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Carlotta Caldonazzo
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L'autore dell'agile volume “l'Europa in guerra” ha ricoperto alti incarichi nell'ambito del ministero della difesa italiano e della Nato: Generale di corpo d'armata, capo di Stato maggiore del Comando NATO per il Sud Europa, comandante della missione Kfor. Il generale Fabio Mini possiede una vasta esperienza internazionale in materia di difesa e strategia. È un esperto delle cose per averle vissute e sperimentate. Cosa rara di questi tempi in cui ognuno si sente autorizzato a parlare di qualsiasi cosa gli venga in mente. Il generale Mini è anche un saggista e studioso che collabora con testate giornalistiche nazionali e riviste specializzate in materia di difesa e geopolitica.
È bene e dirlo subito il libro offre una prospettiva diversa rispetto al mainstream imperante ed assume qualche volta il tono di una provocazione, soprattutto per tutti coloro che sono abituati ad analisi preconfezionate.
L'autore colloca il conflitto russo ucraino nel contesto dei processi geopolitici globali e della lotta di potere con gli USA. Il conflitto, più che un'occasione di affermare la forza del diritto internazionale e delle democrazia contro l'imperialismo russo, è invece un modo per depotenziare militarmente la Russia ed economicamente l'Europa. L'autore sostiene che con una efficace quanto elementare guerra di propaganda, il cosiddetto Occidente è riuscito ad autoconvincersi di sostenere la guerra dell'Ucraina per aiutarla a difendersi dall'aggressione «illegale e immotivata» della Russia. Chi tira le fila di questo gioco di potenza sono gli USA, i quali sono riusciti ad ottenere un assenso alla propria politica estera da parte dell'Europa e degli alleati orientali Giappone e Corea del Sud.
Insomma, per gli Stati Uniti il conflitto è un'opportunità di indebolire la Russia, sostenendo con l'invio di armi e risorse finanziarie ingenti l'Ucraina e, nello stesso tempo, attraverso un sistema di sanzioni intese a suonare la Russia, mettere in seria difficoltà anche l'Europa che si deve privare di risorse energetiche fino a qualche tempo fa accessibili ed economiche. Il generale aggiunge niente di nuovo in tutto questo. Infatti, gli Usa non hanno mai cessato di ricercare lo scontro con la Russia.
La guerra in Ucraina non è scoppiata all'improvviso e non era inevitabile secondo l'autore. Anzi, giorni prima dell'invasione l'Ucraina stessa poteva evitare la guerra con i negoziati: assicurando alle province ribelli del Donbass quella sostanziale autonomia promessa da Kiev nel 2015, trattando sulla Crimea, entrando a far parte dell'Unione Europea, dichiarandosi militarmente neutrale
La guerra ha l'obiettivo di realizzare un nuovo ordine di potere in Europa come primo passo verso quello globale. Gli Stati Uniti, direttamente e tramite la Nato e l'Unione Europea, intendono stabilire la loro egemonia su tutto il continente fino agli Urali e possibilmente all'Asia Centrale Questo scopo è mascherato dietro l'idea che gli USA intervengono per difendere l'Ucraina dall'aggressione illegittima della Russia.
L'autore è consapevole della violazione del diritto internazionale da parte della Federazione Russia, ma non si unisce alla visione imperante che scarica tutte le responsabilità su Mosca ed offre uno scenario in cui sono considerate anche le responsabilità occidentali, in particolare degli Stati Uniti ed Europa .
Questa consapevolezza lo porta ad affermare che senza gli aiuti e le garanzie di sostegno occidentali la guerra non sarebbe nemmeno cominciata.
Il conflitto scoppia – sostiene l'autore- anche di fronte al rifiuto occidentale di esaminare, discutere o trattare i termini di un nuovo accordo sulla sicurezza in Europa proposto dalla Russia fino al giorno prima dell'invasione. Invece si è scelta la strada della chiusura al dialogo.
Si è dimenticato che la Nato ha iniziato la propria espansione ad est incurante delle esigenze di sicurezza della Russia e violando le stesse regole del Trattato atlantico.
Sono stati cancellati dalla memoria dieci anni di destabilizzazione interna organizzata dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna in Ucraina, a partire dalla Rivoluzione arancione (2004) che mandò al governo vari candidati antirussi appoggiati da una sparuta minoranza di nazionalisti ucraini.
È stata occultata la ventilata intenzione di cedere all'Ucraina armi nucleari tattiche e gli accordi Usa-Ucraina siglati a novembre del 2021 per un attacco al Donbass e alla Crimea che non lasciavano alcuna alternativa.
La guerra è anche l'occasione per sfruttare il business della ricostruzione. Come sottolinea l'autore, è stato lo stesso capo della diplomazia americana Blinken a mettere in evidenza che la distruzione materiale delle infrastrutture energetiche europee era “una grande opportunità per le esportazioni statunitensi”. La guerra diventa in questo modo un'occasione unica per finanziare le proprie industrie e disfarsi dei surplus di materiali d'armamento calcolandone ovviamente il valore a prezzo pieno.
Questa opportunità è piuttosto interessante per gli USA – dice l'autore – la cui capacità produttiva è diminuita a causa dei processi di delocalizzazione ed ha urgente bisogno di essere rilanciata.
La guerra in Ucraina sta offrendo agli Stati Uniti l'opportunità di ripristinare una parte della capacità produttiva richiamando attività industriali e commerciali estere negli Usa, costringendo gli alleati a importare risorse energetiche a costi più alti, assicurando minori costi energetici e agevolazioni fiscali alle imprese che si trasferiscono negli Usa, da un lato, e rinnovando la capacità di produzione interna con sussidi di stato.
L'Unione Europea non è pienamente consapevole della portata e delle conseguenze del piano statunitense e comunque non le vuole capire per non rinunciare alla posizione d'intransigenza imposta dagli Usa in merito ai rapporti con la Russia e la Cina.
L'amministrazione federale americana spenderà somme enormi per sussidiare la manifattura high-tech . L'enorme programma di crediti d'imposta e incentivi previsti dall'ira (369 miliardi) si somma agli aiuti da 550 miliardi di Build Back Better previsti dal primo piano di Biden per riportare posti di lavoro industriali in America.
I grandi gruppi europei stanno cambiando i loro piani. Decine di miliardi in investimenti e decisioni di migliaia di posti di lavoro industriali italiani, francesi, tedeschi, spagnoli o scandinavi stanno per migrare dall'altra parte dell'Oceano.
A fine del libro Il generale Mini fa un appello al senso di responsabilità della classe politica europea che si è piegata al potere egemone affinché acquisisca consapevolezza delle dinamiche che hanno portato alla guerra. Ecco perché, non senza una vena polemica, auspica che al prossimo processo di Norimberga sul banco degli imputati per crimini di guerra e contro la pace ci siano coloro che l'hanno persa ma anche chi non ha fatto nulla per impedirla. È un atto di accusa contro chi con la propria acquiescenza nei confronti della guerra ne de facto anche il responsabile.
In conclusione, per l'autore le prospettive sono che la Russia può continuare la guerra a un ritmo costante per diversi anni a venire. Sta impiegando nel fuoco a distanza tutto il surplus bellico accumulato in mezzo secolo di armamenti e ha già avviato la produzione di armi e ordini più efficienti. La sua capacità economica è ridotta, ma sufficiente a sostenere una economia di guerra.
Sul piano militare, se l'Ucraina non riuscisse a garantire quella vittoria che promette e fosse necessario intervenire a suo sostegno o al suo posto, non avremmo come Europa forze e risorse necessarie per nessuna spallata decisiva. A meno che Nato, Gran Bretagna e Stati Uniti non decidessero di condurre le operazioni di controffensiva con le sole azioni strategiche, missilistiche e aeronautiche e, ovviamente, con il ricorso agli ordigni nucleari.
Il volume è corredato da diverse tabelle utili a capire con le cifre la dimensione non solo militare ma anche economica del conflitto. Come detto un libro che ci offre una prospettiva differente dalla quale guardare il conflitto russo-ucraino e che offre spunti per trovare una soluzione al conflitto, assumendo una posizione di responsabilità soprattutto da parte della classe politica europea.
L'Europa in guerra
Fabio Mini
Società Editoriale Il Fatto SPA. 2023
PaperFIRST – ISBN 978 88 31431 91 0
* Alberto Cossu è analista di Vision and Global Trends che si ringrazia per la gentile concessione |
Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa , attento studioso ed esperto di problematiche di difesa e più in generale di geopolitica, nel volume dal titolo “ L'ultima Guerra contro l'Europa ” , che in qualche modo prefigura il contenuto del libro, svelando al lettore la trama che sostiene tutta la narrazione, va subito al punto senza, come si dice, girarci intorno. Taglia la testa al toro e sin dalle prime pagine sostiene che nel conflitto tra Ucraina e Russia l'Europa è sicuramente da annoverare tra gli sconfitti. Il libro di Gaiani è una raccolta ragionata di articoli scritti come editoriali nella rivista on line Analisi Difesa che trattano del conflitto russo ucraino dal punto di vista militare, strategico ed economico.L'autore offre una prospettiva di analisi sicuramente “sfidante” mettendo in evidenza molte contraddizioni che i media mainstream preferiscono seppellire nel silenzio, oppure liquidare come marginali, in quanto non funzionale alla narrazione principale che viene somministrata all'opinione pubblica nazionale ed internazionale.
L'autore colloca il conflitto in una prospettiva storica e strategica precisa. Esso non inizia il 24 Febbraio del 2022 ma ha radici più lontane di carattere strategico geopolitico che si manifestano con forza in questi giorni. Infatti un rapporto commissionato nel 1957 dalla US Army al Georgetown University Research Project, desecretato dalla Cia nel 2014, svela come in Ucraina ci fossero tutte le condizioni per organizzare una rivolta antisovietica per allontanare il paese dall'influenza di Mosca.
Il documento dimostra l'attenzione degli USA per un paese chiave per gli equilibri euroasiatici e la fragilità della convivenza etnica che avrebbe potuto sfociare in un conflitto. Infatti,
qualche anno più tardi Zbigniew Brzezinski, politologo statunitense d'origine polacca che ricoprì l'incarico di Consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Jimmy Carter, nel libro The great Chessboard teorizzò che senza il controllo dell'Ucraina la Russia avrebbe perso il ruolo di potenza in Europa. Quindi se si voleva indebolire la Russia si doveva impegnarla e contrastarla in Ucraina. Inserito in questo quadro di competizione fra le due superpotenze il conflitto russo ucraino offre chiavi interpretative più efficaci della semplice teoria che attribuisce all'imperialismo russo la responsabilità principale.
In questo contesto tra gli sconfitti l'autore colloca l'Europa, costretta a fare i conti con la propria incapacità e irrilevanza geopolitica e con la pochezza della sua classe dirigente.
L'Europa ha irresponsabilmente ignorato la crisi in Ucraina esplosa nel 2014 e ne ha lasciato la gestione in mano agli Stati Uniti che avevano tutto l'interesse, insieme alla Gran Bretagna, a gettare benzina sul fuoco proprio per indebolire un'Europa che, oltre ad essere un competitor economico, puntava a raggiungere una maggiore autonomia strategica e militare.
L'Europa si è ridotta a una semplice comparsa e per questo paga un prezzo molto alto a causa della sua irrilevanza in termini di sicurezza energetica, deindustrializzazione, sicurezza, stabilità sociale e indebolimento militare anche per il trasferimento di armi e munizioni donate all'Ucraina .
Gianandrea Gaiani – Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militare ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui “Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane” e “Immigrazione, la grande farsa umanitaria”. Dall'agosto 2018 al settembre 2019 ha ricoperto l'incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza del ministro dell'Interno. E' membro della Società di Storia militare |
Insomma per Gaiani i vincitori indiscussi di questa guerra, indipendentemente dal suo esito, sono gli Stati Uniti perché riprendono a dominare l'Europa e creano per sé stessi dei vantaggi competitivi che nel lungo periodo peseranno sui destini del continente europeo. Quest'ultima, anche per effetto delle sanzioni imposte dagli USA e autoimposte, rischia di perdere la leadership economica mondiale e di abbandonare la dimensione strategica e militare di indipendenza da Washington.
Inoltre, la legislazione USA in primo luogo, i provvedimenti emanati dall'amministrazione Biden denominati IRA (Inflaction reduction act) sta creando un solco tra le due sponde dell'Atlantico, tanto che la Federazione degli industriali “Business Europe” valuta che «la sopravvivenza dell'industria europea è chiaramente a rischio: si intravedono segni di delocalizzazione della produzione e si teme che in futuro migliaia di imprese chiuderanno, soprattutto PMI».
Indubbiamente la situazione viene ben descritta l'autore non è favorevole all'Europa, ma bisogna anche dire che le più recenti iniziative europee rivolte a dare vigore alla politica industriale ea ripensare la politica degli aiuti di stato accendono qualche timida speranza che il continente possa essere in grado di smarcarsi dalla dipendenza esterna.
Un aspetto che maggiormente viene evidenziato è la dimensione della guerra tra Russia e Ucraina che probabilmente non si manifesta dalle martellanti informazioni giornalistiche di questi giorni. Gaiani da esperto del settore difesa presenta i dati che fanno capire la dimensione militare e la sua portata.
Nel conflitto sono schierati circa 250 mila militari russi più 300 mila riservisti e volontari affiancati da oltre 50 mila combattenti delle repubbliche popolari di Donetsk e Luhansk e migliaia di appaltatori del Gruppo Wagner che si contrappongono ad almeno mezzo milione di ucraini tra le forze regolari, Guardia nazionale e milizie popolari arruolate per difendere i centri urbani.
Un numero di forze in campo senza precedenti in Europa dalla fine della Seconda Guerra Mondiale anche per il numero enorme di mezzi militari coinvolti: tank e cingolati da combattimento, centinaia di pezzi d’artiglieria, missili balistici, da crociera, anticarro e antiaerei e centinaia di aerei, elicotteri e droni.
Anche se i russi la considerino “un’operazione speciale”, la campagna in atto può essere considerata la prima guerra convenzionale combattuta su vasta scala in Europa dalle ultime offensive alleate contro la Germania nazista nei primi mesi del 1945.
Tutti gli altri conflitti avvenuti in precedenza, anche a livello mondiale, dice l’autore non hanno la dimensione del conflitto russo-ucraino attuale. E questo fatto spaventa l’Europa perché davanti a questa dimensione le capacità disponibili in termini di dotazioni militari non sono sufficienti per affrontare una eventuale estensione dello stesso
Vladimir Putin ha sorpreso tutti scatenando un conflitto “vecchio stile”, una guerra convenzionale per la quale gli eserciti dei paesi non sono preparati e neanche hanno i mezzi.
La guerra in Ucraina sostiene l’autore ha quindi messo in luce carenze nelle forze armate europee che non sono però certo nuove in termini di organici e dotazioni.
Tra le tante contraddizioni evidenziate anche l’ambiguo atteggiamento dei media occidentali verso le evidenti simbologie naziste presenti in diversi corpi militari ucraini che gettano un ombra sulle motivazioni reali che ispirano i combattenti.
Questa guerra conclude l’autore sta determinando la devastazione più completa dell’Ucraina e il rapido indebolimento energetico, economico e militare di un’Europa incapace ancora una volta di elaborare un’iniziativa politica autonoma dagli Stati Uniti e dalle pretese di Kiev. Insomma un libro che si legge rapidamente, – scritto con un linguaggio giornalistico ma – attento e preciso – che concede poco alle ideologie e cerca per quanto possibile di attenersi ai fatti.
per gentile concessione di Vision & Global Trens