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Conversazione con Viviana Isernia, Responsabile di Amnesty International-Lazio
In questi ultimi anni, centinaia di migliaia di rifugiati e di richiedenti asilo in fuga da conflitti e da situazioni di crisi di vario tipo hanno messo a repentaglio le proprie vite alla ricerca di protezione all`interno dei confini europei. Spesso, lungo il percorso effettuato, sono stati anche fatti oggetto di abusi, estorsioni e violenze di ogni genere.
Tutto questo ha creato grandi difficoltà ai paesi in cui queste persone si sono recate, innescando spesso reazioni tutt`altro che accoglienti, forti preoccupazioni e comportamenti anche di vera e propria ostilità.
Al fine di riflettere con cura sugli aspetti di maggiore criticità della situazione attuale, cercando anche di individuarne gli sviluppi e di intravedere le possibili strategie da adottare, ci siamo rivolti a Viviana Isernia, Responsabile di Amnesty International per il Lazio.
- Amnesty International propone di aprire canali sicuri e legali per i rifugiati, opponendosi, nello stesso tempo, ad accordi che vengono definiti "scellerati" con paesi come Libia e Turchia.
In pratica, quale sarebbe la proposta?
- In breve, Amnesty International con questo appello chiede di garantire a donne, uomini e bambini che arrivano in Italia condizioni di accoglienza quanto più dignitose e umane. Secondo standard di vulnerabilità internazionali, gli stati hanno l’obbligo di supportarsi a vicenda al fine di ospitare i rifugiati e l’obbligo di cooperare provvedendo alla assistenza ai rifugiati di cui necessitano. Amnesty International propone una riforma fondamentale del sistema di responsabilità condivisa. Tale proposta comprende 5 criteri, ovvero un nuovo meccanismo per reinsediare i rifugiati che rientrano nei criteri di vulnerabilità dell’UNHCR, un nuovo meccanismo di trasferimento dei rifugiati da paesi in cui la popolazione di rifugiati ha raggiunto una certa soglia, un sostegno finanziario per i paesi che ospitano un gran numero di rifugiati e poi ancora rafforzare il sistema di determinazione dello status di rifugiato e mettere in atto da parte di tutti i Paesi coinvolti politiche e sistemi che garantiscano una protezione efficace per i rifugiati e richiedenti asilo e consentire loro di soddisfare le loro esigenze di base in modo coerente con i diritti e la dignità umana.
- Parlare di "responsabilità condivisa" credo sia, oggi più che mai, estremamente saggio ed opportuno. Forse la cosa davvero massimamente indispensabile.
Ma cosa significa, esattamente, rivedere i meccanismi relativi al reinsediamento dei rifugiati secondo i criteri di vulnerabilità UNHCR?
- Più di un milione di rifugiati è considerato dall’UNHCR vulnerabile e bisognoso di essere reinsediato in altri paesi.
Rientrano nello status di "vulnerabilità" le vittime di tortura e di violenza, donne e bambine a rischio e chi ha gravi problemi di salute.
L’ UNHCR ha il compito di contattare i paesi (circa 30) che offrono posti di reinsediamento, e chiede a questi paesi di reinsediare i rifugiati vulnerabili. Tuttavia, il numero di posti di reinsediamento che questi paesi offrono ogni anno è di gran lunga inferiore al numero di rifugiati vulnerabili.
Il sistema proposto da Amnesty International dovrebbe rispettare e tener conto delle singole vulnerabilità di ogni rifugiato e ciò implica il reinsediamento in paesi che possano garantire un’effettiva protezione (ad esempio rifugiati LGBTI dovrebbero essere reinsediati in paesi dove il loro orientamento o identità sessuale non li esponga a rischi).
L’attuale sistema non incontra il reale bisogno di reinsediamento e viola i diritti umani di queste persone.
-Ma il sostegno finanziario da chi dovrebbe provenire? E come fare a convincere le grandi potenze della doverosità di un simile impegno, certamente difficilmente condivisibile da parte di buona parte dei rispettivi cittadini? Inoltre, Amnesty International ha anche contestato alcuni contributi erogati a determinati paesi di frontiera. Come riuscire, quindi, a fare ordine in una questione così controversa e impopolare, pericolosamente capace di scatenare i peggiori populismi xenofobi?!
- Le attività delle agenzie ONU sono spesso sottofinanziate dagli stati. Amnesty chiede che gli stati aumentino i propri contributi alle agenzie umanitarie, pubblicando annualmente la cifra che si impegnano a dare.
Nel caso dei paesi che ospitano un gran numero di rifugiati, gli stati dovrebbero garantire un’assistenza – finanziaria e tecnica – in base alle necessità del paese, permettendo così al paese ospitante di garantire ai rifugiati e richiedenti asilo le condizioni di base.
Il contributo finanziario agli stati che ospitano un alto numero di rifugiati non dovrebbe essere considerato un sostituto dell’accoglienza dei rifugiati e dovrebbe essere proporzionale alla propria capacità di assistere e ospitare i rifugiati, ovvero tenere conto del benessere economico (ad esempio il PIL), del numero di abitanti o del tasso di disoccupazione per citarne alcuni.
Attualmente, paesi di piccole dimensioni ospitano milioni di rifugiati, altri paesi non offrono nessuna assistenza. Una vera e propria responsabilità condivisa non sarà mai realtà finché non ci saranno basi consolidate e una struttura atta a guidare gli Stati.
Il concetto di responsabilità condivisa è insito nel diritto internazionale. Gli stati hanno l’obbligo si supportarsi a vicenda al fine di ospitare i rifugiati e l’obbligo di cooperare provvedendo ad assistere i rifugiati. Il lavoro di Amnesty International è soprattutto quello di ricordare ai Governi l’ obbligo di cooperazione così come sancito dal Diritto Internazionale.
Per evitare di scatenare le peggiori azioni xenofobe è importante informarsi sui dati effettivi e condividere le giuste informazioni riguardanti il tema della immigrazione, mettendo fuori gioco i ricorrenti luoghi comuni del tipo: “ci rubano il lavoro”, “hanno pure i telefonini”, “ci stanno invadendo”, ecc…
-Ma cosa intendi parlando di rafforzamento del sistema di determinazione dello status di rifugiato?
-Ogni Stato dovrebbe garantire l'accesso alle procedure per chiedere lo status di rifugiato a tutti i richiedenti asilo. Quando le persone che chiedono protezione internazionale arrivano sulle nostre coste in numero considerevole, ottenere lo status di rifugiato può diventare impraticabile o inefficace per i singoli individui.
Nella sua proposta, Amnesty International chiede che gli Stati accordino lo status di rifugiato sulla base di informazioni oggettive relative alle circostanze nel loro paese di origine (Paese in guerra, discriminazione razziale, pena di morte). Tale procedura non significa aprire i confini, ma è una soluzione pratica al problema. Ricevendo rifugiati e richiedenti asilo in modo ordinato e organizzato, ridurrebbe i problemi di sicurezza.
Ci sono 20 milioni di rifugiati in tutto il mondo. Si dovrebbe pensare solo al fatto che essi hanno bisogno e hanno il diritto di vivere una vita dignitosa sicura e che ogni Stato dovrebbe garantire che queste persone che hanno perso le loro case (non certo per colpa loro) siano in grado di ricostruire le loro vite in sicurezza altrove.
Queste le richieste di Amnesty International per cui si chiede ai leader mondiali di impegnarsi al vertice ONU di settembre.
-In un corposo articolo apparso domenica 14 agosto sul Corriere della Sera, Milena Gabbanelli sostiene che, per quanto concerne i richiedenti asilo che abbiamo l`obbligo di accogliere, la mano pubblica dovrebbe " riprendersi l`organizzazione, il controllo e la gestione dell`intera filiera, utilizzando cooperative e associazioni per svolgere solo funzioni di supporto" e impiegare, per l`accoglienza, ampi spazi pubblici attualmente inutilizzati (ex ospedali, resort sequestrati alle mafie e, soprattutto, ex caserme), dove poter svolgere "corsi di lingua, di educazione alle regole europee e formazione per 8 ore al giorno".
Ti sembra una proposta valida e, soprattutto, realisticamente attuabile?
-La proposta di Milena Gabbanelli, in effetti, è già in atto in diverse realtà: il controllo e la gestione dei richiedenti asilo è perlopiù in mano a cooperative o associazioni e, in molte realtà, già si utilizzano spazi pubblici attualmente inutilizzati, dove si svolgono corsi di formazione di ogni tipo, anche se mancano corsi di conoscenza dei Diritti Umani. Conosco molte realtà di queste, ma sono anche venuta a conoscenza di altre realtà simili in cui i richiedenti asilo vengono lasciati da soli, senza imparare una sola parola di italiano e senza potersi integrare e, soprattutto, costretti ad alloggiare in spazi senza alcun bene di prima necessità o addirittura in strada, negando loro la dignità di essere umano.
A mio parere personale, non si può lasciare tutto completamente in gestione alla mano pubblica, ma è bene sempre avere un supervisore e penso che le persone che si occupano/occuperanno dei richiedenti asilo debbano essere dei professionisti del settore, come la stessa Gabbanelli suggerisce nel suddetto articolo: a mio avviso, non ci si può improvvisare medici, psicologi o interpreti!
Inoltre, la sua proposta di "un piano concreto in cambio di finanziamenti, l'impegno di ripartizione delle quote e della supervisione di un commissario europeo" non si discosta molto dal progetto proposto da Amnesty International per "affrontare globalmente e in modo condiviso la crisi dei rifugiati". Tutti gli Stati, difatti, dovrebbero essere proattivi nei loro sforzi per permettere ai rifugiati e richiedenti asilo di soddisfare i loro bisogni di base, e vivere con dignità e sapersi integrare nelle società ospitanti, attraverso il sostegno internazionale.