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La transizione ecologica italiana a corto di tecnologie. Possibile?

By Nunzio Ingiusto March 18, 2021 2283

Nel 2020 l’Italia ha speso 2,2 miliardi di euro per importazioni di prodotti ecosostenibili. Intanto il governo pensa al nucleare.

Il Ministro Roberto Cingolani ha detto in Parlamento che entro l’estate presenterà il suo piano per il passaggio alla new green economy. Ai deputati e senatori ha anticipato comunque le linee lungo le quali si sta muovendo e che includono tutte le fonti rinnovabili, compresa la fusione nucleare. Su quest’ultima gli ambientalisti hanno fatto sentire subito la loro voce contraria.

Un punto rimasto un po’ in ombra - e che deve far pensare - nella linee guida del nuovo Ministero della transizione ecologica , è stato il deficit tecnologico con cui l’Italia fa i conti. Tanto per dire , il 2020 è stato l’anno in cui il Paese ha speso più di 2 miliardi di euro in import low carbon. Si è trattato di un anno bifronte , povero di aiuti alla ricerca ,con - 10 % nei consumi di energia, -12% di emissioni di CO2 ,ma con +27% di importazioni di tecnologie verdi. Il Report trimestrale dell’ENEA ci ha detto che per avere un sistema rigenerato bisogna mettere in campo tutto ciò che riduca l’incidenza degli acquisti esteri. Cingolani ne ha fatto cenno ma il tema - a mio parere- è una priorità assoluta. In vista dell’ attesa decarbonizzazione , l’Italia fa acquisti esteri per veicoli elettrici, ibridi, batterie e accessori collegati. Buoni acquisti ,intendiamoci, per far fronte ad una domanda crescente di sostenibilità. Ma sono soldi che potrebbero essere investiti nella ricerca. Una vera transizione green avrà bisogno di applicazioni ,laboratori avanzati, tecnologie a basso impatto. Le risorse che i governi vi hanno destinato finora, sono irrisorie e per giunta sparse in capitoli di bilancio dei vari  Ministeri. Cosa impedisce di mettere mano ad un piano della ricerca green aggregata, unico, credibile e di medio-lungo periodo? Certo non i cervelli che puntualmente vanno all’estero a farsi valere. In un solo anno il disavanzo tecnologico italiano è cresciuto del 60% rispetto al 2019, scrive l’Enea. Un messaggio assai poco rassicurante alla politica che accentua in negativo il confronto con altri Paesi europei .

Nel 2020 l’indice ISPRED della stessa Enea ( la misura dell’ energia in rapporto a prezzo e sicurezza degli approvvigionamenti) è migliorato, ma il contesto è da rivoluzionare. L’energia primaria è calata del 60% . Abbiamo viaggiato meno in auto ed aereo, ma abbia continuato a consumare gas . Le installazioni di nuova capacità elettrica rinnovabile ,però, sono drammaticamente 1/4 di quanto necessario per raggiungere gli obiettivi europei verdi al 2030. Cingolani ha preso tempo per far svoltare il Paese, ma le autorizzazioni per nuovi impianti vanno date subito.

Di tempo a disposizione non ne resta molto. Anche la tempistica dell’Ue sull’impegno delle risorse del Recovery plan al 2026 richiede azioni rapide nelle quali dimostrare capacità progettuale e sintesi industriale. Ma qui va sciolto il grande nodo politico delle infrastrutture , delle conoscenze applicate, dei servizi. La transizione ecologica è stata reclamata e posta a pilastro del governo Draghi ,per bizzarro contrappasso dai tanti che in passato hanno acceso i disastrosi fronti del NO. Stagione completamente finita ? Ce lo auguriamo. In special modo quando vediamo che le aziende sono più veloce dello Stato a competere. Può piacere o no, ma il progresso ha sempre sempre richiesto fonti di energia nuove, continuative, impianti adeguati a soddisfare esigenze di ogni tipo. A volte  basta fare autocritica, ascoltare chi sa di cosa parla, senza presunzione e demagogia. ****

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Last modified on Thursday, 18 March 2021 16:00
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