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CLIMA CHE CAMBIA. FORESTE CHE SPARISCONO. DIRITTI UMANI IN PERICOLO. MA NON LIMITIAMOCI ALLA DEPRECAZIONE …

By Roberto Fantini July 31, 2019 7865

                   Mentre gli effetti dello sconquasso climatico in atto risultano sempre più inquietantemente tangibili ed incontestabili, solo pochi e flebili appaiono ancora essere le iniziative politiche, economiche e culturali miranti a produrre significativi cambiamenti nel modus vivendi ed operandi delle nazioni più ricche (e colpevoli) del pianeta.

Tante e non sempre facili da individuare (e da combattere) le cause dirette e indirette di quanto si sta verificando, ma non c’è alcun dubbio, al di là delle vuote e pretestuose diatribe, che ad incidere pesantemente sulla devastazione del pianeta in corso sia da porre ai primissimi posti il fenomeno in continua espansione della deforestazione.

Secondo i dati fornitici dal Global Forest Watch e dagli analisti della University of Maryland, nel corso del 2018 abbiamo continuato a perdere foreste preziose a causa del disboscamento indiscriminato, legato soprattutto alla richiesta di sempre maggiori pascoli e di coltivazioni strettamente correlate al fabbisogno alimentare degli allevamenti di bestiame (soia, in particolar modo).

Oltre a costituire l’habitat di numerose specie animali e vegetali (alcune delle quali ancora sconosciute), le foreste rappresentano un argine indispensabile alla catastrofe del riscaldamento globale, essendo dei veri e propri serbatoi di carbonio (carbon sinks), utilissimi nell’assorbimento dell’anidride carbonica in eccesso nell’atmosfera.

Attraverso le immagini satellitari, è stato quindi possibile registrare la perdita di territori boschivi di circa 30 milioni di acri, di cui 880.000 costituiti da foreste primarie, foreste, cioè, non toccate dallo sviluppo antropico, veri scrigni di biodiversità di incommensurabile importanza.

La perdita di foresta ha colpito in particolar modo il Brasile, già ancor prima dell’ elezione di Bolsonaro, ma anche altri paesi, come la Colombia, dove si segnala un’impennata di deforestazione, nel corso del 2018, di oltre29.000 acri.*

Proprio qualche giorno fa, inoltre, Ricardo Osorio Galvao, direttore dell’Inpe (l’Istituto nazionale di ricerca spaziale del Brasile), recentemente definito dal presidente Bolsonaro un “bugiardo al servizio di qualche ong”, ha diffuso nuovi dati estremamente allarmanti che attesterebbero, nel corso della prima metà di luglio, un aumento delle aree distrutte del 68% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.

Sempre secondo l’Inpe, nei sette mesi di presidenza Bolsonaro, la foresta amazzonica avrebbe perduto 3.444 chilometri quadrati di vegetazione: il 39% in più rispetto allo scorso anno.

Ma, oltre alla rovinosa espansione degli allevamenti intensivi (principale causa mondiale di disboscamento), è l’estrazione illegale di oro a costituire, per il territorio amazzonico, una piaga di particolare gravità , sia a causa del massiccio utilizzo di mercurio, metallo fortemente inquinante che finisce, inevitabilmente, per disperdersi nell’ambiente, sia a causa delle molto diffuse violenze esercitate nei confronti delle popolazioni indigene. Sono migliaia, infatti, i nativi appartenenti a vari gruppi etnici che rischiano la vita a causa del processo criminale di accaparramento delle terre, oggi palesemente incentivato e benedetto dalla politica dell’attuale governo brasiliano (e non solo).**

Il rischio di scontri violenti nella regione amazzonica del Brasile, infatti, è altissimo, a causa delle crescenti appropriazioni illegali e dei disboscamenti da parte di gruppi di invasori ben armati e privi di scrupoli. Amnesty International, che ha recentemente visitato tre territori nativi nel nord del Brasile, ha potuto constatare in maniera diretta come le popolazioni locali che cercano di difendere le loro terre tradizionali siano costrette a vivere in un costante e crescente stato di tensione. Tensione destinata purtroppo ad aumentare con l’avanzare della stagione secca (che si protrarrà fino a novembre), periodo in cui risulterà più facile penetrare nelle foreste, ricorrendo all’impiego delle fiamme.

Ai ricercatori di Amnesty International, i rappresentanti dei popoli indigeni hanno espresso tutta la loro frustrazione per il fatto che ben pochi invasori siano stati arrestati e che, fra questi, non risulti esserci nessuno di coloro che hanno sostenuto e finanziato le varie azioni illegali.

I popoli nativi brasiliani e le loro terre sono sottoposti a minacce enormi e, con la stagione secca, la situazione diventerà insostenibile. Il governo deve proteggere i popoli nativi che stanno difendendo le loro terre, altrimenti scorrerà il sangue”, ha di conseguenza dichiarato Richard Pearshouse, alto consulente di Amnesty International su crisi e ambiente.

E mentre gli esponenti governativi occidentali fanno a gara per applaudire ed elogiare, struggentemente commossi ed estasiati, la fermezza e la determinazione della oramai celebre Greta Thunberg (continuando di fatto ad ignorarne totalmente gli appelli), coloro che, nei paesi più direttamente coinvolti dal disastro della deforestazione, cercano di difendere i diritti umani ed ambientali rischiano continuamente di essere oggetto di intimidazioni, vessazioni e violenze.

Caso esemplare, a questo proposito, è quello di Salomé Aranda, leader nativa del popolo Kichwa (nel comune di Moretecocha, provincia di Pastaza, Ecuador), impegnata per la difesa della foresta amazzonica e per il diritto delle donne della sua comunità a vivere in un ambiente sano e libero dal pericolo delle violenze sessuali. Per tutto il 2018, sono stati registrati continui attacchi contro di lei ed altre donne difensore dei diritti umani, come Patricia Gualinga, Nema Grefa e Margoth Escobar, tutte appartenenti al collettivo Donne amazzoniche.

Salomé, dopo aver avvertito il presidente Moreno dei rischi ambientali collegati alle attività estrattive petrolifere, e dopo aver denunciato numerosi casi di abusi sessuali nei confronti delle donne indigene, ha subìto minacce ed attacchi, estesi anche alla sua famiglia, senza che le autorità abbiano fatto nulla per garantirle giustizia e protezione.***

Ora, se c’è una cosa che la meravigliosa piccola Greta ci sta insegnando è che, se siamo davvero seriamente preoccupati per il destino del nostro pianeta, tutti noi - ma veramente tutti! - possiamo fare qualcosa (e forse anche molto), cessando pertanto di limitarci alle comodissime retoriche lamentazioni.

Come stanno facendo lei e tante altre donne ammirevolmente coraggiose come Salomé …

                 “Dobbiamo continuare a difenderla ovunque siamo nel mondo. Il contributo che apportiamo alla natura è la cosa più preziosa che possiamo fare per le generazioni future. Stiamo cercando il bene comune per tutti, perché questa è la migliore eredità che possiamo lasciare all’umanità“.

                                                                   Margoth Escobar

                        

*http://www.nationalgeographic.it/ambiente/2019/04/30/news/amazzonia_la_mappa_dei_milioni_di_acri_di_foresta_perduta-4383792/?refresh_ce

**https://www.greenpeace.org/italy/storia/5903/amazzonia-deforestazione-violenza-popoli-indigeni/

***https://www.amnesty.it/appelli/salome-rischia-ogni-giorno-la-vita/

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Last modified on Wednesday, 31 July 2019 10:49
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