L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni.

Theatre and cinema (177)

 

 

Riccardo Massaro
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November 20, 2025

Casa Barnekow in via Vittorio Emanuele 83 ad Anagni, in provincia di Frosinone, ospiterà una produzione di rara intensità: “Il dolore” di Marguerite Duras, nell’adattamento curato da Medusa Teatro con la regia di Ivano Capocciama.

L'opera  ("La douleur" in francese) è tratta dal romanzo autobiografico omonimo di Marguerite Duras, pubblicato nel 1985. Sebbene sia nato come testo letterario, è stato poi spesso adattato e messo in scena come monologo teatrale.

 Foto: Eleonora Di Ruscio

Il testo deriva da due quaderni-diario che Marguerite Duras affermò di aver ritrovato anni dopo, dimenticati in una casa di campagna, e di non ricordare di averli scritti. E’ un resoconto viscerale e in prima persona di un periodo traumatico della sua vita.

 L'azione si svolge a Parigi tra il 1944 e il 1945, durante gli ultimi giorni dell'occupazione tedesca e subito dopo la Liberazione.

La parte centrale e più toccante della storia è incentrata sull'angosciosa attesa della scrittrice.

Il dolore non è solo il titolo, ma la sostanza dell'opera. È il dolore dell'attesa, della guerra interiore ed esteriore, della vista dell'orrore. Sul palco la bravissima attrice Giulia Germani, giovane promessa per il teatro, darà voce e corpo a uno dei testi più strazianti della letteratura del Novecento. Per la natura confessionale e introspettiva, l’opera è intesa come un monologo intenso, interpretato da grandi attrici (come Mariangela Melato in Italia o Dominique Blanc in Francia), in cui l'attrice incarna la scrittrice sola sul palco, a tu per tu con il suo tormento.

È una confessione intima che si fonde con la grande storia della guerra, offrendo una testimonianza viscerale della tragedia dei campi di concentramento attraverso gli occhi di chi è rimasto ad aspettare.

L'opera focalizza l'attenzione sulla guerra delle donne che, inermi, aspettano. Il loro dolore individuale si fa universale, un destino di sofferenza e attesa.

L'amore per Robert è il motore della sua resistenza e della sua sofferenza, ma l'orrore della guerra distrugge l'uomo e, di conseguenza, la relazione che era.

Il marito della Duras, Robert Antelme (nella finzione Robert L.), importante figura della Resistenza francese, è stato deportato nel campo di concentramento di Dachau.

Marguerite, che faceva parte della Resistenza, vive in un perenne stato di sospensione e disperazione. Non sa se Robert sia vivo o morto. Questa incertezza diventa una tortura fisica ed emotiva, un "dolore" che la consuma.

Contro ogni previsione, Robert viene ritrovato e riportato a casa. Non è l'uomo che lei ha conosciuto e amato, ma un "rifiuto" distrutto nel fisico (pesa pochissimo, è malato di tifo) e nell'anima. La Duras

 Foto: Eleonora Di Ruscio

descrive con una lucidità brutale lo strazio di vedere l'uomo amato ridotto a un fantasma.

  Foto: Eleonora Di Ruscio

Segue il racconto dei 17 giorni in cui Robert lotta tra la vita e la morte, e l'impegno della Duras e dei compagni per salvarlo, nutrendolo lentamente. Nonostante la sopravvivenza fisica, l'uomo conosciuto è irrimediabilmente perduto. La narrazione si conclude con il distacco finale.

 

 

 

 

 

 

In scena a 
Casa Barnekow, via Vittorio Emanuele 83 Anagni (FR)
Sabato 22 novembre ore 18:30
Per info e prenotazioni 3288350889

 

 

November 19, 2025
Luca Ward è un nome che non si limita a essere letto; si sente. La sua presenza, pur restando spesso celata dietro il sipario di una cabina di doppiaggio, risiede indiscutibilmente nel DNA emotivo e culturale di ognuno di noi. Nato a Roma, Ward è molto più di un artista; è il custode sonoro dei nostri ricordi cinematografici, un attore, doppiatore, direttore del doppiaggio e conduttore radiofonico la cui carriera è una fusione perfetta tra l'arte dell'interpretazione visiva e la magia della trasformazione vocale. È la sua inconfondibile voce, dal timbro caldo, grave e capace di accarezzare l'anima, ad averlo consacrato come il "Re del Doppiaggio" italiano. Quella voce, che sentiamo come familiare, ha donato profondità e carisma a eroi e antieroi che hanno segnato la nostra vita. È lui il coraggio tonante di Russell Crowe in Il Gladiatore, l'uomo che, con il suo "Al mio segnale, scatenate l'inferno!", ci ha fatto vibrare il cuore. È la fredda determinazione di Keanu Reeves (in Matrix e John Wick), la saggezza tagliente di Samuel L. Jackson (Pulp Fiction) e l'eleganza seducente di Pierce Brosnan (James Bond). Ward non ha solo tradotto parole, ha vestito le emozioni di questi personaggi.Oltre a questi trionfi vocali, Ward è un apprezzato volto del piccolo schermo, capace di emozionare in ruoli come quello in Elisa di Rivombrosa, ed è la voce rassicurante e autorevole che ci guida attraverso le meraviglie della storia e della scienza con Ulisse - Il piacere della scoperta. La sua è la storia affascinante di un artista che ha reso il suo strumento un ponte diretto tra l'azione sullo schermo e la risposta emotiva del pubblico, facendoci credere, ridere e piangere, rendendosi per sempre sinonimo dei più grandi miti di Hollywood.

       D-  "Lei è la voce italiana fra tanti, di due grandi attori come Keanu Reeves e Russell Crowe. C'è una voce che ha doppiato che, per sfumature emotive o difficoltà tecnica, le ha richiesto un impegno maggiore rispetto ad altre?"

R- Il processo di doppiaggio inizia sempre con la visione del film e l'analisi approfondita dei personaggi da interpretare. È fondamentale capire la storia e, soprattutto, le sfumature emotive e psicologiche degli attori originali.
Chi doppia spesso lavora con giganti del cinema che affrontano ruoli complessi e impegnativi. Interpretare vocalmente questi personaggi richiede grande rispetto e impegno; l'emozione è talmente intensa che, come metafora, ci si "fa il segno della Croce" prima di affrontare l'incarico.
Tra tutti i ruoli doppiati, quello che è rimasto più nel cuore è l'interpretazione di Russell Crowe nel film Il Gladiatore. Questo personaggio e la sua storia sono considerati "intramontabili" e l'esperienza di dargli la voce è stata per me particolarmente significativa.
Ogni doppiaggio richiede studio e rispetto per il personaggio, ma doppiare Russell Crowe ne Il Gladiatore è stato per me, forse il momento più memorabile.

        D- "Nella sua autobiografia parla di 'talento di essere nessuno'. Cosa intende con questa espressione e quanto è importante per un doppiatore saper 'sparire' dietro il personaggio?"

R- Il ruolo del doppiatore racchiude una dualità affascinante: la capacità di essere tutti e nessuno contemporaneamente. Questa riflessione tocca l'essenza stessa dell'interpretazione vocale. Interpretare un vasto numero di attori e personaggi conduce a una domanda fondamentale: "Alla fine, chi sei?" Si entra nella pelle (o nella voce) di innumerevoli figure, ma si rimane consapevoli che nessuna di esse rappresenta l'identità finale dell'interprete. Nonostante la miriade di "maschere" vocali adottate, l'identità di base permane e si riafferma: "resto solo Luca.” È innegabile che ogni doppiatore, come ogni attore, immetta una piccola parte di sé in ogni performance. Questo contributo è inevitabile e, se ben gestito, essenziale per dare anima e verità all'interpretazione L'abilità cruciale del doppiatore risiede nel trovare il giusto equilibrio.È fondamentale però non esagerare con il proprio apporto personale. Il compito primario è seguire e rispettare l'interpretazione originale dell'attore che si sta doppiando, mettendo il proprio talento al servizio del suo ruolo.

        D- "Dato il suo coinvolgimento nel Ward Lab e come Presidente della Fondazione del Teatro di Brindisi, quanto è importante oggi per un artista investire nell'insegnamento e nella diffusione della cultura teatrale e del doppiaggio?

R- Non ricopro più la carica di Presidente della Fondazione del Teatro di Brindisi. Gli impegni pregressi, infatti, mi hanno portato a lasciare questo ruolo di grande responsabilità ad altri. Mi chiedi quanto sia importante investire per la diffusione della cultura teatrale; ritengo che il teatro sia un passaggio indispensabile per la crescita e la formazione di un artista, le nuove generazioni di attori sono spesso attratte direttamente dal cinema e dalla televisione, tuttavia, per imparare e crescere professionalmente fino a diventare un artista completo, è cruciale e fondamentale partire e passare dall'esperienza teatrale.

        D- Tra tutti i suoi ruoli, sia nel doppiaggio, in TV o in teatro, c'è un lavoro specifico a cui è rimasto particolarmente legato nel corso degli anni? E cosa rende quel progetto così speciale per lei?

R- La verità è che non c'è un lavoro particolare – che si tratti di uno spettacolo teatrale, un film o un doppiaggio – al quale io sia legato più di altri. Ho amato e mi sono dedicato a ogni singola interpretazione con lo stesso profondo impegno e con l'obiettivo di donarla allo spettatore, dietro ogni ruolo c'è stato un grande rispetto per il compito che andavo ad assolvere, una dedizione che prescinde dal risultato finale. È umano riconoscere che non sempre il risultato è stato "eccelso" in senso assoluto, ma l'amore e l'integrità riversati in quel momento interpretativo sono sempre stati al massimo. In fondo, ogni esperienza contribuisce a formare l'artista che sono, e per questo, le porto tutte nel cuore.

       D-Luca, i suoi impegni sono molti e vari. Per chi volesse vederla dal vivo in questi giorni, qual è lo spettacolo teatrale o il tour (sia come attore, regista o doppiatore live) che sta portando in scena attualmente?
Vuole parlarcene?

R- In questi giorni sto portando nei teatri uno spettacolo dal formato completamente nuovo e particolare.
Non si tratta del classico monologo, bensì di uno show interattivo che rompe la quarta parete: coinvolgo direttamente il pubblico in sala, invitandolo a cimentarsi con me sul palco.
Lo spettacolo, intitolato "Il Talento di tutti e nessuno", farà tappa a Milano con tre repliche: 12, 13 e 14 Dicembre.
Successivamente, la tournée proseguirà in un percorso che toccherà i teatri di tutta Italia.

            D- Cosa consiglierebbe ai giovani di oggi che volessero avvicinarsi al teatro?

R I giovani che scelgono la strada del teatro fanno una scelta eccellente. L'esperienza teatrale va ben oltre la semplice recitazione: Solo attraverso il teatro si può realmente diventare attori completi. È una vera e propria scuola di vita, un percorso che è al tempo stesso cura, benessere e formazione profonda per l'individuo stesso Lo spettacolo dal vivo (il teatro) fa bene non solo all'attore, ma anche al pubblico. Lo spettatore entra indirettamente a far parte dell'azione in un evento in diretta e irripetibile; lì si realizza un'esperienza unica di empatia ed emozione, un "tutt'uno" magico in cui l'attore, la storia e il pubblico vivono e testimoniano quell'evento nello stesso identico momento. In questa formulazione, si evidenzia la doppia funzione del teatro: come strumento di crescita personale e come esperienza di connessione emotiva condivisa.

         D  Perfetto, Luca. Ci avviamo alla conclusione. Vorrei lasciarle un momento completamente libero: c'è un messaggio, un pensiero, un aneddoto o semplicemente un saluto che vorrebbe rivolgere direttamente al pubblico che la segue e la stima, magari qualcosa che in questa intervista non abbiamo avuto modo di toccare?

R-  In questo spazio concessomi, mi rivolgo ai giovani, con la sincerità di un uomo adulto e con il cuore di un padre di tre figli. Ascoltate questa verità fondamentale:
Abbiate Coraggio! Non permettete mai a voi stessi di rinunciare al primo ostacolo. Non lasciate che i "NO" iniziali vi definiscano o vi fermino. La vita, la carriera, l'arte sono piene di resistenze, ma la vostra forza deve essere più grande di ogni rifiuto. Quando sapete cosa amate, quando il vostro sogno è chiaro, dovete spingervi fino in fondo. Fate assolutamente tutto ciò che è umanamente possibile per realizzare i vostri sogni. L'unica cosa insopportabile non è fallire, ma non averci mai provato. Ricordatelo sempre: la vita è un dono di una bellezza e un valore inestimabili. Non sprecatela mai vivendo al minimo. Date il massimo e mettetecela tutta per esaudire la vostra vocazione e i vostri desideri, in modo da non dover mai guardarvi indietro con il peso di un solo, terribile rimpianto. Vi auguro la forza di seguire la vostra passione, sempre.
November 18, 2025

 

 

E’ un piacere dare il benvenuto a un volto e una voce molto noti e amati dal pubblico italiano: Corrado Tedeschi. Attore poliedrico e conduttore televisivo di grande esperienza, Corrado Tedeschi ha saputo spaziare con successo tra diversi generi, conquistando il pubblico con la sua eleganza e la sua verve. La sua carriera televisiva è indissolubilmente legata alla conduzione di programmi storici che hanno segnato un'epoca. Negli ultimi anni, si è distinto per la sua intensa e brillante attività in teatro, dove ha dimostrato una profonda sensibilità e una grande padronanza della scena, recitando in commedie e spettacoli di successo. Ha inoltre partecipato a diverse fiction televisive, confermando la sua versatilità come attore. Un professionista che ha saputo mantenere vivo il legame con il suo pubblico attraverso il piccolo schermo e il palcoscenico.
La sua gentilezza si è dimostrata anche nel fatto di avere accettato di rispondere alle domande.

D- Lei è figlio di un Ufficiale della Marina Militare e ha trascorso i primi anni della sua vita spostandosi. Quanto crede che queste esperienze giovanili e il costante cambiamento abbiano influito sulla sua versatilità come artista e conduttore?

R-Quando si è figli di un marinaio si sa che si deve “partire”. Anche ora continuo a viaggiare come facevo da bambino, fare la valigie mi sembra così naturale che se per qualche giorno non le faccio per raggiungere i teatri, mi sento a disagio.

D- Prima della recitazione, ha tentato la carriera di calciatore nelle giovanili della Sampdoria. C'è un insegnamento o una mentalità appresa sui campi da gioco che ha poi ritrovato utile sul palco o in studio televisivo?

R-sono le due ultime forme di espressione “vive”, in un’epoca dove tutto è virtuale, quindi un po’ si assomigliano.Il suono dell’applauso a

 Corrado Tedeschi

teatro e l’emozione del gol provocano la stessa meravigliosa e violentissima sensazione.

D- Nel corso degli anni ha toccato tutti i generi, dai quiz allo sport (Studio Sport, Italia 1 Sport) fino all'intrattenimento leggero (Buona Domenica, Stranamore). Quale ambito della televisione le ha dato la maggiore soddisfazione professionale e perché?

R-ogni cosa che ho fatto in tv mi ha arricchito e completato.
Essere eclettici in tv “dovrebbe” essere una grande ricchezza ….


D- il teatro è diventato sempre più la sua principale occupazione, culminando nel 1999 con il ruolo di primo attore al Teatro Franco Parenti di Milano. Cosa le offre il palcoscenico che lo schermo televisivo non può dare?

R- a teatro non si può sbagliare e si è circondati di persone che, chi più , chi meno, conosce il proprio mestiere .
La televisione invece è diventata una immensa palestra per dilettanti….


D- Parlando sempre di teatro, nel 2013 ha portato in scena Trappola mortale e in tempi più recenti è tornato in televisione con il programma Top Secret su Business 24. Quali sono le sue sfide e i suoi obiettivi attuali, e c'è un progetto (teatrale o televisivo) che sogna di realizzare in futuro?
Se si quale? Vuole parlarcene?

R- i progetti ci sono ma non si rivelano (gli attori sono superstiziosi…)
D- Prima di salutarla, le lasciamo un momento e uno spazio completamente libero per poter comunicare un messaggio, un ringraziamento o un pensiero finale al suo pubblico e ai nostri lettori/telespettatori. A lei la parola.

R- in un ambiente dove impazzano i raccomandati e gli agenti potenti etc.., io devo ringraziare il mio unico “sponsor”, il pubblico, con il quale ho un meraviglioso rapporto d’amore e di fiducia.
Il pubblico va sempre rispettato e mai tradito.

 

A tu per tu con Corrado Tedeschi. Presto di nuovo in teatro con:
“L'uomo che amava le donne" (titolo originale L'Homme qui aimait les femmes) di François Truffaut, del 1977 –
Ecoteatro  di Milano il 21 e il 23 Novembre 2025

November 05, 2025

 Torna in scena questo fantastico spettacolo che tanto mi piacque ed emozionò quando lo vidi nel lontano 2021, al Teatro Sette.

Si tratta di una bella storia di amicizia che prende vita in piena guerra, sotto l’occupazione tedesca, e in cui fa da sfondo un fatto storico poco conosciuto. Sul palco due grandi interpreti, due giganti che insieme vi coinvolgeranno divertendovi ed emozionandovi.

L’idea nasce dalla mente di Stefano Reali, che scrive una bella commedia dedicata alla Resistenza romana e in special modo a Ugo Forno, un ragazzino di dodici anni immolatosi, il 5 giugno del 1944, per salvare il Ponte Di Ferro sull’ Aniene. Ultima vittima dei partigiani romani che ha meritato una Medaglia d’oro al Valore civile. Morendo con i suoi compagni coetanei, impedì ai genieri tedeschi di distruggere il ponte ferroviario. I tedeschi però uccisero lui e gli altri con dei colpi di mortaio. Oggi quel ponte porta ancora il suo nome.

Otello e Tazio, uno “stagnaro” e un orologiaio, sono amici. Il primo più titubante, il secondo più determinato, grazie alla loro grande amicizia trovano insieme quel coraggio per riscattarsi da una vita passata senza esporsi mai troppo. Due cuori grandi, due caratteri diversi che però si compensano e unendosi trovano la forza di compiere qualcosa che cambierà le loro vite.

Decidono di tagliare i fili delle mine tedesche posizionate per far saltare questo ponte, che attraversa l’ Aniene e che, se abbattuto, rallenterebbe l’avanzata degli Alleati.

I due stupendi personaggi a cui danno vita Massimo Wertmuller e Rodolfo Laganà riportano inequivocabilmente alla mente i grandi Alberto Sordi e Vittorio Gassman ne “La Grande Guerra”. Forse, chissà, Reali ha voluto fare un tributo a questi interpreti con altri due mostri sacri dello spettacolo, ma con una storia completamente diversa.

La sceneggiatura inserisce i due anonimi personaggi nella storia di Ugo Forno dando voce a tutti quegli eroi rimasti sconosciuti alla storia e che si sono immolati per la libertà e per la patria. Chissà quante storie come queste sono accadute e di cui non sappiamo né sapremo mai nulla...

La coppia Wertmuller - Laganà è fantastica, più che credibile nel ruolo, vincente ed avvincente, ci dimostra che in ognuno di noi può nascondersi un eroe che inaspettatamente si può ridestare davanti ad un sopruso o ad una violenza. In un’ora abbondante i due artisti ci riportano indietro nel tempo, a quell’infausto '44 in piena guerra civile, con gli Alleati ormai alle porte di Roma. Abiti, dialetto, atteggiamenti sono proprio quelli dei romani di quei giorni. Chi mi segue, sa che adoro il timbro di voce di Massimo e Rodolfo, inconfondibili e molto personali, ma che evocano, con la loro romanità, i grandi attori della vecchia generazione come il nostro Albertone. Anche se gli anni passano, i nostri sono inossidabili; una recitazione, la loro, che entra nel cuore, lo tocca, lo solletica, lo emoziona. Battute semplici, veraci, naturali e sempre efficaci in cui ogni romano si riconosce. I loro atteggiamenti, le espressioni e le movenze sono il trampolino di lancio verso una risata liberatoria che smorza i toni del dramma che stanno vivendo. Perché in fondo di questo si parla, del dramma dei tanti civili morti a Roma dopo l’8 settembre del 1943.

Grazie alla vecchia scuola del cinema e del teatro romano, che attinge alla romanità più pura e profonda, tutto si muove in un’atmosfera realistica pregna dell’ umorismo che caratterizza il romano. Si ride, ma non mancano i momenti drammatici, che ben si incastrano con quelli più leggeri e danno sapore alla storia. I nostri litigano, discutono, si aiutano, si sfottono, ma di fondo si vogliono bene e questo risulta sempre ben chiaro. È una storia di amicizia con alti e bassi che ci viene presentata con ironia, simpatia e drammaticità. Uno spaccato di vita di un momento tragico della nostra storia, sempre affrontata con tatto e delicatezza. Loro sono semplicemente eccezionali, non vorresti che smettessero mai di recitare, che quella atmosfera surreale ma così concretamente reale  non si interrompesse mai.

Bella, realistica ed accurata la scenografia che ricostruisce la parte inferiore del ponte, animato da suggestivi giochi di luce; piacevole e realistico anche il rumore dell’acqua del fiume che si sente scorrere in sottofondo per tutto lo spettacolo, i latrati dei cani lontani, i passi improvvisi, le voci dei tedeschi che si avvicinano, gli spari, il rumore dei cingoli dei carri armati… Tutto viene sottolineato da efficaci inserzioni musicali nei passaggi drammatici più intensi. Uno spettacolo ben scritto, con una bella regia e due icone del cinema e del teatro italiano a rappresentarlo Due grandi personaggi da vedere, gustare, assaporare e rivedere ancora.

 

Teatro Sette Off
“Amici per la pelle”
con Massimo Wertmuller e Rodolfo Laganà,
scritto e diretto da Stefano Reali

 

November 05, 2025

“Il futuro non è sempre avanti, a volte bisogna fermarsi e tornare indietro per raggiungerlo”.

Dopo aver assistito ad un'anteprima di Circo Paradiso nell'arena estiva del Teatro Tor Bella Monaca di Roma, lo spettacolo debutta ufficialmente (prima nazionale) al Teatro Metastasio di Prato dal 4 al 9 novembre, per poi approdare a Roma da al 13 al 30 novembre al Teatro Manzoni.

Cesare e Attilina sono due  trapezisti in pensione. In passato,  oltre che compagni di lavoro erano anche legati affettivamente.

Dopo tanti spettacoli ed una florida carriera, finalmente giunge per loro un riconoscimento: vengono chiamati ad esibirsi nuovamente in una serata in loro onore, dove  riceveranno il meritato premio a cui anelano tutti i circensi: il “Trapezio d’oro”.

I due non si vedono ormai da oltre trent’anni, le loro strade si sono divise ma il destino ha deciso di ricongiungerli per questa serata. Le “lucciole del circo”, come venivano chiamati quando erano famosi, sono pronti a tornare insieme in scena.

Il racconto si fonde tra passato e presente attraverso emozionanti flashback. Le coppie rappresentate sono due, quella dei protagonisti piuttosto anziani, affaticati e provati, e l’altra dei due giovani e pieni di vita. La prima coppia anziana è  dolcissima ed estremamente romantica nonostante il tempo, si lascia andare a piccoli e buffi diverbi, teneri battibecchi in cui conservano la loro fanciullezza, la spontaneità e la complicità che li accompagnerà per tutta la storia. È evidente che si amano ancora.

Nell’altra versione Agnese e Tiziano, da claudicanti ed affaticati anziani si trasformano in pochi istanti in due giovani aitanti, pieni di fiducia e speranza nel futuro da costruire. Voci squillanti e appassionate sostituiscono quelle borbottanti e dolcemente pungenti; impettiti e pulsanti perdono all’improvviso la postura affaticata e le movenze lente e incerte. Sembra di avere sul palco quattro attori, anziché due!

Attraverso i passaggi da un’età all’altra ci accompagnano nel  loro percorso di vita, toccando con noi i momenti più significativi e belli.

Ancora bambini, lui figlio di un falegname sardo e ammaliato dal circo, lei di circensi con l’aspirazione di diventare trapezista, si incontrano, poi si perdono e di nuovo si rivedono dopo anni, cosicché quell’interesse speciale e palpabile che li aveva colpiti reciprocamente e che avevano lasciato in sospeso sfocia in un amore adolescenziale fino a maturare. Diventeranno due bravi trapezisti, anche se  proprio al culmine della loro attività artistica ci sarà una dolorosa separazione…

All’interno della storia orbiteranno anche altri personaggi, interpretati anch’essi dai due artisti: il russo lanciatore di coltelli Dimitri e la veggente spagnola Fortuna; Mariuccio, padre di Tilina, e la madre di Cesare. Questi istrionici e camaleontici artisti si trasformano mutando pelle e passando da un personaggio all’altro. Il modo in cui riescono a dare a ciascuno una connotazione peculiare lascia a bocca aperta.

Agnese e Tiziano arrivano, con “Circo Paradiso”, al loro quarto stupendo spettacolo insieme. Propongono un prodotto confezionato con i soliti prelibati ingredienti con cui già ci hanno deliziato in passato. Il risultato è una commedia dolce, appassionante, romantica e nostalgica a cui si aggiunge una vena magica ed onirica. Non mancano gli spunti comici che fanno divertire con tenerezza.

Una commedia che ha lo stile del musical e il sapore dei dolcissimi cartoni di Walt Disney, con qualche spruzzata di quei vecchi bei film romantici in bianco e nero. Il tutto è sorretto da cura, sensibilità  ed originalità eccezionali.

Vedere uno spettacolo di questi due talentuosi artisti è come vivere un sogno ad occhi aperti. Si resta incantati, estasiati, con il fiato sospeso. Si ride, ci si emoziona, ci si commuove immersi nelle loro coinvolgenti storie.

Diretti superbamente dalla  regia del duo Evangelisti-Latagliata, si muovono elegantemente in una piacevole e curata scenografia di Andrea Coppi, che modificano di volta in volta  per evocare stati d’animo e situazioni mutevoli. Le luci impeccabili sottolineano efficacemente i momenti più salienti, aggiungendo un forte pathos alle scene grazie all’attenta direzione di Valerio Di Tella. I costumi di Nicoletta Ceccolini sono semplicemente stupendi, ispirati a quelli del circo degli anni Venti; le musiche si evolvono nello stile per sottolineare i tempi che passano. Tutte le basi musicali sono state composte da Tiziano, che ne ha eseguito la maggior parte al pianoforte o alla chitarra mentre sul palco, insieme ad Agnese, cantano dal vivo divinamente. Sono musiche trascinanti, con le due voci melodiche che si alternano, si rincorrono, a volte procedono insieme su note diverse arricchendo di significati le scene che accompagnano. Con le musiche, i dialoghi e i movimenti sulla scena è come se i due aprissero un baule magico pieno di meraviglie, che a fine spettacolo ripongono delicatamente lasciando nel cuore dello spettatore l’essenza dell’umanità.

Anche lo stratagemma più paradossale si tramuta in qualcosa di reale, tangibile. È il sogno che si fa realtà. Un bellissimo sogno.

Un altro capolavoro che si aggiunge ai tre già proposti e che a distanza di anni continuano ad emozionare: “Letizia va alla guerra”, “Fino alle stelle”, “I Mezzalira, panni sporchi fritti in casa”. E ora “Circo Paradiso”.

Prima da vedere, poi li amerete!

 

Teatro Manzoni

"Circo Paradiso” con  Agnese Fallongo e Tiziano Caputo
Regia Adriano Evangelisti e Raffaele Latagliata
Scritto da  Agnese Fallongo
Musiche e liriche Tiziano Caputo
Scene Andrea Coppi
Costumi Nicoletta CeccoliniMovimenti  coreografici  Elisa Caramaschi
Direzione tecnica Valerio  Di Tella
Editing musicale Fabio Breccia
Trucco Chiara Capocetti
Una Produzione Teatro De Gli Incamminati / Teatro  Metastasio di  Prato
Foto di scena Tommaso Le Pera

 

 

 

 

October 27, 2025

Viviamo in un tempo di passaggio. Le certezze dell’Occidente — progresso, stabilità, sicurezza — sembrano essersi incrinate, mentre l’Oriente, vasto e giovane, torna a rivendicare un ruolo centrale nella storia del mondo. È questo il cuore del “Ritorno d’Oriente”, una riflessione geopolitica che interpreta il XXI secolo come l’epoca del grande riequilibrio tra Europa e Asia.

Le cinque ferite del nuovo millennio

Il secolo si è aperto con cinque shock simbolici che hanno scosso l’ordine globale:

l’attacco alle Torri Gemelle del 2001, la crisi finanziaria del 2008, la pandemia del 2019, la guerra in Ucraina del 2022 e il conflitto in Medio Oriente del 2023.

Cinque eventi che hanno incrinato il mito della globalizzazione e mostrato la fragilità del sistema occidentale. L’illusione di un mondo unito dal commercio e dalla tecnologia ha lasciato spazio a un’epoca di incertezze e di ritorno alla storia.

Europa e Asia: due visioni del mondo

L’Europa è il continente della memoria: culla della filosofia, del diritto e della politica moderna, ma oggi segnata da un senso di stanchezza.

È anziana non solo per età demografica, ma per spirito. Amministra il presente più che costruire il futuro.

L’Asia, al contrario, è giovane, demograficamente viva e animata da un desiderio di affermazione.

Mentre l’Europa difende ciò che ha, l’Asia insegue ciò che vuole — e la storia, da sempre, appartiene a chi desidera di più.

Potere, istituzioni e nuove alleanze.

L’Europa ha scelto la stabilità, l’Asia il movimento.

Il Vecchio Continente si affida a un sistema di istituzioni rigide — Unione Europea, NATO, OSCE — che garantiscono pace ma non visione.

In Oriente, invece, il potere è fluido e pragmatico: nascono e si intrecciano nuove alleanze come i BRICS, l’ASEAN e la Comunità di Shanghai.

Nessuno è alleato per sempre, nessuno nemico per sempre: l’era delle “transazioni mobili” ha sostituito quella dei blocchi ideologici.

Religione e identità

Se l’Europa si è secolarizzata fino a perdere il linguaggio del sacro, l’Asia vive ancora di spiritualità.

In Russia, l’ortodossia è tornata a fondamento dello Stato; in Iran, l’Islam sciita guida la vita politica; in India, l’induismo si è trasformato in ideologia nazionale; in Turchia, l’Islam politico è tornato al centro con Erdoğan.

La Cina riscopre il confucianesimo sotto la superficie del comunismo, mentre il Giappone continua a fondere shintoismo e modernità.

L’Europa crede nei diritti, l’Asia nei doveri. È il contrasto tra l’individuo e la comunità, tra la libertà e il destino.

Economia e tecnologia: il nuovo potere

Il mondo non si divide più solo per confini o eserciti, ma per infrastrutture e dati.

Oggi chi controlla i flussi — di energia, informazioni, rotte marittime e connessioni digitali — controlla il futuro.

La Cina costruisce la Nuova Via della Seta, collegando Asia, Africa ed Europa; l’India diventa il laboratorio digitale più grande del pianeta; la Turchia si afferma come ponte energetico tra continenti; l’Iran domina lo stretto di Hormuz, da cui passa un terzo del petrolio mondiale.

In confronto, l’Europa appare fragile, priva di energia autonoma e di visione tecnologica comune.

Il nuovo equilibrio del mondo

Dalle steppe russe al Mar Cinese Meridionale, il pianeta è attraversato da linee di frizione.

Il futuro potrebbe decidersi a Taiwan, nel Caucaso o nel Medio Oriente.

Ma al di là delle tensioni, emerge una costante: la storia si sposta verso Est.

Non si tratta di un conflitto tra civiltà, ma di una transizione di civiltà, in cui il baricentro economico e culturale del mondo cambia posizione, come accadde già nei grandi cicli della storia.

Europa e Asia: memoria e futuro

L’Europa custodisce la memoria, l’Asia rappresenta il futuro.

L’una ricorda, l’altra sogna.

Il ritorno d’Oriente non è una minaccia, ma una possibilità: quella di un nuovo dialogo tra civiltà, di un mondo più multipolare e meno dipendente da un solo centro di potere.

Come ricorda una citazione che chiude il testo:

“Il mondo non torna indietro. Sta solo tornando verso Est.”

E forse, questo ritorno non è un tramonto dell’Occidente, ma l’alba di una nuova epoca della storia umana.

 

 

 

October 13, 2025

“Un uomo ammattisce se non ha qualcuno. Non importa chi è con lui, purché ci sia. Vi so dire che si sta così soli che ci si ammala." (J. Steinbeck)


Il fine ultimo del teatro è la messa in scena di un testo, sia esso un classico, un’opera di attualità o di pura invenzione. La vera sfida, tuttavia, consiste nell'entrare in risonanza con il pubblico attraverso l’interpretazione, e nel riuscire a infondere sentimenti, emozioni e riflessioni.
Gli attori sono coloro che fungono da tramite emotivo (transfert); per loro non è sufficiente imparare la parte a memoria, ma devono far proprio il testo e riuscire a immergersi completamente (nella storia da condividere. È innegabile, d’altronde, che non tutti gli interpreti abbiano la capacità di conferire la massima autenticità alla rappresentazione vuoi per inesperienza, per inattitudine per insufficienza preparatoria.

L’Associazione “Giardini dell’arte” ha realizzato una trasposizione eccellente di “Uomini e topi” (Of Mice and Men, 1937), il celebre romanzo breve di John Steinbeck. Ogni interprete è riuscito in maniera mirabile a raggiungere la piena padronanza del proprio ruolo. L'allestimento ha catalizzato l’attenzione di un pubblico visibilmente coinvolto, che ha trattenuto il respiro per non perdere i dialoghi e l’interpretazione magistrale. Si è trattato di un dramma emozionante non solo per l'intensità della storia, ma soprattutto per la modalità interpretativa, che ha conferito al pubblico la rarissima sensazione di assistere a una realtà viva e non artefatta.Lo spettacolo, attraverso le gestualità, le voci, i respiri e il vibrante trasporto degli interpreti, ha conquistato pienamente il pubblico. Gli spettatori in sala hanno applaudito per lunghissimi minuti, soddisfatti di aver assistito a un’intensa trasposizione di una storia già di per sé fortemente impattante.Nei ricordi, rimarranno certamente impresse le figure di George e Lennie, interpretate con umanità e intensità uniche da Lorenzo Lombardi e Aldo Innocenti, una coppia di attori che ha dato nuova vita ai personaggi. Lo stesso Steinbeck avrebbe probabilmente gradito: fu lui, del resto, a portare in teatro la sua opera. Uomini e topi (una pièce in tre atti) debuttò a Broadway il 23 novembre 1937, lo stesso anno della pubblicazione del romanzo, a riprova della sua intrinseca vocazione scenica.Il plauso e il ringraziamento vanno dunque a coloro che, animati da una vera vocazione, sanno strappare le storie dalle pagine di un libro per dar loro corpo e respiro, restituendole vive alla comunità.

 

Uomini e topi -Teatro di Cestello
a cura di: Associazione Giardini dell’arte- regia di Marco Lombardi- versione italiana di Luigi Squarzina,
Lorenzo Lombardi, Aldo Innocenti, Marcello Sbigoli, Raffaele Totaro, Anna Serena, Lorenzo Bittini, Massimo Blaco, Gianfranco Onatziro’ Obinu.

Assistente alla regia Sandra Bonciani, musiche originali di Marco Simoni, costumi di Fiamma Mariscotti, disegno luci di Silvia Avigo, scenografia di Lorenzo Scelsi.

 

October 04, 2025

 

Marina Pizzi mi ha completamente spiazzato con questa sua nuova pièce. Forse perché ero rimasto fortemente colpito dalle sue ultime proposte drammaturgiche. Si rivela scrittrice poliedrica in grado di stimolare tutti i sensi dello spettatore commuovendolo, facendolo riflettere ed ora anche divertendolo.

Questa proposta strizza l’occhio alla commedia italiana con una storia leggera e molto piacevole adatta a tutti. A portarla in scena un cast assolutamente scoppiettante.

Alla regia c’è il tocco personale e brillante di Toni Fornari.

La vicenda si svolge in un soggiorno ben ricostruito che si affaccia su un incantevole panorama cittadino che muta durante le scene per sottolineare il passare delle ore, alternando tramonti mozzafiato, incantevoli scorci notturni e assolati momenti della giornata.

Le scene sono ben distinte, sottolineate da un buon effetto luci e accompagnate da una piacevole colonna sonora con brani ritmati e noti. Arriviamo ora alla storia.

Sasà (Enzo Casertano), all’anagrafe Salvatore Gargiulo, è una persona tranquilla ed accomodante che appare da subito inequivocabilmente succube sia delle asperità della vita che delle donne di casa.

Queste figure che orbitano intorno a lui rischiano di destabilizzare il suo equilibrio mentale ed emotivo. Si tratta della moglie Nora (Beatrice Fazi), donna volitiva e dal carattere forte e deciso, e la suocera (Mara Liuzzi), personaggio onnipresente, invadente, indiscreto e sarcastico. Infine, la giovane figlia Paola (Alessandra Merico), studentessa di medicina poco incline all’impegno. A parte Paola, l'unica che si esprime attraverso un chiaro accento romano, tutti i suoi familiari hanno un marcato accento partenopeo.

Se vivere contornato da ingombranti figure femminili può essere complicato e stressante, immaginiamo quanto possa essere destabilizzante trascorrere gli arresti domiciliari in un caustico ambiente in cui regna una dittatoriale supremazia femminile.

Sasà è, infatti, agli arresti domiciliari perché invischiato in una situazione di cui si dice assolutamente innocente. Essendo un geometra del Comune, una sua firma lo inchioda come responsabile di un abuso edilizio. Nonostante le prove schiaccianti, afferma che la firma apposta sugli atti sia stata falsificata. In realtà, basta guardarlo per credere alla sua innocenza. È un bonaccione in balia di una famiglia che lo preferirebbe colpevole piuttosto che accettarne il suo temperamento mite e accondiscendente.

Lo spettatore diviene parte della scena e si trasforma in ospite di questa singolare famiglia, entrando nel vivo delle bizzarre dinamiche della convivenza forzata, forse per l’uomo peggiore del carcere.

La pièce dà ampio spazio ai caratteri dei personaggi che, nonostante i fastidiosi approcci e soprusi sul pover uomo, risultano paradossalmente simpatici.

Nora è una vegana crudista che prepara per il povero detenuto cibi per niente graditi che spingono Sasà a procurarsi di nascosto succulenti salsicce tramite la sua amante.

Quanto al rapporto con la moglie, i bisticci sono all'ordine del giorno e lasciano intuire una relazione ormai stagnante e pregna di insoddisfazione che sfocia in una sopportazione reciproca.

Paola, che si sta preparando per sostenere un esame di anatomia per il quale chiede un aiuto al padre, si dimostra negata per lo studio. Più che ad impegnarsi, sembra molto interessata a perdere tempo con i selfie da pubblicare sui social.

L’anziana madre è una vivacissima vedova sempre alle prese con creme ringiovanenti e ritocchini estetici che danno vita a gag esilaranti. La donna non disdegna di entrare costantemente in polemica con il genero, punzecchiandolo per farlo sentire costantemente un incapace.

Sulla scena c’è spesso Antonio (Andrea Mautone), agente di Polizia alquanto strambo, incaricato di controllare costantemente il recluso. Finirà, suo malgrado, per rimanere coinvolto nella vicenda perché infatuato della giovane Paola, con cui condivide una certa ingenuità e testa tra le nuvole.

Vicende e dialoghi sono ricchi di situazioni comiche. Battute incalzanti si rincorrono e intrecciano coinvolgendo tutti i personaggi in un cocktail dal sapore estremamente comico che accompagna piacevolmente per tutta la storia. Non manca il momento toccante, ben inserito, che efficacemente porta all’epilogo inaspettato.

Il ruolo centrale è retto indiscutibilmente da un grande Enzo Casertano, che sotto il mantello dell’uomo mediocre e remissivo nasconde una carica comica esplosiva dal forte gusto partenopeo.

Beatrice Fazi, pur apparendo arcigna e pungente, sfodera provocatorie battute divertentissime che si abbattono sul povero marito. La ricchezza di sfumature del suo personaggio ci conferma, se ce ne fosse bisogno, il talento di questa artista.

Nel suo continuo infierire sul marito viene spalleggiata da un’esuberante Mara Liuzzi, anche lei artista carica di comicità che entra sempre al momento giusto con le sue toccatine, alimentando il divertimento.

Alessandra si cala egregiamente nei panni della ragazza superficiale e frivola, a cui aggiunge una sua carica dirompente.

A completare l’opera Andrea Mautone, un improbabile tutore dell’ordine impacciato e assai poco marziale dal forte accento romagnolo. Dolcissimo, dall’aspetto spaesato e a volte inopportuno. In questa vicenda i maschi non la fanno certo da padrone!

Insieme alla triade Casertano – Merico – Fazi, treno inarrestabile collaudato e rodato, si aggiungono Mautone e  Liuzzi a dare pepe alla storia e allo spettacolo, a beneficio del pubblico che ride divertito.

 

“Arresti molto… molto domiciliari”
Teatro Golden
Enzo Casertano, Beatrice Fazi, Alessandra Merico, Mara Liuzzi, Andrea Mautone
di Marina Pizzi
Regia Toni Fornari
una produzione Goldenstar AM srl 

 

August 31, 2025


Francesco Branchetti è un regista e attore fiorentino con una lunga e intensa carriera nel teatro, nel cinema e nella televisione. Dal 2000 ha instaurato una solida collaborazione con i più importanti drammaturghi contemporanei, portando in scena numerosi testi. La sua attività professionale si estende anche alla direzione di opere e concerti e alla partecipazione a programmi radiofonici. La sua attività di regista è particolarmente prolifica, e i suoi numerosi spettacoli hanno riscosso un grande successo di critica e pubblico, portandolo in tournée in tutta Italia con un elevato numero di repliche. I numerosi e importanti premi e riconoscimenti lo premiano per la sua professionalità, dedizione e produttività come attore e come regista. Ma chiediamo direttamente a lui dei suoi nuovi impegni.
Francesco, presto riprenderanno i vari spettacoli teatrali che la vedono protagonista e regista. Ha da anni collaborato con nomi importanti in campo teatrale e non solo.

D: Vuoi dirci quando inizieranno e soprattutto chi saranno i suoi compagni di viaggio?

R: Quest'anno proseguirà la tournée di Malena e il tango con Maria Grazia Cucinotta, proseguirà Racconti di cinema e debutterà El fùtbol con Ettore Bassi. Un altro debutto sarà quello de I duellanti con Lorenzo Flaherty e il sottoscritto, poi proseguiranno le tournée di Una come me con Matilde Brandi. Tornerà in scena anche L'onorevole, il poeta e la signora con me, Lorenzo Flaherty e Isabella Giannone. Nella seconda parte della stagione debutteranno Hollywood con Clayton Norcross, un progetto a cui tengo molto, e altri progetti molto interessanti, uno con Stefania Rocca e uno con Enrico Lo Verso. Sarà quindi una stagione in cui contemporaneamente saranno in tournée molti miei spettacoli, alcuni dei quali mi vedono in veste di regista, altri anche di interprete. È una grande soddisfazione, ma anche una grande responsabilità.
Gli spettatori dei tuoi spettacoli sono immersi in un ventaglio di emozioni e generi, dalla commedia più comica e ironica a quella più drammatica e nostalgica. Le sue scelte sono sempre varie e vincenti.

D: Può dirci, in sintesi, quali sono le novità in arrivo e quali le difficoltà che gli addetti ai lavori si trovano spesso ad affrontare?

R: Le novità in arrivo saranno sicuramente i nuovi testi che porterò in scena. Come sempre nascono da lunghe riflessioni alla ricerca di qualcosa di
nuovo che riesca a coinvolgere il pubblico di oggi, pur rimanendo fedele al mio percorso. Per quanto riguarda le difficoltà, credo che essenzialmente quella che incontra chi fa teatro oggi sia relativa alla grandissima difficoltà di fare squadra e di fare rete. Ci troviamo spesso molto isolati nei nostri percorsi, e questo non rende le cose facili in un lavoro già di per sé difficile come quello del teatro.

D: Lei è uno stacanovista. Crede che la sua dedizione al lavoro, che la impegna quasi totalmente a livello fisico e mentale, ripaghi i sacrifici che fa per la sua professione?

R: Sì, credo che i miei sacrifici siano ripagati, almeno abbastanza. Soprattutto dalle soddisfazioni che mi dà il pubblico, ma anche dai viaggi profondi che mi permette di fare ogni allestimento e, di conseguenza, ogni gruppo di lavoro, ogni nuovo testo... si tratta sempre di nuove avventure e questo mi ripaga profondamente.


In arrivo un nuovo tabellone degli spettacoli, con rappresentazioni di spessore come:
    • “El Fùtbol” con Ettore Bassi
    • “Racconti di cinema” con Ornella Muti, Espedito De Marino, Marta De Marino e Silvia Bianculli
    • “Una come me” di Mauro Graiani con Matilde Brandi e Salvatore Buccafusca
    • “Hollywood” di David Norisco con Clayton Norcross
Sarà poi protagonista e regista nella pièce tratta da Joseph Conrad, “I duellanti”, con Lorenzo Flaherty. Riproporrà inoltre il successo de “L'Onorevole, il Poeta e la Signora”, un'esilarante commedia di Aldo De Benedetti che la vede protagonista e regista insieme a Isabella Giannone e Lorenzo Flaherty. Diversi titoli nuovi e altri già di successo.

D: In quali teatri e di quali città verranno rappresentati gli spettacoli?

R: Saranno tutti spettacoli in tournée nei maggiori teatri italiani, sia nelle grandi città che in provincia. Sono molto soddisfatto, e la mole di lavoro non mi spaventa, anzi mi entusiasma.

D: Francesco, sappiamo che si occupa di produzione, distribuzione e organizzazione di spettacoli oltre che di spettacoli di prosa, concerti e balletti. Vuoi spiegarci meglio il tutto?

R: La mia attività come operatore culturale e distributore procede parallelamente alla mia attività di regista e attore un po' da sempre, per cui le varie attività che svolgo non entrano mai in conflitto l'una con l'altra. Anzi, ogni attività mi aiuta a capire meglio l'altra e viceversa. Ho sempre vissuto il teatro a tutto tondo sin da ragazzo e credo sia la maniera più giusta di affrontare questa professione.
Negli ultimi anni, il teatro, e non solo, stanno subendo una trasformazione. L'ascesa dei media digitali e l'ampia disponibilità di contenuti su piattaforme di streaming e social media rendono le grandi arti, come gli spettacoli dal vivo, degne (purtroppo) di un'attenzione minore, soprattutto nelle nuove generazioni. Per alcuni il teatro è visto come una forma d'arte d'élite. Tuttavia, e per fortuna, il teatro continua a sopravvivere per la sua unicità di esperienza irripetibile e per la connessione emotiva tra attori e pubblico. Per rinascere si cerca di portare avanti il tutto con linguaggi più diretti e inclusivi e rappresentazioni più vicine ai tempi nostri.

D: Cosa ne pensa?

R: Non credo molto nell'ossessiva e continua ricerca di essere, come si può dire, attuali. Io credo che un artista, soprattutto oggi, debba portare in scena ciò che sente per lui importante e urgente da condividere con il pubblico. Deve parlare di testi, di argomenti importanti, ma soprattutto sentiti profondamente. Credo che dobbiamo sì, in parte, pensare al pubblico di oggi, ma non farci condizionare troppo dalle mode e dobbiamo sempre rimanere fedeli al nostro percorso artistico, lavorando su ciò che sentiamo di portare in scena... fedeli alla nostra poetica, insomma. Si dà qualcosa al pubblico solo se si è veramente sinceri davanti a lui, solo se si è se stessi e totalmente veri nel donarsi attraverso un personaggio a chi guarda. E allora sì, forse chi guarda riceve qualcosa di profondo dal tuo lavoro.

D: Ho lasciato un piccolo spazio alla fine per permetterle di condividere con i lettori ciò che le sta più a cuore. Qual è il messaggio più importante che vorrebbe lasciare al suo pubblico?

R: Ritorno un po' a quello che dicevo prima, in questo momento il teatro, e soprattutto in questi ultimi anni, è spesso un viaggio, ahimè, solitario. È molto difficile trovare sul proprio percorso dei compagni di viaggio che poi rimangano con costanza nel tempo. È difficile fare squadra, è difficile fare gruppo, e questo forse dipende molto dall'insicurezza profonda che è dilagata dopo il Covid. Credo che bisogna abituarsi a un percorso quasi sempre solitario e poi, qualche volta, quasi per magia, in questo viaggio ci sono degli incontri, magari brevi, ma non per questo meno importanti o meno intensi. Bisogna gioire per questo, oltre che gioire per avere la possibilità di fare il lavoro più bello del mondo, che per me è e rimarrà sempre il teatro.

 

July 22, 2025

 

Se l’illuminazione è uno stato che è raggiunto da pochi studiosi e ricercatori dello spirito, considerati privilegiati nella loro elevazione, la possibilità di entrare in contatto con un’atmosfera che predisponga al raggiungimento di stati evoluti della propria coscienza, ognuno con il proprio punto di partenza e la propria gradualità di percorso, può essere offerta a tutti.

E il film IL MONACO CHE VINSE L’APOCALISSE, che affronta coraggiosamente l’interpretazione della visione profetica di Gioacchino da Fiore, abate e teologo, filosofo, pensatore rivoluzionario e visionario tra le menti più influenti del Medioevo, fa proprio questo. Con la sapiente regia di Jordan River, da sempre affezionato testimone di introspezione animica, la pellicola accompagna lo spettatore in un viaggio storico e spirituale che accarezza i presupposti per cambiamenti epocali, auspicabili anche per i nostri tempi.

Muovendosi tra i sovrani Riccardo I° d’Inghilterra (Nikolay Moss) e Costanza d’Altavilla (Elisabetta Pellini), l’abate florense (Francesco Turbanti), mantiene un’autorità che i poteri temporali non possono scalfire, e che diventa una pratica da mantenere per affrontare anche i mostruosi controllori dell’aldilà, una volta superato il guardiano della soglia (Yoon C. Joyce).

Lontano dal voler essere una pellicola di stampo religioso, tutti gli aspetti che concorrono alla realizzazione dell’opera, dall’uso delle sfumature della cromoterapia nelle immagini, all’altissima definizione a 12k, e l’uso di onde Theta gestite da Bruno Gioffrè nella colonna sonora di Michele Josia, che stimolano le frequenze creative e intuitive del cervello, trasportano la sala in una dimensione che invita a un approfondimento spirituale per qualsiasi provenienza. Al di là di barriere ideologiche, si è portati a una riflessione interiore attraverso il percorso di esplorazione della teoria gioachimita della Trinità: “Ognuno dei tre cerchi attraversa gli altri due; come la Trinità”, che sembra ti dica che la risposta va cercata nell’annullamento della dualità, verso una terza via che è quella che lui definisce dello Spirito Santo.

 “Si dice che i film debbano lasciare delle domande”, afferma il regista Jordan River, “ma io ho cercato anche di dare delle risposte. L’illusione e il male si annidano dentro di noi e impediscono l’evoluzione umana. Non è la persona che bisogna colpire ma il male che c’è nelle persone. Tutto nasce da un’idea che si muove; e se si riesce a superare quell’idea, si arriva al divino”. Come ci insegna Gioacchino quando tratta il tema del Terzo Tempo della Storia della Salvezza: “La prima fu l’età della paura; La seconda è stata l’età della fede; La terza, dovrà essere l’età dell’Amore”.

Staccatosi dalle linee tradizionali della Chiesa e degli ordini monastici del suo tempo, fonda con pochi suoi compagni l’ordine florense in un eremo concepito come il “fiore”; non come traguardo ultimo, ma come presupposto di speranza della ricerca da cui dovrà nascere il frutto. La sua missione è di identificare i nemici degli imminenti tempi apocalittici finali descritti nella Bibbia, e risvegliare il popolo cristiano addormentato verso la salvezza.

Sembra di ascoltare una cronaca odierna che denuncia l’inerzia passiva degli animi dei cittadini, ma sopraggiunto dal XII° secolo, Gioacchino ci dice che i passi della Bibbia devono essere compresi e interpretati:

“Il libro dell’apocalisse di Giovanni è stato fatto come una ruota interna che si protende fino alla fine dei tempi, e che attraversando la fine rivela la profondità dei misteri”, così detta a un suo discepolo nel film. E se il destino degli uomini, risiede tra due mondi paralleli, quello umano e quello trascendentale, comunque ci svela che tale destino può essere cambiato.

Oltre ad essere definito da Dante “il gran calavrese abate Gioacchino di spirito profetico dotato”, e collocato dal padre dei poeti nel quarto cielo del Paradiso, riservato alle anime sapienti, il suo pensiero ha ispirato artisti e filosofi come Montaigne, Hegel, Joyce e Michelangelo nel dipingere il Giudizio Universale e la Cappella Sistina.

Certamente non conosciuto come meriterebbe, la pellicola fa giustizia al fondatore dell’Ordine florense inducendo a una riflessione sulla vita oltre la vita, e la possibilità di creare una realtà di luce e pace interiore anche in questa dimensione umana. “Ognuno di noi ha tante vite”, spiega River. “Ho voluto raccontare una grande storia che mancava, e questa è la storia della nostra salvezza, non della sua”.

Ognuno è accolto dal film in una frequenza fatta di luce, suoni e spunti di riflessione che predispone all’ampliamento della coscienza. Ma al di là dell’aspetto trascendente, anche la dimensione umana apprezzerà l’atmosfera ammaliante delle riprese, la bellezza inevitabilmente contagiosa delle scene, della musica e dello stato d’essere che crea e dalla quale non si può uscire senza esserne contaminati.

Jordan River lo esprime così: “Ho pensato di fare qualcosa di positivo e lasciarlo ai quattro venti. Se lo spettatore è distratto potrebbe perdersi il senso; ma se è attento coglie il messaggio ed esce dalla sala che ha una forza, perché il monaco vince l’Apocalisse!”.

 

 

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