
L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni. |
Gli ambientalisti, e non solo i romani, protestano per il modo in cui il comune di Roma procede alla cura del verde nei parchi della capitale. A Villa Pamphilj, il più grande di Roma, vero e proprio polmone della città, hanno formato un comitato di nome "Zona Verde". E 'un movimento nato dal bisogno di custodire il territorio, soprattutto quello dei parchi cittadini, fondamentali, come tutti constatano, in tempi di pandemia.
La novella associazione è costituita da un nutrito gruppo di volenterosi uniti dal desiderio di ridare l'ossigeno che merita alla città. "Grazie all'esperienza del 2020, abbiamo capito ancora meglio, come tutto sia con evidenza interconnesso, come l'entropia possa cambiare radicalmente la qualità della vita e come la salute psicofisica dipenda dal rispetto dell'ambiente e dell'ecosistema", dichiara Maria Elena Carosella, tra i coordinatori del gruppo di volenterosi, e ancora: “La creazione di Zona verde nasce dalla consapevolezza e dalla necessità di salvaguardare l'ambiente, il paesaggio, valorizzare il patrimonio arboreo e boschivo, migliorare la qualità dell'aria. Soprattutto dal prenderci cura dei beni comuni. Siamo cittadine e cittadini di Roma e in queste settimane, a partire dal 16 febbraio, abbiamo assistito con problemi ai lavori di riqualificazione di Villa Pamphilj. Con l'aiuto di agronomi, paesaggisti, architetti, giuristi, educatori, abbiamo approfondito e osservato attentamente lo stato dei lavori. Per allargare varie stradine, che sono cresciute di misura, dentro Villa Pamphilj è stato inserito molto cemento, addirittura a ridosso dei tronchi e sono stati buttati gli scarti sulle aiuole o nel sottobosco, accesi fuochi per eliminazione i rifiuti nel cantiere.
I lavori di manutenzione del verde, soprattutto nel 2021, dovrebbero tener conto dell'ecosistema e conciliare gli interessi delle pratiche umane (piccole manutenzioni, emergenze) con quelli della natura che è la vera protagonista dei parchi. "Continua Maria Elena Carosella:" Riqualificazione dovrebbe significare cura e attenzione per il paesaggio, per i beni comuni, nell'interesse della cittadinanza e delle generazioni future, non certo speculazione o incuria. un esempio per tutti: a volte basta cambiare il tracciato di una strada di pochi metri per salvare un albero che ha impiegato anni per costruire la sua struttura e ci sostiene arricchendoci grazie alla produzione gratuita e costante di ossigeno e bellezza. In primo luogo per la diversa quantità di produzione dell'ossigeno che ci permette di vivere, in secondo luogo per la dimensione delle fronde che portano benefici visibili e invisibili e, visti i problemi climatici attuali, per la profondità delle radici, capaci di trovare acqua lontano dal tronco durante le estati torride delle città. Inoltre "continua:" le specie e le varietà storicamente presenti nei parchi oggi sono introvabili; portare nuovi alberi può significare portare nuovi problemi: introducendo nuove piante, spesso da altri continenti, abbiamo organismi alieni, che distruggono le siepi di bosso come la piralide o le palme come il punteruolo rosso.Il cambiamento climatico non permette di avere garanzie sul futuro: da ora è necessario prediligere lavori di piccola manutenzione alle "grandi opere". Abbattere un grande albero dovrebbe essere considerato un crimine verso l'umanità, perché sottrae alla collettività un patrimonio immenso che sarà difficile ricostruire. La Natura è già stata tanto aggredita e violata negli ultimi secoli. "R improvera al comune di non considerare il parco pubblico una"
creatura vivente "che si, può tenere conto delle esigenze di tutti, ma l'ecosistema, che aveva dato forma ad angoli di paradiso, è stato violato e stravolto da scavi diffusi e ingiustificabili, per violenza e mancanza di cura. "
realizzazione di spazi comuni all'aperto, possibilmente verdi, dove incontrarsi serenamente, respirando aria pulita, una migliore igiene ambientale anche in prospettiva degli anni a venire, per prevenire, in modo naturale, il ripetersi di quello che stiamo vivendo tutti. "Dichiara sempre la Carosella. " Ora abbiamo un motivo essenziale per difendere gli spazi verdi: c ontinuando a distruggere e saccheggiare la terra anche l'umanità rischia seriamente di estinguersi è i l momento di entrare in azione per il futuro di questo parco e - in prospettiva - del verde di tutta la città e del pianeta che ci ospita. ", conclude.
Zona Verde Villa Pamphilj
https://www.facebook.com/groups/833866853902468
Polemiche e ricorsi per una legge che limita le installazioni.
La ricerca di una sintesi senza mercanteggiamenti è forse la partita più difficile che dovrà giocare il Ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani. Per raggiungere gli obiettivi della decarbonizzazione e ben spendere un terzo dei soldi del Recovery fund, nei prossimi mesi dovrà mostrare doti di mediatore e decisore al tempo stesso. La Regione Basilicata gliene sta dando l'occasione con una guerra alle pale eoliche. Più di cinquanta associazioni ambientaliste si sono rivolte alla Corte costituzionale affinché metta ordine nelle nuove installazioni. In mezzo c'è la Regione guidata da Vito Bardi che in quanto a questioni energetiche ed ambientali da venti anni è il territorio simbolo del fabbisogno energetico italiano. Mentre in Val d'Agri Eni e Shell continuano, infatti, ad estrarre petrolio, ci sono aziende pronte a creare nuovi parchi eolici sui crinali delle montagne. Uno scempio selvaggio, hanno scritto gli ambientalisti, sollecitando della Corte Costituzionale. Assistono sconvolti alla devastazione di quel paesaggio che soltanto due anni fa ha visto Matera Capitale europea della cultura. E nella lotta anti eolico c'è anche il Parco della Murgia materana, molto impegnato sui temi della sostenibilità. Ci mancherebbe! molto impegnato sui temi della sostenibilità. Ci mancherebbe! molto impegnato sui temi della sostenibilità. Ci mancherebbe!
Il cuore del problema è in una proposta di modifica della legge regionale sulla produzione di energia da fonti rinnovabili. Si autorizzano nuove installazioni, ma se ne limita la potenza e si salvaguardano i diritti esistenti. In sostanza, scrivono le associazioni, la Regione sta cercando di limitare le nuove installazioni contro le richieste delle aziende interessate a crescere. Il tema si è ingarbugliato proprio rispetto all'anticipazione del Ministro Cingolani sulla transizione green.
“La produzione di energie rinnovabili è di basilare importanza , ma è altrettanto importante tutelare il paesaggio, punto di forza del nostro territorio" dice Michele Lamacchia, Presidente del Parco della Murgia. L’iniziativa legislativa vuole ridurre l'impatto paesaggistico in un contesto dove i punti di forza sono il turismo, la cultura e l’ambiente. A sostegno dello stop ci sono anche i dati del Gestore Servizi Energetici (GSE) che nel 2018 ha contato tra le province di Matera e Potenza ben 1412 aerogeneratori. Un business compulsivo ,si legge nella lettera alla Consulta , favorito dalla mancanza di un Piano Paesaggistico regionale. L’energia eolica è stata concepita "non come alternativa al fossile, bensì come complementare ad esso, visto che è stato impiantato nelle aree ove insistono siti petroliferi o dove si prevedono nuove prospezioni". Una bella contraddizione: Fatto sta che il territorio è malconcio, bistrattato, con ricadute sulla salute, l’acqua, la biodiversità e l’agricoltura. E gli industriali ? La Confindustria lucana replica che la proposta della Regione è in contrasto con gli obiettivi nazionali ed europei in materia di sviluppo delle fonti rinnovabili .Per rispettare le indicazioni europee i nuovi impianti ci vogliono eccome, senza limitazioni di potenza o altri artifici. Chissà quando la Consulta si esprimerà, in ogni caso le imprese vedono compromessi, “per effetto della previsione dei limiti di potenza installabili , i loro programmi di investimento”. Il Ministro Cingolani sta lavorando al piano di transizione ed ha stimato un fabbisogno di 80 miliardi di euro, nonostante le perplessità suscitate dalle sue dichiarazioni sui tempi e sul mix energetico con le fonti fossili. Ma come si fa a procedere in un programma ambizioso con una Regione contro? E’ solo la Basilicata o se ne altre a negare la svolta verde italiana? Attenzione, noi non siamo contro le energie alternative -spiegano gli ambientalisti - ma in Basilicata sono stati commessi un affronto al territorio e una lacerazione al tessuto sociale che meritano una seria riflessione». La dovrà fare senz'altro il Ministro Cingolani a cui va ricordato che se l’Italia green é affidata anche alle mani dei giudici, non c’è da stare per niente tranquilli.
Nel 2020 l’Italia ha speso 2,2 miliardi di euro per importazioni di prodotti ecosostenibili. Intanto il governo pensa al nucleare.
Il Ministro Roberto Cingolani ha detto in Parlamento che entro l’estate presenterà il suo piano per il passaggio alla new green economy. Ai deputati e senatori ha anticipato comunque le linee lungo le quali si sta muovendo e che includono tutte le fonti rinnovabili, compresa la fusione nucleare. Su quest’ultima gli ambientalisti hanno fatto sentire subito la loro voce contraria.
Un punto rimasto un po’ in ombra - e che deve far pensare - nella linee guida del nuovo Ministero della transizione ecologica , è stato il deficit tecnologico con cui l’Italia fa i conti. Tanto per dire , il 2020 è stato l’anno in cui il Paese ha speso più di 2 miliardi di euro in import low carbon. Si è trattato di un anno bifronte , povero di aiuti alla ricerca ,con - 10 % nei consumi di energia, -12% di emissioni di CO2 ,ma con +27% di importazioni di tecnologie verdi. Il Report trimestrale dell’ENEA ci ha detto che per avere un sistema rigenerato bisogna mettere in campo tutto ciò che riduca l’incidenza degli acquisti esteri. Cingolani ne ha fatto cenno ma il tema - a mio parere- è una priorità assoluta. In vista dell’ attesa decarbonizzazione , l’Italia fa acquisti esteri per veicoli elettrici, ibridi, batterie e accessori collegati. Buoni acquisti ,intendiamoci, per far fronte ad una domanda crescente di sostenibilità. Ma sono soldi che potrebbero essere investiti nella ricerca. Una vera transizione green avrà bisogno di applicazioni ,laboratori avanzati, tecnologie a basso impatto. Le risorse che i governi vi hanno destinato finora, sono irrisorie e per giunta sparse in capitoli di bilancio dei vari Ministeri. Cosa impedisce di mettere mano ad un piano della ricerca green aggregata, unico, credibile e di medio-lungo periodo? Certo non i cervelli che puntualmente vanno all’estero a farsi valere. In un solo anno il disavanzo tecnologico italiano è cresciuto del 60% rispetto al 2019, scrive l’Enea. Un messaggio assai poco rassicurante alla politica che accentua in negativo il confronto con altri Paesi europei .
Nel 2020 l’indice ISPRED della stessa Enea ( la misura dell’ energia in rapporto a prezzo e sicurezza degli approvvigionamenti) è migliorato, ma il contesto è da rivoluzionare. L’energia primaria è calata del 60% . Abbiamo viaggiato meno in auto ed aereo, ma abbia continuato a consumare gas . Le installazioni di nuova capacità elettrica rinnovabile ,però, sono drammaticamente 1/4 di quanto necessario per raggiungere gli obiettivi europei verdi al 2030. Cingolani ha preso tempo per far svoltare il Paese, ma le autorizzazioni per nuovi impianti vanno date subito.
Di tempo a disposizione non ne resta molto. Anche la tempistica dell’Ue sull’impegno delle risorse del Recovery plan al 2026 richiede azioni rapide nelle quali dimostrare capacità progettuale e sintesi industriale. Ma qui va sciolto il grande nodo politico delle infrastrutture , delle conoscenze applicate, dei servizi. La transizione ecologica è stata reclamata e posta a pilastro del governo Draghi ,per bizzarro contrappasso dai tanti che in passato hanno acceso i disastrosi fronti del NO. Stagione completamente finita ? Ce lo auguriamo. In special modo quando vediamo che le aziende sono più veloce dello Stato a competere. Può piacere o no, ma il progresso ha sempre sempre richiesto fonti di energia nuove, continuative, impianti adeguati a soddisfare esigenze di ogni tipo. A volte basta fare autocritica, ascoltare chi sa di cosa parla, senza presunzione e demagogia. ****
Il progetto “we Tree” per aree verdi intitolate a donne impegnate.
Il primo a sottoscrivere il progetto è stato il Sindaco di Milano Beppe Sala. La sua città insieme a Torino, Palermo e Perugia è tra le più avanti in fatto di sostenibilità ed ora è partner di 'we Tree', promosso da donne.
Personalità note, impegnate a costruire città qualitativamente migliori, a partire da nuove zone verdi. L'impegno femminile di questi tempi può fare ancora di più la differenza rispetto a tante iniziative annunciate e poi smarrite nel mare magnum dell'ambiente . llaria Borletti Buitoni, è la Presidente di 'weTree' e con Maria Lodovica Gullino, direttrice del centro Agroinnova dell'Univeristà di Torino e Ilaria Capua, direttrice del Centro di Eccellenza One Health dell'Università della Florida, divide la
responsabilità di uno schema operativo che viene proposto alle Amministrazioni comunali.
I piccoli ma significativi passi che i primi cittadini possono compiere sono boschi urbani, buone pratiche quotidiane, rispetto per la natura, con l'obiettivo finale di costruire ovunque aree verdi attrezzate. In occasione della recente Festa della donna dell'8 marzo il progetto è tornato di attualità suscitando l'interesse di altri sindaci e sindache.
I Comuni che aderiscono a 'We Tree' annanno dall'inizio che l'area verde che andranno a costruire dovrà essere intitolata a donne che si sono distinte con le loro attività per una società migliore. Le piante costituiscono l'80% del cibo che mangiamo e il 98% dell'ossigeno che respiriamo è prodotto da queste.
Forti delle proprie conoscenze le promotrici ci hanno ricordato che la pandemia ha rafforzato una consapevolezza: "la nostra salute e quella del pianeta vanno al braccetto, anche e soprattutto in città, tanto che la diffusione e conseguenze del Covid 19 parrebbero essere influenzate dalla qualità dell "aria".
Ilaria Capua - ambasciatrice del progetto- d'altra parte non perde occasione per evidenziare lo stretto rapporto che intercorre tra la diffusione delle pandemie e i livelli tossici ambientali. Nel 2020 diversi studi hanno documentato come la pianura padana abbia pagato un tributo alto in contagi e vite umane proprio a causa dell'eccessiva presenza di smog nell'aria.
A Torino sta per nascere il Bosco degli altri intitolato a Lia Varesio, donna fortemente impegnata nella scomparsa sociale nel 2018. a Milano il Vivaio Bicocca ospiterà il Bosco delle STEM ; a Palermo sarà ampliato l'Orto Botanico ; a Perugia si avrà migliore cura dei cipressi del Tempio di Sant'Arcangelo .
Questi sono i casi più concreti di articolazione dell'iniziativa improntata, se vogliamo, a principi di microsostenibilità fruibili in spazi urbani.
Ma i sindaci, le sindache, potranno non essere soli. Altro scopo del progetto è, infatti, la nascita di comitati di cittadini che sproneranno le Amministrazioni a partecipare. Due finalità intrecciate - realizzazione e aggregazione - che la politica locale dovrebbe saper cogliere "perché prendersi cura del pianeta non significa soltanto tutelare l'ambiente, ma anche prevenire le malattie dell'uomo, ridurre la povertà e dare impulso allo sviluppo economico locale".
In queste settimane di eccitazione ecologica per gli effetti della politica nazionale, si rafforza l'invito delle promotrici ad aderire. E 'facile, dicono, con 1800 battute si può mandare il "concept" del progetto che riguarda la comunità propria all'indirizzo This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it. . < This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.> ; La proposta sarà messa in rete come modello di buone pratiche per chi ancora non ha scelto.
Prorogati gli incentivi per nuovi impianti nelle campagne. Pronti 5 miliardi di investimenti.
Un combustibile pulito che trova posto nella nuova strategia energetica italiana. Il biogas è una fonte da valorizzare insieme alla capacità del mondo agricolo di saperla produrre. Il Parlamento se ne stava già occupando prima dell'istituzione del nuovo Ministero della transizione ecologica. La notizia è che la Commissione Agricoltura della Camera ha prorogato per tutto il 2021 gli incentivi a favore delle aziende che costruiscono nuovi impianti. Grazie ai contributi statali potranno realizzare strutture capaci di produrre fino a 300 KW, alimentati con sottoprodotti da attività di allevamento. Le nuove strutture rilasceranno energia elettrica da mettere nella rete nazionale di trasporto a tutto vantaggio di famiglie ed imprese.Un percorso più snello per arricchire l'offerta di fonti alternative.
La proroga degli incentivi è stata richiesta dal deputato Cinquestelle Gianpaolo Cassese, con un emendamento al decreto Milleproroghe. Ma l'attenzione verso una maggiore diffusione del biogas era stata richiesta dal Consorzio Italiano Biogas nell'audizione in Parlamento sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Lo sviluppo del biometano agricolo, secondo le stime, può contare su un impatto positivo occupazionale di circa 16.000 occupati. A loro si aggiungono altri 70-80 mila lavoratori dell'indotto. Il Consorzio che conta oltre 970 aziende associate con una capacità di 500 megawatt di potenza, da tempo si è candidato come protagonista del mix energetico italiano.In particolare gli incentivi che lo Stato riconosce le condizioni favorevoli all'impiego del biogas nei settori difficili dell'elettrificazione. Nello sfruttamento della risorsa in tutta la filiera agricola, c'è anche il problema della riconversione degli impianti esistenti. In sostanza altri soldi da mettere in circolo.
«La riconversione degli impianti di produzione di biogas potrà stimolare investimenti privati per circa 5 miliardi di euro, favorendo Entrate Fiscali per circa 1 miliardo di euro- ha spiegato Piero Gattoni, Presidente CIB,“ A favore delle aziende agricole il biometano rafforzerà la loro multifunzionalità, di evitare fenomeni di abbandono delle zone rurali e aiuta al contrasto alla desertificazione dei suoli e al dissesto idrogeologico. Come esempio positivo viene citato il progetto “Farming for Future. 10 azioni per coltivare il futuro ”. Grazie ad azioni e tecnologie in uso, le emissioni dirette da agricoltura si riducono del 32% rispetto agli stati attuali. Da tenere presente, quindi. Perché nel governo Draghi la svolta verde si misurerà sulla volontà di mettere insieme per i prossimi anni un sistema con più «motori» di energia, fino ad arrivare alla predominanza delle rinnovabili sui fossili. Ci vuole tempo, ma é necessario ripartire e con il piede giusto.
La crisi climatica e la priorità ambientale per il futuro del Paese, scrive il Comitato «La Scienza al voto».
I Cinquestelle sono soddisfatti. Chi crede nella competenza al potere, anche. Il Ministero della transizione ecologica è stato creato e vedremo nelle prossime settimane quale configurazione assume rispetto alle dichiarazioni del Presidente del Consiglio Mario Draghi all'annuncio della lista dei Ministri. Nei tre anni che abbiamo alle spalle su alcune questioni decisive sull'ambiente e sulla sostenibilità, spesso la competenza è mortificata. Annullata da suggestioni ideologiche che non hanno prodotto nessun risultato utile. Eppure, sia al Ministero dello Sviluppo Economico (ora Depotenziato delle Competenze sull'Energia) che al Ministero dell'Ambiente, ci sono stati esponenti Cinquestelle.Sono stati contrari a tante iniziative proposte da persone competenti, ritardando operazioni vantaggiose per la comunità. Sergio Costa dal Ministero dell'Ambiente è stato il severo Signor No a nuove infrastrutture. L'insistenza di Beppe Grillo sul nuovo Ministero green, in fondo, somiglia molto ad una penitenza personale e del Movimento.
Un merito - nonostante tutto il resto - da riconoscere alla pandemia è stato l'accelerazione a ricreare nel sistema politico -decisionale un giusto equilibrio tra scienza e potere. Sicuramente Draghi imprimerà al suo esecutivo un approccio al NextGeneration EU diverso da quello del governo Conte. L'Italia non può rischiare di essere bocciata a Bruxelles. Non solo perché riceverà la maggior parte dei fondi europei disponibili, ma perché è il Paese che deve correre di più verso un sistema di economia circolare.
Il Comitato scientifico 'La Scienza al Voto' due giorni fa ha inviato una lettera aperta ai partiti che sostengono il governo Draghi. Tutte le azioni che il nuovo governo intende promuovere promuove tenere d'occhio il clima. Nessun processo di revisione industriale potrà trascurare gli agenti climatici invasivi. «D'ora in avanti - dice Antonello Pasini, fisico del clima e Coordinatore scientifico del Comitato La Scienza al Voto- c'è bisogno di provvedimenti scientificamente fondati. Il rischio principale è di non centrare gli obiettivi che le evidenze scientifiche impongono di raggiungere.
Il COVID ha segnato un passaggio irreversibile per quanti avevano diffidato della forza della scienza. Con i soldi del Piano di recupero bisognerà accantonare qualsiasi supposizione sull'utilità della ricerca e dei saperi nella tutela dell'ambiente e della salute. Ai tavoli politici prima del varo del governo è emersa una disponibilità ad impegni comuni. Non si può ignorare che «la crisi climatica e ambientale rappresenti una priorità per il futuro del paese» si legge nel documento diffuso dagli scienziati. Il documento ha il pregio politico di richiamare un precedente accordo su clima e sviluppo firmato da tutti i partiti presenti in Parlamento alla vigilia della legislatura. «Ma ora forse, grazie alla positiva esperienza nella lotta al Covid - aggiunge Pasini - è arrivato il momento di metterlo in pratica, quell'accordo. »
Non c'è dubbio che il momento sia più favorevole. E non c'è nemmeno bisogno di ricordare che la gran parte delle risorse europee debbano essere destinate a queste finalità per dare credito al nuovo governo. Il fatto è che gli italiani hanno sotto gli occhi la qualità dell'ambiente, delle loro città, delle patologie legate all'inquinamento per non sperare in un rapido cambiamento.
I ritardi accumulati sui piani clima, sul risanamento dei territori, sulla lotta alle ecomafie, sugli impianti rinnovabili, sulle nuove, essere un ricordo. Alla fine saranno la credibilità e il prestigio di Draghi a fare la differenza. Con i competenti, ovviamente.
Prova di regolamento per limitare le emissioni di Co2 nei cieli. Il contesto del Green New Deal e le nuove tecnologie.
Inquinano e per questo vanno messi sotto osservazione. Far diventare sostenibile il trasporto aereo è una battaglia che l'Unione europea ha avviato da tempo. Ma come in tutte le azioni che toccano interessi nazionali, partecipazioni finanziarie, persone, ci si muove con i piedi di piombo. Ai Commissari europei, tuttavia, la caparbietà su alcuni temi non manca. Per quest 'anno sono arrivati ad adottare un regolamento per il progetto CP1, preludio ad una regolazione meno impattante dei voli. Chissà se nel giro di qualche anno viaggeremo su aerei che scaricheranno meno Co2. Una speranza, a patto che tutti marcino in una sola direzione.Non basta partecipare al progetto, infatti, ci vuole una buona dose di operatività per aiutare a non avere più cieli sporchi.
Oltre ad essere consapevoli che la vita del pianeta è seriamente in pericolo. La Commissione vuole rendere i voli- almeno nei cieli europei- più efficienti.
Prima di vedere risultati concreti passerà un po 'di tempo perché dal 1 febbraio è partita solo la fase sperimentale. Il programma, riporta l'Agenzia di stampa Aise, si concentrerà sulle più promettenti innovazioni tecnologiche e operative di gestione del traffico aereo. Sarà stabilito un calendario di attuazione che richiederà il rispetto del rispetto di regole precise da parte di compagnie aeree, aeroporti e fornitori di servizi di navigazione aerea.
Tutto si svolge dentro quel grande contenitore della sostenibilità che è diventato il Green Deal Europeo «Accelerando l'attuazione di soluzioni tecnologiche innovative il CP1garantirà traiettorie di volo più dirette, e quindi più efficienti in termini di consumo di carburante. Consentirà agli aeromobili moderni di sfruttare appieno i vantaggi di tecnologie più ecologiche e meno rumorose ”, ha detto Adina Vălean, Commissaria per i Trasporti. L'Unione europea fornirà finanziamenti per avere l'efficacia di un disegno operativo che tocca interessi diffusi, ma risponde anche alle rivendicazioni del mondo ambientalista.
Da anni i voli aerei sono nel mirino a causa delle emissioni di scarichi di carburante in atmosfera. Molte associazioni in diverse occasioni hanno boicottato le trasvolate oceaniche o semplicemente rotte tra i Paesi europei. Ovvio che se Greta Thunberg sceglie un catamarano per andare negli USA, non tutti possono fare la stessa cosa. Comunque è nel background degli ecologisti la clamorosa inchiesta del Guardian secondo cui un volo di andata e ritorno da Londra a New York disperde nell'atmosfera 986 kg di anidride carbonica per ogni passeggero. Oppure che un Milano-Roma della durata di 1 ora immette nell'ambiente 129 kg di CO2 a persona.Più recentemente l'Airports Council International, l'associazione commerciale degli aeroporti nel mondo, prima del Covid gioiva per la crescita dei viaggiatori aerei. Ma trovava sull'altro versante l'Agenzia Europea per l'Ambiente che indicava nel 13% le emissioni di CO2 mondiali del trasporto aereo. In pratica, vista la quantità dei viaggiatori, il numero delle compagnie aeree, le esigenze di spostamento globale, la quantità di aeroporti, il progetto dovrà avere la forza di capovolgere una precedente classifica della Commissione Europea, che metteva al 10 posto tra le industrie più inquinanti in Europa una famosa compagnia low cost.
Le perforazioni di petrolio e gas sono tornate di attualità e spuntano anche nella crisi del Conte 2.
La Puglia intanto dice no.
Chi si ricorda del referendum? Le trivelle hanno lavorato per anni sulla terra e in mare, ma il governo giallorosso di Conte non ha le idee chiare. Magari in questi giorni di crisi strisciante bisogna ringraziare Matteo Renzi e Italia Viva se le trivelle per gas e petrolio non si fermeranno. La memoria politica si rivela corta, ancora una volta. Con la pandemia che ha messo in ginocchio l'economia, fino a che punto gli italiani, l'economia nazionale, potrà fare meno di petrolio e gas nazionali, nonostante le giuste ambizioni green?
Le fonti rinnovabili sono il futuro e nessuno lo nega. Ma quali sono i tempi della rivoluzione green che Conte ei suoi divulgano tutti i giorni? Cessata la moratoria in vigore fino ad agosto prossimo, prenderemo dall'estero gas e petrolio di cui abbiamo bisogno per vivere e lavorare senza scavare sul nostro territorio?
Il governatore pugliese Michele Emiliano è ritornato sul fronte del NO. Sarà il clima di antagonismo tra Regioni e governo per il Covid, le particolari battaglie ambientaliste da lui condotte, ma Emiliano ha deciso di dare una mano al governo sul blocco alle perforazioni. Di sicuro è amareggiato per la disfatta subita con il gasdotto TAP appena entrato in funzione nella sua Puglia. Pochi giorni fa il governatore ha scritto a Conte difendendo il mare contro le piattaforme. Siamo contro le trivellazioni, siamo per la decarbonizzazione, per il coinvolgimento delle persone nelle scelte che impattano sul territorio, ha scritto a Roma. "La strategia energetica del nostro Paese è uno dei nodi principali da affrontare e che non può avere incertezze o ritardi.Fondamentale è stabilire un indirizzo politico chiaro e univoco rispetto alle scelte da adottare anche in considerazione degli impegni internazionali e nazionali finalizzati al contrasto ai cambiamenti climatici ”.
È evidente che la Regione si augura che la posizione di Emiliano trovi spazio nelle polemiche intorno ai soldi del Fondo di recupero per la svolta sostenibile del Paese. In buona sostanza la proiezione di una battaglia regionale sulla scena nazionale. Peccato che il governo non abbia idee chiare su asset strategici come quello energetico. E non è un mistero se i Cinquestelle mentre mordono il freno su alcuni NO ad infrastrutture essenziali, devono anche salvare Conte.Basta chiedersi dove sono finite le famose schede del Piano Colao per la ripresa post Covid su sostenibilità, economia circolare, rinascita green per rispondere che l'Italia su questi temi è bloccata.
La politica non esprime la visione di un futuro sostenibile, capace di garantire progresso e sviluppo. Finora ha fatto fughe in avanti. Sostiene tendenze agitatorie inconcludenti, piuttosto che mettere i piedi per terra in settori così decisivi per la collettività. Una cosa è certa in tanta confusione: il blocco delle trivelle è una grande opportunità per i Paesi esportatori di greggio e gas. Osservano l'Italia e sono ben contenti di continuare a venderci le energie fossili necessarie a far andare il Paese. Per molti anni ancora.
Il Rapporto nazionale sui pesticidi denuncia una situazione fuori controllo. La pianura padano-veneta la più colpita.
Erbicidi a tutto spiano, acque contaminate e controlli ancora insufficienti. È così che la pianura padana - veneta è risultata particolarmente inquinata nelle analisi dell'Ispra: il Sistema per la Protezione dell'Ambiente. I dati diffusi a fine 2020 aprono la speranza ad interventi ed azioni più severi sui territori, da Nord a Sud. Il Rapporto nazionale pesticidi è frutto di 4.775 punti di rilevazione e 16.962 campioni. Uno spaccato interessante su cosa succede nelle acque superficiali italiane.
Passato finora un po 'sotto silenzio il documento è l'ennesimo campanello d'allarme sullo stato dell'ambiente italiano, tema che starebbe più a cuore alla politica. Intanto non è necessario scaricare in grandi quantità i fertilizzanti per compromettere migliaia di ettari di campagna. Gli effetti di cui le autorità si sono preoccupati poco, si hanno anche con concentrazioni di sostanze molto basse. Da un elenco di 426 possibili prodotti tossici, le indagini nei campi ne hanno trovate circa 300.
Nella pianura padana-veneta, al centro già di inchieste sull'acqua inquinata, i pessimi risultati derivano dalle intense attività in agricoltura e dalla particolare situazione idrologica dell'area. Il Rapporto contiene i dati di tutte le Regioni e l'altra particolarità è che gli erbicidi hanno fatto danni anche in zone dove prima non si trovavano. Ebbene, Regioni e Ministero dell'Ambiente ora sanno da dove cominciare.Più nello specifico in un anno si è scoperto che "415 punti di monitoraggio (21% del totale) hanno concentrazioni superiori ai limiti consentiti. Come? Mediante erbicidi glisolfati e fungicidi tra i più pericolosi. Dietro tutto questo c'è il business miliardario delle vendite di fitosanitari che solo nel 2018 sono state di 115 mila tonnellate. Chissa se il pregio più grande del Rapporto Ispra sta nel cercare di fermare la vendita di sostanze così nocive.
Una rivoluzione lenta, iniziata qualche decennio fa. L’idrogeno sarà davvero l’ energia del futuro? L’Unione europea ci crede e promuovendola ha messo in moto decine di iniziative industriali. Non c’è company che negli ultimi 24 mesi non abbia programmato investimenti di lungo termine per veicolare nei prossimi anni l’idrogeno nelle case e nelle aziende. Gli esperimenti si accavallano , creano una specie di network spontaneo sulle soluzioni più adatte e – perché no -remunerative.
In questo scenario sta facendo il giro del mondo la notizia del primo battipista delle nevi italiano ad idrogeno. Si chiama Leitwolf. L’azienda altoatesina Prinoth ( Gruppo HTI) che lo produce conduce i test sulle piste regionali nei giorni in cui gli impianti sono chiusi. Spera chiaramente nel successo commerciale, quando la situazione migliorerà. Le prove stanno dando soddisfazione con un motore da 544cv e le informazioni diffuse sono performanti. In montagna le campagne sulla sostenibilità e l’uso delle fonti non inquinanti da tempo sono negli standard operativi delle aziende legate al turismo, sia invernale che estivo.
La fabbrica con sede a Vipiteno vuole essere modello per un sistema di approvvigionamento e consumo alternativo alle fonti fossili . “ Per noi la sostenibilità non è uno slogan, ma un impegno”, spiega Anton Seeber, Presidente del Gruppo HTI. Il mezzo a idrogeno viene lanciato come precursore delle attrezzature da usare sulle piste. In realtà già da qualche anno HTI ha scelto un sistema integrato di tecnologie e mezzi a basso contenuto di Co2. Gradualmente si sono mossi in un contesto territoriale congeniale alla sperimentazione.
Alimentare i motori soltanto con l’idrogeno è la scommessa dei prossimi anni . Il funzionamento si basa su celle a combustibile nelle quali l’idrogeno si combina con l’ossigeno dell’aria. Si produce, dunque, energia che si converte in elettricità. I vantaggi ambientali sono indiscutibili, a tal punto che alcune case automobilistiche e di accumulatori hanno pubblicato dei vademecum per spiegare come i motori a idrogeno saranno una risposta concreta all’abbattimento di Co2 nella mobilita urbana. Si studiamo ancora i processi di produzione e le commodity di massa. Per ora cominciamo a vedere come va sulle nevi dell’Alto Adige.
Eccellenze e negligenze. In fatto di ambiente, green economy, energie, lo Stato italiano è diviso tra chi è preparato e chi no. Tra chi ha capacità e competenze specifiche e chi le deve acquisire. C’è bisogno di colmare lacune e aggiornarsi. Le speranze maggiori per la nuova Scuola per lo sviluppo sostenibile per le Regioni sono concentrate tutte sulla forza di insegnare e far progredire gli impiegati della Pubblica amministrazione. Una rivoluzione già tante volte annunciata, ma sempre rimasta al palo. Nemmeno l’attuale Ministra Fabiana Dadone è riuscita ad andare oltre buone promesse.
La scuola verrà inaugurata il 16 dicembre dal portavoce dell’ASviS Enrico Giovannini e dal Presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini. Il primo obiettivo è di fornire a dirigenti e funzionari delle Regioni e delle province autonome gli strumenti per garantire la coerenza della programmazione e attuazione territoriale con gli Obiettivi dell’Agenda 2030. In mezzo ci sono politiche nazionali ed europee su cui bisogna essere preparati, come dimostrano le recenti vicende sul Recovery Fund. Ma la scuola dovrà fornire le conoscenze per definire traguardi, strumenti, priorità e azioni. Per non restare indietro rispetto agli altri Paesi, ma principalmente per dare risposte ai cittadini. Ai milioni di italiani preoccupati della qualità della vita , del clima, degli impatti ambientali , da molto prima del Covid 19. Sono al corrente che il loro Paese negli ultimi venti anni ha collezionato primati assai tristi in ritardi , soldi non spesi, sanzioni e multe ambientali.
Sono sempre stato convinto, ha detto Stefano Bonaccini, che la prospettiva dello sviluppo sostenibile, sia un percorso necessario per un’azione di governo efficace. Che sul passaggio ad un nuovo modello di sviluppo sostenibile si possa fare a meno delle articolazioni democratiche dello Stato è una convinzione astratta. Le istituzioni devono saper esprimere qualità per orientare i processi, a maggior ragione quando le iniziative sono sostenuti da fondi pubblici. D’altra parte sono evidenti i segni di certe élite al governo prive di cultura e saperi specifici. L’ASvis ,ovviamente , è un partner qualificato per incidere nella maturazione ecosostenibile della Pubblica amministrazione. Dovrà misurarsi con le capacità e la tensione organizzativa interna alle Regioni per far emergere una visione generale.
Da tempo sentiamo parlare di Stato imprenditore, senza registrarne ,purtroppo, un capacità autentica fattuale. Rimuovere stantie pratiche burocratiche da interi reparti degli enti territoriali sarà l’ostacolo più grande da superare. E la politica ? Ha il dovere di porre la pubblica amministrazione alla guida di questa ‘rivoluzione” di scenario ,dice Bonaccini. Non è azzardato pensare che dovrà essa stessa fare qualche passo indietro o di lato per non fagocitare le buone pratiche che i funzionari pubblici dovranno mettere in campo. Le tentazioni distorsive degli apparati politici sui temi dell’ambiente hanno finito con il favorire speculazioni e malaffare.
“La creazione di un percorso di formazione per chi sarà chiamato a prendere decisioni a livello territoriale è in linea con la missione dell’ASviS , ha spiegato Enrico Giovannini. Temiamo che Il cambiamento culturale , ancorché gerarchico, sarà l’ostacolo più grande. Forse l’unico – arrivati a questo punto - che potrà riscattare la dignità di istituzioni nate 50 anni fa per non sentire oltre il peso di uno Stato centralista. Più vicino a noi c’è la battaglia dei fondi del Recovery Fund. La PA è fuori dalla mischia ancora tutta interna ai partiti. Ma sarà coinvolta in tutto. Oggi è del tutto priva di una visione strategica sull’ambiente , su modelli sociali ed organizzativi avanzati. La recente analisi della School of Government della Luiss ha messo nero su bianco le cose da fare e con urgenza. Non aver paura di decidere,digitalizzazione spinta, dialogo con privati e imprese, rinnovamento generazionale sono i capitoli di un percorso di resilienza con una vision che stavolta non può essere lasciato negli archivi . Manco a dirlo, della PA.
![]() |
Procida |
L’exploit di Procida tra le finaliste per il titolo 2022 nell’originale valutazione di Gabriele Muro. Chef , tra i più in vista a Roma, in cucina usa le materie prime incontaminate della sua isola.
Il conto alla rovescia è cominciato. Un misterioso starter controlla dieci città, da Nord a Sud. Le aspetta ad un traguardo nazionale dove arriveranno dopo aver mescolato storia, tradizioni, qualità della vita, ambiente. Qualcosa di bello ed ancora possibile in un Paese martoriato dall’epidemia. Forse proprio perché c’è stata la pandemia, il titolo di Capitale italiana della cultura è più ambito di prima. Nulla da fare per il 2021, giacché Parma mantiene il titolo per un altro anno. Dopo un 2020 disastroso a causa del Covid, è giusto non passare la mano.
Il countdown per il 2022, però , corre veloce verso il 14 gennaio. Quel giorno al Ministero dei Beni Culturali, una giuria di esperti dovrà scegliere tra Ancona, Bari, Cerveteri ,L’Aquila, Pieve di Soligo ,Procida, Taranto, Trapani ,Verbania, Volterra. Chi più chi meno - a quel che si sa - giocherà la carta delle tradizioni e della sostenibilità ambientale. Matera capitale Europea della cultura, insegna.
La novità assoluta è che per la prima volta tra le finaliste c’è un’isola: Procida. Approdo mediterraneo suggestivo, sostenuto nell’impresa da tutta la Campania. È molto amata Procida e tanti si ingegnano ora per battere le concorrenti. Il déjà vu di intellettuali e politici, testimonial della partecipazione, ci ha spinti a starne un po’ lontani, e non per disprezzo. Un desiderio autentico forse lo trovi meglio in chi combatte la nostalgia con la creatività. Allora , perché non andare da un novello creativo, di quelli che amalgamano fantasia, ingredienti, passione, natura. Uno chef ,insomma. Uno che quando prepara i piatti non dimentica da dove viene e lo fa capire a tavola.
Al ristorante Adelaide del Vilòn Luxury Hotel di Roma, l’Executive Chef si chiama Gabriele Muro ed è procidano doc. Lontano dalla sua terra in queste settimane batte il tempo del verdetto ministeriale sperando nella vittoria. Ovvio. Lo abbiamo cercato e ci dice subito di aver già creato una ricetta speciale per Procida Capitale della cultura. Nel suo lavoro continua a mettere i profumi e i colori dell’isola che ha lasciato per girare il mondo.
Quando lavora non bara, ma cosa vuol dire realmente vincere quel titolo ? “ Essere arrivati tra le 10 finaliste è già un bel traguardo, mi riempie di orgoglio. Fino a qualche anno fa non erano molti coloro che riuscivano a cogliere la bellezza di Procida. Più di qualche volta mi è capitato dover spiegare dove si trovasse. Ma come il più bello dei fiori rari, non poteva rimanere inosservata. È diventata sempre più meta di visitatori appassionati del bello, di storia, arte , tranquillità e di una cucina mediterranea ricca di gusto. Un isola che non isola.” Già perché il dossier per il Ministero,raccoglie anche l’habitat e la particolarità dei Campi Flegrei, di fronte all’isola. Ancora suggestioni e aromi.
Muro, quali sapori naturali, puliti, ci sono nella Sua creatività ? “Tutto. E' da lì che nasce ogni cosa. L'ispirazione parte dalle materie prime della mia terra e dal pescato dell'isola. Con mio padre, appassionato di pesca, ho imparato ad apprezzare ogni tipo di pesce in tutte le sue parti. Nei piatti cerco sempre di dare risalto estetico ricavato dalle materie prime trattate con il massimo rispetto. E poi i colori che sono una caratteristica dell'isola, sono qualità fondamentale della mia cucina. “
![]() |
lo chef Gabriele Muro |
Racconta dei tanti ingredienti puri di Procida, serviti a centinaia di clienti dell’Adelaide. Si dice benevolmente contaminato da un territorio forbito che può suggestionare la giuria del Premio. Allo stesso modo in cui i sapori dell’isola hanno catturato altri giovani chef. Se la sente, allora, di riunire altri colleghi per rafforzare la candidatura ? “ I procidani da sempre sono stati dei grandi viaggiatori. Molti ragazzi lavorano nella ristorazione e portano la nostra cultura gastronomica in giro per il mondo. Di sicuro uno è Marco Ambrosino, un bravo chef che come me, fa della "procidanità" un vanto e un arma in più da usare a tavola. Abbiamo mosso i primi passi insieme. Con lui e con tutti i ristoratori storici di Procida, possiamo unirci e rilanciare a gran voce la nostra cultura gastronomica”. Messaggeri in progress tra fuochi e padelle. Ma la Sua ricetta per il titolo ? “ Ho creato ‘ I giardini di Elsa: lo scorfano scherza nell’acqua’. Praticamente uno scorfano in umido tra terra e mare, dove all'interno ci sono tutti gli ingredienti più rappresentativi dell’isola: alghe, carciofo, limone e ricci di mare.” Un’ inedito che estenderà ancora le sue doti già apprezzate da esperti e guide. Tornando a Procida, la competizione è sicuramente dura. La giovane amministrazione comunale guidata dal sindaco Dino Ambrosino fino a gennaio è impegnata al massimo . “Ma Procida , soprattutto per noi che ne siamo lontani, è il centro del mondo. Ci manca il mare, la roccia vulcanica, passeggiare per la Corricella, il profumo dei limoneti” dice Muro. Quei connotati naturali che un gruppo di esperti potrebbe davvero trovare vincenti e unici. Come assaggiare un piatto di Gabriele.
Durissimo giudizio della Corte di giustizia europea sui livelli di PM10. Nelle zone inquinate, con il Covid 19 si muore di più.
Non poteva ricevere peggiore pagella. L’Italia è bocciata per la cattiva qualità dell’aria. Il Ministro dell’Ambiente Sergio Costa ha provato a smarcarsi,ma il giudizio dell’altro giorno della Corte di giustizia europea sulle alte concentrazioni di particolato PM10 nell’aria, è implacabile. Nove anni,dal 2008 al 2017, in cui si è fatto poco o nulla per salvaguardare la salute degli italiani. Gli scarichi sono aumentati a dismisura, completamente fuori controllo. E proprio quando si faceva strada una maggiore sensibilità sulle tematiche ambientali.
“L’Italia ha violato in maniera sistematica e continuata i valori limite stabiliti dall’Unione europea sulle concentrazioni di PM10” hanno sentenziato i giudici. Un verdetto che è la triste conferma di quanto abbiamo letto negli anni nei report delle varie associazioni ambientaliste. Il nostro è un Paese malato cronico d’inquinamento atmosferico, spiega Legambiente. Ogni anno si contano circa 60 mila morti premature riconducibili proprio all’inquinamento dell’aria.
Il 28% delle città prese in esame ha superato, 10 volte su 10, i limiti giornalieri di Pm10. Con il Nord particolarmente martoriato dal killer invisibile: da Torino a Milano, Vicenza, Asti, Venezia,Piacenza. Chi da Roma doveva fornire giustificazioni all’Ue ha provato ad insistere “ sulla diversità delle fonti d'inquinamento dell'aria per sostenere che alcune di esse non potrebbero essere imputate” all’Italia in quanto singolo Paese. Per esempio gli inquinamenti influenzati “ dalle politiche europee di settore, o sulle particolarità topografiche e climatiche di talune zone interessate". Scuse intollerabili, discolpe scomposte, che richiedono ben altra voce e faccia per cercare di riparare.
Il Ministro Sergio Costa, dicevamo, nella sentenza ha visto uno “stimolo a fare di più e meglio” rispetto a quanto messo in cantiere dai due governi di cui lo stesso Costa ha fatto parte. È il caso di ricordare che rimandano alla sua responsabilità di Ministro in carica, ancora altre due infrazioni europee: quella sugli alti livelli di ossidi di azoto e quella sulle polveri ultrasottili PM2,5. Circostanze ambientali non meno gravi di quella sul particolato PM10.
Ha ragione Alessia Rotta, Presidente della commissione Ambiente della Camera quando dice che “ il ritardo accumulato in questi anni è davvero tanto, perché l'implementazione di una mobilità ecologica attraverso l'utilizzo di mezzi meno inquinanti e di sistemi di riscaldamento meno impattanti, è stata insufficiente.” Ma il suo partito Pd sia più incisivo su combustibili fossili, investimenti, azioni ministeriali. Il punto vero della discussione sta nel fatto che l’intero governo dovrebbe ammettere (per agire sul serio) che di inquinamento si continua a morire. In tempi di Covid 19 poi, per chi gestisce l’emergenza, è giunto il momento di fornire dettagli su queste interazioni. Dall’Università di Harvard, infatti, ci hanno appena detto che le persone che vivono in aree con alti livelli di inquinamento atmosferico vedono aumentare dell’11% il rischio di decesso in caso di infezione da Covid-19. Hanno studiato le morti della Johns Hopkins University, ma la ricerca vale per il mondo intero. In oltre 3 mila contee non ci sono state misure adeguate di contenimento del virus , ma neanche buone iniziative per ridurre l’inquinamento con i danni alla salute. Due disgrazie una sopra l’altra. In America come in Europa. E l’Italia non faccia finta di non sentire.
In 30 anni, nel disinteresse generale, persi migliaia di ettari di terreni utili alle produzioni sostenibili.
Un 20 % di terreni agricoli mangiati da guasti di ogni tipo. Una riduzione sistematica di aree necessarie sotto gli occhi di poteri pubblici incuranti. Terreni sottratti alle produzioni sostenibili e biologiche su cui si gioca il futuro dell’alimentazione . Prenderne atto ora ,nel pieno delle mobilitazione per un mondo diverso, è tardivo, ma può servire. All’Ecomomdo digital di Rimini sono venuti fuori dati allarmanti sul consumo di suolo utile negli ultimi 30 anni.
“Il suolo – ha detto Giovanna Parmigiani di Confagricoltura - è una risorsa preziosa, di fatto non rinnovabile. Meno superfici dedicate all’agricoltura si traducono in meno fertilità dei terreni e quindi in meno cibo”. Un trend angosciante rispetto alla necessità -non solo italiana- di garantire cibo per tutti, ma anche prodotti di qualità. I terreni persi danneggiano in primo luogo le colture senza fitofarmaci, quelle per le quali ci si mobilità in mezzo mondo.I dati analizzati ,purtroppo ,non ammettono repliche. I governi hanno il dovere di intervenire e decidere, senza inutili retoriche sulle politiche verdi. E se non lo fanno sono colpevoli di danni irreversibili. A bocce ferme ,allora, cosa dobbiamo aspettarci ?
Entro il 2050, è la valutazione degli esperti, combinazione del degrado del suolo, erosione e cambiamenti climatici . Un mix che ridurrà i raccolti globali del 10% con punte massime al 50%. Le proiezioni attestano anche un 21% di superficie a rischio di desertificazione, con la metà nelle Regioni del Sud. In sintesi , numeri che mettono l'Italia in cima ai Paesi europei che risentono di più dei cambiamenti climatici.
Gli agricoltori virtuosi non ci stanno. Rilanciano verso la politica e insistono affinché la filiera agro-alimentare venga riconosciuta come uno dei pilastri della bioeconomia. Crea valore e occupazione , oltre alla funzione primaria della nutrizione e della salvaguardia della salute. Il punto politico e industriale è se l’Italia vuole giocare sul serio la partita della green economy. Attraverso una riflessione da condividere con chi la sostenibilità nei campi la mette in pratica, la politica deve proteggere la biodiversità, aver cura del territorio, difendere tradizioni centenarie ed export. Una ricetta che per gli agricoltori funzionerà perché contiene modalità e strategie vincenti. Dallo sviluppo di nuove forme di organizzazione delle aziende agricole, all’uso delle fonti rinnovabili, come solare, biogas, biomasse, alla tutela dei lavoratori agricoli, alla lotta al caporalato. Tutto in una sola direzione . Ma che sia quella giusta.
Apr 08, 2022 Rate: 5.00