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Da ieri in Italia è scattata l’ora legale, a Mosca no, quindi per sei mesi noi qui avremo una sola ora in più rispetto a voi. Inoltre, state celebrando la festività della Pasqua, che in Russia invece quest’anno cade il 5 di maggio, poiché tutte le festività religiose seguono il calendario giuliano anziché quello gregoriano, e la Pasqua viene calcolata dalle fasi lunari. Buon ascolto e buona visione. Il 22 marzo 2024, un barbaro attacco terroristico avvenuto nella sala concerti del “Crocus City Hall” di Mosca ha sconvolto la Russia e il mondo intero. Diciamo Spasibo a ciascuna delle oltre 15.000 persone che ci hanno inviato messaggi e ci hanno telefonato, a quelle che sono venute all’Ambasciata russa e hanno lasciato fiori, biglietti, candele, giocattoli e che hanno espresso personalmente parole di vicinanza e solidarietà, spesso senza riuscire a trattenere la propria commozione. In questi giorni ricorre il 210° anniversario della vittoriosa conclusione della campagna estera dell’esercito russo del 1813-1814. Dopo aver sconfitto la Grande Armata di Napoleone durante la Guerra Patriottica del 1812, le truppe russe dalle mura di Mosca bruciata, portando sulle loro bandiere la libertà per i Paesi e i popoli d’Europa dall’oppressione napoleonica, marciarono per migliaia di chilometri con pesanti combattimenti verso la capitale francese, che si arrese alla mercé dei vincitori il 31 marzo 1814. Il portavoce del Pentagono John Kirby: “Mio zio diceva che i migliori venditori di letame spesso portano dei campioni in bocca. I funzionari russi sembrano essere degli ottimi venditori di letame”. Questa settimana, in un media che non nomino, sono stato censurato per avere ricordato la tossicodipendenza di Zelenskij. Da due anni, Biden da del macellaio a Putin. Non è tanto originale, prima di lui lo fece quel gran genio dell’allora ministro degli esteri italiano Luigi Di Maio. Questo, secondo i media italiani, è lecito, mentre parlare della propensione alla cocaina di Zelenskij è lesa maestà. In ben altra epoca, in un mondo parallelo, ci fu un giovane cantante statunitense di origine italiana che in un film, It Happened in Brooklyn, del 1947, si esibì cantando dei brani russi, in una sorta di pot-pourri. Sono proprio curioso di vedere se lo riconoscete. Trovate tutte le edizioni del notiziario (con il testo) in Blogspot. Tutti i video (senza testo) si trovano in: Rutube, Youtube e Flip News. Ci trovate anche in Telegram (in italiano) e Телеграм (in russo). Per donazioni (anonime) e sponsorizzazioni (pubbliche) in rubli: 4211 7045 8356 7049 (Banca Intesa Russia) 2202 2023 9503 8031 (Sberbank) Per donazioni (anonime) e sponsorizzazioni (pubbliche) in euro: Correspondent bank: INTESA SANPAOLO SPA, MILAN Swift: BCITITMM Beneficiary Bank: 100100004730 BANCA INTESA 101000 MOSCOW RUSSIAN FEDERATION SWIFT: KMBBRUMM Beneficiary’s account number: 40817978800004524011 Beneficiary’s name: Bernardini Mark
Ebbene sì, siamo arrivati al quarto episodio di questa divertentissima sagra, che ad ogni episodio si arricchisce inesorabilmente in un crescendo di idee sempre più geniali e divertenti. In questo capitolo, in realtà più sobrio e ponderato del solito, oltre i video con Massimiliano Bruno, Pasquale Petroli e Claudio Gregori nei panni dei mariti delle Stremate, si inserisce per la prima volta nel cast tutto al femminile, una vera e propria novità: un maschietto, che risponde al nome di Vito Buchicchio. L’attore veste u panni di un buffo, ma anche ambiguo maggiordomo. Dopo la classica apertura di Stremate a base di rimproveri reciproci e lamentele personali, è Vito che si inserito come ciliegina sulla torta nella storia da quel tocco di originalità alla storia e un po’ di pepe.
Devo dire però, che ho assistito a questo nuovo episodio con una certa amarezza di fondo, questo perché alla fine della programmazione di “Tre stremate e un maggiordomo”, la serie verrà interrotta. Peccato, perché oltre ad essere molto divertente, ben fatta e ben recitata, la proposta è un unicum. È infatti al momento, una vera e propria novità nell’ambito teatrale, cioè la prima e unica serie ad episodi mai proposta in teatro e che ha riscosso anche un bel successo di pubblico… peccato davvero.
Sinceramente mi auguro ci sia un ripensamento, perché questo prodotto artistico merita veramente molto. Giulia Ricciardi come Patrizio Cigliano, ma come anche tutto il resto del cast, hanno messo il cuore in questa proposta, che merita di raggiungere platee sempre più numerose e non certo di rimanere congelata…
Marisa, per il suo compleanno, stanca della vita coniugale, ha lasciato suo marito ed ora vive in un mini appartamento da sola. Come al solito le due eterne ed immancabili amiche per starle vicino la vanno a trovare, per sondare il suo stato d’animo e per vedere la sua nuova sistemazione. Si tratta di una casa un po’ arrangiata e raffazzonata, che strapperà da subito i sorrisi del pubblico, che si troverà immerso in una semplice scenografia formata da scatoloni che testimoniano il recente trasloco e da una essenziale e misera mobilia.
Le amiche ascoltano il suo sfogo, in cui la donna accusa il marito di essere pigro ed indolente nella gestione familiare che è sempre ricaduta sulle sue spalle. Dunque si è trovata costretta sotto la costante pressione del marito, a lasciare il suo lavoro di arredatrice di interni per dedicarsi alla casa.
Ovviamente, per non smentire la serie, si gioca subito sul provocatorio ed ironicamente indolente carattere delle donne, ormai ben conosciuto dai fedelissimi di questa serie. Si parte con un iniziale sfogo di Maria a cui uniscono quelli di Elvira e Mirella in cui le donne liberano le loro frustrazioni e delusioni nei confronti dei rispettivi mariti. Uomini che pretendono che la propria moglie sia sempre efficiente, determinata e presente, ma soprattutto relegata ad un ruolo subordinato e dipendente dal maschio. In questo si evidenzia ironicamente l’inefficienza dei tre uomini che avremo modo di conoscere attraverso le video chiamate dirette alle rispettive mogli e in cui ascolteremo le loro puerili lamentele.
Questi simpatici video vengono inseriti dalla pièce e dalla regia nella storia in maniera molto efficace, non solo per spezzare le scene, ma anche per dare modo alle tre protagoniste di spostare gli oggetti in scena per nuove situazioni e per cambiarsi gli abiti, peraltro davvero belli ed eleganti che ne esaltano la femminilità. I costumi sono stati forniti dall’elegante e raffinata RS Boutique dell’estroso Raffaele Marchese, che oltre stilista si rivela inaspettatamente anche un valido costumista.
La nuova location di Marisa (Milena Miconi), si rivelerà un ottimo escamotage per le altre due donne (Beatrice Fazi e Giulia Ricciardi). Permetterà loro di dare vita ad una sorta rivincita sui loro mariti, allontanandosi dalle loro famiglie per trasferisi nell’appartamento di Marisa, li obbligheranno ad autogestirsi e potranno respirare e disintossicarsi dall’ombra prevaricatrice e nefasta degli strampalati ed inetti mariti.
Neanche a dirlo Lillo, Greg e Massimiliano ci appariranno sempre più smarriti, esauriti ed incapaci di autogestirsi e con le loro gag ci faranno sbellicare dalle risate.
Ma non è tutto, Marisa decide per sfizio, di assumere un maggiordomo, ovviamente uomo, forse per cercare di prevalere almeno figurativamente sulla figura maschile e godersi quello che almeno all’inizio sembra una rivalsa sul sesso forte. Intanto ogni marito dovrà impegnarsi e dimostrare di sapersela cavare da solo e accettare poi di essere disposto a servire con attenzione e cura la propria consorte.
Le Stremate daranno vita come di consueto a tutta una serie di divertenti battibecchi, dispetti reciproci e toccanti confessioni, tutto con ritmi veloci ma anche molto realistici, arricchiti di simpatiche trovate partorite dalla prolifica mente di Giulia, coadiuvata dall’inconfondibile regia di Patrizio Cigliano che esalta ogni scena.
Ormai le tre veterane attrici del mondo spettacolo, sono più che affiatate, si direbbero una cosa sola. Ognuna di loro porta avanti il suo personaggio esaltandone pregi e difetti evidenziando una palpabile passione e indiscutibile professionalità e capacità personali, frutto di un profondo lavoro artistico e una evidente maturazione artistica, di cui giova sia il gruppo che lo spettacolo.
Non vanno però dimenticati anche tutti coloro che hanno collaborato alla riuscita di questa proposta, come la regia, l’ aiuto regia, la fonia e le luci, che hanno creato questa magica e professionale sinergia.
Speriamo che la serie venga ripresa, me lo auguro profondamente.
Teatro Golden
“Tre Stremate e un maggiordomo”
di Giulia Ricciardi
Con Giulia Ricciardi, Milena Miconi, Beatrice Fazi e Vito Buchicchio
regia Patrizio Cigliano
aiuto regia Claudia Genolini
special video guest Massimiliano Bruno, Greg, Lillloscene Fabiana Di Marco
luci e fonica Elisa Martini
Ecco cosa avevo detto a caldo, quella maledetta sera.
Sono le 23:30 locali, finora ci sono quaranta morti ed oltre un centinaio di feriti. Un gruppetto di una decina di terroristi fascisti armati di mitra sono entrati in un centro commerciale ed hanno sparato a casaccio a tutti quelli che gli capitavano a tiro.
Il sottoscritto è stato egli stesso, nel 1979, vittima di un attentato terroristico a Roma, da 45 anni mi porto in corpo quattro schegge di granata fascista. Mi scuserete se non vado per il sottile. Evito di oscurare ipocritamente le scene più cruente, con i cadaveri. Dovete sapere cos’è un attentato, prima di fare i soliti commenti imbecilli dal divano di casa a migliaia di chilometri.
Si dice che fossero barbuti, e di aspetto non slavo. Non lo so, non lo sappiamo, è troppo presto. Per certo, che siano ucraini o caucasici, spero che li prendano vivi, se possibile: è importantissimo conoscere i mandanti, non gli esecutori. Anche perché quattro giorni fa le ambasciate britannica e statunitense a Mosca avvisavano dell’alta probabilità di attentati, ma rifiutando di fornire dettagli alle autorità russe.
Come si diceva ai miei tempi, compagni, non accettiamo le provocazioni. Io ricordo il teatro Nord Ost a Mosca nel 2002 e la scuola a Beslan, in Ossezia, nel 2004. E anche la Puškinskaja, la Rižskaja, la Lubjanka, il Park Kul’tury. Ricordo però anche Piazza Fontana, Piazza della Loggia, Ustica, l’Italicus, la stazione di Bologna, il treno di Natale.
(La superficialità m’inquieta ma il profondo mi uccide - Alda Merini)
Alda Merini in un periodo storico di quasi totale incompetenza verso la malattia mentale fu definita bipolare ma ebbe sicuramente trattamenti non adeguati per una forma psichiatrica che adesso si curerebbe con una farmacologia e non certamente con terapie coercitive e con gli elettroshock che la Merini subì negli anni manicomiali.
Una donna dalle grandi capacità espressive che seppe trasformare il dolore in parola da condividere ma soprattutto le sue poesie servirono anche a conoscersi in una sorta di rilettura di un sé affossato da un'inadeguatezza medica. In questa intervista cara Barbara, non vorrei porle domande per le quali gli amanti e proseliti di Alda conoscono ampliamene le risposte. Vorrei se lei me lo permette, chiederle dei ricordi che lei ha di una mamma sicuramente particolare ma con un mondo dentro che pochi hanno potuto indossare.
D_Carissima Barbara, mi piacerebbe potesse descriverci un momento, un giorno, un ricordo di sua madre. Non saranno forse tutti ricordi piacevoli, è inevitabile ma il sentimento figliare può raccontare meglio di qualsiasi critico, intenditore, studioso, della nostra meravigliosa ed eccelsa poetessa.
R- I ricordi con mamma sono diversi poiché le famiglie affidatarie dove il comune di Milano mi mandava erano tutte nell’hinterland e questo mi dava la possibilità di andare dai miei genitori ogni fine settimana oppure ricevevo visite da loro. Abbiamo fatto anche le vacanze insieme a Omegna dove risiede mia sorella maggiore. Descrivere un momento particolare sarebbe molto riduttivo.Mia mamma era una donna estremamente empatica; è capitato per esempio che diventata già adulta, non le raccontassi tante cose, soprattutto per non metterla in pena e farla preoccupare. Quando mi chiedeva come stessi, le rispondevo che andava sempre tutto bene, facevo questo perché non volevo che lei avesse sensi di colpa per non essermi stata vicino a causa delle sue problematiche. Un fatto però molto particolare che vorrei farvi conoscere, è quando con me faceva un gioco particolare del quale non ricordo il nome ma era di attinenza fra le parole come ad esempio: legno-albero-foglia-frutto, frutto seme ecc… Non so come lei facesse ma con questo gioco arrivava a comprendere quale fosse il mio disagio facendomi sentire completamente scoperta. Aveva un’intuizione unica.
D- Alda venne ricoverata per la prima volta quando aveva già due figlie; accadde dopo la morte della madre, in un periodo di particolare stanchezza che aveva già espresso al marito. Non era facile comprendere quello che Alda passasse e quando il marito chiamò un'ambulanza dopo l'ennesima crisi di sua mamma, non pensava certamente che la portassero in ospedale psichiatrico. Da lì un escalation di torture, abbandono, shock per vederne le reazioni e tanto altro fu inflitto a Alda.
Barbara, che rapporto aveva con sua madre? quanto Alda nonostante il dolore, la malattia, gli stati bordelaine sapeva dimostrarsi mamma? Le era possibile?
R- Intanto ti ringrazio per avere messo in evidenza che mio padre quando chiamò l’ambulanza non aveva sentore che rinchiudessero mamma in ospedale psichiatrico. Negli anni 50/60 bastava avere una depressione, un attacco d’ira o addirittura essere una ragazza madre o avere altri tipi di disabilità che si apriva la porta del manicomio, sono convinta che mio padre chiamasse l’ambulanza per ridurre una situazione di crisi che lui non poteva e non riusciva a placare. Mi fa male sentire tutte le chiacchiere su mio padre come se fosse stato lui l’artefice della vita in manicomio di mia mamma. La sua unica preoccupazione era che fosse curata per poter tornare a casa dalla sua famiglia ristabilita. Io vedevo mamma solo nei fine settimana. Fra i quattro anni e mezzo e i sei anni, fui affidata all’Istituto Buon Pastore di Milano, mamma veniva a trovarmi con mio padre e durante le lezioni di ballo, si metteva al pianoforte. Per quel periodo il rapporto era bastevole. Lei ha provato in tutti modi ad essere una madre, passava momenti di estrema dolcezza non facendomi mancare nulla, dalla pulizia del corpo, all’alimentazione e altri momenti nei quali aveva paura e in quel caso ergeva un muro fra me e lei. Da piccola e da ragazzina non comprendevo tutto ciò, ma da adulta chiaramente ho compreso tutto il suo disagio legato proprio ad un bipolarismo che non poteva combattere. Ricordo a volte che mio padre, mi lasciava con lei qualche ora mentre andava al bar vicino casa. Ho memoria di lei che si metteva al piano suonando musiche struggenti e che piangeva, piangeva a dirotto rendendo l’impossibilità da parte mia ad avvicinarmi perché di quella cosa ero terrorizzata. Era il suo modo per estraniarsi ma anche per dire che non ce la faceva ad essere madre in quel momento. Non l’ho mai giudicata
D- QUELLA CROCE SENZA GIUSTIZIA CHE E' STATO IL MIO MANICOMIO NON HA FATTO CHE RIVELARMI LA GRANDE POTENZA DELLA VITA- Questa è un'affermazione di Alda Merini; lei pensa che se sua mamma non avesse subito la grande sofferenza interiore, la malattia avrebbe mai scritto poesia e prosa ai suoi altissimi livelli?
R- La poesia a lei si è rivelata da giovanissima, negli anni antecedenti alla chiusura in ospedale psichiatrico. Credo che mamma sia nata con la vocazione della poesia. E’ stata chiamata e non poteva scindere Alda Merini dalla scrittura poetica. Era il suo modo di parlare e di esprimersi al mondo. Sicuramente l’esperienza drammatica, la sofferenza della malattia hanno acuito quella forma letteraria che parla di delirio e di situazioni legate all’ambiente ma la poesia è nata con lei.
D- Se posso permettermi Barbara, quanto è stato difficile e complicata la vostra vita di figlie? Quanto adesso che siete adulte è cambiato il pensiero, l'accettazione, la mancanza di domande non poste?
R-Chiaramente posso parlare solo del mio rapporto personale con mamma; ogni sorella avrà il suo unico ed esclusivo. E normale che la carenza di un affetto così importante come quello genitoriale rende la vita di un bambino difficile e complicata, nel mio caso il ruolo è cambiato da figlia a madre. Ciò non ha permesso una vita sana dove l’autostima è inesistente, ho vissuto ovviamente tante incertezze e le difficoltà che si possono immaginare in una situazione così particolare. Una volta cresciuta e divenuta a mia volta madre, ho potuto in qualche modo comprendere molte cose come la manchevolezza involontaria di mia madre nei miei confronti. Parlo di mancanza non materiale perché mia madre non mi ha fatto mancare nulla ma solo la non capacità di dimostrare il sentimento materno stereotipato. Non cambierei mai mia mamma con nessuno, non vorrei mai avere avuto una madre diversa. In qualche modo lei mi ha spronata ad essere più esigente e mai superficiale. Mi manca il rapporto con lei, il confrontarsi, i dialoghi. Mi ha insegnato a vedere le cose da altre angolazioni. Ho del vissuto con lei soprattuto negli anni da adulta, momenti di grande valore affettivo e emozionale
D- Se fosse possibile chiedere qualcosa alla sua mamma, cosa le domanderebbe? Cosa invece eviterebbe di chiederle?
R- Cosa chiederei a mia madre: credo che in qualche modo mia mamma abbia sempre risposto alle mie domande. Alcune le ho volutamente tacitate come domandare se era proprio necessario affidarmi a un’altra famiglia, poi riflettendo penso che ai quei tempi forse l’assistente sociale non sapeva supportare in modo adeguato alcuni casi difficili. Avrei anche voluto chiederle se era il caso di esternare il suo dolore difronte a me in maniera totale da farmi male e sentirmi totalmente impotente all’aiuto. Ma la domanda che avrei dovuto chiederle era se sapeva quello che passavo nelle varie famiglie affidatarie, al dolore, al disagio ai trattamenti decisamente sbagliati nei miei confronti. Ho scoperto che lei sapeva tutto così come sapeva tutto mio padre. L’ho saputo solo dopo la sua morte. Questo mi ha fatto tanto male e sono stata arrabbiata, molto arrabbiata con loro. Ho sofferto per questo.
D- Quanto Alda ha messo in primo piano la poesia? Quanto ha preferito questa attività a tutto il resto?
R-Mamma ha sempre messo in primo piano la poesia, la poesia l’ha ammaliata, scelta, voluta. Avremmo tutti dovuto capirlo e comprenderla senza volere altro da lei perché è stata una vocazione la poesia per mamma; era il suo modo di esprimersi con gli altri. Volere che fosse prima moglie, madre o altro era volerla snaturalizzare, io non ho mai preteso questo, è capitato a volte da bambina quando andavamo in campagna e lei batteva sulla sua macchina da scrivere che non riuscissi a prendere sonno e mio padre diceva invece a me di fare silenzio per non disturbare mamma che scriveva poesie. Lui è sempre stato orgoglioso di questa sua passione.
D- Ha una poesia di sua madre che sente più vicina? Quale?
R- Molte poesie di mamma me le sento addosso, credo che sia quello che molti provano nella lettura dei suoi versi. C’è un episodio però che vorrei condividere con voi. Fu in occasione di uno degli ultimi periodi di ricovero a causa del suo tumore quando fu operata all’addome; chissà perché ho sempre pensato che mamma fosse eterna, ma quella volta andai a trovarla in ospedale come se mi sentissi una strana sensazione e le chiesi espressamente di dedicarmi un’ aforisma. Iniziò a dettarmene tanti mai io cercavo di farle capire che io ne volevo uno che fosse scritto espressamente per me. Mi guardò e mi disse: “chi brucia d’amore, non si consumerà mai” Quell’aforisma l’ho tatuato sul collo. Fa parte di me. Una poesia che mi ha fatto capire invece quanto fosse poeta mia mamma e quanto la sua sofferenza fosse grande è “la mia prima trafugazione di madre” una poesia che esprime con forza emozionale il concepimento all’interno delle mura manicomiali; penso che parli del parto della mia ultima sorella. In quella poesia ho respirato tutto il suo dolore, tutto il suo desiderio di volere amare e di non poterlo fare perché le era impedito. Forte la simbologia di quanto una cosa bella possa essere sbocciata all’interno di mura terribili.
Carissima Barbara, dopo ogni intervista, lascio uno spazio libero per dare la possibilità di espressione per qualsiasi cosa vogliate dire.
Questo è il suo:
Sono fiera di avere avuto per madre una persona che amava la vita, una donna che sapeva amare, uno tsunami d’amore, una donna che passava dalle invettive all’ironia. Certamente una persona complicata da gestire ma poi, chi siamo noi che vogliamo gestire le persone?Lei doveva essere lasciata libera; un suo aforisma dice. “Non cercate di prendere i poeti perché vi sfuggiranno fra le dita” e questo suo pensiero doveva bastarci per comprendere che la sua libertà era oltre. Avrei voluto comprenderla di più e avere vissuto con lei di più la sua poesia. Ricordo che quando usciva una sua nuova pubblicazione me la faceva vedere, ero contenta per lei ma a me interessava più il rapporto fra madre e figlia. Forse ho sbagliato e solo adesso ho capito. L’ho capito attraverso la gente che l’ama, che legge le sue poesie, che chiedono le interviste per conoscerla meglio, chi organizza spettacoli teatrali, televisivi. Adesso ho capito con gli occhi degli altri quello che per ricerca d’amore materno non riuscivo a vedere. Mia mamma era poesia.
Sessantanovesimo notiziario settimanale di lunedì 18 marzo 2024 degli italiani di Russia. Come promesso, oggi molto materiale sulle elezioni presidenziali russe appena concluse. Buon ascolto e buona visione.
Come potrebbe un Presidente eletto dal suo popolo indebolire la posizione del suo Paese o il suo stesso ruolo? Mi riferisco a un qualunque Paese del mondo. Gli elettori votano sempre a favore di chi, secondo loro, è in grado di portare benessere e prosperità al loro Paese, e di garantire che il suo sviluppo avvenga in maniera indipendente e sovrana.
L’opportunità per i cittadini russi in Italia di partecipare alle votazioni per le elezioni del Presidente della Federazione Russa è molto importante. Ciò soddisfa il desiderio di essere coinvolti sia nel destino della Russia che nella scelta del percorso del suo sviluppo. Ciò è tanto più rilevante ora che la situazione internazionale è caratterizzata da turbolenze e la Russia è sottoposta a una pressione esterna colossale senza precedenti. L’elezione del Presidente della Federazione Russa rappresenta un fattore potente per unire il popolo russo e tutti i nostri connazionali all’estero.
Se le persone in fila all’estero per votare alle elezioni presidenziali in Russia avessero preso parte all’azione di “mezzogiorno”, si sarebbero disperse tutte dopo mezzogiorno. Ma no. Erano in fila venerdì, sabato e domenica. Non sono andate via nemmeno la domenica dopo le 13:00. Non si sono sciolti fino a tarda sera.
Nei media italiani ne ho lette, sentite e viste di ogni. Grandi eroine quelle che hanno gettato le molotov e una presunta vernice verde nei seggi e nelle urne elettorali. E poi gli elettori erano costretti a votare, prova ne sia che ai seggi c’erano i militari. E le elezioni non erano democratiche perché le urne erano in plexiglass trasparente. E anche perché c’è stato un 74% di affluenza. E perché l’87% ha votato per Putin. Proviamo ad analizzare punto per punto.
Questa volta le elezioni presidenziali hanno suscitato un’eccitazione senza precedenti all’estero. Enormi code in fila ai seggi elettorali di tutto il mondo. Inoltre, in Paesi sia amichevoli che non così amichevoli. Ho raccontato cosa ha potuto causare un così forte risveglio dei russi.
Come sapete, collaboro con varie testate italiane. Da venerdì scorso, ce n’è una in meno, e non certo per mia volontà. Il motivo? Ecco quanto ho spiegato qualche giorno fa.
Stavolta vi puppate Pupo! Perché? Perché Enzo Ghinazzi è venuto qui a Mosca e ha cantato al Cremlino. Vi faccio ascoltare le sue ragioni in conferenza stampa, che non posso riportare per intero, essendo durata più di un’ora, e, a seguire, uno dei suoi brani, in entrambe le lingue.
Dopo i grossi numeri collezionati nel finale dell’anno 2023, Tiziana Raciti torna con un nuovo brano innovativo e intrigante dal titolo “Pick me up” (Prendimi). Questa canzone caratterizzata dal forte impatto musicale, ancora una volta scritta dall’autore palermitano Fabrizio Clementi è già destinata alla parte alta delle classifiche.
L’ennesima hit dal ritmo travolgente si appresta a a diventare il tormentone della stagione. E’ un sound dai toni dance in grado di mantenere o indurre una variazione dello stato emotivo, ma anche fisico dell’ascoltatore. La conseguenza è quella che l’effetto benefico del pezzo musicale si propaga in ogni particella del tessuto umano.
La musica ci rivela che nulla è impossibile e anche nei momenti di tristezza e di perdita di controllo, ci indica la cosa più giusta e importante da fare.
L’ autore Fabrizio Clementi si è superato ancora una volta, nel puntare su nuove sonorità, ed ha pensato di far interpretare il brano alla bravissima cantante Tiziana Raciti. La pluripremiata cantante siciliana di Priolo Gargallo, a causa della sua grinta e vocalità è ormai definita e conosciuta come “la Tina Turner della Sicilia”. La data ufficiale di uscita di “Pick me up” è fissata per Venerdì 22 Marzo su tutte le piattaforme musicali ed i Digital stores.
Il video del brano si potrà inoltre visualizzare su YouTube nel canale di Tiziana. Ma per chi non vuole perdersi neanche un giorno, potrà ascoltare il brano in anticipo il 21 Marzo in onda su All Music Digital Radio, tra le ore 10,45 e le 11,20.
Il brano “Pick me up” sarà presente nel format MYCHANCE ON AIR sul canale 50 radio, nell’ambito dell’edizione discografica di “Artisti online”.
Negli eleganti ambienti del Museo Napoleonico di Roma si è aperta una interessante esposizione. “Giuseppe Primoli e il fascino dell'Oriente”
Si tratta di una mostra dedicata al Conte Primoli e al suo interesse per l’ arte del Giappone e, in generale, per il continente asiatico.
Il bel palazzetto sul lungotevere, all’ angolo con via Zanardelli, di fronte al Palazzaccio, era una residenza rinascimentale. Oggi, oltre alla collezione permanente, sempre interessante per i suoi reperti legati a Napoleone e per allestimento stile primo ‘800, accoglie per alcuni mesi una piccola ma interessante mostra realizzata con particolare attenzione e competenza dai curatori del Museo Napoleonico: Elena Camilli Giammei, Laura Panarese e Marco Pupillo.
L’ evento è dedicato a quello che era il padrone di casa del palazzo prima che esso venisse da lui donato alla municipalità di Roma nella prima metà del 1900.
Si tratta di un interessante e originale personaggio che è ,a tutti gli effetti, il Genius Loci del luogo. Si tratta del Conte Giuseppe Primoli, estroso e creativo discendente di Napoleone Bonaparte da parte di madre. Giuseppe era vissuto con la zia, l’ Imperatrice Eugenia, che lo iniziò ai piaceri e alle fatiche del viaggiare. Momento iniziale dei suoi viaggi, l’apertura del Canale di Suez del 1869 a cui seguiranno molte altre avventure.
Parte dell’ esposizione riguarda anche la sezione dell’ India, e Sud America, che era di proprietà del fratello Luigi. L’ interessante mostra è frutto della loro passione per l'Oriente, il Giappone e la fotografia.
Tema delle molte preziose fotografie esposte, molto fragili poiché realizzate con l’ antica tecnica dell’ albumina, non sono solo persone comuni, ma soprattutto amici e conoscenti che indossando costumi di foggia giapponese e orientale rappresentavano le famose Masquerade Exotique. Che vedono protagonista tra gli altri personaggi come Sara Bernhardt.
Interessante, ma anche divertente e molto moderno, il ruolo di quattordici kakemono esposti, di proprietà di Giuseppe Primoli.
Si tratta rotoli decorativi dipinti con scene tradizionali giapponesi, ma usati dal suo possessore come supporto per autografi dei VIP del tempo. In alcuni casi gli amici del conte aggiungevano con componimenti e dediche autografe. Tra i più noti scrittori, poeti e artisti francesi e italiani del tempo furono lieti di lasciare la loro traccia sugli spazi vuoti di queste piccole opere d’ arte, senza che nessuno gridasse allo scandalo. Primoli stesso portava con sé i rotoli, che raffigurano soprattutto fiori, quando si recava a teatro o in luoghi di ritrovo allo scopo di potenziare la sua collezione di firme famose. Tra queste primeggia quella di Emile Zola, oltre a quelle di Claudel, Valery, Loti, Anatole France.
Tra le opere esposte molti oggetti della collezione Primoli tra cui il prezioso ventaglio in seta dipinto da Giuseppe De Nittis per la principessa Mathilde Bonaparte, che rappresenta una scena tipica giapponese: uno stormo di oche in volo.
La mostra si svolgerà dal 15 marzo all’8 settembre 2024
Quanti sono 7 minuti? Abbiamo riflettuto su quanto poco tempo sia rispetto al trascorrere di una giornata? O al contrario, a quanto invece possano essere lunghi o preziosi in una situazione critica?
Probabilmente non ci si fa caso, oppure ognuno di noi associa questo tempo a qualcosa di personale. Ebbene, è un po' quello che accade sul palco: sacrificare sette minuti per una pausa, in fondo, non è poi un grande sacrificio rispetto al rischio di un licenziamento. Ma è davvero questa la motivazione che sta dietro a una rinuncia del genere? Quanto una decisione di questo tipo può influire invece su chi ci è vicino, o paradossalmente su chi non conosciamo, determinando un drastico cambiamento a causa di una superficiale decisione, o come in questo caso, di una reazione istintiva?
Il peso di questi “7 minuti” grava sulle spalle di ognuna delle povere operaie che sembrano non rendersi conto di quanto vitale ed importante sia la scelta a cui stanno per essere sottoposte.
Stefano Massini in questa pièce ci presenta una storia vera, ispirata ad un fatto accaduto in Francia, a Yssingeaux, nel 2012, e da cui è stato anche tratto un film con lo stesso titolo.
In una fabbrica tessile francese, alle operaie fu proposta una riduzione del tempo dell’intervallo da quindici a otto minuti. Undici donne, che fanno parte della rappresentanza sindacale della fabbrica e diverse per età, cultura, provenienza, idee, verranno poste di fronte a questa decisione. Si confronteranno e si scontreranno animosamente attraverso dialoghi spesso aspri, serrati, concitati, ma non privi di qualche apertura delicata, profonda e toccante. Grazie al testo che lascia spazio ad ogni personaggio, e grazie ad un’attenta regia che dirige ottimamente ben undici attori, emergeranno il vissuto, la personalità, le speranze, le convinzioni, i timori, ma soprattutto il peso di quella che man mano si rivela un’enorme responsabilità.
Le donne temono che il rifiuto della proposta possa metterle a rischio di licenziamento. Sono quindi disponibili ad accettare, seppur con qualche remora, questo piccolo sacrificio richiesto dell’azienda. Ma è attraverso la visione di Bianca (magistralmente interpretata di Viviana Toniolo), la più anziana e la portavoce del gruppo, che cominciano a farsi strada considerazioni profonde maturate dopo una lunga e posata riflessione, che mette da parte i sentimenti più umani per concentrarsi su una visione obbiettiva della situazione.
Quest'analisi indurrà tutto il gruppo a comprendere che una decisione può nascondere una serie di insidie. Assisteremo ad un “Dividi et impera” che subdolamente i nuovi proprietari scatenano tra le operaie per affermare il potere del padrone sull’operaio.
Lo spettacolo si rivela avvincente, ricco di suspense e colpi di scena che lasciano col fiato sospeso fino all’epilogo drammatico della decisiva votazione finale. Lo svolgimento della storia riporta alla mente il film “Il Giurato”, in cui un esponente della giuria, attraverso un’attenta e profonda riflessione, spinge tutti i componenti della giuria, dapprincipio unanimi su un verdetto, a cambiare opinione. È esattamente quello che vedrete accadere sul palco.
Ognuna attraverso se stessa, arriverà per una diversa strada alla propria decisione uguale o diversa a quella di Bianca. L’anziana donna rappresenta in fondo una sorta di coscienza di gruppo, è la giusta spinta che mancava ad ognuna per trovare il coraggio di guardarsi dentro con obiettività e senza preconcetti, facendo prima i conti con i propri conflitti interiori ed interpersonali per poi liberamente fare una scelta che altrimenti potrebbe trasformarsi in un pericoloso precedente.
Un bel cast formato da undici attrici molto diverse come i loro personaggi. Si muovono dinamicamente, incrociandosi continuamente tra loro e creando concitate e animate discussioni ricche di rivendicazioni, che spesso cadono velenosamente sul personale. Riempiono una scenografia sobria, scarna ed essenziale in cui spicca un enorme orologio fermo ormai da anni, che forse rappresenta la staticità dei diritti in ambito lavorativo e al contempo il peso della decisione che dovranno prendere su quella manciata di minuti.
Mi rendo conto che sarebbe giusto e meritevole poter parlare singolarmente di ognuna di loro, ma ci sarebbero troppe cose da dire su ciascuna. Posso però evidenziare la perfetta sinergia che tutte insieme creano, dando vita ad una superlativa “prima” scevra da quelle piccole imperfezioni che caratterizzano sempre un esordio. Professionalità e capacità spiccano immediatamente. Queste artiste, poi, riescono a trasmettere forti emozioni, ma soprattutto a far riflettere su questa apparentemente semplice scelta.
È bello e stimolante scrivere un articolo su uno spettacolo come questo, che riflette la triste realtà del mondo del lavoro e la vulnerabilità del lavoratore da parte della classe dirigente.
È obiettivamente difficile restituire per iscritto tutti i miei stati d'animo, del pubblico e quelli provenienti dal palco. Ognuno di noi avrà provato emozioni differenti. Questo è il bello del teatro, questo è il bello di uno spettacolo riuscito che esalta il coraggio e la rivalsa dei diritti del lavoro e delle donne.
Da vedere!
7 minuti” di Stefano Massini regia di Claudio Boccaccini
“con Viviana Toniolo, Silvia Brogi, Liliana Randi, Chiara Bonome, Chiara David, Francesca Di Meglio, Mariné Galstyan, Ashai Lombardo Arop, Maria Lomurno, Daniela Moccia, Sina Sebastiani.
musiche originali Massimiliano Pace
scene Eleonora Scarponi
registi assistenti Fabio Orlandi, Andrea Goracci
tecnico luci e fonica Francesco Bàrbera
produzione Attori & Tecnici
in collaborazione con Associazione Culturale Pex
ZONA DI INTERESSE . (The Zone of Interest ) Cast: Sandra Hüller, Christian Friedel, Ralph Herforth, Max Beck, Stephanie Petrowitz, Marie Rosa Tietjen . Regia di Jonathan Glazer. Film 2023 - Drammatico, Storico - 105 min. Uscita 22 febbraio 2024.
Siamo ad Auschwitz negli anni ‘40. L'eleganza estetica della pellicola non può supplire alla mancanza di una trattazione chiara e specifica della relazione tra: la Germania, i suoi capi del tempo, e i campi di concentramento. L’ arte concettuale, che sembra essere il primo scopo del film, non sempre può essere accettata e soprattutto premiata.
Non è giustificabile che un film, che pretende in qualche modo di trattare l'argomento delicato della realtà del campo di concentramento di Auschwitz, possa essere privo di qualsiasi riferimento ai fatti: la storia insegna ma questo film non rappresenta la storia. Soprattutto perché manca la narrazione.
È un collage di momenti lunghi, e spesso noiosi, che vogliono sottolineare la pacifica vita familiare di un signore che non pare affatto sia un mostro. È educato, si comporta bene con moglie e figli. La sua realtà di vita, orrenda, il suo cuore, la sua iniquità, non viene affatto evidenziata. Se il film venisse visto da una persona completamente ignara dei fatti essa non potrebbe assolutamente comprendere cosa c'è dietro questa vicenda.
Assolutamente diseducativo per i giovani e totalmente privo di emozioni, risulta solo un giocattolo intellettualistico di cui parlare nei salotti.
I cenni ai momenti drammatici dello sterminio sono troppo brevi e rarefatti. Ad esempio la protagonista che dice alla sua domestica che potrebbe essere trasformata in cenere, la mamma che si stupisce che tenga degli ebrei al suo servizio. Oppure i bambini che giocano con i denti d'oro degli ebrei, Hoss che si lava dopo il rapporto fisico con un ebrea ecc. Durano solo pochi secondi e non hanno alcun impatto sul resto delle scene.
La sequenza del tecnico che parla della progettazione di nuovi forni di sterminio o il trasferimento di Rudolf Hoss a dirigere tutti i campi tedeschi, risultano essere, non evidenziati in maniera chiara e narrativa ma restano solo una traccia non sviluppata.
Le cose che vediamo nelle sequenze sono soprattutto immagini estetizzanti della vita del comandante di Auschwitz e sua moglie nei pressi del campo di concentramento, le gite sul fiume, i suoi fiori e i suoi giardini. Sullo sfondo il fumo dei forni del campo che bruciano. Troppo poco per giustificare questa pellicola che esalta la quiete borghese in una tenuta fuori città.
Sono passati dieci anni dal film Under the Skin dove lo stesso regista ha trattato i problemi e le inquietudini del mondo di oggi. In questo caso Jonathan Glazer prende spunto da un romanzo di Martin Amis, ma le parole non sono come le immagini e su di esse è più facile meditare. Un film piuttosto irrisolto, dove lo spettatore non fa altro che aspettare, per tutta la durata della pellicola, che accada qualcosa di significativo. Un’ opera che spreca le occasioni di poter raccontare, in maniera efficace, degli anni '40 e dell’ esecrabile vicenda dell' olocausto. In questo caso il vero protagonista è una simpatica cagna nera che gironzola dappertutto...e scusate se è poco!
Come funziona il sistema elettorale per gli italiani all’estero e i russi all’estero, più concretamente per gli italiani in Russia e per i russi in Italia? Si dice spesso che le elezioni in Russia sono una finzione, e tra l’altro sarebbe dovuto alla scarsa affluenza. A quanto ammonta concretamente? Alle ultime presidenziali, nel 2018, è stata del 68%. La più bassa fu nel 2012 col 65%, la più alta nel 2004 col 71%. Per le parlamentari, nel 2021 fu del 52%. La più bassa nel 2016 col 47%, la più alta nel 2007 col 64%. E in Italia? Alle ultime politiche, nel 2022, fu del 64%. La più alta nel 2006 con l’84%, e da allora continua incessantemente a calare. In altre parole, l’affluenza più bassa in assoluto è stata proprio quella delle ultime parlamentari nel 2022. E non parliamo delle amministrative: 52% in Sardegna pochi giorni fa. La Russia è un Paese presidenziale (come la Francia, o gli Stati Uniti), l’Italia parlamentare. Confrontando quindi le elezioni più importanti di entrambi i Paesi, abbiamo la Russia al 68% e l’Italia al 64%. Le elezioni italiane sono forse una finzione? Peggio che mai alle europee: alle ultime, nel 2019, al 51% (il 54% in Italia), la più bassa nel 2014 col 43% (59% in Italia). Le elezioni europee sono una finzione?
Veniamo agli italiani all’estero, partecipano anch’essi alle elezioni. Votano gli iscritti alla “Anagrafe degli italiani residenti all’estero”, più nota come AIRE. Fu istituita nel 1988, e gli iscritti sono cresciuti in continuazione: si è passati dai due milioni e tre del 2000 agli attuali sei milioni. In altre parole, quasi un decimo della popolazione italiana è residente all’estero. E dove si trovano? Nella sola Argentina sono quasi un milione, svariati milioni nei Paesi dell’Unione Europea.
In Russia siamo pochi, appena meno di cinquemila nella Federazione Russa, di questi più della metà a Mosca. Inutile qui riportare i risultati in Italia, sono già ben noti agli italiani. Pur trattandosi di un numero risibile, parliamo di una comunità che smuoveva capitali davvero impressionanti, nella bilancia commerciale dei nostri due Paesi. In secondo luogo, da quando esiste la legge sul voto per corrispondenza, possiamo votare per le politiche italiane, ma non per le europee. Si dice: se vivete fuori dall’UE, perché dovreste votare per il suo Parlamento? Ed io rispondo: se viviamo fuori dall’Italia, perché dovremmo poter votare per il Parlamento italiano? Perché, in entrambe le consultazioni, esse sono tra le poche cose per cui ci sentiamo ancora legati alla madrepatria.
L’affluenza è comunque desolante, il 42% nel 2013. In Russia non ci sono mai stati gli italiani con le valigie di cartone, non è mai stato un Paese di tradizionale emigrazione italiana, la stragrande maggioranza sono imprenditori.
Brogli. Si dice che il voto per corrispondenza sia particolarmente vulnerabile. Io ricordo, una quarantina di anni fa, lavoravo in un seggio elettorale a Roma. C’erano due sorelle, anche molto carine e curate, rappresentanti di lista del Movimento Sociale Italiano. Durante lo spoglio, le vedevo un po’ troppo interessate alle schede bianche. Fu così che scoprii che sotto alle unghie laccate avevano messo un pezzetto di grafite delle matite copiative che si usavano per votare, col quale mettevano una bella croce sul simbolo dell’MSI. Le feci portare via dai carabinieri. Racconto questo episodio per spiegare che non è una ragione sufficiente per invalidare tutte le elezioni sull’intero territorio italiano.
Come che sia, un modo per ovviare parzialmente al voto per corrispondenza sarebbe quello di istituire dei seggi presso i consolati italiani sparsi per il mondo. Mi si dice che sarebbe un lavoro enorme. In fondo, sono pagati anche per questo. E allora? I russi lo fanno da trent’anni, con seggi presso i consolati a Roma, Milano, Genova, Palermo. Certo, l’Italia è infinitamente più piccola della Russia. Però anche gli italiani in Russia non sono così tanti. Basterebbe istituire dei seggi elettorali nei due consolati plenipotenziari di Mosca e Pietroburgo e nei consolati onorari di Krasnodar, Lipeck, Ekaterinburg, Volgograd, Kaluga, Kaliningrad, Ufa e Samara, e lasciare il voto per corrispondenza per quelle poche decine di italiani che risiedano in luoghi davvero distanti.
C’è da considerare anche il progresso tecnico-scientifico. Da qualche anno, nelle maggiori città russe, possiamo, se vogliamo, votare per via elettronica, che è quel che personalmente farò. D’accordo, per ora non si può fare dall’estero, ma è palese che sia solo una questione di tempo. E in Italia, quando?
Per le elezioni presidenziali russe, ho sentito in Italia che non sarebbero democratiche perché si sa già quale sarà il risultato. Beh, ma se il popolo, che è sovrano, vota convintamente in maggioranza assoluta per un candidato, questo non sarebbe democratico? E’ meglio farsi governare da qualcuno che ha preso un quarto della metà degli aventi diritto, cioè un ottavo in termini assoluti, come in Italia? E’ più democratico?
Non ho la sfera di cristallo né la bacchetta da rabdomante, faccio l’analista, non l’indovino, però mastico un po’ di politica russa, italiana e internazionale. Dunque, i dati interessanti da analizzare alle elezioni russe saranno non solo quelli dell’affluenza, che sarà comunque superiore al 50% e a quella italiana, ma soprattutto quelli relativi agli altri candidati. Sì, perché un’altra menzogna che vi dicono in Italia è che ci sia un candidato unico, e cioè Putin. Invece ce ne sono altri tre: Charitonov (comunista), Sluckij (liberaldemocratico, della buonanima di Žirinovskij) e Davankov (del Partito “Gente Nuova”, centrodestra). E’ scontato che verrà eletto Putin, è nell’aria, nei discorsi della gente al mercato. Sono convinto che Davankov arriverà ultimo, mentre vedremo chi prenderà di più, se i comunisti o i nazionalisti liberaldemocratici, sono sempre stati sul filo di lana: dal 12 al 18% i comunisti, dal 6 al 9% i liberaldemocratici. Da questo dipenderà una maggiore o minore attenzione del Partito al potere per i temi sociali piuttosto che imprenditoriali.
Trovate tutte le edizioni del notiziario (con il testo) in Blogspot.
Mi aspettavo una storia particolarmente drammatica e cupa, invece questa vicenda reale (forse ai più sconosciuta), è raccontata in maniera intensa e profonda ma in chiave leggera, ariosa e a tratti ironica, senza però perdere quella sua punta di drammaticità. La proposta così risulta fruibile e piacevole.
Conosciamo un uomo che sembra avere una doppia personalità e soffrire nel nasconderla, impelagato suo malgrado con il nazismo e a rischio di condanna per collaborazionismo; dovrà decidere se passare per un traditore o rivelare chi è veramente: un falsario di opere d’arte ma anche un grande artista che preferirebbe morire pur di non far disconoscere i suoi “originali”, ormai esposti in famosissimi musei.
Questa è la vera storia di Han Van Meegeren, accusato nel 1945 di collaborazionismo per aver venduto alcune opere d'arte di maestri olandesi del Seicento a Göring, il numero due del Terzo Reich. Si ritrovò all’improvviso ad essere osannato come un eroe nazionale per aver venduto dei falsi da lui stesso dipinti ed essere riuscito a frodare i tedeschi ottenendo, con un apparente scambio equo, la restituzione di altre opere d'arte precedentemente trafugate in Olanda dai nazisti per restituirle alla sua nazione.
Han è interpretato da un efficace e coinvolgente Mario Scaletta che lo propone come un uomo tenero, combattuto, un po’ svampito e confuso ma consapevole delle sue capacità di cui, a tratti, fa emergere il suo ego spavaldo. Rivive, attraverso una dinamica recitazione, la figura di questo valido falsario di opere d’arte che prediligeva emulare, tra i tanti, il pittori l’olandese Johannes Vermeer, tanto da arrivare a creare delle nuove opere mai esistite, gabbando famosi critici, esperti d’arte ed importanti musei.
Alla fine, per salvarsi la vita, Han deciderà di svelare il suo segreto grazie alla spinta dell’ex moglie, impersonata da una deliziosa e amorevole Tiziana Sensi, di un capitano medico militare olandese piuttosto convincente ed insistente, interpretato da un serioso ed amabile Felice Della Corte, e di una timida ma convinta giornalista a cui Caterina Gramaglia dona una serie di piacevoli sfumature. La giornalista segue con interesse e passione le vicende di quest’uomo dapprima come accusatrice, e in seguito, svelato il segreto, come aiutante.
Han sarà messo alle corde da un alacre pubblico ministero, severo ed incalzante impersonato da Paolo Gasparini, che renderà il suo personaggio provocatorio, antipatico ed odioso in maniera realistica nel suo impegno volto a smontare le tesi difensive del falsario.
Tiziana e Caterina efficacemente impersonano nei modi, negli atteggiamenti e nell’aspetto, due donne tipiche di quel periodo. Quasi si somigliano per l’approccio e l’abnegazione con cui cercano di aiutare Han. Acconciature, costumi, recitazione sono perfetti per l’epoca che ripropongono, ed insieme creano un quadretto idilliaco sul palco.
Han, secondo le testimonianze, era un bugiardo, un imbroglione, un grande bevitore, arrogante, donnaiolo dalle tasche bucate. Ma sapeva come apparire gentile ed affascinare con la sua passione per la pittura. Soprattutto per Vermeer. Mario fa trasparire questa indole, trasmette quella magica sintonia che unisce lui al famoso pittore fiammingo, presentandolo perlopiù con un carattere simpatico, amabile, un tenerone un po’ stralunato ed indeciso sul da farsi. Qualsiasi scelta faccia, autoaccusarsi di collaborazionismo o di falsificazione, ha davanti un processo ed una sicura condanna.
Ho molto apprezzato come il testo sviluppi e sottolinei l’umanità del trittico formato dal capitano e dalle due donne, e come loro si prodighino con scambi di vedute e confronti intesi ad ammorbidire la rigidità e la chiusura dell’uomo per indurlo a riflettere.
Avvincente il confronto tra Han e l’accusatore, dove il primo mostrerà tutta la sua forza d’animo nel tenere testa all’altro così pungente e sempre pronto a smontare le sue argomentazioni. Paradossale che nonostante si autoaccusi, non viene creduto, perché illustri critici riconoscono i suoi falsi come originali.
È qui che il testo approfondisce, con interessanti spiegazioni sia da parte del falsario che del procuratore, le tecniche in uso dei pittori del Seicento e quelle della contraffazione. Vengono spiegate con estrema semplicità e senza troppi tediosi tecnicismi, restituendo un quadro chiaro allo spettatore attraverso un linguaggio comprensibile.
Inoltre viene approfondita in maniera interessante la psicologia del protagonista, sempre in bilico tra verità e apparenze, in cui non manca un pizzico di ironia nel dramma che vede un uomo dalle grandi doti artistiche esprimersi come un falsario e costretto a vivere all’ombra dei grandi artisti che imita perfettamente senza però poterlo manifestare.
Alla fine il processo si rivelerà una liberazione da questo dualismo. Il bel testo di Letizia Compatangelo sottolinea questo conflitto interiore facendo spiccare il lato psicologico ed emotivo non solo di Han, ma anche dei personaggi coinvolti in questa particolare vicenda riproposta in una riuscita ed accattivante ricostruzione teatrale.
Teatro Marconi“
Il Grande inganno - La cena di Vermeer”
di Maria Letizia Compatangelo
Regia Felice Della Corte
Con Felice Della Corte, Mario Scaletta, Tiziana Sensi, Caterina Gramaglia, Paolo Gasparini
Costumi Lucia Mirabile, Tecnico luci e fonica Andrea Goracci
Grafica MDesign Studio
Foto di scena Valerio Faccini
Champagne metodo solera |
Un certo Monsieur Roland de Calonne, ex direttore generale della Maison Ruinart, ebbe a dire: ” Lo champagne è la cultura della distinzione”.
Ci sono voluti ben 28 (ventotto) viaggi nella champagne per capire il vero significato di questa esclamazione.
Distinzione come nozione di raffinatezza e di una certa concezione della vita. Non banale privilegio né segno di snobbismo.
Insieme a Charles Beaudoin-Latrompette |
Lo champagne, con il tempo, “diventa il compagno naturale e ideale di una vita con un senso diverso, imbevuta di una dimensione poetica, creatrice, un’opera d’arte” (Samuel Cogliati)
Perché scegliamo lo champagne? Perché beviamo champagne? Perché degustiamo champagne? Perché celebriamo lo champagne? Domande banali? Non ne sono sicuro.
Da quando sono attratto da questo vino, nelle mie continue ricerche per dare risposte ai quesiti, ho sentito e letto molta retorica alimentata vuoi da interessi economici, vuoi per magica e irresistibile attrazione.
Leggende miste a storie, aneddoti legati a questo o quel personaggio nobile, che rendono alla fine questo vino, UNICO.
Il coinvolgimento dovuto alle domande poste è alla base delle mie continue ricerche. Qualcuno ha scritto: ”L’innamoramento si nutre di ideali”. L’amore però ha bisogno di realtà e mette criticamente in discussione la possibilità di giungere ad una definizione assoluta e definitiva. Ed io su e giù per colline e valli alla ricerca delle risposte.
La Champagne non è più “regione”. La Legge del 2016 ne ha sancito ufficialmente la fine conglobandola nella Regione Grand Est. Complessivamente l’intero territorio è diviso in cinque dipartimenti: La Marna, l’Aube, l’Haute-Marne, l’Ardenne e lo Yonne. La parte vitivinicola, circa un terzo dell’intera estensione territoriale, è divisa in quattro grandi settori eterogenei: La Montagne de Reims, la Vallée de la Marne, la Côte des Blancs, l’Aube. A sua volta i quattro grandi settori annoverano ben 17 (diciassette) settori omogenei. E la conoscenza di quest’ultimi è già una risposta.
Insieme a Maxime Mansard |
Li conosco tutti? Li ho calpestati tutti? Credo proprio di no. Sono sulla buona strada.
La Champagne |
In quest’ultimo viaggio ho scoperto il Monts de Berru (370 ha), piccolo settore isolato ad est di Reims. Le vigne sono adagiate su un declivio gessoso che culmina a 150 metri di altitudine, perso nel mezzo della pianura cerealicola. Pinot Noir, Pinot Meunier e Chardonnay i vitigni presenti ed allevati.
Qui ho visitato Beaudouin-Latrompette, a Nogent-L’Abbesse. Récoltant Coopérateur (RC), vignaiolo socio di una cooperativa cui ha conferito le uve e che ritira le bottiglie ad elaborazione conclusa. Prevede diversi interventi prima del dégorgemant. In tutto il territorio della champagne vitivinicola i RC sono circa 3.000.
Altra scoperta quella parte della Vallée de la Marne, rive gauche (2.450 ettari). Ho scelto quella zona che corre lungo il fiumiciattolo Le Flogot (affluente di sinistra de La Marne), limitatamente alla frazione Cersuil del Comune Mareuil-le-Port.
Qui ho visitato la Maison Mansard Gilles. Storia di famiglia iniziata nel 1901. Oggi sono i fratelli Maxime e Vincent a condurrla, gestendo la proprietà composta da 24 ettari di vigne in questo piccolo anfiteatro intorno al paese. RM, Récoltant Manipulant, ovvero vignaioli coltivatori dei propri vigneti nonché elaboratori e commercianti del proprio vino. Nella Champagne sono circa 2.200 e rappresentano il 40% degli operatori champenoise.
Nel mio tour non potevano mancare le consuete visite agli “amici” di sempre, alcuni dei quali lo sono dal mio primo tour.
- Diogène Tissier, Maison a Chavot-Courcourt, nel settore vinicolo della Côte-Sud d’Épernay, là dove la piccola Église Saint-Martin, spesso fotografata come simbolo della Champagne, risulta come “immersa nelle vigne” per la sua splendida posizione. NM, Négociant Manipulant ricordata anche come Maison de Négoce per l’opportunità di acquistare uve indispensabili per avviare il processo produttivo. Vincent, attuale proprietario insieme alla moglie Nathalie infatti raccolgono uve dal piccolo distretto della Côte de Sézanne. I négociant sono 262 e il 10% di loro controlla metà del mercato;
- Aspasie, Maison posta nella Vallée de l’Ardre, nel piccolo paesino di Brouillet scoperta alcuni anni fa a seguito della degustazione di una bottiglia particolare: Cépages d’Antan, elaborata a partire da tre vitigni a bacca bianca molto rari. Arbanne, Petit Meslier Pinot Blanc dette “uve fantasma” proprio per la loro rarità. Paul-Vincent Ariston (RM) ne rappresenta la quinta generazione ed amministra circa 15 ettari di vigneti;
- Delouvin-Nowack. Maison posta a Vandières nel distretto Vallée de La Marne, rive droite. Ben 10 generazioni tra conferitori e produttori di champagne nel primo anfiteatro posto sulla riva destra del grande fiume. Nei sette ettari intorno al villaggio domina il Pinot Meunier se pur si vinifica anche lo Chardonnay e Pinot Noir se pur ritenuti da Geoffrey, talentuoso conduttore della Maison, atipici per il terroir di
I coniugi Tissier |
provenienza. Con lui ho parlato a lungo del metodo Solera, meglio dire l’Art de la Réserve Perpétuelle. Fu il padre di Geoffrey, nel 1992, a decidere di riunire l’insieme dei suoi vini di riserva, solo Pinot Meunier, nella sua nuova cantina. Un affinamento costante arricchito anno dopo anno. Oggi 25.000 bottiglie di Meunier Perpétuel sono prodotti con l’aggiunta dell’ultimo millesimo.
Chiudo queste mie riflessioni dopo il ventottesimo tour nella Champagne con le parole di Roberto Bellini, (Champagne e Champagnes, Bibenda editore): ”Lo Champagne è autentica seduzione, è la purissima parte intellettuale del quotidiano dispensatore d’emozioni. È il simbolo mistico divenuto laico”. Chapeau!
Tour effettuato nel mese di Ottobre 2023
Sessantasettesimo notiziario settimanale di lunedì 4 marzo 2024 degli italiani di Russia. Vi anticipo che la prossima settimana vi parlerò anche del sistema elettorale per gli italiani all’estero e i russi all’estero, più concretamente per gli italiani in Russia e per i russi in Italia. Buon ascolto e buona visione.
Ci sono molti interventi sia di Marija Zacharova, che ho tradotto, sia dell’ambasciata russa a Roma, che hanno tradotto – e anche molto bene, altro che Google – risparmiandomi il tempo, per la qual cosa continuerò sempre a ringraziarli.
In merito alla dichiarazione congiunta dei leader del G7, ecco il commento della Zacharova
Con una tenacia che meriterebbe migliore impiego, le autorità ucraine hanno intrapreso un’ucrainizzazione dell’Italia. Si rilevano già i primi risultati: si considera la proposta di Zelenskij di preparare una lista dei cosiddetti “pro-Putin” per poi cacciarli dall’Italia; il Parlamento italiano ha spalancato ospitale le sue porte ai criminali ucraini, e intanto l’Ambasciata ucraina organizza proiezioni di film propagandistici.
Ho tradotto per Visione TV l’intervento di Putin al Parlamento russo in seduta congiunta per la parte che riguardava la politica estera. Eccovi alcuni estratti.
Per quanto riguarda le dichiarazioni di Emmanuel Macron sulla possibilità di inviare truppe NATO in Ucraina.
Il 24 febbraio sono arrivati a Kiev gli ennesimi visitatori occidentali. Questa volta vi hanno fatto visita i primi ministri di Belgio, Italia e Canada, accompagnati dalla presidente della Commissione europea, Ursula Von Der Leyen.
I Paesi dell’”Occidente collettivo”, e in primis gli Stati Uniti, stanno ricorrendo attivamente a strumenti finanziari, commerciali, di investimento e tecnologici per raggiungere i propri obiettivi di politica estera.
Nel marzo di quest’anno saranno trascorsi sei anni dal clamoroso incidente di Salisbury, quando la parte britannica presentò l’avvelenamento deliberato dell’ex ufficiale del GRU Sergej Skripal’ e di sua figlia Julija.
La guerra ibrida contro il popolo russo, scatenata dall’Occidente, è in pieno svolgimento.
Da una conversazione del 19 febbraio 2024 tra l’esercito tedesco, il capo del dipartimento delle operazioni e delle esercitazioni del comando dell’aeronautica militare della Bundeswehr Graefe, l’ispettore dell’aeronautica militare della Bundeswehr Gerhartz e i dipendenti del centro delle operazioni aeree del comando spaziale della Bundeswehr Fenske e Frostedt. Il frammento è dedicato all’attacco pianificato al ponte di Crimea.
Le finestre moscovite restano accese tutta notte ed hanno da sempre un fascino particolare, al punto da essere decantate da almeno un secolo. Qui vengono descritte oggi in una canzone del 1960, dall’Armenia a Omsk, Lugansk, Kaluga, Kurgan, Krasnodar, Rostov sul Don, Tambov, Caterimburgo, Kostroma, Volgograd, Dimitrovgrad, Pskov, Belgorod, Rostov, Čeljabinsk, Tver’, Sebastopoli, Novgorod Inferiore, Vladimir, Sachalin e, ovviamente, Mosca stessa.
Un riepilogo delle principali motivazioni per chiedere l'annullamento delle sanzioni amministrative pecuniarie per mancato adempimento alla vaccinazione obbligatoria durante il periodo pandemico COVID-19.
La recente sentenza del Giudice di Pace (GdP) di Lecce del 19 febbraio 2024 è analoga a quella del GdP di Acireale del luglio 2023, sul rispetto dei diritti fondamentali nell'intreccio delle fonti (rispetto della dignità della persona ex art. 32 Cost ultimo comma, e correlata difesa di habeas corpus e del diritto a un consenso libero e informato in ambito medico e terapeutico)
Qui di seguito ho riepilogato quali sono le principali motivazioni per annullare le irragionevoli sanzioni amministrative pecuniarie irrogate agli over 50 anni di età per mancato adempimento vaccinale, emerse nelle sentenze dei giudici di pace chiamati a decidere nei ricorsi:
1) difetto di legittimazione attiva e di potere in capo ad AdER, statuito nella sentenza del GdP Velletri n. 721/2023, depositata in data 21/03/2023, R.G. 517/2023, e successive sentenze del GdP di Torino: sentenze gemelle n. 1637 /2023 e 1638/2023, e sentenza del GdP Parma n. 640/2023, R.G. 1415/2023;
2) violazione del diritto alla difesa perché l'atto è equiparabile ad un atto erariale, viziato strutturalmente perché non sufficientemente trasparente, difettando di tutta una serie di informazioni a tutela del cittadino, inclusa la possibilità di avanzare istanza in autotutela oltre che manchevole del numero preciso dei giorni entro cui fare ricorso: rif. sentenza GdP di Treviso n. 506/2023, R.G. 443/2023;
3) violazione del diritto all'equo processo e alla buona amministrazione, perché il procedimento di accertamento sanzionatorio ha ecceduto i 90 giorni, sentenza GdP di Rovigo n. 445/2023, depositata il 17 agosto 2023, R.G. 1293/2023; la sanzione e il correlato avviso di addebito ha violato l' art 14 L. 689 /1981 e - aggiungo a commento mio personale - qualora sia considerato in deroga alla legge 689 / 1981 - comunque in violazione dell'art 6 CEDU diritto all'equo processo, art 41 CDFUE sul diritto alla "buona amministrazione" e a procedimenti imparziali portati a termine entro un "termine ragionevole" di tempo (cfr anche Consiglio di Stato, Sentenza nr 1330, Sez III 13 marzo 2015);
4) violazione di plurimi diritti soggettivi tutelati costituzionalmente, sentenza del GdP di Acireale n. 320/2023, depositata il 21/07/2023, R.G. 77/2023, e sentenza del GdP di Lecce, n. 7894/2023 depositata il 19/02/2024, R.G. n. 3345/2023, che sottolineano nella fattispecie, sia il reale rischio della vaccinazione anti-COVID-19 a fronte di uno scarso o nullo fattore di arresto di infezione epidemica previsto solo in ipotesi, sia la libera autodeterminazione dell'individuo tutelata da plurimi diritti costituzionali e dal diritto internazionale, per cui il trattamento sanitario obbligatorio deve costituire una eccezione e non la regola, e sempre debba essere garantita e promossa una libera e consapevole adesione, nel rispetto di assenso e dissenso informati relativi agli atti sanitari invasivi e rischiosi.
Queste sopra ricordate - con citate soltanto le più significative delle numerose sentenze pronunciate dai giudici di pace a favore dei cittadini ricorrenti - sono le principali argomentazioni suddivise per tipologia, con cui una giurisprudenza oramai consolidata ha censurato la illegittima attività amministrativa sanzionatoria di AdER e del Ministero della Salute nei confronti di milioni di persone non vaccinate per libera e consapevole scelta.
Seppur esse siano valide inter partes - poiché il nostro sistema giuridico continentale è di Civil Law e non di Common Law - il loro strutturarsi e sedimentarsi potranno suggerire analoghe interpretazioni in tutti i ricorsi ancora pendenti e in attesa di udienza e decisione imparziale del giudice.