L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni.

Environment (83)

Nunzio Ingiusto

                                                                                                                                                                         contatto

 

Perché bisogna dare credito al quadro sui finanziamenti alle industrie inquinanti dell'Autorità bancaria europea.

 

Non ci sono soltanto le critiche. Per le banche che continuano a finanziare l'inquinamento ora ci sono anche i numeri. E viene dallo stesso mondo della finanza che su un campione di 29 istituti europei ha accertato che il loro coefficiente di "patrimonio verde" non arriva all'8  %. E 'la prova sul campo che bisogna cambiare registro e smetterla di dare soldi a imprese che sono fuori da ogni approccio sostenibile. In Europa la discussione sul sostegno economico a gruppi industriali estranei alla lotta ai cambiamenti climatici va avanti da anni, ma gli effetti di  politiche di finanza sostenibile se ne vedono ancora pochi. Molti governi non riescono a distinguere i programmi politici dagli interessi della finanza che sulle fonti energetiche tradizionali fa affari miliardari. E 'l'Autorità bancaria europea nel primo green stress test a dirci che il  sistema ha lacune profonde. Quanto inconsapevoli non è chiaro.

L 'Autorità conferma l'urgenza di rimediare se le banche vogliono ottenere una transizione significativa e agevole a un'economia a basse emissioni di  carbonio. Più della metà dell'esposizione finanziaria verso le aziende è in ettori che potrebbero essere sensibili al rischio di transizione. Si  capisce che le indicazioni dell'Ue hanno bisogno di azioni più efficaci da parte dei governi nazionali e delle associazioni bancarie. Cosa blocca  questi interventi? Si sappia, dice l'Autorità, che il 35% delle esposizioni totali presentate dalle banche sono nei confronti di debitori dell'Ue con emissioni superiori alla mediana della distribuzione.In pratica quando attivano i canali di credito, i banchieri sanno bene che quei soldi non faranno bene all'ambiente. I rischi legati al clima sono concentrati in settori particolari che non vanno, quindi, più sostenuti.

L'Europa del Green New Deal ha un'occasione straordinaria per porre limiti, sempre che la visione di un futuro sostenibile sia nelle corde dei singoli Stati. "Nel complesso - riporta l'agenzia Ansa - i risultati del test mostrano che sarebbe necessaria una maggiore divulgazione sulle strategie di transizione e sulle emissioni di gas a effetto serra (GHG) per consentire alle banche e alle Autorità di vigilanza per valutare il rischio climatico in modo più accurato ". Ma qui si torna al punto di partenza: chi deve muoversi?

NaturalMente EDU APS è un'Associazione di Promozione Sociale nata nel settembre del 2020, con lo scopo di favorire una più attenta consapevolezza e una più profonda sensibilità nei confronti dell'ambiente, invitando anche alla partecipazione attiva a difesa di quanto resta del mondo (tanto ferocemente ferito) della natura.

L'Associazione, creata da educatori ai diritti umani, sociologi, letterati, esperti di giurisprudenza, informatica e agricoltura, si rivolge, in particolar modo, a bambini e ragazzi di ogni età, nonché alle loro famiglie e a docenti ed educatori.

A Viviana Isernia, vera “madre fondatrice” dell'associazione, abbiamo rivolto alcune domande, con lo scopo di comprenderne finalità, metodi ed obiettivi.

  • Il progetto di questa Associazione è certamente qualcosa che coltivavi già da molto tempo. Quanto le limitazioni della libertà individuali e collettive derivanti dall '”emergenza covid” hanno potuto incidere sulle tue scelte?

   L'idea di una realtà associativa dedicata al rispetto dell'ambiente è stata inizialmente frenata dall'arrivo della pandemia da Covid-19. Insieme agli altri Soci fondatori non ci siamo persi d'animo e dopo l'estate 2020 abbiamo iniziato il lungo percorso burocratico per essere operativi. In realtà l'idea progettuale iniziale era un po 'diversa da quella attuale. La nostra prima scelta era di offrire dei luoghi aperti per permettere, senza vincoli di distanza, il prosieguo della tradizionale didattica scolastica. Ci hanno fatto riflettere sul fatto che il mondo durante il primo lockdown si è fermato in tutta la sua velocità, ma ha permesso all'ambiente di rinascere e di essere osservato con occhi nuovi,ad alcune specie di animali di farsi strada in luoghi difficili e prima inaccessibili per loro, a causa dell'intensa attività degli esseri umani, e alle persone di riscoprire l'effetto benefico delle passeggiate all'aria aperta e l'apprezzamento della flora e della fauna a cui raramente si faceva caso. Abbiamo, quindi, ampliato il progetto rivolgendolo non solo alle scuole ma all'intera comunità educante con l'obiettivo di far conoscere l'importanza del rispetto dell'ambiente.

  • In che senso le vostre attività sono pensate come rivolte alla “comunità educante”?

   Si parla troppo spesso di "progetti  per  le donne", "progetti  per  i bambini", progetti  per  i migranti "ecc.

Per "comunità educante" intendiamo una rete di persone che educa e collabora per un bene comune, attraverso le sue forze, le sue diversità e caratteristiche specifiche. Il nostro motto è partecipazione e cooperazione. Le nostre attività, quindi, sono rivolte a bambine e bambini, ragazze e ragazzi di ogni grado scolastico e alle loro famiglie, ad adulti, docenti ed educatori, operatori sociali o famiglie che seguono l'educazione parentale, ma le stesse attività si articolano secondo la creatività dei partecipanti: progetti  CON  giovani e adulti. 

  • Sicuramente la vostra Associazione si prefigge numerose finalità. Quali ritieni che meriterebbero una particolare sottolineatura?

   La finalità principale è la promozione di azioni e idee che parlino il linguaggio dell'accoglienza, dell'inclusione e della salvaguardia dell'ambiente, tradotte in attività laboratoriali in cui tutte e tutti hanno un coinvolgimento attivo. In questo momento dedichiamo il maggior tempo all'infanzia e all'adolescenza che maggiormente hanno - secondo la nostra opinione - subito le conseguenze della pandemia. La nostra sede operativa è nella Regione Campania dove le scuole hanno riaperto poco prima di Pasqua 2021: è importante garantire ai giovani spazi per preservare la socializzazione, il diritto all'istruzione e al gioco.

A breve, partiremo con due progetti: il primo, "Favole in natura", per bambine e bambini dai 6 agli 11 anni; il secondo, per appassionati di fotografia.

Non mancheranno iniziative in altri territori.

  • A livello metodologico come pensate di procedere? Di quali strumenti educativi pensate soprattutto di avvalervi?

   Le metodologie educativo-didattiche di cui ci avvaliamo sono relative all'Educazione ai Diritti Umani del Consiglio d'Europa. In particolare, l'apprendimento esperienziale e l'apprendimento olistico, attraverso cui si sviluppa la persona nel suo complesso, ovvero nel suo potenziale intellettuale, emotivo, sociale, fisico, artistico, creativo e spirituale.

  • Cosa occorre, a questo punto, alla vostra Associazione, per potersi mettere pienamente in moto?

   Anche per progetti partecipativi - ahimè - servono dei fondi! Il mondo degli enti del terzo settore pone dei limiti purtroppo alle associazioni di recente istituzione, poiché la maggior parte dei bandi a cui avremmo potuto partecipare già dall'anno scorso istituivano il requisito di essere attivi da almeno 2 anni. Non ci siamo persi d'animo e abbiamo attivato un mini progetto di crowdfunding sulla piattaforma "Produzioni dal Basso". Anche in questo caso lo abbiamo elaborato come un progetto esperienziale: le persone apprendono informazioni curiose attraverso la scoperta di elementi, caratteristici del nostro "percorso-natura", che ricevono dopo la donazione.

Il progetto termina il 1 giugno e si può partecipare attraverso questo link:  https://www.produzionidalbasso.com/project/progetto-naturalmente-edu-vivi-la-natura-per-un-benessere-equo-e-sostenibile/

 

Altri modi per sostenerci sono:

* nella casella per destinare la quota del 5x1000 firmando nel riquadro che riporta la dicitura "Sostegno del volontariato e delle altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale ..." si può indicare il nostro codice fiscale:  90043860601

   * contattarci per avviare collaborazioni in territori limitrofi al Basso Lazio / Alto Casertano

   * condividere sui canali Facebook, Instagram, Twitter il progetto "Favole in Natura"

Questi i contatti della Associazione:

Mail:  This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.

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 video

No a una transizione energetica di facciata con soldi pubblici!

 

12 maggio 2021 - Extinction Rebellion Italia (XR) presidia l'assemblea degli azionisti di ENI per chiedere al Governo di cessare la connivenza con il cane a sei zampe, principale responsabile italiano delle emissioni di gas serra e del collasso climatico ed ecologico. Molte le manifestazioni di protesta: a Roma, per “far rumore" e pretendere dagli azionisti l'eliminazione definitiva delle fonti fossili dai piani energetici di ENI, a Ravenna per denunciare l'ipocrisia green malcelata dietro il progetto di ENI per la cattura e lo stoccaggio della CO 2 a largo della costa ravennate  Mobilitazioni anche a Milano, Napoli e in altre città italiane.Schierati, accanto a XR, cittadini e attivisti dei maggiori schieramenti ecologisti locali, nazionali e internazionali tra cui GreenPeace, Fridays for Future e Rise Up for Climate Justice.

I progetti pilota sul CCS nel mondo raccontano una tecnologia con una grossa inefficienza nella cattura, molto costosa, non consolidata, energivora e che perpetua lo sfruttamento dei pozzi e del fossile denunzia Extinction Rebellion Italia.

Un dato su tutti: un fronte delle attuali 400 milioni di tonnellate di CO 2  emesse all'anno dall'Italia, ENI prevede di stoccare 7 milioni di tonnellate di CO 2 all'anno sotto il mare di Ravenna entro il 2030 e 50 milioni di tonnellate all'anno entro il 2050, per una capacità complessiva di stoccaggio del sito fino a 300-500 milioni di tonnellate di CO 2 .

ENI stima un costo di circa due miliardi di euro per il CCS ravennate e i finanziamenti pubblici per realizzarlo. L'Ente Nazionale Idrocarburi è partecipato al 30% dalla Cassa Depositi e Prestiti (controllato dal Ministero dell'Economia e delle Finanze), di fatto è sostenuto dal settore pubblico italiano, con i soldi di tutti. Questo impone scelte collettive e condivise su come attuare una reale transizione energetica e abbandonare il vigente sistema tossico della fossile.

 
 Ravenna, manifestazione nazionale"Il futuro non si (s) tocca! - CCS

Per gli ambientalisti il ​​Governo deve rispondere al mandato costituzionale che impone di proteggere la salute della popolazione, fare scelte coraggiose e introdurre le assemblee dei cittadini, reale strumento di democrazia deliberativa su questioni che, come il CCS, riguardano il benessere e il futuro di tutti. Sulla base delle migliori evidenze scientifiche, la proposta è di far deliberare a future assemblee le strategie ei percorsi da attuare per trasformare la società in chiave di neutralità di emissioni e rispetto dei sistemi ecologici, in equità con tutti gli esseri viventi. La richiesta al Governo è di agire ora, di dire la verità, di andare oltre la politica.

Bilancio (non buono) di un anno di Commissariamento alla vigilia della stagione estiva.
Quanto e come saranno spesi i 600 milioni di euro del PNRR per la depurazione? Vai a saperlo. Non solo bisogna aspettare che i soldi dell'Europa arrivino concretamente, ma soprattutto devono essere accelerate le procedure per concludere i lavori progettati o soltanto ipotizzati. Dietro ritardi di anni c'è anche l'Europa che non aspetta altro che multare di nuovo e di più il Bel Paese. Quello che ha appena varato la transizione ecologica. Il governo Draghi ha pensato bene di inserire nel Piano di ripresa questa particolare “anomalia” ambientale che dura da decenni. contenuta nel consuntivo di un anno di lavoro di Maurizio Giugni, Commissario per la depurazione delle acque.
Per mettere a posto le cose ci vuole ancora tempo, inutile girarci intorno. Solo sette cantieri su ottantanove sono, infatti, stati completati in un panorama disastrato. Gli abitanti interessati dai lavori sono poco più di cinque milioni. Vivono un dramma cui il Decreto di un anno fa con il nuovo Commissario cerca di dare risposta. La solita burocrazia a colpi di revisioni progettuali, eccezionali, ricorsi o gli immancabili illeciti sono il vero vulnus operativo. Siamo alla vigilia della prima stagione estiva post Covid (?) E il funzionamento dei depuratori - è chiaro che è sempre necessario - diventa l'osservato speciale per una buona balneazione. Nessuno vuole andare in posti dove l'acqua è sporca e gli scarichi sono incontrollati. I cento luoghi in cui sta lavorando il Commissario Giugni dovrebbero rimediare ad una infrazione che costa 165.000 euro al giorno di multe. L'Europa coltiva con scrupolo questo tesoretto made in Italy, il cui fondo non si intravede per niente. En passant ricordiamo che prima del decreto del 2020, sulla depurazione era già stato nominato un'altro Commissario straordinario.
Due Regioni su tutte danno il quadro dello stato dell'arte oggi: Sicilia e Calabria. In Sicilia si lavora a sessantasei progetti, quasi in ogni provincia con un investimento complessivo di 1,8 miliardi e tutto dovrà completarsi. In Calabria la Lega ha denunciato che tutti i progetti istruiti per collettamento, fognature e depurazione sono rimasti sulla carta. Nonostante la prima sentenza della Corte di Giustizia europea risalga a dieci anni fa. L 'agenzia Ansa, citando il Commissario Giugni, riporta che sono aperti in tutto 19 cantieri: quindici in Sicilia, uno in Calabria e tre nel Lazio. Sono 54, invece, i progetti disponibili, tra esecutivi e in corso di definizione. Che dire? Il tempo scorre ma "l'uom non se n'avvede" scriveva Dante. O forse è bastato scrivere qualche somma nel PNRR.

Domenica 9 maggio, giornata piena di speranza a villa Pamphilj per molte persone che stanno lottando in ogni modo al fine di sensibilizzare le amministrazini pubbliche ad agire subito 

 
 Adriana Lucis, Francesco Granese, Maria Elena Carosella (video)

per la cura dei pini. " È stato un abbraccio ai pini, pieno di calore e dolcezza, pieno di gioia, gioia data dal nostro essere con gli alberi e poter concretamente respirare tutti insieme a Villa Pamphij. Noi e gli alberi ci siamo sentiti uniti in una reale alleanza" per Maria Elena Carosella, tra i coordinatori del gruppo che lancia l'accorato appello.

 
 Cristina Crescenzi - La danza della Terra (video)

Tutti gli interventi dei partecipanti alla manifestazione pro alberi hanno ribadito come sia necessario tener conto di quanto sia prezioso ogni albero e che non si possa accettare che milioni di euro pubblici siano investiti dal Comune per abbattimenti e potature mentre solo 250.000 euro siano destinati alla cura dei nostri alberi. "Vogliamo tutti la cura  con l'endoterapia,  certa,  sperimentata ed efficace, e non più gli abbattimenti, né è possibile accettare che nel periodo della nidificazione gli alberi capitizzati. È necessario per la salute di tutti cambiare prospettiva, per un futuro possibile, anche dal punto di vista climatico. Ci auguriamo che sempre più persone si risveglino a questa necessità vitale ", ribadisce Maria Elena Carosella.  Come non negare vi sia interdipendenza tra gli esseri umani e la natura.

"L'urgenza della cura alla cocciniglia tartaruga ci ha fatto ribadire oggi la necessità assoluta che venga emanato subito

 
 Un parere tecnico
 
 Francesca Marranghello (video)
 
 Natalie Naim (video)

un decreto di lotta obbligatoria ",   continua. " Con la speranza di ottenere risposte dal Comune e dagli enti preposti ringraziamo tutti i partecipanti tra i quali: Ada Lombardi, Francesco Granese, Nathalie Naim, Francesca Maranghello, Cesare Fabio Greco, la danzatrice Cristina Crescenzi , il fotografo Houshyar Balandeh e tutti gli attivisti di Zona Verde Villa Pamphilj che hanno ideato e organizzato questa importante iniziativa. " e sottolinea che, p er quanto riguarda villa Pamphilj, la più grande della capitale, 

 
 Francesca di Sarno (video)

da ieri è presente sui social un post dell'Assessore Laura Fiorini che indica l'inizio di cure ai pini in alcuni Municipi, ma ancora non appare alcuna cura per i

pini del Municipio 12, dove è situata villa Pamphilj.

 
 Ada Lombardi (video)

Monteverde e tutte le sue numerose ville ne hanno bisogno immediato, sottolinea sempre la Carosella. La pineta, bellissima e molto frequentata dai cittadini di

 
 Giulia Giordano (video)

Roma, è infestata. Nella Villa i pini sono circa mille e la cocciniglia è ben visibile ovunque. La risposta delle Istituzioni è urgente.

Miliardi di euro per ambiente, clima e biodiversità da spendere entro il 2027. Soldi.

 

La formula è nel dibattito europeo dal 1992, con i governi a presentare ogni volta progetti per utilizzare le risorse. Non che non siano mancati sprechi ed inefficienze, ma alla fine il programma LIFE è quello che intercetta meglio le aspettative per il clima e l'ambiente. Ogni Paese dice di voler fare meglio e di più sotto la spinta di movimenti e gruppi politici, ma poi hanno bisogno di soldi e vanno a cercare tra Bruxelles e Strasburgo.

Da quest'anno, dato che le finalità di LIFE si ricollegano a molti progetti contenuti nei Recovery plan nazionali post COVID, i soldi vengono una destinazione per così dire aggiuntiva. Dovrà essere capacità dei governi strutturare bene le azioni in settori così strategici avendo un cuore risultati tangibili. Quanto si voglia vincere la lotta ai cambiamenti climatici si vede da queste opportunità. Se le buone buone intenzioni fanno guadagnare consensi nei talk show non hanno lo stesso effetto all'atto pratico.Il Parlamento Ue ha dato via libera a 5,4 miliardi di euro green da utilizzare anch'essi entro il 2027. Se il Green Deal, approvato l'anno scorso, prima degli sfracelli della pandemia, riprenderà davvero vigore, LIFE darà priorità ai progetti con il più alto potenziale di ri-attuazione per avere un'economia a basse emissioni di carbonio ed aumentare la biodiversità. Solenni sono state le motivazioni della Commissione Ue che ha scritto che il programma contribuirà a compiere il passaggio necessario verso un'economia ecologica, circolare, efficiente dal punto di vista energetico. Ma questi passaggi sono messi nelle mani anche di governi che ancora non sciolgono i nodi sulle fonti fossili, sulle bonifiche ambientali, sulla gestione dei rifiuti, sulla mobilità, sulla ricerca avanzata. 


C'è bisogno di unità e concordia tra i Paesi, questo sì. Infatti, senza rinchiudersi dentro i confini nazionali, rigettando ogni suggestione autarchica, al contrario abbattendo barriere ideologiche e di tranquillità (in) sostenibile, l'Ue punta alla maggiore omogeneità dei progetti da sostenere. Saranno premiati quelli con interesse transfrontaliero e di stimolo - tanto nel settore pubblico quanto in quello privato- di maggiori investimenti. Se per una volta al tavolo delle decisioni sedessero anche le grandi industrie energetiche sarebbe un eccellente segnale. L'Italia ci sta provando, anche se dobbiamo vedere dove effettivamente si andrà a parare. In LIFE sarà anche decisivo controllare quantità e qualità degli appalti pubblici verdi.I governi possono mettere in atto procedure trasparenti ed efficaci per garantire beni e servizi ecosostenibili. Anche questo è un aspetto che incrocia il Recovery plan italiano. Si parla di aumentare la quota di acquisti con i requisiti CAM (criteri ambientali minimi) per soddisfare la domanda pubblica. Nell'approvazione finale Il Parlamento europeo ha stabilito anche il riparto delle risorse: 3,5 miliardi di euro andranno alle attività ambientali e 1,9 miliardi a quelle per il clima. Sulla biodiversità - questione dirimente con molte iniziative all'attivo dei Verdi - LIFE investirà il 7,5% del bilancio annuale dal 2024 e il 10% dal 2026. Tutta la spesa dei singoli Paesi sarà tracciata.In fondo per soddisfare le idee di 27 Paesi per 6 anni non siamo davanti ad una grande cifra. Qualche sforzo in più poteva essere fatto, anche se LIFE mantiene una sorta di cammino parallelo ad altre programmazioni. «Anche se avrei preferito un budget ancora maggiore, sono molto contento che abbiamo raggiunto un nuovo livello di impegno verso la natura e il clima, in modo che il programma possa continuare a testare idee e soluzioni verdi future» dice il parlamentare finlandese Nils Torvalds, relatore della legge. Contentiamoci. Il quadro normativo è assicurato, la politica ha l'onere di non deludere.


 

 
A fine aprile l'edizione 2021 del «City Nature Challenge». Appello a Draghi per inserirle la biodiversità in tutti i progetti del Pnrr.
  
Manca davvero poco. Dal 30 aprile al 3 maggio 350 città in 38 Paesi daranno vita alla nuova edizione di «City Nature Challenge» la manifestazione che mette in concorrenza gli appassionati di flora e fauna selvatica mediante scatti fotografici. Una ventata di sana competizione ecologica per cittadini- scienziati e che in Italia passa attraverso le città aderenti al Cluster Biodiversità Italia.
Cresce e si afferma di anno in anno, quest'iniziativa nata nel 2016 come sfida tra Los Angeles e San Francisco promossa dalla California Academy of Sciences e il Natural History Museum di Los Angeles. Nella sostanza resta una battaglia amichevole tra chi riesce a raccogliere la maggiore quantità di immagini per documentare lo stato ambientale della città. Non e assente, però, il messaggio forte, documentato a chi ha responsabilità della cosa pubblica per rimediare a guasti ambientali di ogni tipo. La documentazione fotografica espone le autorità a rilievi oggettivi sul degrado e su inefficienze antiche.
Il Cesab (Centro ricerche in scienze ambientali e biotecnologie) molto attivo su energia ed ambiente sta organizzando la kermesse italiana e per la migliore riuscita ha invitato i cittadini a darsi da fare. Il 10 maggio saranno poi annunciati e pubblicati i risultati a livello mondiale sul sito citynaturechallenge.org. Risultati che - riteniamo - saranno osservati con attenzione, perché arrivano pochi giorni dopo la giornata mondiale della Terra e perché cadono nel pieno di una pandemia che ha una stretta relazione con l'ambiente. «Partecipare è semplice - hanno detto i coordinatori Antonio Riontino e Alessandra Flore. Nei giorni della sfida puoi esplorare il territorio in cui vivi o prendere parte alle escursioni in natura organizzate dagli enti, scatta foto della flora e della fauna selvatica con lo smartphone o con la fotocamera digitale ”. Le foto andranno poi nelle piattaforme, Naturalist.it o Natusfera. Tutto dà corpo da un progetto internazionale per mettere insieme piani di lavoro sulla biodiversità e stimolare la ricerca scientifica naturalistica. Chi partecipa sarà tanto più apprezzato quanto più riuscirà a fotografare il maggior numero possibile di specie in un determinato luogo e momento.
Per l'Italia sono in gara: Trinitapoli, con ente CEA- Casa di Ramsar; Bari, con ente WWF Levante Adriatico; Cisternino, con ente Antropia Associazione - CEA Cisternino; Lecce, con ente WWF Salento; Manduria, con ente Riserve naturali regionali orientate del litorale tarantino orientale; Taranto, con ente WWF Taranto; Milazzo, con ente MuMa - Museo del Mare; Catania, con ente Ente Fauna Marina Mediterranea; Napoli, con ente Città della Scienza; Massa Lubrense con ente Area Marina Protetta di Punta Campanella; Procida, con ente Area Marina Protetta del Regno di Nettuno; Portofino, con ente Outdoor Portofino; Trento, con ente MUSE - Museo delle Scienze; Trieste, con ente WWF Trieste; Bolzano e Brunico, con ente Museo di Scienze Naturali dell'Alto Adige. Accanto a loro come partner o promotori un lungo elenco di Enti tra cui: Ministero della Transizione Ecologica, ISPRA, Federparchi-Europarc, WWF Italia, Aigae (Associazione Italiana Guide Ambientali Escursionistiche) e AFNI (l'Associazione Fotografi Naturalisti Italiani). La Fondazione con il Sud, presieduta da Carlo Borgomeo, è a sua volta partner del Cluster Italia.
Ma oltre al «City Nature Challenge» il tema della biodiversità in questi giorni è al centro del confronto politico sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). L'Italia lo consegnerà all'Unione europea esattamente il giorno che parte la manifestazione internazionale. In vista della stesura finale le associazioni ambientaliste hanno chiesto al governo che la tutela della biodiversità sia trasversale a tutte le missioni proposte nel Pnrr e che venisse considerata in ogni proposta progettuale. Nel testo preparato per il Parlamento il governo ha scritto che l'Italia ha «un ecosistema naturale, agricolo e di biodiversità di valore inestimabile da proteggere». Se dovessero servire, ci sono sempre le foto di una gara fotografica tra appassionati. 


Il problema irrisolto del Deposito nazionale delle scorie e l'atto di accusa della Commissione Ecomafie.

Un intreccio perverso tra normative che mancano, opposizioni e soldi pubblici. I rifiuti radioattivi in ​​Italia continuano ad essere una catena del disvalore ai piedi dei governi. Quello che le ex centrali nucleari hanno prodotto in anni ormai lontani, sono custoditi in siti temporanei tanto al Nord quanto al Sud. Mediamente ben sorvegliati, i depositi contengono materiali destinati a non creare più allarmi e proteste. La Commissione bicamerale Ecomafie ha fatto un quadro a tinte fosche sui residui fisici - è il caso di dire - di uno storico passaggio energetico italiano.Se è vero che tra le competenze del nuovo Ministero della transizione ecologica c'è anche quella di chiudere la partita del Deposito nazionale delle scorie radioattive, è altrettanto necessario provvedervi in ​​tempi rapidi. E sarebbe una svolta epocale, degna di un governo con larga base parlamentare.

"Realizzare il Deposito nazionale, completare il più rapidamente possibile lo smantellamento degli impianti nucleari, mettere l'autorità di controllo Isin nelle condizioni di funzionamento con la massima efficacia" sono le cose da fare ora, dice il Presidente della Commissione Stefano Vignaroli. Il tema in qualche modo si sovrappone alle dichiarazioni del Ministro Roberto Cingolani per un ruolo del nucleare di nuova generazione dentro il Recovery plan. Idee che non piacciono agli ambientalisti i quali ricordano la vittoria del referendum antinucleare del 1987 e le battaglie per lo smantellamento definitivo degli impianti.

La relazione della Commissione Ecomafie è stata approvata all'unanimità, interpretando questo consenso proprio come volontà di arrivare finalmente ad una decisione. Sarà presa a Roma o sarà concertata con Regioni e Comuni? Su questo bisogna andare a fondo. Perché se gli abitanti sui territori sono come quelli espressi ancora due giorni dalla Regione Puglia, di opposizione con tutte le forze alla scelta di individuare l'Alta Murgia come possibile sito per lo smaltimento di rifiuti nucleari »le speranze contenute nel documento dei parlamentari si affievoliscono di molto. L'Alta Murgia pugliese equivale a qualsiasi altro sito, per essere chiari. Una consolidata e trasversale contrarietà attraversa i luoghi adatti al Deposito.E nei luoghi c'è la politica che ha sempre pronte le ragioni del dissenso. Per quanto tempo ancora continuerà? Spostare più avanti nel tempo la soluzione rende l'Italia oltremodo fragile rispetto a scenari di sostenibilità ambientale sicuri e, perché no, di utilità. Non sembrano, infatti, convincenti nemmeno i numeri che girano intorno al futuro deposito: 900 milioni di euro di investimenti, 1000 occupati a regime, 4000 in fase di costruzione, probabili royalties per gli Enti locali.

Il punto è che non si può approcciare un modello di sviluppo e di vita verde senza aver fatto i conti con situazioni di pericolo -vere, temute- per la salute. Di rifiuti radioattivi ce ne sono migliaia in giro per il mondo. Ma per l'Italia che studia da Paese alta sostenibilità un controsenso trascinarsi fardelli così ingombranti che, immaginiamo, il ministro Cingolani vorrà evitare.

La Carta dei luoghi adatti ad accogliere le scorie esiste da tempo. La Sogin, certo gestisce gli impianti, tuttavia la Commissione l'altro giorno ha puntato il dito contro i siti di Saluggia (Vercelli), ITREC di Rotondella (Matera), e CEMERAD di Taranto, ritenuti altamente insicuri e costosi. Mal si concilia, infatti, una condizione di precarietà con il costo di 10 milioni di euro all'anno per ogni deposito. Per giunta con l'Isin (Ispettorato Nazionale sicurezza nucleare) a corto di risorse.

Ed eccoci al buco delle norme. Il Programma Nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi è stato anch'esso approvato, ma non ci sono i decreti attuativi. In pratica il Parlamento deve aggiungere un tassello fondamentale alla decisione finale. In attesa c'è chi come l'Assessore all'Ambiente della Puglia, Anna Grazia Maraschio, dice che i criteri utilizzati per dichiarare idonei i siti individuati nel territorio regionale non hanno tenuto conto degli studi di ricerca più recenti. Si torna più o meno al punto di partenza.

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