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CHE FARE DI TOTO’ RIINA? CONVERSAZIONE CON CARMELO MUSUMECI

By Roberto Fantini June 29, 2017 11865

Circa ben due secoli e mezzo fa, il buon Beccaria ci insegnava, sostenuto dalla forza della logica e dallo slancio di un grande cuore, che

   “il fine delle pene non è di tormentare ed affliggere un essere sensibile, né di disfare un delitto già commesso

e che le “strida di un infelice” non dovrebbero mai rappresentare il fine delle pene previste da una giustizia sana.

Ma, ancora oggi, nonostante i grandi, ciclopici passi avanti compiuti, la voglia di vendetta, unita all’ingannevole convinzione che, in determinate circostanze e di fronte a determinati crimini e criminali, sia necessario mettere da parte eccessivi sentimenti umanitari, continua a generare e ad alimentare una cultura politico-giudiziaria che colpisce in maniera grave l’integrità e la dignità della persona del reo. Integrità psico-fisica e dignità morale che sempre e in ogni caso, invece, andrebbero viste come beni assolutamente e universalmente irrinunciabili.

Il dibattito scoppiato qualche settimana fa intorno al caso Totò Riina, relativamente alla eventualità che, in seguito al deteriorarsi delle sue condizioni di salute, gli venga concesso di abbandonare il regime del 41 bis, credo che possa rappresentare una buona occasione per riflettere sulla cultura giuridica, sulla sensibilità morale e sulla filosofia politica della società dei nostri giorni.

Intorno a tale questione, abbiamo avuto la fortuna di ragionare insieme a Carmelo Musumeci, ex ergastolano e scrittore dal sentito impegno civile*.

-            Carmelo, a proposito della possibilità di rivedere le condizioni carcerarie a cui è attualmente sottoposto Totò   Riina, si sono scatenate diverse reazioni che hanno suscitato in te - come hai avuto occasione di dichiarare - profonda amarezza. Cosa, in particolar modo, nel bailamme delle varie esternazioni, ti ha maggiormente colpito e ferito?

Quello che mi ha dato più fastidio sono state le dichiarazioni di alcuni politici che, per consenso politico e in nome delle vittime, pensano di risolvere il problema solo ed esclusivamente sbandierando misure di sicurezza draconiane. Penso che i diritti non possano rincorrere la sicurezza, ma debbano precederla con la prevenzione, l’amore e la giustizia sociale. Lo so, in questo modo non si potranno evitare morti o stragi, perché qualche folle criminale fuori di testa ci sarà sempre in azione e non sarà sempre possibile fermarlo. Eppure credo che questo sia l’unico modo per limitare i danni dei mafiosi e dei terroristi.

-           In un tuo bellissimo e appassionato  articolo, ad un certo punto, affermi che:

“le vittime innocenti prodotte da Riina si rivolterebbero nella tomba se la Giustizia lo lasciasse andare all’inferno senza aver fatto nulla per tentare di farlo pentire interiormente.” (http://comune-info.net/2017/06/mostro-riina-la-vendetta-dello/)

Cosa avrebbe dovuto fare e cosa dovrebbe ancora cercare di fare la nostra Giustizia?

E come zittire, o almeno rintuzzare, tutti coloro che dichiarano che uno come Riina sia assolutamente e convintamente impermeabile a qualsiasi forma di pentimento, di sensibilità umana, di vera pietas?

La pena dovrebbe fare bene e non male, il compito delle giustizia dovrebbe essere quello di fare uscire il senso di colpa del condannato per il male che ha commesso. Non credo che lo Stato con il carcere duro, anche quando non è più necessario, ci riesca.

È difficile immaginare che un uomo che deve stare chiuso in una gabbia in condizioni disumane per tutta la vita possa cambiare o migliorare.

-            Tu dici, inoltre, che

“ergastolo e carcere duro non sono dei deterrenti”.

Mah … non si potrebbe, però, sostenere che, almeno in determinati casi (boss mafiosi, terroristi, ecc.), possano/debbano rappresentare una “dolorosa  necessità”?!

Non so se Riina sia ancora pericoloso (ne dubito) ma sono sicuro che il suo mondo stragista non esiste più ed io lo userei per sconfiggere la cultura mafiosa, curandolo e, se lui accettasse, lo manderei anche a lavorare, a spazzare le strade di Corleone.

Una volta si pensava che per risolvere il problema della sicurezza della società bastasse mettere in carcere le persone pericolose, condannarle a morte e infliggere loro la pena dell’ergastolo. Ma con i terroristi che si danno la pena di morte da soli e con i mafiosi che scontano l’ergastolo e il carcere duro senza battere ciglio che fare?  Non lo so. Tuttavia, so che spargere odio politico e sociale equivale a mettere benzina sul fuoco.

Ti confido che, nei miei lunghi ani di carcere, mi è capitato in alcuni casi di essere rimproverato da alcuni mafiosi di spessore perché lottavo per l’abolizione dell’ergastolo rinfacciandomi: “Noi siamo all’altezza di farci l’ergastolo a testa alta”. Ecco … io questi preferirei mandarli fuori a testa bassa.

     

-            In polemica con le affermazioni di Rosy Bindi, che ha affermato che non esiste per nessuno il diritto di morire a casa propria, tu dici che bisognerebbe ricordarle che, oltre alle leggi scritte, esistono le leggi non scritte dell’umanità.

Ovvero?!

Ricorderei a Rosy Bindi che la Norvegia ha scelto, dopo la strage di Breivik all’isola di Utova nel luglio 2011, di non mettere in discussione i suoi principi di Stato di diritto, i cui valori sono validi anche per i nemici che lo vogliono distruggere.

-          I commentatori, poi, si dividono fra quelli che considerano Riina ancora in grado di svolgere, all’interno dell’organizzazione mafiosa, una pericolosa azione di direzione/orientamento, e coloro che, invece, ritengono che, di fronte ai mafiosi, egli abbia oramai perduto in maniera irreparabile importanza e autorevolezza.

Tu che ne pensi?

Ricordo che sono secoli che lo Stato lotta (o fa finta) per combattere la mafia, ma non ci riuscirà mai se non inizia a farlo culturalmente, con le scuole, lavoro e legalità.

La mafia non è solo Riina, anzi adesso che lui non comanda più con la sua tecnica stragista, paradossalmente la mafia è molto più forte di prima.

Dentro al 41 bis c’è solo la carne da cannone, che ha osato ribellarsi ai suoi referenti politici.

-          Una eventuale morte in carcere di Riina, senza che ci sia stato alcun tipo di intervento umanitario a suo favore, non potrebbe rilanciare la sua immagine, facendogli assumere, agli occhi dei giovani futuri mafiosi, la dimensione di un eroe, di una vittima degna di rispetto e anche di ammirazione?

È ovvio! La mafia si nutre anche di miti. Mia nonna aveva grande ammirazione per il bandito Salvatore Giuliano e diceva che lo aveva venduto la mafia allo Stato, perché era diventato troppo ingombrante. Diceva anche che gli americani sono sbarcati in Sicilia nella seconda guerra grazie all’aiuto della mafia siciliana in America. Se adesso fosse ancora viva,  forse mia nonna direbbe anche che i mandanti politici delle stragi Falcone Borsellino sono al potere, temuti e rispettati e chissà quanti di loro sono passati all’antimafia.

Peccato che nessuno crederebbe a mia nonna, ma io continuo a crederle.    

 

*Carmelo Musumeci, ergastolano, dopo venticinque anni di carcere ora è in regime di semilibertà, è autore di libri e articoli e tra i promotori di alcune campagne contro l’ergastolo: carmelomusumeci.com.

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Last modified on Thursday, 29 June 2017 16:20
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