
L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni. |
This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.
Marina Pizzi mi ha completamente spiazzato con questa sua nuova pièce. Forse perché ero rimasto fortemente colpito dalle sue ultime proposte drammaturgiche. Si rivela scrittrice poliedrica in grado di stimolare tutti i sensi dello spettatore commuovendolo, facendolo riflettere ed ora anche divertendolo.
Questa proposta strizza l’occhio alla commedia italiana con una storia leggera e molto piacevole adatta a tutti. A portarla in scena un cast assolutamente scoppiettante.
Alla regia c’è il tocco personale e brillante di Toni Fornari.
La vicenda si svolge in un soggiorno ben ricostruito che si affaccia su un incantevole panorama cittadino che muta durante le scene per sottolineare il passare delle ore, alternando tramonti mozzafiato, incantevoli scorci notturni e assolati momenti della giornata.
Le scene sono ben distinte, sottolineate da un buon effetto luci e accompagnate da una piacevole colonna sonora con brani ritmati e noti. Arriviamo ora alla storia.
Sasà (Enzo Casertano), all’anagrafe Salvatore Gargiulo, è una persona tranquilla ed accomodante che appare da subito inequivocabilmente succube sia delle asperità della vita che delle donne di casa.
Queste figure che orbitano intorno a lui rischiano di destabilizzare il suo equilibrio mentale ed emotivo. Si tratta della moglie Nora (Beatrice Fazi), donna volitiva e dal carattere forte e deciso, e la suocera (Mara Liuzzi), personaggio onnipresente, invadente, indiscreto e sarcastico. Infine, la giovane figlia Paola (Alessandra Merico), studentessa di medicina poco incline all’impegno. A parte Paola, l'unica che si esprime attraverso un chiaro accento romano, tutti i suoi familiari hanno un marcato accento partenopeo.
Se vivere contornato da ingombranti figure femminili può essere complicato e stressante, immaginiamo quanto possa essere destabilizzante trascorrere gli arresti domiciliari in un caustico ambiente in cui regna una dittatoriale supremazia femminile.
Sasà è, infatti, agli arresti domiciliari perché invischiato in una situazione di cui si dice assolutamente innocente. Essendo un geometra del Comune, una sua firma lo inchioda come responsabile di un abuso edilizio. Nonostante le prove schiaccianti, afferma che la firma apposta sugli atti sia stata falsificata. In realtà, basta guardarlo per credere alla sua innocenza. È un bonaccione in balia di una famiglia che lo preferirebbe colpevole piuttosto che accettarne il suo temperamento mite e accondiscendente.
Lo spettatore diviene parte della scena e si trasforma in ospite di questa singolare famiglia, entrando nel vivo delle bizzarre dinamiche della convivenza forzata, forse per l’uomo peggiore del carcere.
La pièce dà ampio spazio ai caratteri dei personaggi che, nonostante i fastidiosi approcci e soprusi sul pover uomo, risultano paradossalmente simpatici.
Nora è una vegana crudista che prepara per il povero detenuto cibi per niente graditi che spingono Sasà a procurarsi di nascosto succulenti salsicce tramite la sua amante.
Quanto al rapporto con la moglie, i bisticci sono all'ordine del giorno e lasciano intuire una relazione ormai stagnante e pregna di insoddisfazione che sfocia in una sopportazione reciproca.
Paola, che si sta preparando per sostenere un esame di anatomia per il quale chiede un aiuto al padre, si dimostra negata per lo studio. Più che ad impegnarsi, sembra molto interessata a perdere tempo con i selfie da pubblicare sui social.
L’anziana madre è una vivacissima vedova sempre alle prese con creme ringiovanenti e ritocchini estetici che danno vita a gag esilaranti. La donna non disdegna di entrare costantemente in polemica con il genero, punzecchiandolo per farlo sentire costantemente un incapace.
Sulla scena c’è spesso Antonio (Andrea Mautone), agente di Polizia alquanto strambo, incaricato di controllare costantemente il recluso. Finirà, suo malgrado, per rimanere coinvolto nella vicenda perché infatuato della giovane Paola, con cui condivide una certa ingenuità e testa tra le nuvole.
Vicende e dialoghi sono ricchi di situazioni comiche. Battute incalzanti si rincorrono e intrecciano coinvolgendo tutti i personaggi in un cocktail dal sapore estremamente comico che accompagna piacevolmente per tutta la storia. Non manca il momento toccante, ben inserito, che efficacemente porta all’epilogo inaspettato.
Il ruolo centrale è retto indiscutibilmente da un grande Enzo Casertano, che sotto il mantello dell’uomo mediocre e remissivo nasconde una carica comica esplosiva dal forte gusto partenopeo.
Beatrice Fazi, pur apparendo arcigna e pungente, sfodera provocatorie battute divertentissime che si abbattono sul povero marito. La ricchezza di sfumature del suo personaggio ci conferma, se ce ne fosse bisogno, il talento di questa artista.
Nel suo continuo infierire sul marito viene spalleggiata da un’esuberante Mara Liuzzi, anche lei artista carica di comicità che entra sempre al momento giusto con le sue toccatine, alimentando il divertimento.
Alessandra si cala egregiamente nei panni della ragazza superficiale e frivola, a cui aggiunge una sua carica dirompente.
A completare l’opera Andrea Mautone, un improbabile tutore dell’ordine impacciato e assai poco marziale dal forte accento romagnolo. Dolcissimo, dall’aspetto spaesato e a volte inopportuno. In questa vicenda i maschi non la fanno certo da padrone!
Insieme alla triade Casertano – Merico – Fazi, treno inarrestabile collaudato e rodato, si aggiungono Mautone e Liuzzi a dare pepe alla storia e allo spettacolo, a beneficio del pubblico che ride divertito.
“Arresti molto… molto domiciliari”
Teatro Golden
Enzo Casertano, Beatrice Fazi, Alessandra Merico, Mara Liuzzi, Andrea Mautone
di Marina Pizzi
Regia Toni Fornari
una produzione Goldenstar AM srl
La PM Management Group Production Film Production SRLs di Piero Melissano, annuncia il prossimo progetto: " Fazenda - Una Terra, due Sogni".
Le riprese cinematografiche si terranno nel mese di febbraio 2026, a Torre Paduli- Ruffano, in provincia di Lecce.
La sceneggiatura è stata scritta dalla giornalista Francesca Currieri, originaria di Castelbuono, residente a Partinico in provincia di Palermo. La regia è stata affidata al regista palermitano Andrea Milici, le musiche al compositore Alfredo Gilè, anche lui siciliano, vive a Palermo. Il set vedrà la presenza di attori, capaci di interpretare la storia, rendendola ancora più autentica, emozionante e toccante: Antonella Salvucci, Fausto Morciano, Giuseppe Molonia, Matteo Tosi e Fabio Foglino.
Alla domanda, rivolta al produttore Piero Melissano, in merito al progetto filmico, lo stesso risponde: "questo progetto filmico, non è soltanto un racconto cinematografico ma, è un voler trasmettere un messaggio di speranza e resistenza. Questo progetto racconta la storia vera di chi, con coraggio e con i sogni in tasca, lascia la propria terra, affrontando sacrifici e disagi per poi ritornare e costruire il proprio futuro. questa storia, continua Melissano, ci ricorda quanto sia importante e fondamentale, non arrendersi dinanzi le difficoltà che la vita ci pone e quanto l'amore per la propria terra e le proprie radici, possa simboleggiare un punto di forza, un rifugio sicuro e una spinta verso un futuro sconosciuto, ma che fa sperare in una vita migliore.
Buon lavoro a tutta la troupe con la certezza che il film sarà un successo.
Albano Laziale si prepara ad accogliere la musica in tutta la sua potenza espressiva. Dal 18 al 26 ottobre prende il via l’ottava edizione del Festival Fiati, una rassegna ormai consolidata e attesa che quest’anno trova casa nella nuova e suggestiva location del Polo Civico “Anna Di Baldo”, in via Anfiteatro Romano n. 20. L’iniziativa, realizzata con il contributo del Comune di Albano Laziale e sotto la direzione artistica del Maestro Maurizio Persia, conferma ancora una volta la propria vocazione a diventare punto di riferimento nazionale e internazionale per il mondo degli strumenti a fiato.
Il Festival aprirà sabato 18 ottobre alle 18.30 con un nome che non ha bisogno di presentazioni: Fabrizio Bosso, considerato il più grande trombettista jazz italiano e tra i più apprezzati al mondo. Da sempre protagonista dei più importanti festival internazionali, Bosso approda ad Albano in duo con il pianista Julian Oliver Mazzariello, con il quale condivide da anni il progetto “Tandem”, capace di fondere lirismo, improvvisazione e una forte intesa artistica. Domenica 19 ottobre sarà la volta degli Ialsax, lo storico quartetto di sassofoni fondato da Gianni Oddi nel 1991. Con lui sul palco Massimiliano Filosi, Stefano Rossi e Marco Guidolotti, musicisti che insieme riescono a spaziare dal jazz alle più ardite contaminazioni. Oddi, sassofonista prediletto da Ennio Morricone e protagonista di numerose colonne sonore indimenticabili, porta con sé un bagaglio di esperienze che rende ogni concerto un viaggio nella storia della musica.
Il Festival non è solo celebrazione di grandi nomi, ma anche spazio per i giovani. Sabato 25 ottobre alle 18.30 torna infatti il Teen Festival, concorso musicale dedicato ai solisti dai 13 ai 19 anni che giunge alla sua quarta edizione. L’obiettivo è chiaro: valorizzare i nuovi talenti e offrire loro strumenti concreti per emergere. Ai vincitori, infatti, vengono realizzati video professionali per favorire la diffusione delle loro performance e aprire le porte a una carriera promettente. Albano Laziale diventa così un vero trampolino di lancio per i concertisti del futuro. A chiudere la kermesse, domenica 26 ottobre alle 18.30, sarà Calogero Palermo, tra i clarinettisti più prestigiosi della scena mondiale. Dopo aver ricoperto ruoli di primo piano nelle orchestre più importanti d’Europa, oggi è primo clarinetto della Tonhalle Orchestra di Zurigo. Ad Albano si esibirà con il pianista Matteo Fossi, proponendo un repertorio che spazia da Weber a Poulenc, passando per Burgmüller e Brahms. Un’altra caratteristica che rende unico questo festival è la capacità di vivere oltre i giorni dell’evento. Tutti i concerti vengono, peraltro, registrati e trasmessi sul canale YouTube ufficiale del Festival, che dal 2021 ha già superato le 100 mila visualizzazioni. Un pubblico internazionale segue e riascolta gli artisti per 365 giorni l’anno, segno che la musica non conosce confini né scadenze. Con una proposta che unisce eccellenza artistica, valorizzazione dei giovani e innovazione tecnologica, il Festival Fiati Albano Laziale si conferma non solo come appuntamento imperdibile per gli amanti della musica, ma anche come simbolo di una città capace di aprirsi al mondo con il linguaggio universale delle note.
Nel cuore delle istituzioni europee, tra corridoi parlamentari e think tank specializzati, si muove da anni una rete che lavora con discrezione ma grande efficacia: quella dei gruppi di pressione filo-israeliani. Non si tratta di un tema relegato a teorie complottistiche, ma di un dato politico che emerge chiaramente dalle attività pubbliche e dai registri ufficiali delle lobby. Dal 2005, a Bruxelles opera l’AJC Transatlantic Institute (TAI), filiale europea dell’American Jewish Committee, una delle organizzazioni ebraiche più influenti degli Stati Uniti. Con un budget di circa 700 mila euro l’anno, provenienti da un’associazione madre dal patrimonio miliardario, il TAI si è dato una missione dichiaratamente politica: rafforzare i rapporti tra Europa, Israele e Stati Uniti, promuovere valori democratici e contrastare l’antisemitismo. Alla guida, oggi, c’è Benedetta Buttiglione, figlia dell’ex leader democristiano Rocco Buttiglione. Uno degli strumenti più efficaci è la rete dei Transatlantic Friends of Israel (TFI), gruppo interparlamentare che raccoglie 148 deputati ed eurodeputati, 33 dei quali italiani. Dal 2009, la TFI ha costruito legami trasversali che vanno da Fratelli d’Italia al Partito Democratico, passando per Forza Italia, Italia Viva e Azione. Nel febbraio 2024, in piena crisi a Gaza, lo stesso gruppo organizzava al Senato una tavola rotonda per celebrare i 75 anni di relazioni diplomatiche tra Italia e Israele: un segnale di sostegno bipartisan che non è passato inosservato.
Tra i nomi più attivi spiccano Marco Scurria (FdI), presidente della sezione italiana, Mariastella Gelmini (Azione), Stefania Craxi (FI) ed Enrico Borghi (IV). In Europa, invece, un ruolo di primo piano è quello di Fulvio Martusciello (FI), a lungo presidente del Comitato UE-Israele. Nonostante in passato sia finito al centro di controversie legate a rapporti con lobbisti indagati, è stato riconfermato nel 2024 capo delegazione di Forza Italia con oltre centomila preferenze personali. Un capitolo a parte merita l’attuale ministro degli Esteri Antonio Tajani. Già nel 2007 figurava tra i promotori della European Friends of Israel, organizzazione che allora contava più di mille parlamentari. Da commissario europeo ha spinto per una forte integrazione economica e tecnologica con Israele: basti pensare che tra il 2000 e il 2011 le importazioni europee da Tel Aviv sono più che raddoppiate, arrivando a 17,6 miliardi di euro. Tajani ha inoltre favorito la partecipazione israeliana a programmi strategici come Copernicus per la navigazione satellitare e i progetti UE sulla sicurezza, dove Israele è oggi il partner non europeo più attivo. Dalla cooperazione industriale alle conferenze internazionali – come la Go4Europe del 2011, in cui Tajani condivise il palco con esponenti del governo israeliano e grandi fondi d’investimento – emerge con chiarezza come l’asse tra Bruxelles, Roma e Tel Aviv non sia un fenomeno episodico, ma un dato strutturale della politica europea. La narrativa ufficiale parla di valori condivisi e alleanza contro minacce comuni, ma dietro questo linguaggio istituzionale c’è anche la concretezza di interessi economici, tecnologici e militari. L’attività delle lobby filo-israeliane, trasparente nei registri ufficiali e visibile negli eventi pubblici, solleva così una domanda che va oltre le simpatie politiche: “…quanto pesa realmente Israele nelle scelte delle istituzioni europee e nazionali?…”
Viandare, che meraviglia! Quante strade! Quanti percorsi anche d’estate! Osservo le cartelle colorate sull’oramai ciclopica libreria-archivio nel mio studio sotto il cielo di Roma e leggo sui dorsi i nomi delle città, dei paesi e dei borghi dove la Bella Parola mi ha portato. D’estate in estate vanno moltiplicandosi le mie Poesie dei Territori fisici e dell’anima che da sempre alacremente coltivo. Storie di terra, di alberi, di valli e colline, di monti e stradine, di volti e volti e volti…e racconti, di sussurri e canti, storie di vicoli e piazzette, di sagrati e cieli dorati, di chiome colme di frutti e chiome mosse dal vento, storie di mari increspati e cinguettii, di cicale pettegole e sfaccendate e gabbiani, di fruscii e gufi dai notturni canti. E’ così che parto, che viaggio, arrivo nei luoghi e ritorno a casa. I miei campanelli ogni volta devono stringersi fra loro dentro le valigine perché vi ripongo i cimeli, le piccole reliquie ricordo di quei territori: la conchiglia bucata, la pietra levigata a forma di cuore, la foglia ricamata dell’acero, la ghianda della quercia sperduta, il fiore sbocciato sul ciglio della strada, la piuma bianca che m’ha aspettato sulla soglia…volata forse dall’ala dell’angelo che m’ha vegliato e poi: voci e voci, tutte le voci che ho incontrato questa estate come ogni estate da viandante.
So che ama perdersi nella Poesia ma perché a Massa Carrara?
Mi capita sempre più spesso di incarnare i versi e gli scritti di tanti autori; capita spesso anche per i testi di magistrati e giuristi/scrittori di tutta Italia che partecipano al Premio Jus Arte Libri del Salotto Letterario Giuridico cui appartengo. Un salotto glorioso, con 26 anni di storia, che l’Avvocato Antonella Sotira, Contessa Frangipane, ha fondato e che conduce con piglio da guerriera. Il Salotto -virtuosamente confluito nello storico Premio Bancarella- quest’anno, dal Palazzo Ducale di Massa Carrara e fino alle prestigiose dimore e piazze pontremolesi, ha proposto lo “JusInCanto”. Dentro questo scrigno, maturato negli anni, la mia voce ha colmato di sostanza emozionale e tessuto di fili significanti le splendide pagine, per esempio, della Saga di Domitilla Calamai, una degli IusAutori finalisti del Premio JusArteLibri, presente insieme ad Andrea Mitresi, Emanuele Gagliardi, Sebastiano Sorbello e Giorgio Orano con le loro opere.
Era la prima volta in terra Toscana?
In verità non è la prima volta. Anni fa, in quel di Firenze, sono stata convocata dall’Associazione Pinocchio e poi anche nella circostanza del passaggio del Giro Ciclistico d’Italia con una speciale testa di ponte unitasi al Giro cui diedi il via con la mia parola poetica, vessillo preziosissimo dentro la corte d’uno dei più antichi Palazzi di Firenze. Questa di Massa Carrara vanta i Patrocinii de’: i Comuni di Massa Carrara, Pontremoli e di Roccella Jonica, della Provincia di Massa Carrara, della Fondazione Città del Libro Premio Bancarella, della Societè Europeenne de Culture, della Fondazione Nazionale Carlo Collodi. Il “Premio Jus Arte Libri-Il ponte della legalità” e l’Associazione “La Rivincita” -presidente l’Avvocato Carmen Federici- con i saluti istituzionali del Presidente della Provincia di Massa, Gianni Lorenzetti, del Sindaco del Comune di Massa, Francesco Persiani, del Col. Alessandro Dominici Comandante Provinciale Arma dei Carabinieri di Massa Carrara e del Magistrato Cosimo Maria Ferri Consigliere della Fondazione Città del Libro, hanno segnato la storia del prestigioso Premio; quanto a me, stare con i libri e leggere è più che gioia, toccare con mano le nuove preziose pagine che vanno a sommarsi alle memorabili sia del Premio Jus, che in 26 anni di attività ne ha cumulate una infinità, che del Premio Bancarella lungo con i suoi 73 anni e 73 gloriose edizioni, credo sia un privilegio che, fin’ora, non ha eguali. Peraltro, fa ben sperare per le sorti del libro e della lettura. Ad ogni buon fine, l’intento del mio prestare la voce mira ad indurre la riflessione sui poteri della voce umana e sul valore del saper leggere. Non dimentico il divino Dante; Egli scrisse la Divina Commedia proprio per la voce umana e il suo primo lettore in pubblico fu il Boccaccio. M’impegno molto e da molti decenni con la lettura, oltre che con la scrittura, in scuole e istituzioni delle più varie, compresi i teatri, sia con miei che con scritti altrui; dichiaro, pertanto, con fermezza, che la lettura ha un compito fondamentale all’interno di una società e di una cultura che richiedono, oggi più che mai, di padroneggiare una moltitudine di codici. Questo mio convincimento sostiene anche l’urgenza di inquadrare il valore lettura dentro una cornice di più ampio e composito respiro, come dire di articolata creatività culturale che supporti tutte le età. Attraverso la lettura, chi educa aiuta chi si educa a comprendere il significato di una esperienza, e la lettura è una esperienza, la bella lettura è esperienza eccellente, l’ascolto di una bella lettura è preziosa esperienza coinvolgente ed educante difficile da dimenticare. Ai bambini e ai giovanissimi, verso i quali sento di dover dedicare sempre più tempo, benchè lo faccia con tutte le fasce d’età, va trasmessa la passione e il piacere di leggere, anzi il gusto di leggere, piacere e gusto che possono essere attivati solo da adulti che abbiano saputo valutare la lettura quale risorsa e strumento per l’autoformazione e che s’impegnano, perciò, a porgerla pienamente, insomma in tutto il valore.
Lei è una sociologa, poeta e performer, anche esperta in lettura?
Più una appassionata! Attraverso la lettura, ripeto, chi educa (genitori in primis e docenti poi) aiuta chi si educa a capire il significato di un’esperienza dentro la quale ognuno compie una speciale scelta; l’azione di leggere, infatti, ha in sé qualcosa di estremamente prezioso ed importante: parlo d’un atto di libertà personale che reca con sé molte virtù. E’ stato bello farlo a Massa Carrara con presenze così prestigiose, esperimento vieppiù significante per essere stata affiancata dalla voce cantata di Simona Galli. Con il pieno di emozioni ci si è avviati alla volta di Pontremoli, città che Federico II chiamò “Unica chiave e porta della Toscana”, Città nobile del Granducato di Toscana. Il centro già pullulava di turisti e di scrittori, tanti scrittori e, soprattutto, delle famosissime storiche bancarelle. Al bar del centro, nella piazza che diviene il salotto della cerimonia di premiazione, l’atmosfera è sempre unica e densa di quel sapore speciale che solo i libri e la parola scritta sanno spandere. L’aria è salutare, della salubrità consostanziale alla Conoscenza. La mattina seguente siamo in visita al Palazzo Dosi Magnavacca, un Palazzo tardobarocco costruito dalla Famiglia Dosi tra il 1742 e il 1749, acquistato nel 1931 dalla famiglia Magnavacca. Con il passaggio al Granducato di Toscana, nel 1650, Pontremoli prese a vivere una lunga stagione di prosperità che permise di poter ingaggiare fior fiori di artisti per costruire e decorare palazzi e ville; e così, proprio nell’ampio salone che s’apre dopo la monumentale scalinata, ho potuto leggere il mio componimento poetico; in Palazzo Dosi, dunque, lo JusIncanto ha trovato la seconda realizzazione, importante soprattutto per il valore simbolico che ha la lettura per un Premio già simbolo in Italia, Premio che ha nel proprio costitutivo DNA due fattori: la Lettura e il Libro. L’emozione vibrante e palpabile ha preso tutti. Le pareti rinviavano la mia voce nobilitandola e moltiplicando il senso delle parole e dei versi: Quando la vita urla ribelle al vento…dolcemente appollaiata sull’orlo dell’abisso azzurro…quando la vita sorseggia albicocche e cicuta…si doma agli anatemi…arde su pire blasfeme, quando la vita salterella sui tizzi, morde il ghiaccio per placare d’essere dilaniata fino al midollo e raccogliere brandelli, brandelli di muscoli e pelle…quando la vita sventola bandiere di follìa…oh l’avvento! Allora, allora vi prego cantatemi la ninna nanna! La poesia non va spiegata, mai! Il canto segreto e manifesto del poeta si muove su pentagrammi assai intimi, intimi in maniera assai peculiare, infatti sono pentagrammi appartenenti all’intera umanità; dunque quel canto va lasciato alle profondità che sanno parlare con parole che tutti sanno comprendere. Anche nel caso di Pontremoli dunque ci sono stata per scelta profonda. In tutta onestà, dichiaro di non decidere mai a caso d’essere in un luogo o in una situazione, non soffro di presenzialismo. Nel caso di Pontremoli, oltre al Salotto cui mi pregio di appartenere, è la storia del Premio Bancarella, il suo atto di nascita, che mi ha preso per l’anima. Quei librai ambulanti pontremolesi che portavano i libri nei paesi della Lunigiana, quei librai -giudici essi stessi- dal grande fiuto editoriale che portavano cultura e libri scegliendoli in maniera tale che rispecchiassero al meglio il gusto dei lettori, sono stati Loro ad appassionarmi. E’ quella Storia e quella Tradizione che, peraltro, caratterizza un’altra Storia di uomini e bisogni, mi riferisco alla Storia dell’Emigrazione Lunigianese, ad avermi catturato! Storia di quella:”…piccola terra che alleva, insieme ai prodotti del suolo, pazientemente lavorato, il libro; e commercia in sapienza…e commercia in francescana modestia, in umiltà, senza grandezze, con una palese preferenza per il libro vecchio, che ha già vissuto in case sparite, in librerie scomparse, in conventi ormai silenziosi…”. Sono queste, sono così le mie estati! E credo che così lo saranno sempre. Dopo aver vissuto la serata della premiazione, si è finiti tutti invitati nella spianata del Castello del Piagnaro, a vivere l’estasi delle Stele Lunigianesi meravigliosamente installate nel Museo cittadino, Stele misteriose, di quel mistero senza tempo che interroga e incanta e, con quell’incantesimo addosso, sedersi alle lunghe tavolate per la condivisione comunitaria che dai libri e dalla parola, nel generale gaudio, passa alle prelibatezze e a quel parlarsi sereno sotto il cielo e dentro gli orizzonti disegnati dai merli del Castello che gioisce dinanzi al ritrovato fasto. Porterò con me quell’insieme gioioso ben nutrito prima di cultura letteraria poi del gusto dei prodotti tipici. Andrò via senza malinconia perché ricca di ricordi edificanti, cresciuta ancora grazie ai compagni di viaggio e agli incontri con le belle persone e… già in eccitazione per la successiva partenza che mi porterà al Festival CRIVU in Orsomarso dove Monica Marziota e Michele Gerace sapevo in fervente attività.
Il Festival CRIVU è alla seconda edizione, Lei è stata anche in questa 2025?
Esatto. In questo secondo anno, grata per essere stata nuovamente posta in programma, sull’alta Torre dell’orologio, scalata in processione col pubblico, ho portato il: “Carmina maternalia -Sussurro, canto, lauda, filastrocca, canti di culla, carmen sacro e formula magica”. Dall’evocazione dello Stabat mater al Pape satan aleppe, alla ninna nanna dedicata ad Orsomarso - quale stanza della culla; alla filastrocca: Due cornacchie nere s’en van per le strade e raccontan sincere il ciarlar delle belle contrade…alla lauda per Federico II,,,con mulinella il vento della storia, mischia secoli e odori, uomini donne eroi felloni e gran filibustieri / amanti da mille e una notte e principesse rinchiuse in torri inespugnabili / cavalieri erranti e nobili scudieri / fantastiche tragedie e comiche commedie… fino alla riscoperta del Carme Arvalo, risalente al XII secolo, che ho interpretato nell’antica lingua con cui è scritto il Canto liturgico tradizionale dei Fratres Arvales nei cerimoniale per la dea Dia, in seguito Cerere. Dunque ho portato un’Opera inno alla Maternità, anzi alle Maternità, col Carme dedicato al Figlio…pescato al mare della terra mia…dove il vento agita le onde…per passare alla maternità d’una Italia: Quante Italie in una sola Italia, territori, identità, profumi…Italia dei Cesellatori, Italia dei Tintori, Italia dell’Artigianalità, Italia Culinaria dalle mille bontà, Italia dell’Agricoltura, Italia dell’Architettura, Italia della nobile Pittura, Italia della Cultura…par’esile creatura…la nostra Patria… e, a tal punto, non voglio commuovermi poiché le lacrime son già sulla soglia dei miei occhi allorchè sfioro il mio profondo senso di maternità e di amor patrio. Lo scorso anno ero lì con la mia opera tratta dalla pièce teatrale Melusina e Raimondino, in onore della magia del Femminile e del poeta dei poeti calabresi Corrado Alvaro, quest’anno il Principio Femminile è andato su altre sponde.
Ci può parlare del contributo del Festival CRIVU alla Cultura?
La straordinaria Monica Marziota, soprano, performer, compositrice e musicologa internazionale, cresciuta tra L’Avana, Toronto, Gran Canaria e Roma, e che tra le varie radici ne ha anche una orsomarsese, insieme a Michele Gerace, suo marito, e al piccolissimo figlio Agostino, ancora una volta è riuscita a mettere insieme intelletti prestigiosissimi nel magico Orsomarso, in provincia di Cosenza, dentro il Parco Nazionale del Pollino. Dice Monica: “Natura, Cultura, Musica e Poesia per trovare le nuove parole per descrivere il rapporto con il mondo circostante…musica organistica, chitarra ispano-americana, sassofono, tamburi, canti sacri, zampogne e passeggiate narrative insieme per il Festival dei paesaggi straordinari e delle rive sconosciute”. In tal segno ha convocato: Simone Corvasce, Research fellow presso Università degli Studi di Roma “Sapienza”, con: Musica organistica tra gesto liturgico e danza barocca; Giorgio Vallortigara, neuroscienziato italiano con: Il rapporto tra cervello, percezione e ambiente; Silvia Andreoli con: La fiaba come geografia possibile; Edoardo Bellafiore, Insegnante di Linguistica e galateo digitale, che dirige la ContaminAction University e Giorgia Pontetti, Ingegnere Elettronico ed Astronautico, CEO di Ferrari Farm, con: La fertilità simbolica dei luoghi, preparare la comunità a seguire rive sconosciute; Lucia Ronchetti – Compositrice, già Direttore Artistico della Biennale Musica di Venezia e Fellow al Wissenschaftskolleg su Berlin e Silvia Andreoli -scrittrice, studiosa ed esperta di fiabe con: Il suono della Maternità; Kasia Smolarek, con i suoi 20 tra i maggiori Premi al mondo, in concerto con la sua Chitarra Madre in: Tra luce, suoni e melodie ispano-americane; Paolo D’Achille, Linguista e Presidente dell’Accademia della Crusca, con: Dove batte la lingua. Radici culturali, dialetto, vecchie e nuove parole dell’Italiano; Francesco Pecorari con: Tynd Sound. Tra buio e silenzi, Sax solo; Alessio Galassi, documentarista e filmmaker, con il documentario: “Anamei – Los Guardianos del Bosque”; Michele Gerace, avvocato, Presidente dell’Osservatorio sulle Strategie Europee per la Crescita e l’Occupazione, ideatore di “Costituzionalmente”, Scuola “cento giovani” con: Dal “perché” al “quindi”, spunti proposizionali; infine il trionfo del Docufilm: “Cartas de Calvino” di Esther Barroso Sosa con Monica Marziota protagonista che ha curato anche, insieme a Silvia Andreoli e Verdiana Patacchini, pittrice e scultrice anche in ceramica tra Roma e New York, e insieme a Francesco Pecorari, sassofonista e musicologo, il Laboratorio Acanto Project per i tanti bambini di Orsomarso e dei turisti. Meravigliose le visite alla Grotta del Romito e al Santuario della Madonna di Costantinopoli, intriganti la scuola di arrampicata e il laboratorio del Fusillo orsomarsese. Sempre calda e partecipe la presenza del Sindaco Alberto Bottone e del Presidente della Pro Loco Giuseppe Campagna. Ho voglia di dire in tutta franchezza che tutto ha composto armonia, tutto ha narrato le bellezze naturalistiche del luogo, dei boschi, della grande varietà di flora e odori, degli incantesimi che alla sera scendevano dai monti a solleticare la curiosità. E, nella serata finale, i bambini che hanno partecipato al Laboratorio di pittura con l’artista romana-newyorchese Verdiana Patacchini hanno posto nelle mani del Sindaco di Orsomarso la grande tela dipinta, la seconda tela corale, che lascia presagire quante diventeranno negli anni, di edizione in edizione, fino a comporre un Museo assai speciale.
Qual è il suo bilancio rispetto a questa estate 2025?
Positivissimo, sono tornata a casa con una valigia colma di bei ricordi, gli ultimi dal paese calabrese: la cascata di peperoni rossi su tutta la facciata del palazzo rosa al centro della piazza di Orsomarso, un ciclopico vessillo, l’inno al sapore più eloquente che si sia mai visto, la sostanza della passione di vivere della gente che popola quel territorio; mi porterò il ricordo delle cene comunitarie offerte dalla ProLoco col suo giovanissimo infaticabile Presidente, e la cena comunitaria al Castello del Piagnaro di Pontremoli, il sorriso caldo delle signore che hanno preparato e regalmente portato le teglie colme di Fusilli orsomarsesi e il sorriso dei giovani volontari che spargevano i manicaretti sulle tavolate di Pontremoli; scalderò l’anima al ricordo della condivisione semplice d’un tempo che sa rinnovarsi nei piccoli centri dove le anime sanno ancora guardarsi negli occhi e parlarsi, parlarsi davvero; il ricordo di sindaci gioiosi, entrambi, sia quello di Pontremoli che quello di Orsomarso, che sono stati tra i loro concittadini e con gli ospiti, il ricordo dei narratori di storie che ho incontrato e che me le hanno raccontate con le stelline negli occhi, il ricordo dei sorrisi e degli arrivederci, e, mi creda, anche di quel voler esser certi che sarei ritornata; il ricordo degli abbracci di Cosima che cura il suo agriturismo col fare di madre e di nonna insieme, il fare tutto tenerezza e cura; il ricordo dei rintocchi dell’orologio lassù, oltre quei 150 scalini tra le nuvole a Orsomarso e del cielo tra i merli del Castello di Pontremoli; dei saluti autenticamente affettuosi e soprattutto ho portato via con me quell’atmosfera dolce dei vicoletti abbracciati fra loro, li porto stretti nel cuore insieme al loro invito a ritornare. Passerà l’inverno! Rifarò i bagagli e tornerò, ritroverò i miei passi che andranno all’unisono col rintocco dell’orologio di Orsomarso lassù tra le nuvole smerlate del castello di Pontremoli e chissà quanti altri vicoli che si chiameranno…ancora non so.
Cos’ha in calendario prossimamente?
La mia presenza al Campania Libri Festival con il mio “Panalfabetare” ai primi di ottobre, è l’ultimo libro, pubblicato da Kinetès , spin-hoff dell’Università del Sannio e, tra novembre e dicembre, sarò a Santeramo per le Donne Primitive, Murgiane, con la mia Pièce: “Primitiva io” e con la mostra dei miei Libri d’Artista gli “Abbracci della poesia”, un altro Festival che sento scorrermi nelle arterie. Grazie sempre per ospitarmi e alla prossima.
La polizia sotto assedio alla stazione di Milano Centrale |
![]() |
È degenerata in violenza la manifestazione pro-Palestina tenutasi ieri nei pressi della stazione centrale di Milano. Un corteo partito con intenti dichiaratamente pacifici si è trasformato in una vera e propria guerriglia urbana. Il bilancio parla chiaro con oltre 10 manifestanti fermati, 60 agenti delle Forze dell’Ordine feriti, danni a infrastrutture pubbliche con pesanti disagi nel trasporto ferroviario e locale. Una scena che ha lasciato sgomento il Paese e scatenato immediate reazioni politiche. Le immagini di scontri e devastazioni sono rimbalzate sui media nazionali, suscitando la ferma condanna del premier Giorgia Meloni asserendo: “Quanto accaduto a Milano è indegno di un Paese civile. Nessuna causa giustifica la violenza. Mi aspetto una condanna unanime”. Il vicepremier Antonio Tajani ha parlato di “violenza deprecabile” e ha sottolineato che “strumentalizzare il conflitto in Medio Oriente per attaccare le istituzioni italiane è irresponsabile e pericoloso”. Anche il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha denunciato la “preparazione deliberata di un attacco contro la Polizia”, ipotizzando una regìa organizzata dietro i disordini. Il vicepremier Matteo Salvini è andato oltre, proponendo una misura drastica: “D’ora in poi chi organizza cortei dovrà versare una cauzione. Basta tollerare che pochi delinquenti mettano a ferro e fuoco le città”. Dalle prime ricostruzioni, pare che parte dei manifestanti più violenti sia riconducibile a realtà antagoniste ben note sul territorio milanese, in particolare al centro sociale Leoncavallo, da anni crocevia di frange estremiste ed incubatore di proteste radicalizzate. Peraltro, non è la prima volta che simili ambienti fungono da base logistica ed ideologica per manifestazioni sfociate in scontri con le Forze dell’Ordine. Il clima che si respira attorno a queste realtà è tutt’altro che pacifico, e spesso agisce da detonatore per tensioni premeditate.
Anche il confronto con quanto accaduto in altre città d’Italia negli ultimi giorni, si evince il carattere straordinariamente violento dell’evento milanese. Nelle città di Roma, di Bologna, di Torino e di Napoli, infatti, le manifestazioni pro-Palestina si sono svolte con toni accesi ma, salvo episodi isolati, senza degenerare in scontri organizzati. Anche nei casi di blocchi stradali e contestazioni pubbliche, il dialogo con le Forze dell’Ordine ha evitato l’escalation, dimostrando che è possibile manifestare senza trasformare le città in campi di battaglia. Milano, al contrario, è diventata il simbolo di un degrado militante che prende in ostaggio le piazze per obiettivi politici oscuri, ben lontani da qualunque istanza di solidarietà internazionale. Dal centrosinistra, la segretaria del PD Elly Schlein ha preso le distanze dalla violenza, dichiarando che “…i fatti di Milano sono gravi e mai giustificabili…”.
Ma le reazioni dell’opposizione non sono bastate a smorzare le polemiche, soprattutto dopo le dichiarazioni ambigue del Movimento 5 Stelle: “Noi stiamo dalla parte di chi è sceso in piazza”, ha dichiarato un esponente grillino, scatenando un’ondata di critiche. Nel caos del dibattito, emerge anche la posizione discutibile di alcuni sindacati, in particolare l’USB, che nelle ore successive agli scontri ha difeso i manifestanti, accusando il Governo di “repressione autoritaria”. Una presa di posizione che richiama vecchie retoriche e crea un clima pericolosamente simile a quello alimentato storicamente dai sindacati della cosiddetta “triplice”, oggi apparentemente più silenziosi, ma già pronti, secondo alcuni osservatori dell’Intelligence e della Digos, a cavalcare l’onda del dissenso per scopi politici. Le critiche verso l’esecutivo sembrano, infatti, più mirate a destabilizzare l’attuale maggioranza che a difendere i diritti concreti. In un momento in cui servirebbe responsabilità e moderazione, alcuni sindacati preferiscono gettare benzina sul fuoco. Secondo me, siamo lontani dall’essere un atto isolato e quello di Milano sembra inserirsi in una strategia più ampia di pressione contro il Governo, fatta di tensioni create ad arte, rivendicazioni pretestuose ed una narrazione tossica. Il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, pur vicino a certe istanze, ha preso le distanze dagli eccessi: “Il vandalismo non aiuta la causa palestinese e chi trasforma le piazze in teatri di scontro danneggia tutti”. Nel frattempo, i cittadini hanno pagato il prezzo più alto con i trasporti pubblici paralizzati, i treni in ritardo o cancellati ed una città nel caos. È il momento che Istituzioni, forze politiche e sociali, ma soprattutto i sindacati, facciano un passo indietro e restituiscano alla protesta il suo valore autentico, lontano da derive violente e strumentalizzazioni.
Il recente via libera della Camera alla riforma della giustizia segna un momento decisivo per il sistema giudiziario italiano. Si tratta di una tappa fondamentale di un percorso lungo e complesso, che vede Forza Italia da sempre in prima linea per garantire efficienza, equità e trasparenza nella macchina della giustizia. È una riforma che porta con sé il peso della storia, il valore del cambiamento e il segno indelebile dell’impegno politico e personale del Presidente Silvio Berlusconi, che più di ogni altro ha denunciato e combattuto gli abusi e le distorsioni generate da una magistratura non sempre fedele ai principi costituzionali di terzietà e imparzialità. Il cuore della riforma è la separazione delle carriere tra Magistrature giudicante e requirente, una misura attesa da decenni e mai realizzata fino ad oggi. Con l’istituzione di due distinti Consigli Superiori della Magistratura, viene finalmente riconosciuta l’esigenza di garantire autonomia e indipendenza reale a ciascuna funzione, evitando commistioni che, nel tempo, hanno contribuito ad alimentare dinamiche correntizie e logiche di appartenenza ideologica.
La separazione delle carriere non è, come qualcuno ha voluto far credere, un attacco all’autonomia della Magistratura, bensì un rafforzamento delle garanzie costituzionali che tutelano i diritti dei cittadini e il corretto funzionamento del processo. Peraltro, la riforma non si ferma qui, tra i punti qualificanti vi è anche la nascita dell’Alta Corte disciplinare, un organo terzo e indipendente deputato a giudicare le condotte dei magistrati, ponendo fine a quella pericolosa autoreferenzialità che ha spesso protetto comportamenti discutibili e quando non apertamente lesivi della dignità delle istituzioni. Insieme a questa novità, l’introduzione del sorteggio per la nomina dei membri togati del CSM che rappresenta un ulteriore passo verso la trasparenza e l’equilibrio, spezzando il meccanismo opaco delle correnti, e riportando il merito e l’indipendenza al centro del sistema. Questa riforma, tanto attesa quanto osteggiata da chi difende privilegi e status quo, rappresenta una conquista di civiltà. Per l’Italia significa voltare pagina dopo anni di abusi, fughe di notizie pilotate, processi mediatici e carriere condizionate da appartenenze politiche. Tutto questo significa ridare fiducia ai cittadini, agli imprenditori e agli investitori internazionali, che chiedono regole certe, giudici imparziali, e tempi di giustizia compatibili con un Paese moderno. Ed il merito di questo risultato va riconosciuto a Forza Italia e al suo fondatore, Silvio Berlusconi, che ha trasformato le sue battaglie personali in una causa di libertà e giustizia per tutti. Una visione che oggi trova concreta realizzazione e che merita di essere completata con il via libera definitivo del Parlamento. Sarebbe la degna conclusione di una lunga battaglia politica e ideale, ma soprattutto l’inizio di una nuova stagione per la giustizia italiana, più giusta, più libera e, finalmente, al servizio dei cittadini.
Parlare oggi di “occupazione” come origine del conflitto israelo-palestinese significa ignorare la storia o, peggio, riscriverla. Nel 1964, quando nacque l’OLP, Gaza era sotto controllo egiziano, la Cisgiordania era giordana. Israele non occupava quei territori. E allora perché nacque l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina? Non certo per liberare Gaza o Ramallah, ma per cancellare Israele. Lo dichiaravano apertamente: eliminare lo Stato ebraico, gettare gli ebrei nel mare. E questa è la radice autentica del conflitto, ben lontana dalla retorica dell’occupazione. Nel 1967, Israele reagisce a una minaccia militare concreta e prende il controllo di Gaza e Cisgiordania nella Guerra dei Sei Giorni. Da allora, prova ripetutamente a trattare con i palestinesi, offrendo loro pace e territori. Nel 2000, Ehud Barak propone il 97% dei territori richiesti. Rifiutato. Come sempre. Poi arriva il 2005: Israele si ritira da Gaza. Smantella insediamenti, rimuove con forza i propri cittadini, perfino le tombe degli ebrei per proteggerle da profanazioni. Nessun ebreo, né vivo né morto, resta a Gaza. E ancora: Israele lascia le serre, infrastrutture agricole funzionanti che esportavano milioni di fiori in Europa. Un intero settore economico regalato, con il supporto anche di imprenditori privati internazionali. Cosa fanno i palestinesi nelle prime 24 ore? Distruggono tutto ciò che era stato impiantato da Israele dalle sinagoghe alle serre e, persino, gli impianti. Iniziano a smantellare e non a costruire.
Peraltro, poi, arrivano le elezioni ed Hamas prende il controllo. Una donna, la prima donna eletta si vanta pubblicamente di aver mandato tre suoi figli a morire da attentatori suicidi e promette di sacrificarne altri sette. Con queste dichiarazioni fu celebrata la democrazia? È questa la guida politica che avrebbe dovuto costruire uno Stato? Hamas non ha liberato Gaza, anzi l’ha trasformata in una prigione. E con tutti quei miliardi ricevuti in aiuti internazionali invece di investire in ospedali, scuole ed infrastrutture civili, ha costruito una rete di tunnel sotterranei più vasta della metropolitana di New York. E non per difendere i civili, ma per trasportare armi ed organizzare attentati. Gaza aveva tutto per diventare una Singapore del Medio Oriente. È stata un’occasione storica, ma è stata sprecata. E allora, chi continua a parlare solo di “occupazione” dovrebbe guardare ai fatti. Per decenni, il popolo palestinese ha avuto opportunità concrete per costruire pace e prosperità, ma le ha rifiutate. Purtroppo, ha scelto la via della distruzione, della propaganda e del martirio, come identità nazionale. La sofferenza dei civili palestinesi è reale, ma non è tutta colpa di Israele. È frutto anche, e soprattutto, di una guida politica che ha preferito la guerra alla convivenza e la morte alla vita. Riposizionare la storia al centro del dibattito non significa negare le sofferenze, ma smascherare le narrazioni distorte che impediscono una soluzione reale e finché il mondo, giustificherà tutto, in nome di una presunta occupazione, continuerà a condannare i palestinesi a restare ostaggi del loro stesso passato.
La "falsa" sorgente |
![]() |
Il Danubio è il secondo fiume, per lunghezza, dell’Europa dopo il Volga: 2.860 km dalla sua sorgente a Donaueschingen nella Foresta Nera (Germania) al grande delta nel Mar Nero sul confine tra Romania e Ucraina, dopo aver attraversato Germania, Austria, Ungheria, Croazia, Serbia e segnato il confine tra Bulgaria e Romania.
Interessante è sapere che è, da decine di secoli, un'importante via navigabile. Conosciuto nella storia come una delle frontiere dell'Impero romano, il fiume oltre a scorrere entro i confini dei paesi citati ha un bacino idrografico che comprende parte di altri nove paesi: Italia (0,15%), Polonia (0,09%), Svizzera (0,32%), Repubblica Ceca (2,6%), Slovenia (2,2%), Bosnia ed Erzegovina (4,8%), Montenegro, Macedonia del Nord e Albania (0,04%). Questo significa che indirettamente è causa dei diversi idro-micro-climi vitivinicoli.
I vari affluenti del Danubio hanno una notevole variabilità nel loro regime: oceanico della Baviera occidentale, di montagna in Austria, di pianura in Ungheria fino alla foce.
La "vera"sorgente |
![]() |
Le prime vigne le incontriamo subito dopo il confine con l’Austria.
Wachau una regione vinicola famosa per i suoi vigneti terrazzati e ripidi lungo il fiume, dichiarata Patrimonio dell'Umanità dall'UNESCO. Produce principalmente Grüner Veltliner e Riesling, con vini noti per la loro eleganza e mineralità;
Wagram che si estende a nord, nella Bassa Austria, ed è nota per i suoi vini bianchi croccanti prodotti su terreni di löss, ideali per il Grüner Veltliner e il Roter Veltliner;
Kremstal, Kamptal, Traisental, tre regioni, situate lungo affluenti del Danubio, producono vini bianchi di alta qualità, soprattutto Grüner Veltliner e Riesling, e sono riconosciute per la loro denominazione DAC (Districtus Austriae Controllatus).
Carnuntum situata a est di Vienna, questa regione produce vini rossi, in particolare Blaufränkisch, Zweigelt ma anche Grüner Veltliner e offre un'esperienza vinicola con jazz brunch e degustazioni negli Heuriger (taverne tipiche).
Vigneti a Wachau |
![]() |
Vienna, la capitale austriaca, la città sul “bel Danubio blu”, che ospita vigneti e Heuriger in diversi quartieri, offrendo un'esperienza enologica unica, come il Wiener Gemischter Satz DAC, un vino bianco prodotto con diverse varietà di uve coltivate insieme.
Il Danubio è così giunto alla frontiera con l’Ungheria. Qui la vite è stata coltivata sin da quando il paese faceva parte dell’impero romano con il nome di Pannonia. Il grande fiume l’attraversa da nord a sud dividendola di fatto in due parti. L’area vinicola interessata direttamente dal Danubio è quella posta a sud: Transdanubio Meridionale e parte della Pannonia meridionale.
Comprende diverse zone vinicole, tra cui Pécs, Szekszárd, Pustan, la regione di Villany e Mecsek.
Villány è famosa per i suoi vini rossi robusti, spesso paragonati a quelli di Bordeaux, e per le varietà Cabernet Franc e Kékfrankos;
Szekszárd è nota per i suoi vini rossi di Kadarka, meno complessi e più rotondi;
Pécs è il distretto più caldo e arido con terreni vulcanici;
Vigneti a Pecs |
![]() |
Pustan da sempre il serbatoio del vino da tavola. Si dice, si racconta che qui, con i terreni sabbiosi la fillossera si arrese. Tanta produzione;
Mecsek ultima frontiera vinicola ungherese.
Pochi chilometri e il grande fiume entra in Croazia segnando il confine con la Serbia.
In sintesi il Danubio attraversa diverse regioni vinicole rinomate, ognuna con le sue caratteristiche uniche e specialità, offrendo un'esperienza enologica diversificata e di alta qualità. Continua…
La sensazione di piacere sensoriale che si prova immersi nelle differenti piscine dell’Hotel Continental Terme continua anche uscendo dall’acqua attraverso l’esperienza culinaria proposta dal “suo” ristorante “Sapori”.
E ‘un vero e proprio percorso gustativo centrato sulla cucina mediterranea in un connubio sapiente di tradizione e innovazione capace di catturare il gusto attraverso percezioni differenti.
La mediterraneità delle ricette proposte è caratterizzata dalla semplicità che non diventa banalità grazie alla cucina dello chef Francesco di Manso. La peculiarità nella preparazione dei piatti è espressa nell’uso armonico ed equilibrato degli ingredienti, interazione esaltata anche dalla scelta della qualità dei prodotti, naturali utilizzati secondo stagione e prevalentemente a km 0.
Tra le proposte di primi più gettonati nel periodo di Ferragosto troviamo la pasta alle tre patate, creativa interpretazione della ricetta classica. Preparata con pasta mista in cui si amalgamano patate rosse, gialle e viola, fiori di zucca e gocce di ricotta di “fuscella” aromatizzata al basilico. Una ricotta fresca, di latte vaccino, lavorata senza aggiunta di conservanti in un cestello bucato, la “fuscella”, prodotto tipico del territorio napoletano da cui il nome.
Molto apprezzati da tutti, da me in primis, anche la linguina alle vongole veraci su crema di ceci con emulsione di olio al prezzemolo e il panciotto di melanzane e scamorza su “nduja” con fusione di burrata, pomodorini confì e lamelle di tartufo nero.
Tra i secondi al profumo di mare evidenzierei “il gambero rosso con emulsione al lime, stracciata di bufala e sfere allo zafferano”, “il tonno rosso con emulsione agli agrumi e sfere di pistacchio” e la calamarata di gamberi con tartufo nero e zester di limone.
Un posto speciale hanno le verdure e le erbe aromatiche dell’isola ed è per questo che ogni giorno sono servite in buffet come antipasto self. Tutti le assaggiano perché aprono stomaco e cuore, ti ricordano la fertilità della terra ischitana con i suoi saporiti ortaggi mediterranei, tra cui pomodorini, zucchine, finocchi e broccoli. Le melanzane sono esaltate dallo chef in una parmigiana coppata su crema al basilico e cialda croccante di parmigiano.
Chiudere pranzo o cena con un dolce significa abbandonarsi alle delizie napoletane, non a caso utilizzo questo vocabolo perché gusteremo delizia al limone, sfogliatella, pastiera, cassata e struffoli.
E dopo queste delizie vorrei sottolineare quanto sia importante la comunicazione on line nella ristorazione a cui occorre dare continuità, migliorandola e diversificando la visibilità in rete perché oggi è un percorso in fieri. Occorre in questo campo lavorare sempre più e diversamente visto che la visibilità su internet è chiave di conoscenza e successo e consente poi di mantenerlo trasmettendo i valori che danno vita all’offerta.
Nel ristorante “Sapori” è intensa e funzionale l’interazione che a pranzo e a cena si costruisce tra cucina, personale e clienti.
Quando entri nel ristorante ti senti subito a tuo agio non solo per l’ambiente curato e tipicamente mediterraneo ma perché sei ben accolto da camerieri e maître che sapientemente personalizzano la comunicazione in funzione di ciascuno tavolo individualizzando le spiegazioni in riferimento alle peculiarità del menu e prestando attenzione ai bisogni e ai desideri espressi o intuiti di ogni cliente. Non facile né scontato saperlo fare ed è per questo che i maître del ristorante, tra cui Antonio che ho conosciuto più direttamente, sono risorsa non da poco insieme al personale tutto, incluso quello della reception a cui va una nota speciale per Gegé.
Il Continental Terme ha in sintesi “sapori” da scoprire il che può aggiungere punti alla motivazione che lo ha privilegiato nella scelta, di vacanza o di lavoro non importa perché in entrambi i casi sa produrre BEN ESSERE.
Antonio Tajani |
![]() |
L’aula del Parlamento dovrebbe essere il luogo del confronto politico serio, anche acceso, ma sempre rispettoso delle istituzioni e del ruolo di chi le rappresenta. Quanto accaduto nelle ultime ore ai danni del ministro degli Esteri Antonio Tajani rappresenta invece uno scivolamento grave nel linguaggio e nel metodo del dibattito politico. La senatrice del Movimento 5 Stelle, Alessandra Maiorino, in un intervento dai toni volutamente provocatori, ha definito Tajani un “influencer prezzolato”, un’accusa che va ben oltre il dissenso legittimo e si inserisce in una strategia ormai ricorrente del M5S di delegittimare gli avversari, non attraverso il confronto sulle idee, ma colpendo sul piano personale e insinuando sospetti. L’On. Antonio Tajani, uomo delle istituzioni, con una lunga carriera politica alle spalle sia in Italia che in Europa, ha dimostrato equilibrio, competenza e senso delle istituzioni.
È innegabile che la sua comunicazione pubblica sia efficace e moderna, ma ridurre il suo ruolo a quello di un semplice “influencer” significa ignorare il lavoro diplomatico che sta portando avanti in un contesto internazionale sempre più complesso. Parlare di “prezzolamento”, termine che allude a corruzione o servilismo, è qualcosa di ancora più grave, che getta fango senza portare alcun contributo utile alla discussione. Il Movimento 5 Stelle, che si è fatto promotore di una politica “differente”, rischia sempre più spesso di ricadere in un populismo urlato e privo di contenuti. Invece di proporre alternative serie, preferisce colpire le figure più esposte del governo con accuse al limite della diffamazione, facendo leva sulla rabbia e sulla sfiducia. Ed è proprio in momenti come questi che la politica dovrebbe dare prova di maturità e responsabilità. L’On. Tajani, dal canto suo, ha scelto di non scendere al livello della polemica personale, rispondendo con sobrietà e fermezza. Un comportamento che conferma la sua postura istituzionale e il suo rispetto per il ruolo che ricopre. Se la politica italiana vuole recuperare credibilità, dovrebbe prendere esempio da chi, come lui, difende le proprie idee senza bisogno di insultare gli altri. L’attacco gratuito della senatrice del M5S è un segnale preoccupante e peraltro quando si esauriscono gli argomenti, resta solo l’invettiva. Tuttavia la dignità del confronto democratico merita ben altro.
Apr 08, 2022 Rate: 5.00