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Kaleidoscope (1293)

Free Lance International Press

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September 01, 2023
    Geoffrey Roberts

Nel panorama accademico europeo spicca la figura di Geoffrey Roberts, storico inglese, autore di testi notevoli su Stalin e sulla Seconda guerra mondiale. Il suo sguardo di esperto di storia militare del XX secolo diventa ancora più illuminante considerando la sua conoscenza di due realtà diverse.

Quella del suo Paese, il Regno Unito, uno dei maggiori fornitori di armi all’Ucraina e apertamente ostile alla Russia, e quella dell’Irlanda, Paese di lunga tradizionale di neutralità nel quale è Professore Emerito presso l’Università di Cork. Già alcuni mesi fa Roberts metteva in guardia contro il pericolo di un coinvolgimento diretto della NATO nel conflitto ucraino, che lui definisce una guerra per procura dell’Occidente contro la Russia.

Nell’intervista che ci ha gentilmente concesso, ribadisce il timore che l’espansionismo della NATO e la sua ostilità verso Mosca provochino effetti irreparabili. L’Ucraina, intanto, ha di fatto già perso, ma è ancora in tempo per limitare i danni con dei negoziati.

– La controffensiva ucraina non sta andando esattamente come i media occidentali avevano pronosticato, né tanto meno come desideravano i vertici dei Paesi NATO. Che cosa accadrà sul campo nelle prossime settimane? Secondo Lei il risultato delle operazioni degli ucraini potrebbe cambiare l’atteggiamento di Bruxelles verso Kiev?

– La controffensiva di Kiev ha fallito. Le forze ucraine potrebbero ancora ottenere delle conquiste tattiche, però manca totalmente la prospettiva di uno sfondamento strategico di qualche tipo. I costi umani e materiali dell’offensiva sono stati enormi. In modo lento e inesorabile l’ago della bilancia si sta spostando definitivamente in favore della Russia.

Nonostante l’imponente sostegno occidentale, l’Ucraina sta chiaramente perdendo la guerra. Resta da vedere se questo stato di cose indurrà i vertici euroatlantici a passare alla diplomazia e a cercare una fine negoziata delle ostilità, che possa salvaguardare il futuro dell’Ucraina. Ciò dipenderà dalla forza delle voci realiste e pragmatiche che si trovano nelle élite occidentali. Queste ultime, tuttavia, avendo investito così tanto capitale politico nella sconfitta dei russi, troveranno difficile riuscire a modificare la rotta. Spero comunque che cambino direzione, ma ci vorrà un po’ di tempo e nel frattempo le immani sofferenze degli ucraini continueranno.

– L’Occidente dovrebbe temere un’escalation con la Federazione Russa? Crede che uno scontro localizzato tra i due blocchi sia possibile, ad esempio fra Polonia e Bielorussia? Un conflitto del genere potrebbe ingrandirsi a livello continentale e poi globale?

– Uno degli aspetti più inquietanti di questa guerra è proprio la mancanza da parte del fronte euroamericano della paura di un’escalation. Continua a permanere lo schema di un aumento costante dell’appoggio dell’Occidente all’Ucraina, in questa sua proxy war o guerra per procura. Sono state le azioni degli occidentali ad aver portato a un conflitto così prolungato.

Se la UE e la NATO si fossero frenate e avessero limitato i loro aiuti a Kiev, gli scontri sarebbero terminati già qualche mese fa e all’Ucraina sarebbero stati risparmiati danni immensi, compresa la scomparsa di centinaia di migliaia di vite. Sì, l’Ucraina avrebbe ceduto territori e la sua giurisdizione sarebbe stata ridimensionata, ma sarebbe sopravvissuta come Stato sovrano e indipendente.

E invece proseguendo la guerra, proseguono anche le perdite territoriali: se non finisce presto, per l’Ucraina si delinea la sorte di uno Stato in bancarotta, incapace di funzionare, completamente dipendente da un Occidente che, non appena cesseranno i combattimenti, si rivelerà molto meno generoso di prima.

È improbabile che la guerra subirà un’escalation fino allo scontro totale fra Russia e Occidente. Tuttavia non si può escludere tale ipotesi, partendo ad esempio dal caso della Polonia contro la Bielorussia. Bisogna poi tenere a mente che nel fronte anti-russo vi sono degli estremisti che desiderano l’escalation e che fin dall’inizio del conflitto spingono per provocarla. I neocon euroatlantici e gli ultra-nazionalisti ucraini sono convinti che la Russia sia una “tigre di carta” pronta a sfaldarsi al primo contatto. Ragionano in modo folle, certo, ma sembrano credere davvero alle loro assurdità.

– Dicono che la storia tenda a ripetersi. Oggi in Ucraina la storia si sta ripetendo davvero? Parliamo dei carri armati tedeschi che avanzano verso est o magari di uno scontro epocale fra due imperi, quello angloamericano di mare e quello russo di terra.

– In questo momento i tank tedeschi (e quelli britannici) non stanno avanzando verso est. Il motivo è vengono distrutti dall’artiglieria della Russia, dai suoi missili anti-carro e dalla supremazia aerea. Lo stesso può dirsi per gli altri armamenti NATO forniti all’Ucraina. I soggetti più lucidi dentro le strutture militari occidentali lo hanno notato e devono aver capito che Mosca possiede le capacità per sconfiggere l’Ovest in qualsiasi scontro diretto e convenzionale di grandi dimensioni.

Hanno anche compreso che una guerra del genere avrebbe un’escalation di livello nucleare, perché sarebbe l’unico modo per gli Stati Uniti di difendere l’Europa dall’attacco russo. Per fortuna non c’è nulla che indichi una tale intenzione da parte di Mosca. In tutto il corso del conflitto, Putin ha cercato di contenere la tendenza degli occidentali all’escalation e lo ha fatto evitando reazioni eccessive alle loro provocazioni, come appunto è stato l’invio dei Leopard tedeschi all’Ucraina.

– Da un punto di vista strettamente accademico, crede che questa guerra fosse inevitabile? E lo è anche il suo esito, già determinato da elementi storici e destinato a manifestarsi nell’arco di un certo tempo? Oppure il risultato potrebbe essere ancora alterato dalle scelte concrete fatte dai politici e dai generali?

– La guerra russo-ucraina è stata la guerra più evitabile o meno inevitabile della storia. La NATO poteva impedirla semplicemente limitando la sua espansione verso i confini della Federazione Russa e non pompando di armi l’Ucraina. La guerra poteva essere evitata con l’implementazione degli accordi di Minsk, che avrebbero restituito a Kiev la sovranità sulle regioni ribelli di Donetsk e di Lugansk garantendo al tempo stesso la protezione dei diritti e dell’autonomia degli elementi russofoni e filorussi dell’Ucraina.

Ma questo progetto è fallito per colpa degli ultra-nazionalisti ucraini, che hanno sabotato l’attuazione di Minsk e che l’hanno fatta franca proprio grazie all’Occidente. La guerra non sarebbe scoppiata se si fossero svolti dei negoziati seri a proposito della sicurezza in Europa, che avrebbero fornito a Mosca le rassicurazioni che servivano e che avrebbero rispettato i suoi interessi riguardanti l’Ucraina.

Se diciamo che l’invasione di Putin è stata un atto illegale di aggressione, allora dobbiamo specificare che è stata tutt’altro che ingiustificata. Anche l’Ucraina e l’Ovest sono responsabili per lo scoppio delle ostilità. Inoltre, il conflitto poteva terminare dopo qualche settimana se solo le trattative di Istanbul della primavera 2022 avessero avuto successo.

E invece sono fallite perché col supporto occidentale l’Ucraina ha abbandonato il tavolo, rinunciando a un accordo che avrebbe limitato i danni al suo territorio e alla sua sovranità e avrebbe stabilizzato le sue relazioni con la Russia.

– Pensa che l’Unione Europea alla fine accetterà l’Ucraina come Paese membro? O continuerà a rimandare la sua adesione, come sta facendo la NATO?

– Credo che l’appoggio della UE a una guerra che viene proverbialmente combattuta fino “all’ultimo ucraino” implichi pure il suo obbligo morale di approvare l’adesione di Kiev. Tuttavia, nonostante le belle parole di Bruxelles, ci vorranno anni affinché l’Ucraina diventi effettivamente uno Stato membro, ammesso che lo diventi davvero. Il Paese che costituisce il più grosso ostacolo all’adesione ucraina è ironicamente proprio il suo maggior sostenitore nello sforzo bellico, cioè la Polonia.

Sebbene vi sia la comunanza della retorica nazionalista anti-russa, nel contesto della UE gli interessi di Varsavia collidono economicamente e politicamente con quelli di Kiev. La Polonia è il Paese che ci perderebbe di più con l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione: potrebbe essere questa la ragione per cui ciò non avverrà.

Presumo che uno Stato ucraino sconfitto, in rovina e non in grado di funzionare possa diventare un membro della NATO nel prossimo futuro, ma ciò richiederebbe pur sempre l’assenso di Mosca e l’unanimità dei membri dell’Alleanza.

– E che cosa può fare l’Unione Europea per agevolare la fine del conflitto?

– Può abbandonare l’atteggiamento guerrafondaio e impegnarsi nella diplomazia. Può riscoprire la sua identità di progetto che anela alla pace. Può usare la sua esperienza e le sue straordinarie abilità nella negoziazione e nel compromesso per garantire un cessate-il-fuoco e un accordo di pace duraturo.

– Come spiega il fatto che la Finlandia e la Svezia abbiano abbandonato lo loro tradizionale neutralità? C’è la possibilità che Austria e Irlanda facciano lo stesso?

– L’adesione di Finlandia e Svezia all’Alleanza Atlantica non costituisce di per sé un passo così radicale come sembra. Per decenni, questi due Paesi sono stati allineati con la NATO e hanno collaborato strettamente con essa. Il pericolo invece consiste nella possibilità che Washington stabilisca basi militari sul loro territorio: ciò verrebbe visto da Mosca come una minaccia.

Per quanto riguarda l’Austria, la sua relazione con la NATO è sempre stata più distaccata di quella tenuta da Svezia e Finlandia e personalmente non credo tale situazione possa cambiare. La cooperazione pratica dell’Irlanda con la NATO si è sviluppata per molti anni ed è aumentata considerevolmente nel corso di questa guerra; l’opinione pubblica resta però fedele all’idea della neutralità irlandese. Tutto ciò è un peccato perché un saldo blocco neutrale in Europa aiuterebbe a mantenere viva la diplomazia e a giocare un ruolo costruttivo negli sforzi per raggiungere una tregua e un accordo di pace. I Paesi europei neutrali si potrebbero anche alleare con la campagna promossa dal Sud Globale per i negoziati che mettano fine alla guerra.

– Quanto è difficile oggi per un docente universitario esprimere le proprie opinioni senza il timore di essere censurato o disprezzato dai media e dai colleghi? Purtroppo in Italia si sono visti dei casi del genere…

– Non è difficile per me, perché essendo “in pensione” posso dire e fare quello che voglio, persino dei viaggi in Russia per tenere conferenze universitarie. Invece, sui colleghi che si trovano in circostanze meno favorevoli delle mie c’è una pressione enorme per conformarsi alla “linea di partito” occidentale sulla guerra in Ucraina. Ciò spiega la loro reticenza a parlare di questo argomento o anche solo a esporre le proprie conoscenze accademiche in merito: tutti gli sforzi di imparzialità vengono censurati o silenziati. I docenti universitari in Ucraina subiscono minacce e pressioni ben peggiori; anche per quelli russi esprimere visioni critiche sulla guerra è rischioso se non impossibile.

– Il prossimo anno negli Stati Uniti ci saranno le elezioni presidenziali. Crede che qualcosa possa cambiare in meglio?

– Biden potrebbe perdere le elezioni proprio a causa della guerra. Ciò implicherebbe una possibile vittoria di Trump. Il problema di quest’ultimo è che parla molto, ma fa effettivamente poco. Oggi sembra a favore della pace in Ucraina, ma era stata la sua amministrazione ad accelerare il potenziamento militare di Kiev. Putin sarà diffidente verso chiunque diventi il prossimo presidente americano. Il leader russo metterà fine alle ostilità solamente se ci saranno le condizioni per la sicurezza del suo Paese e la garanzia della protezione degli ucraini filorussi. Putin sarebbe capace di combattere fino alla fine, se necessario, per poi imporre una pace punitiva ai suoi avversari.

La finestra per una fine negoziata della guerra si sta chiudendo velocemente. Il prossimo autunno potrebbe essere l’ultima chance della diplomazia per arrivare a un qualche genere di accordo. Se ciò non avverrà, il destino dell’Ucraina sarà deciso sul campo di battaglia, ma quando le armi smetteranno di sparare, lo Stato ucraino in quanto tale potrebbe di fatto non esistere più.

 

 

 

 

 

 
Elisabetta Strickland “Le madri di idee. Le donne scienziate e il premio Nobel”
e Neria De Giovanni “Amalasunta , regina barbara”: scienziate e regine protagoniste della sera finale delle “Letture d’estate a Villa Edera”.

 

Mercoledì 30 agosto alle ore 19,30, si è conclusa la XII Rassegna delle “Letture d’estate a Villa Edera”, presentazione degli autori Nemapress con la direzione artistica di Neria De Giovanni, organizzata dalla Associazione Salpare  con la Fidapa sez. di Alghero e La Rete delle Donne in collaborazione con l’Associazione Orion e Ivan Perella.

E’ stata inserita in “Alghero Experience-un anno così” Cartellone ufficiale degli eventi estivi  del Comune di Alghero,  Assessorato alla Cultura e Turismo e Fondazione Alghero

 

Protagoniste della serata conclusiva saranno le donne, Scienziate e Regine.

La professoressa Elisabetta Strickland matematica ed accademica italiana, già ordinaria di algebra presso il Dipartimento di matematica dell’Università di Roma Tor Vergata, con “Le Madri di idee”  ha presento in questo interessante volume il profilo biografico e professionale delle donne scienziate cui è stato attribuito il Premio Nobel. Come la stessa Strickland ha sottolineato  nella introduzione, “il divario di genere è particolarmente marcato nelle scienze: infatti sono tante le donne che hanno dato lustro alla conoscenza umana, vincitrici o meno di Premio Nobel per le discipline scientifiche”. L’Autrice si era già occupata di questa tematica che le sta particolarmente a cuore, essendo co-fondatrice del Gender University Observatory delle tre università romane attivo dal 2009. Nel 2013 è stata insignita dall’amministrazione capitolina del Premio donne eccellenti di Roma.

Neria De Giovanni, autrice di oltre 40 volumi di saggistica, presidente dell’Associazione Internazionale Critici letterari, ha  scandagliato  dalla profondità della storia, un delitto ancora irrisolto: Amalasunta, la figlia prediletta di Teodorico, regina dei Goti, la quale fu strangolata "in balneo" nell’isola Martana sul lago di Bolsena. Sicari e movente sconosciuti. Per vendicarne la morte, l'imperatore Giustiniano scatenò la guerra gotico-bizantina che portò alla fine dell'impero gotico in Italia. In questo libro la scrittrice ha ricostruito la vicenda storica e umana della regina Amalasunta, alternando capitoli in terza persona con i quali rigorosamente viene ricostruito il periodo storico tra i più difficili e contorti dell'alto Medioevo, a capitoli in prima persona dove immagina sia proprio Amalusunta a motivare le proprie azioni e i propri rapporti sia familiari sia politici. Particolarmente efficace è stata la descrizione dello scontro con Teodora, la moglie di Giustiniano, che incarnò un modo opposto di arrivare al potere rispetto a quello di Amalasunta.  Su di lei Neria De Giovanni ha realizzato anche un docufilm messo in onda da RAI3 girato a Ravenna.

Il Flauto traverso di Elisa Ceravola ha accompagnato la serata.

A concludere un buffet con brindisi con l’Autore offerto dalle Cantine di Santa Maria La Palma con i suoi spumanti Akenta rosè e Akenta extra dry.

 

 

 

E’ stata, lo confesso, una scoperta veramente al di là di qualsiasi aspettativa l’essermi imbattuto nel capitolo XI del Gesuita Moderno di Vincenzo Gioberti (1801-1852), intitolato Della religione e civiltà dei Buddisti *, capitolo in cui l’abate torinese aspira, prima di ogni altra cosa, a dimostrare l’infondatezza della tesi  secondo cui il Buddhismo sarebbe una religione “atea”. La mia grande quanto gradita sorpresa non è stata  soltanto per il carattere insolito della tematica, bensì soprattutto per il modo acuto e anticonformista con cui essa viene trattata, a dimostrazione dell’ampiezza degli interessi culturali del Gioberti e della sua spiccata autonomia di giudizio, che, per alcuni aspetti, potremmo definire pionieristica.

 

Egli, infatti, sul piano metodologico, si rifiuta subito di lasciare la questione in mano esclusivamente ai filologi, sostenendo che, su problemi di “dogmatica religiosa e di filosofemi”, lo “speculativo” costituisce un “miglior giudice del filologista”, e che non sia tanto il caso di cimentarsi in disquisizioni e tecnicismi per raffinati  “addetti ai lavori”, ma che si tratti, invece, di penetrare, con buon occhio filosofico, nel cuore profondo dell’essenza degli

                     Gioberti

insegnamenti dottrinali.

A tal fine, come prima cosa, all’interno del Buddhismo, viene proposta la distinzione fra la cosiddetta “parte essoterica” e quella “acroamatica”, ovvero fra  religione popolare e religione filosofica.

In merito alla prima, ritiene, senza alcuna incertezza, che si debba necessariamente parlare di “un teismo misto più o meno di politeismo”, mentre, in merito alla seconda, ritiene che si debbano adeguatamente distinguere le scuole considerate “ortodosse dalle eterodosse”, prendendo in considerazione esclusivamente le prime, perché, altrimenti, si potrebbe arrivare all’assurda conclusione di poter considerare atea qualsiasi “religione al mondo, professata da un popolo culto”. Se, infatti, ci si volesse basare sulle tesi sostenute dalle correnti eretico-scismatiche, si potrebbero ravvisare presenze “atee” anche all’interno del Brahmanesimo quanto dello stesso Cristianesimo.

Gioberti, quindi, ritiene che anche in seno al Buddhismo, gli “atei son tenuti per eretici dagli altri, non meno che da noi i nostri”, e che, di conseguenza, le posizioni di carattere radicalmente e coerentemente atee riguarderebbero esclusivamente circoscritte minoranze ereticali.

Al fine di avvalorare la sua tesi, si concentra, a questo punto, sul concetto di Nirvana, riferendosi ad esso come concetto basilare  sia per le scuole ortodosse sia per quelle eterodosse, e da lui considerato “il cardine panteistico di tutte le meditazioni orientali” .

Constatato che “Alcuni dei pensatori eterodossi intendono per Nirvana il nulla assoluto”, ritiene che, in questi casi, sarebbe possibile applicare la definizione di atei, anche se ancora meglio risulterebbe quella di “nullisti”.

Ma siccome la maggior parte delle scuole e, in particolar modo, quelle ortodosse, conferiscono al Nirvanauna significazione positiva”, intesa come assai simile al “non ente” platonico e “all’ àpeiron o all’infinito dei Pitagorici, di Anassimandro e di quasi tutti gli antichi filosofi italo greci”, non sarebbe possibile parlare di ateismo, bensì soltanto di panteismo.

Molto bella è, a questo punto, la definizione di ateismo che viene proposta, indubbiamente lontana dai tradizionali stereotipi di carattere confessionale (del tipo: ateo è chi non crede nel dio in cui noi crediamo e/o nel modo in cui noi crediamo).

Per ateo – scrive – s’intende nel comune linguaggio chi nega la realtà eterna di un principio assoluto e sovrasensibile produttivo per creazione o emanazione o per altro modo dei fenomeni di natura.” Di conseguenza, i cosiddetti buddhisti ortodossi, che, a suo parere, ammetterebbero l’esistenza di tale principio assoluto, non potrebbero essere considerati atei.

Il pensatore torinese afferma, inoltre, che apparirebbe alquanto difficile comprendere come una religione veramente “innestata sull’ateismo”,  avrebbe potuto, oltre che venire abbracciata da milioni di seguaci, dimostrarsi “durante e fiorente almeno da ventiquattro secoli”. E ancora più incomprensibile risulterebbe, a suo giudizio, dover accettare, su un piano strettamente pratico, che un culto ateo possa essersi dimostrato “più umano, più mansueto, più civile di altre credenze fondate nel monoteismo, nel panteismo, nel politeismo”, tanto da risultare, nell’ambito delle religioni orientali, moralmente superiore, nei suoi effetti, sia all’islamismo che al brahmanesimo.

Gioberti, pur ammettendo che la componente “ipermistica” presente nel Buddhismo abbia finito, nel tempo, per allontanare i popoli che lo hanno accolto dall’agire nel mondo, attribuisce al credo buddhista una encomiabile inclinazione “favorevole alle imprese civili negli ordini della pace”, nonché  il merito di aver dato vita a meravigliose opere architettoniche e ad innumerevoli e preziosi luoghi di culto.

Questo senso incivilito - dichiara - fu infuso nel Buddismo dal dogma della salute universale, che tempera e modifica le ascetiche intemperanze dell’istinto contemplativo, ed è atto a promuovere naturalmente quei sensi benefici e pietosi, onde mossero le celebri riforme di re Asoco (= Ashoka)”.

A tale proposito, fa riferimento a quanto testimoniato dal padre gesuita Daniello Bartoli (“gran detrattore dei bonzi e perciò tanto più autorevole”), in merito alle popolazioni del “Tunchin” (regione del Tonchino, nell’Indocina francese), le quali “si occupavano a cercarein che opere di virtù acquistar nuovo merito per la vita avvenire, massimamente operando in beneficio del pubblico: come a dire, aprir novi sentieri, con che accorciar la via lunga o spianare qualche erta fatichevole a’ viandanti; voltare archi e gittar ponti sopra fosse, fiumi, torrenti perigliosi a guadare; aprire alberghi, dove gratuitamente ricogliere i pellegrini; e somiglianti, per cui mettere in effetto non mancava loro danaio tra del proprio e del contributo in limosina da’ divoti’ ”.

Sulla base di questa elogiativa descrizione, Vincenzo Gioberti approda, portando a termine le sue riflessioni, a due importantissime conclusioni:

  1. Una simile autorevole testimonianza (teologo, scienziato e letterato, autore di opere monumentali, Daniello Bartoli, definito dal Monti come il massimo conoscitore dei segreti della lingua italiana, è il principale storico della Compagnia di Gesù) può risultarci utile per comprendere cosa realmente fossero i seguaci del Buddha “dell’India nei migliori tempi”, ben al di là dei pregiudizi ampiamente diffusi nel mondo cristiano-occidentale.
  2. I Gesuiti, se, con la loro opera missionaria, invece di fare guerra ai monaci e alle monache buddhisti, “gli avessero imitati e superati”, il Cristianesimo forse sarebbe potuto fiorire “nell’ultimo Oriente”.

Questi, riassumendo, gli aspetti più significativi presenti nell’analisi giobertiana del Buddhismo:

1.Necessità di distinguere nettamente religione popolare da pensiero filosofico.

2.Necessità di distinguere, all’interno di quest’ultimo, le posizioni ortodosse e maggioritarie da quelle cosiddette eretico-scismatiche.

  1. Aver conferito al concetto di Nirvana una fondamentale centralità.
  2. Aver preso atto della presenza di concezioni nichiliste in alcuni pensatori ortodossi.
  3. Aver riconosciuto che la maggior parte delle scuole (in particolar modo quelle considerate “ortodosse”) conferisce al Nirvana una “significazione positiva”.
  4. Aver riconosciuto, in detta concezione, caratteri di affinità con il pensiero metafisico di buona parte delle filosofie presofistiche italo-greche.
  5. Aver ritenuto improprio applicare la definizione di ateismo al Buddhismo, dal momento che in esso sarebbe presente la credenza in “un principio assoluto e sovrasensibile”.
  6. Aver ritenuto impossibile, qualora si accogliesse la tesi di un buddhismo-ateo, fornire una valida spiegazione della diffusione e della durata della religione buddhista, nonché il suo livello di ammirevole eticità, superiore a quello riscontrabile nelle religioni (di vario orientamento) non atee.
  7. Aver riconosciuto al Buddhismo, nonostante la sua tendenza “ipermistica” (che indurrebbe prevalentemente alla inazione), una apprezzabile attenzione all’impegno concreto sul fronte della pacifica convivenza e su quello della costruttività civile e religiosa.
  8. Aver sottolineato come la sua concezione della salvazione universale abbia esercitato un valido freno rispetto alle tendenze ascetiche, favorendo attive forme di benevolenza compassionevole (con riferimento particolare all’opera riformatrice del re Ashoka);
  9. Aver fatto intelligente uso della testimonianza di un illustre padre gesuita (Daniello Bartoli), al fine di evidenziare la presenza di ammirevoli forme di benefica e filantropica operosità in una regione, come quella del Tonchino (Cocincina francese), intimamente imbevuta di cultura buddhista, e, proprio per questo, particolarmente rappresentativa.
  10. Aver concluso il suo scritto con una nitida bordata polemica rivolta agli iniqui quanto fallimentari metodi dell’opera missionaria della Compagnia di Gesù, mettendo in luce, con graffiante arguzia, che il Cristianesimo avrebbe forse potuto riuscire a diffondersi anche in Estremo Oriente qualora i Gesuiti, invece di “far guerra” alle monache e ai monaci  buddhisti,  si fossero “cristianamente” prodigati nell’imitarli e superarli sul piano delle realizzazioni  sociali di carattere benefico.

 

Particolarmente degni di nota appaiono, a mio avviso, i punti 5-6-7, che denotano la presenza in Gioberti (filosofo, teologo, letterato, politico, ma non certamente orientalista, né storico delle religioni) di una indubbia profondità di analisi, accompagnata da coraggiosa originalità di giudizio. Intorno alla vera natura del pensiero buddhista, infatti, prevalevano, all’epoca, visioni fortemente etnocentriche tendenti alla svalutazione (e, sovente, alla deformazione) di ogni produzione culturale estranea all’Occidente. Assai ricorrente, in particolare, l’uso di una chiave di lettura basata sulla contrapposizione stereotipata fra civiltà cristiano-occidentale, proiettata sul piano della concretezza del fare e dell’agire, e civiltà buddhistico-orientale, immersa in una sorta di torpore ascetico, rinunciatario e antivitale.

 Intorno alla vera natura della condizione del Nirvana, in particolare, risultavano dominanti orientamenti interpretativi di carattere nichilista, volti a vedere nell’aspirazione al Nirvana la manifestazione estrema del rifiuto radicale (peculiare della spiritualità indiana) non soltanto della  mondana oggettività, bensì anche di ogni forma di esistenza soggettiva.

Lo stesso Vincenzo Gioberti, probabilmente influenzato dal Burnouf, non molti anni prima, aveva sostenuto che “Il fine ultimo che il buddhismo attribuisce a tutte le realtà esistenti coincide con il loro annientamento, il Nirvana, «a cui come scopo supremo anela il creato» nel tentativo di porre fine alla sofferenza della propria esistenza, ottenendo un riposo eterno nella beatitudine del nulla”. **

Ora, tenendo presente che ancora per tutto il XIX secolo, fino ai primi decenni del XX, numerosi orientalisti propenderanno, come ben spiega Radhakrishnan*** , nel considerare il Nirvana come “la notte del nulla, l’oscurità dove ogni luce viene estinta” ,  decisamente apprezzabile e lucida risulta la posizione giobertiana che sottolinea la presenza di  “una significazione positiva” di tale concezione all’interno della maggior parte delle scuole “ortodosse” dell’universo buddhista. Ed anche indubbiamente apprezzabile risulta l’aver inteso che, optando per la tesi di una condizione nirvanica di carattere positivo, risulterebbe impossibile non approdare, poi, all’affermazione dell’esistenza di un principio permanente, paragonabile al concetto di arché proprio delle prime speculazioni onto-cosmologiche  elleniche. Cosa questa che consente al nostro abate  di parlare di panteismo, riuscendo pertanto a sollevare il pensiero buddhista dall’accusa infamante (almeno dal suo punto di vista di filosofo cristiano) di “ateismo”.

In pratica, la prospettiva giobertiana sembrerebbe armonizzarsi con le parole attribuite al Buddha in persona, che, pur rifiutandosi di ammettere qualsiasi speculazione in merito alla condizione di colui che consegue il Nirvana, si trovò costretto ad ammettere, sul piano del rispetto rigoroso della pura logica, la realtà di “un essere al di là di ogni vita, che è incondizionato, al di sopra di tutte le categorie empiriche”****:

 

Vi è, o discepoli, un qualche cosa che non è generato, né prodotto, né creato, né composto. Se non vi fosse, o discepoli, questo qualche cosa di non generato … non vi sarebbe alcuna possibile via di uscita per ciò che è stato generato.” (Udana, VIII 3, e Itivuttaka, 43)

 

Insomma, considerando che Vincenzo Gioberti scrive circa trent’anni prima dell’ apparizione di un’opera come Iside Svelata (New York 1877), in cui Helena Petrovna Blavatsky (fondatrice della Società Teosofica) contrasterà e smaschererà in maniera magistralmente competente  le varie inesattezze insite nelle occidentali concezioni relative all’autentica filosofia buddhista, ritenendo “un fatto incontestabile” che ad essa non appartenga l’insegnamento  della finale nirvanica “annichilazione”, non possiamo che riconoscere, nel nostro abate teologo e aspirante orientalista, la presenza di due virtù autenticamente filosofiche:

 una particolare brillantezza di intuizione e una robusta capacità di pensiero anticonformista.

 

*da Il Gesuita moderno, vol. V, cap. XI, Losanna 1847, p. 76: poche paginette, in realtà, all’interno di un’opera di ben cinque volumi.

** https://www.pensierofilosofico.it/articolo/LINTERPRETAZIONE-FILOSOFICA-DI-VINCENZO-GIOBERTI-SULLE-RELIGIONI-ORIENTALI/204/, a firma di Paolo Gava.

*** S. Radhakrishnan, La filosofia indiana, Einaudi, Torino 1974, p. 455.

****ibidem.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

August 27, 2023

August 25, 2023

August 19, 2023

 Albergo diffuso  - Sotto le Stelle - Picinisco
foto di Roberto Barile

C’era una volta, in un borgo della Ciociaria, un manipolo di giovani volenterosi e pieni di sogni che, all’inizio del secolo scorso, partirono per la Scozia in cerca di fortuna.

La storia di Cesidio di Ciacca potrebbe iniziare proprio così. Nato nel 1954 a Cockenzie, villaggio di pescatori fuori Edimburgo, da una famiglia originaria di Picinisco (FR), nella Valle di Comino, terra alla quale è sempre rimasto legato dai ricordi di un’infanzia passata con in nonni tra le dolci campagne natie.

Dopo una brillante carriera come avvocato in Gran Bretagna, Cesidio, con la moglie Selina e i figli Sofia e Giovanni, si è trasferito dove lo ha portato il cuore, a Picinisco, con la voglia di far rinascere questo borgo ricco di valori e di storia. Non sono gli unici ad aver ascoltato il

   Cesidio Di Ciacca - Foto di Roberto Barile

richiamo di questi territori: la sera in piazza, si sente parlare inglese come se fosse la lingua locale e non è raro trovare chi suona e balla musica scozzese nelle fresche serate estive. Una curiosità, a Picinisco è vissuto David Herbert Lawrence, autore di L’amante di Lady Chatterley; Casa Lawrence è una Dimora Storica del Lazio, trasformata in agriturismo da Loreto Pacitti, abile casaro, che ha adibito parte della villa a ristorante, una zona a museo e un’altra dedicata all’accoglienza.

Piano, piano Cesidio ha ricostruito tutta la storia delle sue origini, ha ritrovato e ristrutturato il borgo della sua famiglia, chiamato I Ciacca, dove vivevano circa 60 persone. Secondo i registri dei battesimi della Chiesa di San Lorenzo, i Ciacca hanno vissuto lì circa dal 1500 per poi abbandonarlo nel secolo scorso.

La passione per la storia di Cesidio lo ha portato a ricostruire anche la storia del Maturano, vitigno locale da sempre presente sulle tavole dei contadini. Gli studi Arsial – Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione dell’Agricoltura del Lazio, che ha condotto ricerche approfondite, hanno stabilito che il Maturano è un vitigno unico a livello genetico, non riconducibile ad alcuno conosciuto.

Il progetto di Cesidio diventa così ancora più ambizioso. Con pazienza e indiscutibile tenacia, acquista da ben 140 proprietari diversi circa 220 piccolissimi appezzamenti di terreno, appartenenti ad oltre 11 famiglie, come i suoi nonni emigrate in tutto il mondo. Il Borgo dei Ciacca torna a prendere vita e nasce l’azienda biologica che attualmente produce vino, miele e olio d’oliva.

I primi reimpianti sono stati eseguiti nel 2013 con barbatelle recuperate da contadini che da sempre le consideravano Maturano autentico. Dai primi reimpianti alla prima vendemmia nel 2017, tutto è stato sperimentazione e constatazione empirica: dal potare, al diradare e raccogliere l'antica varietà non più coltivata nei tempi moderni. Un vitigno storico ma nuovo, come ama chiamarlo Cesidio. Test eseguiti in laboratorio, hanno evidenziato la presenza di due uve morfologicamente differenti seppure con lo stesso DNA e quindi sono state catalogate come maschio e femmina dello stesso vitigno.

 Anticamente, il Maturano veniva allevato alla maniera etrusca in viti maritate (la vite è “sposata” all'albero a cui s'avvinghia) alcuni esempi si trovano ancora nel Trebbiano Spoletino in Umbria, nell’Asprinio in Campania e in altre piccole realtà in varie regioni.  Non è da escludere che nei prossimi anni, Cesidio riservi una parte dell’azienda ad un frutteto con viti maritate proprio come si facevano i contadini di un tempo, per utilizzare il terreno sottostante per la coltivazione o il pascolo, ottimizzando gli spazi.

Cesidio porta avanti il suo progetto insieme all’enologo Alberto Antonini, conosciuto ad Edimburgo. Attualmente l’azienda produce una linea di vini rossi “Valle Oscura” con le uve conferite da viticoltori locali che hanno appezzamenti nell’omonima valle.  In questa linea troviamo il Cabernet d’Atina DOC.

In cantina troviamo delle splendide tulipe di cemento non vetrificato. L’uso del legno è limitato ai rossi e al vitigno Giulia con il quale si stanno portando avanti diverse sperimentazioni. Il Maturano viene declinato in tre versioni: Sotto le Stelle, Nostalgia e l’ultimo arrivato macerato Filosofia. Essenza è il passito con grande piacevolezza e aromaticità senza troppa dolcezza. Dagli assaggi in cantina, il Maturano ha dimostrato grandi doti di longevità ed espressioni molto diverse regalando sempre sorsi interessanti e di struttura. Nelle degustazioni si è distinta l’annata 2017 in tutte le etichette.

Nel Borgo I Ciacca sono in fermento diversi progetti come la scuola di cucina di Nonna Selina, i liquori preparati con la loro frutta, saponi e creme derivati dall’olio e dalle vinacce del vino e molto altro ancora. Tutta l’azienda punta alla sostenibilità e ad essere ecofriendly tanto da prevedere anche delle stazioni di ricarica per auto elettriche. Inoltre, Giovanni Di Ciacca, il media star della famiglia, accoglie tutti virtualmente o di persona. I suoi doni speciali hanno fatto nascere il progetto “Orto”, un polo didattico con il quale si vogliono coinvolgere altri giovani disabili a lavorare e partecipare divertendosi nella realizzazione di un orto comune.

In paese, Cesidio e la sua famiglia hanno realizzato un albergo diffuso, Sotto le Stelle, un boutique hotel, curatissimo in ogni particolare e perfettamente incastonato nel contesto architettonico locale. Ogni suite è dotata di tutti i confort e dalle finestre si può godere di una vista mozzafiato sulla valle, come quadri che donano continua e mutevole bellezza.

Cesidio ha trasmesso la sua energia a molte persone del paese che si sono sentite coinvolte nel voler valorizzare le risorse locali. Ma non solo! Ben Hirst e sua moglie Gaynor Moynihan gestiscono Villa Inglese, un ristorante e un boutique B&B che celebra gli inimitabili prodotti della montagna appenninica. Qui si possono incontrare i produttori e assaporare i prodotti raccolti nella stessa giornata preparati dallo chef che si ispira alla tradizione appenninica con un vezzo britannico. Ben è in

Villa Inglese - Picinisco - foto di Roberto Barile

Italia da più di 25 anni e ha lavorato nelle cucine di alcuni dei più grandi chef europei, è un appassionato sostenitore del mangiare “dal muso alla coda” nel massimo rispetto dell’animale. Non ha radici a Picinisco ma qui pensa di aver trovato il posto ideale dove potersi esprimere al meglio.
Nella bella Ciociaria, tra le montagne di Valle di Comino, c’è una favola che sa di buono, ha il sapore delle cose antiche e la luce delle cose nuove. Un sogno che è partito dalla lontana Scozia e che si è concretizzato nel Borgo de I Ciacca, tra i tralci del Maturano.

 

 

 

 

 

 I presentatori

Si è svolta sabato 12 e domenica 13 agosto scorso presso i giardini di Vigna la Corte a San Felice Circeo (LT) la seconda edizione di "Bellezza e musica sotto le stelle".

L’evento era composto da due fantastiche serate:  la prima con discoteca all’aperto  ha visto coinvolti circa 1500 giovani che hanno ballato con la musica offerta dagli OFF LIMITS.  E’ stato uno spettacolo mozzafiato che ha offerto, un palco sputa fuoco, spara coriandoli e lancia fumo e musica a manetta.

 

Nella seconda serata  si è svolta una selezione ufficiale del Concorso Nazionale progetto di inclusione sociale, bellezza e talento "Una Ragazza, un Ragazzo e un Bambino per lo Spettacolo" IV° edizione 2023 (concorso diretto a bambini fino ai 13 anni, ragazze e ragazzi dai 14 ai 30 anni, over donne e uomini dai 31 ai 60 anni, curvi e soprattutto persone con disabilità varie). La a conduzione dell’evento è stata affidata al bravissimo show man Antonio Delle Donne affiancato dalla bellissima e bravissima modella e fotomodella Martina Di Prospero.

 

Il Concorso Nazionale di integrazione sociale, bellezza e talento “Una Ragazza, un Ragazzo e un Bambino per lo Spettacolo” è un concorso nel suo settore che offre realmente ai concorrenti opportunità di crescita professionale nei vari settori dello spettacolo. Grazie alle collaborazioni che si stanno stringendo in ambito del mondo dello spettacolo, il concorso concretizza le ambizioni di tutti i partecipanti.

“ Una Ragazza, un Ragazzo e un Bambino per lo Spettacolo” - Concorso Nazionale di inclusione sociale, si differenzia da ogni altro Concorso perché è uno dei pochissimi concorsi che nasce, come appunto dice il nome, con lo scopo di includere socialmente tutte le persone che vogliono avvicinarsi a questo mondo ed in particolare a tutte quelle persone con problemi di handicap fisici e/o psico fisici che vorrebbero

      la modella Eddy

mettersi in gioco ma invece sono sempre esclusi dagli altri contest.

 Questo contest non punta alla ricerca esclusiva della bellezza dei concorrenti, ma tende ad individuare attraverso le numerose selezioni, elementi nuovi dotati di talento e personalità. Una serie di precise caratteristiche professionali che poi devono essere proposte  nel mondo dello Spettacolo, della Moda, del Cinema, della Pubblicità e della Televisione.

Alla luce di quanto sopra il Sindaco Monia Di Cosimo e l'amministrazione comunale,  hanno fortemente voluto lo svolgimento del concorso e con grande sensibilità hanno inteso evidenziare  che proprio la disabilità ed il sociale dovevano essere al centro della serata. Proprio per questa ragione è stata creata una fascia speciale, ovvero la fascia di Ragazza Solidale San Felice Circeo.

Prima di iniziare le varie fasi del concorso, sono state effettuate delle riprese video da parte del regista Michele Conidi, a cui hanno partecipato tutti i concorrenti che desiderano essere inserito nella sua parodia musicale di prossima uscita.

i giurati della serata presenti erano: il cantautore neomelodico Nello Fiorillo, l'Hair Stylis Giorgia Calisi, l'imprenditrice titolare del negozio “Il Baule di Circe” Antonella Meo, l’imprenditrice titolare dell'Agenzia Immobiliare Express Antonella Legge, il fotografo Maurizio Perria, il cantautore Giorgio Spinelli in arte Shard, il giornalista Rino Sortino. e per chiudere il Presidente di giuria Marco Di Prospero ovvero il Presidente del Consiglio Comunale di San Felice Circeo. Questi  ha portato a tutti i presenti, i saluti del Sindaco Monia Di Cosimo, il Vice Sindaco Luigi Di Somma e dell'amministrazione comunale tutta.

Così, dopo i dovuti ringraziamenti si sono svolte le tre uscite dei concorrenti, in abito casual elegante e costume.

Durante i vari cambi si sono esibiti vari ospiti tra cui il cantautore Shard, il cantautore neomelodico Nello Fiorillo, la cantante Azzurra Egidi prima da sola e poi in duetto con il cantante Alessio Lizzino (in arte Confuso), l’atleta Michel Zanoboli con una esibizione di bodybuilding e per concludere  l'esibizione dello stesso Antonio Delle Donne. Quest’ultimo ha esaltato il pubblico presente con la sua grande impronta comica.

Si è poi proceduto alla premiazione finale, non prima di aver distribuito alcuni omaggi (da parte dell'organizzazione),  a tutti i partecipanti tra i quali un attestato di  partecipazione ed un peluche a loro scelta.

Per quanto riguarda la categoria Ragazze le 4 fasce di accesso alla finale regionale Lazio di “Una Ragazza, un Ragazzo e un Bambino per lo Spettacolo” (offerte dalla Profumeria Lucci, dalla ditta T.D.F. Costruzioni, dal beach restaurant Il Veliero e dalla Mttm Events) sono andate a Viola Palombo, Aurora Subiaco, Jasmine Favoriti ed Aurora Rossi, quella di “Una Ragazza, un Ragazzo e un Bambino per lo Spettacolo” - LADY (offerta dall negozio Cogli l’Attimo) è andata a Luana Gentili,

quella di “Una Ragazza, un Ragazzo e un Bambino per lo Spettacolo” – OVER (offerta dalla farmacia Litoranea) è andata ad Adele Petronio, quella di “Una Ragazza, un Ragazzo e un Bambino per lo Spettacolo” – SPECIAL (offerta dalla Mtm Events) è andata ad Aurora Gavillucci, quella di “Una Ragazza, un Ragazzo e un Bambino per lo Spettacolo” – CURVY offerta dalla Circeo Music School) è andata a Luana Gentili, quella di Ragazza Assicurazioni Martina Di Prospero (offerta dalla stessa Martina Di Prospero) è andata a Martina Amelia Lucente,

 quella di Ragazza Frenesia Rock (offerta dal pub che ha anche omaggiato la vincitrice della fascia di una cena gratuita presso il pub stesso) è andata a Chiara Corbanese, quella di ragazza Cafagna Prodotti Ittici (offerta dalla ditta stessa) è andata a Chiara Stasi e quella di ragazza Solidale San Felice Circeo (voluta dal Comune di San Felice Circeo) insieme alla coroncina è andata a Sofia Trifella ovvero la ragazza più votata della serata, a cui è andato anche uno shooting fotografico gratuito offerto dai fotografi Maurizio Perria, Luca Blasco e Marco Di Trocchio.

Per quanto riguarda i ragazzi la fascia di accesso alla finale regionale Lazio di “Una Ragazza, un Ragazzo e un Bambino per lo Spettacolo” (offerta dalla Mtm Events) è andata a Cristiano Fedeli, quella di Ragazzo Si' Rent  Point (offerta dalla ditta stessa) è andata ad Angelo Vastola e quella di Ragazzo Itop Officine Ortopediche (offerta dalla ditta stessa) a Nicolo’ Perticone.

Per quanto riguarda invece i bambini, le 5 fasce di accesso alla finale regionale Lazio di “Una Ragazza, un Ragazzo e un Bambino per lo Spettacolo” (offerte dalla gelateria Casa del Dolce, dalla Pizzeria L’Arte del Pane, dalla pasticceria Peccati di Gola e 2 dalla Mtm Events) sono andate a Davide Zordan, Alessandro Mattei, Aurora Zordan, Sofia Ruggiero e Alessandro Lucci, quella da Bambina Over Sea Risto Pub e pizzeria (offerta dalla ditta stessa che ha anche offerto da mangiare gratuitamente a tutti i concorrenti ed ai membri della giuria)

 a Rebecca Congiu, quella di Bambino Pro Loco di San Felice Circeo (offerta dalla Pro Loco stessa) a Mattia Georgian Lucente, quella di Bambina Agenzia Immobiliare Express (offerta dalla ditta stessa) ad Aurora Marrocco, quella di Bambina Il Baule di Circe (offerta dalla ditta stessa) a Penelope Serrapiglio, quella di Bambina Accademia L’Arte nel cuore (offerta dall’accademia stessa) a Cecilia Monacelli e quella di Bambina 3B Production Film (offerta dalla ditta stessa) a Dalila Izzo.

La regia audio è stata affidata alla Off Limits ed il suo staff, fotografo ufficiale della serata Ramon Carusi insieme agli altri fotografi ospiti della serata Marco Di Trocchio e Luca Blasco, riprese video a cura di Ramon Carusi, coordinamento e regia dei concorrenti Michele Conidi, la supervisione ovviamente affidata al Patron Massimo Meschino.

"I nostri ringraziamenti personali vanno in primis all'Amministrazione Comunale di San Felice Circeo, al Sindaco Monia Di Cosimo, al Vice Sindaco Luigi Di Somma, al Presidente del Consiglio Comunale Marco Di Prospero, al Presidente della Pro Loco di San Felice Circeo Manuel Attardo, a tutti i concorrenti della serata, ai loro genitori ed accompagnatori, ai cantanti Nello Fiorillo, Shard, Azzurra Egidi e Alessio Lizzino, all’atleta Michel Zanoboli, al presentatore Antonio Delle Donne, al folto pubblico presente, a tutti i giurati, a tutti i  partner regionali, a tutti gli sponsor ed a tutte quelle persone che hanno permesso l'enorme successo dell’evento”

queste le parole finali degli organizzatori Massimo Meschino e Martina Di Prospero, a cui si sono aggiunte quelle del solo Patron del concorso Massimo Meschino “vorrei ringraziare particolarmente la persona che per il secondo anno consecutivo ha veramente creduto tanto nell'evento e si è data da fare notte e giorno instancabilmente per circa 2 mesi, ed è la persona che più di tutte ha il merito di questo grande successo, ovvero Martina Di Prospero".

In conclusione ricordiamo che si cercano Agenti regionali e/o territoriali per tante aree ancora scoperte sul territorio italiano.

Chi volesse partecipare alle prossime selezioni o volesse altre informazioni, può rivolgersi al Patron Massimo Meschino al numero 328/8954226, visitare il sito internet www.agenziamtmevents.it  dove troverete tutte le info sia dell'Agenzia che del concorso stesso oppure visitare la pagina Facebook Una Ragazza, un Ragazzo e un Bambino per lo Spettacolo.

 

 

August 15, 2023

August 10, 2023

Da una quindicina d'anni a questa parte, alla cittadinanza italiana, ai turisti e soprattutto alla popolazione capitolina, è impedito passeggiare liberamente in Piazza Montecitorio e Piazza Colonna. Motivo di questo impedimento fisico? Transenne di ferro, anzi: orride strutture di ferro amovibili e vasi dozzinali di cemento divenuti contenitori di cicche di sigarette e lattine che oltre ad impedire a cittadini e turisti di passeggiare su suolo pubblico, cozzano tremendamente con la fastosità circostante. Un ripugnante quanto squallido abuso di potere ulteriore, venne messo in atto col governicchio messo in piedi sempre da Napolitano, uno dei tanti di allora; mi riferisco a quello compreso tra Monti e Renzi. Si disse che piazzare ostacoli fisici sarebbe stata una misura per contenere atti violenti come quella specie di sparatoria del 28 Aprile 2013 sulla quale - in certi ambienti - si avanzano sospetti sulle dinamiche e sul movente e che la vera motivazione dell'escalation di tensione si diceva fosse dovuta al fatto che "I POLITICI TIRANO TROPPO LA CORDA" come riportava il virgolettato de "Il fatto quotidiano". Elucubrazioni complottiste a parte, oggi, 2023, un pezzo del centro di Roma non può essere gustato a piedi e nemmeno con altri mezzi perché è stato relegato ad uso esclusivo dei parlamentari non eletti dal popolo ma dalle segreterie di partito: esattamente quelli che a seguito della chiusura dell'Ospedale San Giacomo di via Ripetta si sono fatti costruire una sala di rianimazione all'interno di Montecitorio, tanto per capirci o, se preferite, quelli che con meno di dieci euro s'ingozzano di prelibatezze nella splendida cornice del prestigioso ristorante “buvette” presso cui nessun plebeo è ammesso.

Nella città dell'immondizia a cielo aperto e del meretricio con le chiappe al sole, va bene anche questo...

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