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Il Teatro Arcobaleno è per così dire “specializzato” in proposte a tema storico. Propone spesso e volentieri testi di classici greci o latini, o che parlano di personaggi storici come questa stasera. Il testo è di Giovanni Antonucci, uno dei più grandi studiosi del grande ed intramontabile Ettore Petrolini, artista che ha ispirato molti attori venuti dopo di lui.
La sua simpatia e bravura arrivò a colpire anche il duce, tanto che Petrolini era l’unico che nelle sue performance poteva imitare e schernire il dittatore senza che se ne prendesse a male, anzi, dimostrava di apprezzare particolarmente le performance di Ettore. Attore, cabarettista, cantante, drammaturgo, sceneggiatore, compositore e geniale scrittore specializzato nel genere comico. Petrolini però, viene ricordato quasi esclusivamente per il filone comico, mentre era molto di più. Meno conosciuto è infatti il suo lato più profondo e “popolare”, o quello osannato da Marinetti, che lo proclamò “grande attore futurista”. Marinetti scriveva: “Il teatro di Varietà è il solo che utilizzi la collaborazione del pubblico; questo non rimane statico, a guardare, ma partecipa rumorosamente all’azione, cantando, accompagnando l’orchestra, comunicando con motti imprevisti e dialoghi bizzarri con gli attori. Il pubblico collabora con la fantasia degli attori, l’azione si svolge contemporaneamente sul palcoscenico, nei palchi e nella platea…”.
È ovvio che i Futuristi trovassero in Petrolini un interprete che poteva dare vita ai loro ideali di “rivoluzione teatrale”. Petrolini in parte ebbe alcune convergenze ideologiche con il Futurismo, ma rimase estraneo al movimento, la sua poliedricità e continua evoluzione non potevano essere intrappolate in degli stereotipi.Come dice lo stesso Avallone nella pièce, Petrolini aveva già creato i suoi personaggi prima che questa corrente di pensiero emettesse i primi vagiti. Furono i Futuristi a riconoscersi nella sua arte e non certo il contrario.
Si dedicò a creare parodie, macchiette, caratteri e personaggi che attraverso la loro spontaneità e semplicità popolare, negavano e criticavano i sentimentalismi rifiutando le mode del tempo ed evidenziando l’idiozia umana. Davanti alle critiche del tempo che lo definivano stupido, lui rispondeva “ci vuole intelligenza per rappresentare la stupidità…”
Tutte le sue trovate, le battute, i nonsensi devono essere interpretati come una metafora della perdita di senso di cui la sua società era preda; rovesciava così il suo ruolo di comico che nel far ridere faceva emergere una denuncia, una critica, una satira pungente nei confronti di quella stessa società che alla fine tanto lo amava.
Nel testo di Antonucci troveremo una forte comicità frammista ad elegante malinconia, che riportano tra realtà e finzione in scena questo mostro sacro a 140 anni dalla sua nascita. Chi meglio del geniale Antonello Avallone poteva vestire gli abiti ed esaltare la figura di questo originale artista?
Avallone è un attore poliedrico e particolarmente dotato, si impossessa del palco e rapisce l’attenzione del pubblico con la sua grande personalità. Rimasi particolarmente colpito da lui quando lo vidi nella sua interpretazione di “Novecento” di Baricco. Eccolo di nuovo in un impegnativo monologo che mette a nudo tutte le sue capacità intrattenendoci, anzi ipnotizzandoci.
Interpreta un Petrolini negli ultimi giorni della sua vita, entra in teatro e dà vita ad un malinconico e romantico quanto poetico canto del cigno. L’artista rivive e ripropone i passi fondamentali della sua vita, dagli esordi nei teatri baracconi, quando comincia a dare vita alle sue prime macchiette, fino ad arrivare ai suoi grandi successi. Avallone ci restituisce un Petrolini visibilmente afflitto da quella che lui chiama la “Signora Embolia Flebite”; malconcio e claudicante, ci porta con classe e maestria in questo racconto profondo e sentito che ci permette di palpare l’essenza più intima di Petrolini. Ogni personaggio presentato si dimostra pura energia che ritempra l’artista facendogli dimenticare tutti gli acciacchi e i malanni e facendogli recuperare tutto il suo passato splendore.
La vita dell’attore ha tre fasi, ci dice: la prima quando è preso in giro dal pubblico, la seconda quando è lui a prendere in giro il pubblico, la terza quando guarda dal di fuori queste due parti prendersi in giro… ascetico.
Bella e ponderata la scelta delle musiche, divertenti e mai invadenti, alternate ad altre che trasmettono la giusta tensione per esaltare i momenti più drammatici o introspettivi. Suggestivo l’ uso delle luci che creano un’atmosfera onirica ed eterica.
Le freddure, le battute, le canzoni, i balletti come le macchiette sono quelle: Gastone, Fortunello, Lyda Borelli, Nerone… Antonello ci regala una vera e propria perla teatrale. Un immenso Avallone che interpreta Petrolini senza volerlo imitare e in cui troviamo tutta la sua professionalità, la sua personalità e bravura. Qua e là uno spruzzo di Macario, di Rascel, di Totò, lasciano in bocca un gradevole sapore dal gusto retrò. Ha saputo giocare bene le sue carte, bilanciando la parte nostalgico drammatica con quella comico satirica della pièce senza eccedere nell'una o nell'altra, esaltando il testo di Antonucci di cui ha egregiamente curato anche la regia.
La scenografia scarna esalta la parte più malinconica, lo fa attraverso due bauli che contengono tutta la vita del protagonista insieme alle emozioni, i sogni, le speranze. Da quei due scrigni escono tutte le “pelli” dell’artista, un alternarsi di bellissimi costumi che Avallone indossa per trasformarsi ed interpretare tutti quei personaggi che hanno fatto grande questo favoloso attore.
Uno spettacolo che intenerisce, diverte con le sue battute da avanspettacolo che, se anche hanno fatto ormai il loro tempo, ci restituiscono quella genuinità e semplicità con cui i nostri nonni si divertivano ridendo a crepapelle, ricreando magicamente l'atmosfera di un teatro ormai dimenticato.