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Piombino, nodo dell’energia USA in Europa? Il rigassificatore, tra geopolitica, affari di Stato e territori sacrificati.
Nel porto di Piombino è ormeggiata una nave lunga oltre 290 metri, piena di gas liquefatto americano, in funzione dal 2023. È la Italis LNG, ex Golar Tundra, oggi simbolo di una scelta imposta dall’alto. Mentre la domanda nazionale di gas cala drasticamente, e lo stesso ARERA ne certifica l’inutilità, il rigassificatore continua a incombere sulla città e sulla sua comunità. Chi ha deciso tutto questo? E, soprattutto, a vantaggio di chi?
Da Passera a Draghi, fino al patto UE‑USA firmato ieri
L’idea di fare dell’Italia un hub del gas europeo nasce nel 2012, quando l’allora ministro Corrado Passera promosse un piano affinché il nostro Paese diventasse piattaforma strategica per il commercio di GNL (gas naturale liquefatto) americano. Una visione già allora criticata per i suoi impatti ambientali e termodinamici, legata al GNL da fracking, estrazione che genera contaminazioni delle falde, emissioni di metano, micro-sismicità e impatti gravissimi.
Nel 2024, Draghi rilancia il progetto per fare dell’Italia un hub europeo. Tuttavia, la conferma più d’attualità è arrivata ieri, quando la presidente della Commissione Europea von der Leyen e il presidente americano Trump hanno siglato un accordo che impegna l’Unione Europea a acquistare 750 miliardi di dollari di energia USA (GNL, petrolio, combustibili nucleari) nei prossimi tre anni, legando l’Europa sempre di più al gas americano.
Il ruolo del rigassificatore nella sicurezza energetica italiana
In cambio, la UE si è impegnata a investire 600 miliardi negli Stati Uniti, mentre le imprese americane beneficeranno di tariffe zero o ridotte su molte esportazioni, inclusi carburanti e tecnologia energetica.
Questo accordo – annunciato poco prima che entrasse in vigore una tariffa USA del 30% sulle esportazioni europee – è presentato come un trionfo diplomatico, ma rafforza il rischio di trasformare l’Italia in piattaforma logistica vincolata al GNL da fracking USA, invece che a una strategia energetica autonoma .
ARERA boccia lo spostamento: la nave resta a Piombino?
Il 18 marzo 2025, ARERA ha espresso parere negativo sia sul trasferimento della Italis LNG da Piombino a Vado Ligure, sia su altre ipotesi di ricollocazione.
Di fatto, la nave resta lì dove nessuno la vuole, almeno fino al 2026. Eppure, nel suo stesso parere, l’Autorità riconosce che non vi è più necessità di tale impianto in nessuna zona d’Italia.
SNAM e il Governo vanno avanti: a chi giova davvero?
La Italis LNG è gestita da SNAM, partecipata da Cassa Depositi e Prestiti, che è a sua volta controllata dal Ministero dell’Economia. In pratica, lo Stato finanzia sé stesso, in un’operazione che sembra perseguire obiettivi più geopolitici che industriali.
Un esempio analogo è il rigassificatore Adriatic LNG al largo di Rovigo, di proprietà SNAM e VTTI, altra operazione pubblica con vantaggi poco chiari per la colletività.
Ma serve davvero? Acciaierie green e gas in eccesso
A Piombino si parla di costruire una nuova acciaieria “green”, alimentata da energia elettrica, non da gas.
Perché allora insistere su una nave rigassificatrice così vicina alle case?
L’impressione è che l’interesse locale conti poco, mentre si punta a trasformare l’Italia in valvola di sicurezza per l’Europa.
Dove sono i rigassificatori in Italia?
Ecco una panoramica aggiornata dei principali terminali GNL nel nostro Paese, con attenzione alla distanza dai centri abitati:
Nota: L’unico impianto ormeggiato in porto, vicino a insediamenti urbani, è proprio quello di Piombino.
Quanto è sicura la Italis LNG?
Nel piano di emergenza SNAM del 2025, approvato dalla Prefettura di Livorno, si prevedo-no solo due tipi di incidenti:
Ma cosa succede se accade qualcosa di diverso? Ad esempio:
In tutti questi casi, i rischi per Piombino sarebbero enormi.
Uno studio del Pentagono del 1982 stimava che una perdita del 9% del carico di GNL può produrre una nube che si espande fino a 22 km, trasformandosi – se incendiata – in una palla di fuoco in grado di devastare l’intera area circostante.
In caso di incidente estremo, l’energia sprigionata sarebbe pari a 55 bombe di Hiroshima (senza radiazioni).
E la nota più inquietante? Non esiste ancora un metodo efficace per spegnere un grande incendio di GNL.
E le normative europee cosa dicono?
Il D.lgs. 61/2011, che recepisce una direttiva UE, disciplina la sicurezza delle Infrastrutture Critiche Europee, tra cui rientra anche la Italis LNG.
Questa normativa obbliga a considerare non solo gli incidenti tecnici, ma anche minacce di origine umana, volontaria o terroristica.
A livello internazionale, invece, non esiste una distanza minima universale tra rigassificatori e abitazioni. Si usano metodi di valutazione caso per caso:
il QRA (Quantitative Risk Assessment), che calcola probabilità e conseguenze;
il principio ALARP, che richiede di ridurre i rischi “al minimo ragionevolmente possibile”;
le linee guida di enti come SIGTTO e OCIMF, che fissano gli standard di sicurezza del settore.
Piombino: stanchi, ignorati, svuotati
Nonostante proteste, ricorsi e appelli, i cittadini di Piombino si sentono abbandonati.
La città è tornata ai livelli demografici degli anni ‘50, tra crisi dell’acciaio, inquinamento mai bonificato e ora insicurezza energetica.
La percezione è chiara: si subisce una decisione presa altrove, in nome di interessi che non sono quelli della comunità.
Conclusione: un progetto da fermare
L’Italia ha bisogno di una politica energetica sostenibile, democratica e traspa-rente, non di scelte imposte dall’alto e senza reale utilità.
Il rigassificatore di Piombino non è un’opportunità: è il simbolo di un cortocircuito decisionale, di una democrazia debole e di un territorio sacrificato.
In nome di chi – e per conto di chi – si sta portando avanti questa operazione?
I cittadini hanno diritto a una risposta. E, soprattutto, al rispetto.
Apr 08, 2022 Rate: 5.00