L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni. |
In alcune puntate precedenti del Diario delatrici finanziaria, avevo messo in guardia dal facile ottimismo che si era diffuso nei giorni che hanno immediatamente preceduto questo 23 giugno 2016 che non so se, come sostiene Nigel Farage, sarà ricordato come l'Indipendence Day britannico o come il giorno della catastrofe, un ottimismo basato su sondaggi che si sono rivelati franchi come già in occasione del referendum sull'indipendenza della Scozia, quello vinto con buon margine da quello stesso Cameron che venerdì ha dovuto dichiarare le sue dimissioni a certo tempo data per lasciare il passo a colui o colei che saranno incoronati a ottobre dal congresso dei conservatori.
Eppure la sera stessa del voto gli opinion polls davano un discreto margine a favore del remain, ma le banche della City avevano preparato per tempo i propri piani, mobilitando nella notte centinaia di traders e di analisti che si sono scatenati tra le tre e le quattro del mattino vendendo la sterlina e i future sugli indici azionari britannici e su quelli dei più importanti paesi membri dell'Unione europea che hanno poi aperto con livelli di perdita che in genere si verificano solo a fine seduta nei giorni più neri. Ma il peggio doveva ancora venire e devo dire che, mai come nella giornata di venerdì, la realtà ha superato di gran lunga l'immaginazione.
Per quanto riguarda la borsa italiana, di proprietà della borsa britannica e il cui indice principale si chiama Footsie Mib, l'unica cosa che riusciva a partire era l'indice, mentre le principali azioni che lo compongono erano in massa sospese per eccesso di ribasso, condizione dalla quale sono faticosamente uscite denotando, in particolare le maggiori banche, perdite intorno ai 20 punti percentuali, livelli di perdite dai quali davano nelle ore successive l'impressione di potersi risollevare, per poi risprofondare su perdite ancora peggiori che poi hanno mantenuto fina a quando è finalmente giunto il segnale di chiusura delle contrattazioni.
Era come se fosse stato allestito uno stress test reale e ben diverso da quelli cui le autorità di vigilanza europea le sottopongono in modo virtuale ed è così che Unicredit ha perso il 24 per cento circa del valore segnato solo ventiquattro ore prima, mentre Intesa-San Paolo di punti ne ha persi 2£, in linea con le perdite del Banco Popolare che ancora una volta avvicina il valore di mercato a quello previsto per l'aumento di capitale in corso, mentre il Monte dei Paschi di Siena è riuscito a limitare le perdite al 16 per cento. La perdita dell'indice di Piazza Affari ha segnato un record storico coni 12,48 per cento. Nel frattempo la sterlina perdeva il 10 per cento contro l'euro, mentre oro e Bund tedeschi volavano e la somma delle perdite dei mercati europei, Londra inclusa, superava i 600 miliardi di euro.