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MUTILAZIONI GENITALI FEMMINILI: DAL SUDAN BUONE NOTIZIE!

By Roberto Fantini May 12, 2020 4066

             Secondo l’UNICEF, nel mondo sarebbero almeno 125 milioni le donne e le ragazze che sono state fatte oggetto di mutilazioni genitali (MGF), mentre secondo la World Health Organisation (WHO) si tratterebbe addirittura di ben 200 milioni. E, benché negli ultimi tre decenni sia stato registrato un calo complessivo della pratica, sulla base degli attuali trend demografici è possibile calcolare che ogni anno altri 3 milioni di bambine al di sotto dei quindici anni potrebbero essere aggiunti a queste statistiche. 

Le MGF sono tuttora praticate soprattutto in 30 paesi africani e in alcuni paesi del Medio Oriente (Yemen, Emirati Arabi), ma praticate anche in alcune comunità dell’Asia, dell’America Latina e degli Stati arabi. Vanno inoltre considerate a rischio anche le ragazze che vivono in comunità di emigrati sparse per il mondo. In Europa, ad esempio, si stima la presenza di ben 500.000 vittime.

E’ soltanto a partire dagli anni ’90 che la comunità internazionale ha cominciato a riconoscere le mutilazioni genitali femminili come una grave violazione dei diritti delle donne e delle bambine. Nella Dichiarazione sulla violenza contro le donne del 1993, infatti, le MGF vennero dichiarate una forma di violenza nei confronti della donna e, nel 1994, la collaborazione tra le agenzie dell’ONU e le ONG condusse al varo di un Piano di azione per eliminare le pratiche tradizionali pregiudizievoli per la salute della donna e delle bambine, intenzione poi riaffermata con la Conferenza di Pechino nel 1995. Le mutilazioni sono anche vietate dall’art.21 della Carta Africana sui diritti e il benessere del fanciullo e, fatto fondamentale, sono state messe al bando a livello globale con la risoluzione della 67° Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 20 dicembre 2012.

Va detto, poi, che l’Unione Europea ha adottato, nel 2012 e 2014, due importanti Risoluzioni a favore della lotta contro le MGF, ed anche l’Italia ha segnato alcune tappe significative per la prevenzione e il contrasto alle mutilazioni, quali la legge 7/2006, e la legge 119 del 2013 contro il femminicidio e l’Intesa siglata tra Stato e Regioni nel dicembre 2012.

Purtroppo, però, nonostante questi importanti atti di carattere legislativo, questa orribile violazione dei più elementari diritti umani , che devasta la carne e l’anima in maniera atroce e indelebile, continua in molti casi ad essere percepita come indissolubilmente legata ad antiche e irrinunciabili radici culturali e, di conseguenza, difesa e mantenuta al fine di salvaguardare l’identità culturale del gruppo.

Fortunatamente, in questi ultimi giorni è stato possibile registrare un incoraggiante segnale positivo: il 30 aprile, infatti, il governo di transizione del Sudan ha annunciato la messa al bando, grazie ad un nuovo articolo del codice penale, delle MGF.

 

Pertanto, chiunque sarà considerato responsabile di tale crimine potrà essere punito con la reclusione fino a tre anni e con il pagamento di una multa.

Si tratta, indubbiamente, di un ulteriore importante passo avanti da parte delle nuove autorità sudanesi al potere dal 2019, dopo la caduta del dittatore Omar al-Bashir.

Secondo le organizzazioni locali per la difesa dei diritti umani, infatti, più della metà delle bambine sarebbe ancora sottoposta a questa pratica crudele (l’UNICEF parla addirittura dell’87%).*

Tra tutti i paesi africani, il Sudan è considerato quello in cui il radicamento nelle tradizioni culturali della pratica delle MGF sarebbe più evidente, tanto che le donne integre sono considerate “gulfa”, un termine di disprezzo che indica vergogna ed esclusione sociale.**

C’è da augurarsi, adesso, che, dopo questa importante scelta legislativa, possa essere avviato un indispensabile percorso di sensibilizzazione e di educazione a tutti i livelli, e che, inoltre, tale svolta possa risultare di stimolo prezioso soprattutto per gli altri stati del continente africano.

A tale proposito, Paola Magni, referente per i progetti di contrasto alle MGF di AMREF in Italia, ha recentemente dichiarato:

                       “Purtroppo, è una pratica identitaria, e non penso che una legge sia sufficiente a porre fine alle FGM. Molte volte, nella storia, abbiamo avuto modo di notare il divario tra esistenza di una legge e la sua applicazione nelle aree più remote. Ad accompagnare una legge approvata da uno Stato, servono dei piani regolatori locali, volti ad incoraggiare implementazione della legge in questione all’interno delle Contee, delle Regioni e delle zone rurali. Inoltre, essendo una pratica molto diffusa e molto radicata, le norme che vietano le FGM devono essere accompagnate da processi di formazione e sensibilizzazione, sia all’interno delle comunità locali, sia tra coloro che fanno parte del settore legale e delle forze di polizia.” ***

*https://www.amnesty.it/sudan-saranno-vietate-le-mutilazioni-dei-genitali-femminili/

** https://www.unicef.ch/it/il-nostro-operato/programmi/lotta-alle-mutilazioni-genitali-femminili-sudan

***http://www.vita.it/it/article/2020/05/07/paola-magni-per-contrastare-le-mutilazioni-genitali-femminili-solo-la-/155397/

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Last modified on Tuesday, 12 May 2020 11:30
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