al servizio dei cittadini.

September 18, 2025

Parlare oggi di “occupazione” come origine del conflitto israelo-palestinese significa ignorare la storia o, peggio, riscriverla. Nel 1964, quando nacque l’OLP, Gaza era sotto controllo egiziano, la Cisgiordania era giordana. Israele non occupava quei territori. E allora perché nacque l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina? Non certo per liberare Gaza o Ramallah, ma per cancellare Israele. Lo dichiaravano apertamente: eliminare lo Stato ebraico, gettare gli ebrei nel mare. E questa è la radice autentica del conflitto, ben lontana dalla retorica dell’occupazione. Nel 1967, Israele reagisce a una minaccia militare concreta e prende il controllo di Gaza e Cisgiordania nella Guerra dei Sei Giorni. Da allora, prova ripetutamente a trattare con i palestinesi, offrendo loro pace e territori. Nel 2000, Ehud Barak propone il 97% dei territori richiesti. Rifiutato. Come sempre. Poi arriva il 2005: Israele si ritira da Gaza. Smantella insediamenti, rimuove con forza i propri cittadini, perfino le tombe degli ebrei per proteggerle da profanazioni. Nessun ebreo, né vivo né morto, resta a Gaza. E ancora: Israele lascia le serre, infrastrutture agricole funzionanti che esportavano milioni di fiori in Europa. Un intero settore economico regalato, con il supporto anche di imprenditori privati internazionali. Cosa fanno i palestinesi nelle prime 24 ore? Distruggono tutto ciò che era stato impiantato da Israele dalle sinagoghe alle serre e, persino, gli impianti. Iniziano a smantellare e non a costruire.

Peraltro, poi, arrivano le elezioni ed Hamas prende il controllo. Una donna, la prima donna eletta si vanta pubblicamente di aver mandato tre suoi figli a morire da attentatori suicidi e promette di sacrificarne altri sette. Con queste dichiarazioni fu celebrata la democrazia? È questa la guida politica che avrebbe dovuto costruire uno Stato? Hamas non ha liberato Gaza, anzi l’ha trasformata in una prigione. E con tutti quei miliardi ricevuti in aiuti internazionali invece di investire in ospedali, scuole ed infrastrutture civili, ha costruito una rete di tunnel sotterranei più vasta della metropolitana di New York. E non per difendere i civili, ma per trasportare armi ed organizzare attentati. Gaza aveva tutto per diventare una Singapore del Medio Oriente. È stata un’occasione storica, ma è stata sprecata. E allora, chi continua a parlare solo di “occupazione” dovrebbe guardare ai fatti. Per decenni, il popolo palestinese ha avuto opportunità concrete per costruire pace e prosperità, ma le ha rifiutate. Purtroppo, ha scelto la via della distruzione, della propaganda e del martirio, come identità nazionale. La sofferenza dei civili palestinesi è reale, ma non è tutta colpa di Israele. È frutto anche, e soprattutto, di una guida politica che ha preferito la guerra alla convivenza e la morte alla vita. Riposizionare la storia al centro del dibattito non significa negare le sofferenze, ma smascherare le narrazioni distorte che impediscono una soluzione reale e finché il mondo, giustificherà tutto, in nome di una presunta occupazione, continuerà a condannare i palestinesi a restare ostaggi del loro stesso passato.

September 14, 2025

September 11, 2025
  Antonio Tajani

L’aula del Parlamento dovrebbe essere il luogo del confronto politico serio, anche acceso, ma sempre rispettoso delle istituzioni e del ruolo di chi le rappresenta. Quanto accaduto nelle ultime ore ai danni del ministro degli Esteri Antonio Tajani rappresenta invece uno scivolamento grave nel linguaggio e nel metodo del dibattito politico. La senatrice del Movimento 5 Stelle, Alessandra Maiorino, in un intervento dai toni volutamente provocatori, ha definito Tajani un “influencer prezzolato”, un’accusa che va ben oltre il dissenso legittimo e si inserisce in una strategia ormai ricorrente del M5S di delegittimare gli avversari, non attraverso il confronto sulle idee, ma colpendo sul piano personale e insinuando sospetti. L’On. Antonio Tajani, uomo delle istituzioni, con una lunga carriera politica alle spalle sia in Italia che in Europa, ha dimostrato equilibrio, competenza e senso delle istituzioni.

È innegabile che la sua comunicazione pubblica sia efficace e moderna, ma ridurre il suo ruolo a quello di un semplice “influencer” significa ignorare il lavoro diplomatico che sta portando avanti in un contesto internazionale sempre più complesso. Parlare di “prezzolamento”, termine che allude a corruzione o servilismo, è qualcosa di ancora più grave, che getta fango senza portare alcun contributo utile alla discussione. Il Movimento 5 Stelle, che si è fatto promotore di una politica “differente”, rischia sempre più spesso di ricadere in un populismo urlato e privo di contenuti. Invece di proporre alternative serie, preferisce colpire le figure più esposte del governo con accuse al limite della diffamazione, facendo leva sulla rabbia e sulla sfiducia. Ed è proprio in momenti come questi che la politica dovrebbe dare prova di maturità e responsabilità. L’On. Tajani, dal canto suo, ha scelto di non scendere al livello della polemica personale, rispondendo con sobrietà e fermezza. Un comportamento che conferma la sua postura istituzionale e il suo rispetto per il ruolo che ricopre. Se la politica italiana vuole recuperare credibilità, dovrebbe prendere esempio da chi, come lui, difende le proprie idee senza bisogno di insultare gli altri. L’attacco gratuito della senatrice del M5S è un segnale preoccupante e peraltro quando si esauriscono gli argomenti, resta solo l’invettiva. Tuttavia la dignità del confronto democratico merita ben altro.

September 10, 2025

Alessandro Barbero era insieme a Marco Travaglio la sera del 9 settembre 2025 nell'arena grande del Circo Massimo, ovvero neanche troppo grande abbastanza per contenere il dibattito serale gremito di gente, di quella sera della Festa del Fatto Quotidiano 2025. Erano loro due per fortuna anche su maxi-schermo a parlare di guerre giuste/sbagliate, paci giuste/sbagliate, Diritto Internazionale, genocidi, odio ancestrale/storico, "...la storia...tanto difficile da capire nel presente... " ribadiva il Prof. Alessandro. 

Ottima iniziativa, ancora in corso fino al 14 settembre a tutte le ore e quella al top, di Barbaro/Travaglio, è stata catalizzante per tanti "giovani progressisti": peraltro, per quanto grande potesse essere statal'arena appunto, non tutte le persone sono entrate nello spazio adibito. Quindi - come da foto da me scattate - le persone si sono accalcate allegramente e ordinatamente, sedute, in piedi, lungo i bordi sopra-elevati del Circo Massimo, lungo le passerelle metalliche, sui prati intorno, sulle transenne e sulle impalcature! Bellissimo: un popolo sufficientemente giovane che per ben due ore e mezzo è stato in rispettoso silenzio ad ascoltare e ad applaudire il grande Alessandro Barbero e le interessanti domande del Direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio! Non sembra vero: schiere di giovani normalmente "aperitivanti seriali", sempre con il cellulare in mano a fare messaggini sciocchi e ripetitivi, ora erano, al Circo Massimo, ad "ascoltare" e non solo a "sentire". Vi è differenza. Non sembra vero: erano ad ascoltare la storia dell'Europa, in silenzio, per ore, per capire le vere origini delle guerre, sostanzialmente risultato di paci ingiuste e da scorrettezze rispetto ai trattati firmati. Si possono portare ad esempio gli accordi di Minsk da parte dei nazisti ucraini o gli accordi di Oslo e dell'ONU da parte dei nazisti sionisti, che stanno cacciando cristiani, veri ebrei e palestinesi dalle loro terre, dalla Palestina (...da Cipro, dalla Sardegna e da altri territori che gli fanno gola, adesso che scappano dai missili iraniani... che non si aspettavano a Tel Aviv...). 

Quindi guerre giuste/sbagliate, paci giuste/sbagliate: circa 20.000 persone giovani, attente, la maggior parte ipnotizzate dalle parole di Barbero, che spiegava la Pace Giusta di Westfalia, dopo la guerra dei trent'anni di odio religioso assoluto, la Pace Ingiusta di Versailles, dopo la prima guerra mondiale,... Barbero, stimolato da Travaglio e dagli applausi del pubblico, spiegava "... la lama scagliata sul terreno nemico da parte dei romani ...era per dichiarare UFFICIALMENTE guerra...": cosa che ormai non si fa più! Si mandano bombe dappertutto, droni dappertutto, senza dichiarare guerra!! Si pensi alle bombe lanciate dai nazisti ucraini in Donbass dal 2014 al 2022, prima che Putin rimettesse le cose in ordine, dopo il colpo di stato di Maidan del 2014, organizzato dagli amici di Vittoria Nuland, vista in piazza nel 2014 in prima linea, senza averne la cittadinanza. In Ukraina non doveva mettere piede neppure Hunter Biden, e nemmeno i complici del servizio segreto MI6 inglese o gli amicucci NATO, piazzati lì da tempo. Purtroppo per loro però, recentemente, sono stati uccisi dai bombardamenti mirati russi in 63, ovvero mirati dopo che due ufficiali inglesi della NATO sono stati “pescati” in Ucraina: hanno "cantato" sulla posizione delle pseudo-basi NATO illecite sul territorio ucraino e i siti sono stati polverizzati. Peraltro alla NATO dovrebbe dichiarare guerra alla Ucraina visto che ormai è chiaro che gli attentati ai gasdotti tedeschi - quindi ad un membro NATO, ovvero il North-stream 1 e 2 - sono stati organizzati da ucraini insieme a servizi segreti deviati occidentali...tutto ovviamente svolto con i soldi dei cittadini europei. Sui quali Barbero giustamente ha detto, sul palco del Fatto Quotidiano, che "...sarebbero soldi da spendere per la sanità e per la scuola ... altro che per le armi per l'Ucraina...!! 

Ma veniamo al punto saliente del titolo di questo articolo: se tanti "giovani progressisti" presuntivamente più di sinistra che di destra, sono stati tanto intelligenti, saggi, rispettosi, volenterosi, strategici, intellettuali, sociali, socievoli, intuitivi, curiosi, costituzionali e aggiungete voi altri aggettivi positivi possibili per questa serata meravigliosa partecipata con Barbaro e Travaglio al Circo Massimo, come mai questi stessi "giovani progressisti", si ribadisce presuntivamente più di sinistra che di destra, non ci hanno seguito nelle manifestazioni contro le violazioni della Costituzione sul green-pass e i vaccini killer?

Come mai non ci hanno seguito ed anzi ci hanno spesso isolato, vituperato, bloccato sui telefonini per non ricevere notizie sulla verità: eppure era già chiaro intuitivamente, fin da subito, che si trattava di vaccini bio-weapon con brevetto militare, come ormai ammesso e desecretato! Erano troppo presi dalle loro palestre ed aperitivi/birrerie/stadi da frequentare? Erano troppo deboli da incalzare contro Conte, Speranza e Draghi, che proponevano fake news sull'efficacia dei vaccini e sull'eticità del vaccinarsi? Etica? Basta riascoltare le registrazioni decretate del Comitato Tecnico Scientifico COVID19: tutti da galera o quasi. Adesso dopo tre anni, sono state ammesse/ riconosciute tutte queste verità? Ed i morti da vaccino? E le famiglie rovinate da infiammazioni ovunque, ictus, turbo-cancri, miocardite, herpes Zooster, autismo? Si possono ancora svegliare? Perché quei "giovani progressisti" hanno rifiutato i dettami costituzionali ed hanno permesso ai loro aguzzini nelle università, negli ospedali, nelle scuole, di sottoporsi ad un siero sperimentale senza "Prescrizione Medica Limitativa RRL" prevista dalla lettera AIFA del 20 dicembre 2020? Comunque ora, a verità scoperte sui vaccini COVID-19, loro, ancora giovani e magari con mutui da pagare, possono avere un risarcimento per ogni dose di vaccino fatta, anche senza aver avuto effetti collaterali: basta cercarmi su Messenger/Facebook e gli spiego tutta la procedura.

Noi "popolo di controllo incontaminato", non vaccinato, ci mettiamo a disposizione per questi "giovani progressisti", che stanno risollevando la testa, su Gaza, sulle tasse universitarie, sulle liste di attesa della sanità pubblica, sui mutui speculativi... saremo insieme quindi nelle prossime elezioni politiche, con quei piccoli partiti ora fuori dal Parlamento, che ci hanno salvato dai vaccini, da nuovi lockdown, dalla presenza dell'Italia in nuovi accordi con l'OMS e, solo dopo, potremmo vincere insieme: contro sionisti, nazisti ucraini, Big Pharma banche speculative, Fondi speculativi finanziari, mutui speculativi, espropri coatti della falsa "green-economy", aste giudiziarie speculative e quant'altro. Giovani di sinistra e di destra insieme - categorie ormai inutili in questo sfascio totale dei diritti umani e del Diritto Internazionale: entrambi parte del POPOLO SOVRANO giusto, previsto dalla COSTITUZIONE italiana, negli articoli fondamentali: "... la Patria appartiene al POPOLO SOVRANO .." e l'accordo di Cassibile del 1943 si può stralciare prima della scadenza... si è esagerato troppo nel vituperare e massacrare il POPOLO SOVRANO italiano.

 

September 07, 2025

  

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