L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni.

Kaleidoscope (1585)

Free Lance International Press

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La ludopatia, o disturbo da gioco d’azzardo, è una forma di dipendenza patologica, in cui la persona sviluppa un bisogno incontrollabile di giocare, spesso con denaro, nonostante le gravi conseguenze negative che questo comporta. Non si tratta semplicemente di “giocare troppo”, ma di un vero e proprio disturbo comportamentale riconosciuto anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). La ludopatia può comprendere anche attività minori come gratta e vinci, scommesse sportive, slot machine, fino ad arrivare ad attività maggiori come poker online e giochi da casinò con dispendio di elevate somme di denaro. Purtroppo con l’avvento del gioco online, l’accesso è diventato ancora più semplice e la dipendenza nei giovani può svilupparsi in modo rapido e silente. I segnali di allarme si manifestano in modo graduale includono: un pensiero costante legato al gioco e alle sue strategie, la necessità di dire continue bugie per mascherare l’attività di gioco e non si riesce a controllarsi o smettere, nonostante si tenti di farlo. In questa fase, i problemi economici, familiari o lavorativi si amplificano, aumentando l’ansia, la depressione e l’irritabilità quando si prova ad interrompere. Le cause della ludopatia possono essere molteplici tra cui fattori psicologici e sociali.

Alcuni fattori di rischio si possono ricercare nell’ impulsività, il desiderio costante di provare emozioni forti, stress, solitudine o difficoltà personali. A volte può derivare anche da altre dipendenze, quali alcol, droghe, ecc. o dall’ influenza dell’ambiente sociale e familiare. Le conseguenze della ludopatia possono essere molto gravi e colpire diversi aspetti della vita: sia al livello economico come perdita di risparmi o di beni fino ad arrivare all’ indebitamento; sia al livello relazionale come crisi familiari, isolamento sociale, separazioni; sia a livello psicologico ansia, depressione, senso di colpa, pensieri suicidari; sia dal punto di vista legale furti, frodi o comportamenti illeciti per ottenere denaro. Fortunatamente ci sono cure e percorsi di sostegno per guarire. Il primo passo come tutte le dipendenze è riconoscere il problema e non avere paura di chiedere aiuto il prima possibile, fondamentale è il supporto di familiari e amici. I trattamenti possono includere terapie psicologiche individuali e di gruppo (come la terapia cognitivo-comportamentale) o dedicarsi ad un’arte, come il teatro.E proprio su questo punto, il teatro, vorrei concentrare la mia attenzione. L’arte di fare teatro, può essere uno strumento profondamente terapeutico nel percorso di recupero dalla dipendenza da gioco d’azzardo. Non si tratta di una “cura” in senso medico, ma di un potente complemento al trattamento psicologico e/o farmacologico. Quale è il rapporto tra Teatro e Ludopatia? Molte persone con dipendenza da gioco faticano a riconoscere o esprimere le proprie emozioni. Il teatro, permette di mettersi in gioco in modo sicuro, dare voce al dolore, alla vergogna, alla rabbia, dare espressione alle emozioni represse. Raccontarsi attraverso un personaggio, facilita l’elaborazione emotiva. In terapia, si dice spesso che “è più facile dire la verità dietro una maschera” e il primo passo è la ricostruzione dell’identità. Il gioco compulsivo può “cancellare” l’identità della persona, che si definisce solo come “giocatore” o “dipendente”. Attraverso il teatro, può invece, scoprire nuovi ruoli, nuove parti di sé, ricostruire la propria autostima, allenare la capacità di stare nel presente, molto importante nella guarigione. Molti laboratori teatrali usano testi o creano scene che parlano di dipendenza, desiderio, fallimento e rinascita. Questo aiuta la persona alla riflessione e alla consapevolezza di sé stessa e del proprio percorso, vedere la propria storia da fuori, aiuta a ritrovare il proprio io. Il teatro è, per natura, relazionale.

Nei gruppi teatrali si lavora insieme, si collabora, si ascolta, si è complici, si sperimenta l’appartenenza, spesso assente nella vita del dipendente e il lavoro di gruppo aiuta a stabilire relazioni sane al fine di rompere quei meccanismi di isolamento, tipici della ludopatia. Il teatro è anche gioco, ma quello creativo, costruttivo, non compulsivo, aiutando così a riscoprire il piacere del gioco sano e libero contrapposto al gioco d’azzardo distruttivo. In Italia e nel mondo esistono programmi di teatro-terapia per le dipendenze comportamentali, inclusa la ludopatia. Alcuni esempi: laboratori teatrali nei SER.D. (Servizi per le Dipendenze); progetti con Giocatori Anonimi o altre comunità terapeutiche e drammaterapia: una disciplina psicoterapeutica riconosciuta, che unisce psicologia e teatro. La ludopatia è una malattia seria, ma si può guarire e con il giusto supporto e un percorso di cura adeguato, è possibile uscire da questa dipendenza e tornare a vivere una vita libera e consapevole. La prevenzione, l’informazione e il sostegno, sono strumenti fondamentali per proteggere le persone più vulnerabili, in particolare giovani e anziani, dal rischio del gioco patologico. Il teatro, quindi come altre forme d’arte (scrittura, pittura e musica), non cura da solo la ludopatia, ma è uno strumento prezioso per esplorare il proprio mondo interiore, ritrovare se stesso, riconnettersi con gli altri e la realtà quotidiana. L’arte può dare voce a chi si sente muto, e luce dove c’è buio.

October 05, 2025

October 05, 2025

Roma sta cambiando volto, ma non nel modo che molti cittadini speravano. Le nuove politiche urbane del Campidoglio, tra “città a 15 minuti”, ZTL ampliate e parcheggi sempre più cari, vengono presentate come passi avanti verso una metropoli moderna e sostenibile. Tuttavia, dietro la facciata ecologista, cresce la sensazione che la Capitale stia imboccando una strada che rischia di comprimere la libertà individuale invece di ampliarla. Le recenti scelte della Giunta comunale mostrano una visione che, più che liberare, tende a imbrigliare. Le strisce blu si moltiplicano, le zone a traffico limitato si estendono, i progetti “green” proliferano, ma la domanda nasce spontanea: chi ne trae davvero beneficio? Non sembra il cittadino comune, quello che ogni giorno attraversa la città per lavorare, accompagnare i figli a scuola o raggiungere un parente anziano. La tanto celebrata “città a 15 minuti” promette prossimità e servizi a portata di mano, ma nella pratica rischia di trasformarsi in una gabbia urbana. L’idea che ogni abitante debba vivere e lavorare entro confini prestabiliti, spostandosi il meno possibile, contrasta con la natura stessa di Roma: una città aperta, vasta, storicamente legata alla mobilità e agli scambi. E dietro il linguaggio della sostenibilità si intravede una forma di controllo sociale mascherata da innovazione ecologica. Limitare la circolazione, aumentare i costi di sosta, restringere gli accessi e tutto questo non favorisce la vita cittadina, ma la complica. Le conseguenze si vedono già.

I negozi di quartiere soffrono, gli artigiani faticano, le famiglie con redditi medi o bassi si trovano sempre più isolate. Peraltro, molti anziani, che dipendono dall’auto per spostarsi, sono di fatto esclusi da intere aree urbane. E a guadagnarci, spesso, sono solo le grandi catene e i progetti immobiliari che si adattano con facilità alle nuove regole. Nessuno mette in dubbio l’importanza dell’ambiente o della riduzione dell’inquinamento (peraltro, ci sarà sempre), ma una politica ecologica efficace deve partire dalle persone, non dai divieti. Servono trasporti pubblici efficienti e non solo restrizioni, ma incentivi concreti per chi adotta comportamenti sostenibili, e non sanzioni continue. Roma non ha bisogno di nuove tasse travestite da “scelte verdi”, ma di un piano urbano che coniughi libertà e responsabilità. La Capitale merita un modello di mobilità equo e realistico, che tenga conto della complessità sociale e territoriale del suo tessuto. La sostenibilità non può significare esclusione ed innovazione non può coincidere con le imposizioni. Roma deve tornare a essere una città per tutti, non solo per chi può permettersi di adattarsi alle nuove regole. Una città viva, libera, accessibile e dove l’ecologia non sia un pretesto, ma una scelta condivisa.

Perché Roma, più di ogni altra, ha bisogno di respirare e non solo in senso ambientale. Ha bisogno di tornare libera!

October 05, 2025

La fine della CGIL, o quantomeno la fine della sua funzione storica, sembra ormai un fatto compiuto. Il sindacato che un tempo incarnava la voce del lavoro e dei lavoratori italiani, oggi appare come un attore politico smarrito, impegnato più a lanciare proclami che a difendere concretamente i diritti di chi lavora. Maurizio Landini, segretario generale della CGIL, ha abbandonato il terreno economico e contrattuale per spostarsi su quello ideologico e simbolico, trasformando il sindacato in un soggetto politico di opposizione al governo, più che in uno strumento di rappresentanza sociale. Il recente sciopero “per Gaza” ne è l’ennesima dimostrazione: un gesto tanto mediatico quanto sterile, che penalizza milioni di lavoratori e cittadini senza produrre alcun effetto reale sulla drammatica situazione in Medio Oriente. Dietro la facciata della solidarietà internazionale, si nasconde l’incapacità di affrontare le vere emergenze del lavoro italiano nella precarietà cronica, nel lavoro nero, nella mancanza di tutele nelle piccole imprese e nella desertificazione industriale. È difficile non vedere, in questa metamorfosi, il segno di una crisi strutturale. La CGIL è ormai un sindacato di pensionati, con un corpo militante sempre più anziano e sempre meno presente nei luoghi dove il conflitto sociale è più acceso.

I giovani, i precari, gli autonomi, i lavoratori della logistica e dei servizi digitali, non si riconoscono più in una struttura novecentesca che parla un linguaggio distante dalla realtà contemporanea. La contrattazione collettiva si indebolisce, mentre il sindacato preferisce lo scontro politico alle soluzioni pragmatiche. Landini, da tempo, cerca visibilità attraverso battaglie simboliche e dichiarazioni roboanti. Ha recentemente accusato il presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni di non portare rispetto “a chi paga le tasse e lavora”. Ma il rispetto, semmai, dovrebbe pretenderlo chi, quei lavoratori, li rappresenta con onestà e coerenza, non chi, ne piega la causa a fini di propaganda.

La retorica del “noi contro loro”, governo contro popolo, padroni contro operai, appartiene ai nostalgici di un’altra epoca. Oggi servirebbero strumenti nuovi, idee nuove ed una vera politica del lavoro capace di interpretare la complessità del mercato globale. Invece, la CGIL continua a inseguire fantasmi ideologici e piazze rabbiose, strizzando l’occhio ai soliti facinorosi che trasformano ogni manifestazione in una prova di forza. E a pagare, puntualmente, sono i cittadini: pendolari bloccati, scuole chiuse, servizi paralizzati. Il tutto in nome di un internazionalismo d’accatto che non aiuta né i lavoratori italiani né la popolazione di Gaza. Così muore un sindacato: non per mancanza di iscritti, ma per mancanza di senso. La CGIL, ridotta ad una eco lontana di se stessa, sembra ormai più interessata a fare opposizione politica che a negoziare contratti. E mentre Landini arringa le piazze, il mondo del lavoro reale, frammentato, precario ed invisibile, resta senza voce.

 

October 04, 2025

Erano dicono 300.000 persone oggi 3 ottobre 2025, in piazza, partendo dal presidio eroico di Piazza Gaza, rinominata così la Stazione Termini a Roma, in uno sciopero paradossalmente indetto anche dalla CGIL sulla questione Palestina-Gaza; ovvero una CGIL che quando gli fa comodo si accoda al piccolo e coraggioso sindacato USB (Unione Sindacato di Base), soprattutto perché solo quest'ultimo sembra che avesse rispettato i tempi per indire lo sciopero stesso, mentre la CGIL non lo aveva fatto. E questa cariatide di sinistra, spesso silente sui veri temi costituzionali, si è accodata in cerca di giovani consensi, soprattutto avendo capito che i ragazzi di "sinistra" in piazza, per la maggior parte, certo non votano più PD e quindi la CGIL ha bisogno di rifocillare le proprie file ormai anziane con dei nuovi ragazzi e ragazze giovani. Si, i giovani... spesso anche loro silenti quando è stata violata la Costituzione in tempi recenti! Ne ho già parlato in un altro articolo (https://www.flipnews.org/index.php/life-styles-2/technology-3/item/4591-ma-tutti-questi-ragazzetti-progressisti-giusti-su-gaza-dove-erano-e-sono-sui-vaccini-killer-o-sul-5g-una-cronaca-dalla-festa-de-il-fatto-quotidiano-a-roma.html ).

Si sono però ora "messi in gioco" i ragazzi e per la prima volta ho apprezzato oggi le parole di Monica Maggioni a #farwest, su Rai 3 in serata, che ha proprio detto: "... questi ragazzi si sono messi in gioco...non sono rimasti a casa...".

Ora questi ragazzi, che supportano una flottiglia di circa 500 attivisti da circa 50 paesi in navigazione ed in arrivo a Gaza sono schermiti e definiti "terroristi" dallo squallido ministro israeliano Smotrich, che li ha illegalmente incarcerati, partendo da acque internazionali, che per il "diritto internazionale" (ormai morto per mano occidentale!) erano invece libere ed inviolabili.

Adesso questi ragazzi, prevalentemente etichettati "a sinistra", certo più a sinistra dell'"anziana CGIL", devono urgentemente sedersi a tavolino, in una serie di almeno 20 assemblee aperte a tema, con i ragazzi "di destra", ovvero quella simil-destra, tanto diversa da quella di potere, ovvero una "destra" giovanile sovranista e democratica. Ragazzi non etichettati "a sinistra", che invece sono scesi in piazza ben prima di loro, fin dal 2020, quando con tutta la pseudo-pandemia in corso, orchestrata dal Deep-State, presuntivamente con sede simil-sionista alla City di Londra, sono stati iniettati con un siero sperimentale ignoto, proveniente da un brevetto militare, prodotto in fretta per centinaia di milioni di persone nel mondo. Tra esse ancora dopo 5 anni, molte sono morte o con effetti collaterali devastanti o lentamente indebolite nel loro quadro immunitario.

Dove era allora la CGIL come sindacato mentre i lavoratori venivano sospesi dal posto di lavoro se non si inoculavano? Dov'era anche la USB? Noi del "gruppo di controllo incontaminato" resistente, in piazza, tra i sindacati abbiamo visto solo quelli della FISI, quelli del SINDACATO D'AZIONE (con sede principale a Parma) e quelli delle valorose forze dell'ordine del sindacato OSA "incontaminato", ora impegnati ad aiutare i colleghi "fregati" per eccesso di senso del dovere omertoso. Siano tutti risarciti!

Ora basta però! Si faccia amnistia sugli errori del passato ed i giovani "di destra" e "di sinistra", colorati, allegri, coraggiosi, vivi, etici, lungimiranti, dialoganti, critici, danzanti, festosi, si uniscano in un'unica forza democratica e sovranista, ovvero di una Italia libera ed in mano al Popolo Sovrano, come citato dalla Costituzione. 

Non esiste più "destra" e "sinistra', ma esiste un "SOPRA" (Finanza speculativa, suprematismo, militarismo sionista contro ebrei-cristiani-palestinesi ecc..., giornalisti prezzolati, medici al soldo della Big-Pharma e quanto altro) ed esiste un "SOTTO" (giovani precari, donne sottopagate, pre-pensionati coraggiosi che perdono il lavoro per le denunce fatte nella pubblica amministrazione, come whistleblower, piccoli sindacati coraggiosi, partite IVA vessate, giornalisti non prezzolati, medici con in mente solo il Giuramento di Ippocrate, etc...).

Mai più si costruiscano decine di bio laboratori militari di livello 3 o 4 che producono la morte, con sieri sperimentali, zanzare killer, armi ad energia diretta, geoingegneria top-secret, 5G killer, alberi tagliati per far posto alle loro onde elettromagnetiche inutili alla telefonia o quant'altro: saranno tutti portati in galera o al silenzio come membri del mondo di "SOPRA" e prevarrà per sempre il Popolo Sovrano di "SOTTO", in un mondo multipolare in evoluzione rapida.

Basterà una sola nuova Legge Universale per tutti gli Stati aderenti all’ONU, compresa la neo-Palestina sovrana vicino al vecchio primordiale Israele laico e con veri ebrei pacifici, come prima del 1917.

Cari vecchi giornalisti a questi giovani di "destra" e di "sinistra" ormai non li fregate più: sono un fluido in ebollizione che scorre come una lava che seppellirà tutta la "vecchia rogna".

 

 

 

October 04, 2025

 

Marina Pizzi mi ha completamente spiazzato con questa sua nuova pièce. Forse perché ero rimasto fortemente colpito dalle sue ultime proposte drammaturgiche. Si rivela scrittrice poliedrica in grado di stimolare tutti i sensi dello spettatore commuovendolo, facendolo riflettere ed ora anche divertendolo.

Questa proposta strizza l’occhio alla commedia italiana con una storia leggera e molto piacevole adatta a tutti. A portarla in scena un cast assolutamente scoppiettante.

Alla regia c’è il tocco personale e brillante di Toni Fornari.

La vicenda si svolge in un soggiorno ben ricostruito che si affaccia su un incantevole panorama cittadino che muta durante le scene per sottolineare il passare delle ore, alternando tramonti mozzafiato, incantevoli scorci notturni e assolati momenti della giornata.

Le scene sono ben distinte, sottolineate da un buon effetto luci e accompagnate da una piacevole colonna sonora con brani ritmati e noti. Arriviamo ora alla storia.

Sasà (Enzo Casertano), all’anagrafe Salvatore Gargiulo, è una persona tranquilla ed accomodante che appare da subito inequivocabilmente succube sia delle asperità della vita che delle donne di casa.

Queste figure che orbitano intorno a lui rischiano di destabilizzare il suo equilibrio mentale ed emotivo. Si tratta della moglie Nora (Beatrice Fazi), donna volitiva e dal carattere forte e deciso, e la suocera (Mara Liuzzi), personaggio onnipresente, invadente, indiscreto e sarcastico. Infine, la giovane figlia Paola (Alessandra Merico), studentessa di medicina poco incline all’impegno. A parte Paola, l'unica che si esprime attraverso un chiaro accento romano, tutti i suoi familiari hanno un marcato accento partenopeo.

Se vivere contornato da ingombranti figure femminili può essere complicato e stressante, immaginiamo quanto possa essere destabilizzante trascorrere gli arresti domiciliari in un caustico ambiente in cui regna una dittatoriale supremazia femminile.

Sasà è, infatti, agli arresti domiciliari perché invischiato in una situazione di cui si dice assolutamente innocente. Essendo un geometra del Comune, una sua firma lo inchioda come responsabile di un abuso edilizio. Nonostante le prove schiaccianti, afferma che la firma apposta sugli atti sia stata falsificata. In realtà, basta guardarlo per credere alla sua innocenza. È un bonaccione in balia di una famiglia che lo preferirebbe colpevole piuttosto che accettarne il suo temperamento mite e accondiscendente.

Lo spettatore diviene parte della scena e si trasforma in ospite di questa singolare famiglia, entrando nel vivo delle bizzarre dinamiche della convivenza forzata, forse per l’uomo peggiore del carcere.

La pièce dà ampio spazio ai caratteri dei personaggi che, nonostante i fastidiosi approcci e soprusi sul pover uomo, risultano paradossalmente simpatici.

Nora è una vegana crudista che prepara per il povero detenuto cibi per niente graditi che spingono Sasà a procurarsi di nascosto succulenti salsicce tramite la sua amante.

Quanto al rapporto con la moglie, i bisticci sono all'ordine del giorno e lasciano intuire una relazione ormai stagnante e pregna di insoddisfazione che sfocia in una sopportazione reciproca.

Paola, che si sta preparando per sostenere un esame di anatomia per il quale chiede un aiuto al padre, si dimostra negata per lo studio. Più che ad impegnarsi, sembra molto interessata a perdere tempo con i selfie da pubblicare sui social.

L’anziana madre è una vivacissima vedova sempre alle prese con creme ringiovanenti e ritocchini estetici che danno vita a gag esilaranti. La donna non disdegna di entrare costantemente in polemica con il genero, punzecchiandolo per farlo sentire costantemente un incapace.

Sulla scena c’è spesso Antonio (Andrea Mautone), agente di Polizia alquanto strambo, incaricato di controllare costantemente il recluso. Finirà, suo malgrado, per rimanere coinvolto nella vicenda perché infatuato della giovane Paola, con cui condivide una certa ingenuità e testa tra le nuvole.

Vicende e dialoghi sono ricchi di situazioni comiche. Battute incalzanti si rincorrono e intrecciano coinvolgendo tutti i personaggi in un cocktail dal sapore estremamente comico che accompagna piacevolmente per tutta la storia. Non manca il momento toccante, ben inserito, che efficacemente porta all’epilogo inaspettato.

Il ruolo centrale è retto indiscutibilmente da un grande Enzo Casertano, che sotto il mantello dell’uomo mediocre e remissivo nasconde una carica comica esplosiva dal forte gusto partenopeo.

Beatrice Fazi, pur apparendo arcigna e pungente, sfodera provocatorie battute divertentissime che si abbattono sul povero marito. La ricchezza di sfumature del suo personaggio ci conferma, se ce ne fosse bisogno, il talento di questa artista.

Nel suo continuo infierire sul marito viene spalleggiata da un’esuberante Mara Liuzzi, anche lei artista carica di comicità che entra sempre al momento giusto con le sue toccatine, alimentando il divertimento.

Alessandra si cala egregiamente nei panni della ragazza superficiale e frivola, a cui aggiunge una sua carica dirompente.

A completare l’opera Andrea Mautone, un improbabile tutore dell’ordine impacciato e assai poco marziale dal forte accento romagnolo. Dolcissimo, dall’aspetto spaesato e a volte inopportuno. In questa vicenda i maschi non la fanno certo da padrone!

Insieme alla triade Casertano – Merico – Fazi, treno inarrestabile collaudato e rodato, si aggiungono Mautone e  Liuzzi a dare pepe alla storia e allo spettacolo, a beneficio del pubblico che ride divertito.

 

“Arresti molto… molto domiciliari”
Teatro Golden
Enzo Casertano, Beatrice Fazi, Alessandra Merico, Mara Liuzzi, Andrea Mautone
di Marina Pizzi
Regia Toni Fornari
una produzione Goldenstar AM srl 

 

 La PM Management Group Production Film Production SRLs di Piero Melissano, annuncia il prossimo progetto: " Fazenda - Una Terra, due Sogni".

Le riprese cinematografiche si terranno nel mese di febbraio 2026, a Torre Paduli- Ruffano, in provincia di Lecce.

La sceneggiatura è stata scritta dalla giornalista Francesca Currieri, originaria di Castelbuono, residente a Partinico in provincia di Palermo. La regia è stata affidata al regista palermitano Andrea Milici, le musiche al compositore Alfredo Gilè, anche lui siciliano, vive a Palermo. Il set vedrà la presenza di attori, capaci di interpretare la storia, rendendola ancora più autentica, emozionante e toccante: Antonella Salvucci, Fausto Morciano, Giuseppe Molonia, Matteo Tosi e Fabio Foglino.

Alla domanda, rivolta al produttore Piero Melissano, in merito al progetto filmico, lo stesso risponde: "questo progetto filmico, non è soltanto un racconto cinematografico ma, è un voler trasmettere un messaggio di speranza e resistenza. Questo progetto racconta la storia vera di chi, con coraggio e con i sogni in tasca, lascia la propria terra, affrontando sacrifici e disagi per poi ritornare e costruire il proprio futuro. questa storia, continua Melissano, ci ricorda quanto sia importante e fondamentale, non arrendersi dinanzi le difficoltà che la vita ci pone e quanto l'amore per la propria terra e le proprie radici, possa simboleggiare un punto di forza, un rifugio sicuro e una spinta verso un futuro sconosciuto, ma che fa sperare in una vita migliore.

Buon lavoro a tutta la troupe con la certezza che il film sarà un successo.

 

 

Albano Laziale si prepara ad accogliere la musica in tutta la sua potenza espressiva. Dal 18 al 26 ottobre prende il via l’ottava edizione del Festival Fiati, una rassegna ormai consolidata e attesa che quest’anno trova casa nella nuova e suggestiva location del Polo Civico “Anna Di Baldo”, in via Anfiteatro Romano n. 20. L’iniziativa, realizzata con il contributo del Comune di Albano Laziale e sotto la direzione artistica del Maestro Maurizio Persia, conferma ancora una volta la propria vocazione a diventare punto di riferimento nazionale e internazionale per il mondo degli strumenti a fiato.

Il Festival aprirà sabato 18 ottobre alle 18.30 con un nome che non ha bisogno di presentazioni: Fabrizio Bosso, considerato il più grande trombettista jazz italiano e tra i più apprezzati al mondo. Da sempre protagonista dei più importanti festival internazionali, Bosso approda ad Albano in duo con il pianista Julian Oliver Mazzariello, con il quale condivide da anni il progetto “Tandem”, capace di fondere lirismo, improvvisazione e una forte intesa artistica. Domenica 19 ottobre sarà la volta degli Ialsax, lo storico quartetto di sassofoni fondato da Gianni Oddi nel 1991. Con lui sul palco Massimiliano Filosi, Stefano Rossi e Marco Guidolotti, musicisti che insieme riescono a spaziare dal jazz alle più ardite contaminazioni. Oddi, sassofonista prediletto da Ennio Morricone e protagonista di numerose colonne sonore indimenticabili, porta con sé un bagaglio di esperienze che rende ogni concerto un viaggio nella storia della musica.

Il Festival non è solo celebrazione di grandi nomi, ma anche spazio per i giovani. Sabato 25 ottobre alle 18.30 torna infatti il Teen Festival, concorso musicale dedicato ai solisti dai 13 ai 19 anni che giunge alla sua quarta edizione. L’obiettivo è chiaro: valorizzare i nuovi talenti e offrire loro strumenti concreti per emergere. Ai vincitori, infatti, vengono realizzati video professionali per favorire la diffusione delle loro performance e aprire le porte a una carriera promettente. Albano Laziale diventa così un vero trampolino di lancio per i concertisti del futuro. A chiudere la kermesse, domenica 26 ottobre alle 18.30, sarà Calogero Palermo, tra i clarinettisti più prestigiosi della scena mondiale. Dopo aver ricoperto ruoli di primo piano nelle orchestre più importanti d’Europa, oggi è primo clarinetto della Tonhalle Orchestra di Zurigo. Ad Albano si esibirà con il pianista Matteo Fossi, proponendo un repertorio che spazia da Weber a Poulenc, passando per Burgmüller e Brahms. Un’altra caratteristica che rende unico questo festival è la capacità di vivere oltre i giorni dell’evento. Tutti i concerti vengono, peraltro, registrati e trasmessi sul canale YouTube ufficiale del Festival, che dal 2021 ha già superato le 100 mila visualizzazioni. Un pubblico internazionale segue e riascolta gli artisti per 365 giorni l’anno, segno che la musica non conosce confini né scadenze. Con una proposta che unisce eccellenza artistica, valorizzazione dei giovani e innovazione tecnologica, il Festival Fiati Albano Laziale si conferma non solo come appuntamento imperdibile per gli amanti della musica, ma anche come simbolo di una città capace di aprirsi al mondo con il linguaggio universale delle note.

September 30, 2025

September 26, 2025

 

Nel cuore delle istituzioni europee, tra corridoi parlamentari e think tank specializzati, si muove da anni una rete che lavora con discrezione ma grande efficacia: quella dei gruppi di pressione filo-israeliani. Non si tratta di un tema relegato a teorie complottistiche, ma di un dato politico che emerge chiaramente dalle attività pubbliche e dai registri ufficiali delle lobby. Dal 2005, a Bruxelles opera l’AJC Transatlantic Institute (TAI), filiale europea dell’American Jewish Committee, una delle organizzazioni ebraiche più influenti degli Stati Uniti. Con un budget di circa 700 mila euro l’anno, provenienti da un’associazione madre dal patrimonio miliardario, il TAI si è dato una missione dichiaratamente politica: rafforzare i rapporti tra Europa, Israele e Stati Uniti, promuovere valori democratici e contrastare l’antisemitismo. Alla guida, oggi, c’è Benedetta Buttiglione, figlia dell’ex leader democristiano Rocco Buttiglione. Uno degli strumenti più efficaci è la rete dei Transatlantic Friends of Israel (TFI), gruppo interparlamentare che raccoglie 148 deputati ed eurodeputati, 33 dei quali italiani. Dal 2009, la TFI ha costruito legami trasversali che vanno da Fratelli d’Italia al Partito Democratico, passando per Forza Italia, Italia Viva e Azione. Nel febbraio 2024, in piena crisi a Gaza, lo stesso gruppo organizzava al Senato una tavola rotonda per celebrare i 75 anni di relazioni diplomatiche tra Italia e Israele: un segnale di sostegno bipartisan che non è passato inosservato.

Tra i nomi più attivi spiccano Marco Scurria (FdI), presidente della sezione italiana, Mariastella Gelmini (Azione), Stefania Craxi (FI) ed Enrico Borghi (IV). In Europa, invece, un ruolo di primo piano è quello di Fulvio Martusciello (FI), a lungo presidente del Comitato UE-Israele. Nonostante in passato sia finito al centro di controversie legate a rapporti con lobbisti indagati, è stato riconfermato nel 2024 capo delegazione di Forza Italia con oltre centomila preferenze personali. Un capitolo a parte merita l’attuale ministro degli Esteri Antonio Tajani. Già nel 2007 figurava tra i promotori della European Friends of Israel, organizzazione che allora contava più di mille parlamentari. Da commissario europeo ha spinto per una forte integrazione economica e tecnologica con Israele: basti pensare che tra il 2000 e il 2011 le importazioni europee da Tel Aviv sono più che raddoppiate, arrivando a 17,6 miliardi di euro. Tajani ha inoltre favorito la partecipazione israeliana a programmi strategici come Copernicus per la navigazione satellitare e i progetti UE sulla sicurezza, dove Israele è oggi il partner non europeo più attivo. Dalla cooperazione industriale alle conferenze internazionali – come la Go4Europe del 2011, in cui Tajani condivise il palco con esponenti del governo israeliano e grandi fondi d’investimento – emerge con chiarezza come l’asse tra Bruxelles, Roma e Tel Aviv non sia un fenomeno episodico, ma un dato strutturale della politica europea. La narrativa ufficiale parla di valori condivisi e alleanza contro minacce comuni, ma dietro questo linguaggio istituzionale c’è anche la concretezza di interessi economici, tecnologici e militari. L’attività delle lobby filo-israeliane, trasparente nei registri ufficiali e visibile negli eventi pubblici, solleva così una domanda che va oltre le simpatie politiche: “…quanto pesa realmente Israele nelle scelte delle istituzioni europee e nazionali?…”

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