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Ha destato grandissimo sgomento e dolore in tutto il mondo il duplice attentato terroristico che nella città di Christchurch ha colpito i fedeli musulmani riuniti in moschea per la preghiera comunitaria del Venerdì. Ben 49 vite sono state stroncate.
In tutto il mondo, accanto alla condanna nei confronti di questo crimine brutale, tanto più grave in quanto perpetrato nei confronti di vittime innocenti raccolte in un luogo di culto, è stata espressa una forte solidarietà nei confronti delle vittime, dei loro familiari, delle comunità musulmane e del popolo neozelandese sconvolto da questo evento tragico accaduto nel proprio paese, solidarietà alla quale ci associamo umanamente e spiritualmente attraverso la preghiera.
Di fronte a tali orrori, che si aggiungono ad altri analoghi ai quali abbiamo assistito in questi anni, esprimere solidarietà implica anche interrogarsi a fondo sulle cause che spingono certe menti, magari più ossessionate e disperate, a sviluppare strategie di morte nella tragica illusione di rimuovere la sfida della coesistenza nelle differenze, resa ancor più delicata ed impegnativa in questo cambiamento d’epoca indotto dalla globalizzazione.
Gli attentatori si sono richiamati senza remore ad una “_white supremacy_” in nome della quale si sarebbero impegnati in modo militante fino alla perversa azione terroristica.
Lasciamoci interrogare da questo “bisogno”, che in loro è diventato ossessivo, di _supremacy_.
Come persone delle differenti fedi e religioni, come leaders politici, come educatori , come uomini e donne di cultura, abbiamo fatto abbastanza ed in modo appropriato per arginare in noi stessi ed intorno a noi la tendenza “istintiva” alla _supremacy_ religiosa, culturale, comunitaria, etnica e nazionale nei confronti degli altri?
Molto è stato fatto dopo il disastro del secondo conflitto mondiale e certamente, oltre alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, ha avuto un significato fondamentale l’avvio di un cambiamento di rapporti tra le religioni in direzione del riconoscimento reciproco, del dialogo e della cooperazione per il bene comune, ma molta strada resta da fare affinché non si continui a disattendere il comandamento fondamentale del “_Non Uccidere_” in nome di ideologie e scontri di civiltà.
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