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La accettazione di Trump a trattare direttamente la questione coreana con Kim Jong – Un, pone il Presidente USA in una posizione molto più vulnerabile di qualsiasi altro capo di Stato.
Le conseguenze del negoziato - In tema di politica estera la mossa coreana, ossia, la proposta di una trattativa, che adesso Trump ha in mano, sarebbe molto perniciosa per la stessa leadership USA qualora il Presidente non ottenesse un risultato di tutta evidenza nel negoziato diretto con la Corea del Nord.
E’ però, altrettanto vero che il fronte politico contrario, composto dagli avversari di Trump, subirebbe in caso di un accordo con la Corea un notevole spiazzamento; spiazzamento soprattutto se questo ipotetico accordo fosse sufficiente a riportare la sicurezza del mondo fino adesso vicino al conflitto nucleare, nei ranghi dell’accettabilità.
Il previsto imminente colloquio Usa – Corea per un incontro diretto sulla contesa nucleare - di questo in effetti si tratta – ha sicuramente imbarazzato la stessa Cina, tradizionale alleata della Corea del Nord.
La Cina infatti, finora avvantaggiata dall’escalation delle ostilità tra Pyongyangd e Washington, avrebbe potuto far leva sul pragmatismo della Corea del Sud stretta tra i due fuochi, per incoraggiare l’unificazione territoriale tra le due Coree per affinità culturale, in tal caso, a gravissimo discapito degli americani in stanza nel sud-est asiatico.
Questo sarebbe equivalso per la Cina ad estendere anche a Seul, la medesima influenza che ha su Pyongyang. Invece, il colloquio diretto per un concordato tra USA e Corea del Nord, non ha dato alla Cina - che comunque si è dovuta diplomaticamente congratulare per questo tentativo di conciliazione - la ambita possibilità di fungere da mediatrice con i propri indirizzi politici. Attualmente, gli eventuali possibili suggerimenti della Cina, non possono contare sulla propria supremazia ideologica comunista, perché come si vedrà, il comunismo coreano ha uno stampo politico diverso.
Le convergenze tra USA e Corea su questo ipotetico accordo, saranno così svincolate dalle dirette pressioni cinesi su Pyongyang; pressioni che sicuramente avrebbero salvaguardato la politica espansionistica della stessa Cina nell’Oceano Pacifico.
L’ anima della Corea - La Corea del Nord è formalmente uno stato socialista aderente ai principi del marxismo leninismo, ma è anche uno degli Stati che reggono il passo della necessità interne con la convenienza dei rapporti internazionali. L’ideologismo politico della Cina maoista e comunista, non trova perciò, riscontro nel regime coreano, quantunque alleato strategico fin dagli anni 50. L’aiuto alla guerra coreana contro gli Stati Uniti che la Cina ha assicurato attraverso le proprie forniture militari alla Corea del Nord, ha garantito l’ attuale regime prima e dopo l’accordo di suddivisione territoriale lungo la linea del 38º parallelo tra le due Coree.
La Corea del Nord è piuttosto uno Stato retto da un governo che dal punto di vista occidentale, assume i connotati dittatoriali di uno Stato nazionalista che concepisce l’amministrazione del Paese a immagine e somiglianza della stessa impostazione politica dominante. Non a caso, appaiono dei parallelismi tipici dell’estremismo di tutta evidenza, come l’emozione delirante e la dedizione fino al sacrificio del popolo coreano per il suo capo a cui tutto è dovuto, in quanto egli esprime simbolicamente l’anima della nazione.
L’interesse cinese - Merita una rapida digressione non sottovalutare il rilevante interesse della Cina anche nei confronti delle risorse minerarie coreane perché le immense potenziali ricchezze del sottosuolo coreano sono stimate dai 5 mila ai 10 mila miliardi di dollari. Tra queste vi sono i giacimenti delle cosi dette “terre rare” tra i più capienti del mondo, recentemente scoperti nelle alture della Corea del Nord. Attualmente la richiesta di mercato di questi elementi per una vasta gamma di applicazioni industriali, soprattutto del settore elettrico, è strategica. La Cina infatti, sensibilizzata pelosamente dal cosiddetto ambientalismo occidentale, ha investito enormi risorse economiche per la rapida trasformazione nel mondo dell’ attuale trasporto, da motori endotermici a benzina e diesel, a motori elettrici. Come poi se qui da noi, la ricarica delle batterie, avvenisse senza inquinamento, per grazia ricevuta.
La forza dei negoziati - La possibilità di successo per un colloquio di tal genere per le due Coree, poggia su aspetti di sicura convenienza politica interna, soprattutto della Corea del Nord, prima ancora che su valori internazionalmente riconosciuti a Trump.
Per quanto riguarderà l’eventuale successo americano, soprattutto di fronte all’opinione occidentale, questo dovrà superare con ampio margine, le attuali frontiere strategiche commerciali americane nell’est asiatico, e, dimostrare che il risultato ottenuto dalla Corea del Nord ha sicuramente rafforzato la leadership USA nel mondo, attraverso il Presidente Trump.
Svincolare la Corea del Nord dalle dipendenze cinesi e favorire in questo caso, una confederazione coreana aperta all’Occidente in cambio della denuclearizzazione militare, sarebbe un notevole successo per Trump e per il tutto l’ Occidente. Questa possibilità non è proprio così remota anche se del tutto in salita.
Altrettanto allettante sarebbe per il popolo coreano un novello “piano Marshall” USA che giocherebbe a favore del dittatore Kim Jong-un per l’improvviso benessere che si riverserebbe sulla popolazione e che sarebbe comunque a lui attribuito. La sopravveniente abbondanza dei beni di prima necessità, perennemente carenti, costituirebbe infatti per Kim Jong-un, un rafforzativo del consenso interno di grande rilevanza politica.
Il paradosso della razza - Altro fattore coreano di carattere emotivo tradizionale molto sentito dall’intero Paese è il concetto della cosiddetta purezza di razza, della quale noi occidentali disconosciamo da un pezzo ogni valore. Per i coreani del Nord invece, che si considerano l’espressione genuina della purezza asiatica, la riunificazione della propria gente assume un valore di notevole importanza anche per la Corea del Sud. Disse infatti, Kim Young-sam, il primo Presidente sud coreano eletto democraticamente, che nessun alleato è migliore di uno della stessa razza.
In conclusione - Ciò starebbe a significare che un eventuale Stato federale tra le due Coree avrebbe una motivazione interna in più, per preferire questa nuova realtà.
Se così avvenisse il successo del Presidente Trump consisterebbe nella denuclearizzazione militare della Corea del Nord e nel relativo allentamento coreano dai vincoli strategici dalla Cina. La Cina però non si limiterà a guardare.