L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni.

Kaleidoscope (1569)

Free Lance International Press

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October 21, 2025

Da qualche giorno, il sindaco di Roma Roberto Gualtieri ha intrapreso una crociata mediatica contro la Regione Lazio, accusandola di voler bloccare la circolazione dei veicoli nel Comune di Roma. Un messaggio ripetuto ovunque, dai comunicati alle interviste, come se la Regione fosse il nuovo “nemico del popolo”. Ma, al netto degli slogan, la verità è un’altra: nessuno in Regione vuole bloccare la città. Gualtieri, invece di governare, ha preferito costruire un comodo capro espiatorio per coprire le proprie mancanze. È la solita storia: quando mancano i risultati, si cerca un colpevole altrove.

 E così il sindaco della Capitale, invece di affrontare con serietà il problema della mobilità, racconta bugie, e lo fa con quella disinvoltura che ormai è diventata cifra stilistica della sua amministrazione. Nel vecchio Piano della qualità dell’aria, firmato da Zingaretti e applicato da Gualtieri, l’articolo 21 prevedeva la possibilità di istituire nuove ZTL e introdurre il sistema “Move-In”, un pedaggio urbano che avrebbe obbligato i cittadini a pagare per circolare nella propria città. Con l’arrivo della giunta Rocca, quella impostazione è stata completamente ribaltata: il nuovo piano vieta qualsiasi forma di pagamento per la circolazione. All’articolo 24, invece, si prevedeva un blocco totale dei veicoli fino a Euro 4 benzina ed Euro 5 diesel, senza proroghe oltre novembre 2025. Anche qui, la Regione è intervenuta per aprire la possibilità di rinvii, dando fiato ai cittadini. E allora perché Gualtieri continua a gridare al complotto? Perché gli serve un nemico politico da usare come scudo mediatico.

Intanto, i dati dicono altro che la qualità dell’aria a Roma è migliorata da cinque anni consecutivi. E qui entra in gioco un punto spesso ignorato quello della CO₂, che non dipende solo dalle auto. Infatti, durante il giorno gli alberi, a foglia larga, con la fotosintesi clorofilliana, assorbono anidride carbonica ed emettono ossigeno, ma di notte, senza luce solare, il processo si inverte, e le piante rilasciano CO₂ nell’atmosfera. È un processo naturale, non industriale, e incide sensibilmente sulle rilevazioni ambientali, specialmente nelle ore serali. A questo va aggiunto un altro fattore, troppo spesso trascurato che in autunno, quando gli alberi perdono le foglie, la fotosintesi clorofilliana si riduce quasi del tutto. Peraltro, meno fotosintesi significa meno ossigeno prodotto e, di conseguenza, una concentrazione più elevata di CO₂ nell’aria, non per colpa del traffico, ma per effetto diretto dei cicli naturali. È infatti paradossale che proprio nei mesi autunnali, quando la vegetazione “riposa”, vengano pubblicati i dati più allarmistici sulla qualità dell’aria urbana. Bloccare i veicoli, peraltro, non è la soluzione esatta. Occorre una politica ambientale basata sui dati reali e stagionali, e non sulle ideologie. Servono trasporti pubblici che funzionino davvero e non nuove tasse mascherate da misure ecologiche. Roma non ha bisogno di divieti irrazionali, ma di una visione concreta e onesta con meno slogan, e più fatti. Perché la verità è semplice, l’aria di Roma migliora nonostante l’amministrazione e non grazie ad essa. E se il sindaco Gualtieri smettesse di suonare la grancassa della propaganda ed iniziasse veramente a lavorare, forse, Roma respirerebbe un’aria non solo più pulita, ma anche più libera.

Analizzarne il fenomeno della moda e la sua evoluzione significa guardare non solo a come sono cambiati gli abiti nel tempo, ma anche a come si sono sviluppati i concetti di stile, identità e comunicazione attraverso ciò che indossiamo. Pertanto questo continuo progredire culturale, riflette i cambiamenti della società, della tecnologia, dei costumi e delle mentalità, sia a livello culturale, sociale ed economico. Nasce nel tardo Medioevo, intorno al XIV secolo, nelle corti europee. In questo periodo, il modo di vestire comincia a essere usato per distinguere classi sociali e ruoli. Le corti di Francia e d’Italia (in particolare Firenze e Venezia) diventano centri di innovazione e tendenza.

Nel Rinascimento, la moda diventa espressione del potere e del prestigio delle corti. I tessuti sono ricchi di ricami, elaborati e le forme sontuose riflettono lo status sociale. Nel Barocco (XVII secolo), la teatralità e l’eccesso sono i segni distintivi caratterizzati da pizzi, parrucche, corsetti, gonne ampie che dominano la scena. Nel Settecento c’è la rivoluzione del gusto dove la moda francese regna sovrana. Maria Antonietta è una delle prime “icone di stile” moderne. Ma con la Rivoluzione Francese 1789, si afferma un nuovo ideale di sobrietà e razionalità.

I vestiti diventano meno pomposi, più pratici e accessibili. Il XIX secolo è l’epoca dell’industrializzazione e democratizzazione e con la rivoluzione industriale, nascono i primi capi prodotti in serie. Si diffondono le riviste di moda e simbolo di raffinatezza, diventa la sartoria su misura. Charles Frederick Worth è considerato il primo “stilista” della storia, fondatore dell’haute couture a Parigi. Il XX secolo si può considerare il secolo delle rivoluzioni stilistiche, il Novecento della moda come la conosciamo oggi, intesa come un fenomeno ciclico di cambiamento del gusto nel vestire. Analizzando la moda negli anni si possono fare delle distinzioni: anni ‘20 – gli elementi ben riconoscibili: la predilezione per le linee geometriche negli abiti, ma anche nel design e nella grafica, gli accostamenti di colori strong e i contrasti decisi, la nascita dello stile flapper (vestiti corti, capelli a caschetto) gli esordi di Coco Chanel introducono lo stile semplice, elegante e funzionale; anni ‘30 – la moda abbandona le linee dritte degli anni ’20 i per abbracciare silhouette più sinuose e femminili, con una vita segnata da cinture e gonne che si allungano. Elementi come spalline pronunciate, maniche a sbuffo, grandi colletti e scollature profonde nei vestiti da sera definiscono l’estetica dell’epoca, che predilige tessuti leggeri come il raso e lo chiffon e il taglio sbieco per abiti che si adattano al corpo; anni ’40 e ‘50 – subito dopo la guerra, preponderanti i tailleur divisa realizzati in tessuti poveri; gonne dritte al ginocchio; giacche dalle linee squadrate e strette in vita.

La fine della guerra portò, soprattutto nella seconda metà del decennio, a un ritorno a materiali più pregiati con la rinascita della moda elegante, ritorna la femminilità, con Christian Dior e il “New Look” e in America cresce l’influenza dello stile casual; anni ‘60 – caratterizzati dalla rivoluzione giovanile, la minigonna di Mary Quant, il pop, il rock. Protagonista indiscusso fu il denim, declinato negli iconici jeans a vita alta, hot pants, smanicati, salopette e camicie. Per un look un po’ più girly, gonne skater e crop top; anni ‘70 – la moda femminile divenne un’espressione di libertà caratterizzata da pantaloni a zampa, gonne lunghe e a balze, colori vivaci, stampe psichedeliche e floreali, e abbigliamento ampio e comodo.

Stili iconici includevano il look hippie, con frange e tessuti naturali, i jeans e gli stili etnici; anni ‘80 – eccessi, colori vivaci e forti, spalline imbottite, moda intesa come status symbol, dove prevalgono le grandi firme come Versace, Armani, Moschino e, peraltro, raggiungere gli anni ’90 con il minimalismo di Calvin Klein, grunge, look ribelle e anticonformista, streetwear e glam in epoca di contrasti. Il XXI secolo è il periodo della globalizzazione, sostenibilità e identità. Nel nuovo millennio, la moda è diventata globale, digitale e inclusiva. Le tendenze non nascono più solo dalle passerelle, ma anche dai social media, dagli influencer e dalla cultura urbana. E si iniziano ad usare temi chiave di oggi come la fast fashion contro la slow fashion, la velocità e accessibilità contro la sostenibilità e qualità.

La moda genderless con l’abbattimento dei confini tra abbigliamento maschile e femminile. L’inclusività con maggiore attenzione alle taglie, alle etnie e alla disabilità. La tecnologia con la moda digitale, con la realtà aumentata, ed abiti intelligenti. Ed infine con il riciclo e la sostenibilità con attenzione all’ambiente, ai tessuti riciclati e alle produzioni etiche. Perciò la moda è molto più di un semplice abbigliamento e si può considerare lo specchio della Società, con il linguaggio visivo e un mezzo di espressione attraverso il quale l’individuo si riconosce. Da simbolo di potere a strumento di libertà personale, da status quo a scelta consapevole, individuale, autentica e la sua evoluzione racconta la storia dell’umanità stessa.

October 20, 2025

Charlot nel cuore” è il prossimo film di Enio Drovandi prodotto da Asi Spettacolo. Il film verrà realizzato in due versioni distinte ma complementari: un cortometraggio della durata di 15 minuti, pensato per i festival internazionali, e una versione televisiva destinata alla distribuzione su piattaforme digitali e reti online.  

La storia  vuol evidenziare sentimenti ed emozioni, che un nonno cerca di trasmettere alla nipote, attraverso un loro mito: Charlot.

Il padre della ragazzina, somiglia così tanto alla maschera creata da Chaplin, che spesso in famiglia lo fanno vestire come il vagabondo.

All’interno di un “sogno” effettuato dal nonno, la piccola scoprirà una leggenda che permette di vedere Charlot, per chi ha il il cuore puro. Esattamente come il suo!

I due in modo onirico, partono cosi verso Vervey per omaggiare la tomba di Charlie Chaplin. E la leggenda si compie.

Ma non si saprà mai se ciò che vede la piccola, è il mito creato da Chaplin, oppure il padre.

Ciò che invece impara, sono il rispetto dei sentimenti e dei valori.

E il nonno risvegliatosi dal sogno, ci farà capire che le emozioni devono essere salvaguardate dalla possibile avanzata della Intelligenza Artificiale. 

Il cast in via di definizione si compone dei seguenti nomi:

Angelica Bellucci: attrice, la nipotina,

Mariella Sapienza: attrice opinionista e influencer sostenibile che interpreta il ruolo della moglie di Ennio Drovandi

Guido Marini: attore e illusionista di fama mondiale,

Costantina Busignani: attrice

Roberta Perini: attrice, modella e organizzatrice eventi

Luisa Silvestri: attrice,

Sceneggiatura e Regia di Enio Drovandi  

Produzione ASI Spettacolo

Organizzazione Emanuele Di Marino

 

Rino R. Sortino

 

 

 

Dopo quasi duemila anni di silenzio, il Passaggio di Commodo torna a raccontare la sua storia. Per la prima volta, il Parco archeologico del Colosseo apre al pubblico questo straordinario percorso sotterraneo, un corridoio a volta che collegava direttamente l’esterno dell’Anfiteatro Flavio al palco imperiale, il celebre pulvinar dove sedevano gli imperatori durante i giochi. Il passaggio risale a un periodo compreso tra la fine del regno di Domiziano (81-96 d.C.) e l’età di Traiano (98-117 d.C.), come testimoniano i timbri di produzione sui mattoni delle pareti. Era un’opera di grande complessità, con tre rami sotterranei, due brevi, orientati ad est-ovest ed un corridoio principale disposto in direzione nord-sud. A intervalli regolari, lucernari illuminavano e ventilavano l’ambiente, permettendo all’imperatore di raggiungere il suo posto in modo rapido e sicuro. Il ramo orientale, secondo alcune ipotesi, conduceva verso il Ludus Magnus, la palestra dove si allenavano i gladiatori. Le pareti e il soffitto erano riccamente decorati con cassettoni in stucco, pannelli marmorei, motivi vegetali ed animali, e scene mitologiche come Arianna abbandonata da Teseo o le nozze con Dioniso.

 Il legame con l’imperatore Commodo non riguarda la costruzione, ma un episodio drammatico. Secondo la Storia Romana di Erodiano, proprio in questo passaggio l’imperatore fu vittima di un tentato assassinio, ordito dalla sorella Lucilla. Il complotto fallì, ma lasciò un’ombra leggendaria su quel luogo segreto. Il passaggio venne scoperto tra il 1810 e il 1814, quando Roma era sotto il dominio francese, infatti fu interamente scavato solo nel 1874, dopo l’Unità d’Italia. Oggi, grazie a un grande progetto di restauro avviato nel 2024, torna a nuova vita. Gli interventi hanno riguardato le pareti a volte, gli stucchi, le decorazioni crollate e le superfici marmoree. Il corridoio è ora stabilizzato e reso accessibile grazie a nuovi supporti metallici, passerelle sicure e un sistema di illuminazione moderna che valorizza i dettagli senza alterarne la suggestione. Dal 27 ottobre 2025, i visitatori potranno finalmente attraversare il Passaggio di Commodo e rivivere la Roma imperiale in un’esperienza unica con un incontro tra archeologia, storia ed emozione. In un’epoca in cui Roma cerca un equilibrio tra tutela e valorizzazione del patrimonio e quest’apertura è molto più di una semplice visita. È un segnale di rinascita culturale, un invito a riscoprire il fascino nascosto della Città Eterna, dove ogni pietra racconta un frammento della nostra identità.

 

October 13, 2025

“Un uomo ammattisce se non ha qualcuno. Non importa chi è con lui, purché ci sia. Vi so dire che si sta così soli che ci si ammala." (J. Steinbeck)


Il fine ultimo del teatro è la messa in scena di un testo, sia esso un classico, un’opera di attualità o di pura invenzione. La vera sfida, tuttavia, consiste nell'entrare in risonanza con il pubblico attraverso l’interpretazione, e nel riuscire a infondere sentimenti, emozioni e riflessioni.
Gli attori sono coloro che fungono da tramite emotivo (transfert); per loro non è sufficiente imparare la parte a memoria, ma devono far proprio il testo e riuscire a immergersi completamente (nella storia da condividere. È innegabile, d’altronde, che non tutti gli interpreti abbiano la capacità di conferire la massima autenticità alla rappresentazione vuoi per inesperienza, per inattitudine per insufficienza preparatoria.

L’Associazione “Giardini dell’arte” ha realizzato una trasposizione eccellente di “Uomini e topi” (Of Mice and Men, 1937), il celebre romanzo breve di John Steinbeck. Ogni interprete è riuscito in maniera mirabile a raggiungere la piena padronanza del proprio ruolo. L'allestimento ha catalizzato l’attenzione di un pubblico visibilmente coinvolto, che ha trattenuto il respiro per non perdere i dialoghi e l’interpretazione magistrale. Si è trattato di un dramma emozionante non solo per l'intensità della storia, ma soprattutto per la modalità interpretativa, che ha conferito al pubblico la rarissima sensazione di assistere a una realtà viva e non artefatta.Lo spettacolo, attraverso le gestualità, le voci, i respiri e il vibrante trasporto degli interpreti, ha conquistato pienamente il pubblico. Gli spettatori in sala hanno applaudito per lunghissimi minuti, soddisfatti di aver assistito a un’intensa trasposizione di una storia già di per sé fortemente impattante.Nei ricordi, rimarranno certamente impresse le figure di George e Lennie, interpretate con umanità e intensità uniche da Lorenzo Lombardi e Aldo Innocenti, una coppia di attori che ha dato nuova vita ai personaggi. Lo stesso Steinbeck avrebbe probabilmente gradito: fu lui, del resto, a portare in teatro la sua opera. Uomini e topi (una pièce in tre atti) debuttò a Broadway il 23 novembre 1937, lo stesso anno della pubblicazione del romanzo, a riprova della sua intrinseca vocazione scenica.Il plauso e il ringraziamento vanno dunque a coloro che, animati da una vera vocazione, sanno strappare le storie dalle pagine di un libro per dar loro corpo e respiro, restituendole vive alla comunità.

 

Uomini e topi -Teatro di Cestello
a cura di: Associazione Giardini dell’arte- regia di Marco Lombardi- versione italiana di Luigi Squarzina,
Lorenzo Lombardi, Aldo Innocenti, Marcello Sbigoli, Raffaele Totaro, Anna Serena, Lorenzo Bittini, Massimo Blaco, Gianfranco Onatziro’ Obinu.

Assistente alla regia Sandra Bonciani, musiche originali di Marco Simoni, costumi di Fiamma Mariscotti, disegno luci di Silvia Avigo, scenografia di Lorenzo Scelsi.

 

October 13, 2025

October 10, 2025

Sono passati due anni esatti dagli attentati che il 7 ottobre 2023 hanno colpito Israele, lasciando una scia di sangue e terrore difficile da dimenticare. Il mondo si è fermato, l’Europa ha osservato, spesso con il fiato corto e il coraggio dimezzato. Ma mentre la diplomazia ufficiale arrancava, la pace è arrivata, o almeno un fragile accordo, grazie ad un attore inaspettato: Donald Trump. È stato lui, con una mediazione silenziosa, ma decisa, a riportare le parti a un tavolo, spiazzando analisti e benpensanti. Una pace concreta, non imposta dalle piazze o dai proclami, ma costruita con la forza della realtà. E, intanto, in Italia, ci si è persi tra le macerie di una protesta senza visione. Mentre a Doha si firmavano accordi, qui si lanciavano slogan e sassi. Le vetrine rotte nelle città italiane non hanno fermato alcuna guerra, ma hanno messo a dura prova la convivenza civile.

La cosiddetta “Flottilla della pace”, i cortei antagonisti, e le dichiarazioni infiammate di Maurizio Landini hanno aggiunto rumore, ma non soluzioni ed invece di costruire ponti, si sono alzati muri. E a questo punto vale la pena ricordarlo chiaramente che il compito di un sindacato è quello di tutelare i lavoratori, difendere i diritti, migliorare le condizioni nei luoghi di lavoro e non trasformarsi in un partito mascherato, pronto a sindacare ogni mossa del Governo come se fosse un’opposizione politica alternativa. Un sindacato “vero” non si schiera nei giochi di potere, ma resta accanto ai lavoratori, senza agende ideologiche e senza incitare alla ribellione sociale fine a sé stessa. Ecco perché, oggi più che mai, le parole che Oriana Fallaci scrisse su Panorama il 18 aprile 2002 suonano come un colpo alla coscienza collettiva.

Parole che parlavano di libertà, di indifferenza e di pericoli che si annidano nel silenzio colpevole delle società democratiche. Allora molti le giudicarono estreme, ma oggi, a distanza di oltre vent’anni, si rivelano semplicemente lucide. Fallaci non si limitava a commentare, ma avvertiva. Ci chiamava a non ignorare ciò che stava cambiando sotto i nostri occhi. E se oggi l’Italia è attraversata da un senso di smarrimento, da una politica sempre più gridata e da un’informazione polarizzata, è proprio perché troppo spesso si è scelto di non ascoltare. Di ridicolizzare chi invitava alla vigilanza, di confondere la militanza con la rabbia, la protesta con il vandalismo e la critica con il sabotaggio. Oriana Fallaci ci ha lasciato una lezione scomoda, ma fondamentale, che la libertà non si difende con i cortei che devastano le città, né con i sindacati trasformati in tribune ideologiche, ma si difende con la coerenza, il pensiero critico e il coraggio di chiamare le cose con il loro nome, e senza ambiguità, e senza paura. E se oggi il mondo è un po’ più vicino alla pace, non è merito di chi ha alzato la voce per farsi notare, ma di chi ha avuto la forza di agire in silenzio e con determinazione. Anche questo, in fondo, è un messaggio che la Fallaci avrebbe approvato.

 

 

 

Grande successo per l’undicesima edizione della Ragunanza di poesia, narrativa, pittura e fotografia. Si è conclusa il 5 ottobre nell’antica Vaccheria di Villa Pamphilj, nel parco più grande di Roma, la cerimonia di premiazione del noto concorso letterario artistico internazionale, promosso dall’associazione Le Ragunanze di Roma. Il premio, dedicato dal 2018 ad Anastasia Sciuto, giovane regista diplomata all’Accademia Nazionale D’Arte Drammatica Silvio D’Amico, ha avuto i patrocini morali del Consiglio Regionale del Lazio, Roma Capitale XII Municipio, Ambasciata di Svezia a Roma, Accademia Nazionale D’Arte Drammatica “Silvio D’Amico”, Vivere D’Arte, Leggere Tutti, LATIUM di Madrid, ACTAS Tuscania, WikiPoesia, Brainstorming Culturale e Punto Zip la cultura in un piccolo spazio. La Giuria composta da Virgilio Violo (Presidente di Giuria), Michela Zanarella (Presidente del Premio), Giuseppe Lorin (Vice Presidente del Premio Le Ragunanze), Elisabetta Bagli (Presidente Latium), Antonio Corona (Vivere D’Arte), Fiorella Cappelli (Leggere Tutti), Lorenzo Spurio, Luciana Raggi, Serena Maffia ha decretato i vincitori che per l’occasione hanno raggiunto la Capitale. Ad aprire l’evento la soprano Anna Zilli che ha interpretato dei brani a cappella. Sono seguiti gli interventi di Silvio Parrello, “er Pecetto”, tra i protagonisti del romanzo “Ragazzi di vita” di Pier Paolo Pasolini, che ha recitato un estratto da “Il romanzo delle stragi”. Memoria storica di Pasolini e artista di riferimento nel quartiere Monteverde, Parrello è presenza immancabile alle Ragunanze. Quest’anno preziosa è stata la partecipazione del musicista Stefano Refolo che oltre ad essere tra i premiati, ha interpretato alcuni brani storici della musica italiana coinvolgendo il pubblico. L’attrice Chiara Pavoni ha letto i testi delle opere vincitrici. È intervenuto anche l’assessore alle politiche sociali del Municipio Roma XII Fabio Bomarsi che ha sottolineato l’importanza del lavoro delle associazioni nel territorio per promuovere e valorizzare i talenti. L’assessore ha portato i saluti del Presidente del Municipio Roma XII Elio Tomassetti.

La Presidente del Premio Michela Zanarella ha poi dato il via alla premiazione annunciando i vincitori delle cinque sezioni. Per la sezione poesia a tema natura il primo posto è stato assegnato a Luciano Giovannini di Roma con la poesia “Back in Villa Pamphilj”, secondo classificato Danilo Poggiogalli di Roma con “Nella valle dell’Aniene”, terza classificata Manuela Magi di Tolentino, Macerata, con “Intrecciata radice”. Menzioni d’onore per Antonella Ariosto, Giovanni Battista Quinto, Isabella Petrucci, Alberto Baroni, Rossana Bonadonna, Lucia Izzo, Carla Abenante, Romano D’Alliegro, Sara D’Angelo. Per la sezione libro edito poesia sul podio Paolo Parrini di Castelfiorentino con la raccolta “Un lunghissimo addio”, seconda classificata Monica Martinelli di Roma con “Taming Time”, terzo classificato Michele Sabatini di Montefalco con “Una bellezza asciutta”. Menzione d’onore per Niculina Oprea, Elisabetta Biondi Della Sdriscia, Stefano Baldinu, Rosaria Di Donato, Patrizia Marzillo, Francesca Romana Rotella, Gioacchino Di Bella, Massimo Monteduro, Mirko Gloriani, Tarana Turan Rahimli. Per la narrativa ha vinto Roberto Maggi di Roma con “Gli accordi spezzati”, secondo classificato Gian Stefano Spoto di Roma con “Il cappello vuoto e altri racconti”, terzo classificato Alessandro Bellomarini di Roma con “Fottuta borghesia”. Menzioni d’onore a Michele Manna, Gabriella Cinti, Sabrina Tonin, Elvira Delmonaco Roll, Jolanda Anna Tirotta, Loredana Manciati, Alberto Umbrella. Per la sezione pittura sul podio al primo posto Giuseppe Galati di Vibo Valentia, a seguire Bruna Milani di Roma e Adriano Ruzzene di Treviso. Menzione d’onore a Stefany Pepe di Roma. Per la sezione fotografia ha trionfato Alessandro Porri di Roma, secondo classificato Adriano Geracitano di Roma, terza classificata Chiara Novelli di Roma. La Targa Anastasia Sciuto 2025 è stata assegnata all’attore Massimo Odierna, rappresentato dalle attrici Sofia Taglioni e Sara Putignano. Targa Latium dell’associazione Latium di Madrid a Domenico Guida di Roma, la Targa Vivere D’Arte dell’associazione Vivere D’Arte di Torino a Daniele Ricci di Pesaro Urbino, Targa Speciale Le Ragunanze a Stefano Refolo di Roma per il racconto della canzone italiana “A tempo di Refolo”, Targa Speciale Le Ragunanze a Selene Pascasi di L’Aquila, Targa Actas Tuscania a Roberto Costantini di Roma. Targa alla carriera ad Athina Cenci, da anni madrina dell’evento, consegnata dal giornalista di Repubblica Giacomo Galanti insieme all’attrice Sara Putignano. L’evento si conferma un appuntamento significativo per il quartiere Monteverde che riesce ogni volta ad accogliere artisti dall’Italia e dall’estero.

 

October 08, 2025

Con un solo voto di scarto, il Parlamento Europeo ha deciso di mantenere l’immunità parlamentare a Ilaria Salis, eurodeputata accusata in Ungheria di gravi reati. Un voto risicato, ma dal peso politico enorme. Ancora una volta, Bruxelles invia un segnale che divide: quello di un’istituzione pronta a difendere la propria struttura più che i principi di giustizia che dice di rappresentare. La decisione arriva in un clima già teso, in cui la fiducia dei cittadini europei verso le istituzioni è ai minimi storici. Eppure, bastano sessanta secondi di votazione per far riaffiorare il sospetto che a prevalere non sia il diritto, ma la politica delle convenienze. Un solo voto, uno soltanto, ha salvato Salis dal rischio di dover rispondere subito davanti ai giudici ungheresi. E quel voto, simbolicamente, pesa come un macigno sull’immagine stessa del Parlamento di Strasburgo.

Certo, la questione non è semplice. Il caso Salis è delicato, intrecciato a diritti civili, garanzie processuali e rapporti complicati con il governo Orbán. Tuttavia ciò che lascia l’amaro in bocca è la sensazione che l’immunità sia diventata uno scudo politico, più che una tutela democratica. Una protezione concessa non per difendere un principio, ma per salvare un simbolo utile a certi equilibri di potere. Il Parlamento europeo appare sempre più come un luogo autoreferenziale, dove le decisioni vengono prese lontano dai cittadini, dai loro problemi reali e dalla loro idea di giustizia. Si parla di “Europa dei valori”, ma questi valori sembrano valere solo quando conviene. Peraltro, invece, di dare un segnale di fermezza, di trasparenza e di responsabilità, prevale il calcolo.

E la distanza tra Bruxelles e la gente comune cresce ancora di più. Molti in Italia, e non solo, si chiedono cosa resti oggi della sovranità morale di un’Europa che difende se stessa, ma non sempre difende i principi che proclama. La vicenda Salis non è solo un fatto giudiziario, ma un termometro politico e simbolico. Misura quanto le istituzioni europee siano ormai percepite come un sistema chiuso, poco disposto a rendere conto, protetto da privilegi e procedure. Non è un invito all’uscita dall’Unione, ma una richiesta di verità. Di trasparenza, di coerenza e di coraggio. Perché se l’Europa vuole restare credibile, deve saper dimostrare che nessuno, nemmeno un suo rappresentante, è al di sopra della Legge. Altrimenti, a furia di proteggere se stessa, rischia di perdere ciò che la fonda: la fiducia dei cittadini. Forse è arrivato il momento di dirlo con chiarezza che serve un’Europa con la schiena dritta e capace di guardare in faccia i propri errori. Perché un solo voto può salvare un politico, ma può anche condannare un’istituzione intera alla perdita della propria credibilità.

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