L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni. |
Abbiamo bisogno di bellezza, di moralità, di insegnamenti. Stiamo vivendo in un mondo dove tutto è a prova di adulti e dove i bambini apprendono quello che i grandi vivono. Tutto è proiettato verso la violenza, la negatività, la freddezza umana; i telegiornali ci portano immagini di guerra, d’ingiustizie, di razzismo, di cattiveria. I genitori ne parlano, ne discutono e mentre i figli assistono impotenti a “quelle cose da grandi” perdono la leggerezza dell’età crescendo In un contesto difficile dove il sogno spesso viene ucciso. Tutto è a prova di adulto, tutto è concentrato sui problemi di un oggi difficile. E’ bello allora
Scrivi per inserire testo che nonostante tutto, ci sia chi scrive libri per i bambini e chi insegni attraverso la parola come apportarsi con gli altri e come vedere oltre le brutture dell’oggi distratto. Maria Rosaria Belfi con grande intelligenza e comprensione scrive Daiki. Una storia che aiuta a crescere e a capire l’importanza dell’amicizia oltre che dell’ambiente. Un libro consigliato alle scuole elementari dove poter argomentare gli insegnamenti descritti. All’interno del volume vi sono immagini molto belle disegnate da Francesca Di Nardo illustratrice di prestigio.
Maria Rosaria Belfi, è nata in un piccolo centro dell’entroterra lucano, Castronuovo di S. Andrea, in provincia di Potenza, attualmente abita a Firenze. E’un’ex insegnante di scuola elementare, si è occupata della formazione dei bambini per più di quarant’anni, condividendo il loro mondo spontaneo e colorato. La natura, nella quale ritrova aspetti ancestrali e onirici, fa da scenario ai suoi racconti che fanno parte di antologie edite da Apollo, Caffè delle Arti e Nuovi occhi sul Mugello. “Come ali di farfalla” (Apollo Edizioni) è una storia con protagoniste due donne, decise a contribuire alla ricostruzione di Aleppo, distrutta dai bombardamenti. “Il mostro della paura” (Apollo Ed.) è un libro /quaderno operativo, con la storia tradotta anche nelle lingue inglese e spagnola, con molte proposte operative che rendono il bambino protagonista. Daiki, un libro di narrativa per ragazzi, edito da A&A Marzia Carocci, è il suo ultimo lavoro, una storia di amicizia e di solidarietà pensata per una società in trasformazione, dal profilo multietnico e interculturale. Un racconto che con riferimenti alla guerra in Siria, porta a riflettere anche i più piccoli sulle grandi tematiche del nostro tempo. Una storia con messaggi importanti, dove, però, non mancano momenti di ilarità, descrizioni efficaci e bellissime illustrazioni. Ama raccontare la condizione femminile e il ruolo della donna nei nostri giorni, con riferimenti ai processi evolutivi che sostanziano il cambiamento, ancora in atto e non sempre facile.
A tu per tu con l’autrice:
Lei ha scritto un libro per l’infanzia dal titolo Daiki uscito nel 2018. Un libro che ha già avuto successo ma che vorremmo ancora promuovere per il sentimento, l’emozione e l’insegnamento che ne fa un testo di alto valore morale.
D- Ci parli liberamente di come è nata l’idea di scriverlo e quello che ha voluto esprimere.
R- Lavorare con i bambini significa ritornare bambini, vedere il mondo con i loro occhi e viverlo con le loro emozioni, ho lavorato per moltissimi anni in classi multiculturali e il mio percorso professionale si è arricchito grazie alla conoscenza di nuovi mondi, non solo una questione geografica ma emotiva, valoriale. L’idea è nata in classe, con i bambini, nell’ambito di un percorso didattico formativo nel quale ho privilegiato, oltre agli obiettivi prettamente cognitivi e strumentali, strategie finalizzate a promuovere la reciproca conoscenza, l’accoglienza e l’integrazione. Mi piace pensare che il libro è stato scritto dai bambini con i loro racconti, la loro spontaneità, io ho pensato alla possibilità di dare alle loro storie, alle loro emozioni, una veste editoriale. Spero che il racconto possa veicolare messaggi di solidarietà, di amicizia, di accoglienza, oltre che di amore per la natura e per gli animali.
Maria Rosaria Belfi |
D-Chi è Daiki? Cosa ci insegna?
R-Daiki è un cerbiatto rimasto intrappolato in una buca, viene salvato da Cosimo e Ashraf, i due bambini protagonisti della storia, Daiki, termine giapponese, contempla, fra vari significati, quello di “grande bagliore”, ho pensato alla grande luce che deve sempre illuminare il percorso di chi si occupa della formazione dei nostri ragazzi, del nostro futuro. Percorso che devono affrontare tutte le componenti sociali in modo sinergico soprattutto in un momento storico come il nostro contraddistinto da emotività incontrollate, fuorvianti e pericolose. Il cerbiatto viene salvato dagli sforzi comuni di due bambini determinati a portare a compimento l’operazione salvezza. Daiki, la luce, la possibilità di salvezza, di redenzione.
D- Pensa che questo libro possa entrare nelle scuole? Perché?
R- Sicuramente sì, dovrebbe entrare nelle scuole per l’attualità degli argomenti e per la possibilità di utilizzarlo come strumento operativo, in una visione cognitiva interdisciplinare. La narrazione è semplice, molto fruibile, ma gli spunti di riflessione sono importanti: la guerra, la solidarietà, l’importanza di incontrare l’alterità, la necessità, quindi di un nuovo paradigma educativo. L’incontro con l’alterità è la sfida del futuro, la modernità deve esserne consapevole. Il racconto trasporta il lettore, bambino e non solo, in una bellissima avventura in mezzo alla natura , alla riscoperta di quei valori genuini e indispensabili che oggi più che mai hanno bisogno di essere interiorizzati e praticati.
D-Ha progetti nel cassetto per la promozione del libro. Quali?
R- Mi piacerebbe presentare Daiki nelle scuole, agli insegnanti e, naturalmente ai bambini, affidarmi alla promozione editoriale, cercare di avere una buona visibilità online, con pubblicazione di estratti che stimolino l’interesse. Confido anche nel passaparola che reputo una modalità efficace.
D- Pensa che questo suo lavoro possa essere di aiuto alle famiglie per spiegare alcuni valori? Se sì, quali?
R- Il libro aiuta a riscoprire molti valori: l’amicizia, il rapporto fra gli esseri umani, l’amore per la natura e gli animali, la capacità di osservare il mondo circostante e di saper comprendere e apprezzare tutto quello che ci dona ogni giorno.
D- Pensa di dare un seguito ai personaggi di Daiki in un altro lavoro? Una sorta di sequel?
R- Mi capita di pensarci, perché la storia raccontata è l’inizio del cambiamento che auspico nella società, in una società in divenire, dove i bambini di oggi sono gli uomini di domani. Cosimo e Ashraf? Li vedo uomini, promotori di pace e di solidarietà, in un mondo governato da questi valori, dove le guerre sono solo un brutto ricordo.
D- Le lascio uno spazio dove lei liberamente possa presentare con una breve sinossi il suo libro.
R- Daiki narra le imprese del piccolo Cosimo mentre trascorre le vacanze estive in compagnia della zia Mietta, dalla quale impara molte cose sulla natura che li circonda. Altri personaggi si muovono al suo fianco, Torquato, Amira, mentre riscopre la bellezza degli spazi aperti e delle piccole meraviglie della natura. Il bambino siriano Ashraf con il quale stringe una forte amicizia porta a superare il confine della differenza etnica e culturale. I due bambini trovano DaiKi, un cerbiatto ferito a cui prestano subito soccorso, affinché ritrovi la sua famiglia. Le bellissime illustrazioni di Francesca Di Nardo danno forma e colore alle scene narrate.
Il libro Daiki è ordinabile alla email This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.. Anche su Ibs e Feltrinelli.it
Ludovica Rossato, una giovane donna di 23 anni, ha già intrapreso un percorso professionale e personale che molti considererebbero ambizioso. Con umiltà e determinazione, ha fondato un'agenzia di marketing canadese che oggi opera in Italia, Canada, USA e UAE. Con una laurea in ingegneria gestionale, Ludovica viaggia per il mondo esplorando nuove culture e opportunità. Recentemente, ha aggiunto un nuovo titolo al suo curriculum: autrice. Il suo primo libro, "Dì di sì e trova il modo", è un invito all'azione per chiunque desideri superare le proprie limitazioni e vivere una vita piena di abbondanza e opportunità. Il libro si distingue per il suo messaggio potente e motivante. Come Ludovica scrive: "Dì di sì e trova il modo è diventato il mio mantra nel momento in cui ho deciso di dire 'sì' alle opportunità, anche quando sembravano fuori dalla mia portata." Questo pensiero riassume la sua filosofia di vita e il percorso che l'ha portata a diventare un'imprenditrice di successo. Ludovica racconta come, attraverso un'intensa introspezione e una determinazione incrollabile, sia riuscita a superare le barriere autoimposte e le aspettative altrui. Il libro è un viaggio attraverso le sfide e le vittorie che ha incontrato lungo il cammino, con l'obiettivo di ispirare i lettori a rompere gli schemi e a liberarsi dalle catene dell'autolimitazione. "È una dichiarazione di forza e di fiducia nell'infinito potenziale che ciascuno di noi porta dentro di sé," afferma. Intervista con Ludovica Rossato Per conoscere meglio l'autrice e il suo lavoro, abbiamo posto a Ludovica cinque domande sul suo libro e sulla sua vita.
Cosa ti ha ispirato a scrivere "Dì di sì e trova il modo"? "Inizialmente, questo libro nasce come una raccolta di appunti e un diario personale dove sfogavo e tenevo nota delle mie emozioni. Nel 2021, ho perso il file che conteneva tutti questi pensieri. Due anni dopo, nel 2023, l'ho ritrovato e rileggendolo ho sentito che dovevo condividere questo manuale con il mondo. Ho deciso così di aprire una pagina Instagram in italiano (avevo già una pagina in inglese con più di 30.000 follower) per condividere l'uscita del libro. Il primo video che ho postato ha raggiunto oltre 1,2 milioni di visualizzazioni e in quattro mesi ho ottenuto più di 20.000 follower. L'anteprima del libro è stata letta da più di 2.500 persone. Questi risultati mi hanno confermato che stavo andando nella direzione giusta. Finalmente, il 9 luglio 2024, il giorno del mio 23esimo compleanno, ho pubblicato il libro."
Ludovica Rossato |
Qual è il messaggio principale che speri i lettori portino con sé dopo aver letto il libro? "Spero che i lettori comprendano l'importanza di dire 'sì' alle opportunità, anche quando sembrano impossibili. Il libro vuole essere un invito a rompere le barriere mentali e sociali che spesso ci autolimitiamo, incoraggiando a trovare il proprio percorso unico e autentico. Voglio che i lettori sentano che hanno il potere di creare la loro strada e di vivere una vita ricca e appagante."
Come il concetto di "abbondanza" ha influenzato la tua visione imprenditoriale? "Per me, l'abbondanza non riguarda solo il successo finanziario. È uno stato mentale che coinvolge ogni aspetto della vita. Credo fermamente che per raggiungere il successo esterno, dobbiamo prima coltivare un'abbondanza interiore, sviluppando competenze, convinzioni e un carattere forte. Questo approccio mi ha aiutato a costruire un'azienda di successo e a vivere con gratitudine e consapevolezza."
Puoi parlarci di un momento in cui hai dovuto dire 'sì' a qualcosa di fuori dalla tua zona di comfort e come ti ha cambiato? "Un esempio significativo è stato quando ho deciso di espandere la mia attività all'estero. L'idea di gestire un'agenzia di marketing in mercati sconosciuti come gli Stati Uniti e gli Emirati Arabi Uniti era intimidatoria. Tuttavia, ho detto 'sì' e mi sono tuffata in questa nuova sfida. Ora, infatti, la mia agenzia opera in Italia, Canada, USA e UAE. Questo passo mi ha insegnato il valore del coraggio e della perseveranza, dimostrandomi che sono capace di molto più di quanto avessi mai immaginato."
Qual è stata la reazione dei tuoi lettori e follower dopo l'uscita del libro? "La risposta è stata davvero emozionante. Molti lettori mi hanno scritto per ringraziarmi, dicendo che il libro ha avuto un impatto significativo sulle loro vite. Ho ricevuto numerosi messaggi di persone che hanno trovato il coraggio di intraprendere nuove strade o di cambiare il loro approccio alla vita grazie alle pagine del libro. È stato gratificante vedere come le mie parole abbiano potuto ispirare e motivare gli altri, e mi sento profondamente grata per tutto il supporto ricevuto." Con "Dì di sì e trova il modo", Ludovica Rossato ha non solo condiviso la sua storia, ma ha anche offerto una guida preziosa per chiunque sia pronto a trasformare la propria vita. Con il suo approccio positivo e pragmatico, il libro è un faro di speranza e ispirazione per chiunque desideri esplorare nuove possibilità e realizzare il proprio potenziale. La risposta positiva dei lettori e la crescita costante del suo seguito su Instagram dimostrano l'impatto che le sue parole stanno avendo. Ludovica continua a lavorare con passione, con l'obiettivo di influenzare positivamente la vita delle persone attraverso la condivisione delle sue esperienze e delle lezioni apprese. Il suo viaggio è un esempio di come, con determinazione e una mentalità aperta, sia possibile superare ogni ostacolo e costruire una vita ricca di opportunità.
Pablo Sender |
Definito dal poeta irlandese George William Russell come uno dei libri ”più entusiasmanti e stimolanti” del mondo contemporaneo, La Dottrina Segreta è universalmente considerata il capolavoro di Helena Petrovna Blavatsky e l’opera più autorevole nell’ambito del pensiero teosofico moderno.
Il naturalista inglese Alfred Wallace, padre insieme a Charles Darwin della teoria dell’evoluzione, dopo averla esaminata, confessò di essere rimasto “sbalordito” dall’immensa mole di conoscenza e dal grande interesse degli argomenti trattati, dichiarando che l’opera avrebbe potuto aprire
“un intero mondo di idee …”.
Pubblicata in 500 copie subito esaurite, dopo una gestazione di quasi cinque anni, resa particolarmente travagliata dalle gravi condizioni di salute di Madame Blavatsky, l’opera (destinata ad infliggere un “colpo mortale” alla scienza materialistica) si compone di due volumi, per un totale di circa 1.500 pagine. Il primo, Cosmogenesi (ottobre 1888), affronta il tema dell’origine dell’universo dopo il periodo di riposo ciclico, con particolare riferimento al nostro globo e all’evoluzione della Vita fino al raggiungimento della forma umana; il secondo, Antropogenesi (gennaio 1889), si riferisce, invece, alle origini dell’umanità e alle varie fasi evolutive.
“Nessuna nuova filosofia - puntualizza Blavatsky con assoluta onestà – è proclamata ne “La Dottrina Segreta”; viene dato soltanto il significato nascosto di alcune allegorie religiose dell’antichità, illuminate dalle scienze esoteriche mettendo in evidenza la sorgente comune da cui sono sorte tutte le religioni e le filosofie mondiali. Il suo principale tentativo consiste nel mostrare che, per quanto diverse possano sembrare le vecchie dottrine ed i vecchi sistemi, visti dal lato esterno ed oggettivo, l’accordo fra tutti diventa perfetto appena viene esaminato con accurata comparazione il lato esoterico ed interiore di queste fedi e delle loro simbologie.” 1)
Alle sue pagine densissime, dalla abissale ampiezza ed elevatezza di contenuti filosofici, religiosi e scientifici, hanno attinto, come ad una sorgente inesauribile, non soltanto intere generazioni di studiosi di occultismo e di Teosofia, ma anche numerosi scrittori, pittori, musicisti, scienziati, nonché fondatori di vari movimenti di orientamento spirituale, accomunati dal desiderio di poter esplorare e percorrere sentieri di ricerca conoscitiva e mistica, al di fuori di qualsiasi recinto dogmatico e liberi da fideismi settari e intolleranti.
“Nonostante la sua vasta influenza, - però - gli studiosi che si accingono a esaminare l’opera incontrano spesso ostacoli apparentemente insormontabili e si ritrovano sopraffatti da un numero considerevole di termini tecnici provenienti da una vasta gamma di lingue che includono, fra le altre, sanscrito, greco, tibetano, cinese ed ebraico.” Spesso faticando “anche a cogliere le idee metafisiche presentate, mentre si sforzano di non perdersi nella ricchezza di riferimenti a religioni, filosofie, scienze e mitologie del mondo, sia antiche sia moderne.” 2)
Ben consapevole delle difficoltà inerenti alla lettura e alla comprensione di un’opera tanto monumentale quanto ricca di informazioni e di esposizioni dottrinali di carattere esoterico, Pablo Sender, grazie allo studio accurato delle opere blavatskyane condotto da più di 25 anni, ha potuto dare alla luce un preziosissimo testo di natura propedeutica, dal titolo:
Alfred Wallace |
“Come avvicinarsi a “La Dottrina Segreta”. Insegnamenti e applicazioni pratiche”.
“Concentrandosi sul primo volume della DS, il più astratto e metafisico dei due, questo libro - dichiara Sender - persegue tre obiettivi principali:
Come ben spiega Antonio Girardi (presidente della Società Teosofica Italiana), il lavoro di Sender
“consente di avvicinarsi agli insegnamenti di Helena Petrovna Blavatsky e dei suoi ispiratori 4) in modo ordinato e progressivo, lasciando ampio spazio all’interpretazione in chiave psicologica, sottolineandone le straordinarie implicazioni etiche, gli aspetti legati alla meditazione, i riflessi nella vita quotidiana.”
Pablo Sender, con la sua coraggiosa iniziativa, è riuscito, quindi, ad offrirci uno strumento intelligentemente ed efficacemente coinvolgente, capace non soltanto di aiutarci ad entrare in sintonia con l’immensità sconfinata dell’opera di Helena Blavatsky, ma anche di suscitare in noi, mettendo da parte umanissime pigrizie e naturalissimi sensi di inadeguatezza, un desiderio sincero di cimentarci in uno studio gravido di sapere e, soprattutto, di inesauribile voglia di indagare.
“Quest’opera - ha ripetuto spesso - è soltanto un’esposizione parziale di quanto mi è stato insegnato da studiosi più progrediti e completata solo in alcuni dettagli dai risultati dei miei studi e delle mie osservazioni.”
Pablo Sender
COME AVVICINARSI A “LA DOTTRINA SEGRETA”. INSEGNAMENTI E APPLICAZIONI PRATICHE
Edizioni Teosofiche Italiane
Vicenza 2024
Lo squallore giornalistico progressista mondialista radicale, ci assicura di giorno in giorno perle di servilismo uniche volte a confondere l'opinione pubblica e snaturare il senso delle cose, pur di mantenere dritta la lurida barra del comando a tutti i costi, come impone l'agenda dei neocons capitanati da feccia del grado di Michael Ledeen & Co.
L'ultima quella occorsa due giorni fa in occasione dell'articolo apparso sul sito ufficiale dell'agglomerato più disgustoso e patetico del panorama mainstream. Parliamo ovviamente del sito della CBS. Ma partiamo dal principio, così da fissare alcuni punti strategici del discorso.
Una settimana fa, Donald Trump ha affermato di voler detassare le mance che il personale impiegato riceve in turno. ATTENZIONE: negli Stati Uniti d'America i camerieri non ricevono un salario bensì guadagnano dalle mance che riscuotono in servizio (io stesso sono stato manager di ristoranti a New York e conosco perfettamente il meccanismo). Quando il cliente chiede il conto, gli viene recapitato uno scontrino su cui vengono sostanzialmente riportate delle voci distinte e separate: totale del cibo e delle bevande consumate, totale delle tasse da aggiungere ed infine appare una riga vuota. Su questa riga vuota il cliente riporta di proprio pugno l'importo che intende donare al cameriere che lo ha servito. Generalmente, se il servizio è andato liscio, questa somma corrisponde al doppio delle tasse.
Facciamo un esempio per capirci meglio: cibo 30 $; bevande 15$; Tasse 10%. Quindi il cliente deve pagare 45 Dollari più il 10% di tasse ovvero 4,5$, quindi un totale di 49,5$ cui dovrà aggiungere la mancia che – come abbiamo poc'anzi specificato – ammonta al doppio delle tasse, nel nostro esempio fa 9$ (4,5 + 4,5). A quel punto il cliente salda il conto di 30 + 15 + 4,5 + 9 = 58,5.
Il ristorante riscuote e a fine serata si fanno le buste contenenti il totale delle manche riscosse da consegnare ad ogni membro del personale. Ci sono posti in cui il pagamento viene fatto a fine serata, altri a settimana altri al mese. Ma è più diffuso il pagamento a brevissimo perché così si è svincolati da eventuali conteggi per licenziamento. Se ti pago tutte le sere, sei libero di andar via se trovi di meglio e sono libero io di mandarti via se non mi stai più bene, questa è la filosofia americana, accettata da tutti.
Ciò specificato, Trump ha affermato di non voler tassare queste somme per consentire a chi paga di pagare il netto e per consentire a chi prende la mancia di prenderla per intero.
La proposta è così piaciuta agli americani che a distanza di una settimana kamala Harris (la badante di Biden, quella che sino a una settimana fa affermava che Biden fosse lucidissimo e forte al comando ed ora gli ha sfilato il posto di candidata dalla casa bianca) ha ripetuto parola per parola il discorso di Trump sulla detassazione delle mance. Uno scandalo allucinante che ha fatto ridere tutti ma che ha allarmato così tanto i cani da riporto mainstream che la CBS è corsa ai ripari nella maniera più stomachevole, capziosa e ridicola di sempre, arrivando a riportare questo testo che ho tradotto per voi (Cfr. https://www.youtube.com/shorts/lEqkwdW9lVc):
“La vicepresidente Kamala Harris sta promuovendo una innovativa politica, affermando di voler combattere la tassazione sulle mance di chi lavora nel mondo dei servizi e dell'ospitalità ...”
E poi, subito dopo, sempre sullo stesso identico sito vergognoso, leggiamo quest'altro articolo avente ad oggetto la medesima materia ma dalla prospettiva nemica di Donald Trump, leggiamo:
“L'ex presidente Donald Trump ha dichiarato di avere intenzione di abolire la tassazione sulle mance di chi lavora nel mondo dei servizi e dell'ospitalità nascondendo all'opinione pubblica che tale politica costerà ai contribuenti americani 250 MILIARDI DI DOLLARI in 10 anni, secondo quanto riportato dai tecnici analisti del gruppo indipendente watchdog ...”
Se non è un vomito tutto ciò, ditemi voi che cos'è!!!
Giovanni De Ficchy è uno scrittore giornalista indipendente, specializzato in questioni economiche e in tematiche storiche. Il suo nuovo romanzo “Bottino di guerra, le marocchinate ” tratta un crimine di guerra verificatisi nell’arco della seconda guerra mondiale, che per decenni è stato volutamente occultato.La storiografia tradizionale circoscrisse quegli orrori a qualche centinaio di episodi verificatisi nella zona del frusinate, invece si trattò di un fenomeno di più vaste proporzioni.
Oggi che si è fatta piena luce, quelle violenze sono considerate una delle pagine più terribili vissute dalla nostra popolazione civile, durante la Seconda guerra mondiale. Un ruolo fondamentale lo ricoprì l’Unione siciliana, oggi nota come Mafia, nella persona del grande boss Lucky Luciano. Questi dopo esser stato contattato, nonostante fosse condannato all'ergastolo, organizzò un vertice a New York, dove per la prima volta Cosa nostra statunitense stabilì una collaborazione con la Naval Intelligence, i Servizi Segreti della Marina Statunitense.
In seguito, quando le sorti della guerra si mostrarono ormai segnate per l’Italia, il Re con la sua famiglia, oltre a Badoglio con alcuni generali, abbandonarono Roma per raggiungere Brindisi, che diventò sede
Giovanni De Ficchy |
del governo provvisorio.
Questa fuga ignominiosa e la mancanza di precise direttive, lasciarono l'esercito italiano, senza guida, in balia degli eventi. La mattina del10 luglio 1943, la più imponente flotta da guerra sbarcò sulle coste meridionali della Sicilia centosessantamila soldati alleati, insieme a migliaia di veicoli, attrezzature e armamenti.
A corto di uomini, prevedendo l'intensificarsi dei combattimenti in Normandia come in Italia, gli Alleati chiesero rinforzi ai francesi e sul fronte italiano arrivarono i nordafricani, gente abituata a vivere sulle montagne, soprattutto pastori e piccoli agricoltori. Gli stupri delle truppe marocchine cominciano già a luglio ’43, con lo sbarco alleato in Sicilia, ma è soprattutto in Ciociaria nella primavera del 1944, che le truppe coloniali francesi si macchiarono di una serie di orrendi crimini di guerra, dove furono violentate migliaia di donne italiane.
Napoli ebbe il triste primato di essere una delle città italiane che subì, più di tutte, questo genere di violenze, nella II guerra mondiale.
Abbiamo contattato lo scrittore Giovanni De Ficchy per sentire dalla sua viva voce le sue impressioni riguardo il suo interessante libro. Giovanni a cosa si deve il tuo interesse storico che ti ha portato a scrivere “Bottino di guerra, le marocchinate”?
Da parte del governo c’è una proposta di legge con la volontà di istituire una giornata nazionale, in ricordo delle vittime delle marocchinate. Io sono sempre stato sensibile all’argomento, in quanto mio nonno che durante quel periodo era Presidente di Sezione della Corte dei Conti, mi ricordava che erano state presentate più di 52.000 domande di pensioni di Guerra.
Quando la guerra terminò, si preferì nascondere la vera entità dei danni subiti, perché si trattava dei nuovi alleati. Dai dati raccolti negli anni a seguire, "le marocchinate" devono essere ormai considerata una tragedia di enormi proporzioni, in quanto si tratta di 180.000 persone violentate tra donne e uomini. L’Italia aveva perso male la guerra e la Francia non accettò mai dirette responsabilità.
Dopo tanti anni di oblio, finalmente nel 2006 le Nazioni Unite riconobbero lo stupro, come Crimine di guerra.
Il famoso boss Lucky Luciano ricoprì un ruolo importante nello sbarco degli alleati vero?
Nel 1942 Lucky Luciano era detenuto all’ergastolo e stipulò degli accordi con il Servizio Segreto della Marina. Gli americani avevano il problema che tutte le navi che partivano dai porti americani venivano puntualmente affondate, pertanto al fine di trovare una soluzione, andarono a trovare il prezioso detenuto. Probabilmente c’erano delle spie nei porti che segnalavano la rotta, così Lucky Luciano trovò le talpe e le fece eliminare. Per facilitare i movimenti delle truppe sull'isola, Lucky Luciano mise in contatto i vertici militari americani con un importante referente in Sicilia, nella figura di Calogero Vizzini, il boss della Sicilia orientale.
Nell’anno 1943 ci furono una serie di episodi determinanti per la sorte della guerra, vero?
Mussolini perse completamente il polso della situazione, ma ugualmente il re. Quest’ultimo per un po’ si era fidato del famoso discorso di Mussolini che annotava la famosa frase ad effetto, “li fermeremo sul bagnasciuga” e invece in Sicilia gli alleati sbarcarono con una moltitudine di navi, una cosa pazzesca. Il re quando vide che gli americani giunsero sull’isola, capì che ormai la guerra era persa, così fece cadere il governo e scappò a Brindisi. Così facendo gli italiani rimasero senza guida politica e diventarono “carne da macello”.
Mussolini come sua ultima decisione, aveva fatto posizionare in Sicilia 300.000 soldati italiani, ma questo folto contingente che doveva controllare un vastissimo territorio, venne presto neutralizzato dagli americani, che avevano un super armamento.
Dopo aver concluso l’accordo di resa a Cassibile, La Mafia aiutò gli alleati ad attraversare la penisola e a transitare nell'Italia centrale.
Ci sono prove che la Mafia in cambio di quei favori, in seguito si fece dare tante cose, tra le quali la gestione della droga durante gli anni.
Perché gli alleati dovettero ricorrere alla collaborazione delle truppe marocchine?
Lo si deve al fatto che la Francia era ormai occupata dai nazisti, con le truppe francesi quasi dissolte. De Gaulle ricostituì pertanto l’esercito con i coloniali dove c’erano senegalesi, marocchini, tunisini e soprattutto berberi. Le violenze carnali iniziarono subito in Sicilia, però gli abitanti dell’isola nella maggior parte dei casi, reagirono con grande determinazione.
A Cassino le truppe maghrebine salirono sulle montagne e durante 50 ore successe di tutto e coloro che tentavano di difendere le donne, vennero uccisi. Alcuni preti vennero violentati, ci fu l’evirazione di uomini ed altri vennero impalati. Tante donne morirono di gonorrea perché la penicillina ancora non c’ era.
Lo sfondamento del fronte avvenne proprio a Esperia per opera delle truppe franco-maghrebine, i quali commisero stupri ed episodi di violenza sulla popolazione locale. A seguito di questi episodi di violenza, al comune fu conferita l'Onorificenza della Medaglia d'Oro al merito civile.
Grazie Giovanni De Ficchy
Esopo faceva dire alla formica che la cicala dovesse ballare, dopo aver cantato per tutta l'estate. Una morale affatto saggia, soprattutto nell'era dell'accoglienza sfrenata: chi oserebbe oggigiorno negare un piatto di minestra all'ultimo arrivato? Minestra?!? Ma de che! Qui ci sono benpensanti pronti a dare il portafoglio e gli effetti personali (altrui, s'intende! Quello proprio, guai se glielo sfiori, ti fanno sbattere dentro).
È esattamente quanto emerge nel dibattito di moda in questi giorni che vede al centro del mirino Simone Cicalone, noto blogger romano. Costui, assieme ai sodali di sempre, si reca nelle metropolitane romane - e non solo - al fine d'impedire ai borseggiatori di fare più danni di quanti ne facciano quotidianamente. Li circondano, pongono loro domande, cercano di comprendere come mai non provino alcun rimorso nel derubare la povera gente o i malcapitati turisti. Perché, sia chiaro, chi usa la metropolitana (il vero mezzo spostapoveri) è chi se la passa peggio in assoluto e, al netto delle rarissime eccezioni, è la classe bassa a servirsene, quella che non osa nemmeno accarezzare l'idea di salire su di un taxi.
Pendolari costretti a percorsi quotidiani simili a percorsi di addestramento militare tra chi ci prova a sottrarti il portafoglio, chi urla e strilla, chi arriva alle vie di fatto in una cornice agghiacciante di anziane signore stramazzate al suolo colte da malore per il torto subito, padri di famiglia urlanti per la disperazione e via discorrendo. Questa è la vita di chi possiede poco e lavora tanto. E sono proprio questi i profili contro cui si accaniscono i ladri infami delle metropolitane. Gentaccia che campa derubando il prossimo del “poco sacro” pasoliniano. Che mandano in disperazione le povere persone oggetto delle violenze quotidiane... oltre a far apparire l'Italia contemporanea come quel terzo mondo, che è davvero, agli occhi dei turisti che attoniti si ritrovano derubati di passaporto e carte di credito vedono trasformare la vacanza in un incubo.
Ebbene Cicalone e amici si sforzano da tempo al fine di portare all'attenzione di chi di dovere tutto ciò. E lo fanno malgrado i vili attacchi della CGIL (5 milioni e mezzo di tesserati), il sindacato dei lavoratori.
All'inizio confesso di aver pensato che finalmente la CGIL avesse davvero preso a cuore i disagi dei lavoratori costretti a subire la violenza quotidiana delle metropolitane. Ma mi illudevo: stavo solo assistendo all'ennesimo delirio radicale: la CGIL ha osato davvero schierarsi dalla parte dei ladri e contro i lavoratori rapinati dai ladri!!! In un esposto indica Cicalone come un “ex pugile” che sostanzialmente circonda, intimorisce e insolentisce questi farabutti mentre derubano la brava gente che va a lavorare! A che punto siamo giunti? Nessuno ha preso provvedimento dall'alto? Secondo qualcuno queste affermazioni non sono una aperta autocondanna: noi vogliamo che le autorità impediscano a Cicalone di ostacolare i borseggi!!! Un ossimoro sociale da leggere con adeguata attenzione perché qui i conti non tornano e dobbiamo farci delle domande:
Vedete, non è pensabile che migliaia e migliaia di membri appartenenti ad organizzazioni malavitose latine giungano in massa in Italia (come nel resto d'Europa) ed operino in totale scioltezza, senza che nessuno tra Enti, Servizi ed Agenzie abbia "appizzato" l'orecchio. Proprio non è ammissibile una cosa del genere. Il fenomeno è più che allarmante. In Alt'Italia sono anni che i latinos – come vengono definiti – creano il bello e cattivo tempo.
In conclusione, Cicalone ha dimostrato di aver identificato il problema reale e guarda caso alcuni “enti” si sono attivati contro di lui. Sarà forse un errore di valutazione? Ben vengano le scuse.
P.S.
Simone Cicalone è stato verbalmente avvisato da un membro dei latinos: “La prossima volta ti ammazziamo”. Ecco, la CGIL che vive grazie alle donazioni ed alle tessere dei propri associati vuole davvero stare dalla parte di questa feccia qui?!?
demodepressi di tutto il mondo!
Per chi conosce un minimo di inglese, sa che jail significa prigione. Un gioco di parole per indicare una sgallettatata Jill, moglie dell'attuale inquilino della casa bianca, rimbabiden. Colei la quale ha osato afferrare il microfono per infervorare un pubblico di prezzolati rimasti comodamente assisi nello studio della CNN dopo la conclusione del tragicomico testa a testa tra Biden e Trump. “You did such a great job” ha assicurato la badante nel tentativo di riattivare qualche neurone nel cranio del marito totalmente incapace di intendere e volere. Certo, poveraccio, c'è da dire che dopo tre giorni di pillole e pozioni magiche somministrategli a Camp David per renderlo presentabile, l'impegnativa ora e mezza lo ha messo definitivamente al tappeto. Al punto da farlo precipitare più volte nel ridicolo. Ad un certo punto, persino Donaldone lo ha graziato affermando di non aver compreso nulla della sua frase e che fosse sicuro che nemmeno Biden avesse compreso quello che gli era uscito dall'orifizio facciale.
Un tempo, come i più anziani tra i lettori ricorderanno, ci si sgolava per difendere le fragilità degli anziani in difficoltà mentali. Oggigiorno, nell'era del pupazzanesimo, i sofferenti di disturbi mentali vengono spediti direttamente ai vertici delle nazioni o delle strutture sovranazionali come l'UE, ricordate l'ubriacone Juncker, no?!?
Nulla di nuovo sotto al sole delle menzogne, esattamente come profetizzato nelle pagine di un testo micidiale praticamente introvabile dal titolo “L'inganno psichiatrico” del Dott. Cestari. Vent'anni fa c'era chi aveva messo tutto per iscritto e nessuno se n'è accorto... perché nei saloni del libro si fa propaganda, non cultura. Non dimenticatelo mai!
Di recente è apparsa su ogni testata giornalistica la notizia secondo cui in Francia l'ansia di un governo a trazione Le Pen starebbe facendo registrare un'impennata di vendite di tranquillanti. Ad ingoiare pillole e gocce a rotta di collo sarebbero quelli che votano a sinistra, i democratici che si riempiono le fauci di termini come “libertà”, “diritto”, “uguaglianza”, “democrazia” e tutto il corredo lessicale stomachevole che ben conoscete. Costoro si ritengono culturalmente superiori a chiunque non segua ovinamente le direttive dell'internazionale arcobalenata, e bollano come “fascista” chi si discosti dalle loro posizioni farneticanti da cui vedono un mondo distorto minacciato da forze occulte pronte a spartirsi il pianeta come in effetti fanno ininterrottamente i loro padroni.
Sono così democratici che trasudano odio, agiscono violentemente e occupano arbitrariamente ciò che non è di loro proprietà frignando se una tantum viene loro imposto di seguire l'ordine delle cose.
Ciò premesso, è dunque con spirito altruistico, caritatevole, misericordioso nonché cristiano che non ci resta che attendere un rinsavimento di massa. E quale miglior occasione se non la vittoria di una Le Pen? Certo, figura altamente melonizzata ormai ma... pur di veder trionfare il bene comune va bene tutto... metti che con un quinquennio di goccine questi galli depressi dovessero riacquisire spontaneamente l'autonomia di pensiero, avremmo una ricetta per curare i demodepressi di tutto il mondo!
Questa mattina non potevano mancare gli approfondimenti sulla questione delle studentesse venete promosse all'esame di maturità dopo aver fatta scena muta all'orale. Chi se la prende con Valditara per aver aggiunto Merito al nome del dicastero a lui affidato, chi con i famosi ispettori del dicastero di cui sopra, chi con insegnanti e corpo docente in generale. Tutto giusto, per carità: ben ha fatto Giordano a riprendere uno spezzone dell'intervento del ministro di qualche giorno fa sulle “lampade ad olio”, ci sta, vanno così le cose. E bene ha fatto il Valditara a mandare ispezioni a giochi fatti ma... è il protocollo, no? Insomma fino a qui nulla di irregolare. Se non fosse che non abbiamo letta mezza – dicasi mezza – riga sull'educazione impartita ai membri italiani dei tre gradi dell'adolescenza!
La scuola, sia ben chiaro, al di là delle frivolezze da salotto sgangherato o delle intollerabili idiozie istituzionali, ha il compito di fornire agli studenti gli strumenti idonei a farsi meno male possibile nella vita e - se si vuole - a capire come arrivare a contare qualcosa da grandi, ovvero: se non impari a leggere e comprendere ciò che leggi, sarai emarginato e pagherai i conti più cari di tutti; se non impari a pensare autonomamente, verrai catalogato nella massa indistinta della mediocrità e condurrai un'esistenza insignificante; se non avrai il coraggio delle tue azioni, qualcuno agirà per te e non ti resterà altro che adeguarti. Ma l'esempio spetta a Mamma e Papà! Loro e non altri devono dare l'esempio affinché la tra-dizione non subisca cesure drammatiche come accade oggigiorno: avere il coraggio delle proprie azioni significa innanzitutto non agire come pecore ma come leoni! Questo è il codice che non si deve mai smarrire!!! Le pecore si muovono in branco e non pensano perché sono convinte di pensare! E talvolta finiscono per fare scena muta non per scelta ma perché qualcuno ha sapientemente sussurrato che ciò consente loro nonostante tutto di tornare nel recinto di protezione... dal quale guai osare allontanarsi troppo...
Alta pupazzeria arcobalenante
In occasione delle ultime elezioni, è stato nuovamente messo a nudo il limite del pensiero unico, il cosiddetto mainstream (canale unico), lasciando ancora una volta il tavolo della discussione più sporco che mai. Tuttavia, nessuno sembra averci fatto caso, nemmeno chi dalla zinna del mainstream sugge a più non posso. Che ciò sia dovuto a scarsa intelligenza od altro, non saprei. Fatto sta che il dato più eclatante di tutti è quello riguardante l'immane pupazzata che ha visto per la prima volta l'eliminazione delle file dei maschi e delle femmine: “Guai dividere” è stato il grido di battaglia del popolo arcobalenato, quello che ha gettato il cervello all'ammasso per capirci. Così all'ammasso che questo popolo di rimbambiti che vivono tra noi come zombie non è nemmeno reso conto – o ha fatto finta di non capire – di aver fatto una fila unica per essere obbligato per Legge a votare un uomo ed una donna altrimenti la scheda sarebbe stata annullata! Se non è questo delirio da pupazzanesimo, ditemi voi cos'è!
Cerino Salis, chi lo prenderà per ultimo?
Sapete tutte e tutti che cosa è accaduto. Non è importante ripercorrere alcun iter. Bensì è importante stabilire alcuni punti saldi da cui intraprendere l'analisi che segue; nulla di complicato, anzi!
Scenario: abbiamo da un lato una persona nota alle cronache per essere finita in galera in Ungheria; ed abbiamo dall'altro lato gli epigoni pannelliani i quali, nel maldestro tentativo d'imitare il “maestro” senza possederne carisma e visione, hanno sostanzialmente rivelato all'Italia intera - e non solo - che il Voto è diventato un mero meccanismo propagandistico e null'altro!
Grazie (si fa per dire) a questo cortocircuito istituzionalizzato creato a tavolino, la prima si è ritrovata a transitare dalla posizione di incarcerata alla posizione di piena libertà senza passare per il giudizio dei Magistrati, trasformandosi di fatto nell'unica privilegiata europea contro il 34,5% dei detenuti in attesa di giudizio attualmente viventi nelle carceri italiane e contro il 22,4%* di quelli viventi nelle carceri europee. Ciò l'ha posizionata davanti agli occhi di quasi mezzo miliardo di abitanti europei su di un piedistallo da migliaia e migliaia di euro al mese con tanto di Uffici, segreterie e pacchetto completo pagato con le tasse versate dal mezzo miliardo di “guardoni”. Da Bruxelles, costei, non dovrà più temere il giudizio dei giudici, alla faccia di chi quotidianamente si vede costretto a sopravvivere in condizioni raccapriccianti.
E sempre grazie a questo cortocircuito istituzionalizzato creato a tavolino i secondi, ovvero le scialbe oleografie pannelliane antropomorfe, hanno dimostrato a quel mezzo miliardo di europei che il Marchese del Grillo di sordiana memoria è più vivo che mai. Oggi non circola più comodamente assiso sulla poltroncina in pelle di una lussuosa carrozza trainata da due cavalli (“uno bianco e uno nero come er vino”) ma è intento ad inciuciare nelle segreterie dei partiti, nei salotti esoterici, quelli a numero chiuso in cui giuristi e politicanti propongono stilemi anonimi perniciosi per dimostrare a loro stessi di essere in grado di sguazzare nel torbido di un sistema che sarà la loro tomba domani. Anzi, a ben vedere, la loro tomba lo è già oggi, visto che l'affluenza al voto è stata inferiore al 50%.
Numeri alla mano, questa che ha portato in bassissimo il nome dell'Italia all'estero, è stata votata da 176mila persone che, al netto delle buffonate entusiastiche, corrispondono a meno di un terzo dei maturandi del 2024, qualcosa come due stadi di calcio o della popolazione di Rimini, per capirci. Nulla se paragonato al fenomeno Vannacci che ha portato a casa il triplo totalizzando oltre mezzo milione di preferenze, su una base votante effettiva inferiore al 50% degli aventi diritto. Upton Sinclair scrisse che è inutile tentare di far comprendere qualcosa a qualcuno se il proprio stipendio dipende dal non capirla! Meditate gente, meditate... forse non lo hanno ancora compreso ma pare proprio che i vaticini di gelliana memoria si stiano compiendo sotto l'egida di chi sino a ieri si spacciava per progressista!
Giovanni De Ficchy è uno Scrittore di elevata cultura, criminologo e giornalista indipendente specializzato in scenari internazionali, oltre che in questioni economiche. Il suo nuovo romanzo storico “Storia di uomini straordinari, Ricordi di un altro giorno”, tratta di storie vere, verificatisi nell’ambito della seconda guerra mondiale.
L’idea di scrivere questo testo nacque un giorno dalla visita inaspettata di un avvocato che giunse nello studio dove Giovanni svolge la sua attività e dal momento che questo signore stava effettuando una ricerca storica, gli domandò se fosse parente del magistrato De Ficchy che nel passato assunse notorietà per delle vicende collegate al conflitto mondiale. La risposta fu affermativa, poiché si trattava del padre di suo nonno che era stato Primo Presidente di Corte di Cassazione durante la Seconda Guerra mondiale e nel primo dopoguerra. L’avvocato aggiunse che dai documenti in suo possesso risultava che il Presidente De Ficchy aveva annullato delle sentenze di morte riguardo alcuni gerarchi fascisti perché probabilmente parteggiava per loro. Giovanni escluse questa ipotesi e rivelò che il suo capostipite era solo un cattolico praticante che si era sempre dimostrato contrario alla pena di morte.
E' certo invece, che tutte le sentenze avverse alle opinioni dei dirigenti fascisti del governo di allora, gli costarono molto, in termini di carriera.
In “Storia di uomini straordinari, Ricordi di un altro giorno”, sono inoltre ricordati i bombardamenti di Roma durante il conflitto bellico, alla Garbatella, allo scalo di San Lorenzo e a Piazzale Trastevere.
Roma durante la seconda guerra mondiale venne dichiarata “città aperta”, in quanto patrimonio dell’umanità , ma questo non gli impedì di subire 42 bombardamenti dove si contarono migliaia di morti.
Ho incontrato Giovanni De Ficchy per ascoltare dalla sua viva voce gli aspetti più importanti del suo libro. Gli avvenimenti si devono sempre inserire sotto la giusta lente
d’ingrandimento, vero?
Ho sempre respirato sin da piccolo l’aria del diritto e della legalità.
A casa mia sono cresciuto con diversi parenti magistrati, lo stesso mio padre è avvocato così come lo è mio fratello. Già nel passato dai racconti di mio nonno ero venuto a conoscenza dell'atteggiamento eroico di suo padre che durante il fascismo, salvò dalla fucilazione dei condannati a morte, esattamente tredici persone.
Posso affermare che è stato un magnifico esempio di dirittura e di coraggio annullare tante sentenze ingiuste che seguivano soltanto le imposizioni che venivano dall’alto.
Il 19 gennaio 1950 Vincenzo De Ficchy venne collocato a riposo per raggiunti limiti di età con il titolo onorifico di Primo Presidente della Corte Suprema di Cassazione e gli venne conferita la medaglia d’oro per la sua lunga e operosa carriera.
Alla sua scomparsa avvenuta il 14 Settembre 1959, anche la stampa ne ricordò il suo lungo e onesto impegno di magistrato.
Giovanni De Ficchy |
Giovanni questa edizione parla di uomini straordinari e a tale proposito il Magistrato Vincenzo De Ficchy deve essere ritenuto tale.
E’ sempre stato un giudice sereno ed imparziale ad osservare scrupolosamente le leggi.
A lui si appellavano le persone ormai prive di speranza e così salvò la vita a parecchie persone.
Oggi si può certificare che siamo sull’ordine delle 17.000 condanne a morte annullate.
Dopo l’annullamento delle condanne, applicava l’amnistia prevista dal governo, che consentiva agli ex detenuti di essere addirittura reintegrati dallo stato e restituiva loro anche i posti di lavoro.
Vincenzo De Ficchy si adoperò molto per salvare degli ebrei che vivevano in Italia, vero?
Si faceva parte insieme a suo figlio (mio nonno. che era capitano commissario di polizia) del Servizio Segreto del papa, durante la guerra qui a Roma.
“Raphael’s Verein” era il nome della rete cattolica segreta che cercava di salvare ebrei e altre persone che correvano il rischio di essere internati nei campi di concentramento.
Ci fu anche chi asserì che il papa in quel periodo non si dette molto da fare per salvare gli ebrei, ma io so per certo invece, che si adoperò molto per aiutarli.
Chiaramente il papa non lo poteva fare direttamente, perchè la Chiesa deve essere sempre al di sopra di ogni contesa ed è per tutti.
Uno degli obiettivi della rete era quello di permettere la fuga dalla Germania, attraverso l’Italia, verso la Svizzera o Lisbona (Portogallo), motivo per il quale la rete contava su alcuni uomini, in ciascuno di questi quattro Paesi.
In “Storia di uomini straordinari, Ricordi di un altro giorno”, Il tuo illustre antenato indubbiamente si trovò in grandi difficoltà a svolgere le sue funzioni.
Si, Gli fecero addirittura un processo perché apparteneva alla "LOVRE" Organizzazione dei Volontari per la Repressione al Servizio Segreto. Volevano che desse le dimissioni dal Consiglio Superiore della Magistratura. Alla fine scrisse al Ministro dicendo che era stato tutto un malinteso.
Prima dovette subire le ritorsioni dei Fascisti e poi dopo aver salvato queste persone dalla condanna a morte, venne preso di mira anche dai Comunisti.
Che cos’era il morbo di Kappa che venne identificato come molto contagioso?
Il morbo Kappa lo inventarono Giovanni Borromeo, primario dell’ospedale e convinto antifascista, insieme allo studente partigiano Adriano Ossicini anche lui medico che poi diventò Senatore della Sicilia Indipendente.
Il morbo di K definito come “ molto contagioso“, in realtà venne escogitato solamente per il nobile scopo di salvare la vita di decine di persone. All’ospedale Fatebenefratelli c’era un intero reparto dedicato al morbo di K, in cui venivano ricoverati i “malati”, soprattutto ebrei e polacchi. “K” in realtà erano le iniziali dei cognomi degli ufficiali nazisti Albert Kesselring e Herbert Kappler, all’epoca incaricati di organizzare la deportazione degli ebrei italiani.
Nelle certificazioni mediche si faceva finta che qualcuno si era contagiato e che decedeva, poi si faceva il certificato di morte ed i documenti di altre nazioni. In questo modo riuscivano a portarli via dall’Italia.
Nel tuo libro descrivi la figura del Re Vittorio Emanuele III di Savoia che durante il conflitto, non fece indubbiamente una bella figura.
Si, il re denominato “Sciaboletta” scappò per non finire in mano alle SS, insieme a tutti i suoi 29 generali e si rifugiò in una zona tra Brindisi e Bari, che gli alleati avevano militarizzato. Il re fece veramente una figura meschina e quando mio nonno si recò dai carabinieri per salvare i generali dal momento che stavano per arrivare i tedeschi, non riuscì a farlo in tempo, perché vennero in fretta caricati sui furgoni e per poco non catturarono pure lui.
I lettori dove possono trovare il tuo libro “Storia di uomini straordinari, Ricordi di un altro giorno” ?
Il volume è edito da Amazon, ma presto verrà distribuito anche da un altro Editore.
Grazie Giovanni De Ficchy
Credo che chiunque abbia avuto la fortuna di essere genitore possa trovarsi facilmente d’accordo almeno su di un paio di concetti:
Giovanna Kiferle |
Questo, però, non dovrebbe affatto comportare né troppo facili autoassoluzioni, né troppo comode rassegnazioni: il mestiere genitoriale è sì difficile da praticare, ma tanto è possibile fare per meglio comprenderlo, per meglio apprezzarlo e per meglio viverlo, riducendo enormemente il rischio (ineliminabile) di compiere tanti dolorosi errori.
Di questo e di molto altro si è a lungo discusso con la psicoterapeuta Giovanna Kiferle, oratrice brillante e assai competente conversatrice, nel pomeriggio del 17 marzo, a Trevignano Romano, ad un passo dalle rive del lago, nell’accogliente atmosfera del Cigno Ingordo. Oggetto principale dell’incontro è stata la nuova edizione del suo prezioso libro Genitori? 4 Mosse per vincere!, opera che condensa i risultati di una vita di studi, ricerche ed esperienze, ricca di insegnamenti teorici e di suggerimenti operativi, destinata soprattutto ai genitori e agli aspiranti tali, ma di gradevole e stimolante lettura per chiunque si occupi di questioni psico-pedagogiche.
Tanti i contenuti emersi sia nella parte introduttiva sia in quella successiva del dibattito con i numerosi presenti: dalla Memoria Genealogica alla Catena Causale, dalla Memoria Quantica alla Psicogenetica, dalle funzioni degli Stati dell’Io ai Circoli di Qualità.
Tutte questioni ruotanti intorno alle cruciali QUATTRO MOSSE VINCENTI che ogni bravo genitore dovrebbe apprendere ed esercitare, ovvero:
Il libro della Kiferle (come anche il suo intero pensiero filosofico e le sue metodologie psicoterapeutiche) non è certo riassumibile in facili formule magiche: le “4 mosse” suggerite, per poter essere correttamente intese ed efficacemente attuate, richiedono grande attenzione, grande consapevolezza e grande impegno. Richiedono, in particolare, la disponibilità a sintonizzarsi con una globale visione del mondo capace di mettere da parte gli ottusi egocentrismi e gli utilitarismi meschini, l’indifferenza e lo sterile cinismo, per abbracciare una prospettiva esistenziale incentrata sulla comprensione, sull’empatia, sulla condivisione e sulla compassione, dirette espressioni di una illuminante espansione-elevazione della Coscienza.
Insomma, un libro che invita a riflettere e, soprattutto, che vuole rappresentare uno strumento validissimo per affrontare felicemente l’ impegno genitoriale con profondo sentimento di responsabilità, con inesauribile fiducia e con le necessarie conoscenze psico-pedagogiche.
GIOVANNA KIFERLE
GENITORI? 4 MOSSE PER VINCERE!
TRAINING & COACHING, NUOVA EDIZIONE,
Un cronista di nera, un eccelso scrittore di libri noir; si è occupato di casi clamorosi, storie di violenza, di terrorismo, di sequestri e omicidi. Per la sua grande esperienza lavorativa di inviato speciale, si può definire un valido conoscitore di ogni riflesso malvagio dell'uomo Ha lavorato occupandosi di cronaca nera per dieci anni su il Paese Sera e dal 1985 per il quotidiano Repubblica.
Ciao Massimo, grazie mille per la tua disponibilità e gentilezza nel concedermi questa intervista
R-Innanzitutto grazie a te per l’attenzione e le belle parole che merito solo in parte.
D- Sei stato per una vita quello che si definisce "giornalista di strada" e per fare questo oltre ad essere scaltri, intuitivi, preparati si è anche consci di attirare rivalse da un certo tipo di delinquenza; a te, è mai capitato? Vuoi parlarcene?
R_ Ho iniziato a lavorare a Paese Sera a 19 anni, nel 1975 con tutta l’incoscienza dell’età e del periodo e mai ho rifiutato di firmare un pezzo. Anni di malavita all’arrembaggio e di terrorismo, anni di spari, sirene, esplosioni. La mala ci impensieriva poco, i criminali romani difficilmente se la prendevano coi cronisti: capitava addirittura che chiamassero o venissero in redazione per correggere un articolo ma non andavano oltre il mugugno. Personalmente ho avuto problemi solo con alcuni ladri di gasolio che me l’avevano giurata ma, allora, la polizia aveva metodi più spicci e meno garantisti: zittiti subito. Con i terroristi o i militanti di estrema destra era un’altra storia: una scheda informativa a mio nome fui trovata in un covo delle BR, rifiutai la scorta ma mi toccò cambiare domicilio per un mesetto e farmi ospitare da un amico. (dopo quella forzata convivenza non era più tanto amico). Lasciami aggiungere che considero le presunte minacce di oggi, ai giornalisti romani, poco più che fake news.
D- Avevi appena 19 anni quando come praticante sei andato nel luogo dove fu ucciso Pasolini
R- Il 2 novembre 1975 era domenica. Dovevo andare a fare un noiosissimo servizio in un Roma club, io che di calcio non ho mai capito un accidente e quando seppi della notizia mi precipitai all’Idroscalo. Un ambaradam pazzesco. Incontrai la corrispondente di Ostia quasi in lacrime: aveva saputo in anticipo che la vittima era PPP (il cadavere, per una volta, era coperto da un lenzuolo cosa che allora non usava) ma nessuno le aveva dato retta e il giornale aveva perso l’occasione di mandare in edicola un’edizione straordinaria che avrebbe venduto qualcosa come 500 mila copie (le cifre, allora, erano quelle). In seguito cercai di seguire le indagini ma ovviamente ero troppo novellino e mi venivano affidati solo pezzi di colore. Da quell’esperienza è nato il mio romanzo “Il giallo Pasolini”.
D- Quale caso di cronaca ti ha sensibilizzato maggiormente come uomo? come riesci o sei riuscito ad assorbire il dolore, l'infamia, la violenza e il male in genere che hai trovato nella tua strada di cronista?
R-Il caso che mi ha più coinvolto emotivamente risale al 24 agosto 1990: l’omicidio di Cristina Capoccitti, 6 anni, brutalizzata e uccisa dallo zio Michele Perruzza a Balsorano, in Abruzzo. L’assassino morì all’ergastolo ma poco dopo l’arresto si scatenò una bagarre coi cronisti locali che puntavano sulla colpevolezza del cugino di soli 14 anni. Sta di fatto che quella povera bambina mi è rimasta del cuore, l’ho sognata la notte, ho pregato per lei e i suoi genitori e, molti anni dopo, ho scritto ai familiari e sono andato a trovarli per esprimere dolore e vicinanza. E’ stata una delle pochissime volte in cui non ho indossato quella corazza emotiva che qualunque nerista, qualunque poliziotto, avvocato o magistrato deve mettersi addosso per non soccombere all’eccesso di emozioni e di compassione.
D- Sei un bravissimo scrittore dalle tantissime qualità, intuitivo, mai banale, mai ripetitivo. Ogni finale non è mai quella che ti aspetti. Ogni tuo libro è una storia di male con i mille riflessi che ne scaturiscono. Quanto di Lugli c'è nelle tue storie? Il cronista Marco Corvino, geniale, intuitivo e perspicace è il tuo alter ego?
R- Gustave Flaubert ha scritto “Madame Bovary sono io”. Si parva licet, credo che ogni scrittore metta qualcosa di suo nei personaggi che inventa. Io, forse, più di altri. Con Marco Corvino ho raccontato la mia vita, il mio lavoro, i miei amori, le mie passioni come le armi da fuoco, il cinema, la letteratura e le arti marziali. Ho voluto ripercorrere il percorso di un ragazzo di buona famiglia che intraprende un percorso assolutamente diverso rispetto a quello cui sembrava destinato e, a volte, mi sono tolto qualche sassolino dalle scarpe mettendo in ridicolo alcuni colleghi che mi stavano sul gozzo. In redazione, coi miei romanzi, mi sono procurato parecchi amici, diversi nemici e spesso…tanta invidia. Molti giornalisti sono scrittori mancati.
D- E' uscito da poco "La ragazza del Vaticano" scritto insieme a Antonio Del Greco per la Newton Compton Editori. Ovviamente si parla di Emanuela Orlandi; che idea ti sei fatto di quel tragico fatto? vuoi dircelo sinteticamente?
R-La scomparsa di Emanuela Orlandi è stato e resta uno dei misteri più insondabili dell’ultimo mezzo secolo, una storia su cui sono stati scritti, detti e filmati oceani di scemenze. Io e il mio coautore e carissimo amico Antonio Del Greco non sappiamo il “CHI” ma pensiamo di sapere il “COME”: una vicenda, essenzialmente, semplice nella sua tragicità: un sequestro predatorio a scopi sessuali da cui la povera ragazza non è uscita viva e su cui, in seguito, si è imbastito un infernale meccanismo di depistaggi sia in cattiva che in buona fede. Basta pensare alle ultime, sconcertanti, esternazioni di Pietro Orlandi, il fratello, sicuramente mal consigliato e mal indirizzato. Dubito che la Verità verrà mai alla luce, nonostante le nuove inchieste e una futura commissione parlamentare d’inchiesta. La Verità ormai è sottoterra.
D- Sei spesso invitato a trasmissioni dove tengono molto al tuo giudizio proprio perché il tuo acume, la tua esperienza e sagacità possono essere di supporto a indagini investigative. Da qualche tempo usi anche facebook come mezzo di comunicazione che ti vede opinionista di alcuni casi. Quanto credi nell'utilità dei social?
R-I social sono una realtà che non si può ignorare, soprattutto se sei nel mondo della comunicazione. Televisione idem, visto che ormai la carta stampata si rivolge a un pubblico di nicchia. Io uso solo Facebook più consona alla mia età e agli argomenti che tratto, ho quasi 12.400 followers e il dialogo, il confronto, volte le critiche sono estremamente stimolanti. E, ebbene sì, è un buon modo per pubblicizzare i miei romanzi anche perché la Newton Compton, per cui ho pubblicato 25 libri, non fa pubblicità a pagamento.
D- Non solo giornalista, scrittore e opinionista ma anche grande appassionato di Arti Marziali che pratichi da oltre 30 anni.
Come ti sei avvicinato a questo tipo di pratica? Vi è stato inizialmente un motivo scaturente?
R-Le arti marziali sono una componente fondamentale della mia piccola vita, se non avessi fatto il giornalista e lo scrittore quasi sicuramente sarei diventato insegnante. In realtà lo sono, di Taikikung, con tanto di diploma del Maestro Ming Wong C.Y., ma non ho tempo per gli allievi e mi limito a praticare ogni giorno, sa solo o in gruppo. Ho iniziato a 9 anni, quando mia mamma mi iscrisse a una palestra di Judo visto che nel nuoto ero negato. Fare sport era tassativo in famiglia. Sul tatami divenni un campioncino, ricevetti offerte da club prestigiosi ma purtroppo abbandonai per un nuovo amore: l’equitazione. A 15 anni mi iscrissi a un corso di Tae Kwon Do e da allora ho cambiato disciplina ma non mi sono mai fermato: Karate, Wing Tsun, Taikikung e perfino qualche stage di daga, bastone, mazza e ascia. Passo ore a guardare video delle discipline più assurde, dal Letwey alla lotta con bastone irlandese. Sì, lo ammetto, sono un tantino fissato ma la pratica corpo-mente è qualcosa che mi aiuta a vivere.
D- E' vero che come sfogo personale, riflessivo- emotivo, a volte scrivi poesie? Pensi sia terapeutica la scrittura?
R- Ho scritto poesie d’amore (sempre con amori infelici, sennò che gusto c’è?) ma soprattutto tanti sonetti in romanesco ispirati a fatti di cronaca che hanno fatto scompisciare dalle risate i colleghi. Quasi tutti politicamente scorretti. Quando ho salutato i colleghi per andare in pensione, al posto della solita lettera strappalacrime di commiato, ne ho inviato uno, agrodolce, all’intera redazione, Direttore compreso e, che, in seguito, è stato pubblicato sul sito della Stampa Romana. Un giorno li tirerò fuori, quelli che non ho perso, e li autopubblicherò con uno pseudonimo, forse lo stesso che usavo, rarissime volte, a Paese Sera quando firmavo troppi pezzi in un solo giorno: Max July. O magari….Marco Corvino?
D- Ultimamente hai esternato pubblicamente di avere avuto una denunzia da Angelo Izzo il criminale del Circeo. Una cosa incredibile se si pensa da quale pulpito venga espressa tale accusa. Come hai risposto a tale notifica?
R- La storia di Angelo Izzo è quasi grottesca. Mi ha querelato anche se un ergastolano potrebbe farlo solo con un tutore giudiziario, che non aveva, per aver detto in tv le stesse cose che lui stesso afferma nel suo libro-intervista “Io sono l’Uomo Nero”. Mi ha chiesto, udite, udite, 150 mila euro di risarcimento. Sono sicuro di vincere la causa ma intanto ho già sborsato quasi 5 mila euro di avvocato che nessuno mai mi rimborserà. Pazzesco.
D-Se tu potessi tornare indietro nel tempo, rifaresti tutto il tuo percorso? cambieresti qualcosa?
R- L’unica cosa che cambierei della mia vita è il fatto di non avere avuto figli ma non è dipeso da me. Purtroppo con la mia ex moglie non sono venuti. La paternità mi avrebbe reso sicuramente un’altra persona, una persona migliore ma, con spirito taoista, ho accettato questa privazione che, secondo me, mi rende un uomo incompleto. Parere assolutamente personale, massimo rispetto per chi decide di non riprodursi, scelte sue. Per me, il dramma di una vita.
D- Quanto è cambiato il giornalismo dai tuoi inizi a quello di adesso?
R- Il giornalismo di 50 anni fa era soprattutto scrittura. Oggi è al 90 per cento immagine. Ovviamente dai tempi delle macchine da scrivere e delle linotype è passata un’era geologica ma alcune cose restano le stesse: la curiosità, lo voglia di stare sul pezzo e le tre parole magiche del mestiere. VAI SUL POSTO.
Nel ringraziarti del tuo tempo, della tua gentilezza e cordialità, ti lascio sotto uno spazio per qualsiasi cosa tu voglia dire al tuo pubblico di lettori. E' stato un piacere. Grazie Massimo!
A chi legge i miei romanzi vorrei dire due cose. La prima è grazie di cuore. La seconda, fatevi sentire: critiche, incoraggiamenti, insulti, richieste di rimborso perché il libro fa schifo (scherzo, la fregatura ve la tenete). La mia pagina Facebook è aperta a tutti, senza bisogno di chiedere l’amicizia e sta lì per questo. Vi aspetto.
Una storia che s'inerpica nei grovigli della mente fra realtà e possibilità in uno spazio infinito. Piani paralleli? Mondi sconosciuti? Tutto da scoprire.
La fantascienza è la letteratura delle menti aperte
autoritratto Andrea Gelici |
(John Brunner)
Buongiorno Andrea, tu sei molto conosciuto per la tua attività di pittore, un maestro che Firenze ha la fortuna di avere. Tantissimi successi, grande amore per la tua città che riesci a rendere ancora più bella grazie alla tua tecnica e ai tuoi particolari colori che ti identificano fra mille.
Hai pubblicato due libri di poesia. Per altro molto belli perché oltre sapere usare la struttura/tecnica poetica rendi il verso sublime e emozionale. Parli di vita, di nostalgie, di amore, di ricordi in un girovagare introspettivo nel quale i lettori spesso si identificano.
Sta per uscire adesso un tuo libro che esplora attraverso una storia di fantascienza diversi aspetti di questa. Il suo titolo è Sar-ho.
D_Chi è Sar-ho?
R-SAR-HO è uno dei protagonisti del mio romanzo.
Un essere extraterrestre che insieme ad altri compagni da vita a questa storia.
D_Usi un linguaggio tecnico e scelto aprendoti a un racconto che imprigiona i lettori attenti creando suggestivi attimi fra la terra e l'oltre. Una storia molto particolare che si presta a mio parere a una sceneggiatura sul tema della fantascienza.
Perché questa tua scelta su un argomento indubbiamente d'interesse ma ultimamente meno ricercato o di nicchia?
R-Perché sono appassionato di questa narrativa così speciale da tanti anni e non l'ho mai considerata qualcosa di minore, anzi. Credo che certa fantascienza possa accreditarsi il diritto di stare fra le più importanti forme di letteratura. Autori come Ray Bradbury, Jack Vance, Clifford Simak, lo stesso Asimov e tanti altri che sarebbe troppo lungo (e discriminatorio) elencare, hanno dato a questo genere un' impronta indelebile di meraviglia. Per quanto riguarda la sceneggiatura sarebbe una sorpresa bellissima anche perché una grande mia passione è il cinema e portare sullo schermo una storia sarebbe come dare un nuovo colore usando altre dimensioni.
D_Come nasce il tuo interesse verso la fantascienza?
R- Mi sono avvicinato alla fantascienza da ragazzo.
Sono state le prime letture che mi hanno portato lì. Giulio Verne, Edgard Allan Poe, George Wells, giganti nelle loro intuizioni e nel raccontare.
Poi sono arrivati i fumetti, su tutto e tutti Flash Gordon disegnato dal grande Alex Raymond di cui conservo ancora tutta l'opera in diversi volumi. Le tavole di questo grande maestro, mi hanno condizionato e ispirato anche nei miei quadri. Ricordo di aver copiato su di un piccolo album i suoi disegni per impararne lo stile. Con la matita entravo in mondi diversi fuori dal consueto.
Di lui, uomo degli anni quaranta ho un ritratto che gli ho dedicato, una memoria che resta nel mio cuore dei miei giovani anni.
D_Ti sei ispirato a qualcuno?
R-Bradbury insieme a Vance e Matheson sono gli autori che più ho letto e apprezzato, ma non sono gli unici. Frederic Brown maestro dell' umorismo fantascientifico, dei racconti brevi con finali spiazzanti fuori da ogni aspettativa logica, Dick straordinario visionario di un mondo in continua ascesa tra il reale e il non reale, forse quello che è stato ed è un profeta oltre che un grande scrittore.
Sono tanti gli autori come fare a ricordarli tutti? E insieme a loro anche le meravigliose copertine di tanti pittori e illustratori fra tutti Karel Thole, Kurt Caesar e Carlo Iacono.
D-Visto l'argomentazione non proprio semplice, attraverso quali tipi di informazioni, studi o ricerche ti sei servito?
R-Per poter scrivere, secondo me, bisogna leggere. Leggere il più possibile e un po' di tutto.
Nella mia libreria ci sono testi di filosofia, scienza, psicologia poesia e narrativa.Tra tutti voglio ricordare in ordine sopra elencato Karl R. Popper, Julian Barbour, R.D. Laing, Alfonso Gatto, Jack Kerouac.
Sono solo alcune delle letture che preferisco oltre ai libri che parlano di altri paesi della loro storia e abitudini diverse dalle nostre. Una in particolare è la cultura del Giappone nella sua essenza nel suo attribuire poteri sacri alla natura alla trascendenza al diverso modo di accettare la vita.
D-Hai nozioni di astronomia?
R-Sì, qualcosa ho letto, anche di astronomia.
All'età di diciotto anni, con i primi risparmi acquistai un telescopio che ancora oggi posseggo. Ho osservato il cielo passando notti insonni fra carte stellari, luna, pianeti e nebulose; e tanto freddo perché le migliori osservazioni riuscivo a farle d'inverno con il cielo terso.
Lo spazio mi ha sempre affascinato e spesso ho pensato che guardare le stelle è come cercare qualcosa dentro di noi.
Ora che non sono più giovane credo che il tempo perduto con gli occhi puntati in quel nero sia lo stesso che gli anni mi hanno tolto e reso, senza clamore.
D-Una domanda forse un po' impegnativa nella risposta: credi sia possibile che vi siano altre espressioni o forme di vita nell'universo?
R-Domanda davvero difficile.
Per quanto mi riguarda, per il mio modo di vedere la vita, sì.
Ne sono sicuro.
Credo nell' esistenza di altre forme di vita, forse non proprio come la nostra, anche perché sarebbe molto presuntuoso e arrogante immaginare qualcun altro con le nostre stesse caratteristiche e fisionomie. Siamo solo una piccola, piccolissima cosa in questo universo, un niente ed è solo la nostra grande presunzione, il nostro metro a voler immaginare una somiglianza. Se penso da quanto poco tempo è che ci siamo affacciati oltre il nostro pianeta e a tutte le scoperte fatte in questi ultimi anni, vedo solo l'introduzione a questo nuovo ciclo della scienza e dell'astronomia, il racconto è solo all' inizio anche se gli avvenimenti rischiano di distruggerlo.
Amo e ho amato l'astronomia come astrofilo, come un dilettante e ho sempre avuto una grande ammirazione per chi gli ha dedicato la vita, tra i tanti la grandissima Margherita Hack della quale ho un rispetto e un ricordo bellissimo. Uno dei suoi pensieri più belli: "Credo che uccidere qualsiasi creatura vivente, sia un po' come uccidere noi stessi e non vedo differenze tra il dolore di un animale e quello di un essere umano." Parole che sono in armonia con il vivere e l' universo.
D-Un libro da mille spunti di riflessione nonostante si tratti di opera da te inventata, potrebbe a tuo parere, esserci una infinitesimale traccia di verità fra le righe del tuo libro?
R.-Hai parlato di traccia, Marzia.
Forse è proprio quella che sta tra le righe del racconto.
Una traccia mai evidente ma presente.
Infondo nella storia, anche se inventata traspare il senso dell'incompiuto, del dubbio ed è quello che ho voluto lasciare al lettore fino alla fine quando nell' ultimo capitolo qualcosa si risolve, come nelle ultime parole delle note a fine pagina.
D-Una copertina davvero molto bella. Si tratta di un tuo dipinto. Cosa rappresenta? Vuoi dircelo?
R-La copertina di un libro penso sia lo specchio delle parole che lo compongono.
Mi sono ispirato alle vecchie illustrazioni degli anni d'oro della fantascienza, forse un po' retrò ma sicuramente sincera.
Lì sono rappresentati alcuni dei personaggi del romanzo e nella doppia immagine centrale i volti dei due protagonisti divisi da una colonna di luce aderiscono al senso della storia.
È un racconto che ho scritto basandomi anche su esperienze personali, certamente colorata con tanti risvolti immaginari che però in qualche modo identificano un tempo vissuto. Spero che chi lo leggerà abbia la voglia e la pazienza di andare oltre i primi capitoli perché tutto diventa interessante e collegato nel prosieguo della narrazione.
D-Il libro corposo di quasi 300 pagine che uscirà verso fine febbraio, sarà ordinabile in tutte le librerie fisiche e su tutti gli store online
Farai presentazioni di questo tuo libro? Lo presenterai solo a Firenze o lo farai conoscere anche in altre città?
R-Il libro lo presenterò sicuramente a Firenze e spero di poterlo fare sia di fronte a persone che mi conoscono che a sconosciuti. Avere qualcuno che si interessa ai tuoi pensieri, al tuo modo di vedere la vita è una cosa importante e spero che non sia solo un' esposizione ma un dialogo partecipato. Non so se verrà presentato in altre città, non sono così famoso e importante, solo il tempo lo renderà possibile.
D-Adesso immagina di essere di fronte a un pubblico e apriti ad un tuo pensiero sulla fantascienza in genere. Cosa diresti?
ALEX-RAYMOND dipinto di A.Gelici |
R-Parlare di fantascienza è come parlare dei sogni.
Di quelli strani però, quelli così strani che sembra impossibile diventino realtà. Eppure, fin dagli albori di questo genere letterario tante sono state le invenzioni, le trasformazioni nel modo di vivere, le idee più impossibili che poi, col tempo si sono avverate.
Non voglio certo nobilitare la fantascienza a posteriori, però con il passare degli anni sono proprio questi che l'hanno aggiunta nel suo giusto posto per merito.
Quella moderna, nata negli anni venti con le riviste americane ed inglesi, senza troppe pretese letterarie dette il via a questa corrente avendo come obbiettivo un pubblico prevalentemente popolare che voleva evadere dal quotidiano attraverso racconti corredati da illustrazioni e da trame abbastanza semplici. Hugo Gernsback prima, e John W. Campbell poi, nella sua distillazione degli argomenti da solo pseudo-scienza ben descritta fatta di guerre spaziali, mostri, invenzioni incredibili e marziani, indirizzò gli argomenti verso un orizzonte più umano che poi, grazie anche ad altre pubblicazioni aprì la strada alla fantascienza di carattere sociologico.
Questa trasformazione prende il via anche nel cinema, con l'arrivo di 2001 odissea nello spazio di Kubrick dirigendo e disegnando uno scenario notevolmente diverso dai film anni 50 e 60 ponendo questo genere nel posto che gli spettava anche se di esempi altrettanto famosi e di culto si erano avuti negli anni addietro. Voglio ricordare, uno per tutti, il film " Il pianeta proibito" che pur essendo del '56 è un piccolo capolavoro.
Se penso al giorno in cui vidi questi due film, il secondo dopo dieci anni dalla sua uscita in un cinema di periferia, ricordo che ero preso da un senso di paura e meraviglia lo stesso che provai tre anni dopo davanti ad una scimmia che batte con un osso, davanti ad un monolite il suo futuro fatto di astronavi.
Artur Clarke scrisse il racconto da cui fu tratto il film; un grande scrittore oltre che scienziato che come tanti altri, della fantascienza hanno fatto la loro vita.
In chiusura chiedo sempre ai miei intervistati di sentirsi liberi di esprimere il loro pensiero sull'argomento per il quale sono stati intervistati.
A te la parola
R-Adesso dovrei parlare del perché di questa intervista, il mio libro, la sua storia, ma non farò niente di tutto questo. Voglio solo concludere con le parole di Boris Vian un jazzista francese che intervistato sull'argomento rispose così: La fantascienza è una nuova mistica, è la resurrezione della poesia epica: l' uomo e il suo superamento, l'eroe e le sue imprese, la lotta contro l'ignoto.
Grazie Marzia, grazie per questa opportunità.
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