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Ad un uomo che per tanti anni è stato il dominus indiscusso della Banca Popolare di Vicenza non difettano certo consulenti ed advisors a guidarne le mosse ed è così che, dopo aver rassegnato pochi mesi fa le dimissioni da presidente della sofferente banca veneta, ha prima ceduto tutte le azioni dell'omonima e fortunata azienda vitivinicola, Zonin 1821, ai figli e ha ora ceduto il timone di comando al figlio Domenico, ha promosso ad amministratore delegato il fido Massimo Tuzzi, mentre gli altri tre figli assumono la carica di vicepresidenti della società che ha triplicato il fatturato in pochi anni, giungendo a 186 milioni di euro di fatturato nel 2015.
Mentre la banca, dopo aver evidenziato perdite miliardarie accumulate sotto la sua gestione ed essersi attirata le attenzioni di Madame Danielle Nouy, da un anno a capo della vigilanza della Banca Centrale Europea, attenzioni che si sono tradotte in una lettera di fuoco che ha costretto gli azionisti della Popolare di Vicenza ad una lunga ed infuocata assemblea al termine della quale hanno approvato a larghissima maggioranza la trasformazione in società per azioni e un aumento di capitale da 1,7 miliardi di euro, per citare solo i due punti più dolorosi per gli azionisti di una banca non quotata nei mercati regolamentati e che hanno visto il valore via via attribuito dalla banca al diritto di recesso portarsi a 6,3 euro un valore del 90 per cento inferiore ai massimi toccati dalla quota, anche se il diritto non viene riconosciuto in quanto una provvida, per i vertici, direttiva della Banca d'Italia stabilisce che la banca può rifiutare l'esercizio di questo diritto, quando, e questo è il caso, non sia in grado di rispettare il rispetto dei parametri di patrimonializzazione stabiliti a livello europeo.
Quella di Zonin è evidentemente una mossa ispirata da ben remunerati azzeccagarbugli e non so francamente se sarà coronata dal successo, quello che è certo è che ho seguito le sue vicende anni fa come responsabile dell'ufficio studi di un sindacato nazionale del settore del credito e credo che in pochi casi ho visto una gestione più accentrata nelle mani di un uomo solo, né una banca, fata eccezione forse per il Monte dei Paschi di Siena, più attaccata al suo territorio, quelle province del ricco Nord Est che dopo una fiammata produttiva non accompagnata da investimenti, si sono poi afflosciate su se stesse, provocando una valanga di sofferenze che hanno letteralmente messo a rischio la banca che le aveva concesse, una banca che vedrà il valore dell'azione, una volta avvenuta la quotazione, ben distante dal valore di quel diritto di recesso che gli azionisti non possono più esercitare!