L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni.

Fashion, Art and Cinema (62)

                                       

Antonella Pagano

 La PM Management Group Production Film Production SRLs di Piero Melissano, annuncia il prossimo progetto: " Fazenda - Una Terra, due Sogni".

Le riprese cinematografiche si terranno nel mese di febbraio 2026, a Torre Paduli- Ruffano, in provincia di Lecce.

La sceneggiatura è stata scritta dalla giornalista Francesca Currieri, originaria di Castelbuono, residente a Partinico in provincia di Palermo. La regia è stata affidata al regista palermitano Andrea Milici, le musiche al compositore Alfredo Gilè, anche lui siciliano, vive a Palermo. Il set vedrà la presenza di attori, capaci di interpretare la storia, rendendola ancora più autentica, emozionante e toccante: Antonella Salvucci, Fausto Morciano, Giuseppe Molonia, Matteo Tosi e Fabio Foglino.

Alla domanda, rivolta al produttore Piero Melissano, in merito al progetto filmico, lo stesso risponde: "questo progetto filmico, non è soltanto un racconto cinematografico ma, è un voler trasmettere un messaggio di speranza e resistenza. Questo progetto racconta la storia vera di chi, con coraggio e con i sogni in tasca, lascia la propria terra, affrontando sacrifici e disagi per poi ritornare e costruire il proprio futuro. questa storia, continua Melissano, ci ricorda quanto sia importante e fondamentale, non arrendersi dinanzi le difficoltà che la vita ci pone e quanto l'amore per la propria terra e le proprie radici, possa simboleggiare un punto di forza, un rifugio sicuro e una spinta verso un futuro sconosciuto, ma che fa sperare in una vita migliore.

Buon lavoro a tutta la troupe con la certezza che il film sarà un successo.

 

 

 

Viandare, che meraviglia! Quante strade! Quanti percorsi anche d’estate! Osservo le cartelle colorate sull’oramai ciclopica libreria-archivio nel mio studio sotto il cielo di Roma e leggo sui dorsi i nomi delle città, dei paesi e dei borghi dove la Bella Parola mi ha portato. D’estate in estate vanno moltiplicandosi le mie Poesie dei Territori fisici e dell’anima che da sempre alacremente coltivo. Storie di terra, di alberi, di valli e colline, di monti e stradine, di volti e volti e volti…e racconti, di sussurri e canti, storie di vicoli e piazzette, di sagrati e cieli dorati, di chiome colme di frutti e chiome mosse dal vento, storie di mari increspati e cinguettii, di cicale pettegole e sfaccendate e gabbiani, di fruscii e gufi dai notturni canti. E’ così che parto, che viaggio, arrivo nei luoghi e ritorno a casa. I miei campanelli ogni volta devono stringersi fra loro dentro le valigine perché vi ripongo i cimeli, le piccole reliquie ricordo di quei territori: la conchiglia bucata, la pietra levigata a forma di cuore, la foglia ricamata dell’acero, la ghianda della quercia sperduta, il fiore sbocciato sul ciglio della strada, la piuma bianca che m’ha aspettato sulla soglia…volata forse dall’ala dell’angelo che m’ha vegliato e poi: voci e voci, tutte le voci che ho incontrato questa estate come ogni estate da viandante.

So che ama perdersi nella Poesia ma perché a Massa Carrara?

Mi capita sempre più spesso di incarnare i versi e gli scritti di tanti autori; capita spesso anche per i testi di magistrati e giuristi/scrittori di tutta Italia che partecipano al Premio Jus Arte Libri del Salotto Letterario Giuridico cui appartengo. Un salotto glorioso, con 26 anni di storia, che l’Avvocato Antonella Sotira, Contessa Frangipane, ha fondato e che conduce con piglio da guerriera. Il Salotto -virtuosamente confluito nello storico Premio Bancarella- quest’anno, dal Palazzo Ducale di Massa Carrara e fino alle prestigiose dimore e piazze pontremolesi, ha proposto lo “JusInCanto”.  Dentro questo scrigno, maturato negli anni, la mia voce ha colmato di sostanza emozionale e tessuto di fili significanti le splendide pagine, per esempio, della Saga di Domitilla Calamai, una degli IusAutori finalisti del Premio JusArteLibri, presente insieme ad Andrea Mitresi, Emanuele Gagliardi, Sebastiano Sorbello e Giorgio Orano con le loro opere.

Era la prima volta in terra Toscana?

In verità non è la prima volta. Anni fa, in quel di Firenze, sono stata convocata dall’Associazione Pinocchio e poi anche nella circostanza del passaggio del Giro Ciclistico d’Italia con una speciale testa di ponte unitasi al Giro cui diedi il via con la mia parola poetica, vessillo preziosissimo dentro la corte d’uno dei più antichi Palazzi di Firenze. Questa di Massa Carrara vanta i Patrocinii de’: i Comuni di Massa Carrara, Pontremoli e di Roccella Jonica, della Provincia di Massa Carrara, della Fondazione Città del Libro Premio Bancarella, della Societè Europeenne de Culture, della Fondazione Nazionale Carlo Collodi. Il “Premio Jus Arte Libri-Il ponte della legalità” e l’Associazione “La Rivincita” -presidente l’Avvocato Carmen Federici- con i saluti istituzionali del Presidente della Provincia di Massa, Gianni Lorenzetti, del Sindaco del Comune di Massa, Francesco Persiani, del Col. Alessandro Dominici Comandante Provinciale Arma dei Carabinieri di Massa Carrara e del Magistrato Cosimo Maria Ferri Consigliere della Fondazione Città del Libro, hanno segnato la storia del prestigioso Premio; quanto a me, stare con i libri e leggere è più che gioia, toccare con mano le nuove preziose pagine che vanno a sommarsi alle memorabili sia del Premio Jus, che in 26 anni di attività ne ha cumulate una infinità, che del Premio Bancarella lungo con i suoi 73 anni e 73 gloriose edizioni, credo sia un privilegio che, fin’ora, non ha eguali. Peraltro, fa ben sperare per le sorti del libro e della lettura. Ad ogni buon fine, l’intento del mio prestare la voce mira ad indurre la riflessione sui poteri della voce umana e sul valore del saper leggere. Non dimentico il divino Dante; Egli scrisse la Divina Commedia proprio per la voce umana e il suo primo lettore in pubblico fu il Boccaccio. M’impegno molto e da molti decenni con la lettura, oltre che con la scrittura, in scuole e istituzioni delle più varie, compresi i teatri, sia con miei che con scritti altrui; dichiaro, pertanto, con fermezza, che la lettura ha un compito fondamentale all’interno di una società e di una cultura che richiedono, oggi più che mai, di padroneggiare una moltitudine di codici. Questo mio convincimento sostiene anche l’urgenza di inquadrare il valore lettura dentro una cornice di più ampio e composito respiro, come dire di articolata creatività culturale che supporti tutte le età. Attraverso la lettura, chi educa aiuta chi si educa a comprendere il significato di una esperienza, e la lettura è una esperienza, la bella lettura è esperienza eccellente, l’ascolto di una bella lettura è preziosa esperienza coinvolgente ed educante difficile da dimenticare. Ai bambini e ai giovanissimi, verso i quali sento di dover dedicare sempre più tempo, benchè lo faccia con tutte le fasce d’età, va trasmessa la passione e il piacere di leggere, anzi il gusto di leggere, piacere e gusto che possono essere attivati solo da adulti che abbiano saputo valutare la lettura quale risorsa e strumento per l’autoformazione e che s’impegnano, perciò, a porgerla pienamente, insomma in tutto il valore.

Lei è una sociologa, poeta e performer, anche esperta in lettura?

Più una appassionata! Attraverso la lettura, ripeto, chi educa (genitori in primis e docenti poi) aiuta chi si educa a capire il significato di un’esperienza dentro la quale ognuno compie una speciale scelta; l’azione di leggere, infatti, ha in sé qualcosa di estremamente prezioso ed importante: parlo d’un atto di libertà personale che reca con sé molte virtù. E’ stato bello farlo a Massa Carrara con presenze così prestigiose, esperimento vieppiù significante per essere stata affiancata dalla voce cantata di Simona Galli. Con il pieno di emozioni ci si è avviati alla volta di Pontremoli, città che Federico II chiamò “Unica chiave e porta della Toscana”, Città nobile del Granducato di Toscana. Il centro già pullulava di turisti e di scrittori, tanti scrittori e, soprattutto, delle famosissime storiche bancarelle. Al bar del centro, nella piazza che diviene il salotto della cerimonia di premiazione, l’atmosfera è sempre unica e densa di quel sapore speciale che solo i libri e la parola scritta sanno spandere. L’aria è salutare, della salubrità consostanziale alla Conoscenza. La mattina seguente siamo in visita al Palazzo Dosi Magnavacca, un Palazzo tardobarocco costruito dalla Famiglia Dosi tra il 1742 e il 1749, acquistato nel 1931 dalla famiglia Magnavacca. Con il passaggio al Granducato di Toscana, nel 1650, Pontremoli prese a vivere una lunga stagione di prosperità che permise di poter ingaggiare fior fiori di artisti per costruire e decorare palazzi e ville; e così, proprio nell’ampio salone che s’apre dopo la monumentale scalinata, ho potuto leggere il mio componimento poetico; in Palazzo Dosi, dunque, lo JusIncanto ha trovato la seconda realizzazione, importante soprattutto per il valore simbolico che ha la lettura per un Premio già simbolo in Italia, Premio che ha nel proprio costitutivo DNA due fattori: la Lettura e il Libro. L’emozione vibrante e palpabile ha preso tutti. Le pareti rinviavano la mia voce nobilitandola e moltiplicando il senso delle parole e dei versi: Quando la vita urla ribelle al vento…dolcemente appollaiata sull’orlo dell’abisso azzurro…quando la vita sorseggia albicocche e cicuta…si doma agli anatemi…arde su pire blasfeme, quando la vita salterella sui tizzi, morde il ghiaccio per placare d’essere dilaniata fino al midollo e raccogliere brandelli, brandelli di muscoli e pelle…quando la vita sventola bandiere di follìa…oh l’avvento! Allora, allora vi prego cantatemi la ninna nanna! La poesia non va spiegata, mai! Il canto segreto e manifesto del poeta si muove su pentagrammi assai intimi, intimi in maniera assai peculiare, infatti sono pentagrammi appartenenti all’intera umanità; dunque quel canto va lasciato alle profondità che sanno parlare con parole che tutti sanno comprendere. Anche nel caso di Pontremoli dunque ci sono stata per scelta profonda. In tutta onestà, dichiaro di non decidere mai a caso d’essere in un luogo o in una situazione, non soffro di presenzialismo. Nel caso di Pontremoli, oltre al Salotto cui mi pregio di appartenere, è la storia del Premio Bancarella, il suo atto di nascita, che mi ha preso per l’anima. Quei librai ambulanti pontremolesi che portavano i libri nei paesi della Lunigiana, quei librai -giudici essi stessi- dal grande fiuto editoriale che portavano cultura e libri scegliendoli in maniera tale che rispecchiassero al meglio il gusto dei lettori, sono stati Loro ad appassionarmi. E’ quella Storia e quella Tradizione che, peraltro, caratterizza un’altra Storia di uomini e bisogni, mi riferisco alla Storia dell’Emigrazione Lunigianese, ad avermi catturato! Storia di quella:”…piccola terra che alleva, insieme ai prodotti del suolo, pazientemente lavorato, il libro; e commercia in sapienza…e commercia in francescana modestia, in umiltà, senza grandezze, con una palese preferenza per il libro vecchio, che ha già vissuto in case sparite, in librerie scomparse, in conventi ormai silenziosi…”. Sono queste, sono così le mie estati! E credo che così lo saranno sempre. Dopo aver vissuto la serata della premiazione, si è finiti tutti invitati nella spianata del Castello del Piagnaro, a vivere l’estasi delle Stele Lunigianesi meravigliosamente installate nel Museo cittadino, Stele misteriose, di quel mistero senza tempo che interroga e incanta e, con quell’incantesimo addosso, sedersi alle lunghe tavolate per la condivisione comunitaria che dai libri e dalla parola, nel generale gaudio, passa alle prelibatezze e a quel parlarsi sereno sotto il cielo e dentro gli orizzonti disegnati dai merli del Castello che gioisce dinanzi al ritrovato fasto. Porterò con me quell’insieme gioioso ben nutrito prima di cultura letteraria poi del gusto dei prodotti tipici. Andrò via senza malinconia perché ricca di ricordi edificanti, cresciuta ancora grazie ai compagni di viaggio e agli incontri con le belle persone e… già in eccitazione per la successiva partenza che mi porterà al Festival CRIVU in Orsomarso dove Monica Marziota e Michele Gerace sapevo in fervente attività.

Il Festival CRIVU è alla seconda edizione, Lei è stata anche in questa 2025?

Esatto. In questo secondo anno, grata per essere stata nuovamente posta in programma, sull’alta Torre dell’orologio, scalata in processione col pubblico, ho portato il: “Carmina maternalia -Sussurro, canto, lauda, filastrocca, canti di culla, carmen sacro e formula magica”. Dall’evocazione dello Stabat mater al Pape satan aleppe, alla ninna nanna dedicata ad Orsomarso - quale stanza della culla; alla filastrocca: Due cornacchie nere s’en van per le strade e raccontan sincere il ciarlar delle belle contrade…alla lauda per Federico II,,,con mulinella il vento della storia, mischia secoli e odori, uomini donne eroi felloni e gran filibustieri / amanti da mille e una notte e principesse rinchiuse in torri inespugnabili / cavalieri erranti e nobili scudieri / fantastiche tragedie e comiche commedie… fino alla riscoperta del Carme Arvalo, risalente al XII secolo, che ho interpretato nell’antica lingua con cui è scritto il Canto liturgico tradizionale dei Fratres Arvales nei cerimoniale per la dea Dia, in seguito Cerere. Dunque ho portato un’Opera inno alla Maternità, anzi alle Maternità, col Carme dedicato al Figlio…pescato al mare della terra mia…dove il vento agita le onde…per passare alla maternità d’una Italia: Quante Italie in una sola Italia, territori, identità, profumi…Italia dei Cesellatori, Italia dei Tintori, Italia dell’Artigianalità, Italia Culinaria dalle mille bontà, Italia dell’Agricoltura, Italia dell’Architettura, Italia della nobile Pittura, Italia della Cultura…par’esile creatura…la nostra Patria… e, a tal punto, non voglio commuovermi poiché le lacrime son già sulla soglia dei miei occhi allorchè sfioro il mio profondo senso di maternità e di amor patrio. Lo scorso anno ero lì con la mia opera tratta dalla pièce teatrale Melusina e Raimondino, in onore della magia del Femminile e del poeta dei poeti calabresi Corrado Alvaro, quest’anno il Principio Femminile è andato su altre sponde.

Ci può parlare del contributo del Festival CRIVU alla Cultura?

La straordinaria Monica Marziota, soprano, performer, compositrice e musicologa internazionale, cresciuta tra L’Avana, Toronto, Gran Canaria e Roma, e che tra le varie radici ne ha anche una orsomarsese, insieme a Michele Gerace, suo marito, e al piccolissimo figlio Agostino, ancora una volta è riuscita a mettere insieme intelletti prestigiosissimi nel magico Orsomarso, in provincia di Cosenza, dentro il Parco Nazionale del Pollino. Dice Monica: “Natura, Cultura, Musica e Poesia per trovare le nuove parole per descrivere il rapporto con il mondo circostante…musica organistica, chitarra ispano-americana, sassofono, tamburi, canti sacri, zampogne e passeggiate narrative insieme per il Festival dei paesaggi straordinari e delle rive sconosciute”. In tal segno ha convocato: Simone Corvasce, Research fellow presso Università degli Studi di Roma “Sapienza”, con: Musica organistica tra gesto liturgico e danza barocca; Giorgio Vallortigara, neuroscienziato italiano con: Il rapporto tra cervello, percezione e ambiente; Silvia Andreoli con: La fiaba come geografia possibile; Edoardo Bellafiore, Insegnante di Linguistica e galateo digitale, che dirige la ContaminAction University e Giorgia Pontetti, Ingegnere Elettronico ed Astronautico, CEO di Ferrari Farm, con: La fertilità simbolica dei luoghi, preparare la comunità a seguire rive sconosciute; Lucia Ronchetti – Compositrice, già Direttore  Artistico della Biennale Musica di Venezia e Fellow al Wissenschaftskolleg su Berlin e Silvia Andreoli -scrittrice, studiosa ed esperta di fiabe con: Il suono della Maternità; Kasia Smolarek, con i suoi 20 tra i maggiori Premi al mondo, in concerto con la sua Chitarra Madre in: Tra luce, suoni e melodie ispano-americane; Paolo D’Achille, Linguista e Presidente dell’Accademia della Crusca, con: Dove batte la lingua. Radici culturali, dialetto, vecchie e nuove parole dell’Italiano; Francesco Pecorari con: Tynd Sound. Tra buio e silenzi, Sax solo; Alessio Galassi, documentarista e filmmaker, con il documentario: “Anamei – Los Guardianos del Bosque”; Michele Gerace, avvocato, Presidente dell’Osservatorio sulle Strategie Europee per la Crescita e l’Occupazione, ideatore di “Costituzionalmente”, Scuola “cento giovani” con: Dal “perché” al “quindi”, spunti proposizionali; infine il trionfo del Docufilm: “Cartas de Calvino” di Esther Barroso Sosa con Monica Marziota protagonista che ha curato anche, insieme a Silvia Andreoli e Verdiana Patacchini, pittrice e scultrice anche in ceramica tra Roma e New York, e insieme a Francesco Pecorari, sassofonista e musicologo, il Laboratorio Acanto Project per i tanti bambini di Orsomarso e  dei turisti. Meravigliose le visite alla Grotta del Romito e al Santuario della Madonna di Costantinopoli, intriganti la scuola di arrampicata e il laboratorio del Fusillo orsomarsese. Sempre calda e partecipe la presenza del Sindaco Alberto Bottone e del Presidente della Pro Loco Giuseppe Campagna. Ho voglia di dire in tutta franchezza che tutto ha composto armonia, tutto ha narrato le bellezze naturalistiche del luogo, dei boschi, della grande varietà di flora e odori, degli incantesimi che alla sera scendevano dai monti a solleticare la curiosità. E, nella serata finale, i bambini che hanno partecipato al Laboratorio di pittura con l’artista romana-newyorchese Verdiana Patacchini hanno posto nelle mani del Sindaco di Orsomarso la grande tela dipinta, la seconda tela corale, che lascia presagire quante diventeranno negli anni, di edizione in edizione, fino a comporre un Museo assai speciale.

Qual è il suo bilancio rispetto a questa estate 2025?

Positivissimo, sono tornata a casa con una valigia colma di bei ricordi, gli ultimi dal paese calabrese: la cascata di peperoni rossi su tutta la facciata del palazzo rosa al centro della piazza di Orsomarso, un ciclopico vessillo, l’inno al sapore più eloquente che si sia mai visto, la sostanza della passione di vivere della gente che popola quel territorio; mi porterò il ricordo delle cene comunitarie offerte dalla ProLoco col suo giovanissimo infaticabile Presidente, e la cena comunitaria al Castello del Piagnaro di Pontremoli, il sorriso caldo delle signore che hanno preparato e regalmente portato le teglie colme di Fusilli orsomarsesi e il sorriso dei giovani volontari che spargevano i manicaretti sulle tavolate di Pontremoli; scalderò l’anima al ricordo della condivisione semplice d’un tempo che sa rinnovarsi nei piccoli centri dove le anime sanno ancora guardarsi negli occhi e parlarsi, parlarsi davvero; il ricordo di sindaci gioiosi, entrambi, sia quello di Pontremoli che quello di Orsomarso, che sono stati tra i loro concittadini e con gli ospiti, il ricordo dei narratori di storie che ho incontrato e che me le hanno raccontate con le stelline negli occhi, il ricordo dei sorrisi e degli arrivederci, e, mi creda, anche di quel voler esser certi che sarei ritornata; il ricordo degli abbracci di Cosima che cura il suo agriturismo col fare di madre e di nonna insieme, il fare tutto tenerezza e cura; il ricordo dei rintocchi dell’orologio lassù, oltre quei 150 scalini tra le nuvole a Orsomarso e del cielo tra i merli del Castello di Pontremoli; dei saluti autenticamente affettuosi e soprattutto ho portato via con me quell’atmosfera dolce dei vicoletti abbracciati fra loro, li porto stretti nel cuore insieme al loro invito a ritornare. Passerà l’inverno! Rifarò i bagagli e tornerò, ritroverò i miei passi che andranno all’unisono col rintocco dell’orologio di Orsomarso lassù tra le nuvole smerlate del castello di Pontremoli e chissà quanti altri vicoli che si chiameranno…ancora non so.

Cos’ha in calendario prossimamente?

La mia presenza al Campania Libri Festival con il mio “Panalfabetare” ai primi di ottobre, è l’ultimo libro, pubblicato da Kinetès , spin-hoff dell’Università del Sannio e, tra novembre e dicembre, sarò a Santeramo per le Donne Primitive, Murgiane, con la mia Pièce: “Primitiva io” e con la mostra dei miei Libri d’Artista gli “Abbracci della poesia”, un altro Festival che sento scorrermi nelle arterie. Grazie sempre per ospitarmi e alla prossima.

 

 La Moda  è stile, forma, creatività innovazione,sono le idee che prendono forma e diventano realtà. Rebel Art,è il coraggio di fare Arte  fuori dagli schemi e dall'ordinario,è una filosofia di vita rapportata alla Moda. Questa è l'idea che  è nella  collezione Serena Pizzo,  opere pittoriche  dipinte su giacche di eco pelle,vestiti,accessori,scarpe, ha creato  un nuovo modo di fare tendenza.

Il progetto Rebel non è solo un concetto di libertà  emozionale,ma una necessità di condividere tali sentimenti attraverso un look d'arte glamour,ma allo stesso tempo affascinante e irriverente. La  fashion blogger designer Donna Serena Pizzo ha creato, a giugno, un evento di Arte e Moda   “Rebel Art Exhibition” allo spazio arte Plus Arte Puls Roma, che a Settembre diventerà anche  il suo showroom d'arte e moda,che si distinguerà per essere innovativo.

L'evento “Rebel” apprezzato dal pubblico presente, per i quadri che spiccavano sulle pareti circostanti e dalle modelle che  sfilavano con gli abiti dipinti a mano dalla creatrice.              

Presenta l'evento la curatrice d'arte e giornalista Sabina Fattibene,in programma tre sfilate accompagnate da note musicali di canzoni di successo. La  prima sfilata inizia sulle note  di “Psycho Killer”(Talking Haeds) con la linea Chic Chic Bon Bon Art Collection.                 Tra le modelle la bravissima  ballerina Special Guest Eleonora Pedini da vita ad una coreografia, sulle note dei Doors “Love me two Times” che affascina il pubblico con un balletto  che riflette la  passione e l'energia della Musica.

Prima della seconda sfilata  Serena Pizzo vuole evidenziare  come il progetto Rebel sia un modo di essere una forma di ribellione,  al sistema condizionante verso il pensare la creatività,  per non uniformarsi al sistema, ma venirne fuori con la propria personalità e  un bisogno di libertà individuale.

Si parte con la seconda sfilata dove le modelle si muovono e ballano sulle note di un medley musicale  da “Mio fratello è figlio unico” di  Rino Gaetano a “In Italia “ di Fabri Fibra.         Eleonora Pedrini crea un  una coreografia sulla musica di Rino Gaetano,che rappresenti l'idea di individualità e ribellione.                                                                                             Si giunge ad un momento magico di riflessione con l'esibizione dell'attrice Chiara Pavoni, mentre  Donna Serena Pizzo da vita al live Painting, performance pittorica su un giubetto Rebel, in una cornice onirica e metafisica in cui si fondano colori,suoni,movimenti e parole.

Nell'evento Rebel è inserito un artista storico, Paolo Dorazio, nipote di Piero Dorazio grande artista del XX secolo ,astrattista che  si distingue per l'uso attento del colore  seguendo la scia  di artisti come Isaac Newton. Detentore delle opere di Dorazio è l'avvocato  Paolo Melchionna che è presidente della Fondazione Paolo Dorazio. Le opere del maestro sono state esposte nella sala della mostra,insieme alle opere della Serena Pizzo.

Si conclude la manifestazione con la terza sfilata che parte con le modelle   che sfilano gli abiti personalizzati stile Rebel e Chic Chic Bon Bon,sulle note di “Per Elisa” di Battiato, mentre la coreografa Eleonora Bedini chiude interpretando Per Elisa con movimenti fluidi che  esprimono l'atmosfera malinconica della canzone.

a sn. la prof Sabina Fattibene e Donna Serena Pizzo

Nell'ultimo defilè con  abiti da sposa sulle note di “Huricane” di Bob Dylan  Si ringraziano gli ospiti e chi è stato protagonista dell'evento,l'Agenzia di modelle e spettacolo di Stefania Appugliese,  il giornalista Virgilio Violo, il musicista Umberto Mori per aver recitato una delle sue splendide poesie.                                                                                                                                            

 

 

 

 

La solennità! Il Teatro merita e deve riguadagnare solennità. C’è troppo teatro irriverente mentre -di anno in anno e da ben 29 anni- il Maestro Marcello Amici -con La Bottega delle Arti- va a colmare un prezioso spazio di cielo con le Opere di Pirandello. E’ così che anche quest’anno la Prima della rassegna, che dura dal 1° al 26 luglio, ha avuto la sua solenne celebrazione. L’inestimabile fondale della Basilica dei Santi Bonifacio e Alessio con i due maestosissimi Pini marittimi hanno retto voce e gesti di quel magico capocomico che è Marcello Amici. Il firmamento dell’Aventino, che a perdita d’occhio si spinge fino alle massime cupole romane, ha veicolato le voci degli attori narrando la magnificenza della parola teatrale d’Autore che è letteraria. Incipit della Rassegna l’Opera: “Tutto per bene”, e ne è valsa la pena! Le denunce che il Maestro Amici ha fatto in chiusura della serata, da vecchio nobile Padre del teatro e con la forza partorita dalla passione vivissima e indomita riguardo i ritardi e le disattenzioni della burocrazia verso la più alta forma di pedagogia sociale, sono arrivate al cuore dei tanti accorsi all’appuntamento annuale lacerando il loro profondo senso di riverenza e spingendosi anche oltre, a tutti gli italiani che tale senso nutrono verso la parola drammaturgica.

Tutto “non molto” per bene in questa nostra Nazione che pare attardarsi nel recupero della sua millenaria nobiltà. La serata è stata deliziosa, Roma adagiata e bella, le stelle, lo skyline mozzafiato, il profumo, il Tevere, il giardino, la pergola, i reperti, il pubblico e gli attori emozionati della sostanza che tutte le Prime iniettano-. Tutto e tutti sono stati meravigliosi, stupendi i costumi, bella la scenografia, la regia e le luci che, dipingendo sui volti, stigmatizzavano vieppiù i tratti della mimica. E se, come Proust anche Pirandello ha conferito sostanza drammatica al sentimento del tempo quando esso fa virar la tragedia in farsa…nel tempo eterno del cielo romano s’è potuto comprendere ancora una volta come il Tempo cambi gli spiriti e i destini. Essere, esistere! Beh, Pirandello seppe darne magistrale parola; la guerra dell’uomo con se stesso, quel difficile, acuto, spinoso rapporto di ogni uomo con se stesso, che Pirandello ha messo in scena e insegnato ai futuri, futuri drammaturghi, futuri attori, futuri spettatori, vale a spingerci a fare tutto per bene, a recuperare il fare ad arte; ed è proprio il Fare d’Opera d’Arte che vorrei sottolineare. Il Fare a Regola d’Arte che Marcello Amici con Maurizio Sparano, Francesca Di Gaetani, Marco Sicari, Emilia Guariglia, Luca Guido, Beatrice Picariello e Marco Bellizi hanno donato al cielo d’una sempre magnifica Roma perché continui ad eternare la parte migliore di sé.

 

Bicycle Man è un thriller unico, gratis su Chili: un liquido verde ha riscritto il destino, trasformando l'ordinario in un incubo che si aggrappa all'anima. Sei pronto a guardare?

Se sei capitato qui non è un caso, forse qualcosa ti ha chiamato da lontano, una voce bassa, nascosta tra i giorni tutti uguali, sepolta nella polvere dei soliti racconti. Ora fermati un istante e respira, perchè voglio svelarti una storia che non ha chiesto il permesso di esistere: si chiama Bicycle Man e non assomiglia a nulla di già visto.

È una vicenda che nasce come certe piante testarde, quelle che spuntano in luoghi improbabili, tra le crepe dell'asfalto, sfidando l'indifferenza e il tempo. Non si nota subito ma, una volta vinta la soglia, resta.

È una serie, certo, ma prima ancora è un gesto, una dichiarazione d'esistenza, una poesia aspra, pedalata a fatica controvento, lungo le strade spigolose del Sud.

La serie

Bicycle Man si articola in sei episodi di circa mezz'ora ciascuno, disponibili gratuitamente su Chili. Sono frammenti densi, nervosi, pronti a esplodere. Un thriller intimo, visionario, spietato e intriso di malinconia, che danza sul confine tra il crudo realismo e l'allucinazione più sottile, tra il sogno e la trama che plasma le esistenze. Inizia piano, quasi in sordina, e termina come una fitta che non ti abbandona più.

La trama

Tutto ha inizio in una piccola, appartata e silenziosa officina di biciclette. Qui, parlano le catene arrugginite, i copertoni appesi e gli attrezzi consumati dal tempo. È la bottega di Sam, un meccanico anziano e solitario, affiancato da Vania, una ragazza schiva e intelligente a cui vuole bene come a una figlia. Sam ripara ciò che non funziona più, aggiusta silenzi, conosce la pazienza e la pratica con il cuore, ormai abituato a rimanere ai margini. Tra lui e Vania c'è un legame profondo, fatto di gesti e sguardi, che non necessita di spiegazioni.

Poi, un giorno qualsiasi - perché tutto, nelle storie vere, accade in un giorno qualsiasi - la quiete viene squarciata. Nel laboratorio di Sam irrompe uno sconosciuto, braccato da due uomini senza scrupoli, con un contenitore in mano colmo di uno strano, brillante liquido verde. Nel panico più totale, cerca rifugio nel retrobottega e, in un gesto disperato quanto incomprensibile, versa quel fluido nel serbatoio della macchina del caffè, la stessa che Sam usa per offrire una tazza ai suoi clienti affezionati.

Ciò che segue è una metamorfosi agghiacciante: quel fluido, concepito per scatenare la ferocia nei cani da combattimento, negli esseri umani libera impulsi omicidi, visioni distorte, rabbie primordiali. E Sam, ignaro, ne diventa la prima, involontaria vittima.

Dalle ombre della città, emerge Norma, detta  "la Rossa", una cliente abituale di Sam. Inconsapevolmente, anche lei assapora quel caffè contaminato e si trasforma, divenendo una killer imprevedibile, una figura inquietante. Norma è la carne e il sangue della diffusione del contagio, un passo ulteriore verso l'abisso in cui questa sostanza trascina chiunque ne venga toccato.

Nel frattempo, il detective Frank Loria, uomo risoluto e pragmatico, si trova a indagare sull'omicidio di Samantha Kilk, avvenuto sulla spiaggia, sorella della spagnola Marcela. Per una coincidenza che appare solo tale, Loria verrà trascinato in questo nuovo mistero, che cresce e si ramifica come una macchia d'olio, estendendo senza sosta il suo perimetro. I fili si annodano, le strade si incrociano e Bicycle Man pedala nel mezzo di questa tormenta, con le mani sporche di sangue e un cuore colmo di verità.

La Calabria: il cuore pulsante della serie

La Calabria in Bicycle Man non è mero sfondo: è una presenza viva, tangibile, che plasma e dà sostanza a ogni respiro narrativo. Con la sua luce cruda che accarezza i borghi antichi e le case dai muri segnati dal tempo, i suoi silenzi sospesi che vibrano nell'aria salmastra, la regione guida lo sguardo e imprime un senso profondo a ogni fotogramma.

La serie è stata girata tra Rossano e la Piana di Sibari, attraversando ben cinquantaquattro location reali, senza set ricostruiti né scorci alterati.

I cortili assolati, i vicoli tortuosi che profumano di storia, le case che si aggrappano alle colline, appartengono a un mondo autentico, scelto e abitato per la sua forza evocativa. Le spiagge della Calabria, ampie e selvagge, con la sabbia che si fonde con le rocce e il mare che sussurra antiche storie, diventano non solo scenario, ma complici silenziosi dei drammi che si consumano, luoghi dove la bellezza può celare l'orrore più inaspettato. Qui, la realtà non accompagna: la realtà domina il racconto.

La visione di Renato Pagliuso

Renato Pagliuso, penna già nota per opere come Racconto Calabrese (con il volto americano di Robert Woods), Solitudine di un regista, Malena 2021 e Film Onirico, firma con Bicycle Man uno dei suoi progetti più arditi.

Un racconto che affonda le radici nella Calabria, non limitandosi a descriverla, ma facendola vibrare nell'anima stessa della narrazione, con la tensione del reale e la forza inesorabile della memoria.

Pagliuso non ha cercato fondi pubblici né reti di sicurezza, ma aveva solo un'idea che lo teneva sveglio la notte. E così ha riunito attorno a quella visione mani, volti, accenti e amici, trasformando l'ostinazione nella forza motrice del progetto.

Con cura meticolosa e determinazione inflessibile, ha edificato questa serie, dedicandole un impegno silenzioso e costante, come si fa con ciò che è destinato a sfidare il tempo, rifuggendo sprechi e clamori, guidato da un amore feroce per la sua arte.

Non ha mai inseguito il guadagno, solo l'imperiosa necessità di raccontare. Per questo, ama ripetere una frase che sente cucita addosso, come una seconda pelle: "Io non faccio cinema per fare soldi. I soldi li faccio per fare cinema." (Walt Disney).

 

Un realismo visionario a pedali

C'è qualcosa di antico in Bicycle Man, non tanto nel tema, che anzi si muove con leggerezza tra visioni futuribili e derive allucinate, quanto nel modo in cui decide di raccontarsi.

La narrazione abbraccia una lentezza intenzionale, che non teme il silenzio e offre spazio alla presenza concreta degli oggetti, alla gravità dei gesti, all'eloquenza dei volti. Ogni dettaglio è accolto con reverenza, senza mai cedere alla fretta, preferendo suggerire piuttosto che spiegare.

Ed è in quell’equilibrio sottile che affiora un forma delicata di realismo visionario, capace di insinuarsi tra le pieghe del quotidiano, come un sogno inaspettato che prende corpo in una stanza disordinata alle tre del pomeriggio.

 

Un atto di fede per il cinema indipendente

Bicycle Man è una serie piccola solo se la si misura con il metro sbagliato. In realtà, è un grandioso atto d'amore per il cinema indipendente.

È nata da una visione ostinata, da un'urgenza creativa che non ha tollerato attese. È una domanda lanciata nel vento, una sfida allo status quo: cosa accade quando un regista decide di non attendere il "permesso"? Quando sceglie di girare comunque, di dare voce a ciò che pulsa dentro, anche se nessuno, apparentemente, lo ha chiesto?

Ciò che accade è proprio questo: nasce una serie che non ha precedenti. Una voce ruvida, forse volutamente stonata rispetto al coro dominante, ma profondamente intrisa di sincerità. È il suono autentico di chi sa che le storie, quelle che contano davvero, trovano sempre il modo di emergere.                  E la verità, quando trova la sua strada, arriva sempre. Anche a pedali.

Cast e produzione

Nel cast che dona vita a questa storia, troverai: Fernando Di Virgilio, Raffaella Reda, Paolo Mauro, Merixtell Laso, Valentina Savane, Carmelo Giordano, Emilia Brandi, Romy Costantino.

Le musiche, che tessono l'anima sonora, sono opera del duo Di Bona & Sangiovanni (The Villa Studios); la fotografia, che cattura la luce cruda e l'ombra, è di Jonathan Elia; il montaggio, che dà ritmo e respiro, è di Tony Perri. L'addetto stampa che ne amplifica la voce è Euristeo Ceraolo.

Pagliuso, presidente della casa di produzione Esterno Giorno Film Productions, iscritta al MIBAC tra le imprese cinematografiche autorizzate, ha segnato il suo debutto cinematografico con il lungometraggio Racconto Calabrese, uscito nelle sale italiane nel 2016.

Nel 2011, un prestigioso riconoscimento, il premio La Maschera d’Argento, onorificenza un tempo tributata a icone come Liz Taylor, Totò, Walter Chiari e Oreste Lionello, ha suggellato il suo talento.

Negli anni, ha dato vita a numerosi progetti, raccogliendo riconoscimenti importanti a livello nazionale e internazionale.

 

*Bicycle Man è un'opera consigliata a un pubblico adulto, data l'intensità dei suoi contenuti e la delicatezza dei temi affrontati.

 

 Durante la rassegna CinemAlbar al Villetta Social Lab di Roma, “La solitudine di un regista” ha incantato il pubblico con la sua poesia visiva e la voce discreta dell’autore, trasformando una proiezione in un incontro profondo con la memoria, l’arte e il silenzio.

 

Non è facile dire dove abbia avuto inizio la mia emozione. Forse in quel buio lieve della sala, o nello sguardo assorto di chi sedeva accanto a me. Qualcosa, senza far rumore, mi ha preso per mano e mi ha condotta dentro una storia che sembrava voler sussurrare, più che parlare.

Quel 23 maggio, al Villetta Social Lab di Roma, ho assistito a qualcosa che non era soltanto una proiezione ma un incontro. Con una città, con un autore, con una memoria che mi apparteneva più di quanto credessi.

La rassegna CinemAlbar, curata e organizzata con dedizione da Saverio Piunno, la cui accoglienza, discreta e calorosa, ha creato uno spazio autentico di ascolto, ha aperto la serata con La solitudine di un regista, un cortometraggio indipendente scritto, diretto e interpretato da Renato Pagliuso, durante il tempo sospeso del 2022.

Pagliuso ha introdotto la sua opera con compostezza e misura, scegliendo di affidare alle immagini ciò che le parole non potevano dire.

Lo guardavo mentre parlava: sembrava quasi volersi ritrarre, come chi sa che ciò che conta davvero non è detto con la voce, ma lasciato accadere nel silenzio.

Girato nei giorni immobili della pandemia, il film non racconta, evoca, suggerisce. È narrato dalla voce del protagonista stesso, una voce interiore, sottile e discreta, che si intreccia come un filo invisibile lungo tutta la pellicola. Non guida bensì accompagna, apre varchi, illumina i bordi, lascia spazio allo sguardo.

Forse è proprio da lì che nasce questa visione: da un’infanzia silenziosa, nutrita di immagini e luce più che di parole. Un bambino che, invece di raccontare, proiettava e cercava nell’ombra il volto segreto delle cose. Quel bambino, oggi regista, attraversa la città come chi cerca qualcosa che ha perduto e che forse non ritroverà mai. Eppure ogni passo è necessario, ogni silenzio custodisce un gesto, ogni inquadratura diventa un altare laico dedicato alla memoria.

Il viaggio inizia nel silenzio della notte. Il protagonista, lo stesso regista, cammina per le strade vuote, alza lo sguardo e fotografa le stelle. Ciascuno scatto è un frammento di memoria, un attimo catturato nella vastità del cielo.

Poi si ferma davanti a un vecchio cinema chiuso, dove locandine di film antichi giacciono in disordine e, con mani lente e rispettose, le riattacca alle pareti consunte, come a voler restituire dignità a quei volti e a quelle storie perdute. Dal passato, emergono le voci di quei film, le frasi più celebri, sospese nell’aria come un’eco lontana.  Questo appare senza dubbio un passaggio intimo, in cui la solitudine del regista diventa la solitudine del cinema stesso, quando nessuno assiste più.

Nel cuore del tragitto, trova per terra un carillon a manovella e, sollevandolo con cura come si raccoglie un oggetto sacro, lo suona. Ad un tratto, tra le ombre di un vicolo stretto, appare una donna che balla con lui, lieve, quasi irreale. Potrebbe essere la morte, un sogno o, forse, è entrambe le cose. In quell’abbraccio danzante si concentra il mistero della creazione: l’incontro con ciò che non si può afferrare, ma si può solo evocare.

L’ultima scena mi ha sorpresa. L’ho sentita addosso. Il regista è seduto su una scalinata, all’alba, con la cinepresa accanto, come un’amica fedele. Non parla, non agisce. Poi compie un gesto semplice e potente: filma se stesso mentre mangia un pezzo di pane. Un gesto che evoca una memoria paterna, un’affezione che va oltre le immagini. In quell’istante, l’autoritratto si completa, con umiltà e verità.

La solitudine di un regista non cerca effetti, non chiede applausi poiché è una lettera d’amore scritta con la luce, una dichiarazione di fedeltà al cinema come linguaggio dell’anima. È, ancora di più, la testimonianza di un uomo che non ha mai smesso di guardare, nemmeno quando il mondo sembrava spento.

E io, seduta tra il pubblico, quel battito l’ho percepito e l’ho riconosciuto, perché anche a me, in quel buio condiviso, è sembrato che qualcosa tornasse a vivere.

In quella sera di maggio, tra le voci di chi ama il cinema e i sussurri del vento, il corto di Renato Pagliuso ha aperto una porta e non su una memoria da raccontare ma su una storia da sentire.

E, forse, è proprio questo che il cinema, nel suo gesto più puro, continua a fare: non illumina solo lo schermo, ma l’anima di chi guarda.

La solitudine di un regista ha ricevuto un importante riconoscimento con la premiazione come Miglior Cortometraggio al concorso "Sergio Pastore", tenutosi nel 2022 alla Casa del Cinema di Roma. Un premio alla sua prima edizione, istituito per onorare la libertà degli autori e degli interpreti nel cinema indipendente, in memoria del regista calabrese Sergio Pastore.

Un riconoscimento che conferma la forza dell’opera di Pagliuso, capace di trasformare visione e interiorità in un linguaggio universale e profondamente umano.

 

Paolo Cassina è celebre per aver partecipato a Invisibili (2022)Sono dove non sono (2010) e Miami Beach: Un giorno ad Art Basel e dintorni (2014) e Tiziana Alterio, giornalista d'inchiesta indipendente, scrittrice e attivista, fondatrice e direttrice, per otto anni, della testata giornalistica “IlMediterraneo.it”, hanno deciso di realizzare un nuovo ambizioso film che, partendo da una forte critica al modello globalista, porti alla luce storie di coloro che, eroicamente, stanno costruendo una Nuova Umanità. Li aiuteranno grandi esperti italiani ed internazionali.

Con le loro forze sono riusciti a girare quasi un terzo del film, ora c’è bisogno del sostegno di noi tutti per arrivare fino alla fine. Questo film sarà patrimonio di tutti coloro che crederanno nell’urgenza di costruire un nuovo mondo possibile. Dobbiamo metterci in cammino, adesso. Tutti insieme!

 

 Per il trailer e sostenere il film: www.ilgranderisveglio.it

 

"LE BORSE DI ERME" 

Sobrietà e fantasia..

Eleganza e semplicità...

Un caleidoscopio versatile per tanti gusti ed occasioni.

Niente viene trascurato od omesso nei lavori artigianali della nostra stilista Ermelinda Capra.

"Le borse di Erme"raffinate e compatte anche se fatte a mano rasentano la perfezione e superano di gran lunga il percorso multimediale dell'industria e del pret continuando  l'inespugnabile primato del made in italy.

Il bespoke raggiunge anche traguardi  inverosimili con i grandi brands.

In questa capsule collection presentata nei giorni scorsi alla Galleria Artheka a Roma l'ammirazione ha avuto un consenso totale.

Il "made to order" per i clienti più sofisticati ha contribuito al successo deli suoi manufatti rendendole questo incontro con il pubblico un'esperienza esilarante.

 

Info: Ermelinda Capra
Mobile: 3349495379
Email: This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.

Si è svolta sulla terrazza dell'U.N.A.R. (Unione Nazionale Associazioni Regionali) di via Aldrovrandi 16  a Roma, dove ha sede la Free Lance International  Press, l'evento  organizzato dalla medesima associazione che ha avuto lo scopo di riaffermare  arte e moda nella capitale. Ha collaborato per la riuscita dell’evento Donna Serena Pizzo, socia dell’associazione di giornalisti freelance e founder della piattaforma tv in streaming “Oltremodo tv” che, con la sua “Espressione donna”, ha presentato le sue creazioni di abiti in pelle e non solo, su cui dipinge immagini cariche di espressività, forme senza prospettiva, colori accesi alla maniera dei Fauves.

Il suo è uno stile originale, sceglie abiti e giubotti in pelle, per quello che hanno significato in passato negli anni 70,epoca di rivolte e  cambiamenti. Per chi li indossava, erano simbolo di ribellione e di non accettazione delle regole. Molto usati dai giovani in quegli anni. Per la nostra il giubotto è il simbolo della sua linea di pensiero REBEL, per una donna si femminile ma forte, decisa, coraggiosa, una amazzone dei nostri giorni. 

All'evento ha partecipato l'associazione “Anti violenza”  dell'avv. Valentina Biagioli e dell'avv. Federico Cona, creatori dell' associazione per essere vicini alle  vittime di violenza. 

Apre la Manifestazione il Presidente della Free Lance Int. Press Virgilio Violo con la curatrice d'arte, la prof. Sabina Fattibene, che fa le recensioni sia ai quadri in mostra, che alla sfilata  di Serena Pizzo.

La manifestazione prosegue con buoni auspici, un sole caldo che illumina il terrazzo. Viene presentata  la cantante  napoletana Lina Nappo che, sulle note della  canzone “Caruso”, da lei eseguita, parte il primo quadro moda  della linea Chic Chic Bon Bon con modelle con abiti molto glamour, che portano in sfilata i quadri della Pizzo, tra gli applausi dei presenti. 

Oltre Donna Serena sono presenti   le opere di due artiste: Pat Boom e Sara Lò i cui quadri sono portati dalle modelle mentre sfilano. 

Esaminiamo i lavori delle  pittrici; Pat Boom ha portato due opere con immagini di donna,  esaltate da un colore dorato che irradia tutt'attorno alla figura, immersa in uno scenario di natura fantastica che sembra un tutt'uno con il volto della figura ritratta, gli occhi di un azzurro  cielo, la dolcezza del volto fa da contraltare alla Natura di fondo, tutto ha un senso poetico. L'artista sta elaborando un progetto dedicato alla donna che è vita, madre, moglie, lavoratrice, sognatrice, va valorizzata e protetta da l'uomo che ha smarrito la propria umanità, gli è rimasto il  potere di padrone sul mondo femminile. Salviamo la donna dagli uomini senza controllo come anche gli animali e la natura. 

L'artista Sara Lò  è un artista che ricerca la sua aspirazione e il suo mondo interiore attraverso i viaggi dalla Germania all'India per elaborare un suo mondo pittorico fatto  più di anima che di forma . In India scopre la pittura catartica Zen, che si basa sul disegnare a occhi chiusi, privo di controllo ma aiutata dal suono catartico della voce. Le sue opere sono una diversa dall'altra, la prima che analizzo è una figura con un assemblaggio geometrico che  sembra un grande insetto spaziale, una proiezione dell'interiorità dell'artista, con grandi occhi teneri, le antenne, le gambe, una specie di metamorfosi della mente alla maniera di Franz Kafka. Nell'altra opera c'è un senso di informale, con figure animali e natura, raffigurati come un groviglio di colore, segni che salgono, scendono, volano si inseguono , possono essere pensieri, ricordi immagini vissute.    

 Al termine della manifestazione buffet e il brano “ Il soldato innamorato” di Lina Nappo che ha entusiasmato gli animi dei presenti. 

 

Per vedere la manifestazione questo è il link:  https://oltremodotv.com/comunicazioni-darte/

 

 

 

 

Il cortometraggio “Sei sempre stata tu” della Regista Alessandra Sasha Carlesi è stato presentato il 4 maggio scorso al teatro Testaccio di Roma

 

Alessandra Sasha Carlesi è una regista dalle idee innovative, di origini toscane, di Prato, vive e lavora a Roma dall’età di  20 anni. Inizia  a recitare a teatro da giovanissima e dopo aver  frequentato numerose scuole, laboratori e compagnie teatrali, partecipa a numerose realizzazioni cinematografiche (corti e mediometraggi). Alessandra una volta trasferitasi nella capitale, si forma all’interno dell’ Accademia teatrale e nel suo percorso di studio, conosce vari aspetti del cinema. Dopo tanti anni di affiancamento, inizia a lavorare come aiuto regia, un lavoro molto tecnico e organizzativo e si rende conto che esiste tutto un mondo che probabilmente le  interessa di più. Con un amico  inizia a produrre i primi spettacoli teatrali e i primi lavori sul set. 

 “Sei sempre stata tu” è il suo nuovo cortometraggio scritto insieme al direttore della fotografia Simone Barletta  e  Ciro Buono, che nella pellicola  riveste anche il ruolo di protagonista. Girato sia a Roma presso la scuola di effetti speciali Fantastic Forge di Sergio Stivaletti che a Fiumicino, il cortometraggio affronta una tematica sociale importante, quale quella delle malattie mentali  e in particolare la “Maladaptive Daydreaming” o sindrome della fantasia compulsiva. Tale  patologia assimilata al “sogno ad occhi aperti”  è un artificio mentale che consente di sfuggire a dei ricordi che affliggono e che si intendono rimuovere. In realtà l’individuo vive costantemente una vita  che  diventa parallela e può portare a gravi conseguenze. La pellicola racconta la tragica storia d’amore tra Christian (un ragazzo che vive nell’ambito di una famiglia normale) che si innamora di Millie (una ragazza di strada, fragile e incompresa, vittima di una società che l’ha sempre emarginata). Christian decide di vivere la sua storia d’amore con lei in mezzo alla sua realtà, quindi la pellicola affronta anche le tematiche  dei senza tetto. Al momento di partorire, Millie muore in circostanze sfavorevoli, perché è costretta a farlo in strada. Christian per convincersi che la sua ragazza vive ancora, si costruisce una nuova realtà che lo porterà a vivere all’interno di un istituto psichiatrico. La bambina che Christian aveva abbandonato, la ritrova  anni dopo in circostanze fortuite e dal confronto con la figlia, riesce  ad uscire dalla  dura realtà per vivere la sua vera vita. L’incontro con la figlia Zoe riporta alla luce un passato doloroso, che offre a entrambi la possibilità di un riscatto. 

Alessandra Sasha Carlesi l’abbiamo incontrata per conoscerla più da vicino. “Sei sempre stata tu” affronta  un argomento di grande impatto sociale vero? 

Ho continuato su una strada tracciata, perché in passato già avevo affrontato tematiche simili. Sono sempre stata sensibile al discorso delle patologie della mente e  dei senzatetto. La società di oggi è complessa pertanto oggi molti soffrono di piccole o grandi patologie che spesso sono  sottovalutate. Nel caso in questione ho fatto delle ricerche e ho visto che esiste effettivamente questa malattia denominata “sindrome da fantasia compulsiva” che non è molto facile da riconoscere. Non è soltanto un sogno ad occhi aperti perché ha dei risvolti anche più pesanti. E non ci sono idee chiare in merito, perchè gli specialisti a mio parere, quando riscontrano queste gravi problematiche che affliggono la mente, l’unica cosa sanno consigliare è quella di  “bombardarti con psicofarmaci” che  possono farti anche peggio. 

Come sei riuscita a realizzare  questa tematica così importante? 

Questa estate ad un festival cinematografico io e il mio compagno Ciro Buono, abbiamo incontrato Simone Barletta, Direttore di fotografia e discutendo con loro è sorto questo nuovo progetto. Nello stesso festival  c’era anche il noto cantautore milanese Davide De Marinis (autore di tanti successi) con il quale ci siamo trovati subito in sintonia. C’è stata subito l’intesa di creare un progetto che coinvolgesse tutti noi, perché credo molto nelle sinergie. Ho chiesto a Davide se poteva ideare la colonna sonora con un suo brano musicale per la pellicola, così dopo essersi fatto trasportare dalle emozioni del racconto cinematografico e dall‘istinto, ha scritto una canzone  suggestiva dal titolo “che meraviglia”. Recentemente è uscito anche il videoclip ufficiale, che sta andando anche molto bene e di questo sono estremamente soddisfatta. 

Dove avete effettuato l’anteprima dello spettacolo? 

Lo abbiamo fatto al Teatro Testaccio il 4 di maggio scorso, dov’è stato presentato il cortometraggio e il videoclip. Davide De Marinis oltre a cantare il pezzo live, ha presentato i suoi celebri successi musicali quali “Troppo bella”, “Chiedi quello che vuoi” ecc.. E’ stata una bella serata dove si è sprigionata una grande energia positiva, perché si è passati  dalla drammaticità del cortometraggio al videoclip e così in un certo senso si è po’ stemperata l’atmosfera. 

Il trucco e parrucco del film è a cura di Blentina Tafaj. I costumi sono stati curati da Francesco Bureca. 

Grazie e in bocca  al lupo, Alessandra Sasha Carlesi.

 

 

 

Page 1 of 5
© 2022 FlipNews All Rights Reserved