L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni.

Kaleidoscope (1368)

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   Vitigno antico

Capire il Prosecco. Già l’invito ad una degustazione con questo titolo è stato stimolante. Ed ha assunto il livello di interessante nelle parole che lo hanno accompagnato.

“Siete sicuri di conoscerlo bene? Sapete la differenza tra Conegliano-Valdobbiadene DOCG e Prosecco DOC? Lo sapete che l’uva glera può essere spumantizzata anche con il metodo classico? Che esiste la versione nature con 0 zuccheri? Li avete mai assaggiati in queste versioni? Se conoscete tutto il mondo Prosecco state tranquillamente a casa. Altrimenti questo è il Banco d’Assaggio Blind Wine Tasting che vi farà ricredere sui tanti giudizi negativi e cancellerà altrettanti pregiudizi”

Secondo voi mi sono lasciato fuggire un’occasione simile?

Puntuale come un cadetto eccomi all’appuntamento del 10 settembre presso il Wine Corner del Ristorante Europa di Lido di Camaiore dove gli amici della Community Vino una Passione hanno dato vita a questo didattico incontro.

Sette bottiglie: risultato eccitante, allettante, provocatorio.

Un po’ di storia.

L'origine del Prosecco è molto antica e il suo vitigno di provenienza , il Glera , era già noto all'epoca degli antichi Romani che lo utilizzavano per produrre un particolare vino bianco denominato “Pucino”.

Le origini del nome Prosecco: tutto parte dal Comune Prosecco che si trova vicino a Trieste rivendicandone la paternità. Vero è che del vino Prosecco abbiamo la certezza della sua presenza, nella versione vino da pasto, nel territorio costituito dal triangolo Asolo-Conegliano-Valdobbiadene, fin del '500. Da vino da pasto a rifermentato in bottiglia (Prosecco con il fondo) per arrivare alla spumantizzazione con il metodo Charmat è risultato il percorso fino al ‘900.

Prosecco: vino

Vitigno: Il vitigno principale da cui si ottiene il Prosecco è il Glera, classificato come semi-aromatico; possono concorrere poi, fino ad un massimo del 15%, altri otto vitigni, dagli autoctoni Bianchetta, Perera, Verdiso, Glera lunga agli internazionali Chardonnay, Pinot bianco, Pinot grigio e Pinot nero.

Dal 2009, il mondo del Prosecco è costituito da tre diverse denominazioni: Prosecco DOC, Conegliano Valdobbiadene Prosecco DOCG e Asolo Prosecco DOCG.

Il Prosecco spumante nasce principalmente dal Metodo Charmat. Con questo metodo, che prevede la rifermentazione in grandi recipienti (autoclavi), si ottengono sia vini frizzanti, sia spumanti, a seconda della tipologia che le cantine scelgono di creare. Molto usato il Metodo Charmat “lungo” con permanenza in vasca fino a 12 mesi.

Negli ultimi anni si produce Prosecco Metodo Classico (rifermentazione in bottiglia) riducendo lo zucchero quasi a 0.

   Uno dei vitigni

Alcune aziende hanno riscoperto il metodo “ancestrale o Prosecco con il fondo” ovvero fermentazione del mosto e/o vino in bottiglia.

PIRAMIDE del PROSECCO

- Eccellenza cru  Prosecco di Conegliano-Valdobbiadene Superiore di Cartizze DOCG  Cartizze 107 ettari;

- Rive (Prosecco di Conegliano-Valdobbiadene Superiore DOCG) 43 micro aree dette "Rive" (frazioni/località di 12 comuni TV);         

- Storico  Prosecco di Conegliano-Valdobbiadene Superiore DOCG 15 comuni TV;            

- Asolo Prosecco DOCG  19 comuni TV    ;

- Prosecco sottozona trevigiana Prosecco di Treviso DOC  95 comuni TV;             

- Prosecco interregionale Prosecco DOC  556 comuni, 9 province, 2 regioni (Friuli e Veneto).

Le classificazioni in riferimento al dosaggio zuccherino:

- Dry: oltre 18 g/l

- Extra Dry: da 12 a 17 g/l

- Brut: da 6 a 11 g/l

- Extra Brut da 0 a 5 g/l

October 29, 2024

 

Confesso.

Dopo aver subìto due ore di pesante tribolazione, ero intenzionato a buttare giù, senza stare a perdere troppo tempo, una stroncaturina gelida e perentoria.

Il film di Maura Delpero, infatti, il Vermiglio osannato e premiato dalla critica, mi era apparso, sì, un lavoro costruito con passione, con grande cura ed impegno, certamente un prodotto di indubbia serietà, ma, al contempo, lo avevo patito come una narrazione impregnata di sofferenza atavica, di millenaria pena di vivere, esteticamente attraente solo quando qualche immagine sembrava ricalcare (non certo per caso) le pennellate di Segantini o quando le note di Chopin e di Vivaldi riuscivano a far entrare qualche sprazzo di infinito in quel mondo cupo e dolente di misera vita di montagna.

Confesso.

La tentazione della fuga, già dopo una decina di minuti di massacranti dialoghi dialettali sottotitolati, è stata forte.

Forse arginata soltanto dalle sapienti parole di uno dei protagonisti spese in elogio della “vigliaccheria”, sanamente e santamente apprezzata (forse invocata) come efficacissimo antidoto per tutte le guerre.

Insomma, visti i riconoscimenti e gli elogi apologetici di tanta critica verbosa ed erudita, nella speranza che qualcosa di particolarmente significativo irrompesse, prima o poi, sullo schermo, sono riuscito ad approdare ai titoli di coda.

Rientrato in casa, ho preso fiato, cercando di riflettere meglio in profondità e cercando anche di raccogliere tutte le informazioni utili in circolazione sul web.

Che dire, a questo punto, di Vermiglio?

Dal marasma pirotecnico di tante recensioni raffinatamente cerebrali  inneggianti ad un “film dell’incanto”, “ammaliante” e dal “valore universale”,  ad un film di “pura poesia”, di “secca poeticità”, anzi addirittura  definibile come “sinfonia ipnotica e ascendente”, gli unici aggettivi degni di essere salvati e utilizzati sono:

sincero,    onesto,     intimo,     sentito.

Sì, si tratta di un lavoro fatto con grande sincerità di interessi e di affetti;

onestissimo nel suo volerci parlare di una umanità lontana e dimenticata, senza ricorrere a finzioni, senza abbellimenti e senza alcuna indulgenza;

intimo perché capace di mettere a nudo speranze, sogni e timori di cuori grandi e di cuori piccoli;

sentito perché costruito con autentica empatia e delicata pietas.

Qualità belle che certamente rispecchiano con fedeltà la dimensione interiore di Maura Delpero.

Tutto questo, però, non può bastare a trasformare in un capolavoro un film implacabilmente noioso e mai in grado di suscitare, nel malcapitato spettatore, un vero coinvolgimento emotivo.

Vermiglio, pur con i suoi indubbi meriti culturali di ordine storico-antropologico e nonostante  l’ amorevolezza (sincera, onesta, intima e sentita) di cui è impastato, resta un film che si vede e si sopporta a fatica, un film che, soprattutto, non si ha minimamente voglia di ritornare a vedere.

 

 

October 28, 2024

 

Da Mosca, Mark Bernardini. Centesimo notiziario settimanale di lunedì 28 ottobre 2024 degli italiani di Russia. Ueilà, centesimo. Suona bene. Poi, tra meno di un mese, il 22 novembre, questo notiziario compirà due anni. Pazzesco. Buon ascolto e buona visione.

* I BRICS sono un raggruppamento di Paesi nel quale non esistono “leader” e “seguaci”, e che è privo di quel tipo di apparato burocratico che invece vediamo a Bruxelles, nell’ambito del quale i funzionari europei impongono le proprie decisioni: decisioni che non rispondono alle attese degli elettori di molti dei Paesi.

* Presentazione del libro “Le vere cause del conflitto russo-ucraino” pubblicato da Visione Editore.

* La Stampa: Putin ha avuto un arresto cardiaco, è la fine!

* Il 22 ottobre l’ambasciatore tedesco a Mosca è stato convocato dal Ministero degli Esteri russo per esprimere una forte protesta in relazione alla creazione, su iniziativa di Berlino, del quartier generale regionale del comando navale della NATO sulla base del quartier generale della Marina tedesca a Rostock, nella Germania orientale.

* Beatrice Vitoldi nel 1925 conobbe Ejzenštejn che nella “Corazzata Potëmkin” le assegnò il ruolo della madre che spingeva la carrozzina nella celebre scena della scalinata di Odessa.

Per questa settimana è tutto. A risentirci e rivederci, sui miei canali!

October 23, 2024

 

Chiara Françoise Charlotte Mastroianni si è raccontata così, ieri,alla Festa del Cinema di Roma. Il suo racconto è quello  di una figlia verso un papà “grande”, scomparso quando lei aveva ventiquattro anni e grande attore di fama internazionale. E non solo. Nelle sue vene scorre il sangue di Catherine Deneuve, ça va sans dire. 

Nel centenario dalla nascita del padre, l’attrice si racconta in un dialogo affettuoso, ironico, che va dai racconti delle telefonate che riceveva dal papà, quando era piccola soprattutto, agli incontri  a Cinecittà con il grande regista Federico Fellini, amico del padre. 

“La vita di mio padre era il lavoro. La vita da set era la sua vera casa, dove si sentiva al sicuro. In vacanza,  si annoiava non prendeva il sole, non faceva il bagno, era sempre nervoso”. 

E poi, “mi telefonava tanto, troppo, ma non voleva essere rintracciato”. 

”Amava il telefono, gli piaceva comprare sacchetti di gettoni perché telefonava sempre. A me anche tre, quattro volte al giorno. Mi chiamava anche per avere una copertura per la sua vita sentimentale complicata. Che tempo fa a Parigi? Piove? Lo faceva per crearsi un alibi. Mi diceva sempre, solo un po’ scocciato: purtroppo bisogna mentire, mentire, sempre mentire anche se è complicato”. 

 Il padre di Chiara non era un padre qualunque: era uno degli attori italiani più famosi della Dolce Vita, romano di nascita e forse diremo romano nel suo DNA, se la romanità fatta di ironia, del non prendersi troppo sul serio e dell’ indolenza può essere considerata un marchio di fabbrica.

L’indolenza, appunto, “era una specie di grasso che lo proteggeva perché pensava che fosse abbastanza non fare troppo, ed era abitato anche da una certa malinconia per cui il cinema l’ha molto supportato”. 

Era rimasto toccato dalla guerra, “c’era in lui l’inquietudine per quello che era successo a mio nonno che aveva avuto una piccola falegnameria, una cosa modesta. Poi arrivò Benito Mussolini, lui non prese la tessera perché era antifascista  e perse tutto il poco che aveva”. 

Marcello Mastroianni aveva talento, bellezza, fascino e non amava l’idea del mito. Gli davano piacere le cose semplici, che gli ricordavano le sue origini semplici. Modeste. 

Il suo legame con Federico Fellini e Sofia Loren restano due costanti della sua vita. Con il regista della Dolce Vita, condivide il tormento, la difficoltà di essere uomini, molto lontani dal mito del maschio italiano.  Erano due uomini con vite pazzesche e pieni di malinconia. 

Con Sofia Loren, il grande attore condivise, una vera amicizia, la semplicità di mangiare insieme un panino sul set, di ritrovarsi in famiglia. La loro bellezza non li aveva allontanati, anzi, nel loro caso li aveva fatti avvicinare con la semplicità dei loro bisogni, del loro stile di vita, lontano dalle star del cinema americano. 

Semplicità e discrezione e gentilezza d’animo, sono state le caratteristiche di quel padre. 

Chiara Mastroianni conclude la sua chiacchierata,  dicendo che il padre sarebbe stato imbarazzato da tutto questo clamore, da questo gran parlare di lui,  per cui, nell’eleganza del suo stile, avrebbe concluso soffermandosi sul rendere omaggio non certo a sé stesso ma alla grandezza del cinema italiano. 

Viva il cinema italiano. Grazie.

 

 

 



Io non son nulla eppure tutto mi appartiene…


Una frase, un’asserzione, una citazione che presenta in toto il carattere emozionale e critico di Giancarmine Fiume. E’ una sua presentazione dove non necessiterebbe altro da aggiungere per presentare un autore di grande rilievo culturale e d’immensa sensibilità poetica.

Giancarmine Fiume

Giancarmine Fiume
Nato a Cantù (CO), l’11/06/1979
Nel 2012 consegue l’attestato di qualifica del corso di perfezionamento per autori di testi, presso il Centro Europeo di Toscolano del maestro Mogol.
A novembre 2020 esce “¡u!” suo libro di esordio per i tipi di Puntoacapo editrice con prefazione di Michelangelo Zizzi.
A giugno 2022 pubblica “Reliquiario carnale” per i tipi di Fallone editore con prefazione di Maurizio Cucchi.
Vive a Rovellasca (CO), è musicista e appassionato di Arte, Storia e Filosofia.


Fiume è un giovane autore che da pochi anni è entrato a fare parte di una contemporaneità poetica di grande spessore emozionale dove i versi contenuti, cantano inquietudini e turbamenti di un uomo che si presenta al mondo con la propria fragilità emotiva ma forte e deciso nella sua ricerca di completezza attraverso l’amore e la passione.  “!u! È uscito a novembre del 2020 per Puntoacapo Editrice e “Reliquiario carnale” pubblicato nel 2020 per Fallone Editore.
Il poeta è elegante nell’espressione, padrone nell’uso della figura retorica dove si giostra fra enunciati, analogie, metafore e allegorie e fra poesia e prosastica sa come condurci dove lui vuole facendo sentire il lettore partecipe e testimone del suo vissuto e del suo desiderato.
Entrami i libri di Fiume seguono un filo conduttore, quasi un sequel letterario dove in “!u” l’autore si presenta nella propria  quotidianità fatta del suo  lavoro immerso fra ombre e sottosuoli da dove con i pensieri assorti vibra nella  ricerca  di una luce che faccia chiarore a quell’oscurità interiore.
La sua espressività è pura ricercatezza dell’idioma che accarezza e abbraccia quelle emozioni che lo fanno sentire libero di sognare, di respirare  e desiderare la sua Sibilla Pavese eterna nei suoi giorni da bramare e da rimembrare. Sibilla diventa immagine incessante, a momenti vicina, altri distante e distaccata. Una simbiosi forse della Sibilla un po’ fata e un po’ profetessa, incantatrice, giovane o matura ma conscia del proprio ascendente su colui che l’ama. Fiume ha la capacità tecnica e letteraria nel descrivere in modo minuzioso ogni attimo, ogni impercettibile sospiro dove la passione, l’amore, il desiderio e il dolore diventano ingredienti di un bisogno interiore di continuità.
L’autore in questo libro ha portato se stesso, così come ha portato l’ombra e il buio che ogni giorno vive nella sua quotidianità lavorativa, quel lavoro che  è stato forse l’input di ricerca verso la luce intrinseca nella riflessione e nell’oggettività  che non v’è ombra senza un’impercettibile lume.

Sono solo la mia lesa pettorina
nell’incommensurabilità
del buio
dove fate falene scandagliano.

Ecco l’esplosione di vita nella morsa di un buio dove nonostante tutto, le creature della notte danzano e vibrano- Le falene sono gli equivalenti di quegli amori che nessuna ombra potrà mai dissipare perché la vita fluttua nonostante tutto.

Continua Giancarmine Fiume  in “Reliquiario carnale” la sua costante ricerca in quell’amore che diventa adesso meta nei viaggi che lui intraprende. L'inconsistenza della perfezione amorosa, la labilità del rapporto, la transitorietà dei legami sono le  costanti nelle prosastiche raccolte nel volume. Anche qui come in “¡u!”, impera l’amore come dominante ma è un amore che non dà sempre certezze, un amore che non è perfezione ma ricerca di questa. Di nuovo Sibila Pavese rievocata, quasi come se nel ripetere come un mantra il  suo nome in queste nuove pagine, potesse rasentare la perfezione tanto ricercata nell’autore. Quella perfezione fatta di comprensione e di simbiotico sentimento. Sono poesie di passione, di attimi profondi, di disincantato turbamento, sono gioie e dolori, sono di amara consapevolezza . Liriche profonde  come l’oceano e delicate come un soffio cherubino ma portatrici di graffi nella mente che Giancarmine non cura ma che invece tortura per non farli cicatrizzare  affinché l’enfasi e la speranza cullino quella sua introspezione alla continua ricerca dell’eterno amore.


Eppure non ti ho mai amato a salve,
Sibilla Pavese,
neppure ora che raccolgo amarezza
come una fiera tra le macerie.
Mare lungo i capelli raccolti,
il tuo silenzio  una cartolina
dalla fine
quando emergi dall’acqua
e curvi la luce, mi apri dei varchi
con mezzi spargisale
sulle mie arterie scorticate.

Dall’orizzonte ci fissano lampare .

E noi, lettori attenti, ci facciamo osservatori grazie a quelle lampare che portatrici di luce riflettono uno scenario che sa d’amore, di preghiera all’ascolto e  di sofferta  consapevolezza che non sempre il nostro sentimento è pari al sentimento dell’altro.

Un autore di calibro, un poeta che culla l’idioma con maestria letteraria, un uomo che attraverso la scrittura sa rendere la versificazione voce da ascoltare e da comprendere.

October 22, 2024

Simona Dascalu è un’attrice di teatro che nel passato ha recitato anche nel cinema. Anni fa ebbe una piccola parte in “ Dolcemente complicate” poi partecipò ad un paio di fiction e di cortometraggi. La sua grande passione è il teatro ed entro breve sarà in scena con il suo nuovo spettacolo, ideato e scritto in collaborazione con  lo scrittore Sandro Arista. Si intitola " chi è l'ultimo" e in questa nuova Commedia Simona Dascalu è protagonista oltre che come attrice anche come regista. E’ uno spettacolo dove emergono diverse componenti: dal comico tendente al serio,  per poi arrivare al dramma. Ecco la trama in sintesi: Nella sala d’aspetto di uno studio psicoanalitico si incontrano 4 personaggi: Olindo un tipo poco socievole e dal carattere scorbutico, Luciano sentimentale, emotivo e romantico, Teresa una donna avvocato, altolocata e distinta e Ricky dall’aria sfigata anche troppo loquace. L’interazione dei quattro durante l’attesa, scatena una serie di conflitti, tra loro causati dai loro differenti modi di intendere la vita. Con l’arrivo in ritardo di Wanda la psicologa “la più fuori di testa di tutti”, sembra ristabilirsi l’ordine, ma è solo apparenza. La seduta di gruppo farà emergere aspetti in ognuno di loro insospettabili, che capovolgeranno drasticamente ogni cosa.

 Ho incontrato Simona Dascalu che ho avuto il piacere di conoscere già da qualche anno ed è sorta una piacevole conversazione.   

       Simona Dascalu

Simona quali sono gli aspetti più esilaranti di "chi è l'ultimo?"

La vicenda è tutta nello studio psicoanalitico dove collabora una segretaria un po' distratta e “impicciona” che fornisce lo stesso orario a quattro pazienti.  Nella commedia io sono una psicoanalista che amo tanto anche l'arte e cioè cantare, recitare, ballare.  Dal momento che arrivo tardi in studio e trovo tutti i pazienti insieme, mi devo inventare una storia, così nascono una serie di battute originali e di grande impatto. Questi personaggi nel loro monologo trattano dei loro problemi, così gli spettatori apprezzeranno uno spettacolo molto divertente dove oltre a  recitare si canta e si balla. L'aiuto regia è di Renato Porfido che seguirà la commedia con attenzione dall’esterno e sarà anche lui coinvolto a sorpresa. Alla fine sceglierò di dedicarmi solo all'arte e dal momento che abbandono l'attività, lascio i pazienti nelle mani di un altro collega.

 Quali sono le tue sensazioni al momento di presentare la tua nuova commedia teatrale?

Sono emozionata ma nello stesso convinta che il pubblico apprezzerà la commedia che andrà in scena al teatro Anfitrione dal 24 ottobre alla domenica del 27 ottobre. La locandina è molto graziosa e rende l’idea di uno spettacolo divertente.

Come ti sei trovata in questo  ruolo, rispetto alla commedia dell'anno precedente “Condominium”?

Sono personaggi diversi, in quella ero un avvocato, sempre un po' in conflitto con il mio compagno, in questa invece, sono una psicanalista e anche un'artista. Noi attori riusciamo spesso a cambiare la nostra personalità e ci immedesimiamo nel giusto ruolo. Nel passato ho fatto avanspettacolo e ho preso parte a ruoli sia comici che drammatici. Nel campo artistico riesco a fare un po' di tutto, ma preferisco il genere comico e questo lo si deve probabilmente, perché nei nostri giorni viviamo un mondo difficile con tanto nervosismo, pertanto ritengo che la gente abbia bisogno di evadere. Questo non significa che se dovessero propormi un ruolo drammatico non mi sentirei ugualmente a mio agio.

Simona quali sono i tuoi prossimi progetti futuri?

Ho pronto nel cassetto la trama di un film o cortometraggio che spero prima o poi di portare a compimento. E' la storia di una donna che ha una serie di disavventure e poi si innamora del suo carnefice.  Recentemente ho scoperto che mi piace anche cantare e su You  tube si possono trovare alcune mie interpretazioni. Sto completando una canzone, che poi farò ascoltare per la prima volta in teatro insieme ad altre due canzoni composte da me.  Quest'anno ho avuto la fortuna di incontrare sul red carpet al Festival del cinema di Roma, questo splendido uomo, Renato Porfido che è poi diventato il mio compagno. A me serviva un attore per i miei video clip, quindi dal momento che abbiamo avuto l'opportunità di  frequentarci, si è accesa la scintilla e ci siamo innamorati. E’ bello avere qualcosa da condividere con una persona speciale e noi due abbiamo le stesse passioni.

Grazie Simona Dascalu

 

 

 

October 22, 2024

 

 

 

 

 

Da Mosca, Mark Bernardini. Novantanovesimo notiziario settimanale di lunedì 21 ottobre 2024 degli italiani di Russia. Siamo quasi a cento. Buon ascolto e buona visione.

 

* Rifiuto dell’Italia di rilasciare i visti alla delegazione russa al 75° Congresso Astronautico Internazionale

* Ho vissuto nel dopo guerra di una Sicilia distrutta dai bombardamenti degli Alleati anglo-americani, governata con la benedizione della mafia e abitata da gente povera, spesso analfabeta e senza speranza di trovare un lavoro qualsiasi. Eppure i ragazzi della mia generazione avevano una grande voglia di cambiamento e di riscatto. Trasferivano il loro coraggio ed entusiasmo a tante persone che, da sole, assillate dalla necessità di sopravvivere, non avrebbero mosso un dito per cambiare le cose. Da giovani abbiamo partecipato attivamente alle proteste anticapitalistiche della fine degli Anni Sessanta insieme con gli operai e con gli studenti. Reclamavamo un nuovo assetto politico, una nuova qualità del lavoro. Una cultura viva in sintonia con uno sviluppo economico-sociale finalizzato ai bisogni e ai diritti inalienabili dell’uomo. Oggi quel mondo non esiste più.

* Il governo italiano invia armi per bombardare il Donbass, l’“opposizione” del PD blocca un dibattito in cui si prevedeva di inviare aiuti economici a un orfanotrofio per bambini malati a Lugansk.

* Non è difficile creare armi nucleari nel mondo moderno. Non so se l’Ucraina sia in grado di farlo adesso. Non è così semplice per l’Ucraina oggi, ma in generale non ci sono grandi difficoltà, tutti sanno come si faccia. <...> Posso dire subito: la Russia non lo consentirà in nessuna circostanza.

* Segreti del complesso militare-industriale europeo: come far combattere i pacifisti?

Per questa settimana è tutto. A risentirci e rivederci, sui miei canali!

October 18, 2024

 

Il Teatro Arcobaleno è per così dire “specializzato” in proposte a tema storico. Propone spesso e volentieri testi di classici greci o latini, o che parlano di personaggi storici come questa stasera. Il testo è di Giovanni Antonucci, uno dei più grandi studiosi del grande ed intramontabile Ettore Petrolini, artista che ha ispirato molti attori venuti dopo di lui. 

La sua simpatia e bravura arrivò a colpire anche il duce, tanto che Petrolini era l’unico che nelle sue performance poteva imitare e schernire il dittatore senza che se ne prendesse a male, anzi, dimostrava di apprezzare particolarmente le performance di Ettore. Attore, cabarettista, cantante, drammaturgo, sceneggiatore, compositore e geniale scrittore specializzato nel genere comico. Petrolini però, viene ricordato quasi esclusivamente per il filone comico, mentre era molto di più. Meno conosciuto è infatti il suo lato più profondo e “popolare”, o quello osannato da Marinetti, che lo proclamò “grande attore futurista”. Marinetti scriveva: “Il teatro di Varietà è il solo che utilizzi la collaborazione del pubblico; questo non rimane statico, a guardare, ma partecipa rumorosamente all’azione, cantando, accompagnando l’orchestra, comunicando con motti imprevisti e dialoghi bizzarri con gli attori. Il pubblico collabora con la fantasia degli attori, l’azione si svolge contemporaneamente sul palcoscenico, nei palchi e nella platea…”.

È ovvio che i Futuristi trovassero in Petrolini un interprete che poteva dare vita ai loro ideali di “rivoluzione teatrale”. Petrolini in parte ebbe alcune convergenze ideologiche con il Futurismo, ma rimase estraneo al movimento, la sua poliedricità e continua evoluzione non potevano essere intrappolate in degli stereotipi.Come dice lo stesso Avallone nella pièce, Petrolini aveva già creato i suoi personaggi prima che questa corrente di pensiero emettesse i primi vagiti. Furono i Futuristi a riconoscersi nella sua arte e non certo il contrario. 

Si dedicò a creare parodie, macchiette, caratteri e personaggi che attraverso la loro spontaneità e semplicità popolare, negavano e criticavano i sentimentalismi rifiutando le mode del tempo ed evidenziando l’idiozia umana. Davanti alle critiche del tempo che lo definivano stupido, lui rispondeva “ci vuole intelligenza per rappresentare la stupidità…” 

Tutte le sue trovate, le battute, i nonsensi devono essere interpretati come una metafora della perdita di senso di cui la sua società era preda; rovesciava così il suo ruolo di comico che nel far ridere faceva emergere una denuncia, una critica, una satira pungente nei confronti di quella stessa società che alla fine tanto lo amava. 

Nel testo di Antonucci troveremo una forte comicità  frammista ad elegante malinconia, che riportano  tra realtà e finzione in scena questo mostro sacro a 140 anni dalla sua nascita. Chi meglio del geniale Antonello Avallone poteva vestire gli abiti ed esaltare la figura di questo originale artista?

Avallone è un attore poliedrico e particolarmente dotato, si impossessa del palco e rapisce l’attenzione del pubblico con la sua grande personalità. Rimasi particolarmente colpito da lui quando lo vidi nella sua interpretazione di “Novecento” di Baricco. Eccolo di nuovo in un impegnativo monologo che mette a nudo tutte le sue capacità intrattenendoci, anzi ipnotizzandoci. 

Interpreta un Petrolini negli ultimi giorni della sua vita, entra in teatro e dà vita ad un malinconico e romantico quanto poetico canto del cigno. L’artista rivive e ripropone i passi fondamentali della sua vita, dagli esordi nei teatri baracconi, quando comincia a dare vita alle sue prime macchiette, fino ad arrivare ai suoi grandi successi. Avallone ci restituisce un Petrolini visibilmente afflitto da quella che lui chiama la “Signora Embolia Flebite”; malconcio e claudicante, ci porta con classe e maestria in questo racconto profondo e sentito che ci permette di palpare l’essenza più intima di Petrolini. Ogni personaggio presentato si dimostra pura energia che ritempra l’artista facendogli dimenticare tutti gli acciacchi e i malanni e facendogli recuperare tutto il suo passato splendore. 

La vita dell’attore ha tre fasi, ci dice: la prima quando è preso in giro dal pubblico, la seconda quando è lui a prendere in giro il pubblico, la terza quando guarda dal di fuori queste due parti prendersi in giro… ascetico. 

Bella e ponderata la scelta delle musiche, divertenti e mai invadenti, alternate ad altre che trasmettono la giusta tensione per esaltare i momenti più drammatici o introspettivi. Suggestivo l’ uso delle luci che creano un’atmosfera onirica ed eterica.

Le freddure, le battute, le canzoni, i balletti come le macchiette sono quelle: Gastone, Fortunello, Lyda Borelli, Nerone… Antonello ci regala una vera e propria perla teatrale. Un immenso Avallone che interpreta  Petrolini senza volerlo imitare e in cui troviamo tutta la sua professionalità, la sua personalità e bravura. Qua e là uno spruzzo di Macario, di Rascel, di Totò, lasciano in bocca un gradevole sapore dal gusto retrò. Ha saputo giocare bene le sue carte, bilanciando la parte nostalgico drammatica con quella comico satirica della pièce senza eccedere nell'una o nell'altra, esaltando il testo di Antonucci di cui ha egregiamente curato anche la regia. 

La scenografia scarna esalta la parte più malinconica, lo fa attraverso due  bauli che contengono tutta la vita del protagonista insieme alle emozioni, i sogni, le speranze. Da quei due scrigni escono tutte le “pelli” dell’artista, un alternarsi di bellissimi  costumi che Avallone indossa per trasformarsi ed interpretare tutti quei personaggi che hanno fatto grande questo favoloso attore. 

Uno spettacolo che intenerisce, diverte con le sue battute da avanspettacolo che, se anche hanno fatto ormai il loro tempo, ci restituiscono quella genuinità e semplicità con cui i nostri nonni si divertivano ridendo a crepapelle, ricreando magicamente l'atmosfera  di un teatro ormai dimenticato.

 

October 15, 2024


Firenze. Sabato 12 Ottobre con l'organizzazione dell'associazione artistico letterario di A&A di Marzia Carocci  presso il Teatro di Cestello a Firenze si è svolta la premiazione del concorso artistico letterario Ponte Vecchio giunto alla nona edizione dove scrittori, poeti e pittori hanno ricevuto targhe e medaglie in merito alle valutazioni di una giuria altamente qualificata presieduta dalla presidentessa Annamaria Pecoraro.
Ogni anno vengono attribuiti nell’occasione i Premi alla carriera per la musica, il teatro, il giornalismo, la pittura, la scultura, la letteratura e il cinema.

  Premio a Virgilio Violo

Quest’anno sono stati consegnati il premio letterario al giornalismo e alla musica.

Premio a Riccardo Azzurri

Per quanto riguarda la carriera giornalistica il Premio alla Carriera  è andato a Virgilio Violo laureato in giurisprudenza, giornalista pubblicista che dal 1995 è direttore responsabile della freelance International Press  (fino al 2007 era anche in versione cartacea) https://www.flipnews.org/
Dopo la laurea viene inserito nella “Consulta giuridica per la tutela dei diritti umani”(www.osservatoriocedu.it) con sede a Roma. In seguito ricopre per sei anni a Milano il ruolo di capo ufficio legale dell’Ente Naziona Risi, ente pubblico economico, organismo d’intervento della Comunità Economica Europea. Ha curato i rapporti con la stampa estera dal '92 al '94 per "L'estate romana". Ha collaborato come freelance con l’agenzia d’informazione ANSA. Dal 2011 e tutt’ora è direttore responsabile del quotidiano online Lpnews24. Numerose altre collaborazioni anche con testate minori.
Un giornalista che da sempre scrive per la verità senza sottostare al servilismo dell’editoria e portando avanti con impegno, determinazione e coraggio la missione di chi deve informare in modo limpido e onesto. Un Premio alla Carriera per meritocrazia e plauso a tanto impegno costante e duraturo.

Il Premio alla carriera in campo musicale va invece a Riccardo Azzurri che fin da giovanissimo impugnando la chitarra regalata dal padre inizia a fare musica. Tantissime collaborazioni artistiche, diversi cd all’attivo. Nel 1983 calca il palco di Saremo. Nel 2001 Riccardo riceve il Premio Pegaso per la popolarità Toscana. Encomiabile l’impegno di musicoterapia che porta nei centri anziani dove ogni sua partecipazione diventa festa ed emozione fra gli ospiti con i capelli grigi. Nel 2014 e nel 2016 collabora con Aleandro Baldi realizzando brani come “Firenze madre” e  “la riscossa”.
Nel 2019 collabora con l’amico Don Backy dove dopo uno scambio di brani fra questi artisti ne nasce uno che hanno cantato insieme dal titolo “Araba fenice”. Troppe sarebbero le segnalazioni sulla carriera del cantante che per questo si aggiudica un premio importante che abbraccie riconosca tanto impegno, tanta passione per l’amore della canzone italiana.

Il Premio artistico letterario Ponte Vecchio con tutta la Giuria, con il Presidente di questa, Annamaria Pecoraro ed io in qualità di Presidente ideatrice e responsabile del Premio, ringraziamo queste personalità che arricchiscono un’Italia che necessita di bellezza, di onestà, di umiltà e di grande valore morale e artistico.

 

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