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Lorena Isabellon
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May 26, 2025

La poesia ha da sempre avuto un ruolo importante nel raccontare la storia sociale di un popolo. Scrivere poesie è un modo difficile e severo, come quello dello scienziato, dell’economista o dello storico di comprendere e spiegare il mondo

Premessa

La poesia in generale è un vasto e complesso campo di studio. Attraverso letture e ricerche di diverso impegno storico- artistico, morale e civile e annotazioni scritte durante i mei viaggi compiuti nei primi anni novanta ho focalizzato la mia analisi sui punti chiave e degli eventi storici che hanno caratterizzato la nascita e l’evoluzione della poesia in Africa, Asia, Sud America e Nord America, quattro dei sette continenti della Terra insieme all’Europa, all’Oceania e all’Antartide.   Raccontare la storia della poesia in modo conciso e con lo stile giornalistico è un’impresa complessa. Raccontarla con chiarezza e passione e senza annoiare è ancora più difficile.

La poesia in Africa, che per molti secoli fu un continente silenzioso, ha ricominciato a parlare; ma il suo dramma consiste nel non avere voce, cioè lingua propria. Il colonialismo europeo ha molti torti nei riguardi del continente africano: per imporre l’imperialismo economico e sfruttare le risorse della terra, ha spogliato gli indigeni di tutti i loro beni e soprattutto della loro cultura, imponendo lingue, costumi e governi europei. Oggi la situazione sta mutando: è l’Africa che entra in Europa, fa sentire la sua voce e vuol far conoscere la sua civiltà, che per un secolo si è nascosta nelle foreste, fra i riti delle tribù, nelle favole e nei canti ripetuti oralmente, nelle musiche trasmesse dai tam- tam. Dopo la distruzione compiuta dai coloni francesi della preziosa biblioteca araba di Abdel Kader, nel 1847, l’unica grande biblioteca nazionale africana fu il popolo stesso che salvò il patrimonio culturale arabo attraverso la tradizione orale.

Nel tempo del colonialismo, l’Europa aveva costruito un’immagine falsa dell’uomo di colore, deformando l’interpretazione sudamericana dei riti religiosi e di costumi storici in miti che giustificavano l’iniziativa di cosiddetta civilizzazione. Cosicché in Europa gli africani  servivano solo come ballerini o suonatori di jazz, pugili, o portieri d’albergo, e soprattutto come truppe da guerra; in patria erano braccia per i lavori più estenuanti. Nel ‘700 cominciò una lentissima e saltuaria opera di revisione (specialmente per opera di Montesquieu), insieme con il processo di decolonizzazione. Il progresso della scienza, lo sviluppo dell'antropologia e dell’etnologia, l’affermazione democratica del II dopoguerra, le ideologie politiche che seguirono, hanno favorito l’opera di liberazione dell’Africa. La nuova generazione di poeti esce generalmente da famiglie borghesi che hanno potuto mandare i figli a istruirsi a Berlino, Londra, Parigi e Roma, e quindi sono ritornati in Africa con conoscenze, competenze  e una lingua non africane ma decisi a servirsene per affermare i loro diritti. I poeti africani tentano di liberarsi da questa sudditanza forzando il mezzo linguistico ad accogliere gli elementi dei loro dialetti indigeni e cantando il mondo originario della loro natura autentica, del loro amore e del loro soffrire e di tutte le passioni prepotenti ignote all’ormai stanca Europa La poesia africana ha eliminato ogni traccia di folklore e ha esaltato il senso della libertà, la ricchezza delle passioni, la grandiosità della natura di una terra non ancora guastata dalla tecnica, il giusto rapporto dell’uomo con la natura, ha cantato il senso religioso, la storia del popolo e la sua tradizione di favole. L’avvenire della cultura africana sta nel recupero e nella conservazione intatta del proprio patrimonio passato di tradizioni, canti, riti e di vita collettiva e al tempo stesso nel suo superamento verso strade completamente nuove. Merita una citazione Guy Tirolien poeta della Guadalupa, una delle voci più accorate e autentiche della più della nuova letteratura africana. La giovane Africa esprime nei canti del suo poeta la volontà di essere se stessa e di salvare il suo amore per la natura e il suo patrimonio di tradizioni.

La poesia asiatica ha tradizioni antichissime, millenarie e profonde radici religiose. Dalla Palestina all’India, alla Cina, la poesia religiosa, epica e popolare, presenta documenti remoti di rara maturità culturale. Meritano una citazione, i nomi dei Libri dei Salmi (Ebrei), del Mahabarata e del Ramayana (India), dell’Avesta (Persia) e il Libro dei Fiori (Cina). Le forme espressive sono mutate nel tempo, ma il misticismo è sempre rimasto alla base del canto dei poeti, specialmente orientali. Il Confucianesimo, il Taoismo, il Buddismo, hanno dato di volta in volta alla poesia contenuti di pensiero che variano di popolo in popolo, ma che hanno in comune il denominatore religioso.

Nel secolo XIX, la cultura asiatica dall’Armenia, all’India, alla Cina ha subito le influenze delle culture occidentali, chi dell’America, chi dell’Inghilterra.

Dal secolo scorso, si cercano nuove strade alla poesia: in quasi ogni Paese sta realizzandosi una riforma culturale autonoma che cerca di collegare il presente al passato, recuperando ciò che di autentico e originale aveva la poesia antica, ma sfrondandola di quell’apparato di complesse regole metriche e linguistiche che rendevano la cultura accessibile solo alle classi dominanti. È rimasta tuttavia nella poesia orientale una ricchezza di sentimenti, una delicatezza di toni, un senso sublime dell’amore e del dolore umano che collega senza fratture la poesia di oggi a quella del passato. Della saggezza asiatica meritano una citazione: Mencio (filosofo - Cina 372-389 a. C.), Ardaschir I (Persia III Secolo); Nichiren (monaco buddista giapponese).

La letteratura statunitense rispecchia i contrasti e i fermenti di una società giovane e composita e riassume e interpreta la storia avventurosa e contradditoria di un Paese che è nato, si è consolidato ed è balzato alla guida del mondo in un giro rapidissimo di anni. La poesia statunitense, nata di recente, per evidenti motivi storici, è cresciuta col complesso d’inferiorità rispetto alla madre europea di cui aveva ereditato la lingua e le tradizioni, finche, grazie alla vitalità della sua natura e alle spinte formatesi nel suo interno, ha spezzato i vincoli di sudditanza e ha proceduto con piena autonomia. Il gusto dell’avventura e l’ottimismo di una società in rapida crescita hanno dato vita a una letteratura epica che ha avuto nelle imprese dei pionieri il suo tema favorito. La società americana si è sviluppata su radici religiose, che poi si sono mescolate con la baldanza e la completa disponibilità dei cercatori di terre e d’oro, con le frustrazioni degli emigrati cariche di una disperata volontà di affermazione a qualsiasi costo e di rivalsa sugli altri, in un crogiuolo d’idee e di contradizioni che non si è ancora sedimentato e chiarito. Tutto ciò si riconosce e si trova nella poesia americana. Questa è nata dopo la narrativa - una narrativa di frontiera in cui sono confuse storia e leggenda e che ha creato le ottimistiche fantasiose avventure, allegre e iperboliche, di David Crokett e Pecos Bill -  e al suo inizio si ridusse a canti popolari o a deboli imitazioni della lirica europea. Il primo poeta che diede forme originali allo spirito pionieristico è Walt Whitman. E’ questi è sempre un verseggiatore spesso prolisso ed enfatico, che tuttavia rappresenta la nuova America, fiera delle sue origini, certa del suo futuro. E’ il poeta dell’ottimismo che si contrappone alla delusione e alla protesta dei poeti d’oggi poiché la società in cui cantava Whitman non aveva ancora preso coscienza delle sue contraddizioni: i problemi più scottanti erano ancora latenti e col passare dei decenni sono emersi con l’inasprirsi delle disuguaglianze – più amare in una società opulenta – con il risveglio del gruppo nero che ha spaccato in due anche il mondo bianco, e infine con la complessità delle angosce dalle quali l’uomo di cultura americano si è improvvisamente reso conto di essere dominato. Il ritmo febbrile della vita occupata quasi esclusivamente da problemi di lavoro, di benessere, di successo e di potenza, il problema delle città sempre più gigantesche e soffocanti, la solitudine dell’uomo, crescente di pari passo con il crescere delle dimensioni sociali; il senso di colpa di una società forte e ricca verso i deboli e poveri; l’insufficienza di prospettive del modo di vivere americano, sono le cause che hanno portato alla formazione accanto al gruppo perfettamente integrato della grande finanza, del potere politico, del divismo, dell’affarismo, del tecnicismo portato al massimo, dell’industrializzazione gigantesca, e della sovrapproduzione, anche di fenomeni di distacco, che si configurano nel vagabondo, prima, e poi nel beat, nell’hippy e altro. Nella poesia americana tutto ciò è presente e alimenta sia la protesta sia il lamento.

La poesia afroamericana si presenta  dapprima con i work songs: canti anonimi di lavoro che con il loro ritmo regolare e martellante accompagnavano i movimenti delle persone costrette al lavoro forzato e senza libertà nella loro uguale fatica; e ci furono i plantation songs, canti delle piantagioni, i railroad songs, che nascevano tra i lavoratori delle ferrovie, gli steam beat songs, dei battelli fluviali i chain gang songs, dei lavori forzati.  Poi quando la comunità nera incontrò la parola di Cristo, è in essa trovò un appoggio e speranza, nacque quella forma affascinante e unica, mista di musica e di preghiera, di misticismo e sensualità, di religione e di protesta accorata, che è lo spiritual.

La letteratura sudamericana ha fortemente risentito degli eventi storici che hanno interessato il continente. Colonizzate dagli spagnoli e dai portoghesi, le popolazioni indigene sono state spogliate non solo del potere politico ed economico e della loro libertà, ma della loro religione, del sistema giuridico, delle arti, delle tecniche agricole e industriali, del costume in senso pieno. Civiltà nobili e prestigiose come quella Maya, Quiché, Azteca, Quechua, e Inca, sono state distrutte. Le lingue native sono state soppiantate dalle lingue dei colonizzatori e ne restano solo esigue testimonianze, salvate grazie alla vastità del territorio che ha impedito la totale penetrazione degli invasori.

L’influenza spagnola ha quindi dominato e domina tuttora ogni espressione artistica, in questo continente. Nella prima metà del XIX, l’esempio dell’indipendenza degli Stati Uniti, della rivoluzione francese e il tramonto dell’impero spagnolo favorirono le esigenze di libertà dei paesi sudamericani. Questi, dal 1800 al 1821, conquistarono la loro indipendenza politica dalla Spagna e dal Portogallo, ma non si sottrassero alla loro influenza culturale: tuttora la cultura del Sudamerica è chiamata ispanoamericana  e risulta dalla fusione di elementi europei con le profonde radici indigene sopravvissute e ricuperate.

I poeti sentirono tuttavia la necessità di riscoprire la propria terra nel suo paesaggio elementare, nelle sue tradizioni antiche e nel bisogno presente di riprendersi la propria libertà e i costumi autentici della razza. Cosicché, fin dal suo nascere, la poesia, anzi tutta la letteratura sudamericana è da considerarsi “ impegnata”, perché legata alla rinascita nazionale e alla trasformazione politica e sociale del Paese. Nel secolo scorso la situazione storica politica del Sudamerica si è ulteriormente complicata: le ideologie europee vi hanno trovato un terreno di lotta: le idee socialiste si sono diffuse, favorite da forti squilibri economico sociali; le avventure dittatoriali sono state incoraggiate dall’instabilità politica. I poeti riuniscono in unico discorso le ragioni diverse delle battaglie, economiche, culturali, contro i padroni esterni e interni, vecchi e nuovi. Merita una citazione, il fenomeno letterario che fiorì negli anni sessanta tra le baracche del Brasile: Quarto de Despejo è il diario struggente di Carolina Maria de Jesus, che ha rivelato al mondo il tesoro di sensibilità e d’ingegno che, nonostante la degradazione della fame, riuscì a esprimersi attraverso le parole di una raccoglitrice di stracci.  Il successo del libro ebbe un grande merito: liberò Carolina e i suoi figli dalle favelas. La seconda opera della coraggiosa scrittrice brasiliana cadde nel silenzio e l’autrice rientrò nel mondo dei favelados. Il problema delle favelas nel Brasile è tuttora attuale e complesso. Nonostante alcuni progressi nella pacificazione e nell'urbanizzazione, le favelas rimangono aree di grave povertà, marginalizzazione sociale.

Conclusioni

La poesia può dare voce a chi non ha voce, a chi è spesso escluso dai racconti storici ufficiali, permettendo di conoscere e comprendere meglio le dinamiche sociali più nascoste ma la curiosità dei consumatori di libri è spesso effimera e i libri di poesia che appartengono a un genere elitista, tendono a essere letti meno rispetto ad altri generi letterari.

“Occorre leggere la poesia come se essa fosse la cosa più importante del mondo perché essa è stata tale per chi l’ha scritta” affermava Giosuè Carducci,

 

 

 

 

 

April 17, 2025

Da sempre l’essere umano si è interrogato sul significato della vita e sulla creazione, senza riuscire a dare una risposta definitiva. Nel corso della storia, in tanti si sono affidati a credenze religiose e spirituali, che hanno offerto conforto, ma talvolta alimentato anche paura e incertezze. Le religioni hanno spesso posto l’accento sul mistero della morte e dell’aldilà, senza fornire spiegazioni definitive. Con questo saggio, l’autore intende esplorare i grandi misteri dell’Universo, indagare il male, la sofferenza, la felicità, cercando di comprendere meglio ciò che è sempre stato avvolto nel mistero. E’ un personale tentativo di far luce su questioni fondamentali, andando oltre le tradizioni, per avvicinarsi alla verità in modo più consapevole e sereno.

 

In vendita su Amazon

April 17, 2025
Col fratello del Presidente il senatore Ted 

È uscito nelle librerie e online il volume “Ecco chi ha ucciso John Kennedy” di Diego Verdegiglio, curato da Andrea Proietti Lupi, per l’editore Carlo Mancosu di Roma. L’opera è una riedizione aggiornata di quanto Verdegiglio e Mancosu pubblicarono nel 1998. Dopo decenni di dubbi, polemiche e ricerche controverse, questo libro è l’opera italiana più completa e aggiornata su quella tragedia. Da essa emerge con chiarezza l’identità del vero assassino, svelando una conclusione del tutto sorprendente. Basandosi sulle varie investigazioni ufficiali e su ricercatori accreditati, sia in Italia che all’Estero,

Con la sorella del Presidente
Jean Kennedy Smith 

Verdegiglio (che vide sfilare il Presidente a Napoli il 2 luglio 1963) ripercorre, fin dalle prime ore del dramma, tutte le indagini pubbliche e private, nonché le numerose “rivelazioni” succedutesi in questi sessantadue anni, avvalendosi anche della collaborazione di noti patologi legali, criminologi e periti balistici.

A conferma dei dati emersi dalle ricerche, l’Autore ha effettuato personalmente delle prove di tiro col fucile italiano Carcano 91/38 utilizzato da Lee Oswald e vari sopralluoghi a Dallas, a Washington, a Boston e a New Orleans, analizzando e confutando anche le teorie di Jim Garrison, Mark Lane, Oliver Stone, Giovanni Minoli e Gianni Bisiach. L’opera ci guida attraverso i meandri di una storia tragica e appassionante al tempo stesso e costituisce la risposta più convincente e veritiera a tutte le domande che ci siamo posti in questi decenni sul “delitto del Novecento”. Il recentissimo ordine di desecretazione degli ultimi documenti sul “delitto Kennedy” da parte del presidente americano Donald Trump ha creato ulteriore attesa per conoscere i dati definitivi di una storia che nel 1963 sconvolse il mondo. Per chi legga i risultati di questa ricerca di Verdegiglio scevro da pregiudizi e da errate valutazioni, sarà possibile apprezzarne la validità storica e la serietà documentaria. Le tesi anticonformiste dell’Autore susciteranno sicuramente un acceso dibattito e un grande interesse negli studiosi e negli appassionati di Storia del Novecento. Il volume è già stato presentato con successo al Teatro Comunale di Sant’Oreste (Roma) e alla Libreria Borri della stazione Termini. Sono intervenuti come esperti il professor Leonardo Grimaldi, medico legale dell’Università Cattolica di Roma, lo psichiatra

Presentazione del libro

criminologo clinico Prof. Vincenzo Mastronardi, della Sapienza, e l’esperto balistico Dott. Giorgio Matarazzo.

 

March 27, 2025

Il libro è la versione in inglese, pubblicata nel 2025 su Amazon, di un'antologia, a cura di Roberto Donati, che comprende i principali scritti delle c.d. fasi (rispettivamente liberale, autoritaria e totalitaria) del Fascismo, a partire dalla fondazione, nel 1921, del PNF (Partito Nazionale Fascista), fino al voto di sfiducia, da parte del  Gran Consiglio del Fascismo, nei confronti di Mussolini, nel Luglio del 1943. I testi inclusi in questa antologia sono il "Programma del Partito Nazionale Fascista", "La carta del lavoro", "Il diario della volontà", La dottrina del Fascismo",  "La carta della scuola" e infine "Il primo e il secondo libro del Fascista".  I testi sono stati inclusi nella loro versione integrale, con pochi o nessun commento da parte del curatore dell'antologia, con il preciso intento di lasciare al  lettore degli spunti di riflessione per una sua interpretazione il più possibile autonoma. La traduzione in inglese dell'antologia è stata affidata ad Antonio Menna.

Su Amazon

https://www.amazon.it/ANTHOLOGY-HISTORICAL-ITALIAN-FASCIST-1921-1943/dp/B0DY1NXP13

 

https://www.youtube.com/live/E8jl8HhicMg

 

 

March 23, 2025

 

È dell’autore, scrittore e compositore musicale Domenico Guida, il libro “Le Istantanee di un’Atmonauta” Raccolta di pause e poesie, di cui si parla al momento.

Edito nel 2024 da Progetto Cultura e segnalato nel web su ben 20 siti di vendita libri, tra i quali: libreria Rizzoli, Libraccio, Unilibro, Luccasapiens e tanti altri; una visibilità che prosegue inoltre, attraverso interviste radio. Le presentazioni dal vivo animate a seguire, da concerti, ne arricchiscono la percepibilità e la percettibilità visto che si tratta di poesie e testi di canzoni, composti ed interpretati dall’autore: una multiesposizione che rende merito alla dinamica contaminazione nelle svariate espressioni artistiche dell’autore che collega il libro al suo ultimo progetto: Retorika, un Concept-album con allegata una Graphic-Novel nella rappresentazione di ATMO,  Alter-Ego di Domenico Guida; un itinerario grafico tra parole, immagini e suoni.

Attraverso istantanee elaborate e Qr Code, il Guida ci conduce verso un viaggio insolito, mai banale, alla riscoperta di vibranti note dell’anima tra giochi di-versi, quale abile manovratore di assonanze, similitudini, allitterazioni, significative cesure e giochi di parole tra sentieri liberi e sciolti, attraversati dal vento, “inventandosi coraggiosamente le ali per fermare un istante, per esserci, nel suo “qui e ora”. Tre le sezioni del libro: Istantanee, Dagherrotipia, Multiesposizione; Sessantatré poesie; Qr Code di Videoclip musicali, canzoni ed elaborate istantanee compongono ordinatamente un fantasioso cocktail artistico dai più svariati colori, dagli evocati profumi (agrumi, caffè, salsedine) e gradevoli sapori di questo libro che si fa toccare, sfogliare per farci volare tra le sue pagine sollevati da un soffio improvviso di vento nel mentre che spazio e tempo… si con-fondono.

 

 

Libro di Domenico Guida
Le Istantanee di un Atmonauta
Raccolta di Pause e Poesie
Edizioni Progetto Cultura 2024
pp.126 – Euro 14

 

 

February 04, 2025

 

Diciamoci la verità: spesso le presentazioni di libri sono eventi preparati e gestiti con molta cura e trepidazione, ma poi frequentati soltanto da sparuti drappelli di affezionati parenti e vecchi amici del cuore.

Ma ci sono, come sempre, in questo strano mondo, regno dell’impermanenza e dell’imprevedibilità, anche splendide eccezioni.

Sabato scorso, alla presentazione del libro di Gabriella Gagliardi su Pico della Mirandola*, ci siamo ritrovati in una splendida sala romana arcigremita da persone interessate e colte (almeno un centinaio), bramose di sapere di più intorno a quel geniaccio raffinato ed elegante, sublime sognatore di mondi diversi affratellati tutti dalla luce filosofica, capace di scavalcare ogni fossato e abbattere reticolati e muraglie divisorie.

Belli e coinvolgenti gli interventi di analisi e commento del testo in questione, rivolti soprattutto a mettere in risalto l’attualità dei messaggi derivanti dal pensiero del nostro filosofo umanista:

  • concetto di libertà del soggetto umano chiamato (anzi “obbligato”!) ad autodeterminarsi, scegliendo perennemente (e mai una volta per tutte) cosa essere e cosa fare della propria esistenza;
  • bisogno di costruire un mondo in cui possano finalmente regnare il dialogo, la volontà di ascoltarsi, di comprendersi e di incontrarsi, imparando a scoprire e ad apprezzare, senza più pregiudizi, il Bello e il Vero presenti in ogni scuola di pensiero e in ogni credo;
  • necessità assoluta di recuperare un rapporto di Armonia filiale nei confronti di una Natura percepita non più come mero serbatoio di risorse destinate unicamente a soddisfare la nostra presuntuosa avidità antropocentrica, ma come corpo vivente di una Vita Infinita e infinitamente sapiente.

 

Tanti anche gli interventi del pubblico, pertinenti e ponderati, a coronare un momento felice, ricco di filosofia vera, lontanissima dalle elucubrazioni parolaie che tanto il mirandolano detestava. Un momento anche di scambio e di coinvolgimento emotivo, ricco della filosofia amata e vissuta da Pico:

una riflessione aperta ed onesta  sulla condizione umana, per affermarne l’ innata dignità e per esortare  tutti noi a farci amanti della Concordia e laboriosi costruttori di Pace.

 

 

NOTE

*PICO  DELLA MIRANDOLA: ORIGINALE ED ATTUALE MAESTRO DI SAGGEZZA. Conversazione con Gabriella Gagliardi, autrice di Giovanni Pico della Mirandola. Un genio riscoperto che parla al presente. Il vero pensiero oltre la “vulgata”    - FlipNews - Free Lance International Press

*GABRIELLA GAGLIARDI

Giovanni Pico della Mirandola,

ARMANDO EDITORE, GENNAIO 2025

10,00€

 

 

 

January 25, 2025
A tu per tu con l’autrice: Eva Bordinazzo

Quando la bellezza e la profondità delle parole catturano il lettore:
Eva Bordinazzo parla del suo libro “Respiri profondi” (poesie e riflessioni)

-Non c’è nulla di costante, tranne il cambiamento. ( Buddha)


D-  Buongiorno Eva, è uscito qualche mese fa il tuo primo libro dal titolo “Respiri profondi”, un libro d’indubbio interesse emotivo dove emerge molto la tua sensibilità.
Vuoi dirci cosa hai voluto esprimere attraverso le tue poesie e la tua prosa?

R. Buongiorno Marzia. Innanzitutto ti ringrazio per il complimento. La sensibilità è forza. Parlare di emozioni, al giorno d'oggi è un atto rivoluzionario. Con il mio libro, partecipo a questa rivoluzione. Racconta di me, di ognuno di noi. Della vita, nelle sue disparate molteplicità. Ho scritto "Respiri Profondi" per lanciare un messaggio forte, potente. È dal dolore più intimo che nasce la spinta verso il cambiamento. È necessario passare attraverso la sofferenza per sbocciare nuovamente alla vita.

D- Quando hai iniziato a raccogliere i tuoi testi?

R. Ho iniziato all'età di quattordici anni. Scrivevo su questo quadernino tascabile dalla copertina verde, che tutt'ora conservo gelosamente. Lo portavo sempre con me. Un fedele compagno di viaggio dove appuntavo i miei pensieri, sensazioni.

D- Ogni volta che un artista esprime la propria introspezione ha emozioni diverse, spesso si “vede”  per la prima volta, altre volte il proprio elaborato diventa “parto emotivo”, altre volte ancora non si ritrova più nel proprio costrutto. Tu che tipo di emozione provi nell’essere riuscita ad aprirti in qualche modo al mondo?

R. Immensamente grata. Vedere un sogno materializzarsi è qualcosa di profondamente solenne. Ho sempre desiderato lasciare un segno concreto nel mondo. Sentivo, fin da ragazzina, la necessità di trasmettere il mio pensiero. Una parte di me oltre il tempo. Sono estremamente orgogliosa di questa pubblicazione e di ciò che comunica.

D- Che valore dai alla poesia?

R. Il valore che la poesia ha per me è inestimabile. Espressione creativa di noi anime delicate.
   Eva Bordinazzo



D : Eva, vorremmo conoscerti di più. Cosa ami fare?


R. Ci sono svariate cose che mi piace fare: le sane risate con gli amici, viaggiare, passare del tempo di qualità con le persone che mi sono scelta, guardare i tramonti e tante altre. Ne approfondisco alcune. Amo immensamente lo yoga. Sono una yogini, ( praticante di yoga femminile ) da 5 anni. Pratico ogni giorno. Mi affascina. L'ho scoperto in un periodo, per me, molto doloroso e di grande metamorfosi. Soffrivo di un disturbo alimentare. Il mio "pasto" era una forchettata di qualcosa due-tre volte al giorno. Quando mangiavo si scatenavano delle sensazioni così forti che mi portavano a stare male. Sottopeso, gracile. Come una foglia in balia della tempesta. Ero disconnessa dal mio corpo e dalla mia essenza. Questa disciplina, diventata poi uno stile di vita, mi ha aiutata a rinascere. Adoro la musica. Un'arte che ho sempre ammirato. Cerco di iniziare la giornata con un brano che mi trasmetta la giusta carica. Oppure durante il giorno, quando ne sento la necessità. Ascolto tutti i generi, anche se uno in particolare ha rapito il mio cuore. Il rock 'n' roll. Sono una rocker sfegatata. Ricordo ancora quando alle superiori tornavo a casa con il sottofondo di Highway to Hell nelle cuffie. Energia pura. Sono un'appassionata di pellicole cinematografiche. Anche i film hanno un forte potere comunicativo, cosa che apprezzo moltissimo. Non si tratta solo di sedersi e guardare uno schermo ma di fare un'autentica esperienza, come leggere un buon libro. Guardo un po di tutto, molti cult anni 80/90. C'è un ma, cioè gli horror. Ne ho visti alcuni e mi è bastato. Beati coloro che li guardano con leggerezza. Sono dei supereroi. Se lo faccio io non dormo per un mese. La vita è bella ma anche difficile, perché devo complicarla? Il mio mantra. Ultima, ma non per importanza, passare del tempo con i miei 3 gatti. Mamma e i suoi due cuccioli. Salvati dalla strada l'anno scorso. Sono un antidepressivo naturale.

D-  Liberata dal sorriso di un passante.
      L’anima mia s’alleggerisce.
      Il cuore s’innalza.
      Gentilezza nello straniero.
      Luce, aldilà.

Versi che risuonano bisogno di comunicabilità in un mondo avaro di confronti dove ognuno sfugge  e ignora…  Vuoi dirci il tuo pensiero su questi versi?


R. Voglio raccontarti l'episodio che mi ha ispirata. Ero in ospedale. Avevo appena finito di parlare con una dottoressa dello stato di salute di mio padre. L'avevano ricoverato per una frattura al femore. Oltre a questo, soffre di una malattia degenerativa al cervello, il morbo di Alzheimer. Un quadro clinico molto difficile. Emotivamente, era come se mi avessero presa a pugni. Con questa pesantezza mi dirigo verso l'ascensore con mia madre. Avevo le lacrime agli occhi. Ad un certo punto, appare questa donna, vestita solo con toni di viola, sulla settantina, sembrava Mrs. Doubtfire. Si avvicina, ci sorride e inizia a parlare con noi. Aveva il marito ricoverato nello stesso reparto. Un'anima rara, lo percepivo a pelle. Usciamo dalla struttura e lei continuava a rassicurarci. Ad un certo punto si gira verso di me e mi dice: "Sei una bellissima ragazza e poi amo i giovani come te, che portano il cappello con il frontino! Piace tanto anche a me!". Era riuscita a farmi sorridere in un momento così complicato. La sua gentilezza mi aveva alleggerita a tal punto, che mi sentivo felice. Quel peso, scomparso. Un angelo nell'oscurità. Fatta questa premessa, sono d'accordo con te. A parte alcuni casi, c'è a mio avviso, attualmente, una mancanza di intelligenza emotiva generalizzata. Le persone sono bombardate da milioni di stimoli al giorno, tra tv, social networks che offuscano i sensi. C'è una mancanza di ascolto verso quello che è il proprio interno. Per questo è essenziale fermarsi e starsi a sentire. Perché solo così ci si scopre, ed eventualmente, si capisce se c'è qualcosa che non va, che indirizza a chiedere aiuto. Noto come tanti pensano di essere separati gli uni dagli altri. E questo porta, nei casi limite, alla deumanizzazione "dell'altro". Quanti casi di cronaca ci raccontano questo. Vorrei lanciare queste domande ai lettori: "E se fossi parte del tutto e il tutto parte di te? Vedresti il resto delle persone divise o un tutt'uno con la tua essenza?”.


D- Hai in mente di scrivere un altro libro? Hai nel cassetto dei sogni qualcosa che desideri condividere?

R. Si, mi piacerebbe scrivere un secondo libro. Sogni da trasformare in obbiettivi ne ho molti. Posso dirti che alcuni di questi riguardano una specializzazione nel mondo del benessere olistico.


D- Eva, la tua scrittura è fresca, libera e sopratutto vera. Per chi ti legge vuoi dare alcuni riferimenti anche social per poterti seguire? Quali?

R. Volentieri. Mi trovate su Instagram come rock_soul_shine, su Facebook come Eva Bordinazzo e su TikTok come eva.bordinazzo.

D- Carissima Eva, ai miei intervistati, lascio sempre uno spazio libero per potere esprimere e comunicare qualsiasi cosa. Apriti in libertà ed esprimi il tuo mondo interiore.

R La diversità è ricchezza. Sono sempre stata ampiamente giudicata e criticata per le mie scelte e il mio modo di pensare, fin da bambina. Semplicemente perché vado oltre gli stereotipi tacitamente imposti. Col tempo, ho capito che chi ti punta il dito addosso non ha la necessaria consapevolezza per comprendere il tuo pensiero. Ci sono arrivata dopo un grande lavoro su me stessa, che tutt'ora porto avanti, per non parlare dell'oceano di pianti. Si viene al mondo per seguire il volere del proprio cuore, non per accontentare gli altri, ne tantomeno la società. Sono fiera di me. È la mia unicità che mi ha fatta arrivare fin qui. Tra milioni di maschere, la scelta più coraggiosa che puoi fare è essere te stesso.
Ode alla straordinarietà dell'imperfezione.


Grazie Eva, è stato un piacere approfondire la tua conoscenza. Il tuo mondo interiore è in qualche modo il filo conduttore che esprimi nel tuo libro dove quel “respiro profondo” sarà eco all’unisono per chi abbraccerà le tue parole. Buona fortuna!

E’ possibile contattare Eva  Bordinazzo anche alla mail:  This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.

 

 
January 23, 2025

 

   F. Scott Fitzgerald

Francis Scott Fitzgerard nato a Saint Paul (Minnesota) il 24 settembre 1896 e muore a Los Angeles il 21 dicembre 1940

Nasce ricco, fu indirettamente discendente dell'autore dell'Inno nazionale americano omonimo.

Non era uno studente modello; rimandato spesso in più materie tanto da lasciare gli studi  si arruolò nell'esercito. Anche lì non brillò mai di luce propria; sembrava che il giovane non eccedesse in nulla.

Nel 1919  finalmente qualcosa che lo facesse uscire da una agognata normalità noiosa ma improduttiva. Usciva infatti " di qua dal Paradiso" romanzo scritto in forma quasi autobiografica dove veniva rappresentata la vita giovanile dei ragazzi in quel preciso periodo storico, giovani alla ricerca di leggerezza e disincanto.

Molte similitudini della propria vita vengono largamente descritte nel libro. Le scelte, gli amori, le abitudini, gli atteggiamenti.

Conobbe un anno prima  la scrittrice e pittrice statunitense Zelda Sayre, che fu rappresentata nel libro con il nome di Rosalind; anima gemella, spregiudicata, di famiglia benestante con la vita sempre al limite dai comportamenti discutibili, con lui per oltre vent'anni si dettero a una vita pazza, fatta di esibizionismi e spavalderie. Alcuni biografi hanno asserito inoltre che alcuni passaggi dei libri di Fitzgerald fossero stati estrapolati da testi scritti da Zelda e appartenenti ai suoi diari.

   Zelda Fitzgerald

Alcol, avventure ed eccessi rappresentavano una vita senza regole, giorni bruciati fra inutili pazzie e annebbiamenti mentali; Fitzerald non riusciva a sfondare in alcun modo.

Il suo romanzo "Il grande Gatsby" non ebbe all’epoca alcun tipo tipo di successo tanto che riuscì a vendere meno di tremila copie così andò anche per "Tenera è la notte" romanzo se vogliamo, ancora più ignorato.

La coppia si riempì così di debiti con chiunque, amici, editori, conoscenti vivendo una vita incosciente e improduttiva da ogni punto di vista.  Zelda ormai fuori di testa,  malata psichiatrica, entrò in manicomio dove prese definitivamente sopravvento la sua  schizofrenia mai chiaramente diagnosticata e curata prima. Morì bruciata in un incendio scoppiato dentro il manicomio. Poco prima Zelda aveva concluso il suo romanzo "Lasciami l'ultimo valzer" forse parzialmente autobiografico. Si parla infatti nel libro, di una coppia che vive ai limiti della sregolatezza e dove il marito soffoca in qualche modo la vena artistica della moglie.

Fitzgerald cadde nella più totale desolazione, non riuscì mai ad ingranare.

Nientemeno alla fine degli anni '40 quando gli editori fecero il resoconto  sul dovuto all'autore, annotarono sul documento di fatturazione: vendita copie 40 per un totale di 13,13 dollari.

Uno scrittore dal grande ingegno ma con una bassa stima di se stesso e della vita mai presa sul serio. L’autore ebbe diversi scompensi cardiaci e morì d'infarto il 21 dicembre 1940 a soli 44 anni.

Rimase di lui un manoscritto a metà dal titolo "the last tycoon" poi pubblicato postumo con il titolo italiano di "gli ultimi fuochi".

Seppellito con la moglie. Nella lapide fu scritta l'ultima frase del Grande Gatsby: "So we beat on, boats against the current, borne back ceaselessly into the past (così continuiamo a remare, barche contro corrente, risospinti senza posa nel passato)

Neppure al suo funerale ci fu rispetto o commozione dove addirittura fu truccato malissimo dal becchino tanto da sembrare una statua di cera.

Molti i curiosi e i pettegoli intorno, pochissimi  i presenti del panorama culturale. Doroty Parker sua amica scrittrice, intervenuta alla funzione, disse di lui guardandolo: Povero vecchio bastardo", nessuno si accorse che quella frase era estrapolata dal Grande Gatsby.

Una curiosità; l’unico vero amico di Fitzgerald, Nathaniel West, autore del "il giorno della locusta", morì fatalmente per la strada che lo doveva portare al funerale a causa di un incidente stradale.

Ernest Hemingway, inoltre lo dileggiò in seguito alla sua scomparsa attraverso le pagine della sua autobiografia in "Festa mobile" dicendo di quanto lo scrittore fosse sempre stato insicuro, buffone e incapace.

Si concluse a 44 anni la vita di uno scrittore dalle indubbie capacità ma come spesso accade, se non si crede in se stessi, non lo faranno neppure gli altri!

January 06, 2025

  

Secretarum naturae rerum cupidus explorator”.

Princeps Concordiae”.

Credo che queste due celebri definizioni di Pico della Mirandola riescano ad esprimere magnificamente l’intima essenza della sua personalità e del suo pensiero filosofico :

 la prima ce lo presenta come bramoso e insaziabile esploratore dei più reconditi segreti del meraviglioso quanto misterioso mondo della Natura;

 la seconda, invece, come raffinato e prodigioso intellettuale desideroso di scoprire e/o creare punti di convergenza fra i vari credo filosofici e religiosi, al fine di superare barriere e fossati e di aiutare l’umanità, odiosamente insanguinata da secolari incomprensioni e diffidenze, a recuperare l’arte del dialogo e il sentimento della fraternità.

Su questo coltissimo e geniale pensatore, noto soprattutto per la sua “Orazione sulla dignità dell’uomo”, è in uscita un libro prezioso, acuto ed illuminante*, a firma di Gabriella Gagliardi, collega e amica di lunga data.

Con quest’ultima, è nata la conversazione che segue.

 

  • In apertura del tuo libro, dichiari che Pico rappresenta, per te, “un antico amore” giovanile e, quindi, “una vecchia conoscenza”. Sbaglio, o, da allora, di anni ne sono trascorsi non proprio pochissimi?

 

Non sbagli affatto!

Di anni ne sono passati tanti tanti. Ma è proprio questo il bello! E’ quasi come un amante che torna da te, deluso dopo un matrimonio fallito, dicendoti che tu eri il suo vero amore.

Nel caso di Pico, non è propriamente come succede fra le persone in carne ed ossa, ma nella sostanza è la stessa cosa.

Ritrovare gli amori giovanili è bellissimo e ci si può innamorare ancora di più. Tutto avviene in modo inaspettato.

Nel mio caso, è andata così: quando ho sentito alla radio, tre o quattro anni fa, Vito Mancuso suggerire e anzi raccomandare di leggere la breve ma preziosa “Oratio de hominis dignitate”, ho detto: ehi! Ma io costui lo conosco! E, come racconto nella presentazione del libro, mi sono andata a riprendere le carte degli studi giovanili e l’ho ritrovato.

Avevo anticipato Mancuso!

Il “Mirandolino”, come l’ho soprannominato per la sua giovane età, è stato il mio nuovo amore!

Ho sempre avuto, d’altra parte, un debole per gli uomini più giovani di me, belli e intelligenti!

E così, è nato questo libretto. Un dono del destino!

 

  • Il tuo, pur essendo senza alcun dubbio un saggio conoscitivamente corposo, non si presenta affatto come un indigesto trattatello erudito, bensì riesce a farsi comprendere ed apprezzare anche da parte di non addetti ai lavori. Quali sono gli obiettivi che hanno guidato   la realizzazione del tuo libro?

 

L’obiettivo fondamentale è mandare un messaggio a tutti, ma principalmente ai giovani. Far parlare ai giovani da un altro giovane. Senza paternalismi. In una società disumanizzante e disumanizzata, mi sembra importante ricordare quello che dico e ripeto, che “la più grande battaglia, oggi, è rimanere umani”.

E si può tentare di farlo, secondo me, richiamandosi alla “Dignità” degli Umani e alla Libertà in quanto “Responsabilità”, come scriveva il nostro Mirandolino.

Aveva solo 23 anni, e la cosa bella è che si rivolgeva convintamente – e inascoltato, anzi contrastato – a uomini di potere molto più anziani di lui!

Proprio come avviene ai nostri giorni, in cui il dissenso dei giovani è, spesso, più sapiente dell’insensatezza di tanti altri.

 

  • Quando si discute del pensiero pichiano, sovente ci si sofferma sulla sua forte componente eclettica che, da alcuni, viene avvertita come un limite evidente, come una forma di riprovevole mancanza di originalità. La tua posizione risulta, invece, di ben altro orientamento.

Le accuse di eclettismo e sincretismo sono  state da tempo archiviate dagli studiosi che contano: da Garin e Cassirer, innanzitutto, nonché da Cacciari e non solo.

Nel mio libro lo ribadisco ampiamente. Ma la tua domanda, stimolante come sempre, mi induce ad una considerazione estemporanea.

“Sincretismo” vuol dire, etimologicamente, mettere insieme, unire. Solo che Pico non unisce mai, anzi distingue. Egli vuol far vedere che, in ogni pensiero, c’è una scintilla di verità. E che, quindi, non bisogna trascurare nessuno.

E’ il suo “daimon” che lo spinge a ricercare per ogni dove.

Non una copia, quindi, del già-detto, ma una autentica curiositas e un doveroso rispetto per il ben-detto.

Sventagliare un panorama di verità è molto diverso dal mescolarle insieme e giustapporle, confondendole fra loro.

L’originalità, quindi, di Pico sta nel modo nuovo in cui ha evidenziato i temi del passato, e, soprattutto, nella maniera in cui li ha “trasposti”. Tutto il primo capitolo è dedicato proprio a questo argomento. 

 

  • Nel tuo libro, dai (molto felicemente) ampio risalto a quella che Eugenio Garin definisce come la “preoccupazione conciliatrice” del nostro giovane quanto geniale pensatore. Basti pensare che, nelle sue numerose tesi che sarebbero dovute servire da piattaforma per superare contrapposizioni, contrasti e divisioni di carattere ideologico, incontriamo riferimenti ad una gamma vastissima di filosofi e di scuole di pensiero, da Tommaso d’Aquino a Maimonide, da Plotino ad Avicenna, dai Teologi Caldei a Duns Scoto, dagli scritti ermetici a quelli cabalistici, ecc. Come dovremmo considerare questa sua aspirazione alla concordia filosofica e religiosa? Un chiaroveggente disegno in eccessivo anticipo nel corso del tempo o un ambizioso sogno alquanto narcisistico, inevitabilmente destinato al naufragio?

 

La tua sapiente domanda mi da’ il modo di integrare la mia precedente risposta.

Tu dici che “sarebbero dovute servire”. Sì, è così.

Quando dico che sono “trasposti” voglio dire che sono usati in funzione diversa. Una delle funzioni era quella a cui fai riferimento: la “Pace filosofica”, che stava particolarmente a cuore al Nostro.

E’ come se Pico ci dicesse:

“ Guardate quante belle cose hanno detto tutti questi pensatori. Perché non provare a prenderle tutte in seria considerazione (mettendo da parte secolari faziosità e ostilità preconcette), in modo da formare una concorde (benché polifonica) unità di pensiero?”

E’ il NOI che sostituisce l’IO. E questo mi sembra veramente notevole!

Esercizio utopistico-narcisistico  o profezia? Io credo entrambe le cose. Nel senso che egli ha coltivato un ideale che poteva costituire, magari a sua insaputa, una sorta di profezia, come, in effetti, si è poi dimostrata, in largo anticipo di tempo.

Che poi fosse un ideale destinato al fallimento poco importa. E’ importante il suo crederci. E un pizzico di consapevole narcisismo direi che non guasta affatto!

 

 

  • La rappresentazione che Pico ha della Natura è chiara espressione del nuovo clima culturale umanistico-rinascimentale: se Dio è “fons vitae”, ovvero la sorgente imperscrutabile da cui incessantemente fluisce la vita universale, la Natura non può essere altro che meravigliosa teofania, realtà palpitante di vita in ogni angolo dell’intero cosmo. Ma con l’avvento dell’età moderna, questa visione mistico-magica è stata rinnegata e messa in cantina, fra le cose vecchie e superate.

Riscoprire il pensiero pichiano potrebbe aiutarci anche a ritrovare un modo più armonico e intelligente di relazionarci al mondo che ci circonda e che ci ha generati?

Il tema della Natura è, a mio avviso, il più importante.

Sia per il mondo greco che per Pico, la Natura è intesa come avente valore in sé stessa, e facente un tutt’uno con l’uomo. A partire dall’ avvento dell’era moderna fino ad oggi, questa visione  cambia a scapito e danno della Natura stessa e dell’uomo. La prima viene intesa come diversa e separata da noi, percepita come qualcosa che riceve valore solo in funzione nostra, dei nostri interessi e necessità. Grave errore!

L’infrangersi del legame Uomo-Natura ci ha condotti alla dissacrazione oscena del cosmo in nome del profitto. La stupidità umana, in tal modo, si è votata allegramente alla distruzione: facendo ammalare la Natura, essendo noi parte di essa, finiamo noi stessi per ammalarci.

Per tutti questi motivi, per me rileggere Pico, oggi, è come trovare (o ritrovare) un tesoro nascosto.  Sembra contenere questa lezione per noi. Ci dice:

Senza rifondazione dei valori non c’è salvezza!   

E questo spiega anche, a mio avviso, il rinato interesse per l’Umanesimo in Europa e negli USA. Giacché, ogni volta che le società  si trovano a vivere una lacerante crisi culturale, esistenziale e politica, si sente il bisogno di ritornare all’Uomo, per la nostra salvezza individuale e collettiva. E l’Umanesimo, oggi, è tornato ad essere attuale perché si è riaperto, in maniera particolarmente drammatica e in forma anche del tutto inedita, il problema della condizione umana.

 

 

*GABRIELLA GAGLIARDI

Giovanni Pico della Mirandola,

ARMANDO EDITORE, GENNAIO 2025

10,00€

L’opera è stata presentata con successo nella prima giornata della Fiera Nazionale della Piccola e Media Editoria, Più libri più liberi 2024 presso La Nuvola di Roma.

 

NOTA BIOGRAFICA

 Gabriella Gagliardi nasce a Salerno e vive da molti anni a Roma.

 Laureatasi a Napoli in Filosofia morale, con il prof. Aldo Masullo con il massimo dei voti, ha insegnato nei licei e all’Università di Salerno come docente a contratto.

Ha pubblicato, per Armando Editore, Il gatto con gli stivali. Ricerca su fiaba e inconscio (2011), Psicologia del malato oncologico. Non muore il desiderio (ultima ristampa 2021), Coronavirus. La paura il coraggio l’impegno (2020).

Nel dicembre 2023, è uscita la sua prima raccolta di poesie (Distrazioni, Les Flaneurs Edizioni).

Ha vinto il premio letterario “Soprattutto Scrivere” di Incontra Donna con un racconto breve dal titolo Il mito di Dioniso bambino.

 Attualmente svolge corsi di Filosofia agli adulti, per il Comune di Roma.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            

 

 

December 19, 2024

 

Francesco Pisani è un giovane scrittore dai molteplici interessi culturali. In maniera liberamente eclettica, si diverte a spaziare dalla letteratura al cinema, dalla musica (Mozart in particolare) alla filosofia, dalla storia delle religioni al grande pensiero teosofico.

I suoi racconti, pubblicati in alcune raccolte, sono impregnati di amore appassionato verso il Bello e verso il Buono, e mirano, in maniera delicatamente poetica, ad attirare l’attenzione del lettore verso il mondo, troppo spesso ignorato o dimenticato, di chi vive lontano dalle luci della ribalta, spesso isolato ed emarginato, a volte travolto e schiacciato da un sistema socio-economico  cinico e disumanizzante. E il suo intento è caparbiamente quello, generosamente benefico, di far emergere in superficie vite nascoste nell’ombra, invitandoci alla scoperta di tabernacoli di umanità preziosa anche laddove potrebbe sembrare esserci soltanto il mero dominio della quotidiana lotta per la sopravvivenza.

Qui di seguito, riportiamo la gradevole conversazione nata con il bravo e promettente scrittore.

 

  • Nella tua raccolta di racconti intitolata Il poeta dei quartieri popolari*, incontriamo continuamente vicende di dolore, di esclusione, di indifferenza …

E’ evidente che la spinta principale a scrivere  ti provenga dal desiderio di invitare tutti noi ad aprire gli occhi su tante situazioni esistenziali imbevute di sofferenza e iniquità.

Non temi, però, che tale tua scelta possa risultare fastidiosa e troppo “disturbante”, nonché venire accusata di eccessivo “buonismo”?

 

La tua domanda mi fa pensare a quando autori immensi del nostro patrimonio nazionale in campo cinematografico, quali Vittorio De Sica e Roberto Rossellini, venivano aspramente criticati perché

scelsero di mostrare le miserie della società italiana all'indomani del dopoguerra, che evidentemente una certa borghesia conservatrice non voleva che si mostrassero. Trovo che sia molto più "disturbante l'indifferenza e il cinismo di cui siamo sempre più assuefatti: d'altronde "il dolore degli altri è sempre dolore a metà", come cantava Fabrizio de Andrè.

In realtà il mio modesto tentativo è stato quello di seguire una linea che la Letteratura (e l'arte in generale) ha da sempre intrapreso, almeno a partire dalla metà del diciannovesimo secolo, ossia quello di cercare di raccontare la realtà sociale del proprio tempo. Penso a Giovanni Verga in Italia, autore essenziale nella nostra letteratura, ma troppo spesso dimenticato; o ad Emile Zola in Francia, con la sue magistrali narrazioni della realtà operaia della Parigi di fine secolo, ma anche ad autori come Charles Dickens: tra i primi a dare voce ai bambini, agli orfani, ai poveri, alle persone più umili, nella sfavillante realtà dell'Inghilterra vittoriana.

Credo che tra i compiti più importanti della Letteratura ci sia anche quello di dare voce a chi voce, letteralmente, non ce l'ha o non l'ha mai avuta. L'arte non è solo evasione, intrattenimento o divertissement, ma anche fonte potenziale di crescita interiore e civile. 

 

  • In uno dei tuoi racconti più toccanti, si parla di città che non hanno più i contadini di un tempo, bensì soltanto “nuovi contadini” che non lavorano la terra nera, e che “si muovono tutti al medesimo passo, scendono le scale fino in fondo, muti e immobili”. Siamo di fronte semplicemente ad un lirico rimpianto di un mondo oramai definitivamente scomparso o c’è, in te, la volontà di portare avanti una ben precisa critica nei confronti degli aspetti disumanizzanti del mondo contemporaneo? E, in tal caso, con quali prospettive e con quali ipotetiche soluzioni alternative?

 Non vi è nessuna mitizzazione di un tempo oramai tramontato, anche perché non è che quel mondo fosse idilliaco e perfetto, nonostante sia innegabile che determinate realtà contengano anche una certa poesia nel modo di vivere, di impostare la vita e nel rapportarsi con il mondo, che noi forse abbiamo perso o stiamo perdendo. Penso al film "L'albero degli zoccoli" di Ermanno Olmi. Confesso di amare molto il Cinema.

La povertà era una condizione comune del ceto popolare europeo, fino a mezzo secolo fa, ma per povertà intendo quello che intendeva Goffredo Parise quando scrisse "Il rimedio è la povertà", ossia il sapersi accontentare dell'essenziale rifuggendo il superfluo.

Oggi esiste la miseria, che credo sia di gran lunga peggiore rispetto alla povertà, dove continuiamo a sviluppare nuove tecnologie, prodotti usa e getta, dove si parla sempre più di competizione piuttosto che di collaborazione, dove, nello stesso tempo, le disuguaglianze tra ricchi e poveri tendono sempre più ad aumentare, e siamo sempre più infelici.

Forse dovremmo ripartire proprio da quello che scriveva Parise cinquant'anni fa, nel 1974: il tornare ad una povertà che ci apra gli occhi al valore dell'essere e non dell'apparire, e che ci aiuti a scendere dal piedistallo e a riscoprire che non è essere al di sopra degli altri a renderci migliori. 

 

  • Poco dopo, sempre a proposito di questi cosiddetti “nuovi contadini”, scrivi, in maniera oltremodo suggestiva, ma anche piuttosto criptica: “Sanno tutte le risposte, ma non conoscono le domande, non si curano della morte, e la morte non si cura di loro lasciandoli affondare nel loro olio bollente, che nel tempo brucia una finta tranquillità”.

In che senso la morte non si curerebbe di loro?  Forse perché sono già dei non-viventi?

 

 Roberto Bazlen ha scritto una frase che mi ha sempre molto colpito: "un tempo si nasceva vivi e a poco a poco si moriva. Ora si nasce morti e alcuni riescono a diventare a poco a poco vivi".

Nella sua cripticità trovo che contenga una profonda verità, che si può ricollegare alla tua domanda. Credo che nel tempo presente il consumismo e l'uso esasperato della tecnologia stiano portando molte persone a vivere una esistenza sempre più automatica, impersonale, "inautentica", per citare Heidegger, un po' come se fossero già morte, almeno nell'anima. 

 

  • Nel racconto che chiude la raccolta (e che le conferisce il nome), Il poeta dei quartieri popolari, scrivi che il poeta arriverebbe a comprendere che il destino dei quartieri popolari (da lui tanto amati) è tristemente segnato e che questi saranno ineluttabilmente “ingoiati e assimilati come cellule urbane dalle moderne periferie metropolitane”, in modo tale che  “l’intolleranza, il razzismo e l’avidità prodotta dalla miseria” finiranno per invadere sempre più la storia presente e futura. Come continuare, allora, a nutrire una ragionevole speranza a proposito dell’avvenire che ci attende?

 

 Lo scenario attuale non è dei più rosei: basterebbe semplicemente accendere un notiziario per rendersene conto, ma trovo altresì fondamentale mantenere una certa speranza nei riguardi del futuro e del potenziale umano insito in ciascuno di noi.

Credo che, per ognuno, una possibile soluzione consista nel selezionare e seguire i valori migliori che la vita può offrirci. Imparare a scartare il superfluo, rifiutando la moneta falsa, gli innumerevoli vitelli d'oro che ci vengono quotidianamente offerti. Mantenere acceso lo stupore per la vita e piantare semi di bellezza che, con il tempo, potranno anche germogliare e produrre le mele delle Esperidi. 

 

  • Anche nel tuo ultimo libro**ci proponi storie di “Piccoli grandi eroi” che affrontano le burrasche tempestose e le paludi stagnanti del vivere quotidiano con una particolare forza interiore e, soprattutto, con una incancellabile dignità morale.

Potremmo dire che tutti questi personaggi hanno un loro minimo comun denominatore, quello di non voler rinunciare - come afferma una di loro -  “a pensare a un mondo migliore, a un futuro dove non ci sia solo paura, incertezza e lotta per la sopravvivenza”?

 

 Nel mio libro precedente "Il poeta dei quartieri popolari", avevo voluto descrivere le condizioni di quelli che vengono considerati gli "outsiders" per eccellenza, ossia i migranti, troppo spesso strumentalizzati, denigrati o ghettizzati dai diversi schieramenti politici. Nel mio libro ho tentato di dare voce a tutte quelle figure di cui quotidianamente si sente parlare nei notiziari, che incontriamo per strada, ma di cui ignoriamo il nome o la storia. In "Piccoli grandi eroi" ho provato a raccontare storie in cui ciascuno di noi, a modo suo, potesse riconoscersi, soprattutto personaggi accomunati da una componente etica e nella volontà di migliorare il mondo, ognuno con le proprie capacità. 

 

  • Cosa ti ha spinto ad inserire, in uno dei più bei racconti presenti sempre nel tuo Piccoli grandi eroi, una splendida preghiera di un capo Sioux?

 

 Nella Bhagavad Gita è scritto:

<< La preghiera, a chiunque sia diretta, giunge a me >>.

Credo che in un atto così intimo e personale, quale la preghiera, non abbia davvero importanza l'uso dei nomi o le parole che vengono usate. Il pensiero del credente può essere rivolto a Gesù, a Brahma o a Buddha. Penso che l'aspetto più importante consista nella purezza dell'invocazione e nell'intensità, e trovo che sia davvero importante sottolineare l'elemento universale della spiritualità in un mondo ancora

   Ftancesco Pisani

così tanto dilaniato dai conflitti etnici e religiosi.

 

  • In un altro di questi tuoi racconti, ci imbattiamo in un’affermazione di forte valenza etica: Il mondo è un grande convento che dobbiamo proteggere, preservare e a cui è nostro compito donare una parte di noi stessi, ogni giorno, fino al termine fisico della nostra vita.”

E’ forse proprio questo il messaggio principale che intendevi offrirci?

 

 E' un messaggio di speranza, ma anche di grande responsabilità. Ciascuno di noi può scegliere se contribuire a proteggere e migliorare il mondo che ci ospita, oppure decidere se continuare a distruggerlo attraverso l'indifferenza, l'odio e l'egoismo. Credo che il destino nostro e del mondo sia affidato alle nostre mani, o meglio ancora, alla nostra coscienza, anche perché, come scrisse Publilio Siro:

 

<< C'è ancora speranza di salvezza quando la coscienza rimprovera l'uomo >>.

 

  • Francesco, quanto la tua particolare attenzione verso le sofferenze umane è da mettersi in relazione allo studio della Teosofia, a cui ti stai dedicando con passione da diversi anni?

 

 Indubbiamente la visione teosofica dell'unità della vita e il concetto essenziale della Fratellanza universale senza distinzione di sesso, razza, casta e colore, esprimono un profondo insegnamento che ci ricorda che ogni essere umano ha uno scopo nella vita, una propria coscienza, un percorso da affrontare, che porterà però un giorno a ritrovarci nella destinazione comune verso cui siamo tutti diretti.

<< Lunga è la strada che conduce ai piedi dell'Uno >>, come ha scritto Kipling in Kim << ma quivi porta il viaggio di noi tutti >>.

Mi piace citare il racconto dell'astronauta Edgar D. Mitchell, pilota della missione spazio dell'Apollo 14, il quale disse che il nostro pianeta, dalla luna, gli appariva bianco e azzurro come un'astronave che viaggiava negli spazi del cielo. In una conferenza che fece dopo il suo ritorno sulla terra, affermò:

<< La popolazione del nostro pianeta è come l'equipaggio di una astronave che deve lavorare in armonia per far tesoro delle proprie risorse e operare in collaborazione se vuole che questa nave spaziale possa sopravvivere >>.

 

 

NOTE

*FRANCESCO PISANI

IL POETA DEI QUARTIERI POPOLARI,

NeP EDIZIONI, 2021

**FRANCESCO PISANI

PICCOLI GRANDI EROI

ASS. TERRE SOMMERSE, 2024

 

 

NOTA BIOGRAFICA:

Francesco Pisani, nato a Roma nel 1991, è uno scrittore, studioso, traduttore e fotografo italiano.
Svolge la professione di Amministratore Condominiale.
Da sempre appassionato di storia, letteratura e filosofia, ha studiato Scienze della Comunicazione presso l'università di Roma Tor Vergata.
Collabora stabilmente con la rivista di architettura "Abitare la Terra" fondata da Paolo Portoghesi. 
Tra le sue pubblicazioni: Masàn l'importanza dello stupore (Il formichiere, 2016), La caduta (ilmiolibro, 2018), Resterà solo cenere (Youcanprint, 2020), Il poeta dei quartieri popolari (Nep Edizioni, 2021: Vincitore della X edizione del Premio nazionale di letteratura contemporanea, come migliore raccolta di racconti, assegnato nel 2022 in Campidoglio a Roma; Menzione speciale della giuria nella sezione narrativa breve della X Edizione del Premio Letterario Nazionale Teatro Aurelio per il racconto "Il Fornaio"), Piccoli grandi eroi (Terresommerse, 2024).
Le sue opere hanno avuto le prefazioni di Paolo Portoghesi, Sergio Caldarella, Giovanni Fontana, Roberto Antoniello.

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