L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni.

Environment (83)

Nunzio Ingiusto

                                                                                                                                                                         contatto

 

Lo schema di decreto legislativo recante disposizioni concernenti la revisione e l’armonizzazione della normativa nazionale in materia di foreste e filiere forestali, in attuazione dell’articolo 5 della legge 28 luglio 2016, n. 154, corona degnamente una intera legislatura, che si è distinta per aver favorito al massimo le multinazionali (si pensi, per fare solo un esempio, al dono effettuato dalla legge detta Sblocca Italia alla Total di sfruttare le risorse petrolifere italiane dell’Adriatico fino al loro esaurimento) e per aver arrecato ingentissimi danni al Popolo italiano.

Si tratta di uno schema errato in diritto, e contrario alla Costituzione sotto vari profili. Ci limitiamo soltanto ad alcune brevi considerazioni che danno la misura di questo sconvolgente schema di decreto.

L’art. 1 comincia con una affermazione che dispone favorevolmente il lettore, ma che già contiene in sé il germe della contraddittorietà alla quale si informa l’intero decreto. Esso afferma che “lo Stato riconosce il patrimonio forestale nazionale come bene di rilevante interesse pubblico, nonché il suo ruolo multifunzionale e il fondamentale contributo della silvicoltura, quale elemento funzionale alla tutela e gestione attiva del territorio, allo sviluppo socio-economico, alla salvaguardia dell’ambiente, del paesaggio e dell’identità culturale della Repubblica italiana”. Parlare di “patrimonio forestale nazionale come bene di rilevante interesse pubblico” è un dato certamente accettabile, ma che non spiega il vero significato che deve essere attribuito alla parola “patrimonio forestale nazionale”. La parola “patrimonio”, dal latino “patrem” “monet”, indica il padre, cioè, in ultima analisi il “proprietario”. E allora, di fronte all’affermazione che il “patrimonio forestale” è “nazionale”, la conseguenza da trarre è che la “Nazione” è “proprietaria collettiva” delle foreste.

Ma come la mettiamo, se pensiamo che le foreste sono pubbliche e private?

Su questo punto la proposta di decreto tace, e dimentica che la Corte costituzionale (sentenza n. 105 del 2008), ha parlato di “bi-appartenenza” della “cosa” “bosco o foresta”, ponendo in rilievo che su questa “cosa”, di tanto rilevante valore, insistono due beni giuridici “il bene economico”, che può essere anche di proprietà privata, e il “bene ambientale”, che è sempre e in ogni caso di “proprietà collettiva del Popolo a titolo di sovranità”. Se lo schema avesse tenuto conto di questa sentenza, forse la definizione di “patrimonio forestale nazionale” sarebbe stata più approfondita e convincente. Tuttavia, quello che maggiormente colpisce è il dato contraddittorio tra questa proclamata, diciamo così, “appartenenza nazionale delle foreste”, con la “prevalenza” che viene data, non alla “tutela” ambientale, ma “allo sviluppo socio-economico”, concetto che è ripreso dal comma 3, lett. c), dello stesso articolo, nel quale si legge che “fine del decreto è quello di “incrementare la valorizzazione economica del patrimonio forestale e il sostegno alle sue filiere, al fine di garantire il presidio socio- economico e lo sviluppo delle aree rurali, interne e montane, promovendo attività imprenditoriali sostenibili, conciliando l’approvvigionamento dei beni e dei prodotti forestali con la tutela ambientale e paesaggistica e l’erogazione di servizi ecosistemici”.

Qui lo schema svela il suo vero intento: quello che si vuole perseguire è la “valorizzazione economica”, “promovendo attività imprenditoriali”. E’ vero che si aggiunge l’aggettivo “sostenibili” (riferito a “attività imprenditoriali”), ma è da tempo che gli ecologi di tutto il mondo stanno affermando che le soglie di “sostenibilità” della Natura sono state del tutto superate, e che dal 12 agosto 2012 la Terra non riproduce più (la cosiddetta resilienza) tutto quello che viene distrutto. Come si fa, dunque, a parlare ancora di “sostenibilità”?

Nel prosieguo, poi lo schema getta via ogni velo: occorre “conciliare” l’approvvigionamento dei beni e dei prodotti forestali con la tutela ambientale, paesaggistica e l’erogazione di servizi eco sistemici”. “Conciliare”, vuol dire “fare reciproche concessioni”, vuol dire cioè continuare a distruggere l’ambiente. E’ di questo, dunque, che si deve tener conto.

Potremmo andare avanti in questa direzione, ma si è detto quanto basta per affermare che questo schema di decreto legislativo è contro la Natura (non si tiene in alcun conto che non esiste solo la silvicoltura, e che la Natura può ben fare a meno dell’intervento umano diretto alla produzione di merci agricole per tutelarsi). E dire contro “Natura” (participio futuro del verbo “nascor”), vuol dire andare contro la “vita”, che è “una”, sia per il mondo vegetale che per quello animale, al quale gli uomini appartengono.

Schemi di decreti legislativi come questo, sono, dunque, del tutto irragionevoli, sono contro la vita delle piante, degli animali e degli uomini.

In ogni caso sono contro lo spirito della Costituzione e contro sue precise disposizioni. Il “progresso spirituale della società” (art. 4, comma 2, Cost.) non si ottiene certo subordinando l’interesse economico a quello ambientale e naturalistico.

Inoltre è palese la violazione dell’art. 9 Cost., secondo il quale ogni “conciliazione” che implichi una diminuzione della tutela del paesaggio è inammissibile (vedi sentenze nn. 151, 152 e 153 del 1986, della Corte costituzionale), ed altrettanto è da dire a proposito della tutela della salute (art. 32 Cost.), “diritto fondamentale del cittadino e interesse della Collettività”, che non può essere compromesso da manomissioni della Natura per fini di profitto “imprenditoriale”. Infine definitivamente compromesso è l’art. 117, comma 2, lett. s), che considera preminente la “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema”.

Ce n’è abbastanza, affinché il Presidente della Repubblica non firmi questo decreto e lo rinvii al Governo, affinché lo renda corretto giuridicamente e soprattutto conforme alle norme fondamentali della nostra Costituzione repubblicana e democratica.

 

Continua l'anomalia del tempo in Russia soprattutto a Mosca, avevamo scritto in un precedente articolo del 28 dicembre qui, su Free Lance International Press, che dicembre del 2017 era stato il mese piu' caldo degli ultimi anni, ma anche gennaio del 2018 sta battendo alcuni record. Generalmente gennaio e' il mese delle gelate con temperature molto fredde, le medie nelle prime due settimane si aggirano sui -8 -9 ed invece le temperature sono al di sopra dello zero gradi.

I metereologi non prevedono grossi cambiamenti durante le feste del Natale ortodosso, per il 6 gennaio a Mosca sono previsti +1 gradi, mentre per il 7 gennaio le temperature diurne potrebbero raggiungere un +5, sarà il record assoluto degli ultimi 140 anni di osservazione metereologica e soprattutto battendo il 7 gennaio del 2007 che vedeva la temperatura di +3,5 gradi. Il gelo tornerà nella capitale solo inizio della prossima settimana, ma la temperatura rimarrà sempre al di sopra della norma.

Il 2017 verrà ricordato anche per il mese di maggio e giugno in cui le temperature hanno raggiunto valori anomali, -2,2 e -2,1 gradi. Sarà la conseguenza del riscaldamento globale, oppure solo una stranezza del tempo ?

Il governo Gentiloni ha presentato il suo deludente piano energetico “a tutto gas”
Ma l'eliminazione dell'energia fossile è una “conversione logica” più che “ecologica” (anche verso una società pacifica)!

Meglio tardi che mai: finalmente abbiamo la nuova Strategia energetica nazionale - SEN presentata, a COP 23 di Bonn in corso, dal governo Gentiloni,
con un piglio retorico (“uno dei due grandissimi assi della politica industriale dei prossimi anni”) cui non corrisponde la realtà deludente del testo.

(Il documento ufficiale lo si può trovare alla URL: http://www.sviluppoeconomico.gov.it/index.php/it/energia/strategia-energetica-nazionale)

 

 

 

La tempistica – la coincidenza con la manifestazione ONU che prosegue il percorso della COP 21 di Parigi - induce a pensare – non considerateci troppo maliziosi! - ad esigenze di immagine “verde” che prevalgono sulla sostanza “grigia”.

Si parla di “addio al carbone” nel 2025 – e questo è indubbiamente positivo (l'Italia sarebbe la quarta nel G7 a programmarlo) - ma il ruolo sostitutivo e dominante, nella cosiddetta “transizione energetica”, è di fatto assegnato non alle rinnovabili ma al gas, per il quale si propongono massicci investimenti infrastrutturali.

(Il primo pensiero corre alla Puglia e alla vicenda TAP contrastata dalla popolazione ma anche dalle Amministrazioni locali).

A garantirne l'attuazione si prevede una “cabina di regia”, in cui saranno coinvolti vari ministeri (in primo luogo Ambiente e Sviluppo economico, ma anche Economia, Trasporti, Beni culturali...).

Per la mobilità sostenibile, si prospetta l'obiettivo di 5 milioni di vetture elettriche al 2030, con incentivi da studiare per svecchiare il parco circolante: da finanziare sempre con bollette più care?

Perché, noi che , da ecopacifisti, abbiamo preparato la “missione collettiva a Bonn, per sensibilizzare sul “nesso su minaccia nucleare e mianaccia climatica” (è il titolo dei side event ufficiali che abbiamo incardinato come “Disarmisti esigenti” e WILPF Italia), ci dichiariamo insoddisfatti e lo abbiamo ribadito senza peli sulla lingua nel nostro intervento alla Conferenza ONU?

La concezione di questa SEN, secondo noi, in fondo, resta quella del governo Monti, incentrata sull'Italia come “hub del gas naturale”, con concessioni a nostro giudizio, ma non solo nostro, alquanto secondarie al settore delle rinnovabili.

Non si vede come, con l'idea neanche tanto nascosta che la quota di mercato del gas vada comunque tutelata, se non aumentata, possa essere raggiunta la “decarbonizzazione”, nel senso tecnico di zero emissioni di gas serra.

Se guardiamo il problema con gli occhi di Parigi e di Bonn, cioè ponendo mente alla gravità del problema climatico, il giudizio su questa SEN dovrebbe essere logico: stiamo ancora perdendo tempo (e non ce n'è molto, secondo gli ultimi allarmi scientifici) sulla rivoluzione da compiere senza tentennamenti né contraddizioni verso le energie veramente pulite.

Bisognerebbe invece puntare ad un “sistema rinnovabile” al 100% subito e proporre questo obiettivo come “imperativo”, secondo l'indicazione data da Hermann Sheer, l'autore della “Bibbia” per la completa riconversione del nostro sistema energetico (Edizioni Ambiente, 2012).

Qui a Bonn è ormai diventata quasi un luogo comune la frase: “Non dobbiamo più parlare di <conversione ecologica> ma semplicemente di <conversione logica>, di fronte ai moniti allarmati della comunità scientifica, sempre più compattamente preoccupata; ma anche alle tendenze evidenti del mercato: dopo l'accordo di Parigi si è manifestamente invertito il trend di investimenti di grandi banche e fondi privati dalle fossili alle rinnovabili! Ci torneremo su con i prossimi interventi.

Va anche considerato che l'Italia dovrà seguire l'Europa nel rivedere al rialzo gli obiettivi al 2030, se si vuole appunto dare seguito all'accordo di Parigi.

Bisognerà che il nostro Paese affianchi in questo caso la Germania – e non la Polonia e le altre Nazioni diciamo “paratrumpiane” dell'ex Patto di Varsavia.

E' notevole che in questo senso, in sinergia con i nuovi orientamenti dei grandi investitori privati, si stia muovendo parte dell'industria elettrica europea, inclusa l'ENEL, mentre un'altra parte, in Italia l'ENI, vuole continuare a basarsi essenzialmente su gas e prodotti petroliferi.

Dopo anni di aggressione masochistica, con il taglio agli incentivi, al nostro settore delle rinnovabili – ci si è messi d'impegno nel tentare di ammazzare un business che prometteva benissimo! - si fa ora una parziale marcia indietro, ma non è l'inversione ad U richiesta dall'Accordo di Parigi, come già l'industria più intelligente comincia a chiedere.

Sarebbe opportuno, a nostro avviso, fare il contrario: tagliare i 16 miliardi circa di sussidi alle fonti fossili dirottandoli alle rinnovabili. Insomma, niente più sostegno pubblico (a spese dei consumatori) all'incenerimento dei rifiuti con il CIP6, alla costruzione dei rigassificatori, alle facili trivellazioni su mare e su terra!

Con l'orizzonte degli obiettivi climatici sarebbe importantissimo adottare una carbon tax non più rinviabile, che potrebbe essere applicata innanzitutto nei settori riscaldamento e trasporti (oggi beneficiati con varie esenzioni fiscali per chi consuma carburante), con collegata riduzione della pressione fiscale sul lavoro.

(Questo spostamento del carico fiscale dal reddito e dal lavoro alle attività dannose per l'ambiente viene indicato come “riforma fiscale ecologica”).

Va modificato il modello che definisce il mercato elettrico come un sistema basato su un numero ridotto d'impianti di generazione centralizzata e sulla distribuzione capillare attraverso le reti elettriche di alta, media e bassa tensione verso piccoli e grandi consumatori, sempre in modo unidirezionale.

Per far fronte alla necessità di ricorrere a metodi di produzione d'energia elettrica sostenibili e in grado di fronteggiare la crescente domanda energetica a livello mondiale, le tecnologie della generazione distribuita, in particolare quella fotovoltaica ed eolica, permettono oggi di rendere disponibile energia pulita in prossimità dei punti di consumo, a prezzi sempre più competitivi.

Si tratta di appoggiare una nuova proposta di Direttiva UE che prevede espressamente che gli Stati membri debbano assicurare che le comunità locali abbiano diritto a generare, consumare, immagazzinare e vendere l'energia rinnovabile, anche attraverso accordi di acquisto di energia, senza essere soggette a procedure burocratiche esagerate e ad oneri sproporzionati.

L'orizzonte sembra quindi definito, quantomeno a livello europeo, nonostante il percorso normativo-regolatorio non sia omogeneo e lineare neppure all'interno del nostro continente.

Altro punto da non dimenticare: la conferma del “no al nucleare”, che il popolo sovrano ha affermato con ben due referendum. dovrebbe comportare una gestione seria e non affaristica (o affaristico-clientelare) del triste lascito delle scorie radioattive, cosa di cui l'attuale struttura SOGIN non ci garantisce affatto.

Nel corso degli anni la SOGIN ha accumulato ritardi nei lavori che sono arrivati fino al 170%, i costi preventivati sono più che raddoppiati e l'incremento di attività degli ultimi anni è un dato "drogato" perché è dovuto all'impegno sullo smantellamento delle strutture civili, mentre la parte nucleare è ancora al palo.

La morale di questo intervento è che dobbiamo prendere sul serio il “bando dei combustibili fossili” decretato a Parigi il 12 dicembre del 2015. Questo grande cambiamento richiede una “transizione” con aspetti di gradualità ma l'indirizzo del percorso deve essere chiaro: il passaggio al 100% rinnovabili deve avvenire quanto prima possibile, escludendo la “centralità del gas” o “l'imbroglio nucleare”. Tanto più se si considera che il modello energetico rinnovabile è intrinsecamente collegabile ad una società più pacifica, non fosse altro perché ciascun Paese può controllare risorse diffuse di cui dispone “a casa sua”, senza dipendere da situazioni esterne, magari da “stabilizzare” con pressioni o addirittura interventi militari.

O seguiamo una strategia coerente o proseguiamo per inerzia facendoci annebbiare da una cappa fumosa di parole: ma ci permettiamo ancora una volta, scusandoci della ripetitività, di mettere in guardia da questa seconda opzione, comoda ma catastrofica. Il risultato più probabile di essa sarà di ottenere che il Pianeta, rotto l'equilibrio, faccia fuori la nostra arrogante ma stupida specie.

Dovremmo parafrasare la formula di Albert Einstein sulle armi nucleari, e qui a Bonn stiamo provando a condividerla con molte orecchie consenzienti: “O l'Umanità farà a meno dei combustibili fossili, o la Terra farà a meno dell'Umanità!”

 

* da Bonn ** da Milano

 

(ma le misure concrete sono molto fumose e scarse!)

Questo 17 novembre, dopo due settimane di intensi negoziati, si è conclusa la COP 23 di Bonn ( 23ª Conferenza delle Nazioni Unite sul clima ). Stiamo parlando del cammino internazionale, di governi, ma anche di agenti sociali, cui nel nostro piccolo partecipiamo, che dovrebbe unire gli sforzi di tutti per curare il mondo dal “riscaldamento globale” dovuto all'effetto serra.

E' stato varato, nel sudore di trattative complesse e serrate, il documento finale con l'approvazione di 197 Paesi.

(Sotto riportiamo il comunicato stampa ufficiale del segretariato della conferenza).

Si fanno passi avanti, con il “draft zero”, verso il “regolamento” che deve attuare l'accordo di Parigi del 2015, “regolamento” che sarà completato alla COP 24 di Katowice in Polonia.

Le Fiji, l'isola che presiede la Conferenza, dovrebbero, nei prossimi mesi, presentare un format per il cosiddetto "Dialogo Talanoa" (parlare con il cuore è una possibile traduzione), che potrebbe portare a un negoziato tra paesi nel 2018 nel tentativo di aumentare l'ambizione degli obiettivi nazionali, che ora come ora porterebbero ad un aumento della temperatura di minimo 3 gradi centigradi rispetto all'era pre-industriale (quindi oltre i 17° C di temperatura media annuale del Pianeta).

 

L'ISOLAMENTO FA L'AMERICA PIU' PICCOLA

L'Accordo di Parigi del 12 dicembre 2015, entrato in vigore il 4 novembre 2016, è stato la base degli incontri ed un risultato acquisito è che questa base ha, tutto sommato, retto lasciando del tutto isolati gli USA.

Il neo- presidente USA Donald Trump aveva deciso di sabotarla, questa base, annunciando il ritiro degli Stati Uniti dal patto globale (questo ritiro, salvo ripensamenti, potrà diventare effettivo solo nel 2020). Ma persino il Nicaragua, con la sua gravissima crisi interna e anche la Siria, immersa in una guerra civile trascinata dal 2011, hanno annunciato che aderiranno all'Accordo della COP21: gli Stati Uniti, a questo punto, saranno l'unico paese a rifiutare il “compromesso storico” scaturito a Parigi!

Già all'apertura della conferenza, i delegati di Washington avevano pubblicamente dichiarato che loro erano venuti a Bonn “solo per tutelare gli interessi dei cittadini americani” e nient’altro. Come se gli Stati Uniti stessero su un pianeta a parte e non sulla Terra allo stesso modo di tutti gli altri!

A colpi di Tweet Donald Trump ha abbondantemente chiarito che ritiene i cambiamenti climatici una bufala da complottisti e che non ha nessuna intenzione di mettere in discussione quello che ritiene “l’attuale stile di vita americano”, basato sull’economia fossile. I recenti cataclismi che hanno devastato anche il Sud degli States, Texas petrolifero in testa, le centrali nucleari della Florida a rischio Fukushima, non gli hanno fatto cambiare idea!

Sin dai primi giorni del suo mandato, Trump, con il tripudio delle multinazionali dei fossili, aveva cominciato a picconare anche quel poco che aveva fatto Obama in tema di ecologia; ora anche a Bonn abbiamo costatato che non scherzava affatto quando prometteva di svincolarsi dagli impegni di Parigi: la delegazione USA non ha fatto altro che complicare o addirittura respingere qualsiasi tentativo di lavorare per una soluzione comune. Ma questo spinge all'irritazione tutto il resto del mondo e dà occasione ad altre potenze, Cina in testa, di riempire il vuoto di leadership lasciato.

 

IL DIALOGO DI TALANOA

Durante i negoziati, le tensioni erano come sempre incentrate sulla divisione delle responsabilità tra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo. Nel tentativo di persuadere tutte le parti a raggiungere obiettivi più ambiziosi, Fiji, delegata ad arbitrare, propone che il dialogo avvenga con empatia.

Il Dialogo di Talanoa è il metodo facilitativo per valutare le azioni intraprese per arrestare il cambiamento climatico ed eventualmente se prevedere un – necessario – innalzamento degli obblighi di riduzione delle emissioni di gas serra.

Talanoa è una parola tradizionale usata nelle Fiji e nel Pacifico per riflettere un processo di dialogo inclusivo, partecipativo e trasparente, con lo scopo di condividere storie, costruire empatia e prendere decisioni sagge, per il bene collettivo. Durante il processo, le Parti costruiscono la fiducia e avanzano la conoscenza attraverso l’empatia e la comprensione. Colpire gli altri e avanzare osservazioni critiche non sono coerenti con l’edificazione della fiducia e rispetto reciproci e quindi incoerenti con il concetto di Talanoa. Talanoa promuove la stabilità e l’inclusività in relazione al dialogo, creando uno spazio sicuro che abbraccia il rispetto reciproco di una piattaforma per il processo decisionale per un bene maggiore”. – dal sito UNFCCC.

(Si vada su: http://unfccc.int/items/10265.php)

 

L'EUROPA LEADER DELL'AZIONE CLIMATICA?

La padrona di casa tedesca Angela Merkel ha colto l'opportunità per proporsi, in concorrenza con la Cina, come nuova leader dell'azione climatica globale, ma le sue ali sono state tarpate dalle trattative interne per formare il nuovo governo: i due alleati che dovrebbero comporre la coalizione “Giamaica” , i verdi e la FDP, tirano la coperta in direzioni opposte!

L'Europa però non ha ancora una data chiara per la chiusura del carbone e su questo punto l'Italia frena insieme ai Paesi ex socialismo reale. Il 18 dicembre si terrà a Bruxelles un Consiglio Europeo sull’energia, durante il quale gli Stati Membri esprimeranno le proprie posizioni sul pacchetto di misure denominato “Clean Energy for all Europeans”. 

 

SI COSTITUISCE L'ALLEANZA CONTRO IL CARBONE.

 

Francia e Messico, hanno anche stretto un'alleanza per ridurre l'uso del carbone - combustibili fossili e altamente inquinanti. Germania, Cina e Russia hanno rifiutato di aderire all'alleanza.

 

MOBILITAZIONE DELLA SOCIETA' CIVILE

I negoziati hanno mostrato una vitalità della società civile che va ben al di là dell'espressione dei vari governi nazionali. Città, regioni, imprese, investitori e associazioni ecopacifiste  sono stati attivissimi alla COP23 di Bonn: le componenti stranieri sicuramente più coordinate e visibili dei “pezzetti” italiani sparsi qua e la per la Conferenza.

I Disarmisti esigenti, in stretta collaborazione con la WILPF Italia, sono stati protagonisti in uno stand ottenuto da WILPF Germania, che ha ospitato i nostri side event sul nesso tra minaccia nucleare e minaccia climatica, nonché esposto la mostra: ESIGETE! Il disarmo nucleare totale.

La sensazione che abbiamo avuto in questo evento è stata che effettivamente la conversione ecologica è un movimento in corso e che ha molti protagonisti, dalle associazioni, alle città alle stesse aziende. Abbiamo visto molto meno merketing e molta più comunicazione effettiva tra i diversi attori, soprattutto addetti ai lavori; ma pensiamo che le prossime COP debbano adottare una formula più aperta: la zona della manifestazione non deve essere riservata ai soli accreditati ma vi deve potere accedere la gente comune. In fondo la salvezza del mondo dipende dall'uscita dallo stato di letargia in cui attualmente si trova l'opinione pubblica globale...

 

LE PROSSIME COP

Della COP 24 in Polonia si è già detto.

A causa di un sistema di rotazione delle Nazioni Unite, la COP25 è già prevista per un paese dell'America Latina o dei Caraibi.

Intervenuto giovedì 16 novembre in seduta plenaria, il ministro dell'Ambiente, Gian Luca Galletti, ha annunciato che l'Italia sta lavorando a livello interministeriale con l'obiettivo di proporre la candidatura a ospitare nel 2020 la COP 26.

  • * missione Bonn dei Disarmisti esigenti (includente Accademia Kronos ed Energia Felice)

 

 

 

https://cop23.unfccc.int/news/concrete-climate-action-commitments-at-cop23

 

UN CLIMATE PRESS RELEASE / 17 NOV, 2017

Concrete Climate Action Commitments at COP23UN Climate Change News, Bonn, Nov 17 – As the UN Climate Change Conference comes down to the last day and governments work to complete the final negotiation decisions, it’s good to be reminded of the new wave of climate action that has been announced during COP23 from countries, cities, states, regions, business and civil society.

The common message from all sides at this conference has been that action to get on track towards the objectives of the Paris Climate Change Agreement and to ultimately achieve the 2030 Agenda Sustainable Development Goals is urgent, time is really running out and everyone simply must do much better together to drive climate action further and faster ahead now.

Above all, this means rapidly raising the current global ambition to act on climate change that is captured in the full set of national climate action plans (NDCs) which sit at the heart of the Agreement.

The following list includes announcements made during Cop23 to drive us further, faster and together to this destination.

Financing Climate Action

Major announcements included funds to support the poorest and most vulnerable, whose plight has been brought into sharp perspective by this year’s extreme weather

  • InsuResilience Initiative additional USD 125 mln from Germany to support provision of insurance to 400 more million poor and vulnerable people by 2020. A G20 and V20 (vulnerable nations) partnership

  • Adaptation Fund exceeds 2017 Target – Germany’s contribution of 50 million euros and Italy’s contribution of 7 million euros means the Fund has now surpassed its 2017 target by over USD 13 million and stands at a total equivalent of USD 93.3 million dollars

  • Norway & Unilever USD 400 mln fund for public and private investment in more resilient socioeconomic development.  Investing in business models that combine investments in high productivity agriculture, smallholder inclusion and forest protection

  • Germany and Britain to provide combined USD 153 mln to expand programs to fight climate change and deforestation in Amazon rainforest

  • European Investment Bank will provide USD 75 million for a new USD 405 million investment programmeby the Water Authority of Fiji. The scheme will strengthen resilience of water distribution and wastewater treatment following Cyclone Winston, the world’s second strongest storm ever recorded, which hit Fiji in February 2016

  • Green Climate Fund and the European Bank for Reconstruction and Development signed up to free USD 37.6 million of GCF grant financing in the USD 243.1 million Saïss Water Conservation Project to make Moroccan agriculture more resilient

  • World Resources Institute announced a landmark USD2.1 billion of private investment earmarked to restore degraded lands in Latin America and the Caribbean through Initiative 20x20

  • UNDP, Germany, Spain and EU launch EUR 42 million programme NDC Support Programme at UN Climate Summit to help countries deliver on the Paris Agreement

  • NDC Partnership to establish a new regional hub to support implementation of Nationally Determined Contributions (NDCs) in the Pacific

  • 13 countries and IEA - EUR 30 mln to “IEA Clean Energy Transitions Programme” to support clean energy transitions around the world

  • Ecuador to reduce 15 million tonnes of CO2 emissions in the forest sector

  • Gabon’s National Park Service to halt illegal logging to stop emission of 20 million tonnes of CO2

Investing in Climate Action

  • HSBC announces 100 billion for green investments just before COP23

  • R20 and Blue Orchard Finance’s African Sub-national Climate Fund to provide ready-to-invest projects and funds to implement at least 100 infrastructure projects by 2020

Coordinating Climate Action

With so many climate action pledges and initiatives from across government, business and civil society, there is a growing need to coordinate effort to ensure that every cent invested and every minute of work contributed results in a much greater impact than each acting separately.

  • SIDS Health Initiative by WHO, UN Climate Change secretariat and Fijian COP 23 Presidency to ensure small island developing states have health systems resilient to climate change by 2030

  • America’s Pledge brings together private and public sector leaders to ensure the US remains a global leader in reducing emissions and delivers the country’s climate goals under the Paris Agreement

  • Powering Past Coal Alliance brings together 25 countries, states and regions to accelerate the rapid phase-out of coal and support affected workers and communities to make the transition

  • C40 mayors of 25 pioneering cities, representing 150 million citizens, pledged to develop and begin implementing more ambitious climate action plans before the end of 2020 to deliver emissions neutral and climate resilient cities by 2050

  • Global Alliance for Buildings and Construction – signed agreement to dramatically speed up and scale upcollaborative action

  • below50 -World Business Council on Sustainable Development initiative to grow the global market for the most sustainable fuels.

  • EcoMobility Alliance - Ambitious cities committed to sustainable transport.

  • Transforming Urban Mobility Initiative - Accelerating implementation of sustainable urban transportdevelopment and mitigation of climate change.

  • The Ocean Pathway Partnership aims, by 2020, to strengthen action and funding that links climate change action; healthy oceans and livelihoods including through the UN Climate Change process and via national climate action plans

  • United Nations Development Programme launched the Global Platform for the New York Declaration on Forests to accelerate achievement of its goals of forest protection and restoration.

Corporate Emission Cuts

Government Ratifications

  • Syria ratified the Paris Agreement – 170 have now ratified

  • Six countries have ratified the Doha Amendment (Belgium, Finland, Germany, Slovakia, Spain, and Sweden) – 90 countries in total have ratified

  • Eight countries have ratified the Kigali Amendment to the Montreal Protocol (Comoros, Finland, Germany, Lao People's Democratic Republic, Luxembourg, Maldives, Slovakia and the UK) – 19 countries in total have ratified

 

 

 

                                                                          

Il fut un temps où on se contentait d'avoir une petite maison avec tout le nécessaire pour vivre; que nos enfants soient heureux, ne manquent de rien et cela pouvait passer par le fait d'avoir un chien ou un chat.

En nos temps de violence et de complexité, les désirs surpassent les besoins. Les exigences et caprices passent par le souci de vouloir chez-soi un animal plus exotique, plus atypique. Le nouvel acronyme « NAC » en témoigne la réussite.

Outre la compagnie animale, les produits « dérivés » sont également à l'honneur, qu'il s'agisse de bijoux, cosmétique, vêtements ou divers accessoires, les mécanismes de cette production engendrent un terrible déséquilibre de biosphère.

Les écosystèmes endémiques sont les premiers touchés et malheureusement nous ne le voyons pas ou ne voulons pas.

En Europe occidentale, les animaux sauvages et domestiques plaisent, les réseaux et trafics se multiplient dans l'ombre.

Ce type d'activité est - après la drogue et les armes – le troisième mondial. Les braconniers n'hésitent pas à séparer les petits de leurs parents, à déraciner pour des profits estimés à près de 20 milliards d'euros annuel.

Certaines associations ( 30 millions d'amis, WWF, fondation Brigitte Bardot ) luttent tant bien que mal contre tous ces trafics, ventes illégales, massacres, braconnages, mais il est plus qu'évident qu'il existe un manque de moyen humain mais aussi et surtout financier.

Alors tant que les gouvernements, les forces de l'ordre ne feront pas un travail de rééducation et que chacun pensera uniquement à ses désirs toujours plus extravagants, des milliers d'animaux domestiques seront abandonnés et les animaux sauvages continueront à être réduit à disparaître de notre Terre.

Calcul d'un profit à tout prix, agressivité, vulgarité, manque de civisme, cet immense gâchis qui n'obéit pas à l’intérêt de préservation de notre espèce est l'instrument avancé d'une possible fin de l'humanité dans un futur proche mais aussi de toutes espèces vivante.

Le but naturel de la société, de la politique et du droit, serait de mettre fin à la surconsommation à outrance et donc limiter la demande des consommateurs. Toutes fois comment limiter la demande quand il y a toujours plus d'offres ? L'avancée technologique et la domotique ne cessent d'évoluer et créent de nouveaux besoins qui ne sont pas forcément en accord avec des besoins naturels et vitaux.

L'Homme, doit revoir ses priorités et réapprendre à vivre en harmonie et en osmose avec son espace vital primaire.

Pour cela, il devient primordial de renforcer l'enseignement des valeurs de la vie pour le bien de tous. L'état pourrait instaurer une éducation écologique dès le plus jeune âge.

A cet égard, je me dois ici d'éclaircir un point très important.

Mettre en place dans les établissements scolaires une philosophie plus respectueuse de tous les êtres vivants, associée aux valeurs humaines et compétences liées à la vie quotidienne.

A partir de là, façonnant eux-mêmes leurs habitudes, les enfants deviennent leurs propres enseignants quand à leurs conduites de vie à adopter pour protéger leur pays de l'industrie de masse et de ce fait aussi protéger la planète.

Dans l'intérêt des animaux, mais aussi des hommes, il serait vraiment vital d'essayer de rebâtir un autre modèle de société sur des valeurs remises à leur juste place.

Le bien que nos élus pourraient faire, serait de modeler dans la population, un psychisme préventif exempt du désir de gaspiller, d'accumuler, de jalouser. Cela signifie changer nos comportements et nos mentalités.                    

Il est primordial que nous fassions preuve d'humanité envers les animaux car tout autant que nous, ils ont un droit à la vie et au respect.

La technologie va devoir faire preuve d'innovation, rapidement et efficacement. La solution ultime au problème de préservation de la nature n'a pas encore vu le jour. Il n'a pas encore été envisagé d'utiliser un bouclier électromagnétique pour préserver les espèces vivantes de toutes formes d'agressions.

Devons-nous continuer à espérer un modèle idéal de société future où le changement d'humeur et de comportement des citoyens pourrait être soumis à des contrôles réguliers afin de protéger la population animale et humaine ?

A mes yeux, que des criminels environnementaux puissent bénéficier d' avantages de notre société revient à leur donner les moyens de perpétuer leurs crimes. En leur accordant toute forme d'incarcération, on commet un acte moralement bien plus grave que la peine capitale et qui vient faire obstacle aux efforts des intervenants qui essayent d'instaurer une réelle protection de la Biosphère.

Parlons un peu d'un animal qui souffre de sa situation alarmante en France, le Loup.

Sa présence dérange, ils sont accusés systématiquement, son statut d'espèce protégée ne doit pas être remis en question . C'est à nous, humains d'apprendre à vivre en cohésion avec les loups dans un milieu naturel qui est le leur.

Il est plus que temps de s'opposer farouchement s'il le faut à ces inhumains qui détruisent la faune et la flore terrestre.

Je ne suis pas peu fier de ce combat.

Après un an de lutte contre la criminalité environnementale, le Forum des 11,12 et 13 octobre 2016 à Nîmes ( hôtel Atria) constitue le « cœur » de cet avenir en marche, celui des intérêts vitaux de l'humanité.

                  

Parmis les intervenants, Laurent NEYRET, ( professeur de droit à l'université de Versailles Saint-Quentin),nous instruit de bien des choses sur le droit de l'environnement et la réparation du préjudice écologique.

    versett                                                                              

Il est impératif de mettre en place une autorité morale et pénale unique et mondiale.

Nous ne sommes pas sans savoir que le tribunal international de l'Haye élargit ses compétences. Toutefois bien trop d'obstacles se dressent devant la volonté d'avancer et de progresser dans leurs actions car les manques de moyens d'échanges et de ressources, d'expériences, contribuent aux dysfonctionnements dans les procédures interminables et parfois inextricables.

Toutes ces complications mais aussi notre soumission aveugle aux lois du marché et de la surconsommation entravent la volonté de dévoiler autre chose que les apparences des entreprises “honnêtes”... et certaines multinationales non-vertueuses.

Il est évident qu'il nous reste un long travail à accomplir pour que chacun se sente concerné et ouvre enfin les yeux sur la dure réalité et sur l'avenir plus que répugnant de notre planète mais de notre survie également.

Nous pouvons compter sur des intervenantes efficaces et impliquées, qui sont là pour faire progresser et défendre les intérêts du Vivant.

De gauche à droite:           

  • Maylis SOUQUE( Direction du trésor, point de contact OCDE, organisation de coopération et de développement économique)
  • Emmanuelle MAIRE( Commission européenne, Unité 3, multilateral environnemental cooperation)
  • Sandra COSSART ( Avocate, organisation Sherpa)

Sherpa est une organisation d'avocats et de juristes qui a pour mission de protéger les populations locales et l'environnement des visées néfastes de certaines multinationales.

  • Françoise LABROUSSE ( Avocate au barreau de Paris, spécialiste en droit de l'environnement JONES DAY)

oi78

Pour faire simple, l'avenir de la planète et de la vie sur notre Terre est indéniablement liée à l'eau.

Une des questions posées dans l'appel de Nîmes est celle de la gestion sécurisée de l'eau dans le pourtour méditerranéen.

Le temps ne serait mentir, que ce soit demain ou plus tard, des guerres ouvertes pour l'eau sont très certainement à prévoir.

Mais au-delà de ceci, donner une forme et un sens au monde qui vient, effacer le mal de l'esprit des humains, parvenir à l'âge de raison, traduisent la même volonté d'élever les consciences.

 uihit4t       

Le présent n'existe pas.

Comme un écho dans le temps, cette photographie datée du mercredi 12 octobre 2016, réunit sur le devant de la scène du forum de Nîmes, au centre le prince Nicolas II du monténégro et les prestigieux lauréats du prix GAÏA en faveur d'engagements pour la sauvegarde et la sécurité environnementale en méditerranée.

Mais d'abord, et avant tout, si l'on veut définir l'avenir, il serait crucial d'élucider la nature de la conscience humaine.

Ce qui est extrêmement délicat à définir.

                                                                

                                                                                

Sono passati cinque anni da quando un terremoto di magnitudo 9,0 - il più grande nella storia della nazione e uno dei cinque più potenti mai registrati da sempre in tutto il mondo - e il successivo tsunami, ha distrutto gran parte della centrale nucleare di Fukushima Daiichi, uccidendo in conseguenza più di 20.000 uomini, donne e bambini; determinando oltre 200.000 sfollati; portando orrore indicibile e miseria per molti dei sopravvissuti.

Il disastro nucleare di Fukushima del 11 marzo 2011, ha provocato una contaminazione radioattiva massiccia della terraferma giapponese, così come ha portato alla ribalta i pericoli delle radiazioni nucleari in tutto il mondo.
Cinque anni più tardi, gli effetti successivi all'evento catastrofico continuano ad affliggere il mondo, rendendolo così il più grande disastro ambientale di tutti i tempi.

Qui ci sono 10 fatti terrificanti sull'olocausto nucleare in corso a Fukushima che vi faranno cagare addosso:

1) 300 tonnellate (272,152 litri) di acqua radioattiva - abbastanza per riempire una piscina olimpionica ogni otto giorni - entra nel Pacifico ogni giorno. Ci ha detto Harvey Wasserman, giornalista e avvocato per le energie rinnovabili. "Questo è un evento apocalittico. E’ qualcosa che potrebbe contaminare l'intero Oceano Pacifico. E'estremamente grave. La realtà è che la Tokyo Electric non sa che cosa stia accadendo e non sa come controllare ciò che sta succedendo. Tutto il nostro pianeta è a rischio ora."

2) La centrale nucleare di Fukushima Daiichi ha ben 11.400 barre di combustibile - Il reattore n °4, da solo, dispone di 1300 barre di combustibile, sistemate in una piscina che perde. Queste barre di combustibile devono essere rimosse manualmente, oltre ad altre 6.300 barre di combustibile sistemate nelle vicinanze. Dal momento che le barre di combustibile, che contengono radiazioni pari a 14.000 volte la quantità rilasciata quando gli Stati Uniti sganciarono la bomba atomica su Hiroshima, alla fine della seconda guerra mondiale, devono essere estratte manualmente per evitare un disastro peggiore della crisi nucleare del Marzo 2011, anche il più piccolo errore potrebbe portare a una reazione nucleare a catena.

3) Nel 2013, TEPCO, la società elettrica giapponese responsabile per il reattore di Fukushima, ha ammesso che i livelli di radiazione nel suo oblò di osservazione delle acque sotterranee, sul lato est degli edifici delle turbine, avevano raggiunto 310 Becquerel per litro, per il cesio 134, e 650 Becquerel per litro per il cesio 137. Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, l'acqua potabile a 300 Becquerel per litro è equivalente ad un anno di esposizione alla radiazione naturale del terreno, o, da 10 a 15 radiografie al torace.

4) Nel periodo immediatamente successivo al disastro, l'impianto ha vomitato una stima compresa tra 5.000 e 15.000 tera-becquerels (trilione di becquerel) di cesio-137 al mese. Secondo Jota Kanda, un oceanografo della Tokyo University of Science and Technology Marine, l'impianto continua a perdere 10 miliardi di becquerel di cesio-137 al giorno nell'Oceano Pacifico.

5) Dopo ben due anni dalla catastrofe, la simpatica TEPCO ha ammesso che avevano rilevato dello stronzio-90, altamente tossico, un sottoprodotto della fissione nucleare che può provocare il cancro delle ossa, se ingerito, a livelli 30 volte il tasso consentito. E ha anche ammesso pubblicamente che un cumulativo compreso tra i 20.000 miliardi e i 40.000 miliardi becquerel di trizio radioattivo erano finiti in mare dopo il disastro.

6) Oltre al Cesio-137 e allo stronzio-90, l'impianto continua a perdere grandi quantità di iodio-131 nell'aria. Perché la tiroide assorbe rapidamente lo iodio-131, a seguito di un evento radioattivo, i risultanti danni da contaminazione interna della tiroide portano a ipotiroidismo, il cancro e la morte.
Harvey Wasserman scrive:"Lo iodio-131 può essere ingerito nella tiroide, dove emette particelle beta (elettroni) che danneggiano il tessuto. La piaga della tiroide danneggiata è già stato segnalata almeno tra il 40% dei bambini nella zona di Fukushima. Tale percentuale non può solo che aumentare. Nello sviluppo dei giovani, può arrestare la crescita sia fisica che mentale. Tra gli adulti provoca una vasta gamma di disturbi aggiuntivi, compreso il cancro.

7) Gli esperti lo identificano il più grande rilascio di radiazioni in una massa d'acqua nella storia del pianeta, molto peggio di Chernobyl. Essi prospettano il fatto che l'intero Oceano Pacifico avrà livelli di cesio da 5 a 10 volte superiore a quelli che c'erano al culmine del periodo dei test atomici decenni fa.

8) Le radiazioni dal disastro di Fukushima sono già state diffuse in tutto il mondo. Lo scorso dicembre, gli scienziati hanno trovato un picco di cesio-134 al largo delle coste della California - circa 11 Becquerel per metro cubo di acqua. Inoltre hanno trovato circa 10 Becquerel per metro cubo di acqua 1.500 miglia a nord delle Hawaii un livello di circa il doppio più alto del livello che avevano trovato in missioni precedenti.

9) Secondo il Ministero dell'Economia del Giappone, del Commercio e dell'Industria (METI), più di 1.100 chilometri quadrati di villaggi, montagne e foreste rimangono inabitabili; la pulizia completa del sito richiederà mezzo secolo.

10) Abbiamo infiniti sversamenti nell'Oceano Pacifico che andranno avanti non solo per il periodo delle nostre vite, ma per le vite dei nostri figli, conclude la ricercatrice Christina Consolo:"... Lo scenario peggiore potrebbe determinare la morte di miliardi di persone. Una vera e propria apocalisse ... Un evento atmosferico, un black-out, terremoti, tsunami, guasti dei sistemi di raffreddamento, o esplosioni e incendi in qualsiasi modo, forma, in qualsiasi zona, sul sito di Fukushima, porterebbero a cascata un evento di quella portata".

Traduzione di Francesco Piro dell'articolo tratto da Tapnewswire.com    

 

“Voi vegetariani mangiate molti vegetali e dimenticate che anche la pianta soffre”. E’ vero, ma il quantitativo di piante sacrificate da coloro che mangiano la carne è infinitamente maggiore, dal momento che un kg di carne equivale a migliaia di piante consumate dall’animale. Inoltre i vegani consumano principalmente non la pianta ma i frutti della pianta, come pomodori, melanzane peperoni, carciofi, zucchine cereali, legumi  ecc. che non richiede l’uccisione della pianta, perché siamo consapevoli che anche la pianta vuole vivere e non essere recisa. Ed è questa maggiore sensibilità verso la vita il nostro fiore all’occhiello.

Sarà questa nuova coscienza, questa nuova sensibilità a dare all’essere umano la componente morale capace di realizzare un mondo nuovo, diverso, migliore: una persona capace di valorizzare e rispettare anche la pianta non può non valorizzare e rispettare un animale e tantomeno un essere umano, ed è questo il fulcro della cultura universalista vegan: l’amore ed il rispetto verso tutto ciò che vive.

Le piante non sono cose ornamentali, ma esseri senzienti di forma diversa dagli umani e dagli animali. La loro sensibilità è stata accertata sperimentalmente da molti ricercatori e documentata, tra gli altri, dallo  studioso indiano Jagadish Chandra Bose, autore di “Response in the living and non – living?”e accertata poi sperimentalmente mediante elettrodi collegati alla pianta. E’ stato verificato che emettono vibrazioni che tradotte in note musicale generano una melodia simile ad un canto, ad un concerto.
Ricercatori dell'Università di Firenze hanno dimostrato che anche le piante hanno un cervello e quindi capacità cognitive, emozioni, pensieri ed elaborazione degli stessi e tentano di risolvere i problemi che si   presentano, a volte attivando ormoni che tengono lontani certi parassiti.

Alcuni ricercatori italiani sono stati fra i primi a fare queste scoperte: "Le Piante hanno una testa pensante con la quale comunicano, prendono decisioni in caso di difficoltà, ricordano, cioè hanno memoria e perfino una sorta di autocoscienza. Le piante mettono in atto una trasmissione sinaptica identica a quella dei tessuti neurali animali. Esse comunicano con le altre piante attraverso l'atmosfera ed il terreno stesso nel quale sono radicate per mezzo di neurotrasmettitori; hanno persino cura "parentale", cioè dei loro figli ! Ciò significa che tutte le piante hanno anche intelletto, memoria, sensazioni di piacere, eccitazione sessuale, simpatie ed antipatie con altri componenti della stessa specie o specie diverse”.

Noti sono anche gli esperimenti degli anni 60-70 di alcuni ricercatori che dimostrarono che le piante sono molto sensibili alla musica ed infastidite dal rumore; che crescono meglio e più forti, che danno frutti più dolci, se sottoposte a una certa musica, mentre "soffrono" con il rumore o con musiche aggressive.

Noto è anche l’esperimento di Cleve Backster. Da un gruppo di sei uomini fu scelta una persona che avrebbe dovuto "assassinare una pianta". Ognuno dei sei, in ordine casuale, entrò in una stanza dove vi erano due filodendri.
Alla fine solo una pianta era ancora in vita e in buone condizioni; l'altra era stato strappata dal suo vaso, lacerata ed infine schiacciata sul pavimento da uno dei visitatori. L'unico testimone di questa brutta storia era il filodendro sopravissuto. Il "criminale" fu individuato in modo assai semplice. Backster collego il suo oscillografo al filodendro sopravissuto.
Chiese quindi alle sei persone "sospette" di porsi in fila ed entrare nella stanza, una per volta. Quando l'"assassino" varcò la porta, la pianta emise l'equivalente elettrico di un grido.

Le piante avvertono la luce e reagiscono ai suoi stimoli curvandosi verso la fonte luminosa oppure volgendo ad essa le loro foglie. Se per un certo periodo si innaffia il terreno solo su un lato della pianta, dopo alcune settimane si può osservare che le radici sono rivolte verso la parte di terreno annaffiato. Lo stesso fenomeno si verifica se si concima il terreno in un solo punto. Questo dimostra che le piante sono in grado di percepire gli stimoli chimici costituiti dall’acqua o dal concime e di reagire con dei movimenti.

Non vi è demarcazione tra l’universo minerale e quello animale. Se gli animali percepiscono il dolore come noi umani, il mondo vegetale percepisce il dolore nella ininterrotta correlazione del tutto, senza possibilità di separazione, anche se può essere diversa la sofferenza percepita da ogni singola specie.

La percezione del dolore è l’essenza stessa della vita: senza la capacità di accusare dolore, sofferenza, paura di morire nulla esisterebbe nell’universo, ne consegue che tutto ciò che vive è in grado di percepire disagio, sofferenza: se così non fosse per gli esseri viventi vivere o morire sarebbe la stessa cosa e la vita stessa sicuramente si sarebbe estinta forse sul nascere.

 (note di ordinaria follia operata da burocrati senza scrupoli a danno degli Italiani)

Tanto tuonò che piovve! Questo incipit ci appare abbastanza verosimile per questa piccola verità che andiamo a disvelare. C’era una volta un territorio meraviglioso, La Puglia invero bellissima ma sempre cenerentola, forse perché, costretta a pagare la sottomissione di essere Sud e di provenire dal regno dei Borboni. Allora qualcuno in alto di certe lobbies ha deciso che, anche se sottomessa la Puglia rimane bella e pericolosamente in crescita, non solo per le sue bellezze naturali, ma anche, per tutti i doni che Dio le ha dato inserendola, di fatto, nel Paradiso della Dieta Mediterranea. Ecco così che nel 2010 si porta avanti un progetto devastante ed incredibilmente assurdo se poi non fosse stato adottato: distruggere tutti gli Olivi del Salento e, chissà, di tutta la Puglia per sostituirli con lerce piante OGM, durante la gestione regionale dell’ambientalista Nichi Vendola! Lasciamo la favola e veniamo ai fatti connessi all’inesistente Emergenza Xylella. Sin dal primo esordio in questa problematica, esattamente in Fiera del Levante il 23 marzo 2015, il Gen. Roberto de Pascalis (Brigadier Generale della Riserva del Genio Aeronautico, ora Presidente del Consorzio Mediterrae n.d.r.) in materia di emergenza Xylella ebbe modo di declarare, serenamente e pacatamente, le proprie convinzioni (chi fosse interessato potrà comprenderle meglio dall’esame di quanto è stato riportato nel seguente video: https://www.youtube.com/watch?v=mVDcu42D2SE intitolato Xylella una probabile Soluzione) e https://www.youtube.com/watch?v=qfy_TLbMShQ&nohtml5=False. Mentre veniva indicata una prospettiva ed una concreta soluzione, alle spalle di tutto il Popolo Pugliese, si giocava una sordida partita finalizzata a distruggere il nostro Paesaggio.

Ovviamente nel puro spirito della Fiaba c’è sempre un Cattivo, in questo caso il Gen. Giuseppe Silletti (Brigadier Generale ora Comandante della Regione Puglia del Corpo Forestale dello Stato). Ovviamente giochiamo sulla metafora ben sapendo che il vero cattivo è costituito da un gruppo di poteri forti che, in questo periodo, abbiamo conosciuto e contrastato. Un'altra importante considerazione, che non va assolutamente denegata e che la parte del Buono è stata energicamente ed efficacemente rappresentata dal “Popolo Pugliese e dal Popolo degli Ulivi” che, sin da subito ha lottato, ha fatto barricate, si è fatto sentire sin da quando veniva abbattuto il primo albero di ulivo ma, anche, prima ancora. Diciamo che la lotta tra i due generali è quella che si è verificata sull’insolito diverso terreno di scontro: la Burocrazia delle carte! In questo, si diceva della serena pacatezza con cui, progressivamente venivano posti in essere, sin da subito atti inviati, per competenza, a tutte le istituzioni gerarchiche e sovraordinate, all’attenzione del Presidente della Banca Centrale Europea, del Presidente della Repubblica e, finanche, Papa Francesco. Ricordo brevemente la cronologia dei vibranti interpelli, predisposti in merito nel tempo ed esattamente:

a.la lettera del 23 marzo 2015 a tutte le istituzioni, a partire da Vendola fino su a tutti gli organismi sovraordinati nazionali ed internazionali;

b.l’Interpello del 23 ottobre 2015 rivolto al Presidente della Repubblica Mattarella, per conoscenza a tutti, affinchè venga fermata la “Mattanza degli Ulivi”;

c.l’Interpello al Presidente U.E. Jean Claude Junker del 8 febbraio 2016, rivolto altresì a tutti i responsabili già citati nella precedente corrispondenza, perché venisse annullata l’ignobile Decisione della Commissione UE adottata in data 18 maggio 2015 per il quale ulteriori valutazioni potranno essere corroborate dalla visione di questo ulteriore video: https://www.youtube.com/watch?v=17JEpA-yPTQ

d.l’Interpello al Presidente U.E. Jean Claude Junker del 29 febbraio 2016, finalizzato al NO OGM _ NO CHEMSTRAILS e, quindi, come Richiesta per indire un Referendum in tutti i Paesi U.E. per una Agricoltura Sostenibile, Biologica ed a Basso Impatto Ambientale.

In riferimento agli atti sopracitati, peraltro notificati a tutte le autorità Territoriali Regionali, Nazionali ed Europee, si constata una continua generale e diffusa mancanza di riscontro da parte delle predette autorità, a meno della sola nota di risposta, pervenuta dal Presidente U.E. Junker il quale in data 10 marzo 2016, in riferimento al sopracitato interpello del 8 febbraio u.s., rimandava la competenza del riscontro e relativo annullo Decisione U.E. del 18 maggio al Presidente della relativa Commissione U.E., il Medico Lituano il dr. Vytenis Andriukaitis (ad horas intercorsi più di 30 giorni nel procedimento, ai sensi dell’ordinario rispetto della giurisprudenza in materia di trasparenza amministrativa, si rappresenta non essere pervenuto alcun riscontro da parte del Dr. Andriukaitis in ordine a quanto disposto nella nota del Presidente J.C. Junker, qualora la cosa dovesse continuare a persistere ci rivolgeremo alla Corte di Giustizia Europea).Una ulteriore problematica, questa volta da ritenersi da addebitarsi a mancati riscontri e responsabilità regionali, viene riferita alla discutibile attività posta in essere dal Presidente Regione Puglia Michele Emiliano il quale, a nostro dire, ha inteso implementare, oltre che una assai discutibile Task Force per legittimare una inesistente “Emergenza Xylella”, in data 8 aprile u.s. un ulteriore piano (parliamo del 3° Piano Regionale, adottato dopo i due precedenti piani, ormai da considerarsi nulli e superati, che furono approvati dall’ex Commissario Silletti) riferendo come questo insieme di provvedimenti, inseriti nel 3° piano, sia scaturito, anche, sentiti i vari tecnici invitati nelle riunioni della citata Task Force; al riguardo il Prof. Pietro Perrino, facente parte di questo Organismo Farlocco, ha inteso indirizzare, proprio nei riguardi del Prof. Gianluca Nardone, Direttore Generale del Dipartimento Agricoltura e tutela Ambiente dell’Assessorato Agricoltura della Regione Puglia, una vibrante seconda nota di dissenso, quale integralmente riportata in questi due links:

http://belsalento.altervista.org/lintrovabile-piano/

http://belsalento.altervista.org/perrino-aggiornamento-nota-2-il-batterio-e-solo-una-delle-cause-minori-del-codiro/

Ad Horas, i continui sopra citati sforzi, hanno portato alla vittoria nelle prime tre battaglie derivanti dal fatto che è stato indotto:

a.uno stop generalizzato all’intero procedimento, connesso all’applicazione del 2° Piano Silletti, avvenuto il dicembre scorso grazie al tempestivo provvedimento giudiziario a cura del Capo della Procura della Repubblica di Lecce il Dr. Cataldo Motta;

b.il Presidente U.E. J.C. Junker ad uscire allo scoperto in riferimento all’annullo del sopra citato atto Decisionale U.E. del 18 maggio 2015;

c.il Presidente Regione Puglia M. Emiliano a convenire, nel sopra citato discutibile 3° piano approvato lo scorso 8 aprile, con il seguente apprezzabile commento: “L’abbattimento delle piante nei cento metri dalla pianta infetta avrebbe provocato uno sterminio insostenibile. Dunque, il Piano non prevede la misura più insopportabile, l’abbattimento delle piante nei cento metri. Ci si limita all’abbattimento della pianta infetta, ove non sia monumentale. Le piante viciniori vengono al massimo capitozzate per eliminare le foglie tenere. Fino al 30 aprile è importantissimo fare lo sfalciamento e l’aratura: misure di straordinaria efficacia” perché “abbattere la popolazione dell’insetto vettore è molto più importante che tagliare gli alberi di Olivo.

Nonostante questa prima apertura, da parte del Presidente della Regione Puglia M. Emiliano, si constata la pervicacia a voler continuare:

a.a citare l’operato di questa fantomatica Task Force che proprio il Gen. De Pascalis, in occasione dell’incontro del 14 marzo u.s., ha precisato che dovrebbe, al massimo, essere definita al pari di una mera “Riunione Informale di Tecnici;
b.a denegare quanto, invece, espressamente richiesto nella prefata Riunione del 14 marzo 2016, proprio dal Ge. R. De Pascalis in merito alla immediata, urgente istituzione di un’adeguata Task Force (da implementare secondo le ordinarie dottrine militari, esistenti anche in ambito Nato) per la vera Emergenza Ambientale e Climatica la quale è nota a tutti (anche per i vistosi danni di inquinamento e da aggressivi chimici, in primis il glifosato, per i quali la Puglia può considerarsi una Seconda Terra dei Fuochi, se non peggio, per quanto rilevato nei fatti riscontrati in Campania).

Tutto ormai si va disvelando in questa fiaba che sembrerebbe, salvo imprevedibili futuri riscontri, volgere a lieto fine, laddove il Popolo Pugliese e degli Ulivi in Primis ( a cui ascrivere l’efficacia e la perseveranza della lotta e del sentito contrasto posto in essere sul territorio a difesa degli Olivi) ed il Gen. R. De Pascalis, in subordine (con la sua costante, tenace attività di contrasto burocratico, quale sopra espressamente elencata, hanno consentito di accendere quei giusti riflettori sull’intera vicenda sensibilizzando chi di dovere a cambiare punto di vista e, quindi, incominciare a contrastare la silente, pericolosa strategia posta in essere dalle note lobbies, avvenuta per il tramite di funzionari infedeli. Ricordiamo a tutti che abbiamo vinto appena 3 battaglie e che la Guerra non è stata completamente ancora vinta, per questo manteniamo basso profilo e massima all’erta ricordando comunque che: “La Verità non sarà mai completamente disvelata ma tutti i suoi Detrattori saranno annientati”. Grazie per l’attenzione a questo articolo/favola e se ritenete valido l’intero impegno che è stato profuso in merito Vi prego di sostenerci (anche visitando il nostro Portale al sito web: www.consorziomediterrae.it) per far si che possano, in futuro, essere avviate altre, diverse, azioni sinergiche a supporto del miglioramento delle condizioni della Nostra Cara Italia, perché, a nostro avviso vale quanto andava indicando la Buon’Anima di Gian Roberto Casaleggio: “Gli Italiani devono Impegnarsi a Migliorare”.

 

Dopo il referendum di domenica sulle trivelle, bisognerà parlare delle dismissione degli impianti. Quando un giacimento si esaurisce, segue la fase di smantellamento degli impianti che  consiste nella rimozione in sicurezza del centro olio, delle piattaforme, delle strutture per la compressione e il dispacciamento degli idrocarburi, la rimozione delle teste pozzo e delle condotte di collegamento con i punti di raccolta.

Dopo la rimozione segue la fase di ripristino ambientale. Per quanto riguarda le aree dove sorgevano i pozzi e il centro olio, queste vengono bonificate e ricondotte alla situazione precedente l’inizio delle operazioni, con la ricostruzione del manto erboso e la piantumazione degli alberi. Per quanto riguarda la dismissione degli impianti offshore, vengono eseguite le operazioni di messa in sicurezza dei pozzi e  rimosse le strutture e le condotte che collegavano la piattaforma ai centri di trattamento a terra. Tali operazioni sono molto delicate e richiedono personale specializzato al fine di evitare impatti ambientali. Alla fase rimozione degli impianti segue l’individuazione di siti idonei per il conferimento dei materiali non riutilizzabili e lo smaltimento finale dei prodotti potenzialmente inquinanti. Un approccio alternativo allo smantellamento e rimozione delle strutture offshore prevede il riutilizzo in loco delle piattaforme dismesse, ad esempio come barriere artificiali.E’ stato osservato, infatti, che molte strutture artificiali poste in mare aperto vengono colonizzate dalla macro fauna bentonica e da numerose specie di pesci che trovano un habitat idoneo alla riproduzione. Un’altra possibilità è l’installazione di impianti eolici offshore sulle piattaforme dismesse. Le piattaforme dismesse, infatti, possono fornire un supporto alle pale eoliche e permette di installare gli impianti lontano dalle coste, dove i venti sono più forti e costanti e dove non ci sono problemi paesaggistici. L’opzione di lasciare sul posto le piattaforme dismesse, deve quindi essere attentamente valutata, sia dal punto di vista ambientale che legislativo.

L’inquinamento è diventato uno dei problemi più scottanti della società attuale e le soluzioni proposte dai personaggi televisivi e della carta stampata  sono: abbassare la temperatura nelle abitazioni, ridurre il traffico automobilistico e le emissioni delle grandi industrie. Mai che si menzioni la causa  principale, la madre di tutti gli inquinamenti, la maggiore responsabile di inquinare l’aria, la terra, le acque: il settore zootecnico. Se ne guardano bene, perché cadrebbero in contraddizione con se stessi se non rinunciassero alla loro bistecca.

Ma non si può parlare di inquinamento senza parlare di allevamenti intensivi di animali. A parte il problema salutistico, che come affermato ultimamente

anche dall’OMS è causa delle peggiori malattie umane; c’è l’aspetto etico che mette sotto accusa la coscienza degli uomini dal momento che gli  allevamenti intensivi sono veri e propri campi di concentramento ed i mattatoi luoghi infernali di smontaggio di animali. E risulta difficile capire come l’umanità possa accettare passivamente che miliardi di creature innocenti vengono allevate ed uccise per deliziare il palato degli umani; come non percepisca questa grande ingiustizia, che giustifica la violenza, la distruzione del diverso e che inclina l’essere umano alla violenza e alla supremazia del forte sul debole. Ma a parte questi due fondamentali aspetti, gli allevamenti intensivi di animali sono responsabili dei seguenti grandi problemi sociali:

Sperpero di risorse alimentari. basti pensare che nel mondo gli animali allevati consumano derrate alimentari quanto 9 miliardi di esseri umani; solo in Italia ne consumano quanto 140 milioni di persone. La FAO dice che il 70% delle terre fertili del pianeta è usato per coltivare cereali e legumi per animali, che il 90% della soia e il 50% dei cereali prodotti globalmente sono destinati a nutrire gli animali.

In dettaglio negli Stati Uniti sono necessarie 150 t. di vegetali per ottenere 20 t. di carne, con la conseguenza che 130 t. di vegetali vanno sprecati. I cereali necessari per produrre un solo hamburger basterebbero a sfamare 40 bambini per un giorno; il quantitativo tra sostanze alimentari utilizzate e la resa è: 57 a 1 per la carne di agnello; 40 a1 per quella di manzo; 39 a 1 per le uova; 14 a 1 per il latte e la carne di maiale; 10 a 1 per il tacchino; 4 a 1 per il pollo. In sostanza. Per ricavare proteine dalla carne servono risorse 4 volte maggiore di energia rispetto ai vegetali; 10 volte maggiore di terreno; 25 volte più di acqua, 130% in più di pesticidi e 1200% in più di fertilizzanti: la resa è di circa il 10%.

Sperpero di materie prime: in Usa un terzo di tutte le materie prime vengono assorbite dall’industria della carne; il 75% dei cereali consumanti dagli  animali allevati viene dai paesi in via di sviluppo; 36 dei 40 paesi più poveri del mondo esportano cibo verso gli Usa e l’Europa; un ettaro di terreno può produrre in un anno 2500 kg di proteine vegetali oppure 200 kg di proteine animali. Se tutti i popoli adottassero lo stile di vita occidentale ci sarebbe un collasso di tutti i sistemi: servirebbero almeno due volte e mezza le terre emerse oggi disponibili.

Inquinamento dell’aria, prodotto dagli allevamenti che generano anidrite carbonica, metano, ossido di azoto che sommati (il 18%) causano più  inquinamento di tutti i mezzi di trasporto del pianeta (14%): automobili, treni, aerei, navi ecc. Poi ci sono i gas serra generati dagli allevamenti, responsabili del 43-51% del totale. Ogni mucca ogni anno produce gas quanto un’automobile per 70.000 km. Gli allevamenti sono responsabili dell’80-90% di emissioni di ammoniaca che provocano le piogge acide. Il biossido di carbonio generato dagli allevamenti per produrre un solo kg di carne bovina è pari alla quantità emessa da un’automobile per 200 km.

Inquinamento del suolo e delle acque causato dal metano (60 volte più potente dell’anidrite carbonica) e l’ammoniaca, derivano dagli escrementi e

dagli scarichi delle concerie, causano piogge acide, riduzione della biodiversità, erosione del terreno, effetto serra.

Distruzione dell’ambiente e della biodiversità Una superficie 7 volte l’Europa utilizzata per produrre mangimi per animali.

Una superficie solo di foresta tropicale, quanto la Gran Bretagna, viene

distrutta ogni anno.

La deforestazione è dovuta alla distruzione delle foreste abbattute ad un ritmo di 35.00 ettari al giorno principalmente per adibirle a pascolo; Il 75% della foresta amazzonica è già stata distrutta a causa degli allevamenti di animali da macello.

Spreco di acqua potabile: il 70% dell’acqua utilizzata sul pianeta è consumato dalla zootecnia e dall’agricoltura. Si risparmia più acqua rinunciando ad un kg di carne bovina che fare la doccia per 2 anni. Una mucca da latte beve 200 litri di acqua al giorno, quanto 100 esseri umani.

L’acqua che una persona carnivora consuma in un mese è sufficiente ad un vegetariano per un anno.

Sperpero di risorse energetiche: un terzo di tutta l’energia prodotta in Occidente viene assorbita dal settore agro zootecnico alimentare.

Sperpero di risorse economiche. Per produrre 1 kg di carne di manzo sono necessari:

100.000 litri di acqua,

9 litri di petrolio,

25 kg di cereali,

12 mq di foresta

e produce 36 kg di CO2

------------------------------------------

Su un ettaro di terra, nello stesso periodo di tempo, si possono produrre i seguenti alimenti:

1.000 kg di ciliegie,

2.000 kg di fagiolini,

4.000 kg di mele,

6.000 kg di carote,

8.000 kg di patate,

10.000 kg di pomodori,

12.000 kg di sedano,

oppure…

50 kg di carne di manzo

Ogni anno gli animali consumano 5.000 tonnellate di soli antibiotici che finiscono nelle falde acquifere. L’aria, la terra, i fiumi ed i mari sono contaminati dalle deiezioni degli animali che producono escrementi 130 volte l’intero genere umano. Le coltivazioni a foraggio, per gli animali dall’allevamento, sono trattate con pesticidi, diserbanti, fungicidi, insetticidi, erbicidi, fitofarmaci, che dall’animale passano nel metabolismo di chi consuma prodotti animali e derivati.

Secondo le proiezioni pubblicate dalla Fao, lo stile di vita occidentale porterà la produzione di carne a più che raddoppiare entro il 2050, arrivando dagli attuali 230 milioni di tonnellate a 470 milioni.

Page 6 of 6
© 2022 FlipNews All Rights Reserved