L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni.

Environment (83)

Nunzio Ingiusto

                                                                                                                                                                         contatto

 

L'Italia vuole importare più gas dai Paesi del Mediterraneo e un nuovo gasdotto dovrebbe collegare la Sardegna alla rete esistente. Miglia di chilometri di tubazioni destinate a crescere se i progetti andranno avanti. Ma i gasdotti in attività sono tutti in buono stato o hanno bisogno di manutenzioni ed interventi di riparazione? Secondo Legambiente no, perdono gas che va in atmosfera e non fa bene all'ambiente. Di più, il governo è sollecitato ad intervenire per mettere a posto. Un bel guaio per chi vuole costruire nuove infrastrutture di trasporto di fonti fossili, mentre siamo tutti impegnati nella transizione energetica.

 

 Le preoccupazioni sui gasdotto vengono fuori dalla campagna “C'è Puzza di Gas” che dal 2022 ha toccato Sardegna, Sicilia, Basilicata, Campania, Toscana, Emilia-Romagna, Abruzzo con flash mob, conferenze stampa e dibattiti. Realizzata da Legambiente insieme a Clean Air Task Force la campagna sul territorio ha scoperto 150 punti di dispersione. Esce gas dal gasdotto Greenstream che collega Libia e Italia, dalla centrale di pompaggio di Melizzano in Campania, dall'impianto di Moliterno in Basilicata e in tanti altri posti. Il futuro sviluppo dell'energia non puo' trascurare situazioni di questo genere che hanno a che fare con la sicurezza dei cittadini.Dai dati raccolti all'appello diretto a Giorgia Meloni il passo di Legambiente è stato rapido. In una nota si dice che “per contrastare la lotta alla crisi climatica e centrare gli obiettivi luminosi, si acceleri il passo per ridurre le emissioni di metano e dotare l'Italia di norme stringenti che impongano attività di monitoraggio, rilevamento e riparazione delle perdite negli impianti. Oltre, chiaramente, ad un cambio di rotta delle politiche energetiche.

 

Il governo dovrebbe intervenire sulle società che gestiscono i metanodotti che sono le stesse che gestiranno il futuro hub del gas, se e quando si farà. Le rilevazioni sulle perdite non possono essere rimesse in un cassetto e richiedono interventi urgenti. E' auspicabile anche che ci sia un rapido confronto con le società ei manager che gestiscono le reti di trasporto del gas, Snam Rete gas in particolare che ne ha oltre il 90%. Legambiente denuncia anche casi in cui il gas viene rilasciato volontariamente in atmosfera, il cosiddetto venting che si sparge nell'aria. “La guerra in Ucraina ha mostrato in maniera chiara a imprese, cittadini e amministrazioni pubbliche tutti i limiti della dipendenza italiana ed europea dalle fonti fossili” ha detto Stefano Ciafani, Presidente di Legambiente. “Una situazione che in Italia rischia di peggiorare alla luce non solo delle sostanziose politiche di diversificazione degli approvvigionamenti di gas fossile, ma anche a causa dello sviluppo delle nuove infrastrutture fossili”. Trasformare l'Italia in un hub del gas è “una scelta totalmente sbagliata, perché il nostro Paese deve diventare l'hub delle rinnovabili”. Nel lungo periodo sarà così, ma intanto per alcuni anni di gas ce ne vuole ancora, almeno finché tutte le rinnovabili non saranno convenienti. Ci tocca un periodo di passaggio. Per le importazioni di idrocarburi la Commissione europea vuole rivedere le regole e l'Italia non deve restare alla finestra. Tuttavia, controllare le tubazioni e riparare le perdite è una necessità che non puo' aspettare i tempi della politica.    

 

  

La decisione del governo di intervenire sui bonus energetici è il tema di cui si discute in Italia più dell’angosciante guerra in Ucraina. Un tema intrecciato sia con le questioni fiscali che con la transizione energetica. I bonus costano troppo? Allora è il caso di rivedere il sistema per procedere comunque lungo la strada della riconversione verde. Poi non si capisce perché le imprese europee per trasformare le produzioni debbano essere aiutate dall’Europa con una modifica agli aiuti di Stato e le famiglie italiane no. A Giorgia Meloni è arrivato un altolà da Forza Italia che fa pensare a modifiche in fase di conversione del decreto.

 

Di fatto il provvedimento ha bloccato i bonus fiscali e principalmente quelli per il credito d’imposta per il Superbonus 110%. I sindacati hanno annunciato lo sciopero generale perché temono licenziamenti a raffica. Il Governo ha lanciato un segnale alle banche affinché riprendano ad acquistare i crediti fiscali da chi ha usufruito delle agevolazioni. Dal 17 febbraio 2023 non è più permesso scegliere tra cessione del credito/sconto in fattura se non a certe condizioni. La data che segna la svolta è il 16 febbraio 2023. A quella data bisogna essere in possesso della Cilas per l’avvio dei lavori o quanto meno aver effettivamente aperto il cantiere, sia che si tratti di abitazione unifamiliare che di condominio. Per chi acquista i crediti è necessaria la documentazione per l’avvio dei lavori- titolo edilizio abilitativo- una notifica preliminare dell’avvio dei lavori, le fatture che documentano il reale pagamento delle spese, i visti di conformità ed altra documentazione richiamata nel decreto. Insomma, sono stati messi dei paletti fermi sulla documentazione per riprendere il sistema della cessione dei crediti. 15 miliardi di euro, però, sono i crediti che le imprese di costruzioni non hanno potuto dare alla banche perché si rifiutano di accettarli. La documentazione da questo mese di febbraio deve essere a prova di truffa. Ma se è incompleta « non costituisce causa di responsabilità solidale per dolo o colpa grave in quanto il cessionario del credito può fornire, con ogni mezzo, prova della propria diligenza o non gravità della negligenza », precisa l’Associazione Italia Solare. Sarà in ogni caso l’Agenzia delle Entrate a provare eventuali frodi o violazioni delle norme. 

 

Quanto è costato il Superbonus 110% allo Stato? Le cifre circolate in questi giorni non sono definitive e le contestazioni al decreto partono proprio da qui. Si dice 110-130 miliardi, ma sarebbe la spesa per le agevolazioni dirette senza tenere conto del maggior gettito fiscale arrivato allo Stato dal settore edilizio, dalle migliaia di assunzioni, dalla vendita di materiali ed apparecchiature. Se si calcola anche questo, si deduce chela spesa è stata più contenuta. Tutti i bonus sono stati troppo generosi, si è anche detto, laddove si sono contati 7 miliardi di truffe. A questo punto  il governo se non vuole dare spazio a nuove ondate populiste o demagogiche sulla transizione verde crei subito un tavolo rappresentativo di tutte le componenti sociali ed economiche. Per restare dentro quel processo di innovazione energetica ed ambientale a sostegno del quale erano stati concepiti bonus e Superbonus. È inutile e fuorviante addossare responsabilità a chi è legato a quella misura nel.a sua formula originaria e che non conteneva alcuna distinzione di città, di reddito del beneficiario, dell’anno di costruzione dell’immobile e così via. Sarebbe anche difficile dissociare chi era a favore dei bonus allora ed oggi li taglia.

La sfida energetica è tutta aperta e mantenere in piedi edifici vecchi ( anche l’Unione europea li  vuole riconvertire) non fa bene agli obiettivi di risparmio al 2030-2050. Se l’Italia ha allungato troppo il passo con agevolazioni onerose per il bilancio dello Stato, si è in tempo per correggere il ritmo, ripensare la strategia. Non certamente per ritirarsi.

Meno olio e pomodori: sono i principali dati negativi dell'agricoltura italiana 2022. L'anno per Coldiretti si chiude malamente a causa dei cambiamenti climatici. Non poteva andare peggio e cosi' il Presidente dell'organizzazione agricola Ettore Prandini dice che “i cambiamenti climatici vanno affrontati con interventi strutturali poiché l'Italia ha bisogno di nuovi invasi per raccogliere l'acqua a servizio dei cittadini e delle attività economiche”. L'anno che se ne va, è stato il più caldo di sempre e il surriscaldamento ha fatto danni ovunque. I danni dovuti a siccità e maltempo superano i 6 miliardi di euro.

 

Coldiretti ha fatto il bilancio degli ultimi 12 mesi durante i quali è stata registrata una temperatura media superiore di 1,06 gradi. Con il surriscaldamento ci sono stati anche eventi estremi cui lo Stato non riesce ancora a fare fronte. I coltivatori sostengono che senza misure adeguate (soprattutto le politiche) è a rischio anche la dieta mediterranea con tutta la filiera. Proprio quando questa tipicità del made in Italy si sta affermando in tutto il mondo. L'anno si chiude con un 30% in meno di olio extravergine di oliva; 10% per passate, polpe e salse di pomodoro; 5% per il grano duro usato per la pasta. Il clima pazzo ha mandato giù i successi del pomodoro doc esportato in tutto il mondo. In ginocchio anche le risaie ei vitigni, altre eccellenze dello “stivale”.

 

 La situazione rischia di diventare strutturale in mancanza di interventi ben congegnati e alla vigilia della Politica Agricola europea. Il Ministro dell'Agricoltura Lollobrigida si dice impegnato a sostenere la sovranità alimentare italiana. Ma qui siamo davanti ad una classifica impietosa: quella degli anni più roventi. Oltre al 2022 ci sono il 2018, il 2015, il 2014, il 2019 e il 2020. Cambiamenti climatici che colpiscono il comparto economico primario accompagnati da tropicalizzazione eventi violenti, sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense. Emerge la necessità di avere più acqua nella campagne. L'agricoltura italiana - aggiunge Prandini - “in presenza di acqua, potrebbe moltiplicare la capacità produttiva in un momento in cui a causa degli effetti della guerra in Ucraina abbiamo bisogno di tutto il nostro potenziale per garantire cibo ai cittadini e ridurre la dipendenza dall'estero”. Il governo dovrebbe mettere intorno ad un tavolo i Ministri dell'Agricoltura e delle Infrastrutture (almeno) per tracciare un piano che vada alla radice del problema della disponibilità di acqua preventiva. L'Associazione nazionale delle bonifiche si sta muovendo proprio in questa direzione. Vuole creare una rete di bacini di accumulo (veri e propri laghetti) per raccogliere il 50% dell'acqua dalla pioggia. I laghetti sarebbero realizzati senza cemento, senza impatti ambientali, con pietra locale e con le stesse terre di scavo con cui sono stati preparati, per raccogliere l'acqua piovana e utilizzarla in caso di necessità.

 L’Italia ha un paesaggio che le consente ancora di eccellere su altri Paesi? Il Premio biennale del Paesaggio del Consiglio d’Europa è un’occasione d’oro per dimostrare che nello stivale ci sono zone sostenibili, dove la qualità della vita è accettabile e le persone partecipano a tenere alta la vivibilità. Il Premio europeo, molto ambito, è già stato assegnato all’Italia in due occasioni. La prima, nell’edizione 2010-2011 al progetto della Sardegna “Carbonia Landscape Machine”. Un Piano che ha portato al recupero con restauro ed azioni di tutela architettonico la Città del Novecento. Nell’edizione 2020-2021, invece, il progetto “La biodiversità dentro la città: la Val d’Astino di Bergamo” è stata premiato a livello nazionale e selezionato a rappresentare in Europa la candidatura italiana. A novembre ha vinto la VII edizione del Premio istituito dal Consiglio d’Europa.

Siamo arrivati così’ alla vigilia dell’VIII Edizione con le candidature aperte fino al 15 dicembre di quest’anno. Siamo pronti? Il Ministero della Cultura, come in occasione delle precedenti edizioni, ha avviato una ricognizione delle azioni più rappresentative di tutela del paesaggio per  proporre  la candidatura italiana al Premio. Il Ministro Dario Franceschini ha chiesto a Regioni, Comuni e altri soggetti pubblici, anche in forma aggregata, di fare proposte. A loro disposizione - ma anche di soggetti del terzo settore,singolarmente o in partenariato-  c’è un formulario a cui si accede dal  sito www.premiopaesaggio.beniculturali.it . Il Paese vive una condizione particolarmente complicata sotto l’aspetto ambientale e della tutela del patrimonio artistico-culturale. Gli eventi climatici estremi degli ultimi due anni e la scarsità di fondi ( in attesa di quelli del PNRR)  hanno condizionato la realizzazione  di molti progetti concepiti a livello locale. In ogni caso per confrontarsi con l’Europa le proposte di candidatura dovranno riguardare un progetto, un programma o una politica per la valorizzazione del paesaggio. Vanno documentate “operazioni di salvaguardia, gestione e/o pianificazione sostenibile rispondenti ai criteri indicati nel Regolamento del Premio consultabile sul sito” spiega una nota del MIC. Più nello specifico c’è da mettere in evidenza esemplarità, sviluppo territoriale sostenibile, partecipazione, sensibilizzazione. Cose che gli italiani apprezzano ma che scontano mille ostacoli se non addirittura   boicottaggi.

 Tra le proposte che arriveranno una Commissione sceglierà la Candidatura Italiana al Premio del Consiglio d’Europa. Il 14 marzo 2023, in occasione della Giornata Nazionale del Paesaggio, il progetto italiano candidato a quello europeo, riceverà il Premio Nazionale istituito nel 2016 dallo stesso Ministero della Cultura. Sarà premiato il migliore, ma sono previsti riconoscimenti anche ad altre  proposte ritenute particolarmente interessanti. Tutto,i nsomma, riguarda una visione generale della tutela dei luoghi in cui viviamo. Ma non sempre la cosiddetta Bella Italia si distingue per la conservazione o lo sviluppo di montagne, fiume, laghi, colline, parchi.  Le minacce e la distruzione per mano dell’uomo di luoghi incantevoli che andrebbero preservati meglio  sono il sale di decine di iniziative e di denunce. Il valore che ci sentiamo di attribuire a questi Premi nazionali o europei è quello che Benedetto Croce chiamava il valore “qualitativo nel godimento di un paesaggio”. Lui nel 1920 scrisse la prima legge    sulla “Tutela delle bellezze naturali”. Più modestamente vogliamo augurarci che le proposte che arriveranno a al Ministero della Cultura entro il 15 dicembre ci diranno  se siamo ancora in grado di competere - e magari vincere- con gli altri Paesi dell’Europa.

 

 Gli italiani non si fidano più delle auto elettriche. E’ davvero così’, quando i prezzi dei carburanti sono alle stelle e il governo ci sta chiedendo di non strafare nei prossimi mesi ? Le auto ad energia elettrica  sono una risposta  alla mobilità nel suo insieme. Ma se ad agosto 2021 ne erano state vendute 6.476,  ad agosto  di quest’anno ne sono state vendute 4.961.  Intendiamoci, sono dati di piena estate, ma il calo di mercato  è stato del  23,39%. L’Associazione che riunisce questo mondo green- Motus-E- è preoccupata per la flessione di mercato. Lo siamo un po’ tutti, in verità, perché le speranze di vedere decrescere i gas di scarico si oscurano.  In breve  il’Italia va in controtendenza rispetto al resto d’Europa. Anzi , le auto elettriche pure a fronte di quelle ibride plug-in  calano di circa il 30%. Cosa sta succedendo ?  Che ”L’Italia continua a fare peggio del resto d'Europa - dicono all’Ansa i responsabili di Motus-E- A luglio  per esempio, la Germania ha immatricolato 28.868 veicoli BEV ( veicoli elettrici a batteria) con un  +13,16% in confronto  allo stesso mese dello scorso anno. Anche Francia e Olanda non hanno avuto crolli:  tutt’altro.

In Italia è solo un problema di infrastrutture di ricarica, costi delle vetture e incentivi a cambiare la vecchia ? Ricordo che gli incentivi sono ripartiti a metà maggio, nonostante le impennate dei prezzi dei carburanti e la crisi  degli approvvigionamenti.  Negli altri Paesi  si sta  procedendo con  una mobilità meno inquinante. in tutti i settori.  Gli esperti hanno valutato anche che la  programmazione complessiva  del mercato dell’auto all’estero sostiene il mercato delle elettriche, “nonostante le contingenze geopolitiche comuni a tutti gli Stati europei". Diciamo che il Bel Paese , come per altri settori, anche qui sconta il ritardo delle infrastrutture di “accoglienza” delle vetture elettriche. Abbiamo una sorta di programmazione monca. I punti di ricarica sono pochi; c’è una differenza numerica abissale tra Nord e Sud. Emilia Romagna, Lombardia, Valle d’Aosta e Umbria sono le uniche Regioni che hanno impianti ad hoc. Il Sud  ne è quasi completamente sprovvisto. Aggiungo che gli investimenti delle società elettriche vanno a rilento,  per cui chi intende acquistare un’auto non inquinante ci pensa ben bene.  Se entro il 2035- come dice l’Europa- non dovranno più circolare auto con motore termico, il dato italiano di agosto 2022 sulle auto elettriche è certamente un segnale pessimo.

Di buone intenzioni è lastricata la via dell’inferno, dice il proverbio. Qualche volta è proprio cosi’. La polemica sugli investimenti per la mobilità sostenibile del governo Draghi sta mettendo i Verdi italiani in una posizione scomoda. 16 miliardi di euro per bus non inquinanti, metropolitane, treni a idrogeno e ciclovie non sarebbero sufficienti a riorganizzare i futuri spostamenti degli italiani. Secondo il portavoce di Europa Verde Angelo Bonelli quelle del Ministero retto da Enrico Giovannini sarebbero, per l’appunto, più o meno, solo buone intenzioni. E i soldi a disposizione addirittura irrisori. La polemica - che per ora non ha toccato altri partiti della maggioranza di governo- si svolge sul quotidiano La Stampa. Sul giornale torinese, Bonelli ha attaccato le scelte del governo e di Giovannini in particolare. L’esponente dei Verdi ha parlato anche di acqua e delle falle nella rete idrica italiana, da sistemare. Interventi non soddisfacenti che vanno ad incidere su temi critici da anni. Giovannini non è rimasto in silenzio ed ha risposto nel dettaglio alle osservazioni del leader Verde. Una lista di cose da fare, utile per capire in che direzione si sta muovendo il governo contro il “benaltrismo tipico della dialettica politica del nostro Paese” scrive il Ministro. 16 miliardi di euro è la cifra che Giovannini espone nella sua replica e che interessa tutto il sistema della mobilità. Cifra che sale a 19 miliardi - da spendere nei prossimi cinque anni- se si mettono insieme Pnrr, Fondo complementare e Legge di Bilancio. Possibile che Bonelli, politico stimato ed esperto, non lo sappia? E’ solo vis polemica in un momento cosiì delicato? Agli stanziamenti di cui sopra vanno aggiunte anche altre risorse ordinarie e gli investimenti dei privati. Qualcuno ha fatto meglio in passato? Per la prima volta - spiega Giovannini- siamo davanti ad “un investimento mai compiuto dal nostro Paese, con una quota molto elevata destinata al Sud”. A questo punto vengono fuori le cifre.

 

Il Pnrr e il Fondo complementare destinano quasi 9 miliardi per autobus green, ciclovie urbane e turistiche, metropolitane, tramvie, rinnovo treni regionali e intercity, sperimentazione di treni a idrogeno. A questi soldi si sommano 3,7 per le metropolitane nei grandi centri urbani, 1 miliardo per il trasporto rapido di massa, 2 miliardi per la mobilità inseriti nella Legge di Bilancio. “Inoltre-aggiunge il Ministro- per la prima volta da dieci anni a questa parte viene aumentato il fondo per il trasporto pubblico locale”. La futura mobilità connoterà il modo di vivere e spostarsi degli italiani verso gli standard sostenibili delle maggiori città europee. Ma l’Italia deve pensare anche al Sud dove il gap tecnologico ed infrastrutturale (già no green) è alto. Le ferrovie, altro esempio del Ministro, assorbiranno   risorse per alcune decine di miliardi fino al 2030, anno cardine per la decarbonizzazione e l’abbattimento della CO2. A fare da scudo c’è anche il "Documento strategico sulla mobilità ferroviaria" con altri 5,5 miliardi per l'elettrificazione di linee regionali e il miglioramento delle stazioni. Non va trascurato, infine, nemmeno l’abbandono entro il 2023 di tutti gli autobus euro 1-2-3. e che lo Stato non finanzierà più l'acquisto di mezzi diesel. I Verdi vorrebbero più investimenti e gli va dato atto di sensibilità e visione ambientali lungimiranti. Ma con il governo Draghi ci siamo trovati tutti solo un poco più avanti dei nastri di partenza. Gli interventi di cui il Paese ha bisogno andavano fatti molti anni fa. Recriminare non serve, anche perché i piani di oggi (sempre migliorabili, ovvio) e che l’Ue ha approvato rispettano le più recenti indicazioni dell’Ue stessa. Entro il 2040 bisognerà costruire 9 grandi corridoi europei di trasporto sostenibile ed entro il 2025 le reti Ten-T (Trans-European Transport Network) dovranno adottare piani per la mobilità a zero emissioni, trasporto pubblico, ciclovie e itinerari pedonali. L’Italia non puo’ restare fuori da queste scelte se non per una malaugurata visione di corto respiro. Avere 16/19 miliardi da spendere nei prossimi cinque anni è l’esame più difficile da superare. Per il governo, ma anche per chi dimostra di non essere contro, a prescindere.

Plus j’y réfléchis...plus cela m’inquiète...

LA NUIT SEMBLE INFINIE. Des organismes parasites très agressifs, appelés homo sapiens destructeurs assouvissent leurs pulsions destructrices sur la surface du globe terrestre.
La maladie de leurs idées est une perversion mentale où la morale y est absente.
Ils sont un concentré de ce qu’il y a de plus néfaste sur terre.
Ces prédateurs sont plus que jamais déterminés à tout sacrifier sur l’autel du profit, même leur propre espèce.
Le 21 ème siècle est devenu l’ère du profit, de la surconsommation et de ce fait, du gaspillage, faisant de ce siècle de découvertes, d’avancement et d’une certaine évolution, un gâchis inqualifiable contraire à toutes éthiques. Ainsi, gangrénant par la même occasion l’existence des autres espèces en massacrant leur environnement, par le pillage et son extermination. Tout ceci au nom du plus offrant et du profit.
Comparables à d’authentiques sociopathes, ils se pensent dispensés de toutes punitions de la justice.
Assoiffés de profits, meurtriers, narcotrafiquants, criminels sexuel, mafieux, etc...avec eux l’évasion fiscale se porte à merveille.
La misère sociale tue. Loin des yeux du fisc ou d’interpol, rien n’a vraiment changé. Anonymat total 100% garanti et taxation à 0%.
Montants colossaux d’argent sale. Immeubles boîtes aux lettres de structures offshore implantés un peu partout. Trou noir financier où l’argent disparaît.
Notre planète se dépeuple de ses animaux sauvages, tandis que les industries polluantes se développent toujours plus rapidement. En principe ces parasites ne parlent jamais ou extrêmement rarement aux journalistes. Quand ils le font, ce n’est que dans le seul et unique but d’exposer leurs macabres exploits. Quelles solutions concrètes pour endiguer tout ceci ?
Payer des impôts est un mal nécessaire contrairement à la destruction accélérée du vivant.
Autrefois la nature était magnifique et proliférante, la biodiversité abondante mais à présent, elle est en péril au profit de certains individus sans scrupule ni conscience, qui satisfont leurs plaisirs macabres et exterminateurs sur des espèces censées être protégées. Ils tuent des espèces dites sauvages pour leur unique plaisir de dépenser leur argent gagné salement. Je dis “dites sauvages” car en finalité les sauvages se sont ces parasites sans humanité.
Nous voyons de plus en plus des espèces d’animaux différentes s’aider face à un prédateur mais que peuvent-ils faire face à un fusil où à je ne sais quelle arme utilisée contre eux par ces chasseurs de sensations fortes sans âme ni conscience ?
Arrivera le jour où ces animaux et la nature se retourneront contre l’humain et mon plus grand regret est celui de ne pas pouvoir être là pour admirer cet instant inespéré.
Le Safari international Club continue de promouvoir les chasseurs de trophées, comme le font certains cabinets d’avocats d’affaires qui continuent à protéger et défendre les criminels qui ont les moyens financiers de les payer. Encore et toujours le profit qui prime sur toute moralité.

Assoiffé de reconnaissance, le chasseur de trophées éprouvera une satisfaction toute particulière à exhiber le dernier animal qu’il vient d’exterminer de sang-froid. Se pavaner au volant de sa dernière voiture de luxe ne lui suffit, alors il passe à la tuerie d’animaux et l’étape suivante ce sera quoi ? La chasse à l’homme ?
Malgré des preuves scientifiques irréfutables selon lesquelles les animaux éprouvent des émotions, ont une vie sociale complexe et sont intelligents. Les femelles enceintes sont mutilées, égorgées et éventrées.
Ce sport prospère au Canada, Afrique du sud, Zimbabwe, etc...
Malheureusement tout ceci est légal dans bien trop de pays et à l’heure actuelle comme les populations de lions en Tanzanie, bien trop d’espèces d’animaux sauvages sont en péril et voir même en voie d’extinction.
Le “jeu de la mort” pour des paris élevés semble très amusant.
Pointer son fusil sur un homo sapiens destructeur, appuyer sur la détente et faire exploser sa cervelle en miette. Serait-ce amusant aussi ?
Un homme dans la ligne de mire d’un autre homme pour le plaisir de le chasser, vous en pensez quoi ?
Que c’est immoral ? Mais dans ce cas pourquoi ces personnes en recherche de frissons, s’accordent le droit de le faire aux animaux. IL serait temps d’agir et de protéger la vie de ces espèces vivantes au même titre que l’on protège celle des homos sapiens.
Malheureusement, plus j’y pense et plus je me rends à l’évidence que l’homo sapiens est incapable de ne pas détruire, piller ou tuer et cela m’inquiète d’autant plus quand je constate la facilité avec laquelle ils s’accordent tous les droits sur les autres espèces.
Alors oui ! Oui à la chasse aux chasseurs, aux braconniers, aux assassins, ces homos sapiens qui n’ont aucune conscience envers les autres. Pourquoi devrait-on en avoir pour eux ?
Nous, ceux que ces atrocités dérangent, sous prétexte que nous manquons de moyens financiers. Qu’il est plus facile et moins coûteux de condamner un groupe de personnes qui saccage un local pour libérer des animaux que de dire “coupable” à un braconnier qui aura les moyens de payer et corrompre ; devons-nous nous contenter d’attendre et d’espérer que vienne enfin ce jour où, la nature et les animaux se retournent contre l’humain ?
Avertissement...Pardonnez mon excès de prétention, cet article ne prétend aucunement détenir la vérité, tout simplement il la cherche.
Il n’est pas toujours certain que le système traite les gens et la planète comme des déchets. Mais on ne peut pas nier l’évidence : aucun véritable progrès n’a été obtenu.
Les parasites de la terre ont créé des abus environnementaux, économiques, sociaux et familiaux. Ce qui n'est pas franchement le signe d’une intelligence supérieure.
Vous savez, la vie n’est pas uniquement abjecte et sordide. Je crois sincèrement que la joie et l’espoir existent aussi.
Pour atteindre les objectifs d’amélioration des conditions de l’existence des citoyens, ainsi que celles des animaux terrestres, des animaux qui volent dans le ciel et ceux qui vivent sous les mers, il faut un optimisme absolu pour triompher de l’adversité.
Une société saine se doit de maitriser, améliorer, et apaiser certains humains dans l’excès minimal. Pour aller plus loin, au-delà de la frontière du bien et du mal, il est probable que de grandes avancées seront faites dans le contrôle du comportement humain.
Le problème du contrôle du comportement humain est essentiellement un problème neuronal, hormonal et moléculaire complexe. Pour essayer de parvenir à un monde meilleur, il est permis d’imaginer la prise de contrôle par une intelligence artificielle évolutive, l’esprit civique, qui façonnera les traits neuronaux des délinquants qui auront par la suite nécessairement envie de vivre dans un état de conscience raisonnée.
Sous les auspices de l’intelligence artificielle, pas de confiscation du libre arbitre de chacun de nous, mais plutôt un outil pour mieux se conduire, moins produire, moins se reproduire pour moins gaspiller. Dans les temps à venir, une police écologique, affiliée à aucune nation, protégera les victimes animales les plus oubliées du monde de nos tendances destructrices.
Dans cette société vertueuse d’appréciation de l’esprit civique, l’honorable chemin de vie sera fondé sur l’engagement sans limites pour la préservation de la nature. Ce dont la société a urgemment besoin c’est de solutions énergétiques qui nous rendent autosuffisants, mais qui soient aussi saines et naturelles, qui expriment et qui aident et qui soient en harmonie avec la nature.
Pleinement optimale et raffinée, l’I.A sera au service de la vérité, la protection et la justice.
Une assemblée naturelle sera chargée de représenter les intérêts du vivant animal et végétal.
Un revenu universel et plafonné sera instauré.
La symphonie de la nature vivante et non vivante, sera célébrée, mêlant habilement la poésie sonore que constitue les voix de la nature, à la fraicheur de la jeunesse.
Pour que cette société puisse être envisagée, il faudra sans aucun doute effectuer un bond dans l’évolution de la neuroscience du comportement et c’est ce qui fera basculer les comportements les plus récalcitrants.
Cette aventure spirituelle et technologique arrivée à son apogée sera l’élan évolutif décisif pour nous.
Nous qui gérons encore bien mal nos émotions cérébrales et affectives, espèce mineure piégée, vivant à l’autre bout de l’univers. Loin de tout.

A Glasgow si discute di clima, inquinamento, CO2 e non è chiaro dove si andrà a parare alla fine del summit, tra dieci giorni. Le assenze dei leader delle potenze che inquinano di più si fanno sentire. L'Europa - nonostante le sue contraddizioni interne- intanto cerca di andare avanti con certificazioni ecologiche sui prodotti industriali. L'ultima decisione della Commissione riguarda nuovi criteri del marchio di qualità Ecolabel. E' stato esteso, infatti, ai prodotti e cosmetici per la cura degli animali, nell'ottica della transizione green. Diciamo che si tratta di due settori di grande mercato che non conosce crisi. Ecolabel è un pezzo non piccolo della transizione verde europea e la sua applicazione non è cogente.I commissari dovrebbero, viceversa, imprimere un'accelerazione per strutturare il marchio su una gamma più ampia, obbligatoria. Oggi le aziende usano l'etichettatura per concorrere sul mercato europeo in maniera sostenibile rispetto a chi non fa questa scelta.

Inquinamento zero spesso diventa una parola vuota. In particolare quando l'industria per interesse e bassi investimenti non se ne fa carico. Le imprese, dunque, stimolano a marchiare i loro prodotti con standard sostenibili, vanno. “Esorto le imprese a richiedere il marchio di qualità ecologica dell'UE ea beneficiare della sua reputazione. L'Ecolabel UE permette di indirizzare i consumatori verso verso affidabili e certificati, e prodotti certificati la transizione ecologici a un'economia pulita e circolare”. Con questo appello di Virginijus Sinkevicius, Commissario per l'Ambiente, gli oceani e la pesca parte, dunque, una nuova sfida green, limitata, tra i 27.


Il passo avanti ha comunque il suo valore commerciale, dato che il marchio prima d'ora veniva applicato ad una gamma limitata di prodotti: gel doccia, shampoo o balsami. L'allargamento interessa una lunga lista di confezioni per la pelle, i cosiddetti “da non sciacquare” riporta l'Agenzia Aise . Per quelli per curaro gli animali domestici il marchio viene rilasciato a trattamenti che fanno uso di acqua corrente. Ecolabel è stato creato nel 1992 e la sua estensione progressiva ha coinvolto migliaia di aziende.La richiesta è libera, come si diceva, ma ricorda l'Ispra italiano “ è un'etichetta ecologica volontaria basata su un sistema di criteri selettivi, definito su base scientifica, che tiene conto degli impatti ambientali dei prodotti o servizi lungo l'intero ciclo di vita ed è sottoposta a certificazione da parte di un ente indipendente”.

“È vero, lo ha detto la Tv”. Il vecchio adagio da tempo non è più di moda. L’informazione televisiva è cambiata. In peggio si dice , quasi sempre. Senza comprendere, però,   le ragioni che hanno prodotto un sistema informativo fatto di parole ed immagini spesso poco credibili. Con le seconde speculari alle prime per diffondere contenuti poco obiettivi. È lontano il tempo in cui gli italiani guardavano solo la Rai.

“È vero, lo ha detto la Tv” è franato sotto i colpi di eventi epocali. Fatti dove la realtà e lo sviluppo di quegli accadimenti contraddicevano la narrazione di reporter e commentatori. Anche famosi, ma alla distanza poco scrupolosi. All’informazione scritta e on line è andata anche peggio. Un esempio ? L’informazione ambientale. Un settore non più per pochi eletti , diventato globale e di grande attenzione. Si ha gioco facile a raccontare fenomeni come lo scioglimento dei ghiacciai, alluvioni, tornado, manifestazioni per il clima, proposte politiche. Sono lì davanti e parlano da soli. Ma perché accadono ? Da cosa derivano? Chi ha studiato cosa? Le cause, le premesse scientifiche da cui scaturiscono quegli eventi non vengono mai indagati a fondo. Di giornalisti bravi ce ne sono, eccome. Ma l’approfondimento correlato al racconto è raro. Costa tempo e sacrificio per cui si è più tranquilli se si “sta sulla notizia” senza troppe analisi. E poi in redazione il servizio è di tizio o caio che differenza fa ? La professionalità confinata in soffitte a doppia mandata. Tanto se abbiamo voglia ci rivolgiamo allo scienziato esperto a cui rivolgeremo domande che avremmo dovuto farcele noi prima. La Co2 nell’ambiente, la faglia terrestre, le polveri sottili, la fissione nucleare e via consultando.

Il retaggio di un vecchio modo di informare, in questo caso ha fatto posto alla ripetizione di un pianeta che va alla rovina solo per mano dell’uomo. Inesorabile colpa di generazioni che credevano di progredire mentre, invece, distruggevano le strade su cui camminavano. È davvero così ? Vedere, ascoltare o leggere per capire è una necessità universale. Ma in una narrazione conformista (si può dire?) il cittadino diventa vittima e carnefice del disfacimento planetario. Che informazione è ? Un giornalista che tratta simili temi ha il dovere della ricerca, degli studi, della verifica su più livelli delle notizie. Deve saper distinguere cause ed effetti, successi e sconfitte, buoni e cattivi esempi, fonti autorevoli e patacche. Si è cronisti sempre, ci insegnavano nelle vecchie redazioni. Intendevano dirci, i buoni maestri, che il “prodotto” da offrire deve essere completo e senza partigianerie. Il resto lo fa l’audience o l’edicola.

L’informazione ambientale è un settore fondamentale della nostra vita. Tocca ogni aspetto della quotidianità: dal traffico, allo smog, al caldo, alle bollette, alla salute. Comprendere per chi scrive e spiegare a chi vede o legge le cause di simili situazioni, in fondo é la ragione per la quale si sta dentro il mondo della comunicazione. Bisogna saperci stare e non dipende dagli editori o dai direttori. Ognuno di noi dovrebbe ricordarselo. Armeggiamo strumenti potentissimi che possono provocare danni immateriali. Se li mettiamo con quelli climatici, poi…..

Per gentile concessione della testata “Tutti Europa Venti Trenta”

 

Traduzione dell'articolo:

https://www.theepochtimes.com/mkt_morningbrief/statistical-method-used-to-link-climate-change-to-greenhouse-gases-challenged_3983949.html

 

Un nuovo studio su "Climate Dynamics" ha criticato una metodologia chiave che il Gruppo intergovernativo di esperti scientifici sui cambiamenti climatici
(IPCC) utilizza per attribuire il cambiamento climatico ai gas serra, sollevando interrogativi sulla validità della ricerca che si è basata su di essa e sollecitando una risposta da uno degli scienziati che hanno sviluppato la tecnica.

L'autore del nuovo studio, l'economista Ross McKitrick, ha dichiarato a The Epoch Times in un'intervista esclusiva che pensa che i suoi risultati hanno indebolito la tesi dell'IPCC secondo cui i gas serra causano il cambiamento climatico.

La metodologia, nota come "impronta digitale ottimale", è stata utilizzata per collegare i gas serra a qualsiasi cosa, dalla temperatura agli incendi boschivi, dalle precipitazioni, al manto nevoso.

McKitrick ha confrontato la tecnica delle impronte digitali ottimali, con il modo con cui le forze dell'ordine utilizzano le impronte digitali per identificare i criminali.

"[Loro] prendono questo pacchetto di dati e dicono: “Si, qui ci sono le impronte digitali dei gas serra'", ha affermato.

McKitrick ha detto poi che la ricerca sulle impronte digitali ottimale, da lui criticata, il saggio del 1999 del Climate Dynamics "Checking for model consistency in optimal fingerprinting", è una pietra angolare nel campo di attribuzione - il ramo della scienza del clima focalizzato sulla identificazione delle cause del cambiamento climatico.

Ma secondo McKitrick, gli autori di quel documento, Myles Allen e Simon Tett, hanno commesso degli errori nei passaggi necessari per convalidare la loro strategia.

"Quando si esegue un'analisi statistica, non è sufficiente sgranocchiare certi numeri, pubblicare il risultato e dire: “Questo è ciò che i dati ci dicono.” Devi poi applicare alcuni test alla tua tecnica di modellazione, per vedere se è valida per il tipo di dati che stai usando”.

“Essi avrebbero rivendicato il fatto che il loro modello supererebbe tutti i test pertinenti, ma ci sono un paio di problemi con quella affermazione. Il primo è che hanno stabilito delle condizioni errate - hanno omesso di inserire nei test la maggior parte delle condizioni rilevanti che dovresti testare - e poi hanno propinato una metodologia per il test che è completamente disinformativa. In realtà non è di fatto connesso a nessun metodo standard di testing."

La loro struttura teorica, ha detto McKitrick, ha nei presupposti il fatto che una parte importante del cambiamento climatico debba essere attribuibile ai gas serra, quindi usare tale presupposto per dimostrare che i gas serra portano al cambiamento climatico è semplicemente assurdo.

"Se dipendi dai dati del modello climatico per costruire il test, e il modello climatico incorpora già le ipotesi sul ruolo dei gas serra”, prosegue McKitrick, nel suo ragionamento "non puoi rilasciare questa supposizione." (non puoi determinare questa inferenza nel discorso: è assurdo)

McKitrick, che ha spiegato i suoi risultati in modo più dettagliato sul sito JudithCurry.com, ha affermato che l'attribuzione del clima da parte dell'IPCC ai gas serra, si basa in gran parte sul documento su riportato del 1999 o su ricerche ad esso strettamente correlate.

Myles Allen, coautore dell'articolo del 1999 McKitrick contestato, ha risposto all'articolo di McKitrick in una e-mail a The Epoch Times.

"Affrontare completamente le questioni sollevate da questo documento potrebbe aver fatto qualche differenza nelle conclusioni riguardanti l'influenza umana sul clima, quando il segnale era ancora piuttosto debole 20 anni fa", ha detto Allen.

Ha detto che il segnale ora è molto più forte, sia che si usi la sua tecnica del 1999 o il metodo più semplice impiegato su GlobalWarmingIndex.org. Ha anche affermato che i metodi più recenti, incluso uno nel suo documento del 2003, hanno sostituito il metodo dal 1999.

Andarci un po' più a cuor leggero (in questa situazione), fa sentire un pò come se qualcuno ti suggerisse di smettere di guidare perché è stato sollevato un nuovo problema identificato sulla Ford modello T", ha detto Allen.

McKitrick ha risposto all'argomentazione di Allen in una e-mail: “Anche se fosse vero che [il metodo di Allen] non è più utilizzato e le persone sono passati ad altri metodi, [data] la sua importanza storica, sarebbe ancora necessaria come questione scientifica per Simon
e Myles, sia nell'ammettere che il loro articolo contiene errori che per confutare le critiche specifiche.

“E la realtà è che la “professione del clima” non è andata più avanti. L'IPCC discute ancora il metodo delle Impronte Ottimali nel AR6 (il 6° Rapporto sul Clima) e si basa su molti studi che lo utilizzano.”

Mentre Allen sosteneva che il suo articolo successivo del 2003 aveva sostituito il suo articolo del 1999, McKitrick rispondeva che l'articolo del 2003, insieme con altri metodi più recenti che Allen ha identificato, "ha tutti gli stessi identici problemi".

McKitrick ha anche sostenuto che il metodo indicato su GlobalWarmingIndex.org potrebbe avere gli stessi problemi del documento di Allen del 1999, in gran parte perché entrambi gli studi citano uno studio del 1997 di Klaus Hasselmann, che, ha detto McKitrick, propone lo stesso metodo!

"Così, per gli stessi esempi proposti da Myles, AT99 è ancora centrale nella letteratura sull'attribuzione", ha detto McKitrick.

Allen ha sostenuto che le critiche di McKitrick al suo uso di un modello climatico sono fuorvianti, poiché il suo metodo del 1999 potrebbe effettivamente essere "eccessivamente
conservatore” nell'attribuire il cambiamento climatico all'influenza umana.

Secondo Allen, i modelli climatici standard possono produrre risultati in cui la quantità di "rumore" statistico, e quindi l'incertezza, è esagerato.

Questa confutazione, ha detto McKitrick, "non affronta il problema centrale che ho sottolineato", che ha a che fare con la verifica degli errori nei loro test sulle impronte digitali.

Allen e McKitrick si sono anche confrontati su uno specifico test statistico nel documento del 1999, con Allen che ha affermato che McKitrick aveva molto sopravvalutato la sua importanza e McKitrick ha ribattuto che è l'unico test di questo tipo che i ricercatori hanno utilizzato in questo contesto.

Il ricercatore Aurélien Ribes, i cui articoli erano tra quelli che secondo Allen avevano sostituito la ricerca del 1999, ha rifiutato di commentare dettagliatamente il giornale in un'e-mail a The Epoch Times, anche se ha detto di aver guardato un precedenteversione di esso.
"Non mi aspetto un impatto molto grande in termini di risultati di attribuzione", ha affermato Ribes, ricercatore sul cambiamento climatico presso la Francia
Centro nazionale per le ricerche meteorologiche.
Ha detto che alcune delle sue ricerche non dipendevano dalle impronte digitali. Ha anche detto che alcuni risultati di attribuzione, come quello sulla temperatura media globale, sono "molto robusti".

Ma un altro esperto, Richard Tol, crede che molte delle critiche di McKitrick centrino il bersaglio.
"McKitrick ha ragione", ha detto Tol, professore di economia all'Università del Sussex e professore di economia del clima alla Vrije Universiteit Amsterdam, in un'e-mail a The Epoch Times.

Tol ha affermato che il tentativo di Allen e Tett di affrontare un problema statistico diffuso aveva "peggiorato le cose, e non migliorate".

"Per completare il tutto, molte persone da allora hanno utilizzato il metodo proposto da Allen & Tett", ha affermato.

“Le implicazioni non sono chiare. Molti dei documenti che utilizzano il metodo delle impronte digitali, per rilevare l'impatto del cambiamento climatico, sono semplicemente sbagliati.”

“Ciò non significa che il cambiamento climatico non sia reale o che i suoi effetti non possano essere attribuiti alle emissioni di gas serra. Esso significa che molti dei documenti che hanno fatto tali affermazioni dovranno essere rifatti”.

 

Traduzione di Francesco Piro

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