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“La Nato andrebbe sciolta, non fa gli interessi dell’Europa ma dell’America”, parla Sergio Romano.

By Umberto De Giovannangeli May 24, 2023 618

 

«Questa Nato serve agli Stati Uniti, ai noi europei no». Ad affermarlo è un’autorità assoluta nel campo della politica internazionale: l’ambasciatore Sergio Romano. Nella sua lunga e prestigiosa carriera diplomatica, è stato, tra l’altro, ambasciatore presso la Nato e ambasciatore a Mosca (1985-1989), nell’allora Unione Sovietica. È stato visiting professor all’Università della California e a Harvard, e ha insegnato all’Università di Pavia, a quella di Sassari e alla Bocconi di Milano. Tra i suoi numerosi libri, ricordiamo, Merkel. La cancelliera e i suoi tempi (con Beda Romano, Longanesi, 2021); Processo alla Russia. Un racconto (Longanesi, 2020); Atlante delle crisi mondiali (Rizzoli, 2018); Il rischio americano (Longanesi, 2003); Il declino dell’impero americano (Longanesi, 2014); Trump e la fine dell’American dream (Longanesi, 2017); Il suicidio dell’Urss (Sandro Teti Editore, 2021); La scommessa di Putin. Russia-Ucraina, i motivi di un conflitto nel cuore dell’Europa (Longanesi, 2022). L’ultimo libro ha un titolo che ben si attaglia alla realtà d’oggi: La democrazia militarizzata. Quando la politica cede il passo alle armi (Longanesi, 2023). Con l’Unità, l’ambasciatore Romano sviluppa una riflessione, che molto fa discutere, che concludeva un suo recente articolo sul Corriere della Sera: «L’Alleanza atlantica ha avuto una parte utile e rispettabile. Ma la guerra fredda è finita, il comunismo è sepolto, gli Stati Uniti hanno avuto un presidente come Trump e sarebbe giunto il momento di fare a meno di un’istituzione, la Nato, che ha ormai perduto le ragioni della sua esistenza». Una considerazione che attualizza quanto lo stesso Romano aveva sostenuto nel 2016, quando la guerra d’Ucraina era molto in là a venire: «La sola scelta di sicurezza per l’Europa dovrebbe essere quella della neutralità. L’Europa non può essere una potenza militare interventista e aggressiva. Credo che se l’Europa scegliesse la strada della neutralità metterebbe in discussione l’esistenza della Nato». E ancora: «Oggi i suoi compiti non sono più indispensabili, certi obiettivi non ci sono più e non c’è motivo di cercare di raggiungerli. Il patto è ancora in piedi perché gli Stati Uniti hanno interesse a mantenere la gestione militare di una grande parte del pianeta. L’Alleanza è una conquista americana, alla quale Washington non intende rinunciare. Sarei stato contento se la Nato fosse stata sciolta alla fine della Guerra Fredda».

Ambasciatore Romano, chiunque provi a proporsi come “facilitatore” negoziale – sia esso il Papa, Lula, Xi Jinping viene subito colpito e affondato. Perché?
Una persona può essere detestata, invidiata, considerata un intralcio. Vi sono ragioni che sfuggono all’analisi politica. E ci sono circostanze in cui la politica deve farsi da parte per lasciare spazio alla psicologia.

Esiste a suo avviso uno spazio negoziale oppure tutto è affidato alle armi?
Prima o dopo verrà il momento del negoziato. Ma per ora e per un futuro indeterminabile le armi sono ancora quelle che dettano legge. Vede, questa è una guerra non soltanto tra alcuni Paesi ma è fondamentalmente diventata una guerra fra due grandi personalità – il presidente russo Vladimir Putin e il suo omologo ucraino Volodymyr Zelenski, che stanno giocando se stesse. In questa circostanza è molto difficile che uno dei due si abbandoni a un negoziato in cui lui, in questo caso il discorso vale soprattutto per Zelensky, finisce per avere un ruolo minimo perché entreranno in gioco altre persone, altre motivazioni, altri interessi. Questa per il momento rimane una battaglia tra due leader e lo sarà probabilmente fino al momento in cui o i due si renderanno conto di non poter essere vincitori e allora accettano in qualche modo una soluzione finale o addirittura finisce quando finisce fisicamente uno. Non si tratta di essere pessimisti, ma realisti. Immaginare una soluzione diplomatica è uno sforzo titanico destinato per il momento a rimanere tale, non solo per quanto detto prima, lo scontro tra due leader che si stanno giocando il loro futuro, ma anche perché in gioco sono entrati di terze parti, nella fattispecie gli Stati Uniti.

Lei è uno dei pochi in Italia ad aver cercato in questo tempo di guerra di andare oltre lo schema aggredito-aggressore e andare alle radici delle ragioni profonde, che non nascono certo il 24 febbraio 2022, della guerra.
Non c’è dubbio che dietro la vicenda ucraina vi è il desiderio della Russia di riconquistare quella autorevolezza, quel prestigio, quello spazio di potere che aveva quando ancora si parlava di impero russo. Questa aspirazione mi sembra essere una delle grandi motivazioni di questa vicenda. Se un Paese come la Russia aspira a ridiventare la grande potenza che è stata in passato, è inevitabile che molte altre medie potenze o addirittura in qualche caso piccoli Stati possano essere preoccupati e temere che questa grande Russia a un certo punto toglierà loro qualche cosa. Partirei da questa considerazione e cercherei di capire esattamente quali siano le motivazioni nei casi specifici. La ragione fondamentale è quella di un’aspirazione imperiale e questo non può certo piacere agli Stati Uniti che si sono visti coinvolti in una vicenda che teoricamente non avrebbe mai dovuti coinvolgerli. Eppure così è stato.

Perché, ambasciatore Romano?
Se la Russia non ha soltanto un “piccolo” problema da risolvere con l’Ucraina ma vuole approfittare di questa circostanza per diventare nuovamente una potenza imperiale, beh a Washington questo non va giù. Quanto a noi, noi Europa, le ribadisco quanto ho avuto modo di scrivere poco tempo fa sul Corriere: dopo avere avuto in altri tempi ambizioni imperiali ed essere stata anche un nido di nazionalismi prepotenti e aggressivi, l’Europa dovrebbe essere ormai una confederazione di Stati politicamente saggi e maturi, una grande potenza economica e sociale, una “grande Svizzera” composta da amici e reciproci clienti. Per l’efficacia di una tale confederazione tuttavia, la Russia non dovrebbe essere un nemico, ma un compagno di strada nel cammino verso un’Europa sempre più confederale. Non dovremmo vedere nella Russia soltanto un pericoloso concorrente, ma anche un utile interlocutore verso obiettivi che possono essere pacificamente condivisi. So bene che in tempi come questi può apparire un sogno, ma coltivarlo e provare a realizzarlo sarebbe buona cosa.

Quando si fa riferimento all’atteggiamento del mondo nei confronti di questa guerra, sottolineando una avversione condivisa nei confronti dell’aggressore russo, non pecchiamo di “occidentalismo” o di eurocentrismo?
Le confesso che il concetto di “occidentalismo” mi sembra poco rilevante. Se siamo di fronte ad un forte desiderio della Russia di riconquistare un ruolo, quel ruolo non è “occidentale” né “orientale”. Sono delle ambizioni che vanno molto al di là della singola questione regionale.

Ambasciatore Romano, la metto giù seccamente. Perché il solo ragionare di un superamento-scioglimento della Nato sembra essere un’eresia, una bestemmia e chi prova a ragionarci su viene additato come un sodale di Putin?
Sempre continuando a ragionare con la mia tesi: è inevitabile che gli Stati Uniti in questo momento si guardino attorno e vogliano avere ancora quei consensi, quelle amicizie, quelle alleanze che avevano negli anni della Guerra fredda. Noi abbiamo pensato che la Guerra fredda fosse finita, e la Guerra fredda è finita. Ma ne è cominciata un’altra. Questo desiderio imperiale della Russia non ha più nulla a che vedere con i criteri della Guerra fredda, ma è inevitabile che gli Stati Uniti considerino dal loro punto di vista l’ambizione russa inaccettabile, pericolosa. Non mi ha sorpreso la reazione di Washington. Non va dimenticato, peraltro, che anche gli Stati Uniti hanno ambizioni imperiali e forse in questo momento tali ambizioni sono più realistiche di quelle della Russia. Gli Stati Uniti stanno praticando queste ambizioni imperiali e lo fanno utilizzando quegli strumenti che noi consideravamo divenuti inutili, come la Nato, in quanto la Guerra fredda era finita. Ma siccome la Nato è una istituzione in cui gli Stati Uniti hanno un enorme potere, ecco che la Nato diventa lo strumento per praticare queste ambizioni imperiali, al servizio di un Paese – gli Usa – che vuole conservare quello che aveva all’epoca della Nato-Guerra fredda.

Reiterare quella funzione, motivandola come la lotta delle democrazie liberale contro le autocrazie, a cominciare da quella russa. È corretto, ambasciatore Romano?
Non ho avuto l’impressione che questo tema venisse molto frequentemente utilizzato. Detto questo, non sarei sorpreso se gli Stati Uniti facessero appello a questi vecchi concetti che in questo modo possono essere rinfrescati e rimessi sul tavolo. Da un punto di vista europeo, questo non ha più niente a che vedere con la Nato.

Perché?
Perché la Nato serve agli Stati Uniti. Non serve a noi. Poi se qualcuno è più amico degli Stati Uniti di quanto sia necessario esserlo, probabilmente suonerà la musica che piace maggiormente a Washington. Ma io non mi unisco a questo coro.

 

Da L’Unità del 21 maggio ’23   

 

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