L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni. |
Prelibatezze |
A due passi dal confine con la Slovenia da sempre a difesa della tradizione goriziana.
La Subida della Famiglia Sirk è proposta di ospitalità, ristoro, relax ed esperienza nel Collio.
Prelibatezze |
Una realtà che comprende il ristorante Trattoria al Cacciatore – stella Michelin dal 2007 riconfermata nell’edizione 2024 della Guida Michelin – e l’Osteria la Preda de La Subida, dove si mangia quotidiano, all’insegna della tradizione. Le ho provate tutte e due nel settembre di quest’anno.
Trattoria il Cacciatore, radici contemporanee, la tradizione proiettata nel futuro.
La storia del ristorante Trattoria al Cacciatore è iniziata negli anni ‘80 con Josko Sirk e la moglie Loredana, che decisero di trasformare l’osteria di famiglia in un punto di riferimento gastronomico del territorio.
Negli anni il locale si è trasformato, a piccoli passi, con l’aggiunta di contemporaneità e tecnica in cucina – grazie all’arrivo dello chef Alessandro Gavagna – ed ha maturato uno stile personale nella gestione della sala, contraddistinto da cura dei dettagli, garbo e calore nell’accoglienza grazie alla gestione di Tanja e Mitja Sirk.
Un ghiotto percorso che, a seconda della stagione, fa conoscere sapori inusuali ed ingredienti particolari.
La mia scelta:
Dadolata di Cervo. Curatissima carne di cervo. L’insalata di finocchio ed il finocchietto selvatico.
Le Zucchine ed i Fiori di Sambuco. Bocconcino di zucchine, gradevolmente croccante, in sciroppo di fiori di sambuco. Anelli di cipolla dorati.
I Girini, Briciole di Pasta Buttata. I fiori di zucca, le zucchine ed i primi porcini.
I Sapori del Golfo durante il G8 di Trieste. Caserecci di sorgo e le verdure di stagione. Le fave ed il profumo di alici.
Vini particolari |
La Faraona Porchettata. Petto di faraona arrotolato e grigliato, insalatina di cetrioli ed il fresco del kefir.
Il Sorbetto e l’Aceto di Casa Sirk.
Il Cervo dell’Imperatore. Lombo di cervo affumicato e alla griglia, le melanzane alla menta ed i frutti rossi.
E per finire Le Dolci Proposte della Cucina
Osteria La Preda |
Il giorno dopo, a pranzo, presso l’Osteria la Preda de La Subida dove vari spuntini sposati a buon calici mi hanno ricordato le soste dei cacciatori dopo la “battuta”.
Trattoria il Cacciatore, Osteria la Preda de la Subida, è trovare il tempo per sognare, i sentieri che portano alle stelle. Chapea!!!
La Subida
Via Subida, 52,
Cormòns (Gorizia) Italia
Telefono +39 0481 60531
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Interno |
Narbonne con i suoi 2500 anni di storia è una città dal ricco e variegato patrimonio storico e culturale: è stata la più antica colonia romana della Gallia.
Si trova nel cuore dell’Occitania. Dominata dalla sua Cattedrale In radioso stile gotico.
La cattedrale di Saint-Just e Saint-Pasteur fu costruita tra il XIII e il XIV secolo rimanendo incompiuta poiché i Consoli si rifiutarono, in quei tempi turbolenti, di distruggere i bastioni per continuare la costruzione. E poi spiagge, vigneti, canali.
Da alcuni anni ha un “all you can eat “ (tutto quello che puoi mangiare) dal nome tipico francese: LES GRANDS BUFFETS, il locale più ricco di Francia (24 milioni di fatturato).
Cascata di astici |
È un concept spiazzante dove i piatti classici e le specialità regionali della cucina francese vengono serviti nella formula tutto quello che puoi mangiare al prezzo fisso di circa € 60,00 escluse le bevande che però hanno ricarichi modesti. Per una bottiglia di Champagne Mercier si spende 25 euro.
Per Michel Guérard, noto cuoco, scrittore e imprenditore francese, uno dei fondatori della nouvelle cuisine e inventore della cuisine minceur, Les Grands Buffets è “il più grande teatro culinario del mondo”, con la lista d’attesa record nel paese.
Quando si pensa e parla di buffets il pensiero ci porta a retaggi del passato: alle colazioni d’hotel , ai party organizzati con servizio catering, piatti sempre uguali ed a volte dominati dalla mediocrità culinaria. Les Grands Buffets di Narbonne è il locale in contro-tendenza; è la reincarnazione contemporanea del seicentesco servizio alla francese (Chaine des Rotisseurs).
Foies-gras |
Ci vogliono mesi per prenotare un tavolo ed è perfino d’obbligo rispettare un codice preciso per l’abbigliamento. La cucina?
Tipicità francesi: lepre à la royale, anatra e oca allo spiedo, boeuf bourguignonne e la blanquette di vitello, acciughe fritte, totani ripieni senza dimenticare lumache e rane.
E poi 9 tipi di foie gras, 5 tipi di pâté inclusi i foies- gras, 111 tipi di formaggio, caviale e trippa a volontà.
L’interno della location? Quattro sale arredate in stili diversi con un comune denominatore: lo sfarzo.
Cremerie |
Aperto 365 giorni all’anno, tre coperti al giorno.
Dimenticavo: In un angolo incombe “minacciosa” una bellissima bilancia d’epoca. Meglio evitarla. Chapeau!
Vitigno antico |
Capire il Prosecco. Già l’invito ad una degustazione con questo titolo è stato stimolante. Ed ha assunto il livello di interessante nelle parole che lo hanno accompagnato.
“Siete sicuri di conoscerlo bene? Sapete la differenza tra Conegliano-Valdobbiadene DOCG e Prosecco DOC? Lo sapete che l’uva glera può essere spumantizzata anche con il metodo classico? Che esiste la versione nature con 0 zuccheri? Li avete mai assaggiati in queste versioni? Se conoscete tutto il mondo Prosecco state tranquillamente a casa. Altrimenti questo è il Banco d’Assaggio Blind Wine Tasting che vi farà ricredere sui tanti giudizi negativi e cancellerà altrettanti pregiudizi”
Secondo voi mi sono lasciato fuggire un’occasione simile?
Puntuale come un cadetto eccomi all’appuntamento del 10 settembre presso il Wine Corner del Ristorante Europa di Lido di Camaiore dove gli amici della Community Vino una Passione hanno dato vita a questo didattico incontro.
Sette bottiglie: risultato eccitante, allettante, provocatorio.
Un po’ di storia.
L'origine del Prosecco è molto antica e il suo vitigno di provenienza , il Glera , era già noto all'epoca degli antichi Romani che lo utilizzavano per produrre un particolare vino bianco denominato “Pucino”.
Le origini del nome Prosecco: tutto parte dal Comune Prosecco che si trova vicino a Trieste rivendicandone la paternità. Vero è che del vino Prosecco abbiamo la certezza della sua presenza, nella versione vino da pasto, nel territorio costituito dal triangolo Asolo-Conegliano-Valdobbiadene, fin del '500. Da vino da pasto a rifermentato in bottiglia (Prosecco con il fondo) per arrivare alla spumantizzazione con il metodo Charmat è risultato il percorso fino al ‘900.
Prosecco: vino
Vitigno: Il vitigno principale da cui si ottiene il Prosecco è il Glera, classificato come semi-aromatico; possono concorrere poi, fino ad un massimo del 15%, altri otto vitigni, dagli autoctoni Bianchetta, Perera, Verdiso, Glera lunga agli internazionali Chardonnay, Pinot bianco, Pinot grigio e Pinot nero.
Dal 2009, il mondo del Prosecco è costituito da tre diverse denominazioni: Prosecco DOC, Conegliano Valdobbiadene Prosecco DOCG e Asolo Prosecco DOCG.
Il Prosecco spumante nasce principalmente dal Metodo Charmat. Con questo metodo, che prevede la rifermentazione in grandi recipienti (autoclavi), si ottengono sia vini frizzanti, sia spumanti, a seconda della tipologia che le cantine scelgono di creare. Molto usato il Metodo Charmat “lungo” con permanenza in vasca fino a 12 mesi.
Negli ultimi anni si produce Prosecco Metodo Classico (rifermentazione in bottiglia) riducendo lo zucchero quasi a 0.
Uno dei vitigni |
Alcune aziende hanno riscoperto il metodo “ancestrale o Prosecco con il fondo” ovvero fermentazione del mosto e/o vino in bottiglia.
PIRAMIDE del PROSECCO
- Eccellenza cru Prosecco di Conegliano-Valdobbiadene Superiore di Cartizze DOCG Cartizze 107 ettari;
- Rive (Prosecco di Conegliano-Valdobbiadene Superiore DOCG) 43 micro aree dette "Rive" (frazioni/località di 12 comuni TV);
- Storico Prosecco di Conegliano-Valdobbiadene Superiore DOCG 15 comuni TV;
- Asolo Prosecco DOCG 19 comuni TV ;
- Prosecco sottozona trevigiana Prosecco di Treviso DOC 95 comuni TV;
- Prosecco interregionale Prosecco DOC 556 comuni, 9 province, 2 regioni (Friuli e Veneto).
Le classificazioni in riferimento al dosaggio zuccherino:
- Dry: oltre 18 g/l
- Extra Dry: da 12 a 17 g/l
- Brut: da 6 a 11 g/l
- Extra Brut da 0 a 5 g/l
Mappa albanese |
Sapevo di questo avvenimento da tempo ed attendevo l’invito da parte degli amici della Community Vino una Passione che non si è fatto attendere. Primo Banco d’Assaggio sui vini d’Albania dalle mie parti e non solo.
“Nel Wine Corner all’interno del Ristorante Europa, lungomare Europa 106, Lido di Camaiore. Degustazione: Blind Wine Tasting ”. SEI campioni provenienti da una terra vinicola sconosciuta dove, da sempre, si fa vino.
Di fronte ad un invito di questo genere, dove poter poi parlare di vini albanesi provenienti da diverse zone, l’occasione fa parte di quell’eventi da condividere, istruttivi, didattici, formativi.
Rinfreschiamoci la memoria.
I vini assaggiati |
Negli ultimi trent'anni, il settore vitivinicolo albanese ha assistito a una crescita lenta ma costante. La superficie vitata è passata dai 2.776 ettari nel 2010 ai 7.442 nel 2021 e 11.339 nel 2022!!!.
In quanto membro dell’OIV, l’Albania può avvalersi delle informazioni, della cooperazione e dei servizi offerti da una rete di circa mille esperti. Tale rete le ha consentito di partecipare a decisioni fondamentali relative all’evoluzione del settore e di esprimere le proprie posizioni.
Come detto nel 2022 l’Albania vantava una superficie vitata di 11.339 ettari, collocandosi, in base alle statistiche dell’OIV, rispettivamente al 41° e al 55° posto per produzione e consumo su scala mondiale.
La pratica vinicola ebbe origine nel territorio oltre duemila anni fa. Esistono testimonianze
Pulez |
della coltivazione e della produzione risalenti all’epoca degli Illiri. Si tratta di una tradizione che non ha conosciuto interruzioni nel corso della storia, tenuta viva durante l’Impero romano e bizantino. Anche sotto la dominazione ottomana, dimostratasi lungimirante visto il credo musulmano, la viticoltura sopravvisse. In epoche più recenti, la Seconda guerra mondiale e il successivo regime comunista, allontanarono i contadini dai campi coinvolgendoli in attività industriali e collettivistiche. Infine il graduale risveglio e la situazione dei giorni nostri.
Alcuni piccoli produttori si sono trasformati in vere e proprie aziende capaci di rispondere alle esigenze attuali non solo in termini quantitativi, ma anche dal punto di vista della qualità. Delle settanta case vinicole registrate in Albania oggi, oltre venti, sono aziende di medie/grandi dimensioni.
È stato inoltre avviato un percorso nella direzione di un allineamento con le leggi e le disposizioni dell’Unione Europea, culminato con l’approvazione in seno al Parlamento della nuova legge n. 86/2022 nell’ambito della viticoltura e del vino. L’obiettivo ultimo è quello di regolamentare il settore in maniera più efficace ed espandere le opportunità di esportazione per i produttori nazionali.
Il Banco in sintesi:
- Tre distretti di provenienza: Lezhe, Durres, Berat.
- Sette i vitigni interessati: Shesh i Bardhë, Ceruja, Pulez, Carmenere, Kallmet, Cabernet Sauvignon, Merlot.
Udha |
La degustazione in pillole:
DUKA Shesh i Bardhë, 2021. 13,5%, Inox. Il vino Shesh i Bardhë è prodotto dal vitigno autoctono albanese del vitigno Shesh i Bardhë, Nel Distretto Durrës, villaggio di Lalëz. Il processo di vinificazione è effettuato a temperatura controllata e l'intero sistema produttivo è certificato con la norma di sicurezza alimentare ISO 22000. Percorso in Inox. Ottimo, voto 88/100;
CERUJA, Uka Wines. 2018, 12,5%. Inox Il Ceruja Bianco della giovane cantina Uka è un vino più unico che raro, prodotto a base di uve provenienti da viti cresciute spontaneamente arrampicandosi agli alberi nei pressi della tenuta, senza alcun intervento umano. Questo vino ci riporta agli albori della viticoltura. Un vino della memoria e della tradizione che il giovane enologo Flori Uka, fondatore di Uka Wines, ha voluto realizzare per dar voce alla storia della viticoltura albanese. Le uve provengono da viti ultracentenarie, coltivate ancora a piede franco, La vendemmia si svolge ovviamente a mano e i grappoli sono sottoposti ad una criomacerazione di 24 ore prima di essere pressati in modo delicato. La fermentazione avviene in serbatoi d’acciaio inox a temperatura controllata. Prima dell’imbottigliamento, il vino matura per circa un anno in vasche d’acciaio. Si è presentato con un colore giallo paglierino luminoso e seducente, con un bouquet caratterizzato da aromi agrumati, di lime, pompelmo, di mela verde, frutta a polpa bianca, sfumature floreali e di erbe officinali. Limpido e leggermente aromatico ha regalato un sorso intenso e persistente terminando su sensazioni di grande freschezza. Ottimo, voto 89/100;
PULËZ, Uka Wines, 2018. 12,5%. Inox. Vino bianco prodotto a Berat da vitigno Pulëz, vendemmiato nel villaggio di Roshnik, considerata la sua zona di origine più antica. Anche questa è una vite cresciuta naturalmente sugli alberi. Questo vino si è presentato con un colore dorato chiaro, con sentori di frutta bianca matura e una grande struttura da invecchiamento. La regione vinicola di Berat vanta un'altitudine ideale per i vigneti, compresa tra i 300 e i 400 metri. La consistenza del terroir è costituita principalmente da terra nera. Il clima del vigneto corrisponde alle caratteristiche del clima mediterraneo. Il processo di raccolta e vinificazione è eseguito con cura per garantire la produzione di vini ottimi. Raccolta a mano da vecchie viti che si arrampicano con grazia sugli alberi, preservando il loro carattere e il loro gusto unici Viene impiegata una crio-macerazione di 48 ore, seguita da una pressatura soffice per estrarre delicatamente il mosto che viene poi sottoposto a precipitazione naturale in serbatoi di acciaio inox. La fermentazione controllata a freddo avviene per un periodo di 12-15 giorni, consentendo lo sviluppo olfattivo delicato. Ottimo, voto 88/100;
BELLO Carmenere, 2021. 13,5%. Jorgli Bello, Sukth, Perlat, Durrës. 100% Carmenere (di cui 30% in appassimento). Un vino rosso porpora, dalla consistenza morbida e avvolgente, con un aroma che ricorda il velluto. Si sono percepiti profumi di rosa, violette e more selvatiche, insieme a delicate note floreali. Inoltre, il breve periodo di affinamento in botte di quercia francese, ha conferito al vino le delicate sfumature di vaniglia e marmellata di frutti di bosco. La prima bottiglia di vino prodotta dalla Cantina Bello risale al 1977 per poi, dopo vari decenni di esperienza, dar luogo alla fondazione vera e propria della Cantina stessa, avvenuta ufficialmente nel 1994. Situata in una frazione di Durazzo, Perlat, ubicata in una zona collinare a 2 km di distanza dal mare che funge da ponte tra il litorale e la zona montuosa. I vitigni della Cantina Bello sono tutti certificati dai Vivai Cooperativi Rauscedo (VCR), un’azienda viticola all’avanguardia e leader del settore. I vitigni sono selezionati e piantati dopo un’accurata analisi del terreno il quale, grazie alla posizione geografica e al vento favorito dal mare, necessita di una minima quantità di trattamento fitosanitario. La superficie vitata è di circa 8/10 ettari. Una particolarità molto rilevante della Cantina riguarda la fermentazione, in quanto tutte le fermentazioni avvengono utilizzando il “Metodo Ganimede”, un metodo importato dall’Italia ed unico nel suo genere, utilizzato in Albania solo dalla Cantina Bello. Ottimo, voto 88/100;
KALLMETI 2020, Dal Villaggio Kallmet, Regione Lezhë. 14%. Kallmet è una zona prevalentemente collinare dove il campo Zadrima è in relazione in armonia con il monte Vela. Situato a 11 km dalla città di Lezha, a 18 km dalla costa di Shengjin e 55 km da Tirana. È conosciuta come un'area con un'antica tradizione di coltivazione della vite. L'azienda vinicola Kallmeti nasce nel 2006 grazie alla passione per il vino dei fratelli Gjini e al loro amore per la terra in cui vivono, nel cuore del loro luogo natale: Kallmet, da cui prende il nome l'uva. Dietro ai Fratelli Gjini c’è SEA, Studio Enologico Associato italiano, che ne cura la consulenza. Questo vino matura 10 mesi in contenitori di acciaio inox, poi 6 mesi in botti di rovere francese e 4-6 mesi in bottiglia prima dell'immissione sul mercato. Si è presentato con un rosso sanguigno, espresso e diversificato, dominato da profumi freschi tipici del vitigno, abbastanza tannico, pieno di corpo ed abbastanza equilibrato. Eccellente, voto 90/100;
Vino Bello |
Vigneti sopra gli alberi |
UDHA. Uka Winery. 2018, 13,5%. Inox. Cabernet Sauvignon, Merlot, Kallmet e Shesh i Zi. “Udha” è l’antico termine di “cammino”, il percorso immaginario che unisce tutti i viticoltori in un unico prodotto. Un assemblaggio di Cabernet Sauvignon, Merlot, Kallmet e Shesh i Zi, che vengono raccolti in diversi vigneti dell’Albania e vinificati separatamente. È un viaggio attraverso tutti i distretti che producono uva. Un vino rosso di ottima struttura che si adatta perfettamente ai piatti di carni rosse. In cantina, le uve vengono sottoposte ad un meticoloso processo di vinificazione. Viene impiegata una crio-macerazione di 48 ore, seguita da una pressatura soffice per estrarre delicatamente i mosti che vengono poi sottoposti a precipitazione naturale in serbatoi di acciaio inox, separatamente. La fermentazione controllata a freddo avviene per un periodo di 12-15 giorni, consentendo lo sviluppo di sapori delicati. Terminata la prima fase si procede all’assemblaggio in tini inox dove il vino riposa per qualche mese prima dell’imbottigliamento. L’Albania che cambia. Eccellente, 91/100.
Solo la Community Vino una Passione poteva coinvolgermi in una serata che resterà viva nella memoria degli appassionati wine lover. Chapeau!
Degustazione resa possibile da ME ZEMËR, negozio online di eccellenze enogastronomiche Made in Albania.
Il distretto della Rioja si estende lungo le rive del fiume Ebro. Si trova, insieme al distretto della Navarra, ai piedi dei Pirenei, quella catena di monti che separa la Spagna dalla Francia. Non solo.
Rioja e Navarra sono considerate le zone viticole dei Paesi Baschi.
La Rioja è larga circa 40 Km e lunga 100 Km. Il suo nome? Deriva da un affluente dell’Ebro, il Rio Oja.
Tre sono le sottozone che la contraddistinguono: Rioja Alta, Rioja Alavesa e Rioja Baja.
Clima continentale con terreni principalmente calcarei con venature di ardesia (Rioja Alavesa), argilla ferrosa, limo e sabbia (Rioja Baja).
Classificazioni diverse dal resto della Spagna: Sin crianza, con crianza, riserva, gran riserva, double pasta.
La Rioja. Panorama |
Produzione attestata sull’80% di vini rossi e il restante tra bianchi e spumanti (cava).
I vitigni Tempranillo, il più importante, seguito da Garnacha Tinta, Mazuelo, Graciano, il bianco Viura, la Garnacha Bianca e la Malvasia.
Ma non è di questo che desidero parlare, anche perché non scopro niente di nuovo. Tutti dati conosciuti.
Nel mio recente viaggio nella Rioja come sempre, prima di partire, ho fatto ricerche sulla Storia di questo distretto.
È vero che i resti fossili trovati risalgono al Terziario, che la vite risulterebbe coltivata sin dal 3000 a.C., che i Fenici approdarono in Spagna intorno all’anno 1000 a.C. ed infine i Romani che posero il controllo del vino su tutta la penisola iberica.
La fillossera della vite |
Si narra che il vino spagnolo fosse molto gradito a Roma tant’è che Columella ne riportò i pregi nel suo De re rustica.
Poi arrivarono i barbari, i vandali e i Mori (musulmani) che, per ignoranza o motivi legati alla religione, impedirono di fatto alla viticoltura di crescere.
Ed eccoci a parlare della notorietà della Rioja. Perché?
Tutti noi conosciamo la Philloxera vastatrx, l’afide devastante distruttore dei vigneti in Europa. Storicamente ci troviamo alla fine del 1800. L'attività di questo insetto, arrivato dalle Americhe, si mostrò particolarmente pernicioso e i danni che provocò furono molti: la sua puntura infatti generò tuberosità, delle voluminose escrescenze che alterarono, indebolirono fino a distruggere i vitigni, facilitando anche l'attacco di altri infestanti. Tutta l’Europa ne fu invasa e contagiata tranne qualche piccola enclave. Cito la Regione Puglia in Italia e la Rioja in Spagna.
Quando il territorio vitivinicolo di Bordeaux fu invaso da questo afide dovuto agli scambi commerciali, via mare, dall’allora importante porto sulla Garonne, diversi vignaioli bordolesi, persi i loro vigneti, si stabilirono nella vallata del fiume Ebro (Rioja e Navarra)dove appunto l’insetto non era arrivato.
Per non contaminare l’area non portarono nessuna talea con loro. Portarono però la loro conoscenza ed esperienza elevando in poco tem
Gli effetti della fillossera |
po ia viticoltura della Rioja.
Basti pensare che è stato il primo distretto spagnolo ad usare le tecniche di vinificazione bordolese con la fermentazione in tini e l’affinamento in barrique da 225 litri.
La fillossera, in un certo senso, alla base dei successi dei grandi rossi della Rioja. Chapeau!
Urano Cupisti
Insieme ad Alain Brumont |
C’è una parte della nuova regione Nuova Aquitania che, da sempre, è legata ad altra area di interesse storico, culturale e linguistico: la Guascogna. È la Francia Sud-Ovest compresa nel triangolo Fiume Garonne-Pirenei-Golfo di Biscaglia.
Nei secoli terra che ha forgiato persone che amavano comportarsi con spavalda fierezza, sfrontatezza al limite della millanteria boriosa. Un nome a caso? Charles de Batz de Castelmore, conte d'Artagnan, o semplicemente d'Artagnan.
Terra anche di vini che, sotto certi aspetti mostrano una fierezza tannica, una sfrontatezza e spavalderia legata a processi sorprendenti: i vini guasconi.
Nel distretto Armagnac non si producono solamente distillati. Vi sono denominazioni dove le tecniche di vinificazione hanno raggiunto lo status
Insieme a Jean Bernard |
dell’eccellenza: Côtes de Saint-Mon e Madiran.
Proprio quest’ultima area è stata oggetto di una mia recente e particolare visita alla ricerca delle origini del suo vitigno maggiormente rappresentativo: il Tannat.
Originario dei Paesi Baschi, in una zona al confine tra Francia e Spagna, portato successivamente nella piccola enclave intorno al villaggio di Madiran dove ne è divenuto la massima espressione. Vitigno che ha avuto fortuna anche al di fuori della Francia, soprattutto in Uruguay dove ha preso il nome di Harriague, Moustoun.
Vitigno vigoroso, con uve dal gusto astringente. Vino ch già dal nome fa pensare ad una tannicità importante.
Oggi nel Madiran si utilizzano tecnologie innovative quali la microssigenazione durante la fermentazione e tradizionalmente periodi più lunghi di maturazione in legno che, pur lasciando la tannicità marcata, predispongono i vini ad un maggior invecchiamento acquistando eleganza.
Ed a Madiran, quando parli di Tannat non puoi fare a meno di visitare Château Montus e Domaine Boucassé di proprietà di quel vigneron visionario e guascone che risponde al nome di Alain Brumont.
Più a sud, ai piedi dei Pirenei si trova un’altra zona di particolare bellezza dove si producono vere e proprie chicche: il Jurançon con i suoi vitigni Petit e Gros Manseng.
Nel cuore del Béarn, tra il Gave d'Oloron e il Gave de Pau, ho percorso la Strada dei Vini del Jurançon e delle sue cantine che hanno reso celebri questi prestigiosi vigneti. Un sali e scendi sulle colline pre-pirenaiche.
Barriccaia |
I vigneti si estendono per circa 1.000 ettari su pendii esposti a sud, tra i 300 e i 600 metri sul livello del mare, con un clima relativamente fresco. Le viti sono allevate a spalliera fino a due metri di altezza, in modo da proteggerle dalle gelate del terreno. La versione tradizionale di Jurançon, simile ai vini dolci di Sauternes, è un vino bianco concentrato e dolce ottenuto da uve stramature o appassite(passerille). Il vitigno Petit Manseng, è particolarmente adatto a questo scopo.
Il Jurançon Sec è stato classificato come denominazione separata nel 1975. Si tratta di una variante secca prodotta con le varietà Gros Manseng e Courbu Blanc.
Oggetto di particolare visita è stato Clos Lapeyre e un guascone più guascone di Jean Bernard non potevo trovarlo. Chapeau!
Urano Cupisti
Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.
Frammento n. 1 "GUSTO DI LUCE" (O GOÜTE DE LUMIÈRE) ne avete sentito parlare?
Quando l'esposizione alla luce distrugge i composti aromatici e rischia la doppia fermentazione, facendo sì che il vino assuma un odore sgradevole su sentori di cavolo cotto, cipolla e, nei casi più estremi, note che ricordano gli scarichi fognari. Tant’è che molti produttori che preferiscono il packaging trasparente per mettere in risalto una bottiglia o un'etichetta particolare, le avvolgono con apposite veline, trasparenti o dai colori tenui, concepite appositamente per proteggerle dai raggi UV. Del resto l’olio docet. Quindi prestare attenzione: assicurarsi che la bottiglia trasparente abbia la velina protettiva.
Frammento n. 2 IL CANALE DTC SEMPRE PIÙ STRATEGICO
Presso l’azienda bolgherese Campo alla Su8ghera, da tempo, vivono la nuova esperienza chiamata Tour& Tasting Digitalisation per consentire agli ospiti di immergersi nel paradigma della perfezione È infatti ora attivo un progetto a cui l’azienda ha lavorato a lungo e che prevede un’esperienza esclusiva ed innovativa di Realtà Virtuale: attraverso l’uso di visori di ultima generazione, i visitatori avranno la possibilità di immergersi nelle attività in vigna e in cantina e di vivere le fasi più delicate della vendemmia, quali la raccolta, la selezione dei grappoli e la caduta delle uve per gravità. E poi la vendita diretta .“Il visitatore si ritroverà in vigna durante la fase di raccolta manuale e di prima selezione dei grappoli, per poi continuare l’esperienza nella sala ricevimento uve, dove verranno svelati gli altri due step di selezione. Il tour digitale si concluderà in cantina dove si vedrà come le uve cadono per gravità nei tini di acciaio.” A completare l’esperienza si aggiungono una visita guidata “reale” della tenuta tra vigne, cantina di vinificazione e barricaia, la degustazione dei vini più pregiati dell’azienda e la vendita. Chapeau!
Frammento n. 3 IL PREMIO GAMBELLI A OVIDIO MUGNAINI
L'ambito Premio Gambelli 2024 al giovane enologo toscano Ovidio Mugnaini, responsabile tecnico dell'azienda La Sala del Torriano in Chianti Classico. Il riconoscimento, rivolto ad enologi under 40, che con i loro vini ripecchino al meglio la filosofia di Giulio Gambelli che promuoveva l'esaltazione delle tipicità di ogni vitigno, è stato consegnato giovedì 16 maggio a San Gimignano (Si) in occasione della seconda edizione di Regina Ribelle – Vernaccia di San Gimignano l’evento promosso dal Consorzio di Tutela della Vernaccia di San Gimignano Docg.
Frammento n. 4 CILIEGIOLO DI MAREMMA E D’ITALIA
La seconda edizione della kermesse sul Ciliegiolo, svoltasi a Sorano (Gr) il 16 e 17 giugno è stata un bel successo e ha portato alla Fortezza Orsini un pubblico variegato che ha potuto degustare diverse interpretazioni di questo vitigno. Presenti 33 aziende con i loro 57 ciliegioli in purezza. Chapeau!
Frammento n. 5 DISFRUTAR È IL MIGLIOR RISTORANTE AL MONDO
I 50 Best sono considerati gli Oscar della gastronomia e quest’anno hanno registrato il trionfo di Disfrutar di Barcellona del trio Oriol Castro, Eduard Xatruch e Mateu Casañas, il ristorante più votato dalla giuria dei 1.080 esperti. Malumore italiano; si pensa che molti chef si siano mossi poco e male, senza “promuoversi” adeguatamente con i critici internazionali che costituiscono la giuria. Di certo si nutre una certa speranza per l’anno prossimo, quando la cerimonia di premiazione di svolgerà in Italia, a Torino. Ecco la classifica dei migliori 5 ristoranti al mondo
Il primo degli italiani? 52esimo!
Osservo, scruto, assaggio e…penso.
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Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.
Frammento n. 1 Amphora Revolution a Verona
Per la prima volta un evento nazionale dedicato ai vini in anfora A Verona 7 e l’8 giugno alle Gallerie Mercatali. Una joint venture tra Merano Wine Festival e Vinitaly. Un evento dedicato ai migliori vini italiani fatti in anfora. L’obiettivo è il rilancio di una tecnica antica come una rivoluzione a sostegno della naturalità del prodotto e della sostenibilità, oltre a una sfida contro il cambiamento climatico. La prima referenza nazionale grazie alla presenza di produttori in anfora provenienti da tutto il territorio italiani che avranno l’obiettivo di raccontare queste tecniche enologiche antiche, ma incredibilmente attuali.
Frammento n. 2 Vini in fondo al mare. Una moda?
“Conchiglie, coralli e incrostazioni sul collo delle bottiglie e prezzi a dir poco generosi”. La si può pensare come si vuole ma una cosa è certa: il vino che ha riposato al buio degli abissi cambia sapore. Non è suggestione. Lo ha dimostrato l’assaggio delle Veuve Cliquot ritrovate nei fondali del Mar baltico. Un caso? Devo dire che rimango molto scettico anche perché tutti i successivi tentativi hanno dato risultati altalenanti. Profondità, mancanza di luce, temperature costanti le potenzialità acclamate dai sostenitori di questo metodo di affinamento. I costi però sono elevati e portano queste bottiglie ad uscire sul mercato solo per pochi. Ne vale la pena?
Frammento n. 3 Spostiamo più a Nord il Barolo.
"Spostiamo a Nord il Barolo": la proposta spacca il Consorzio (e non solo) 25 Mar 2024, 13:55 | a cura di Vittorio Ferla Di chi la colpa se non del solito cambiamento climatico che impone, come in questo caso, una riflessioni: eliminare il divieto di impiantare i vigneti nei versanti collinari esposti al Nord. Sappiamo che qualsiasi tentativo di modificare il disciplinare crea sempre tanta confusione ma, in questo caso, qualcuno sarebbe disposto. La tensione resta alta: alcuni produttori preferiscono tacere sulle loro preferenze per esprimersi direttamente nel segreto dell’urna alla prossima votazione (imminente) per il rinnovo delle cariche all’interno del Consorzio. La partita è tutt’altro che chiusa. Occhio, quindi, alle prossime elezioni consortili che potrebbero di fatto diventare una sorta di votazione anche sulla questione del disciplinare. O almeno anticiparne gli esiti.
Frammento n. 4 Rinasce un vecchio vino di Giacomo Tachis: Ceuso .
L’azienda Tonnino fa rinascere il Ceuso: “Dagli antichi appunti di Giacomo Tachis ridiamo vita a un grande vino” Così l’annuncio da parte dell’Azienda Tonnino, Il ri-nascituro: Ceuso. Una storia iniziata nel 1995: un blend di Nero d’Avola per il 50%, e la restante metà Cabernet Sauvignon e Merlot. Insomma: un bordolese con taglio siciliano di cui Tonnino produce 4mila bottiglie, destinate per la maggior parte al mercato internazionale, Stati Uniti in testa. Il vino di Tachis fu prodotto dal 1995 al 2012, poi lo stop. La sua seconda vita riprende nel 2020, contemporaneamente all’acquisto del Baglio Ceuso da parte di Antonio Tonnino.
Frammento n. 5 “Più padelle e meno stelle”
Il ritorno delle trattorie. Quasi tutte a livello familiare e la ricerca di una cucina territoriale. “Più padelle e meno stelle” coniato da Daniele Cernilli. Secondo il mio parere servono tutte e due: padelle della nonna e le stelle della “guida rossa”. Da Maria, da Giuseppe, da Francesco, il nome che attira o richiami dialettali come da mi pa’, da mi ma’, oste della malora, tutti ad indicare una cucina che fa della genuinità la caratteristica dominante. Affidabilità, organizzazione, accuratezza per gli “stellati”, in cui sapori e innovazione si sposano a meraviglia. Più padelle e meno stelle?
Osservo, scruto, assaggio e…penso. (urano cupisti)
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Champagne |
Quanti sono i vitigni allevati nella Champagne e quali sono? Dove li troviamo? La loro storia.
Pinot Meunier |
Se ponete la domanda “quanti vitigni vengono allevati nella Champagne, la stragrande maggioranza di persone risponderanno: TRE, Pinot Noir, Pinot Meunier, Chardonnay.
In pochi aggiungeranno Pinot Blanc ed Arbanne. In pochissimi aggiungeranno il Fromenteau (Pinot Gris) e Petit Meslier.
Drappier Quattruor |
Basta calpestare le vigne da est ad ovest, da nord a sud, nei 23 territori sparpagliati raggruppati in 4 macro-aree:
Petit Meslier e Arbane |
Ed ascoltare i vignerons parlare, oltre di Pinot Noir, Pinot Meunier e Chardonnay, di:
Gli ultimi due chiamati anche uve fantasma per la rarità.
Ed eccoci arrivati a 9 vitigni. Bisogna ricordare che il territorio della Champagne in epoche passate possedeva numerose varietà d’uva. Si contavano un’ottantina di vitigni. Ne ricordiamo qualcuno conosciuto ed altri un po’ meno? Gouais, Gamay, Morillon ecc…
La revisione del disciplinare, parliamo del 2009/2010, finalmente riammise a pieno titolo i sei vitigni ricordati. Maison importanti come Drappier, Laherte Frères, Agrapart, Aspasie, Aubry e diversi Recoltant piccoli hanno sperimentato e stanno sperimentando, sia in assemblaggio che in purezza, il vitigno Arbanne, il Pinot Blanc, il Petit Meslier e il Pinot Gris.
Devo dire che negli assaggi, anche recenti, mi è sembrato di recepire un’originalità ed una distinzione sensibile.
Fromentau |
Il Pinot Blanc nella Champagne è conosciuto anche con il vecchio nome di Enfumé e Blanc Vrai (Vero Bianco). Utilizzato nelle cuvée grazie al suo apporto di “morbidezza”;
L’Arbanne, ritenut
Pinot Blanc |
o particolarmente ostico necessita di terreni collinari con pendii ben esposti in quanto varietà che matura tardivamente. Negli ultimi tempi è il vitigno sotto osservazione visto i cambiamenti climatici. Lo si trovava solo nell’Aube; oggi è coltivato anche nella Vallée de l’Ardre;
Il Petit Meslier è frutto dell’incrocio di due varietà: Gouias Blanc e Savagnin. Contrariamente all’Arbanne matura precocemente ma riesce a mantenere un elevato livello di acidità;
Il Pinot Gris in Champagne è conosciuto anche come Fromenteau. Le sue origino sono riconducibili alla Borgogna. I suoi vin clair, i vini che hanno completato la prima fermentazione e pronti per essere assemblati con altri vini prima di iniziare la seconda fermentazione, risultano profumati e speziati oltre misura. Trova spazio solo in particolari assemblage;
Infine il Pinot Juillet e il Pinot Rosé che tutt’oggi rimangono delle vere e proprie rarità. Qualcuno le ha descritte come un “pizzico di sale nel dessert per rendere saporito un ricordo primordiale” (Roberto Bellini).
Le varietà “dimenticate” ed oggi ritrovate rappresentano circa il 10% dell’intera produzione.
Per alcuni, questi vitigni simboleggiano un patrimonio viticolo da preservare mentre per altri rimangono varietà dimenticate a ragion veduta. Non sono d’accordo. Personalmente preferisco non dimenticare, anzi.
Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.
Frammento n. 1 Mazzalùa, Alcohol Free Sparkling.
Mazzalùa, il primo perlage analcolico prodotto in Italia con aceti naturalmente invecchiati e mosto d’uva. Fenomeno che fa riflettere. Mazzalùa nasce per soddisfare “palati desiderosi di assaporare un prodotto fresco, gradevole, raffinato e spumeggiante, senza preoccuparsi del suo tenore alcolico”. Un ricordo legato a qualche secolo fa quando nell’antica Roma si beveva bevande a base di aceto perfezionata da miscele di erbe aromatiche e spezie. Ai posteri l’ardua sentenza.
Frammento n. 2 Barolo e Barbaresco, modifiche al disciplinare.
Cinque le proposte suggerite dal Consorzio di tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani per modificare il disciplinare. La limitazione della zona di imbottigliamento, l'interscambiabilità e reciprocità per la vinificazione e imbottigliamento, l'autorizzazione a piantare vigne di Nebbiolo a Barolo e Barbaresco nei versanti collinari esposti al nord, l'aggiunta delle menzioni comunali per la denominazione Barbaresco, utilizzo di grandi formati superiori ai 6 litri. "Piantare Nebbiolo a nord? Oh, mamma mia”. Una vera e propria dichiarazione di guerra.
Frammento n. 3 Al ristorante su tavole nude e senza tovaglie.
Il fenomeno nella ristorazione: la scomparsa della tovaglia sostituita, quando va bene, da striscioline di stoffa misere solo a vedersi: i runner. E le festaiole tovaglie a quadri colorate di rosso e blu delle osterie? Un ricordo. Si invocano problemi funzionali, economici, di rapidità e di efficienza, di estetica e di chissà quale credenza politica. NO. Solo moda dettata dal ribaltare le tradizioni. C’è solo attendere perché, come si suol dire:” Ma le mode, per fortuna, passano di moda”.
Frammento n. 4 Roteare un calice di champagne: delitto da condannare.
Quante volte accade di vedere nei ristoranti, nei wine bar, tra amici, roteare i calici con dentro uno spumante? L’esperto ci ricorda:” I moti vorticosi comportano una veloce dispersione dell’anidride carbonica e, di conseguenza, una considerevole perdita di effervescenza. Non solo: le macromolecole di aromi e sapori portati in superficie dopo la mescita (si chiama “Spinta di Archimede”) rischiano di “precipitare” nella soluzione liquida compromettendo tutta l’esperienza olfattiva, retro-olfattiva e, soprattutto, gustativa”. Aggiungo, assumendomi la responsabilità di quanto diffondo:”Solo in un caso è ammesso farlo: ai banchi di degustazione. Valutare prima la carbonica e poi roteare per capire meglio l’aspetto olfattivo, tattile e gustativo”. A tavola. al contrario di quanto accade con i vini fermi, un calice contenente perlage (qualunque siano) non va mai, mai, mai, roteato.
Frammento n. 5 Roberto Rondelli e il Rossese di Dolceacqua.
Roja è una valle del comprensorio del comune di Ventimiglia a pochi chilometri dal confine francese. Qui, Roberto Rondelli iniziò a recuperare le piccole vigne del nonno. Vermentino, Pigato ed in particolare Rossese di Dolceacqua. Anni di gavetta che hanno portato nel 2022 a produrre il Roja, Rossese di Dolceacqua Superiore Doc in solo 900 bottiglie. Per Roberto, il Roja “è la sintesi del mio percorso come vignaiolo. Un vino pensato per avere una grande propensione all’invecchiamento, coniugando struttura e armonia. La base tannica è importante ma setosa, ho estratto la bellezza del Rossese, il secondo livello alcolico abbastanza elevato e le dolcezze avvolgenti fanno tendere verso una interminabile profondità”.
Osservo, scruto, assaggio e…penso. (urano cupisti)
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Se lo sono domandati in diversi, rappresentanti di Enti culturali, Gruppi di lavoro, Associazioni del territorio, docenti universitari e titolari di aziende vitivinicole. Riuniti nella sala del Consiglio comunale di Abetone-Cutigliano, sull’Appennino pistoiese sotto la supervisione del GAL (Gruppo di Azione Locale) Montagnappennino.
Un momento dell'incontro |
Quest’ultima è una società consortile a responsabilità limitata senza scopi di lucro, formata da soggetti pubblici e privati delle province di Lucca e Pistoia, di recente costituzione, che indirizza le proprie iniziative al sostegno, alla promozione e attuazione delle politiche di sviluppo rurale.
“Viticoltura definita eroica, sicuramente di frontiera, che diventa uno sguardo sul futuro a causa del cambiamento climatico che sta causando una vera migrazione dei vitigni in alta collina o montagna”
Palazzo dei Capitani a Cutigliano (Pt) |
In altura sta nascendo il vino di domani vista la presenza sempre più numerosa di realtà viticole che fanno viticoltura di montagna nell’area montana pistoiese, nella Media Valle del fiume Serchio, in Garfagnana e nel Parco delle Alpi Apuane.
Da qui l’incontro per un confronto a 360° tra accademie, istituzioni ed aziende. Da qui la programmazione del Gal per proporre quelle risorse necessarie per raggiungere determinati traguardi.
Anche perché, con apposita delibera regionale, è stata approvata la Strategia Integrata di Sviluppo Locale (SISL) e il relativo piano finanziario che prevede finanziamenti, per un totale di oltre 6.000.000 €, a sostegno di interventi di privati ed Enti Pubblici.
“Nel nostro percorso di ascolto – ha precisato la Dott.ssa Marina Lauri, presidente GAL- abbiamo visto che i territori stanno cambiando e noi dobbiamo stare al passo per usare efficacemente le risorse che possiamo dare”.
La montagna non può vivere di solo turismo. Una spinta eno-gastronomica può essere il volano per una ripopolazione della montagna e il suo sviluppo.
La volontà e la tenacia di alcuni produttori che hanno dato vita ad attività finora impensabili, rappresentano l’apripista per chi vuole investire su questi specifici territori. Aggiungo che le iniziative ricoprono una rilevanza notevole certificata dalla più antica accademia agraria del mondo, quella dei Georgofili.
A rappresentare l’Accademia il Prof. Carlo Chiostri che ha ricordato quanto le prospettive, a seguito dei cambiamenti climatici, impongono scelte indirizzate alla viticoltura solo in montagna.
La platea |
“C’è un’esigenza in tutto il settore agrario che deriva dal cambiamento climatico – spiega il Dott. Paolo Storchi del Crea (Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’economia in Agraria) – Per eccesso di temperature si hanno sempre più fenomeni di appassimento e a più rilevanti altitudini troviamo maggiore concentrazione di composti aromatici”. E l’interventi di alcuni produttori altro non hanno fatto che avvalorare la tesi.
“C’è grande richiesta di droni e robot per la viticoltura eroica” ha aggiunto il Prof. Marco Vieri dell’Università di Firenze.
La voce dei pionieri della viticoltura di montagna esistente è stata affidata all’enologo Andrea Elmi che ha ricordato la “sua pazzia” datata 2013 (che tra l’altro ho seguito passo dopo passo).
“La mia è un’azienda nata nel 2013, nel bel mez
Vini assaggiati |
zo del Parco Alpi Apuane, in località La Foce, nel comune di Careggine. Il progetto principale è stato quello di iniziare a coltivare Riesling renano sopra i mille metri. Le prime tre vendemmie sono servite per correggere la produzione e per arrivare alle ultime cinque annate commercializzate; tre in vendita e due ancora in affinamento”. Con un buon successo, aggiungo.
I numeri recenti parlano, per l’azienda Maestà della Formica, di una produzione di circa quindicimila bottiglie all’anno. “Certo l’uso dei droni porterebbe un bel sollievo e un risparmio sulla manodopera”.
Qualcuno ha scritto che a volte nei posti piccoli la vita diventa più grande perché la lontananza dalla confusione del mondo apre al richiamo del cuore.
Mentre seguo il dibattito mi sovvien un detto sul vino di montagna: “I vecchi dei paesi di montagna quando vedevano arrivare le nubi, che di solito portano il tempaccio, dicevano: da queste parti non scendono buone nemmeno le nuvole, figurati fare vino”. Come sono cambiati i tempi!
Urano Cupisti
Prima di andare al Vinitaly ha visitato le cantine galluresi
Sassari Da quattro decenni Shigeru Hayashi è la voce del vino italiano in Giappone. Ambasciatore dei nettari tricolore, dagli anni Ottanta tesse culture e calici con antica gentilezza. Nel 1995 diventa il primo sommelier giapponese riconosciuto dall’associazione italiana sommelier. Presidente di Eataly Japan, dal 2005 con la sua azienda di consulenza “Solo Italia” fa da ponte tra i produttori italiani e il mercato del Sol levante. Ospite del Vinitaly, di cui è affezionato frequentatore da 27 anni, ha scelto il nord Sardegna per una indagine sui vini sardi. Base di studio per un libro in cui calici e cibo locale diventano sapori complementari. A supportare il tour del guru del vino tra le star enologiche di Gallura, la Sardinia Yacht service, da 20 anni attenta alla promozione del territorio e alla valorizzazione delle eccellenze locali.
È appena rientrato dal Vinitaly. Come le è sembrata questa edizione?
«Partecipo al Vinitaly ormai da 27 anni. Credo sia un importante punto di incontro per i produttori, ma anche per i giornalisti del settore. Per me che vengo dal Giappone un’occasione unica per visitare tante cantine in così poco tempo. In quattro giorni ho avuto contatti con almeno 40 produttori. Posso dire che il livello e la qualità del vino italiano è sicuramente molto alto. Rispetto al passato anche le nuove aziende riescono a fare un prodotto buono. Diciamo che oggi il vino lo può produrre anche un bambino. Ciò che è importante è comunicare bene il prodotto. Oggi il marketing fa davvero la differenza. Non dico che sia tutto perché non è così, ma ogni produttore deve avere ben chiaro l’obiettivo, il target di riferimento, il messaggio che vuole trasmettere e il canale attraverso cui distribuirlo. Non può funzionare il ragionamento: abbiamo della terra, facciamo del vino».
Qual è il rapporto tra il Giappone e il vino italiano?
«Con una esperienza di 42 anni come ristoratore, importatore e venditore oltre che come giornalista, conosco molto bene il business del vino tra i due paesi. In Giappone ancora oggi quasi il 50% dei vini importati è francese, quelli italiani si attestano tra il 19-20%. Questo è dovuto in parte a motivi storici. La Francia ha cominciato a esportare il vino più 200 anni fa, l’Italia è partita in ritardo, diciamo negli anni Ottanta. Ma soprattutto i francesi hanno una grande capacità di spiegare i loro prodotti, oltre che presentarsi con una immagine unitaria di vini e territori, che ne rendono più semplice la comprensione. Il mondo del vino in Italia è molto individualista. Ognuno fa qualcosa, ma non si riesce a costruire un unico brand italiano. Io credo che l’Italia debba imparare a promuovere il vino insieme alle sue eccellenze come il cibo, famoso in tutto il mondo, e la moda. Messaggi chiari, pubblico mirato, brand unico».
Deve quindi essere ancora più complicato parlare di vini sardi in Giappone.
«Esattamente. Come Giappone, paese fuori dall’Europa, non abbiamo emigrati italiani, quindi ancora oggi è molto difficile spiegare dove sia la Sardegna. Potrebbe essere in Spagna come in Francia, geograficamente non sanno localizzarla. Conoscono invece la Sicilia, famosa per la mafia. La Costa Smeralda. Ma dove sia la Sardegna, quali siano i suoi vini e i suoi formaggi non lo sa quasi nessuno».
Per questo ha deciso di colmare questo vuoto di conoscenza scrivendo un libro?
«Per adesso sto studiando le cantine sarde. Come ho fatto in passato con altri miei libri i vini saranno abbinati al cibo locale. In passato sono venuto in Sardegna, ho visitato grandi cantine come Capichera e Sella&Mosca, l’area di Cagliari. La scorsa settimana ho visitato nove cantine nel nord Sardegna. In autunno tornerò e andrò nel nuorese. Il libro che intendo scrivere sarà di itinerari di vino, cibo, storia, curiosità. Perché è importante incuriosire il popolo giapponese e creare interesse. Ma per farlo bisogna trovare dettagli che catturino l’attenzione. Ad esempio sulla bottarga. Abbiamo un prodotto simile in Giappone che chiamiamo karasumi. La lavorazione è stata importata dai portoghesi 500 anni fa».
Qual è la difficoltà nel vendere i vini sardi in Giappone?
«Oltre al non sapere dove viene prodotto, il vino sardo è difficile da spiegare al popolo giapponese, che ama le cose semplici. Se parliamo ad esempio di cannonau si deve scegliere quale si vuole proporre: superiore, riserva. Se diciamo barolo, quello è unico, si capisce facilmente. Il cannonau è invece complesso. Bisognerebbe puntare su due vini sardi, rappresentativi dei territori, un po’ come fanno i francesi. E spiegarne bene le qualità. Facendo i giusti abbinamenti con il cibo».
Per gentile concessione della testata “La nuovasardegna.it”
Gomma arabica |
“La gomma arabica è un ottimo stabilizzante e aiuta ad evitare nei vini: precipitazione di sostanze coloranti, di microcristalli di scaglie. Apporta anche rotondità e riduce l'astringenza nei vini rossi”.
Così mi fu detto durante una delle lezioni di quel Corso frequentato qualche lustro fa.
Ed ancora: “La gomma arabica è un colloide protettivo che si oppone alla precipitazione delle particelle in sospensione. Un vino torbido addizionato di gomma arabica difficilmente può essere chiarificato perché rende molto difficile la filtrazione. La gomma arabica va quindi utilizzata su vini appassiti: stabilizzati, affinati e limpidi”. Insegnamenti da far rabbrividire i seguaci dei vini naturali e vegani.
Facciamo un po’ di chiarezza e ricordiamo che la gomma arabica è una delle sostanze responsabili della struttura del vino avendo la capacità di arrotondarne il sapore impartendogli una sensazione di morbidezza.
Quando mettere la gomma arabica nel vino?
Morbidezza nel vino |
La scelta del prodotto deve essere fatta in base alle esigenze dell'enologo. L'aggiunta di gomma arabica in un vino va fatta prima dell'imbottigliamento,
Gli stabilizzanti consentono di preservare al meglio le caratteristiche chimico-fisiche e organolettiche dei vini. Per questo il loro utilizzo è fondamentale, specie nella fase di pre-imbottigliamento.
“La morbidezza del vino è una sensazione vellutata che ci fa percepire il vino come morbido al palato”.
Aggiungo che la morbidezza in un vino viene normalmente accompagnata dalla struttura, ossia da una corposità dovuta alla ricchezza in sostanze ed estratti e all’alcolicità, che determina una sensazione di calore che sappiamo manifestarsi nel cavo orale.
La morbidezza è dunque una componente sensoriale molto importante nel vino, fondamentale per il suo equilibrio
“ A parte il glicerolo, le sensazioni “rotonde” possono essere facilmente ottenute in cantina mediante l’aggiunta di additivi, tra i quali il più celebre è certamente la gomma arabica. Inoltre non dimentichiamo la cosiddetta fermentazione malolattica”.
Grazie caro amico enologo di questo tuo apporto per fare chiarezza.
Soluzione di gomma arabica |
A proposito: quando i cosiddetti docenti smetteranno d’insegnare che la malolattica nel vino rappresenta la seconda fermentazione? Forse non sarebbe meglio educare le masse di futuri sommeliers che trattasi di “conversione batterica”?
Ritorniamo al Vin Gommée.
“L’effetto della morbidezza dei vini continua anche con l’affinamento in piccole botti di legno, le barriques. Infatti, durante questo passaggio, come conseguenza della lenta ossidazione provocata dall’ingresso dell’aria attraverso i pori delle doghe e del tempo trascorso nelle botti, il carattere aggressivo e astringente delle sostanze polifenoliche si “arrotonda” con la polimerizzazione dei tannini e il vino acquista un carattere più “morbido“. (fonte Quattrocalici)
Se poi otteniamo dei capolavori enoici che delizieranno i nostri palati alla beva, qualche domanda su come siano stati ottenuti ce la dobbiamo fare.
Urano Cupisti
Champagne metodo solera |
Un certo Monsieur Roland de Calonne, ex direttore generale della Maison Ruinart, ebbe a dire: ” Lo champagne è la cultura della distinzione”.
Ci sono voluti ben 28 (ventotto) viaggi nella champagne per capire il vero significato di questa esclamazione.
Distinzione come nozione di raffinatezza e di una certa concezione della vita. Non banale privilegio né segno di snobbismo.
Insieme a Charles Beaudoin-Latrompette |
Lo champagne, con il tempo, “diventa il compagno naturale e ideale di una vita con un senso diverso, imbevuta di una dimensione poetica, creatrice, un’opera d’arte” (Samuel Cogliati)
Perché scegliamo lo champagne? Perché beviamo champagne? Perché degustiamo champagne? Perché celebriamo lo champagne? Domande banali? Non ne sono sicuro.
Da quando sono attratto da questo vino, nelle mie continue ricerche per dare risposte ai quesiti, ho sentito e letto molta retorica alimentata vuoi da interessi economici, vuoi per magica e irresistibile attrazione.
Leggende miste a storie, aneddoti legati a questo o quel personaggio nobile, che rendono alla fine questo vino, UNICO.
Il coinvolgimento dovuto alle domande poste è alla base delle mie continue ricerche. Qualcuno ha scritto: ”L’innamoramento si nutre di ideali”. L’amore però ha bisogno di realtà e mette criticamente in discussione la possibilità di giungere ad una definizione assoluta e definitiva. Ed io su e giù per colline e valli alla ricerca delle risposte.
La Champagne non è più “regione”. La Legge del 2016 ne ha sancito ufficialmente la fine conglobandola nella Regione Grand Est. Complessivamente l’intero territorio è diviso in cinque dipartimenti: La Marna, l’Aube, l’Haute-Marne, l’Ardenne e lo Yonne. La parte vitivinicola, circa un terzo dell’intera estensione territoriale, è divisa in quattro grandi settori eterogenei: La Montagne de Reims, la Vallée de la Marne, la Côte des Blancs, l’Aube. A sua volta i quattro grandi settori annoverano ben 17 (diciassette) settori omogenei. E la conoscenza di quest’ultimi è già una risposta.
Insieme a Maxime Mansard |
Li conosco tutti? Li ho calpestati tutti? Credo proprio di no. Sono sulla buona strada.
La Champagne |
In quest’ultimo viaggio ho scoperto il Monts de Berru (370 ha), piccolo settore isolato ad est di Reims. Le vigne sono adagiate su un declivio gessoso che culmina a 150 metri di altitudine, perso nel mezzo della pianura cerealicola. Pinot Noir, Pinot Meunier e Chardonnay i vitigni presenti ed allevati.
Qui ho visitato Beaudouin-Latrompette, a Nogent-L’Abbesse. Récoltant Coopérateur (RC), vignaiolo socio di una cooperativa cui ha conferito le uve e che ritira le bottiglie ad elaborazione conclusa. Prevede diversi interventi prima del dégorgemant. In tutto il territorio della champagne vitivinicola i RC sono circa 3.000.
Altra scoperta quella parte della Vallée de la Marne, rive gauche (2.450 ettari). Ho scelto quella zona che corre lungo il fiumiciattolo Le Flogot (affluente di sinistra de La Marne), limitatamente alla frazione Cersuil del Comune Mareuil-le-Port.
Qui ho visitato la Maison Mansard Gilles. Storia di famiglia iniziata nel 1901. Oggi sono i fratelli Maxime e Vincent a condurrla, gestendo la proprietà composta da 24 ettari di vigne in questo piccolo anfiteatro intorno al paese. RM, Récoltant Manipulant, ovvero vignaioli coltivatori dei propri vigneti nonché elaboratori e commercianti del proprio vino. Nella Champagne sono circa 2.200 e rappresentano il 40% degli operatori champenoise.
Nel mio tour non potevano mancare le consuete visite agli “amici” di sempre, alcuni dei quali lo sono dal mio primo tour.
- Diogène Tissier, Maison a Chavot-Courcourt, nel settore vinicolo della Côte-Sud d’Épernay, là dove la piccola Église Saint-Martin, spesso fotografata come simbolo della Champagne, risulta come “immersa nelle vigne” per la sua splendida posizione. NM, Négociant Manipulant ricordata anche come Maison de Négoce per l’opportunità di acquistare uve indispensabili per avviare il processo produttivo. Vincent, attuale proprietario insieme alla moglie Nathalie infatti raccolgono uve dal piccolo distretto della Côte de Sézanne. I négociant sono 262 e il 10% di loro controlla metà del mercato;
- Aspasie, Maison posta nella Vallée de l’Ardre, nel piccolo paesino di Brouillet scoperta alcuni anni fa a seguito della degustazione di una bottiglia particolare: Cépages d’Antan, elaborata a partire da tre vitigni a bacca bianca molto rari. Arbanne, Petit Meslier Pinot Blanc dette “uve fantasma” proprio per la loro rarità. Paul-Vincent Ariston (RM) ne rappresenta la quinta generazione ed amministra circa 15 ettari di vigneti;
- Delouvin-Nowack. Maison posta a Vandières nel distretto Vallée de La Marne, rive droite. Ben 10 generazioni tra conferitori e produttori di champagne nel primo anfiteatro posto sulla riva destra del grande fiume. Nei sette ettari intorno al villaggio domina il Pinot Meunier se pur si vinifica anche lo Chardonnay e Pinot Noir se pur ritenuti da Geoffrey, talentuoso conduttore della Maison, atipici per il terroir di
I coniugi Tissier |
provenienza. Con lui ho parlato a lungo del metodo Solera, meglio dire l’Art de la Réserve Perpétuelle. Fu il padre di Geoffrey, nel 1992, a decidere di riunire l’insieme dei suoi vini di riserva, solo Pinot Meunier, nella sua nuova cantina. Un affinamento costante arricchito anno dopo anno. Oggi 25.000 bottiglie di Meunier Perpétuel sono prodotti con l’aggiunta dell’ultimo millesimo.
Chiudo queste mie riflessioni dopo il ventottesimo tour nella Champagne con le parole di Roberto Bellini, (Champagne e Champagnes, Bibenda editore): ”Lo Champagne è autentica seduzione, è la purissima parte intellettuale del quotidiano dispensatore d’emozioni. È il simbolo mistico divenuto laico”. Chapeau!
Tour effettuato nel mese di Ottobre 2023