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In una recente intervista a Bloomberg, il vice ministro dell'Economia, Enrico Morando, ha ventilato l'ipotesi che il pagamento degli ultimi interessi sui Monti Bond per 4 miliardi di euro ricevuti dalla banca senese nel 2012 e interamente rimborsati al Tesoro potrebbe essere pagata in azioni invece che in denaro e questo porterebbe lo Stato italiano a passare dal 4 al 7 per cento del capitale dell'un po' disastrato Monte dei Paschi di Siena, diventandone così il primo azionista in una fase non proprio felice della banca guidata dal bravissimo Fabrizio Viola ma ancora gravata da Non Performing Loans per una cifra che, secondo il Financial Times si aggira sui 40 miliardi di euro e che ha suscitato l'attenzione della vigilanza europea presso la BCE e richiederà senz'altro misure straordinarie per essere affrontato in tempi non biblici.
Agli attuali corsi di borsa, l'operazione si presenta sicuramente come un affare, ma denota innanzitutto, come ha sostenuto nell'intervista citata lo stesso Morando, la volontà dell'esecutivo italiano di cooperare al rafforzamento del gruppo senese, rappresentando al contempo un atto di fiducia nell'operato dei vertici che hanno preso il posto di quelli precedenti e sotto inchiesta della magistratura con accuse molto pesanti legate a una fase molto oscura del gruppo che ha visto anche la morte ancora inspiegata del giovane direttore della comunicazione di MPS.
Nella puntata di mercoledì del Diario della crisi finanziaria, parlavo del Veneto come buco nero del credito in Italia, ebbene gran parte delle imputazioni di Mussari e compagni nascono proprio dalle operazioni messe in piedi per nascondere il buco, o la voragine, aperti nei conti in precedenza solidi del gruppo creditizio senese dalla sciagurata e rapidissima acquisizione della Banca Antonveneta che il Banco Santander aveva acquisito dall'olandese ABN Amro per rivenderla in tempo reale al Monte dei maschi di Siena con plusvalenza miliardaria, le famose operazioni Alexandria e Santorini, la prima delle quali ha pesato ancora sui conti del 2015 della banca senese e non se in via definitivamente risolutiva.
Ebbene, quell'acquisizione non è stata molto costosa, ma ha coinvolto anche il Monte dei Paschi di Siena in una zona d'Italia che proprio in quel momento stava vedendo esplodere il fenomeno dei Non Performing Loans e quindi la banca si è trovata di fronte, contemporaneamente, a un deflusso di depositi e ad un aumento degli incagli in una zona del Paese che da locomotiva dell'economia si trasformava nello scenario dei capannoni vuoti e dei capitali degli imprenditori spesso fuggiti all'estero, il tutto con conseguenze disastrose per la banca e con l'unico corollario felice dell'uscita di scena della omonima Fondazione!