L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni.

Environment (81)

Nunzio Ingiusto

                                                                                                                                                                         contatto

 

Prova di regolamento per limitare le emissioni di Co2 nei cieli. Il contesto del Green New Deal e le nuove tecnologie.

Inquinano e per questo vanno messi sotto osservazione. Far diventare sostenibile il trasporto aereo è una battaglia che l'Unione europea ha avviato da tempo. Ma come in tutte le azioni che toccano interessi nazionali, partecipazioni finanziarie, persone, ci si muove con i piedi di piombo. Ai Commissari europei, tuttavia, la caparbietà su alcuni temi non manca. Per quest 'anno sono arrivati ​​ad adottare un regolamento per il progetto CP1, preludio ad una regolazione meno impattante dei voli. Chissà se nel giro di qualche anno viaggeremo su aerei che scaricheranno meno Co2. Una speranza, a patto che tutti marcino in una sola direzione.Non basta partecipare al progetto, infatti, ci vuole una buona dose di operatività per aiutare a non avere più cieli sporchi.

Oltre ad essere consapevoli che la vita del pianeta è seriamente in pericolo. La Commissione vuole rendere i voli- almeno nei cieli europei- più efficienti.

Prima di vedere risultati concreti passerà un po 'di tempo perché dal 1 febbraio è partita solo la fase sperimentale. Il programma, riporta l'Agenzia di stampa Aise, si concentrerà sulle più promettenti innovazioni tecnologiche e operative di gestione del traffico aereo. Sarà stabilito un calendario di attuazione che richiederà il rispetto del rispetto di regole precise da parte di compagnie aeree, aeroporti e fornitori di servizi di navigazione aerea.

Tutto si svolge dentro quel grande contenitore della sostenibilità che è diventato il Green Deal Europeo «Accelerando l'attuazione di soluzioni tecnologiche innovative il CP1garantirà traiettorie di volo più dirette, e quindi più efficienti in termini di consumo di carburante. Consentirà agli aeromobili moderni di sfruttare appieno i vantaggi di tecnologie più ecologiche e meno rumorose ”, ha detto Adina Vălean, Commissaria per i Trasporti. L'Unione europea fornirà finanziamenti per avere l'efficacia di un disegno operativo che tocca interessi diffusi, ma risponde anche alle rivendicazioni del mondo ambientalista.

Da anni i voli aerei sono nel mirino a causa delle emissioni di scarichi di carburante in atmosfera. Molte associazioni in diverse occasioni hanno boicottato le trasvolate oceaniche o semplicemente rotte tra i Paesi europei. Ovvio che se Greta Thunberg sceglie un catamarano per andare negli USA, non tutti possono fare la stessa cosa. Comunque è nel background degli ecologisti la clamorosa inchiesta del Guardian secondo cui un volo di andata e ritorno da Londra a New York disperde nell'atmosfera 986 kg di anidride carbonica per ogni passeggero. Oppure che un Milano-Roma della durata di 1 ora immette nell'ambiente 129 kg di CO2 a persona.Più recentemente l'Airports Council International, l'associazione commerciale degli aeroporti nel mondo, prima del Covid gioiva per la crescita dei viaggiatori aerei. Ma trovava sull'altro versante l'Agenzia Europea per l'Ambiente che indicava nel 13% le emissioni di CO2 mondiali del trasporto aereo. In pratica, vista la quantità dei viaggiatori, il numero delle compagnie aeree, le esigenze di spostamento globale, la quantità di aeroporti, il progetto dovrà avere la forza di capovolgere una precedente classifica della Commissione Europea, che metteva al 10 posto tra le industrie più inquinanti in Europa una famosa compagnia low cost.

Le perforazioni di petrolio e gas sono tornate di attualità e spuntano anche nella crisi del Conte 2.

La Puglia intanto dice no.

 

Chi si ricorda del referendum? Le trivelle hanno lavorato per anni sulla terra e in mare, ma il governo giallorosso di Conte non ha le idee chiare. Magari in questi giorni di crisi strisciante bisogna ringraziare Matteo Renzi e Italia Viva se le trivelle per gas e petrolio non si fermeranno. La memoria politica si rivela corta, ancora una volta. Con la pandemia che ha messo in ginocchio l'economia, fino a che punto gli italiani, l'economia nazionale, potrà fare meno di petrolio e gas nazionali, nonostante le giuste ambizioni green?

Le fonti rinnovabili sono il futuro e nessuno lo nega. Ma quali sono i tempi della rivoluzione green che Conte ei suoi divulgano tutti i giorni? Cessata la moratoria in vigore fino ad agosto prossimo, prenderemo dall'estero gas e petrolio di cui abbiamo bisogno per vivere e lavorare senza scavare sul nostro territorio?

Il governatore pugliese Michele Emiliano è ritornato sul fronte del NO. Sarà il clima di antagonismo tra Regioni e governo per il Covid, le particolari battaglie ambientaliste da lui condotte, ma Emiliano ha deciso di dare una mano al governo sul blocco alle perforazioni. Di sicuro è amareggiato per la disfatta subita con il gasdotto TAP appena entrato in funzione nella sua Puglia. Pochi giorni fa il governatore ha scritto a Conte difendendo il mare contro le piattaforme. Siamo contro le trivellazioni, siamo per la decarbonizzazione, per il coinvolgimento delle persone nelle scelte che impattano sul territorio, ha scritto a Roma. "La strategia energetica del nostro Paese è uno dei nodi principali da affrontare e che non può avere incertezze o ritardi.Fondamentale è stabilire un indirizzo politico chiaro e univoco rispetto alle scelte da adottare anche in considerazione degli impegni internazionali e nazionali finalizzati al contrasto ai cambiamenti climatici ”. 

È evidente che la Regione si augura che la posizione di Emiliano trovi spazio nelle polemiche intorno ai soldi del Fondo di recupero per la svolta sostenibile del Paese. In buona sostanza la proiezione di una battaglia regionale sulla scena nazionale. Peccato che il governo non abbia idee chiare su asset strategici come quello energetico. E non è un mistero se i Cinquestelle mentre mordono il freno su alcuni NO ad infrastrutture essenziali, devono anche salvare Conte.Basta chiedersi dove sono finite le famose schede del Piano Colao per la ripresa post Covid su sostenibilità, economia circolare, rinascita green per rispondere che l'Italia su questi temi è bloccata.

La politica non esprime la visione di un futuro sostenibile, capace di garantire progresso e sviluppo. Finora ha fatto fughe in avanti. Sostiene tendenze agitatorie inconcludenti, piuttosto che mettere i piedi per terra in settori così decisivi per la collettività. Una cosa è certa in tanta confusione: il blocco delle trivelle è una grande opportunità per i Paesi esportatori di greggio e gas. Osservano l'Italia e sono ben contenti di continuare a venderci le energie fossili necessarie a far andare il Paese. Per molti anni ancora. 

 

Il Rapporto nazionale sui pesticidi denuncia una situazione fuori controllo. La pianura padano-veneta la più colpita.

Erbicidi a tutto spiano, acque contaminate e controlli ancora insufficienti. È così che la pianura padana - veneta è risultata particolarmente inquinata nelle analisi dell'Ispra: il Sistema per la Protezione dell'Ambiente. I dati diffusi a fine 2020 aprono la speranza ad interventi ed azioni più severi sui territori, da Nord a Sud. Il Rapporto nazionale pesticidi è frutto di 4.775 punti di rilevazione e 16.962 campioni. Uno spaccato interessante su cosa succede nelle acque superficiali italiane.

Passato finora un po 'sotto silenzio il documento è l'ennesimo campanello d'allarme sullo stato dell'ambiente italiano, tema che starebbe più a cuore alla politica. Intanto non è necessario scaricare in grandi quantità i fertilizzanti per compromettere migliaia di ettari di campagna. Gli effetti di cui le autorità si sono preoccupati poco, si hanno anche con concentrazioni di sostanze molto basse. Da un elenco di 426 possibili prodotti tossici, le indagini nei campi ne hanno trovate circa 300.

Nella pianura padana-veneta, al centro già di inchieste sull'acqua inquinata, i pessimi risultati derivano dalle intense attività in agricoltura e dalla particolare situazione idrologica dell'area. Il Rapporto contiene i dati di tutte le Regioni e l'altra particolarità è che gli erbicidi hanno fatto danni anche in zone dove prima non si trovavano. Ebbene, Regioni e Ministero dell'Ambiente ora sanno da dove cominciare.Più nello specifico in un anno si è scoperto che "415 punti di monitoraggio (21% del totale) hanno concentrazioni superiori ai limiti consentiti. Come? Mediante erbicidi glisolfati e fungicidi tra i più pericolosi. Dietro tutto questo c'è il business miliardario delle vendite di fitosanitari che solo nel 2018 sono state di 115 mila tonnellate. Chissa se il pregio più grande del Rapporto Ispra sta nel cercare di fermare la vendita di sostanze così nocive.


Una rivoluzione lenta, iniziata qualche decennio fa. L’idrogeno sarà davvero l’ energia del futuro? L’Unione europea ci crede e promuovendola ha messo in moto decine di iniziative industriali. Non c’è company che negli ultimi 24 mesi non abbia programmato investimenti di lungo termine per veicolare nei prossimi anni l’idrogeno nelle case e nelle aziende. Gli esperimenti si accavallano , creano una specie di network spontaneo sulle soluzioni più adatte e – perché no -remunerative.

In questo scenario sta facendo il giro del mondo la notizia del primo battipista delle nevi italiano ad idrogeno. Si chiama Leitwolf. L’azienda altoatesina Prinoth ( Gruppo HTI) che lo produce conduce i test sulle piste regionali nei giorni in cui gli impianti sono chiusi. Spera chiaramente nel successo commerciale, quando la situazione migliorerà. Le prove stanno dando soddisfazione con un motore da 544cv e le informazioni diffuse sono performanti. In montagna le campagne sulla sostenibilità e l’uso delle fonti non inquinanti da tempo sono negli standard operativi delle aziende legate al turismo, sia invernale che estivo.

La fabbrica con sede a Vipiteno vuole essere modello per un sistema di approvvigionamento e consumo alternativo alle fonti fossili . “ Per noi la sostenibilità non è uno slogan, ma un impegno”, spiega Anton Seeber, Presidente del Gruppo HTI. Il mezzo a idrogeno viene lanciato come precursore delle attrezzature da usare sulle piste. In realtà già da qualche anno HTI ha scelto un sistema integrato di tecnologie e mezzi a basso contenuto di Co2. Gradualmente si sono mossi in un contesto territoriale congeniale alla sperimentazione.

Alimentare i motori soltanto con l’idrogeno è la scommessa dei prossimi anni . Il funzionamento si basa su celle a combustibile nelle quali l’idrogeno si combina con l’ossigeno dell’aria. Si produce, dunque, energia che si converte in elettricità. I vantaggi ambientali sono indiscutibili, a tal punto che alcune case automobilistiche e di accumulatori hanno pubblicato dei vademecum per spiegare come i motori a idrogeno saranno una risposta concreta all’abbattimento di Co2 nella mobilita urbana. Si studiamo ancora i processi di produzione e le commodity di massa. Per ora cominciamo a vedere come va sulle nevi dell’Alto Adige.

Eccellenze e negligenze. In fatto di ambiente, green economy, energie, lo Stato italiano è diviso tra chi è preparato e chi no. Tra chi ha capacità e competenze specifiche e chi le deve acquisire. C’è bisogno di colmare lacune e aggiornarsi. Le speranze maggiori per la nuova Scuola per lo sviluppo sostenibile per le Regioni sono concentrate tutte sulla forza di insegnare e far progredire gli impiegati della Pubblica amministrazione. Una rivoluzione già tante volte annunciata, ma sempre rimasta al palo. Nemmeno l’attuale Ministra Fabiana Dadone è riuscita ad andare oltre buone promesse.

La scuola verrà inaugurata il 16 dicembre dal portavoce dell’ASviS Enrico Giovannini e dal Presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini. Il primo obiettivo è di fornire a dirigenti e funzionari delle Regioni e delle province autonome gli strumenti per garantire la coerenza della programmazione e attuazione territoriale con gli Obiettivi dell’Agenda 2030. In mezzo ci sono politiche nazionali ed europee su cui bisogna essere preparati, come dimostrano le recenti vicende sul Recovery Fund. Ma la scuola dovrà fornire le conoscenze per definire traguardi, strumenti, priorità e azioni. Per non restare indietro rispetto agli altri Paesi, ma principalmente per dare risposte ai cittadini. Ai milioni di italiani preoccupati della qualità della vita , del clima, degli impatti ambientali , da molto prima del Covid 19. Sono al corrente che il loro Paese negli ultimi venti anni ha collezionato primati assai tristi in ritardi , soldi non spesi, sanzioni e multe ambientali.

Sono sempre stato convinto, ha detto Stefano Bonaccini, che la prospettiva dello sviluppo sostenibile, sia un percorso necessario per un’azione di governo efficace. Che sul passaggio ad un nuovo modello di sviluppo sostenibile si possa fare a meno delle articolazioni democratiche dello Stato è una convinzione astratta. Le istituzioni devono saper esprimere qualità per orientare i processi, a maggior ragione quando le iniziative sono sostenuti da fondi pubblici. D’altra parte sono evidenti i segni di certe élite al governo prive di cultura e saperi specifici. L’ASvis ,ovviamente , è un partner qualificato per incidere nella maturazione ecosostenibile della Pubblica amministrazione. Dovrà misurarsi con le capacità e la tensione organizzativa interna alle Regioni per far emergere una visione generale.

Da tempo sentiamo parlare di Stato imprenditore, senza registrarne ,purtroppo, un capacità autentica fattuale. Rimuovere stantie pratiche burocratiche da interi reparti degli enti territoriali sarà l’ostacolo più grande da superare. E la politica ? Ha il dovere di porre la pubblica amministrazione alla guida di questa ‘rivoluzione” di scenario ,dice Bonaccini. Non è azzardato pensare che dovrà essa stessa fare qualche passo indietro o di lato per non fagocitare le buone pratiche che i funzionari pubblici dovranno mettere in campo. Le tentazioni distorsive degli apparati politici sui temi dell’ambiente hanno finito con il favorire speculazioni e malaffare.

“La creazione di un percorso di formazione per chi sarà chiamato a prendere decisioni a livello territoriale è in linea con la missione dell’ASviS , ha spiegato Enrico Giovannini. Temiamo che Il cambiamento culturale , ancorché gerarchico, sarà l’ostacolo più grande. Forse l’unico – arrivati a questo punto - che potrà riscattare la dignità di istituzioni nate 50 anni fa per non sentire oltre il peso di uno Stato centralista. Più vicino a noi c’è la battaglia dei fondi del Recovery Fund. La PA è fuori dalla mischia ancora tutta interna ai partiti. Ma sarà coinvolta in tutto. Oggi è del tutto priva di una visione strategica sull’ambiente , su modelli sociali ed organizzativi avanzati. La recente analisi della School of Government della Luiss ha messo nero su bianco le cose da fare e con urgenza. Non aver paura di decidere,digitalizzazione spinta, dialogo con privati e imprese, rinnovamento generazionale sono i capitoli di un percorso di resilienza con una vision che stavolta non può essere lasciato negli archivi . Manco a dirlo, della PA.

 
 Procida

L’exploit di Procida tra le finaliste per il titolo 2022 nell’originale valutazione di Gabriele Muro. Chef , tra i più in vista a Roma, in cucina usa le materie prime incontaminate della sua isola.

Il conto alla rovescia è cominciato. Un misterioso starter controlla dieci città, da Nord a Sud. Le aspetta ad un traguardo nazionale dove arriveranno dopo aver mescolato storia, tradizioni, qualità della vita, ambiente. Qualcosa di bello ed ancora possibile in un Paese martoriato dall’epidemia. Forse proprio perché c’è stata la pandemia, il titolo di Capitale italiana della cultura è più ambito di prima. Nulla da fare per il 2021, giacché Parma mantiene il titolo per un altro anno. Dopo un 2020 disastroso a causa del Covid, è giusto non passare la mano.

Il countdown per il 2022, però , corre veloce verso il 14 gennaio. Quel giorno al Ministero dei Beni Culturali, una giuria di esperti dovrà scegliere tra Ancona, Bari, Cerveteri ,L’Aquila, Pieve di Soligo ,Procida,  Taranto, Trapani ,Verbania, Volterra. Chi più chi meno - a quel che si sa - giocherà la carta delle tradizioni e della sostenibilità ambientale. Matera capitale Europea della cultura, insegna.

La novità assoluta è che per la prima volta tra le finaliste c’è un’isola: Procida. Approdo mediterraneo suggestivo, sostenuto nell’impresa da tutta la Campania. È molto amata Procida e tanti si ingegnano ora per battere le concorrenti. Il déjà vu di intellettuali e politici, testimonial della partecipazione, ci ha spinti a starne un po’ lontani, e non per disprezzo. Un desiderio autentico forse lo trovi meglio in chi combatte la nostalgia con la creatività. Allora , perché non andare da un novello creativo, di quelli che amalgamano fantasia, ingredienti, passione, natura. Uno chef ,insomma. Uno che quando prepara i piatti non dimentica da dove viene e lo fa capire a tavola.

Al ristorante Adelaide del Vilòn Luxury Hotel di Roma, l’Executive Chef si chiama Gabriele Muro ed è procidano doc. Lontano dalla sua terra in queste settimane batte il tempo del verdetto ministeriale sperando nella vittoria. Ovvio. Lo abbiamo cercato e ci dice subito di aver già creato una ricetta speciale per Procida Capitale della cultura. Nel suo lavoro continua a mettere i profumi e i colori dell’isola che ha lasciato per girare il mondo.

Quando lavora non bara, ma cosa vuol dire realmente vincere quel titolo ? Essere arrivati tra le 10 finaliste è già un bel traguardo, mi riempie di orgoglio. Fino a qualche anno fa non erano molti coloro che riuscivano a cogliere la bellezza di Procida. Più di qualche volta mi è capitato dover spiegare dove si trovasse. Ma come il più bello dei fiori rari, non poteva rimanere inosservata. È diventata sempre più meta di visitatori appassionati del bello, di storia, arte , tranquillità e di una cucina mediterranea ricca di gusto. Un isola che non isola.” Già perché il dossier per il Ministero,raccoglie anche l’habitat e la particolarità dei Campi Flegrei, di fronte all’isola. Ancora suggestioni e aromi.

Muro, quali sapori naturali, puliti, ci sono nella Sua creatività ? “Tutto. E' da lì che nasce ogni cosa. L'ispirazione parte dalle materie prime della mia terra e dal pescato dell'isola. Con mio padre, appassionato di pesca, ho imparato ad apprezzare ogni tipo di pesce in tutte le sue parti. Nei piatti cerco sempre di dare risalto estetico ricavato dalle materie prime trattate con il massimo rispetto. E poi i colori che sono una caratteristica dell'isola, sono qualità fondamentale della mia cucina. “

 
 lo chef Gabriele Muro

Racconta dei tanti ingredienti puri di Procida, serviti a centinaia di clienti dell’Adelaide. Si dice benevolmente contaminato da un territorio forbito che può suggestionare la giuria del Premio. Allo stesso modo in cui i sapori dell’isola hanno catturato altri giovani chef. Se la sente, allora, di riunire altri colleghi per rafforzare la candidatura ? “ I procidani da sempre sono stati dei grandi viaggiatori. Molti ragazzi lavorano nella ristorazione e portano la nostra cultura gastronomica in giro per il mondo. Di sicuro uno è Marco Ambrosino, un bravo chef che come me, fa della "procidanità" un vanto e un arma in più da usare a tavola. Abbiamo mosso i primi passi insieme. Con lui e con tutti i ristoratori storici di Procida, possiamo unirci e rilanciare a gran voce la nostra cultura gastronomica”. Messaggeri in progress tra fuochi e padelle. Ma la Sua ricetta per il titolo ? “ Ho creato ‘ I giardini di Elsa: lo scorfano scherza nell’acqua’. Praticamente uno scorfano in umido tra terra e mare, dove all'interno ci sono tutti gli ingredienti più rappresentativi dell’isola: alghe, carciofo, limone e ricci di mare.” Un’ inedito che estenderà ancora le sue doti già apprezzate da esperti e guide. Tornando a Procida, la competizione è sicuramente dura. La giovane amministrazione comunale guidata dal sindaco Dino Ambrosino fino a gennaio è impegnata al massimo . “Ma Procida , soprattutto per noi che ne siamo lontani, è il centro del mondo. Ci manca il mare, la roccia vulcanica, passeggiare per la Corricella, il profumo dei limoneti” dice Muro. Quei connotati naturali che un gruppo di esperti potrebbe davvero trovare vincenti e unici. Come assaggiare un piatto di Gabriele.

Durissimo giudizio della Corte di giustizia europea sui livelli di PM10. Nelle zone inquinate, con il Covid 19 si muore di più.

Non poteva ricevere peggiore pagella. L’Italia è bocciata per la cattiva qualità dell’aria. Il Ministro dell’Ambiente Sergio Costa ha provato a smarcarsi,ma il giudizio dell’altro giorno della Corte di giustizia europea sulle alte concentrazioni di particolato PM10 nell’aria, è implacabile. Nove anni,dal 2008 al 2017, in cui si è fatto poco o nulla per salvaguardare la salute degli italiani. Gli scarichi sono aumentati a dismisura, completamente fuori controllo. E proprio quando si faceva strada una maggiore sensibilità sulle tematiche ambientali.

“L’Italia ha violato in maniera sistematica e continuata i valori limite stabiliti dall’Unione europea sulle concentrazioni di PM10” hanno sentenziato i giudici. Un verdetto che è la triste conferma di quanto abbiamo letto negli anni nei report delle varie associazioni ambientaliste. Il nostro è un Paese malato cronico d’inquinamento atmosferico, spiega Legambiente. Ogni anno si contano circa 60 mila morti premature riconducibili proprio all’inquinamento dell’aria.

Il 28% delle città prese in esame ha superato, 10 volte su 10, i limiti giornalieri di Pm10. Con il Nord particolarmente martoriato dal killer invisibile: da Torino a Milano, Vicenza, Asti, Venezia,Piacenza. Chi da Roma doveva fornire giustificazioni all’Ue ha provato ad insistere “ sulla diversità delle fonti d'inquinamento dell'aria per sostenere che alcune di esse non potrebbero essere imputate” all’Italia in quanto singolo Paese. Per esempio gli inquinamenti influenzati “ dalle politiche europee di settore, o sulle particolarità topografiche e climatiche di talune zone interessate". Scuse intollerabili, discolpe scomposte, che richiedono ben altra voce e faccia per cercare di riparare.

Il Ministro Sergio Costa, dicevamo, nella sentenza ha visto uno “stimolo a fare di più e meglio” rispetto a quanto messo in cantiere dai due governi di cui lo stesso Costa ha fatto parte. È il caso di ricordare che rimandano alla sua responsabilità di Ministro in carica, ancora altre due infrazioni europee: quella sugli alti livelli di ossidi di azoto e quella sulle polveri ultrasottili PM2,5. Circostanze ambientali non meno gravi di quella sul particolato PM10.

Ha ragione Alessia Rotta, Presidente della commissione Ambiente della Camera quando dice che “ il ritardo accumulato in questi anni è davvero tanto, perché l'implementazione di una mobilità ecologica attraverso l'utilizzo di mezzi meno inquinanti e di sistemi di riscaldamento meno impattanti, è stata insufficiente.” Ma il suo partito Pd sia più incisivo su combustibili fossili, investimenti, azioni ministeriali. Il punto vero della discussione sta nel fatto che l’intero governo dovrebbe ammettere (per agire sul serio) che di inquinamento si continua a morire. In tempi di Covid 19 poi, per chi gestisce l’emergenza, è giunto il momento di fornire dettagli su queste interazioni. Dall’Università di Harvard, infatti, ci hanno appena detto che le persone che vivono in aree con alti livelli di inquinamento atmosferico vedono aumentare dell’11% il rischio di decesso in caso di infezione da Covid-19. Hanno studiato le morti della Johns Hopkins University, ma la ricerca vale per il mondo intero. In oltre 3 mila contee non ci sono state misure adeguate di contenimento del virus , ma neanche buone iniziative per ridurre l’inquinamento con i danni alla salute. Due disgrazie una sopra l’altra. In America come in Europa. E l’Italia non faccia finta di non sentire.

In 30 anni, nel disinteresse generale, persi migliaia di ettari di terreni utili alle produzioni sostenibili.

Un 20 % di terreni agricoli mangiati da guasti di ogni tipo. Una riduzione sistematica di aree necessarie sotto gli occhi di poteri pubblici incuranti. Terreni sottratti alle produzioni sostenibili e biologiche su cui si gioca il futuro dell’alimentazione . Prenderne atto ora ,nel pieno delle mobilitazione per un mondo diverso, è tardivo, ma può servire. All’Ecomomdo digital di Rimini sono venuti fuori dati allarmanti sul consumo di suolo utile negli ultimi 30 anni.

“Il suolo – ha detto Giovanna Parmigiani di Confagricoltura - è una risorsa preziosa, di fatto non rinnovabile. Meno superfici dedicate all’agricoltura si traducono in meno fertilità dei terreni e quindi in meno cibo”. Un trend angosciante rispetto alla necessità -non solo italiana- di garantire cibo per tutti, ma anche prodotti di qualità. I terreni persi danneggiano in primo luogo le colture senza fitofarmaci, quelle per le quali ci si mobilità in mezzo mondo.I dati analizzati ,purtroppo ,non ammettono repliche. I governi hanno il dovere di intervenire e decidere, senza inutili retoriche sulle politiche verdi. E se non lo fanno sono colpevoli di danni irreversibili. A bocce ferme ,allora, cosa dobbiamo aspettarci ?

Entro il 2050, è la valutazione degli esperti, combinazione del degrado del suolo, erosione e cambiamenti climatici . Un mix che ridurrà i raccolti globali del 10% con punte massime al 50%. Le proiezioni attestano anche un 21% di superficie a rischio di desertificazione, con la metà nelle Regioni del Sud. In sintesi , numeri che mettono l'Italia in cima ai Paesi europei che risentono di più dei cambiamenti climatici.

Gli agricoltori virtuosi non ci stanno. Rilanciano verso la politica e insistono affinché la filiera agro-alimentare venga riconosciuta come uno dei pilastri della bioeconomia. Crea valore e occupazione , oltre alla funzione primaria della nutrizione e della salvaguardia della salute. Il punto politico e industriale è se l’Italia vuole giocare sul serio la partita della green economy. Attraverso una riflessione da condividere con chi la sostenibilità nei campi la mette in pratica, la politica   deve proteggere la biodiversità, aver cura del territorio, difendere tradizioni centenarie ed export. Una ricetta che per gli agricoltori funzionerà perché contiene modalità e strategie vincenti. Dallo sviluppo di nuove forme di organizzazione delle aziende agricole, all’uso delle fonti rinnovabili, come solare, biogas, biomasse, alla tutela dei lavoratori agricoli, alla lotta al caporalato. Tutto in una sola direzione . Ma che sia quella giusta.

Una montagna di soldi e pochi scrupoli per l’inquinamento atmosferico.Com’ è stato possibile che la Banca dell’ “Europa dei popoli “ finanzi colossi energetici che impattano in modo così violento sull’ambiente ? La domanda gira da tempo in Europa , ma ha avuto poche risposte mentre i governi sono impegnati a frenare i cambiamenti climatici e a ridurre le fonti inquinanti. Una risposta al perché e per come la BCE sia finita dentro un meccanismo speculativo e poco green, arriva ora da uno studio curato da New Economics Foundation (NEF), SOAS University of London, University of the West of England, University of Greenwich e Greenpeace.

La potenza finanziaria guidata da Christine Lagarde fino a due mesi fa aveva obbligazioni societarie per circa 130 miliardi di euro di società ritenute responsabili di immissioni di CO2 nell’aria. In sostanza la market neutrality della Banca non esiste, dice Greenpeace. Ed è proprio il caso che i suoi vertici la smettano di comprare obbligazioni di aziende fossili, aggiunge. In questo modo il green deal tracciato per l’Europa di domani, non cammina mentre si chiedono ai popoli di fare sforzi per accelerare.

Secondo alcuni esperti per tutelare i mercati da assalti speculativi, la BCE ha sostenuto con acquisti di titoli le aziende , senza preoccuparsi delle loro strategie ambientali. Lo studio si intitola “Decarbonising Is Easy: Beyond Market Neutrality in the ECB’s Corporate QE” e deve la sua notorietà tra gli addetti ai lavori niente di meno che proprio a recenti parole della stessa Lagarde. La Presidente ha insistito sulla neutralità del mercato azionario rispetto alla crisi climatica. Ha mostrato una visione pragmatica di interessi e capitalizzazioni che non nega sostegno a colossi come Eni, Total, Shell. Inquinano , non tutelano l’ambiente?Alla Banca poco interessa.

Lo studio delle Università “ indica che il 62,7% delle obbligazioni detenute dalla BCE proviene da settori ad alta intensità di carbonio, e che questi contribuiscono solo per il 17,8% all’occupazione e per il 29,1% al Valore Aggiunto Lordo nell’area dell’euro”. Non ci sarebbe alcun motivo per dare sostegno a imprese che faticano a rientrare nei parametri di tutela dell’ambiente e della salute. D’altra parte molti slogan di Fridays for Future  mettono sotto accusa il sistema bancario mondiale per queste incongruenze.“ La Banca Centrale Europea deve rivedere la propria politica monetaria e sostenere la transizione verso un mondo verde ed equo” ha detto Jennifer Morgan, direttrice esecutiva di Greenpeace International.

Per l’Italia ha destato meraviglia che tra i beneficiari di BCE ci fosse anche l’Eni,azienda controllata dallo Stato. “Nello studio – si legge sul sito di Greenpeace- si evidenzia come nel 2019, Eni si sia resa complessivamente responsabile di 296 milioni di tonnellate di emissioni di CO2 equivalente”.Dati preoccupanti che piazzerebbero Eni dietro Total e Shell, “ che però hanno un migliore indice di intensità delle emissioni, ossia il rapporto tra le emissioni e i ricavi”. Abbiamo provato anche noi a chiedere conferma ad Eni di quanto riportato da Greenpeace , ma non abbiamo avuto risposta. Il punto vero alla luce dello studio , è la dissonanza tra strategia politica e strategia finanziaria in mano ai vertici dell’Unione Europea. La partita che giocano il Parlamento e i governi è la decarbonizzazione, la riduzione delle emissioni inquinanti al 2030 e al 2050, la creazione di un modello di sviluppo non aggressivo. Ma se in partita ci sono giocatori poco leali qualcuno deve alzare il cartellino rosso. Poi vedremo chi vince.

Cosa dirà il prossimo “Green Symposium" di Napoli il 22 e 23 ottobre ? L’Italia è davvero sulla strada della green economy. Un evento per capire se i fatti corrispondono alle buone intenzioni della politica. Intanto il Cesip dell’Università Bicocca, ha detto che solo 8 città raggiungono la sufficienza ecosostenibile. Milano va benino. È più avanti di Londra e Madrid per raccolta differenziata, uso di mezzi pubblici , sharing mobility, PM10, imprese innovative . Poi ci sono Trento ,Bologna, Roma, Napoli, Torino , Aosta, Bari, Bergamo, Brescia, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Palermo, Perugia, Pescara, Reggio Calabria, Venezia , Verona. Una lista che fa riflettere.

Il Symposium di Napoli, è un segnale di ripresa anche se la politica arranca paradossalmente sul tema che più “vende” ai cittadini. Tutto ruota intorno al Recovery Fund che dovrebbe dare una spallata, ma solo nel 2021. Gli esperti alla Stazione marittima di Napoli si confronteranno su  com’è cambiato l’approccio alle tematiche ambientali dopo il lockdown e la crisi economica tuttora in atto. RiciclaTv e gli esperti di Ecomondo, organizzatori, pensano ad una “piazza”, sostenibile ,moderna ed agile. Protagonisti i cittadini , certo, ma prima di tutto imprese, istituzioni, università e centri di ricerca. Una piazza che dovrà accogliere le istituzioni centrali e locali. Tutto passa da lì.

In due giorni ci saranno 4 Symposia, 8 tavoli tecnici, seminari formativi . Ma sarà presentata anche la prima Scuola di alta formazione promossa dall’Università Federico II insieme al team Symposium/Ecomondo. Vogliamo creare “ un laboratorio permanente di idee ,sperimentazioni e investimenti sul futuro dell’ambiente e dell’economia italiani» hanno annunciato gli organizzatori. A partire dal recente decreto del governo sull’economia circolare, non risparmiato da critiche ed osservazioni degli ambientalisti. Sarà centrale il tema dei rifiuti , per capire a che punto è la sensibilità degli amministratori locali dinanzi alla carenza di strutture di riciclo. Il Ministro dell’Ambiente Sergio Costa é contrario, Renzi ne aveva promessi di nuovi, la giustizia amministrativa lo ha bocciati. Città vivibili e sostenibili sono la cifra di un Paese che vuole progredire e sostenere la battaglia per il clima , ormai globale. I confronti sono utili, ma alla fine contano le decisioni.

 

 

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