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Le lezioni del fallimento occidentale in Afghanistan

By Fabrizio Vielmini August 19, 2021 1707


Seguo le vicende afghane da quasi trent'anni, dapprima come ricercatore e giornalista e poi, più da vicino come “practitioner” di varie organizzazioni internazionali attive in Asia centrale.
Se sono stato anch'io colto alla sprovvista dalla rapidità del crollo del regime di Kabul a Ferragosto, non ho mai avuto dubbi che questo sarebbe stato l'esito finale della sciagurata invasione lanciata dagli USA nel 2001. Ricordiamo alcuni punti fondamentali. Durante l'intervento sovietico in Afghanistan (1979-1989), gli USA hanno armato ed addestrato bande di fondamentalisti islamici provocando l'esplosione della “jihad” (e del traffico d'eroina) a livello mondiale. Dopo che il paese sprofondò nel caos in seguito all'abbandono sovietico, sempre gli USA approvarono la presa del potere da parte dei talebani. Quando, in maniera a tutt'oggi inspiegata in modo razionale, avvenne l'attacco dell'11 settembre, Washington decise d'invadere il paese senza uno straccio di prova che riconducesse i terroristi al regime dei Talebani.
Quella in cui gli europei sono stati coinvolti per vent'anni è stata dunque una guerra d'aggressione senza qualunque base legale. Tale guerra gli americani l'hanno condotta sulla pelle degli altri (l'Alleanza delle minoranze afghane del Nord) o seppellendo le posizioni nemiche di bombe, ogni volta falciando decine di innocenti.
Gli americani si sono quindi ingegnati a mettere al potere una serie di dipendenti delle loro multinazionali, completamente scollati dalla realtà del paese. In parallelo, con l'entusiastico sostegno dei vassalli europei, si è cercato di vivere in un paese di comunità agricole tradizionali il modello occidentale di stampo anglo-americano. In tal modo, gli occidentali hanno ripetuto l'errore sovietico, solo sostituendo il liberismo al marxismo. Peggio prima, la stragrande maggioranza degli afghani (non i dipendenti delle ONG mostrati dalle TV italiane) ha accolto con ripugnanza un modello di modernità che anche da noi semper di più si rivela come insieme marchio, basato su com'è sulla mercificazione di ogni valore , la competizione quale regola onnipresente, un femminismo puritano anglossassone che crea odio verso gli uomini, pornografia di massa come “liberazione”. Per non parlare degli eccessi “LGTB”, che suscitano orrore in tutte le società ad est della linea Varsavia-Istanbul.
Anche trascendendo dall'avversione delle masse per gli pseudo-valori occidentali, il tentativo di applicarli in Afghanistan nasceva morto nel momento in cui non si prevedevano sforzi per la costruzione di un'architettura statale ed economica efficace per il nuovo protettorato. I sovietici questo lo fecero ed in effetti il ​​regime da essi lasciato a Kabul ottenuto per reggersi da solo sette anni (1989-1996).
Sotto gli americani, nella corruzione regnante di governanti senza scrupoli al soldo dello straniero, le masse si sono riallineate ai rappresentati del vecchio ordine – che per inciso avevano anche bloccato un narcotraffico ridivenuto imperante durante l'occupazione.
Per anni Washington e le sue ignave ancelle europee (i soli a credere nella retorica dei diritti umani) hanno cercato di corrompere quanti più gente possibile per portare qualcuno dalla loro parte. Costoro li abbiamo visti accalcarsi dietro gli aerei all'aeroporto di Kabul. 
Per noi europei la cosa più indicata da fare di fronte a questo disastro sarebbe di trarne le debite conseguenze e scuotersi da un torpore che ci porterà solo nuove tragedie.
Vent'anni fa scrissi che l'Afghanistan, dopo essere stato la tomba del potere sovietico, annunciava l'inizio della fine dell'egemonia anglossassone sulla scena internazionale. Sottolineo anglosassone invitando chi legge a finirla con la retorica dell'“Occidente”, che è solo una sovrastruttura per il dominio anglo-americano sul resto dell'Europa. Le immagini che arrivano da Kabul servono a riflettere sul fatto che strutture come la NATO non contano più a creare sicurezza contro l'instabilità (basta guardare alla Libia) in cui l'Italia è oggi immersa. I paladini dell'“Occidente” smettano di stracciarsi le vesti per le mogli dei funzionari defenestrati di Kabul ed inizino invece a concentrarsi sulla situazione delle donne saudite, martoriate da un regime a cui il sistema a cui loro si vantano d' appartenere fornisce ogni genere di supporto. Traiamo dalla tragedia dell'Afghanistan le giuste lezioni, dobbiamo tornare padroni del nostro destino se vogliamo evitare nuovi disastri per il futuro, anche perché, data la nuova guerra fredda che USA e Gran Bretagna alimentano contro la Russia, saranno sempre più vicini a noi.

 

 

 

* Fabrizio Vielmini è  analista di Vision & Global Trends ( https://vision-gt.eu )

 

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Last modified on Thursday, 19 August 2021 08:52
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