L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni.

Kaleidoscope (1563)

Free Lance International Press

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August 03, 2025

 Nel cuore del Sannio, tra le colline che custodiscono la spiritualità di Padre Pio e l’autenticità della cultura contadina, Pietrelcina si conferma, per il ventunesimo anno, come capitale campana del jazz. Il Jazz Sotto le Stelle Pietrelcina Festival 2025, in programma dal 28 al 31 luglio, nella suggestiva cornice del Parco Colesanti (in caso di pioggia, concerti al Palavetro), non è solo il più importante appuntamento jazzistico della Regione, ma è ormai un simbolo di resistenza culturale, bellezza condivisa e musica che unisce. Organizzato dalla Pro Loco di Pietrelcina con il patrocinio del Comune, della Regione Campania e la direzione artistica di Giovanni Russo, il festival si conferma punto di riferimento nazionale per la musica jazz e le contaminazioni artistiche. L’edizione 2025, dedicata al tema “Bellezze Connesse”, pone l’accento sulla necessità di riconnettere persone e territori attraverso la musica dal vivo e la bellezza condivisa, suona come un invito esplicito a ricucire i fili delle relazioni umane, troppo spesso smarrite nei ritmi scomposti del nostro presente.

In un’epoca di legami digitali e di contatti liquidi, tali espressioni si riferiscono alla condizione in cui le relazioni umane, sia online che offline, tendono a diventare più fluide, instabili e meno durature rispetto al passato. Il filosofo britannico-polacco, Zygmunt Bauman, usa l’aggettivo “liquido” per descrivere la società contemporanea, che è caratterizzata da rapidi cambiamenti, incertezza e precarietà in tutti gli ambiti della vita, compresi i rapporti interpersonali, il festival sceglie la via opposta: musica dal vivo, silenzio rispettoso, incontro reale, comunità fisica. La direzione artistica di Giovanni Russo, costruisce un cartellone che unisce qualità e apertura popolare. Dai virtuosismi di Danilo Rea alla forza narrativa di Peppe Lanzetta, passando per l’energia del progetto Transleit 2.0 delle Ebbanesis, ogni serata è un viaggio tra poesia, jazz econtaminazioni. Peraltro, Jazz Sotto le Stelle è anche altro: è identità territoriale, grazie agli stand enogastronomici che raccontano il Sannio con sapori e profumi veri; è memoria visiva, con la celebrazione del lavoro del fotografo Angelo Masone e la pubblicazione del volume “PHOTO JAZZ”; è riconoscimentosimbolico a personalità di spicco del panorama musicale italiano, con il “Premio Pietrelcina In Jazz”, l’opera in ceramica è firmata dall’artista Sabrina de Ieso di Pesco Sannita, la rassegna artistica ogni anno omaggia artisti distintisi per passione e qualità. In un’Italia che spesso si affida alla musica come semplice intrattenimento, Pietrelcina fa un passo in più: trasforma il jazz in linguaggio civile, in pedagogia collettiva, in atto culturale e politico. Senza clamori, sponsor invasivi, biglietterie chiuse: i concerti sono gratuiti, i luoghi sono aperti, il pubblico è partecipe e misto, tra turisti curiosi, residenti affezionati e appassionati, venuti da ogni angolo del Mezzogiorno. In un momento storico in cui i festival e le rassegne vengono spesso sacrificati sull’altare dei tagli o ridotti a vetrine commerciali, Jazz Sotto le Stelle è un esempio virtuoso di come si possa fare cultura senza perdere l’anima, anzi, valorizzando le radici e coltivando il futuro. Peraltro, Pietrelcina non è solo terra di devozione: è anche una terra di visione. E da vent’anni a questa parte, ogni fine luglio e qualche volta inizio di agosto, accende sotto le stelle una musica che non consola, ma interroga, eleva e connette.

July 27, 2025

July 22, 2025

 

Se l’illuminazione è uno stato che è raggiunto da pochi studiosi e ricercatori dello spirito, considerati privilegiati nella loro elevazione, la possibilità di entrare in contatto con un’atmosfera che predisponga al raggiungimento di stati evoluti della propria coscienza, ognuno con il proprio punto di partenza e la propria gradualità di percorso, può essere offerta a tutti.

E il film IL MONACO CHE VINSE L’APOCALISSE, che affronta coraggiosamente l’interpretazione della visione profetica di Gioacchino da Fiore, abate e teologo, filosofo, pensatore rivoluzionario e visionario tra le menti più influenti del Medioevo, fa proprio questo. Con la sapiente regia di Jordan River, da sempre affezionato testimone di introspezione animica, la pellicola accompagna lo spettatore in un viaggio storico e spirituale che accarezza i presupposti per cambiamenti epocali, auspicabili anche per i nostri tempi.

Muovendosi tra i sovrani Riccardo I° d’Inghilterra (Nikolay Moss) e Costanza d’Altavilla (Elisabetta Pellini), l’abate florense (Francesco Turbanti), mantiene un’autorità che i poteri temporali non possono scalfire, e che diventa una pratica da mantenere per affrontare anche i mostruosi controllori dell’aldilà, una volta superato il guardiano della soglia (Yoon C. Joyce).

Lontano dal voler essere una pellicola di stampo religioso, tutti gli aspetti che concorrono alla realizzazione dell’opera, dall’uso delle sfumature della cromoterapia nelle immagini, all’altissima definizione a 12k, e l’uso di onde Theta gestite da Bruno Gioffrè nella colonna sonora di Michele Josia, che stimolano le frequenze creative e intuitive del cervello, trasportano la sala in una dimensione che invita a un approfondimento spirituale per qualsiasi provenienza. Al di là di barriere ideologiche, si è portati a una riflessione interiore attraverso il percorso di esplorazione della teoria gioachimita della Trinità: “Ognuno dei tre cerchi attraversa gli altri due; come la Trinità”, che sembra ti dica che la risposta va cercata nell’annullamento della dualità, verso una terza via che è quella che lui definisce dello Spirito Santo.

 “Si dice che i film debbano lasciare delle domande”, afferma il regista Jordan River, “ma io ho cercato anche di dare delle risposte. L’illusione e il male si annidano dentro di noi e impediscono l’evoluzione umana. Non è la persona che bisogna colpire ma il male che c’è nelle persone. Tutto nasce da un’idea che si muove; e se si riesce a superare quell’idea, si arriva al divino”. Come ci insegna Gioacchino quando tratta il tema del Terzo Tempo della Storia della Salvezza: “La prima fu l’età della paura; La seconda è stata l’età della fede; La terza, dovrà essere l’età dell’Amore”.

Staccatosi dalle linee tradizionali della Chiesa e degli ordini monastici del suo tempo, fonda con pochi suoi compagni l’ordine florense in un eremo concepito come il “fiore”; non come traguardo ultimo, ma come presupposto di speranza della ricerca da cui dovrà nascere il frutto. La sua missione è di identificare i nemici degli imminenti tempi apocalittici finali descritti nella Bibbia, e risvegliare il popolo cristiano addormentato verso la salvezza.

Sembra di ascoltare una cronaca odierna che denuncia l’inerzia passiva degli animi dei cittadini, ma sopraggiunto dal XII° secolo, Gioacchino ci dice che i passi della Bibbia devono essere compresi e interpretati:

“Il libro dell’apocalisse di Giovanni è stato fatto come una ruota interna che si protende fino alla fine dei tempi, e che attraversando la fine rivela la profondità dei misteri”, così detta a un suo discepolo nel film. E se il destino degli uomini, risiede tra due mondi paralleli, quello umano e quello trascendentale, comunque ci svela che tale destino può essere cambiato.

Oltre ad essere definito da Dante “il gran calavrese abate Gioacchino di spirito profetico dotato”, e collocato dal padre dei poeti nel quarto cielo del Paradiso, riservato alle anime sapienti, il suo pensiero ha ispirato artisti e filosofi come Montaigne, Hegel, Joyce e Michelangelo nel dipingere il Giudizio Universale e la Cappella Sistina.

Certamente non conosciuto come meriterebbe, la pellicola fa giustizia al fondatore dell’Ordine florense inducendo a una riflessione sulla vita oltre la vita, e la possibilità di creare una realtà di luce e pace interiore anche in questa dimensione umana. “Ognuno di noi ha tante vite”, spiega River. “Ho voluto raccontare una grande storia che mancava, e questa è la storia della nostra salvezza, non della sua”.

Ognuno è accolto dal film in una frequenza fatta di luce, suoni e spunti di riflessione che predispone all’ampliamento della coscienza. Ma al di là dell’aspetto trascendente, anche la dimensione umana apprezzerà l’atmosfera ammaliante delle riprese, la bellezza inevitabilmente contagiosa delle scene, della musica e dello stato d’essere che crea e dalla quale non si può uscire senza esserne contaminati.

Jordan River lo esprime così: “Ho pensato di fare qualcosa di positivo e lasciarlo ai quattro venti. Se lo spettatore è distratto potrebbe perdersi il senso; ma se è attento coglie il messaggio ed esce dalla sala che ha una forza, perché il monaco vince l’Apocalisse!”.

 

 

July 19, 2025


    Andrea Scanzi
Quattro giorni nel quartiere Isolotto di Firenze all’insegna di una cultura che parla e che si fa ascoltare e capire


La "Gaberiana", condotta da Andrea Scanzi, è un progetto dedicato a Giorgio Gaber, uno dei più grandi cantautori e intellettuali italiani. Andrea Scanzi, noto giornalista e scrittore, ha spesso parlato e scritto molto su Gaber, celebrandone l’opera e il pensiero.
La "Gaberiana" nasce come una serie di serate di approfondimento che analizzano e condividono il patrimonio artistico, culturale, politico e informativo. Durante gli eventi, personaggi di spicco si confrontano sotto la guida di Scanzi, aprendo spazi a pensieri, ricordi, aneddoti e progetti futuri. Le serate hanno riscosso un grande successo, attirando fino a oltre 3000 spettatori ogni sera in piazza.
L’evento fa parte dell’estate culturale fiorentina, una rassegna multidisciplinare promossa dal Comune di Firenze, che si svolge dal primo giugno al 30 settembre. Questa iniziativa mira a offrire un’ampia varietà di proposte culturali, coinvolgendo cittadini e visitatori in un percorso di scoperta e riflessione.

La prima serata si è aperta con i saluti della Sindaca Sara Funaro e del Presidente del Quartiere 4, Mirko Dormentoni. Nel corso delle serate si sono alternati ospiti di grande calibro, tra cui Fabrizio Gifuni, Setak accompagnato da Massimo Germini, il Procuratore della Repubblica Nicola Gratteri (premiato con il riconoscimento "La Gaberiana 2025"), Corrado Formigli, Amara con Jacopo Carlini, Stefano Massini, Alessandro Di Battista, Niccolò Fabi, Marco Giallini, Luca Sommi, Syria con Tony Pujia e Samuele Bersani, anch’egli premiato con "La Gaberiana 2025" nella sezione musica.
Ognuno di loro ha senza dubbio regalato qualcosa per emozione, riflessione, discussione. Ognuno di loro è stato libero di essere ciò che è senza tagli alle risposte, senza condizionamento alcuno, senza compromesso di pensiero e di parola e forse proprio questo, ecco la giusta la meritocrazia di tanto successo. La libertà di parola, di condivisione non deve temere restrizioni in un mondo libero e civile. Abbiamo sentito idee politiche, abbiamo ascoltato musica, progetti, abbiamo sentito emozione e commozione. Chi ha apportato idee, chi si è lamentato di un sistema, chi attraverso la musica e le parole ci accompagnato nel caldo di un’ estate fiorentina ricca di phatos. E come dimenticare le risate fra gli aneddoti di un Giallini sempre più simile a un Rocco Schiavone amato da tutti noi?
Il merito alla riuscita di questo progetto, va principalmente all’intelligenza, alla preparazione e allo stile di Andrea Scanzi, che ha saputo condurre gli incontri con grande empatia, creando un’atmosfera di confronto aperto e rilassato. Gli ospiti, tra attori, cantautori, politici e giornalisti, si sono sentiti a loro agio, portando se stessi e condividendo le proprie esperienze. È stato un vero e proprio talk show all’aperto, capace di coinvolgere e appassionare il pubblico.

L’organizzazione è stata impeccabile, nonostante la grande affluenza di pubblico. Gli ospiti hanno dimostrato grande disponibilità e spontaneità, portando in scena se stessi senza filtri. Attori di grande talento, cantautori, politici e giornalisti che si sono lasciati andare a risposte sincere e a momenti di autentico confronto.
La Gaberiana, giunta alla sua terza edizione, ha confermato il suo grande successo, dimostrando che con intelligenza, creatività e la scelta dei personaggi giusti si può realizzare un evento capace di coinvolgere e interessare la massa: persone comuni, di ogni ceto e condizione. Un plauso speciale va senza dubbio ad Andrea Scanzi, che non è solo un giornalista, uno scrittore e un opinionista, ma anche un uomo che guarda oltre, che conosce le risposte prima ancora di porre le domande grazie a una profonda preparazione e conoscenza. Grazie al suo essere eclettico e curioso, Scanzi si distingue in un panorama culturale spesso piatto, sterile e superficiale.
 Marzia Carocci con Marco Giallini

Cosa augurare a questo tipo di evento? che possa arrivare alla centesima edizione, crescendo sempre di più in successo, attenzione e ascolto da parte di un pubblico ormai stanco di un nulla che chiude le menti.   
July 14, 2025

Ho scelto di iniziare il “mio” viaggio di degustazione di sapori e non solo, dalla bottega Mariani che dagli anni ’50 è aperta a Roma in Viale del Vignola107, vi spiego perché.

Avendo da qualche anno cambiato identità, la Bottega rispecchia oggi ancora di più il senso del suo nome di origine greca “apotheca”. Il significato della parola è evoluto nel tempo valorizzando l’artefatto, il prodotto artigianale non seriale, concetto che la Bottega Mariani ben interpreta oggi trasformata in un laboratorio gastronomico multidimensionale, capace di coniugare in modo ottimale la cucina da asporto e la spesa di prodotti naturali del territorio con il pranzo e la cena servita sul posto, il tutto in un mix unico e vincente.

Questa sfida, non da poco, è superata grazie alla bontà dei piatti preparati con ingredienti di alta qualità dalla maestria di chef che in cucina “a vista” ogni giorno “mettono le mani in pasta “realizzando ricette legate alle stagioni personalizzate anche da sfumature di contrasti di gusto coniugati con competenza e creatività.

I prodotti venduti al banco o consumati al tavolo hanno il comune denominatore dell’eccellenza della materia prima con cui sono preparati.

Paste fresche fatte ogni giorno.

Formaggi di filiere del territorio secondo tradizione aggiornata nelle tecniche di produzione e stagionatura.

Mozzarella apprezzatissima dalla clientela proveniente dagli allevamenti incontaminati di Amaseno, preparata senza l’ausilio di macchinari.

Olio extravergine di zone limitrofe spremuto a freddo utilizzato sempre in ogni ricetta cruda o cotta.

Salumi dop come il Prosciutto di Langhirano stagionato 30 mesi.

Vino eccellente prodotto da piccole aziende a km 0

oltre che il top di altre regioni italiane.

Tra i piatti in menu vorrei evidenziare un primo semplicemente speciale: i ravioli fatti in casa, pardon, in bottega, con uova di fattoria. La pasta accuratamente lavorata nel giusto spessore racchiude un ripieno di parmigiano reggiano stagionato 24 mesi, coulis di basilico e salsa di datterini infornati, un amalgama delicato con abbinamenti che creano un sapore davvero piacevole.

Che dire poi della zuppetta fresca di melone con prosciutto di Langhirano croccante, menta e gamberi cotti al vapore.

Confesso la difficoltà di scelta visto la bontà generale, ma merita un 10 e lode il baccalà con babaganoush, lattuga arrostita e semi di zucca con cottura a bassa temperatura che consente di preservare i liquidi interni conferendo al baccalà morbidezza e consistenza e un taglio senza sbriciolature con succulenza nel gusto e nell’aroma.

Tra i dessert la mia preferenza è va al sapore racchiuso in una crema pasticciera ai frutti rossi equilibrato connubio di dolce e acidulo che ti cattura e ti fa chiudere il pranzo o la cena con i complimenti allo

chef Alessandro Russo.

Ma non è solo il savoir faire dello chef a rendere vincente il locale, determinante è la sapiente gestione di Roberto e Jacopo che dà alla Bottega una marcia in più

perché guarda all’innovazione non dimenticando il valore della tradizione. L’elevato livello di ristorazione si avvale di un ambiente curato, dall’atmosfera “Free”, con scelta di ordinazioni non condizionata da cliché, vincente per il cliente che si sente libero di degustare, secondo tempi e modi individuali, se desidera non seguire formalità nelle ordinazioni.

Valore ultimo ma non per importanza è il ruolo della comunicazione, sia dal punto di vista relazionale che dell’informazione sui prodotti. 

Questo aspetto è rafforzato dalla presenza di   personale che non cambia, disponibile e competente, merce rara oggi. Qualità che hanno contribuito alla costruzione di rapporti funzionali a dare continuità alla frequentazione dei clienti che con il loro passa parola hanno ampliato la rete di conoscenza della bottega Mariani in modo fisiologico, considerato anche l’indotto prodotto dal pubblico del Teatro Olimpico e di altre strutture vicine.

Il tutto ha dato vita ad un ambiente ristorativo molto frequentato, dove sai di potere fare diverse cose bene:

la spesa di prodotti di qualità, comprarli già preparati ogni giorno dallo chef ma anche degustarli nel locale in relax con un aperitivo oppure a pranzo o a cena il tutto ad un prezzo proporzionato, questo in Bottega Mariani ti fa sentire a casa.

 

 

 

 

 

Martellati  dal tambureggiare mediatico conformisticamente osannante nei confronti di tutto ciò che attiene all’operato del papa e di Santa Madre Chiesa, ben pochi sono coloro che, credenti o meno, mossi da volontà di sapere e di capire, si vanno interrogando in merito a cosa veramente sia il Giubileo o Anno Santo, chiedendosi anche, magari, quanto questa istituzione sia autenticamente “cristiana”, ovvero quanto abbia a che vedere con il messaggio evangelico, quanto possa realisticamente fungere da elemento di concordia e di riunificazione con le altre chiese cristiane, quanto possa rappresentare una opportunità di affratellamento con i non credenti e con i credenti di altre Fedi.

Una cosa appare più che evidente: il fiume di retorica proveniente dalla cittadella vaticana inonda ogni canale televisivo e impregna ogni momento di comunicazione dedicato a tale evento, non favorendo in alcun modo qualcosa che assomigli ad un aperto confronto di opinioni, anzi, facendo in modo che non si venga minimamente sfiorati dal pensiero che potrebbero (addirittura!) esistere, sia dentro che fuori della cristianità, diverse opinioni in merito. E che, perché no, potrebbe risultare di un qualche interesse discuterne insieme.

 Tutto è orrendamente ridotto a spettacolo, a statistiche, a mercato, a sensazionalismo, a palpiti di cuore, a gesti teatrali ed emozioni forti. Raffinate discussioni dottrinali e polemiche laicheggianti sono relegate aprioristicamente nelle polverose soffitte del passato.

La cosa che sconcerta ed amareggia maggiormente è che la Chiesa Cattolica continui a comportarsi come se, all’interno della cristianità,  non si fosse dibattuto per secoli, anche assai aspramente, su questioni come quelle del valore della “grazia” (e delle sue differenti tipologie), della fede in rapporto alle opere, delle reali competenze e dei reali poteri attribuibili alla figura del papa, delle effettive possibilità, dunque, di un intervento papale che possa modificare i decreti del Giudizio divino nell’aldiquà ed anche nell’aldilà, ecc.

E sconcerta immensamente il fatto che la Chiesa di Roma, dopo tante critiche e polemiche, dopo secoli e secoli di grandi controversie, concili, anatemi, roghi, scomuniche e scismi (vedi, in particolare, la Riforma di Martin Lutero), insista nel promuovere e nell’ esaltare credenze e pratiche religiose nate nel cuore del periodo medioevale, tanto lontane dall’autentico spirito evangelico e tanto poco condivise dalle numerose comunità cristiane che, nel tempo, hanno messo in discussione l’autorità assoluta dell’istituzione papale e le numerose forme di culto presenti nella tradizione cattolica, considerate imbevute di logica e sensibilità superstiziose e paganeggianti. Fra cui, sia la possibilità di “cancellare” i peccati attraverso il sacramento della Confessione o della Penitenza e Riconciliazione, sia quella di “cancellare” quanto resterebbe impresso sull’anima del peccatore dopo l’avvenuta assoluzione, nonché le pene purificatrici a cui essa dovrebbe, di conseguenza, essere sottoposta nell’aldilà secondo il divino volere. Proprio a ciò, infatti, si riferisce il concetto di “indulgenza” in generale  e di “indulgenza plenaria” in particolare.

Quando, nell’anno 1300, da parte di Bonifacio VIII (pontefice fra i più criminali della storia della Chiesa) venne indetto il primo Giubileo, folle di pellegrini giunsero a Roma con il preciso e agognatissimo

Bonifacio VIII

obiettivo  di poter “lucrare”, per pietosa concessione papale, l’indulgenza plenaria, ovvero una indulgenza intesa nella sua massima estensione, superiore, quindi, a tutte le altre forme di indulgenza (parziale) esistenti, caratterizzate da una efficacia circoscritta, più o meno ampia.

E parlare di indulgenza ha senso perché, come ci spiega papa Francesco nella Bolla di Indizione del Giubileo, secondo la dottrina cattolica, “il peccato “lascia il segno”, porta con sé delle conseguenze: non solo esteriori, in quanto conseguenze del male commesso, ma anche interiori, in quanto «ogni peccato, anche veniale, provoca un attaccamento malsano alle creature, che ha bisogno di purificazione, sia quaggiù, sia dopo la morte, nello stato chiamato purgatorio». Dunque permangono, nella nostra umanità debole e attratta dal male, dei “residui del peccato”. Essi vengono rimossi dall’indulgenza …” (cap. 23)

L’indulgenza, quindi, ci spiega sempre Bergoglio, permetterebbe “di scoprire quanto sia illimitata la misericordia di Dio”, in quanto l’”indulgenza del Padre”, “attraverso la Sposa di Cristo” raggiungerebbe il peccatore perdonato, liberandolo da ogni residuo peccaminoso.

Illimitata misericordia divina o - chiediamoci - illimitata presunzione del Sommo Pontefice e della sua Chiesa?!

Fatte queste brevi premesse, non dovrebbe risultare troppo difficoltoso intravedere nel Giubileo un vero concentrato di pratiche tipicamente cattoliche, in evidente antitesi con i princìpi etici del messaggio evangelico, incentrato sui valori della purezza della fede libera da calcoli mercantilistici e dell’amore altruisticamente sincero e disinteressato.

Giubilei, indulgenze, assoluzioni, pellegrinaggi, culto delle reliquie e dei luoghi sacri, ecc., mentre esaltano trionfalisticamente il potere dell’istituzione ecclesiastica e della sua casta sacerdotale, attaccano gravemente il senso di responsabilità individuale, fornendo accomodanti e rassicuranti strumenti di facilitazione dell’impegno etico di autopurificazione e autoredenzione.

Ricorrendo a simili strategie, è stata generata (nei paesi cattolici e diffusa poi in tutto il mondo, attraverso l’opera missionaria) una religiosità meschina che ha inquinato la moralità e la psicologia di intere società, dando vita ad un’umanità priva di fiducia nelle proprie facoltà spirituali e, di conseguenza, dotata di bassissimo senso di consapevole rigore morale, sempre certa di  poter ottenere, grazie all’opera infinitamente misericordiosa dell’intercessione di Santa Madre Chiesa,  un bel perdono a buon mercato per qualsiasi colpa, per qualsiasi peccato, per qualsiasi crimine.

Ora, riassumendo, il Giubileo ha senso in funzione dell’Indulgenza plenaria, la quale presuppone la convinzione che la Chiesa abbia il potere di operare una oggettiva azione catartica sull’anima del credente, sia in terra che nell’oltretomba. Per fare ciò, l’autorità ecclesiastica verrebbe ad attingere “al tesoro della Chiesa, costituito dai meriti satisfattori di Gesù Cristo, ai quali vanno aggiunti quelli della Vergine e dei Santi.” (Enciclopedia Cattolica)

Ovviamente, cosa che sfugge ai più, tutto l’ingranaggio presuppone alcune credenze dottrinali irrinunciabili, assai ardue da accogliere su un piano serenamente razionale:

  • Fede assoluta nella salvazione vicaria (ovvero redenzione dal peccato grazie al sacrifico di Cristo Gesù, vero Figlio di Dio).
  • Esistenza di una possibile condizione di dannazione eterna (Inferno).
  • Esistenza di una condizione post-mortem di purificazione in vista della gloria paradisiaca, in luogo o stato chiamato Purgatorio.
  • Esistenza di un sacro tesoro di meriti derivanti dalle opere di Cristo e di tutti i santi, a disposizione della Chiesa.
  • Potere effettivo della Chiesa del Papa, ricevuto da Dio, di esercitare, attraverso tale “deposito”, azione salvifica sul destino delle anime.

Quanti, viene da chiedersi, fra coloro che partecipano festosamente ai riti giubilari, e quanti, fra coloro che contribuiscono alla loro narrazione apologetica, hanno reale consapevolezza del significato teologico di tali credenze e pratiche (e delle relative implicazioni etico-culturali), e magari anche una qualche minima conoscenza dei complessi processi storici che le hanno prodotte?

 “Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa.

 Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà”.
(Matteo, 5,6)

 

 

 

 

 

 

 La Moda  è stile, forma, creatività innovazione,sono le idee che prendono forma e diventano realtà. Rebel Art,è il coraggio di fare Arte  fuori dagli schemi e dall'ordinario,è una filosofia di vita rapportata alla Moda. Questa è l'idea che  è nella  collezione Serena Pizzo,  opere pittoriche  dipinte su giacche di eco pelle,vestiti,accessori,scarpe, ha creato  un nuovo modo di fare tendenza.

Il progetto Rebel non è solo un concetto di libertà  emozionale,ma una necessità di condividere tali sentimenti attraverso un look d'arte glamour,ma allo stesso tempo affascinante e irriverente. La  fashion blogger designer Donna Serena Pizzo ha creato, a giugno, un evento di Arte e Moda   “Rebel Art Exhibition” allo spazio arte Plus Arte Puls Roma, che a Settembre diventerà anche  il suo showroom d'arte e moda,che si distinguerà per essere innovativo.

L'evento “Rebel” apprezzato dal pubblico presente, per i quadri che spiccavano sulle pareti circostanti e dalle modelle che  sfilavano con gli abiti dipinti a mano dalla creatrice.              

Presenta l'evento la curatrice d'arte e giornalista Sabina Fattibene,in programma tre sfilate accompagnate da note musicali di canzoni di successo. La  prima sfilata inizia sulle note  di “Psycho Killer”(Talking Haeds) con la linea Chic Chic Bon Bon Art Collection.                 Tra le modelle la bravissima  ballerina Special Guest Eleonora Pedini da vita ad una coreografia, sulle note dei Doors “Love me two Times” che affascina il pubblico con un balletto  che riflette la  passione e l'energia della Musica.

Prima della seconda sfilata  Serena Pizzo vuole evidenziare  come il progetto Rebel sia un modo di essere una forma di ribellione,  al sistema condizionante verso il pensare la creatività,  per non uniformarsi al sistema, ma venirne fuori con la propria personalità e  un bisogno di libertà individuale.

Si parte con la seconda sfilata dove le modelle si muovono e ballano sulle note di un medley musicale  da “Mio fratello è figlio unico” di  Rino Gaetano a “In Italia “ di Fabri Fibra.         Eleonora Pedrini crea un  una coreografia sulla musica di Rino Gaetano,che rappresenti l'idea di individualità e ribellione.                                                                                             Si giunge ad un momento magico di riflessione con l'esibizione dell'attrice Chiara Pavoni, mentre  Donna Serena Pizzo da vita al live Painting, performance pittorica su un giubetto Rebel, in una cornice onirica e metafisica in cui si fondano colori,suoni,movimenti e parole.

Nell'evento Rebel è inserito un artista storico, Paolo Dorazio, nipote di Piero Dorazio grande artista del XX secolo ,astrattista che  si distingue per l'uso attento del colore  seguendo la scia  di artisti come Isaac Newton. Detentore delle opere di Dorazio è l'avvocato  Paolo Melchionna che è presidente della Fondazione Paolo Dorazio. Le opere del maestro sono state esposte nella sala della mostra,insieme alle opere della Serena Pizzo.

Si conclude la manifestazione con la terza sfilata che parte con le modelle   che sfilano gli abiti personalizzati stile Rebel e Chic Chic Bon Bon,sulle note di “Per Elisa” di Battiato, mentre la coreografa Eleonora Bedini chiude interpretando Per Elisa con movimenti fluidi che  esprimono l'atmosfera malinconica della canzone.

a sn. la prof Sabina Fattibene e Donna Serena Pizzo

Nell'ultimo defilè con  abiti da sposa sulle note di “Huricane” di Bob Dylan  Si ringraziano gli ospiti e chi è stato protagonista dell'evento,l'Agenzia di modelle e spettacolo di Stefania Appugliese,  il giornalista Virgilio Violo, il musicista Umberto Mori per aver recitato una delle sue splendide poesie.                                                                                                                                            

 

 

 

 

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