
L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni. |
Questa strana voglia di vivere" di Veronica Liberale è stato selezionato per il “Concorso Idee nello Spazio”, Domenica 10 luglio h 21 ed è stato in scena al Teatro Lo Spazio con un piccolo estratto, per una serata di corti teatrali e scambi di idee in movimento tra compagnie teatrali
Siamo negli anni '60. I fratelli Cristina e Salvatore lasciano la loro casa in un piccolo paese siciliano per recarsi in Svizzera e ricongiungersi con Giuseppe, un altro fratello emigrato da tempo. La speranza è quella di trovare un lavoro ed una situazione migliore Sul treno i di vita.
due incontreranno uno scrittore ed un'aspirante attrice. Filo conduttore sarà il capotreno, una sorta di voce fuoricampo in carne ed ossa, onnipresente, che racconta le storie di persone mentre queste le trasporta con il loro carico carico di speranze e sogni verso un destino, si spera, migliore. Il “treno della speranza” è un simbolo dai forti connotati umani, e serve a ricongiungere le persone ai loro affetti. Rappresenta una sottile linea immaginaria che unisce un'Italia eterogenea ottimamente rappresentata dai personaggi creati da Veronica che, grazie alla sua magica penna, si tramuta in una Parca, in una Moira, giocando e intrecciando i loro destini in questo viaggio verso un destino misterioso. Un viaggio peraltro introspettivo, volto a scoprire gli animi ei sentimenti dei viaggiatori, che svelano prima il loro lato esteriore, duro o sulla difensiva, poi le loro paure ei dubbi, infine ci regalano il loro lato migliore e più umano. Tutto a ridosso della storia che raccontano e vivono, uno spaccato difficoltà di molti italiani in quegli anni, nella difficile ricerca di una stabilità economica. Dunque un racconto sull' emigrazione che ha interessato la nostra cara penisola negli anni '60. Veronica ci regala una perla, un gioiello teatrale in grado di farci vivere in maniera realistica questa tragedia attraverso i suoi personaggi, usando la sua dolcezza in maniera commovente, ma sempre strappando un sorriso e facendo capolino ad una speranza nascosta dietro l'angolo. Fa vivere i suoi personaggi che irrompono dalla quarta parete nella stessa platea, facendoli scendere in alcune occasioni dal palco per farceli sentire e vivere. poi le loro paure ei dubbi, infine ci regalano il loro lato migliore e più umano. Tutto a ridosso della storia che raccontano e vivono, uno spaccato difficoltà di molti italiani in quegli anni, nella difficile ricerca di una stabilità economica. Dunque un racconto sull' emigrazione che ha interessato la nostra cara penisola negli anni '60. Veronica ci regala una perla, un gioiello teatrale in grado di farci vivere in maniera realistica questa tragedia attraverso i suoi personaggi, usando la sua dolcezza in maniera commovente, ma sempre strappando un sorriso e facendo capolino ad una speranza nascosta dietro l'angolo. Fa vivere i suoi personaggi che irrompono dalla quarta parete nella stessa platea, facendoli scendere in alcune occasioni dal palco per farceli sentire e vivere. poi le loro paure ei dubbi, infine ci regalano il loro lato migliore e più umano. Tutto a ridosso della storia che raccontano e vivono, uno spaccato difficoltà di molti italiani in quegli anni, nella difficile ricerca di una stabilità economica. Dunque un racconto sull' emigrazione che ha interessato la nostra cara penisola negli anni '60. 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Quello del 20 luglio sarà un estratto, non so quali e quante scene verranno proposte ma nello spettacolo completo troveremo vari personaggi. Quella che descrivo è la replica che vidi io tempo fa con gli attori che troverete di seguito.
Il ferroviere romanaccio (Fabrizio Catarci), una sorta di romantico traghettatore di queste anime semplici e al contempo una guida narrante, che accompagna verso il destino ignoto queste persone, raccontandole. È lui che spezza armoniosamente le varie scene, con delicatezza e un umorismo tutti capitolini. È l’unico personaggio non “accoppiato”, ma che si amalgama bene con gli altri. Una figura a tratti nostalgica, l’unica che pare conoscere il suo destino, quello di trasportatore di anime e di venditore di sogni. Di fondo una persona sola che però è insostituibile collante. Salvatore (Guido Goitre) è perfetto nel suo ruolo, racchiude e rappresenta il siciliano perfetto: rigido e spigoloso, geloso della sorella ma al contempo timido, introverso, sensibile e sognatore, che svela man mano la sua bellissima dicotomia caratteriale. Il suo accento siculo, gli atteggiamenti, ma soprattutto lo sguardo sognante e le sue pause di riflessione sono eccezionali e donano al personaggio una bellissima profondità. Gabriele o Mattia Pascal, (anche qui la scelta dello pseudonimo pirandelliano è azzeccatissimo), come si presenta lo scrittore (Alessandro Moser), crea quello scontro ed incontro di culture, la sua e quella dei due fratelli siciliani. La preparazione intellettuale dello scrittore, con il suo parlare in un corretto italiano mette in crisi i due isolani teneramente ignoranti. Le due culture stridono amabilmente tra loro e si fondono insieme in un dolce connubio di contrari. Ma lo scrittore poi non è così lontano da loro, mai altezzoso, scende volentieri a compromessi con i fratelli; abbandonando il suo status di persona colta, si relaziona volentieri con loro e soprattutto con la bella sorella di cui si infatua e dalla quale è ricambiato. L’attrice imberbe è una ragazza romana di nome Carla (Camilla Bianchini), dal pesante accento romanesco, bello e mai volgare che strizza abilmente l’occhio alla parlata trasteverina di quel periodo. Lei è piena di sogni e speranze di successo. Camilla ben veste i panni di questa ragazza ammaliata da un possibile successo, che però è ancora troppo giovane per capire la vita e per non cadere preda dei suoi crudeli compromessi. La ragazza farà breccia nel cuore di Salvatore, mentre lei troverà in lui quella dolcezza che evidentemente ancora non ha incontrato nel suo mondo di illusioni. Cristina (Veronica Liberale), anche lei come Guido, sembra si sia materializzata dal passato. Insieme sono fantastici, realistici, veraci. Veronica sulla scena indossa uno scialle che le ha lasciato la nonna siciliana e con quello sembra entrare in sublime contatto con lei e con i suoi gesti, riuscendo a trasformarsi in una vera donna del sud della seconda metà del Novecento, davvero credibile.
Complice della riuscita dello spettacolo è l’ottima sceneggiatura, che ben bilancia ogni personaggio senza appesantirlo, donandogli una propria e definita connotazione; lo spazio giusto nella storia senza prevaricare quello degli altri e riuscendo a renderlo più vero del vero. Anche i costumi di Caterina Lambiase sono un tocco di classe; sono perfetti così, come l’uso delle musiche (scelte da Pietro De Silva), tratte dal repertorio di quegli anni. Ottimo anche l’uso delle luci, suggestivo ed evocativo (di Cristiano Milasi) insieme ai suoni più che realistici sempre in sottofondo (il mare, lo scorrere del treno sulle rotaie, le voci dei passanti…). Tutte queste cose colpiscono lo spettatore e danno un tocco realistico alla storia. Non tralasciamo la bella scenografia di Luciano Nestola, dalle semplici ma efficaci trasformazioni.
Bello, romantico e emozionante il gioco di luci durante il corteggiamento tra Salvatore e Carla e tra Gabriele e Cristina. Ad intermittenza i nostri vengono illuminati e così portano avanti la loro conoscenza reciproca in un crescendo impreziosito dal gioco di luci. In questo modo entrambe le coppie possono rimanere sul palco, mentre la loro storia prosegue solo quando sono illuminati. In sala ricordo gli spettatori silenziosi, fortunati testimoni di questo amore che sboccia. Il sovrapporsi del corteggiamento è un tocco di classe, proposto con una fine sensibilità. Bello lo spot dell’idrolitina (la polverina era in voga già in quegli anni), trampolino di lancio per l’aspirante attrice, che Camilla ripropone in un “playback” perfetto sull’audio originale.
Veronica ha superato se stessa sia come sceneggiatrice che come attrice. Sul suo treno ha voluto con sé dei compagni di viaggio che hanno saputo capire ed interpretare con maestria la sua idea. Un direttore d'orchestra che ha scelto i migliori musicisti per questo concerto di sentimenti e sensazioni. Mi sono emozionato, non per una scena in particolare, ma per tutto l'intero spettacolo; grazie a quell'atmosfera magica che questi artisti hanno saputo ricreare.
“Questa strana voglia di vivere”
di e con Veronica Liberale, Guido Goitre, Alessandro Moser, Camilla Bianchini, diretto (e con) Fabrizio Catarci.
Una narrazione ironica e autobiografica di questo simpatico e schietto artista, che a quarant’anni tira le somme sulla sua vita parlandoci della propria omosessualità, delle esperienze, della nascita e delle lotte del movimento gay e di liberazione sessuale.
L’Off Off è un bel teatro al centro di Roma, in via Giulia, una strada storica voluta da papa Giulio II nel XVI secolo; ancora oggi questa zona conserva il suo fascino storico. Tra suntuosi palazzi e caratteristici vicoli romani troviamo questo incantevole teatro, che non stona assolutamente in questa cornice.
Stasera l’Off Off è piuttosto affollato, evidentemente l’esibizione di Serafino ha attirato molto pubblico, soprattutto quello della comunità gay romana.
Un grande schermo in fondo al palco è pronto per proiettare immagini a supporto dello spettacolo. Ci appariranno foto e spezzoni di filmati di feste, scorci di Roma, ma soprattutto fotogrammi che immortalano un Serafino istrionico e trasformista, impegnato ad impersonare personaggi noti o inventati, tutti sempre ammiccanti e provocatori. Scorrono immagini della Roma degli anni '70 ed ’80, con scorci ormai scomparsi legati al racconto della sua vita gay, fino ad arrivare ai giorni nostri.
La scenografia è volutamente essenziale, scarna per concentrare l’attenzione su Serafino. Espone una bandiera arcobaleno simbolo della pace e sempre presente durante i Gay pride, una sedia con un boa piumato rosa e un paio di scarpe con tacchi piuttosto alti.
Quello di Serafino non è solo un viaggio nella sua vita ma anche in quella della comunità gay, di cui sono raccontate tutte le piccole e grandi conquiste, ma anche e soprattutto le difficoltà nel percorso. Una vera e propria storia sull’omosessualità in Italia. Serafino ci spiega che il termine “batuage” è in verità un francesismo inventato, con il quale si indicano quei posti dove gli omosessuali si incontravano per avere rapporti occasionali. Luoghi piuttosto noti e legati alla storia passata della nostra città come: Monte Caprino alle pendici del Campidoglio, il Circo Massimo, il Colosseo, i giardini intorno alla stazione Termini, ma anche i vespasiani sparsi per Roma; e poi i primi cinema pornografici come il Moderno, il Modernetta e l’Odeon, l' Ambra Jovinelli e i primi locali e campeggi per i gay nati negli anni ’80. Locali famosi come l'Angelo azzurro, l’Alibi, o lo Zanzibar e l’Easy going per le lesbiche, fino ad arrivare al più noto e contemporaneo Mucca Assassina del 2002. Non dimentichiamoci poi del Gender e del Degrado, altri locali cult.
Nei racconti dell’attore non mancano i luoghi di incontro più bucolici come il “Buco” sul litorale di Ostia, così chiamato perché una volta recintato, i gay (e non solo loro) tagliarono le reti per entrarci. Ogni spazio verde della capitale che permetteva un po’ di intimità diveniva luogo di incontri a quattr’occhi. Tutti i luoghi che saranno recintati e chiusi proprio per evitarne la frequentazione notturna e spesso, purtroppo, il degrado in parte dovuto all’incuria dei frequentatori ed in altra buona misura al pregiudizio dei benpensanti. Di certo se fossimo stati più aperti e meno bigotti, gli omosessuali non avrebbero avuto bisogno di cercare spazi come questi per nascondersi dal nostro giudizio…
Ma quello di Serafino non è solo un viaggio nel tempo alle origini dell' omosessualità romana, bensì anche un viaggio storico attraverso i monumenti, gli acquedotti, i parchi, di cui ci svela aneddoti particolari o sconosciuti. Sapevate che una volta l'area del Circo Massimo era un bosco? Venne tagliato per trasformarlo in un parcheggio! Attraverso inserti interessanti come questo, prendono posto altri aneddoti che vanno di pari passo con la storia italiana ed i fatti che ben conosciamo, in cui si insinua il racconto di Serafino che ci svela con ironia ed intelligenza questo spaccato di vita a molti di noi sconosciuto.
Non mancano i riferimenti a fatti di cronaca o alla più triste cronaca nera con gli omicidi di omosessuali o i pestaggi, fino all'arrivo di Mario Mieli e al primo Gay pride con altre piccole e grandi vittorie e conquiste sociali e sessuali.
Serafino ci racconta con la sua innata ilarità di quando prendeva il bus 64, affollato di preti omosessuali, ma anche di quando ha fatto il servizio militare e si è trovato alle dipendenze di un capitano anche lui gay che, prendendolo in simpatia, lo volle come “segretaria” per poi condividere le stravaganti serate tra travestimenti e scatenate feste. Da grande trasformista qual' è, ci dà un assaggio della sua bravura nei panni della sua “foniatra”, che cerca vanamente di correggere la sua voce tendente al falsetto. Irresistibile! È divertentissimo nei suoi racconti, sempre molto espressivo, eclettico; al contempo con dolcezza riesce a far affacciare tra una storia e l’altra una certa nostalgia che lo pervade, dal sapore agro dolce, per quei tempi andati, con l’aggiunta di un retrogusto amaro che svela una certa solitudine di fondo che prova, sempre speranzoso di trovare il principe azzurro. La sua situazione sentimentale attuale però non muta neanche con l’uso della nuova app Grinder, più adatta ai soliti incontri mordi e fuggi che a trovare l’anima gemella.
Serafino è bravissimo ad interagire con il pubblico, sa improvvisare e tenere testa ad ogni imprevisto tecnico, sa bene come scherzare con se stesso ed esternarlo, è bravissimo ad ironizzare sulla sua vita privata e pubblica senza essere mai volgare o triviale nonostante l’argomento trattato ben si presti a battutacce. Non fa scivoloni di cattivo gusto, tutt’altro, ci porta con sé per mano attraverso questi quarant’anni che ha vissuto, in un mondo che almeno io non conoscevo e che ogni eterosessuale sfiora appena o ignora del tutto.
Le mie conclusioni sono che per un eterosessuale la vita probabilmente è più semplice che per un omosessuale. Discriminato, guardato con disprezzo o ilarità, ritenuto un untore e portatore di AIDS e spesso neanche in grado di potersi dichiarare come tale davanti alla propria famiglia e costretto a vivere così nell’anonimato la sua sessualità. Alla fine lo spettacolo di Serafino è anche un forte messaggio di condanna verso un mondo che non accetta l’omosessualità e che la discrimina. Un racconto pieno di ricordi piacevoli, spezzato dall’inserzione di eventi tristi e che dunque risulta sempre ben bilanciato con alti e bassi che lo armonizzano senza mai eccedere. Uno spettacolo adatto a tutti, soprattutto a chi vuole curiosare nel mondo dell’omosessualità per saperne di più. Consiglierei loro una particolare attenzione a tutta una serie di neologismi o abbreviazioni specifiche inerenti l’orientamento sessuale in questa giungla di gusti disparati e ai più sconosciuti. Di fondo Serafino si mette a nudo davanti a noi toccando argomenti che per un pubblico omosessuale sono il pane quotidiano.
Io ne esco sicuramente con una visione differente, più ricco non solo di nuove informazioni, ma anche di nuove emozioni attraverso le quali ho capito più a fondo la loro difficoltà di vivere una vita serena. Serafino la racconta in maniera personale ed originale, esaltando e sottolineando quanto sia stravagante, fuori gli schemi, border line, provocatoria, eccessiva, irriverente, sfrenata, disinibita, chiassosa; ma anche goliardica, divertente, spontanea. Senza dimenticare di aggiungere quel tocco di retrogusto amaro in cui riaffiorano l’omofobia, la repressione, la solitudine, il giudizio.
“Un bacio senza nome” - Cronache di Battuage - di e con Serafino Iorli
In collaborazione con Federica Tuzi (testi) e Luisa Merloni (regia)
Montaggio video di Lucia Pirozzi, musiche di Ugo Malatacca e Francesca Bianchi
TEATROVID-19 Il teatro ai tempi del Corona (Verso la fine della pandemia?)
Teatro Off Off
Dopo la spettacolare interpretazione di una serial killer nel suo “14 Woman”, ecco Carmen di nuovo sul palco con un nuovo spettacolo. Stavolta è nei panni di Rosetta, una semplice ed umile bidella di una scuola di Napoli. Il suo dono, o forse la sua dannazione, è quella di ricordare la sua precedente vita, quando era Rosy d’Altavilla, una ragazza di grande talento vocale, riuscita a calcare le scene nazionali ed internazionali. Vive, attualmente con nostalgia, di ricordi, visto che la sua esistenza ora è piuttosto scialba, piatta e soprattutto senza amore; non ha figli né tantomeno un compagno.
Il suo tormento, oltre a quello di non calcare più le scene, è per il suo perduto amore, che ricorda ancora molto bene; il suo amato Alfonso che ha perso prima ancora della sua vita passata. Un baratto voluto forse dal destino: la notorietà al posto dell’amore. Sentimento che, anche reincarnandosi come Rosetta, non troverà più.
Questa è la sua dannazione, o forse la sua punizione, per aver scelto il successo rompendo un patto, quello che lei cantasse solo ed esclusivamente per il suo amato. Invece, dopo la partenza di lui come militare che rimane all’oscuro di tutto, Rosy raggiunge, seppur con una certa inquietudine e senso di colpa, il successo ed un’ agiatezza economica per lei e la sua famiglia prima sconosciuti.
La storia è farcita di brani del repertorio partenopeo accompagnati con musiche suonate dal vivo e cantate dalla stessa Carmen. Canzoni della fine del 1800 e degli inizi del 1900, che avrebbero meritato più successo di quello avuto, ma che sono rimaste a prendere polvere, almeno fino ad oggi. Ora “riesumate”, riprendono vigore riproposte con passione e professionalità.
Va sottolineato l’impegno nella ricerca storica di Panetteri in collaborazione con Vanacore nel ritrovare questi brani per poi riproporli con quel gusto e quell’intensità che li ha caratterizzati e che riprendono vita grazie anche alla splendida interpretazione vocale di Carmen. Come in una interminabile colonna sonora, vengono riproposti decine di brani. Un tappeto sonoro che si srotola sotto i passi vellutati di Carmen, che a piedi nudi, con leggiadria, lo percorre portandoci per mano con lei in questa dimensione.
I musicisti tessono con cura e delicatezza questo tappeto sonoro, lo fanno quasi in punta dei piedi, sembrano non voler disturbare e con discrezione avvolgono e accarezzano le parole di Carmen, il palco e la platea con leggiadria e un retrogusto dal sapore dolce e malinconico.
Questo è un viaggio nelle emozioni, nei sentimenti, nelle sfumature caratteriali di due donne, che poi sono la stessa. Entrambe tenere, dolci e nostalgiche, credono nell’amore che però sfugge loro di mano. Nonostante tutto, la passione è sempre viva in loro e sprizza con vigore attraverso i loro racconti e ricordi.
In realtà chi ha una vita difficile è Rosetta, mentre Rosy ha solo qualche rimpianto. Tutto sommato è stata una cantante di successo e ha coronato il suo sogno che aveva sin da bambina. Ma la vita è strana e le cose prendono una piega inaspettata forse non voluta dalla protagonista, che però, combattuta tra quella promessa e il successo, rompe quel giuramento d’amore. Questa è Rosy. Ma Rosetta non è un personaggio arido. Tutt’altro. Un po’ per colmare i suoi vuoti, la sua solitudine, un po’ perché è il suo carattere. Svolgendo il suo lavoro va oltre le sue competenze; con amore e dedizione, oltre alle pulizie della scuola, sa ascoltare i ragazzi, consigliarli, stargli vicino. Diventa dunque un punto di riferimento per questi giovani. Rosy invece è passionale, emotiva, ama l’amore e ancora di più cantare. In questo modo comunica e si libera di quella prigione fatta di vincoli sociali e di tabù spesso immaginari, ma al contempo, rispetto a Rosetta, è inconsapevolmente egocentrica. Rosetta e Rosy sono le due facce di una stessa medaglia.
Carmen entra ed esce dai due personaggi presentandoli entrambi con rispetto ed amore. Nei panni di Rosetta comincia a cantare nella scuola liberando quella frustrazione che la lega a questa nuova vita, con la stessa profondità e passione con cui lo avrebbe fatto Rosy.
Carmen è molto brava ad esprimere il suo sentimento partenopeo che la contraddistingue, attraverso l’ottima interpretazione di queste canzoni. I brani sono eseguiti con perizia dai due musicisti e la musica si fonde come in un passionale abbraccio con la soave voce di Carmen, lasciando tutto intorno a sé i sapori e le fragranze campane, e portandoci indietro a quel tempo, in questo viaggio sì nostalgico, ma ricco di emozioni, a conoscere i destini e le vite di queste due donne a cui forse la vita non ha dato tutto quello che meritavano. Due destini intrecciati di due entità distinte, o forse uno unico di un’entità con un duplice aspetto che ha la fortuna di trovarsi davanti ad una nuova occasione. Rosy rivive in Rosetta; Dio, il destino, il karma chissà, le donano un’altra possibilità…
Serata più che positiva, Carmen davvero brava in questi ruoli, si veste e si sveste dai suoi personaggi con destrezza, regalando una grande storia e un grande spettacolo.
Ricordo che quando vidi lo spettacolo la prima volta, il pubblico educatamente trovava spazio timidamente per applaudire tra un brano e l’altro, con il timore di interrompere la storia raccontata o di infrangere l’aura magica che Carmen creava. Con discrezione ogni applauso si infilava tra una pausa e l’altra della recitazione, manifestando così il caloroso assenso allo spettacolo.
Apprezzabile anche il libro “La vera storia di Rosy d’Altavilla” di Vanacore, molto utile per rivivere li spettacolo, o per chi magari si fosse fatto sfuggire qualcosa, o volesse entrare nel dettaglio di alcuni passaggi.
“Rosy d’Altavilla” -L’amore oltre il tempo-
Giardini della Filarmonica
8 luglio 2022
con Carmen Di Marzo
Testo e regia di Paolo Vanacore, musiche originali di Alessandro Panatteri
Al pianoforte Alessandro Panatteri, al flauto Fabio Angelo Colajanni
Prende vita la storia di Regina ed Anna, due attrici non proprio fortunate, che senza saperlo hanno la stessa idea: decidere di scomparire, per farsi ritrovare da uno di quei programmi televisivi noti per ricercare le persone. Tutto nella speranza che questo regali loro quella fama che finora non hanno ottenuto. Entrambe, rivali nel mondo dello spettacolo, si ritrovano a nascondersi nello stesso teatro abbandonato, in attesa che l’attenzione pubblica si accorga di loro. Saranno costrette a convivere nell’attesa degli eventi. Inevitabile che si riaffacci la loro rivalità sopita. Tra battute sarcastiche reciproche e accapigliamenti vari, questa esperienza a stretto contatto le porterà a conoscersi meglio ed a scoprire che tutto sommato non sono così spiacevoli, diverse e distanti tra loro.
Uno spettacolo scritto da Marina e da Flavia durante il lockdown e che oggi porta i suoi meritati frutti. Applausi e risate sono scontati; i due personaggi sono teneri, divertenti, ma soprattutto veri e sinceri; combattono per la loro notorietà, ma anche contro il tempo tiranno che cerca di relegarle nel dimenticatoio. È incredibile come da subito ci si affezioni sia alla storia che ai personaggi. Si ride e si riflette, mentre non mancano i momenti toccanti di sublime interpretazione drammatica. Momenti che vanno addirittura a scomodare magistralmente brani di Pirandello e Checov.
Marina, una superstiziosa verace napoletana, schietta e diretta; Flavia più pomposa, strutturata ed altezzosa. Al primo impatto entrambe sembrano essere solo boriose e presuntuose, ma già dai primi “scontri” rivelano subito il loro carattere irresistibilmente genuino. Le divertenti battute sono solo un accento che serve a scandire le nostre risate, perché in realtà si ride sempre grazie alla loro naturale schiettezza, alla spontaneità e al clima di piacevole simpatia che instaurano. I momenti più toccanti e profondi sono perfettamente inseriti tra quelli più leggeri e creano efficaci pause riflessive. Dietro a questa storia c’è la vita pulsante, quella vera, fatta di drammi, di sfortune, di occasioni mancate, che queste due brave attrici riescono a trasmettere commuovendo, portando con tatto e delicatezza alla profonda morale, che gradualmente arriva al pubblico tra una risata e l’altra, grazie alla loro ironia, alla maestria e alla sublime interpretazione. La forza irresistibile dello spettacolo è riuscire a proporre una storia realistica addolcita da un efficace umorismo, che edulcora i tristi retroscena delle due attrici che stanno “tramontando”. Tutto con classe e ironia ed un’ottima recitazione. Flavia e Marina insieme sono irresistibili, riempiono la storia come il palco, dov’è ricostruito un realistico teatro in ristrutturazione. Trascinanti, emozionanti, divertenti, profonde. Sono un binomio vincente! Ben lontane da quel “tramonto” in cui si trovano le due attrici che interpretano. Marina e Flavia sono invece l’emblema di un’ardente e raggiante alba estiva dagli splendidi e sgargianti colori!
Importante e non secondario è il lavoro della regia di Francesca La Scala con il suo magistrale e concreto apporto per la riuscita dello spettacolo.
Per una serata all’insegna del buon teatro.
“Qua siamo” di e con Marina Vitolo e Flavia di Domenico
Regia di Francesca La Scala
Teatro Marconi Rassegna estiva
7 Luglio 2022
Le ragioni di un docu-film indipendente, che farà parlare di sé.
Perché la nostra compagnia di bandiera Alitalia è fallita tragicamente più di una volta? C’è ancora qualcosa di” non detto” che si nasconde dietro uno dei più grandi fallimenti industriali italiani? Perché quella che era considerata una delle migliori sette compagnie al mondo, asset strategico di un paese che dagli anni ’50 in poi ha esportato il “Made in Italy” a livello internazionale, è stata fatta fallire così miseramente?
Queste sono alcune delle domande che il docu-film prodotto dall’Associazione Culturale Ticto, da Alessandro Tartaglia Polcini, in collaborazione con Own Air e con il sostegno e il patrocino del Comune di Fiumicino, ha sollevato. Ed ha tracciato un percorso: nascita e vita luminosa e poi decadente di Alitalia fino alla sua morte. Dal 1946 al 2021. Settantacinque anni di storia in tutto.
I narratori di eccezione che ripercorrono questo viaggio sono Gianni Dragoni, giornalista e notista de Il Sole 24 ore che sempre ha scritto e trattato di Alitalia e Fabrizio Tomaselli, ex sindacalista storico della compagnia. Insieme a loro, ci sono contributi e interviste a esperti del settore come Andrea Giuricin, Ugo Arrigo, Paolo Maddalena, Gianni Rossi, ed ex dipendenti, come Antonio Chialastri, che forniscono numeri, date, nomi, immagini e volti.
La storia di Alitalia, è una storia unica nel suo genere. Papi, Presidenti, uomini della cultura, star di Hollywood, attori del cinema italiano e Vip hanno salito le scalette degli aerei della nostra compagnia di bandiera. E insieme a loro, tutti quegli italiani che hanno volato con il tricolore nel mondo per rientrare a casa, per lavoro oppure per andare in vacanza.
E’ stata “simbolo” della nostra italianità come marchio e storia industriale ed umana, per tutti i dipendenti e l’indotto che ha generato (altre imprese e altro capitale umano). Non meritava di finire così.
Chiusa per sempre, con un patrimonio enorme, depauperato e sperpero di denari pubblici e di professionalità.
Colpita al cuore e uccisa, per incapacità delle scelte manageriali, delle decisioni prese e dettate dalle banche e dai poteri forti, che andavano sempre in senso opposto all’ “eticamente giusto” e alle ragioni economiche del profitto e della crescita.
Come quando venivano scelti dei commissari che nulla avevano a che vedere con l’industria aerea e con il risultato di aver bruciato miliardi di euro dei contribuenti italiani. Dragoni racconta di uno dei commissari scelti tra i tanti, come Enrico Laghi, con CV incredibilmente dettagliato e lungo ma con attività di consulenza in 24 aziende italiane contemporaneamente ad Alitalia, per cui avrebbe dovuto occuparsi di ognuna di loro, ed una per volta, per ogni giorno del mese.
“ Non so se abbiamo l’assassino, però, anche i cialtroni fanno i morti, mica solo gli assassini. Anzi i cialtroni poi nemmeno si pentono”. Questa è una delle “verità assolute” a cui si arriva alla fine di questo viaggio. Anche se in questa vicenda di assoluto sembra esserci poco. Se non, il fallimento, i licenziamenti, i bilanci in rosso. 13 miliardi di denaro pubblico bruciati in 47 anni.
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Alessandro Tartaglia Polcini |
Senza aggiungere le ricapitalizzazioni: dal 2008 al 2014 altri 4,1 miliardi di euro, nel 2008 un prestito di 300 milioni, e i successivi contributi dei governi che preferivano posticipare e non affrontare la “bomba Alitalia” per altri circa 7,4 miliardi di euro fino al 2015-2017. Quando entrarono in azionariato gli arabi di Etihad. Da lì, la seconda amministrazione straordinaria e il referendum dei dipendenti che bocciarono la ricapitalizzazione e il salvataggio da 2 milardi e che prevedeva 1000 esuberi. Uscita di scena la compagnia araba, il governo elargì altri 900 milioni di euro-mai restituiti- a cui si aggiungono i 13 miliardi di saldo finale aggiunti dal governo dal 2017 in poi. Fino alla chiusura.
La trama del film che fa la cornice a questo racconto è molto televisiva. Quattro giovani sceneggiatori che devono scrivere un docu- film sulla chiusura di Alitalia per far luce sui personaggi che hanno portato al disfacimento della compagnia. Hanno a disposizione entusiasmo, coraggio dalla loro e la capacità di analisi e di racconto degli esperti che fanno loro da guida: Dragoni e Tomaselli. Una lavagna che hanno in ufficio rappresenta il loro campo di battaglia: lì scriveranno ricerche, dati, nomi, incroceranno tabelle e cartine geografiche con rotte, passeggeri trasportati, numeri… Scoprono tra le tante fonti a disposizione, reperti, foto e video, le battaglie dei dipendenti al loro interno, le storie di licenziamento, i drammi personali e familiari, le storie di molti di noi.
11.000 sono i lavoratori licenziati in totale: il più grande licenziamento di massa mai avvenuto nella storia della Repubblica italiana.
SCHEDA
Titolo: “NOI SIAMO ALITALIA - Storia di un paese che non sa più volare”
Ideato: Alessandro Tartaglia Polcini
Prodotto: Associazione Culturale Ticto, OWN AIR e Alessandro Tartaglia Polcini
Soggetto e sceneggiatura:
Filippo Soldi, Maria Teresa Venditti, Annamaria Sorbo, Alessandro Tartaglia Polcini
Regia: Filippo Soldi
Direttore della fotografia: Giuseppe Pignone
Montaggio: Marco Rizzo
Autore delle Musiche: Alessandro Michisanti
Genere: documentario
Formato di ripresa: Sony Raw XOCN-HQ
Formato di proiezione: 16: 9
Durata: 54’ e 75' (2 versioni – una televisiva, una a destinazione
festivaliera/cinema)
Lingua originale: italiano - sottotitoli: francese e inglese
Località: Italia
Data di consegna: maggio 2022
Con il sostegno e il Patrocinio del Comune di Fiumicino.
Il film sarà considerato un'opera d'arte, protetto dalla legge sul diritto d'autore e dalle convenzioni internazionali applicabili.
Intervista alla cantante lirica nonchè maestra di yoga Irene Rinaldi
per saperne di più: www.hamsa.it
A Roma fino al 20 settembre all’Ara Pacis
C’era una volta Sergio Leone: è il titolo evocativo della grande mostra all’Ara Pacis con cui si celebra, a 30 anni dalla morte e a 90 dalla sua nascita, uno dei miti assoluti del cinema italiano e internazionale. Il percorso espositivo racconta di un universo sconfinato, quello di Sergio Leone, che affonda le radici nella sua stessa tradizione familiare: il padre, regista nell’epoca d’oro del muto italiano, sceglierà lo pseudonimo di Roberto Roberti, e a lui Sergio strizzerà l’occhio firmando a sua volta “Per un pugno di dollari” con lo pseudonimo anglofono di Bob Robertson. Nel corso della mostra un interessante viaggio attraverso l'immaginario creativo di un artista irregolare e rivoluzionario, popolare e sperimentale, capace di rielaborare miti e sogni d'infanzia utilizzando la memoria del cinema e la libertà della fiaba, attraverso il filone cinematografico storico-mitologico, il western, per culminare con “C’era una volta in America” e con un film incompiuto dedicato alla battaglia di Leningrado, del quale rimangono, purtroppo, solo poche pagine scritte prima della sua scomparsa. Leone, infatti, non amava scrivere.
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Sergio Leone |
Era, piuttosto, un narratore orale che sviluppava i suoi film raccontandoli agli amici, agli sceneggiatori e ai
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Federico Fellini con Sergio Leone |
produttori ma ciò nonostante il suo lascito è enorme, un’eredità creativa di cui solo oggi si comincia a comprenderne la portata. I suoi film sono, infatti, “la Bibbia” su cui gli studenti di cinema di tutto il mondo imparano il linguaggio cinematografico, mentre molti dei registi contemporanei, da Martin Scorsese a Steven Spielberg, da Francis Ford Coppola a Quentin Tarantino, da George Lucas a John Woo, da Clint Eastwood ad Ang Lee continuano a riconoscerne l’insegnamento e gli spunti creativi ricevuti dal suo stile cinematografico. Visitando la mostra si percepisce chiaramente come il cinema di Sergio Leone affondi le proprie radici nell’amore per i classici del passato, rivelando un gusto per l’architettura e l’arte figurativa che ritroviamo nella costruzione delle scenografie, delle inquadrature e dei campi lunghi dei paesaggi metafisici suggeriti da De Chirico. Grazie ai preziosi materiali d’archivio i visitatori entreranno nello studio del regista, dove nascevano le idee per il suo cinema, con i suoi cimeli personali e la sua libreria, per poi immergersi nei suoi film attraverso modellini,
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Ennio Morricone con Sergio Leone |
scenografie, bozzetti, costumi, oggetti di scena, sequenze indimenticabili e una costellazione di magnifiche fotografie di Angelo Novi, che ha seguito tutto il lavoro di Sergio Leone a partire da C’era una volta il West. La mostra potrà essere visitata fino al 20 settembre presso lo spazio espositivo del Museo Ara Pacis di Roma. Da non perdere.
Per infowww.arapacis.it
Un magico viaggio tra sogni, ricordi e fantasie…
Dopo il debutto in Francia, Italia e Svizzera ritorna a grande richiesta sui palcoscenici europei Arturo Brachetti nel suo coinvolgente one man show SOLO. Un vero e proprio assolo del grande artista, dopo il trionfo dei suoi precedenti spettacoli, L’uomo dai mille volti e Ciak!, applauditi dagli spettatori di tutto il mondo. Un ritorno alle origini per Brachetti che, in questo spettacolo, apre le porte della sua casa, fatta di ricordi e di fantasie; una casa senza luogo e senza tempo dove ognuna delle stanze racconta un aspetto diverso del nostro essere e gli oggetti della vita quotidiana prendono
vita, conducendoci in mondi straordinari dove il solo limite è la fantasia. È una casa segreta, senza presente, passato e futuro, in cui vengono conservati i sogni e i desideri… Brachetti apre la porta di ogni camera, per scoprire la storia che ne è contenuta e che prende vita sul palcoscenico. Reale e surreale, verità e finzione, magia e realtà: tutto è possibile insieme ad Arturo Brachetti, che mette in scena un varietà surrealista e funambolico, in cui immergersi. Protagonista è il trasformismo, con oltre 60 personaggi, molti ideati appositamente per questo show. Ma in SOLO Brachetti propone anche un viaggio nella sua storia artistica, attraverso le altre discipline in cui eccelle: grandi classici come le ombre cinesi, il mimo e la chapeaugraphie, e sorprendenti novità come la poetica sand painting e il magnetico raggio laser. Il mix tra scenografia tradizionale e videomapping, permette di enfatizzare
i particolari e coinvolgere gli spettatori nello show. Dai personaggi dei telefilm celebri a Magritte e alle grandi icone della musica pop, passando per le favole e la lotta con i raggi laser in stile Matrix, Brachetti da vita a 90 minuti di vero spettacolo pensato per tutti. Il Tour prosegue in Italia ed Europa https://brachetti.com/tour-spettacoli/
Per info www.brachetti.com
written by Giovanni Cavaliere
Dopo essere stato presentato al Torino Film Festival, uscirà nelle sale il 20 febbraio 2020
“Per cambiare vita non si è mai troppo vecchi” è il leitmotiv del nuovo film di Gianni Di Gregorio (Pranzo di Ferragosto): Lontano Lontano, presentato in prima mondiale nell’ambito della 37° edizione del Torino Film Festival, nella sezione Festa Mobile, uscirà nelle sale il 20 febbraio, distribuito da Parthénos.
Attilio, Giorgetto e il Professore, tre romani sulla settantina, variamente disastrati, un giorno decidono di mollare la vecchia vita di quartiere e andare a vivere all’estero. Ma il quesito è: all’estero dove?
E questa è solo la prima di una lunga serie di questioni da risolvere. Ma i tre non demordono, perché il Professore, in pensione, dopo una vita a insegnare il latino, si annoia moltissimo; Giorgetto, ultima scheggia del popolo di Roma, non riesce ad arrivare a fine mese; e Attilio, robivecchi e fricchettone, vorrebbe rivivere le emozioni dei tanti viaggi fatti in gioventù. Sono tutti decisi a dare una svolta alle loro vite e le buona notizia è che ci riusciranno, anche se forse non nel modo che si aspettavano.
“L'idea di questo film nasce da una conversazione con Matteo Garrone – dichiara Gianni Di Gregorio – che conoscendomi profondamente mi stimolò a scrivere di un pensionato povero che è costretto ad andare all'estero per migliorare le sue condizioni di vita. L'idea mi folgorò e dopo tre anni di lavoro sono arrivato a scrivere prima un racconto, pubblicato da Sellerio e poi la sceneggiatura del film. Da questo spunto sono arrivato a parlare di un tema che mi sta molto a cuore: l’istinto buono, quello che abbiamo tutti, certo chi più e chi meno, ma tutti, io credo. Mentre scrivevo queste storie individuali, la realtà delle cose e in questo caso specifico le tragedie in mare legate all'immigrazione, sono entrate prepotentemente nella storia. Ed è nato un nuovo personaggio, il vero viaggiatore dei nostri tempi, incarnato nel nostro film da Abu, un giovane africano arrivato in Italia con un gommone. Ho avuto la fortuna – continua il regista – di avere due grandi attori al mio fianco: Giorgio Colangeli ed Ennio Fantastichini. Ennio è stato un uomo e un attore straordinario, che nascondeva dietro la sua spumeggiante leggerezza una grande tensione artistica e morale e ha trasformato il suo personaggio in un archetipo. Per tutti noi che abbiamo fatto questo film è un'enorme assenza”.
Lontano Lontano, interpretato dall’indimenticabile Ennio Fantastichini, insieme a Giorgio Colangeli e Gianni Di Gregorio, con la partecipazione di Galatea Ranzi e Roberto Herlitzka, da una sceneggiatura di Marco Pettenello e Gianni Di Gregorio, è una coproduzione Italo - Francese BIBI FILM - LE PACTE con RAI CINEMA, prodotto da Angelo Barbagallo.
C’è chi ha scritto che l’ultimo film di Woody Allen, Un giorno di pioggia a New York sarebbe “un film stupefacente” che “si srotola con la cadenza adorabile di un gatto che fa le fusa”, (Simona Santoni, https://www.panorama.it/cinema/giorno-pioggia-new-york-woody-allen-recensione/), oppure che, in esso, saremo chiamati a sperimentare l’ incommensurabile gioia di trovare “una sceneggiatura destinata a fare scuola”, con un “cast di giovani, seducenti nuove icone”, nonché, sopra ogni altra cosa, “un cineasta ultraottantenne che ha trovato la formula per un nuovo incanto”, ritornando alle origini “senza ripetere sé stesso” (Marta Zoe Poretti, https://www.lascimmiapensa.com/2019/11/23/un-giorno-di-pioggia-a-new-york-recensione-woody-allen/).
Ecco, in simili circostanze, vorrei poter intingere la penna (o la tastiera) nel curaro e cimentarmi in stroncature di una ferocia schopenhaueriana … Perché fa una tristezza immensa - e anche tanta rabbia - essere costretti a constatare come un regista del calibro di Allen non riesca ancora a capire che il suo voler continuare a produrre film a raffica, senza ispirazione e senza idee, semplicemente appellandosi alla bellezza dei luoghi, alla capacità degli attori e all’eleganza formale, possa sì svolgere una qualche funzione lenitiva nei confronti delle proprie ansie esistenziali, ma non sia certo operazione artisticamente degna, e neppure eticamente onesta nei confronti di quanti lo hanno amato e ancora, nonostante tutto, continuano ad amarlo.
Insomma, di quest’ultimo film, cosa dire?
A voler essere magnanimi (e col vecchio adorato Woody, come non esserlo?), si potrebbe parlare di estrema fragilità del soggetto, di una sceneggiatura inzeppata di una lunga serie di banali luoghi comuni, di personaggi goffi e poco credibili: il tutto sfociante in un film di mesta scialbezza e di mal sopportabile noiosità …
Un film, soprattutto, desolatamente senza una battuta folgorante, senza un sorriso, senza una forte vera emozione …
Chi è, veramente, il clown? E cosa vuole rappresentare la figura del clown nella società?E' semplice: il clown siamo proprio noi, il clown cioè è la persona normale, ordinaria, direi, che è costretta a portare una maschera, ogni singolo giorno - fare buon viso a cattivo gioco, si dice - per poter partecipare alla società, al sistema del lavoro, che spesso non si digerisce.Maschera dietro alla quale si nasconde tutta la propria sofferenza, incessante.
Questo appunto, giusto come introduzione alla mia lettura del film Joker.
Joker è senza dubbio un grande film, forse anche una perla rara, cinematografica, (sulla scorta di un “Fight Club” o di uno “Shining”), destinato ad essere rivisto tante volte dagli spettatori, negli anni a seguire.
Di questo ne sono più che certo. Tantissimi altri film, spesso stracolmi fino all'orlo di clichè e pattern, riadoperati mille volte - oggi il cinema, ricordiamolo, qualche rara volta è cultura, spesso solo un bene di consumo - sono scomparsi senza lasciare traccia alcuna, nello spettatore, nella memoria collettiva.
Nonostante venga indicato come un film violento, non è un film di violenza, non è una pellicola, cioè, dove, nonostante un discreto numero di scene in cui la violenza sia presente (alcune anche certamente forti) , è la violenza il cuore o il tema vero e proprio, trattato.
La violenza, nella società di Joker, infatti è semplicemente il pane quotidiano, il caffè per colazione, come lo è, nella nostra società occidentale moderna, la comunicazione di massa, tanto per dirne una. La violenza qui insomma è qualcosa di intestino, di proprio, e di inscindibile dalla società in cui vive e si manifesta.
Volendo, Joker, lo si potrebbe anche considerare un “prequel” di Batman, ma è in realtà un film che si discosta grandemente dalla serie, non solo perché qui Batman non ha praticamente posto (se non uno appena tangenziale); non solo perché non è un film strettamente di azione, ma sopratutto perché qui è il Joker - o meglio la figura dell'uomo che diventerà passo dopo passo il Joker - ad essere totalmente centrale, tanto appunto da lasciare uno spazio marginalissimo al Batman che verrà.
Qui lo si intravede, Batman, nelle vesti di bambino, figlio del miliardario Wayne, e lo si vede ancora nel drammatico evento che lo porterà, nei film/fumetti successivi, a diventare il supereroe: l'assassinio dei genitori, per mano di criminali di strada, sospinti dal “vento del Joker”.
Ma questo non intacca di un centimetro la totale centralità del Joker e della sua storia di vita, che domina appunto il film.
Credo che questo film sottenda agevolmente una serie di tematiche diventate centrali e sempre più “pulsanti” nella nostra società, ragion per cui merita una attenzione speciale, che va oltre l'uomo raccontato e la sua storia.
Parlo del ruolo dei deboli, all'interno di una società sempre più lontana dai veri bisogni dell'uomo; dalle concentrazioni di ricchezza e di proprietà privata che fanno il bello e il cattivo tempo sugli interessi pubblici; della rabbia, ovunque serpeggiante fra le classi meno abbienti e gli esclusi, ecc.. Una serie di tematiche che ci mettono davanti allo specchio - lo schermo cinematografico - quella che, con un certo margine di approssimazione, potrà diventare la nostra società, se un certo tipo di globalizzazione continuerà ad essere sostenuta e perpetrata dalla maggioranza.
Passando al protagonista, c'è da dire che quella di Joachim Phoenix, molto più che una interpretazione, è una vera e propria identificazione completa col personaggio, tanto è forte e pervasiva la sua parte, che lo ha costretto a dimagrire di ben venticinque chili, ma che lo ha obbligato, ancor di più, ad avere orrende crisi di risate, auto-soppresse e ricorrenti, nelle immagini. Come appunto quelle di un malato neurologico, vero e proprio, che deve giustificarsi, davanti al prossimo, per il comportamento, mostrando un bigliettino da visita plastificato che ne spiega la condizione patologica.
Per concludere, ma ritengo che sarebbe davvero utile ed interessante aprire un dibattito su questo film, cosa può mai dirci, o insegnarci, in fondo, Joker? Forse, che chi si segue, fino in fondo, segue sè stesso, alla fine, per quanti errori possa avere compiuto, per quanto abbia dovuto fare i conti con i propri limiti e la pazzia, sarà comunque destinato a trionfare sulla massa. Oppure, invece, sarà destinato ad una stolida camicia di forza..
Il partenopeo Ferdinando Maddaloni, con il suo “Vedi Napoli e poi (non) muori”, dopo Montreal e Porto, si è aggiudicato il premio come miglior cortometraggio internazionale anche al Brazil International Film Festival.
La cerimonia di premiazione si è svolta nell’ Espaço Cultural Higino a Teresopolis/Rio de Janeiro il 24 agosto 2019
“L’impresa più ardua” afferma Maddaloni “è stata cimentarsi con la lingua brasiliana. In caso di premiazione, avevo preparato un discorso di ringraziamento in lingua portoghese. Quando ho sentito il mitico: “the winner is …Ferdinando Maddaloni” ho chiesto alla mia compagna, Yesim Kaya, di salire sul palco con me. Ho pensato che, con lei al mio fianco, sarebbero stati più clementi per la mia pronuncia”
“I festival indipendenti come il Brazil International Film Festival” continua Maddaloni “sono molto importanti per tutti coloro che difficilmente trovano una distribuzione nei circuiti ufficiali. Personalmente, oltre alla speranza di vincere un premio, quello che ricerco in un festival sono molteplici proiezioni pubbliche e tanta pubblicità (con interviste tv, radio e giornali).
In tutto questo l’organizzazione della Filmfestivalsgroup di Josè Claudio Silva è stata impeccabile”.
Il cortometraggio è stato premiato per il messaggio racchiuso all’interno della relazione che si crea nel capoluogo campano tra due pericolosi terroristi giunti con l’obiettivo di un attentato e due napoletani comuni; paure e pregiudizi lasciano il posto all’amore per l’altro, per il cibo e per la terra, rovesciando il famoso detto “Vedi Napoli e poi muori”.
“Prossimamente sarò ospite di un festival internazionale di gastronomia a Gaziantep in Turchia” conclude Maddaloni “poi di nuovo sul palco il 13 ottobre al Premio Italia Diritti Umani 2019, organizzato dalla Flip, con un estratto da Canto notturno di un astronauta errante sulla terra, un inedito dedicato al 50 anniversario dell’allunaggio”.
Sono iniziate lunedì 17 giugno in Puglia le riprese del nuovo film con Aldo Giovanni e Giacomo, per poi proseguire in Lombardia. Da nord a sud dello stivale per svelare le regole per una vacanza perfetta, ovvero: non si parte senza il canotto, non si parte senza il cane, ma soprattutto non si prenota la stessa casa.
Aldo Giovanni e Giacomo in viaggio per le vacanze estive, non si conoscono e non potrebbero avere delle famiglie e delle vite più diverse: il precisetto organizzatissimo, ma con un’attività in proprio fallimentare; il medico di successo alle prese con un figlio in piena crisi preadolescenziale; l’ipocondriaco nullafacente con un cane di nome Brian e la passione per Massimo Ranieri.
Tre vite lontanissime che si incontrano accidentalmente in una piccola isola della costa italiana: stessa spiaggia, stesso mare, ma soprattutto stessa casa in affitto.
Lo scontro è inevitabile e spassosissimo: abitudini diverse, due figli che si innamorano, tre mogli che partono col piede sbagliato, ma finiscono per ballare insieme in una sera d’estate, e tre nuovi amici alla ricerca di un figlio in fuga.
Aldo Giovanni e Giacomo ci raccontano una storia di amicizia e sentimenti , con la solita spassosa ironia, come nella loro tradizione cinematografica più amata.
ODIO L’ESTATE è diretto da Massimo Venier e, oltre ai tre protagonisti (Aldo, Giovanni e Giacomo), vede tra gli interpreti: Lucia Mascino, Carlotta Natoli, Maria Di Biase e la partecipazione straordinaria di Massimo Ranieri e Michele Placido. Il soggetto e la sceneggiatura sono firmati da Davide Lantieri, Michele Pellegrini, Massimo Venier, Aldo, Giovanni e Giacomo. La pellicola è una produzione Paolo Guerra per Agidi Due, sostenuto dalla Fondazione Apulia Film Commission e distribuito da Medusa Film.
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Roma, 10 giugno 2019. “L’Isola del Cinema”, uno degli eventi culturali estivi di punta della capitale, nel cuore del centro storico, presenta un’edizione speciale. Dal 13 giugno al 1° settembre, per oltre 80 serate, torna lo storico salotto di Cinema e Cultura, ospitato nel suggestivo ed elegante spazio dell’Isola Tiberina. Il Festival, ideato e diretto da Giorgio Ginori, celebra la XXV edizione con anteprime, inediti, premi, concorsi, rassegne tematiche, dibattiti, masterclass, mostre, proiezioni in V.O. e tanti altri appuntamenti imperdibili. L’Isola del Cinema si configura sempre di più come un grande laboratorio contemporaneo di Cinema e Cultura.
In questa nuova edizione ci sono tre temi che vengono portati alla ribalta e vengono rappresentati grazie al linguaggio della settima arte: Innovazione, Ambiente e Turismo. L’attenzione alle nuove tecnologie e a una diversa modalità di fruizione dei contenuti video, si concretizza con la nuova Sala VR (realtà virtuale), in cui sperimentare l’esperienza del Cinema immersivo. In occasione del cinquecentenario, la Modo Comunicazione presenta a L’Isola del Cinema, il suo mediometraggio immersivo in Realtà Virtuale su Leonardo da Vinci. Il contenuto, che ha una durata di circa 20 minuti, potrà essere fruito per mezzo di postazioni di realtà virtuale attrezzate con appositi visori VR.
Il Festival cinematografico e culturale si confronta con le nuove realtà multimediali, presentandosi in una veste rinnovata che vuole essere punto d’incontro tra tradizione ed innovazione, nel rispetto del luogo originario che da sempre lo ospita: l’Isola Tiberina. È sulla scia di questa suggestione che “L’Isola del Cinema”, in occasione della XXV edizione, ha scelto di rendere omaggio alla sua storica “location”, svelandone segreti e leggende. Una vocazione turistica già nota, che porta ogni estate, tra romani e turisti, circa 250.000 visitatori sull’Isola Tiberina; novità di quest’anno saranno tour guidati, che renderanno accessibili luoghi ricchi di storia e mistero attraverso visite serali bisettimanali.
Tra gli ospiti attesi durante l’edizione, il regista Matteo Rovere, che interverrà nella serata di inaugurazione, giovedì 20 giugno, in apertura del film Il primo Re; il 24 giugno interviene Massimiliano Bruno per introdurre al pubblico la sua commedia Non ci resta che il crimine. Il 25 giugno sarà la volta di Alessandro Capitani, in Arena, con il film In viaggio con Adele. Nel mese di luglio altri ospiti d’eccezione: il 7 luglio Valeria Golino, il 17 luglio sarà la volta del regista Giovanni Veronesi e della regista Barbara Miller con il suo documentario Female Pleasure che aprirà la sezione European Women Filmaker, dedicata quest’anno alla Svizzera.
“L’Isola del Cinema” si riconferma, dunque, una stimolante finestra sul cinema italiano ed internazionale: ampio spazio verrà dato ai film italiani, con la sezione Ciak d’Italia e Nuovo Cinema Italiano, senza dimenticare le novità provenienti dall’estero, per un ventaglio di proposte che va dal film d’autore alle opere cinematografiche che si sono maggiormente distinte nel corso dell’ultima stagione cinematografica.
Nove i Paesi che partecipano alla sezione Isola Mondo, con film inediti che verranno presentati in anteprima nazionale, in collaborazione con le Ambasciate e gli Istituti di Cultura. Torna la consueta rassegna “La magia del Cinema in Ospedale”, con proiezioni gratuite nella Sala dell’Assunta dell’Ospedale Fatebenefratelli per i degenti, i loro famigliari e il personale dell’Ospedale. Verranno proiettate settimanalmente commedie italiane per offrire un momento di distrazione e di svago, una sorta di cinematheraphy, anche a coloro che si ritrovano all’interno della struttura ospedaliera.
Per l’Edizione 2019, saranno cinque le Sale in cui si terranno proiezioni, dibattiti, incontri con registi e attori, eventi, premiazioni, reading e rassegne tematiche: la grande Arena, lo spazio Cinelab, che quest’anno sarà all’aperto e ospiterà anche presentazioni letterarie organizzate da Giovanni Fabiano e Maria Castaldo, lo Schermo Tevere e la vicina Sala dell’Assunta all’interno dell’Ospedale Fatebenefratelli, a cui si aggiunge, quest’anno lo Spazio VR & Gaming.
Torna il Concorso di Cortometraggi “Mamma e le Città Metropolitane”, promosso da L’Isola del Cinema e Maiora Film. L’ottava edizione del Concorso, che diventa quest’anno di respiro nazionale, mette al centro dell’attenzione la città e i suoi abitanti, dal centro alla periferia, per descrivere il complesso rapporto tra il tessuto urbano e la molteplicità di persone che lo vive quotidianamente.
Il Concorso è rivolto a giovani appassionati di cinema under 35 e si estende, in occasione della XXV edizione de L’Isola del Cinema, alle 14 città metropolitane italiane: Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli, Reggio Calabria, Cagliari, Catania, Messina e Palermo.
Il Premio MAMMA ROMA è pari a € 1000 e verrà assegnato al miglior cortometraggio.
SEZIONI
Nuovo Cinema Italiano
Con il Premio Opera Prima e Seconda, ideato per valorizzare e promuovere i nuovi registi emergenti, si intende dare un riconoscimento importante ai cineasti italiani. Ecco i titoli in Concorso, che verranno valutati da una prestigiosa Giuria di qualità, composta da giornalisti cinematografici: In viaggio con Adele di A. Capitani, Sulla mia pelle di A. Cremonini, Ride di V. Mastandrea, Domani è un altro giorno di S. Spada, Croce e delizia di S. Godano, Euforia di V. Golino.
La serata di Premiazione, sostenuta dal Partner Groupama Assicurazioni, si terrà giovedì 18 luglio 2019 alle ore 21.00 nella grande Arena sull’isola Tiberina.
European Women Filmaker (EWF#4)
Nel corso del mese di luglio verranno presentati, per la quarta edizione di EWF, in collaborazione con Istituto Svizzero, sei film d’autore preceduti da un corto d’animazione, presso la Sala Cinelab. Apre il ciclo il 17 luglio la proiezione del film Female Pleasure di Barbara Miller, presentato alla semaine della critique del Festival di Locarno nel 2018; l’appuntamento vedrà la partecipazione della regista, presente in sala insieme alla Direttrice dell’Istituto Svizzero. Seguono altri film pluripremiati, come Ondes de Choc – Journal de ma Tête di Ursula Meier; Le vent tourne di Bettina Oeberli; il film d’esordio Blue my Mind di Lisa Brühlman; il documentario di animazione Chris the Swiss di Anja Kofmel; il corto Airport di Michaela Müller.
Proiezioni in lingua originale con sottotitoli. Ingresso gratuito.
Isola Mondo
Quest’anno propone film provenienti da ben 9 paesi. È la sezione deputata ad accogliere la cinematografia internazionale: una finestra culturale che si consolida e si rinnova ogni anno sin dal 1995. Realizzata e promossa in collaborazione con le Ambasciate e gli Istituti di Cultura, ha ospitato ad oggi oltre 100 Paesi del mondo che hanno scelto L’Isola del Cinema come palcoscenico ideale per presentare anteprime e film inediti. Per il 2019 sono confermati gli appuntamenti storici con Australia, Israele e Giappone e vengono consolidate nuove proficue relazioni con paesi come la Malesia, passando per il Canada, la Romania, l’India, le Filippine e Cuba. Un’occasione unica per ampliare la propria conoscenza della cinematografia mondiale ed entrare in contatto, attraverso il cinema, con la cultura degli altri paesi. Si parte a fine giugno con i Canada Days (30 giugno, 1, 2 luglio) per poi dedicare una serata alla cinematografia di Israele, il 3 luglio. Il tradizionale appuntamento con la cultura giapponese, che prevede la proiezione di un film anticipato da una performance di karate, si terrà il 4 luglio. Il percorso intorno al cinema proveniente da ogni parte del globo, prosegue con l’Australian Focus, le cui date saranno dal 9 all’11 luglio. A seguire, subito dopo si lega l’India, con due serate il 12, 13 luglio ospitando il River to Tiber, il meglio del River to River Film Festival a Roma. Il 20 luglio sarà la volta della Malaysian Night, con una esibizione musicale e due film al cinelab. Apre il mese di agosto una serata dedicata al cinema delle Filippine (1° agosto). Si sussegue l’appuntamento con la Romania, il 12 agosto, e con Cuba nelle date: 18,19, 20 e 21 agosto per celebrare i 60 anni dell’icaic, Istituto Cubano dell’Arte e Industria Cinematografica con una vasta scelta di titoli presi da ogni decennio.
Fuoco sul Reale
Una selezione accurata che porterà all’attenzione del pubblico 12 documentari, nella sala Cinelab. “Fuoco sul Reale”, oltre a essere uno spazio per opere di autori italiani invitati in sala a introdurre il loro film, presenta anche dei documentari internazionali, provenienti da altri festival e agevolati dalla divulgazione di distribuzioni indipendenti. Si inizia il 29 giugno con il film Iuventa di Michele Cinque, la storia della coraggiosa impresa in mare di una ong tedesca, tra gli altri titoli in programma Cosa fare se il mondo è in fiamme di Roberto Minervini, Selfie di Agostino Ferrente, Soyalism di Stefano Liberti e Enrico Parenti, I Villani di Daniele de Michele, La Strada dei Samouni di Stefano Savona, Fahrenheit 11/9 di Michael Moore e Manifesto di Julian Rosefeldt.
Film d’Arte
L’arte raccontata dal cinema, un appuntamento periodico, in collaborazione con Sky Arte, che porterà sul grande schermo le storie di alcuni tra i maggiori pittori di fama internazionale, da Michelangelo a Caravaggio. Quest’anno, si terrà la Terza edizione dell’appuntamento con l’Arte, attraverso la proiezione di Michelangelo Infinito, dedicato all’artista Michelangelo Buonarroti, preceduta da una masterclass sugli effetti speciali e sul making off.
INNOVAZIONE
L’Isola del Cinema esplora e accoglie opere frutto di nuove scelte capaci di avviare processi di rinnovamento e di evoluzione del linguaggio audiovisivo. La volontà è di promuovere e diffondere il Cinema in realtà virtuale come “pratica” capace di dare espressione a nuove forme di sperimentazione artistica. Opere originali che esprimono le nuove tendenze, si aprono a nuovi orizzonti e offrono possibili sguardi diversi; gli artisti selezionati sanno fondere arte e tecnologia spostando le barriere ancora più in là, fino a dar vita a un modo nuovo di fare cinema. L’Isola del Cinema, in
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Marco Spagnoli e Giorgio Ginori |
collaborazione con Modo, renderà possibile l’esperienza immersiva sull’Isola Tiberina, con una Spazio VR ed una Sala Gaming VR. La realtà aumentata vocale invece ci farà da navigatore attraverso smartphone e tablet per raccontarci il territorio mentre lo percorriamo.
AMBIENTE
L’Isola del Cinema è da sempre molto sensibile al tema della difesa dell’Ambiente e porta avanti ogni anno appuntamenti e proiezioni specifiche per riflettere sull’urgenza di attivare buone pratiche, a partire da noi stessi, nella direzione di favorire lo smaltimento dei rifiuti, adottare una visione eco friendly, orientata al plastic free e fare leva sulla capacità che il cinema ha di far passare questi messaggi: grande attesa per la proiezione in Arena Groupama in anteprima romana del film Anthropocene L’Epoca Umana, documentario canadese che racconta l’impatto dell’uomo sul pianeta.
Si parlerà di ambiente nella serata evento organizzata dall’Associazione Giovani per l’UNESCO che, in collaborazione con la Fondazione One Ocean, affronterà il tema della plastic free per sensibilizzare i giovani e il pubblico presente.
TURISMO
L’Isola Tiberina, sito UNESCO, riceve nuova attenzione, venendo svelato nelle sue “stanze segrete” nei suoi particolari storici, nel fascino leggendario, attraverso ingressi serali straordinari bisettimanali, per gruppi di turisti e cittadini presso la Cripta della Confraternita dei Sacconi Rossi e la Chiesa S. Giovanni Calibita. Le visite, a cura dei volontari S. Riccardo Pampuri, si concludono con la discesa sulla Nave di Esculapio e aperitivo o cena di fronte il suggestivo Ponte Rotto.
Per Info e Prenotazioni, scrivere all’indirizzo This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.
Le nuove tecnologie concorrono allo svelamento dell’Isola grazie anche alla piattaforma di podcast geolocalizzati Loquis, in diverse lingue, che nello specifico inaugurerà, in collaborazione con L’Isola del Cinema, il canale RomaParlaCinema, i cui contenuti avranno una creazione partecipativa andando a disegnare dei veri e propri tour cineturistici (ed esplorativi) a cura di Urban Experience.
Contaminazioni
POESIA
Questa sezione anche quest’anno propone un calendario di appuntamenti realizzati in collaborazione con le Associazioni di Poeti presenti sul territorio: “L’Isola dei Poeti - Il Poeta Cre-Attivo” curata da Roberto Piperno e Francesca Farina, e “Poeti a L’Isola del Cinema” curata da Agostino Raff. Gli incontri serali accolgono i poeti e le poesie di autori storici ed emergenti della Poesia contemporanea e di autori che hanno avuto rapporti con il mondo del cinema.
LIBRI
Cinema & Libri è il Festival delle arti (cinema, editoria, spettacolo, musica e televisione) di Giovanni Fabiano e Maria Castaldo, che dal 2016 si svolge all’interno de L’Isola del Cinema. Un ricco programma racconterà le connessioni tra musica e letteratura, teatro e poesia attraverso reading letterari e due sezioni di particolare interesse. La prima, Un libro per il cinema è il premio letterario destinato a chi ha l’ambizione di fare del proprio romanzo un grande film. Alla terza edizione giunge Booktrailer Premium, il premio rivolto a registi, attori, e autori di booktrailer che vogliono sottoporre a una giuria esperta la valutazione del proprio lavoro.
MUSICA
Il Jazz e il Cinema, un legame consolidato
Con la collaborazione del “Gregory’s Jazz Club”, L’Isola del Cinema offrirà al grande pubblico la possibilità di vivere la pienezza artistica che il legame tra cinema e musica possono generare.
L’appuntamento accoglierà sugli antichi marmi di Esculapio il nuovo salotto estivo Gregory’s Stage, un invito, una tentazione alla quale abbandonarsi per vivere un’esperienza che porta al cuore del jazz e del Cinema, proprio lì, dove è nata Roma.
FOTOGRAFIA
Il Concorso fotografico “L’Isola Tiberina e il suo fiume” nasce dal desiderio di valorizzare la bellezza storica ed artistica, ma anche contemporanea dell’Isola Tiberina attraverso i suoi paesaggi e la vita che la rende quotidianamente un luogo di incontro e contemplazione per gli abitanti di Roma e i milioni di turisti che la ammirano da ogni sua spettacolare inquadratura. Il contest è organizzato e promosso dall’associazione Roma Fotografia, in collaborazione con il patrocinio del I Municipio Comune di Roma.
Per informazioni:
Orari: L’Isola del Cinema è aperta tutti i giorni dal 13 giugno al 1° settembre 2019, dalle ore 18 alle ore 02
Sale: Le sale dedicate alle proiezioni, agli incontri e agli eventi collaterali sono cinque.
Nelle Sale Arena, Cinelab e VR si accede con un biglietto a pagamento. La sala Schermo Tevere e la Sala dell’Assunta sono spazi gratuiti.
Biglietti: La Biglietteria per le sale Arena e Cinelab è UNICA ed è aperta tutti i giorni dalle ore 20.00 alle ore 22.30. Il costo dei biglietti è di 6 euro (Arena), 4 euro (Cinelab), 8 euro (Spazio VR & Gaming), biglietteria dalle 18.30 alle 22.30.
Dove: Isola Tiberina (Piazza San Bartolomeo all’Isola)
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All in |
Contatti: Tel. 0690214524 dal lunedì al venerdì, ore 10:00 – 17:00
“MAMMA ROMA E LE CITTÀ METROPOLITANE”
Al via la VIII EDIZIONE del Concorso Nazionale di Cortometraggi
Gira un corto per raccontare come cambia la tua città!
La Città, vista in tutte le sue angolazioni, torna protagonista del Concorso di Cortometraggi “Mamma Roma e le città metropolitane” nell’ambito del Festival di Cinema, che si svolge in estate sull’isola tiberina a Roma, dal 13 giugno al 1° settembre 2019.
L’Isola del Cinema e Maiora Film presentano l’ottava edizione del Concorso, che mette al centro dell’attenzione la città e i suoi abitanti, dal centro alla periferia, per descrivere il complesso rapporto tra il tessuto urbano e la molteplicità di persone che lo vive quotidianamente.
Il Concorso è rivolto a giovani appassionati di cinema under 35 e diventa, in occasione della XXV edizione de L’Isola del Cinema, un contest di respiro nazionale, ampliandosi fino a comprendere 14 città metropolitane: Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli, Reggio Calabria, Cagliari, Catania, Messina e Palermo.
Il Direttore Artistico de L’Isola del Cinema Giorgio Ginori, nel presentare “Mamma Roma e le Città Metropolitane” ha affermato: “È un Concorso che vuole collegare fortemente l’Isola Tiberina con la città di Roma. Dopo i primi anni, abbiamo esteso il Concorso a ben quattordici città metropolitane italiane. Invitiamo i giovani a fare una sorta di cinema della realtà, cioè a raccontare con i propri mezzi, sia in forma di fiction che di documentario, i luoghi, le persone, le storie nel rapporto autentico con la città”.
Ecco dunque, che lo storico Concorso di Cortometraggi “Mamma Roma e i suoi quartieri” quest’anno si trasforma in “MAMMA ROMA e le Città Metropolitane”. Lo spirito alla base del Concorso è quello di raccogliere i contributi di giovani filmaker, studenti di scuole di cinema, appassionati della settima arte e videomaker, per comporre un puzzle ampio che possa mettere in risalto il variegato panorama delle realtà cittadine italiane. Le metropoli di oggi sono caratterizzate dalla frammentazione in quartieri, spesso profondamente diversi tra loro. Siamo certi che dalla pluralità di mondi e dall’accostamento di queste interessanti diversità, coloro che vedono nel cortometraggio uno strumento di racconto, sapranno descrivere i territori, gli abitanti delle periferie e gli angoli meno conosciuti della propria metropoli.
Il Concorso nazionale MAMMA ROMA e le Città Metropolitane avrà anche l’obiettivo di coinvolgere gli autori nel progetto della Web Tv “METROPOLIS” sia con l’inserimento delle 2 opere finaliste nel palinsesto della Web TV, sia con un coinvolgimento diretto nella Redazione.
I lavori possono essere consegnati fino al 5 agosto 2019 e le premiazioni si terranno la sera del 29 agosto sull’isola tiberina, nell’ambito del festival L’Isola del Cinema. Il Premio MAMMA ROMA è pari a € 1000 e verrà assegnato al miglior cortometraggio. Il Premio MAIORA prevede la distribuzione dei corti finalisti su piattaforme web.
Le opere avranno come scenario il territorio delle città metropolitane e potranno avere un taglio documentaristico, di finzione o sperimentale, per una durata massima di dieci minuti.
Un Giuria di qualità del Festival, composta da qualificati professionisti del settore cinematografico decreterà il corto vincitore al quale verrà assegnato il premio. Modalità di Iscrizione: Per le modalità di iscrizione, fare riferimento al Bando di Concorso pubblicato sul sito: www.isoladelcinema.com
Video Spot del Concorso con protagonista l’attore Andrea Rivera, al link: https://www.youtube.com/watch?v=Gcs3JojCxz8