L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni. |
Questa la tesi sostenuta in un recente Congresso internazionale.
Una delle tante errate convinzioni intorno alla pratica dei trapianti è quella che, in merito ad essa ed al suo necessario presupposto teorico-pratico rappresentato dalla morte cerebrale, ci sia, all’interno della comunità scientifica, come all’interno del mondo religioso, un consenso totale e universale.
Le cose, in realtà, sono ben diverse. Numerosi sono gli scienziati, i teologi e i filosofi che, da sempre (a cominciare dagli scritti di Hans Jonas), avanzano riserve, sollevano dubbi ed esprimono ferme obiezioni e critiche decise nei confronti sia del criterio della morte cerebrale, sia nei confronti della pratica di espianto-trapianto di organi. Ma di queste voci, molte delle quali di indubbia autorevolezza, si preferisce non parlare. L’intera grancassa mediatica è infatti compattamente impegnata in una inesausta apologia della donazione degli organi e nell’esaltazione delle imprese chirurgiche attuate dalle équipes trapiantistiche. Per i perplessi, i dubbiosi e gli oppositori, sul palcoscenico mediatico non risulta esserci posto, neppure sottoforma di fugace comparsata.
Un importante tentativo di incrinare le alte muraglie che difendono le (presunte) certezze dei sostenitori dell’indiscutibilità dei trapianti di organi ha avuto luogo in questi giorni (20-21/05) a Roma, ad opera della John Paul II Academy for Human life and the Family (fondata da ex docenti dell’Accademia pontificia per la Vita), che ha dato vita ad un convegno internazionale (“La morte cerebrale”. Un’invenzione medico-legale: evidenze scientifiche e filosofiche) a cui hanno preso parte importanti scienziati, filosofi e teologi di fede cattolica, accomunati dal fermo rifiuto nei confronti della morte cerebrale.
Tutte di grosso spessore le relazioni di entrambe le giornate, vere miniere di puntuali informazioni scientifiche e di corpose argomentazioni filosofiche e teologiche.
Il filosofo Josef Seifert, uno dei padri spirituali dell’iniziativa, ha aperto i lavori dedicandosi, in particolar modo, a denunciare l’assoluta mancanza di giustificazioni di ordine scientifico alla base della decisione del Comitato ad hoc di Harvard che, nel 1968, propose-impose il nuovo criterio di definizione di morte, sganciandolo dalle attività respiratoria e circolatoria, e fondandolo unicamente sul riconoscimento della cessazione delle funzioni cerebrali.
Le uniche due motivazioni addotte dal Comitato, infatti, furono esclusivamente di carattere pragmatico ed utilitaristico:
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sollevare la collettività dal peso di numerosi pazienti mantenuti nelle strutture ospedaliere in condizioni di assenza di coscienza;
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sollevare i medici espiantatori dal rischio di essere accusati di omicidio nei confronti dei pazienti “donatori”.
“La morte cerebrale - ha detto Seifert - è una delle maggiori vergogne della medicina”, responsabile dell’uccisione di migliaia di persone a cui vengono tolti gli organi “da vive”.
Il neurologo Thomas Zabiega ha sottolineato, poi, come la morte cerebrale non sia altro che una diversa definizione di quella condizione denominata da Mollaret e Goulon, nel 1959, coma dépassé (ossia coma irreversibile), mettendo anche in luce che i criteri adottati per la morte cerebrale, invece che rafforzarsi, sarebbero stati indeboliti rispetto a quelli precedentemente adottati.
Con particolare incisività, poi, il neurologo si è soffermato nel sostenere l’inaccettabilità morale di criteri di ordine utilitaristico ed emozionale, esulanti da adeguate valutazioni di natura rigorosamente razionale.
Particolarmente coinvolgenti sono risultati i contributi di Paul Byrne, neonatologo statunitense, il quale, anche utilizzando numerose immagini e filmati, ha operato una variegata rassegna di casi (da lui seguiti in prima persona) di individui strappati alle procedure di espianto, grazie ad una serie di circostanze propizie, prima fra tutte l’opposizione dei familiari. Toccantissima, fra le tante, la vicenda di Joseph, nato prematuro nel 1975 che, nonostante l’EEC piatto e la conseguente dichiarazione di morte cerebrale, continuò ad essere curato con eroica caparbietà, potendo così sopravvivere, godere di una vita normale, essere, oggi, felice padre di famiglia.
“Quante altre persone - si è chiesto Byrne, vero indomabile combattente a favore degli individui più fragili e vulnerabili - avrebbero potuto essere salvate qualora le cure non fossero state troppo frettolosamente interrotte?”
L’anziano pediatra è stato categorico:
“Non ha senso - ha detto - essere “donatori”: ogni organo è preso da un essere vivente!”
“Nel caso di persone veramente morte - ha poi aggiunto - le si porta in obitorio, non in sala operatoria, somministrandole accuratamente farmaci immobilizzanti. Questa si chiama vivisezione!”
Davvero molto interessanti, infine, gli interventi densissimi di Doyen Nguyen, ematopatologa e teologa morale,* soprattutto per quanto concerne l’analisi condotta, con rara perizia ermeneutica, delle parole pronunciate da papa Giovanni Paolo II in uno storico discorso al 18° Congresso Internazionale della Società dei trapianti, del 29 agosto 2000, parole erroneamente ed arbitrariamente intese da molti (cattolici e non) come una sorta di implicita approvazione della pratica trapiantistica.
La Nguyen ha evidenziato, in maniera assai efficace, che il pontefice si trovò ad insistere chiaramente nel sottolineare come l’eventualità del prelevamento degli organi dovrebbe essere sempre inderogabilmente subordinata al rispetto di ben precise pre-condizioni:
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adeguata corretta informazione e consenso pienamente consapevole ed esplicito da parte del paziente-donatore;
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accertamento senza il minimo margine di dubbio della reale condizione di morte del paziente-donatore (prelievo “ex cadavere”);
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applicazione di criteri di accertamento della morte universalmente accolti ed approvati dall’unanime comunità scientifica.
Insomma, pre-condizioni che, nella realtà vigente, non sono mai rispettate e che, nel caso lo fossero davvero, verrebbero a rendere pressoché nulle le reali possibilità di espianto-trapianto di organi.**
NOTE
*La Nguyen è autrice, tra l’altro, di un monumentale volume:The New Definitions of Death for Organ Donation: A Multidisciplinary Analysis from the Perspective of Christian Ethics. Foreword by Professor Josef M. Seifert , chemeriterebbe davvero di essere tradotto al più presto.
** PER SAPERNE DI PIU’:
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Fondamentale il sito della Lega Nazionale contro la Predazione di Organi e la Morte a Cuore Battente : www.antipredazione.org
- Paolo Becchi, Morte cerebrale e trapianto d’organi, Morcelliana, Brescia 2008
- Roberto Fantini, Vivi o morti? Morte cerebrale e trapianto di organi. Certezze vere e false, dubbi e interrogativi, Efesto, Roma 2015