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E se BNP comprasse il Monte dei Paschi?

By Marco Sarli July 25, 2016 10056

Chi segue il Diario della crisi finanziaria sin dai tempi della prima ondata della tempesta perfetta, sa che è un mio vecchio pallino quello della possibilità che il molto malmesso Monte dei Paschi di Siena disastrato dalla gestione Mussari-Vigni potesse finire nelle mani di una banca globale straniera, anche se allora imperava ancora sulla banca senese l'omonima fondazione e il prezzo da pagare sarebbe stato più o meno dell'ordine che MPS aveva pagato per comprare, nel giro di 24 ore, la Banca Antonveneta e cioè più di quanto BNP Paribas aveva pagato per acquisire la Banca Nazionale del Lavoro.

Nel frattempo, lo scenario bancario italiano è radicalmente cambiato e gli sportelli che allora venivano contesi a 5-7 milioni di euro l'uno sono calati drasticamente di prezzo e i crediti deteriorati sono schizzati verso l'alto per giungere a 360 miliardi di euro a livello di sistema e a 47 miliardi per il solo Monte dei Paschi a fronte di impieghi vivi pari a 113 miliardi di euro e con un rapporto tra NPL e impieghi del 42 per per cento circa, un rapporto assolutamente abnorme e non mitigato dalla copertura per il 48 per cento delle sofferenze lorde.
Quello che è certo è che la banca senese si appresta, sentito il parere della vigilanza bancaria europea a cui ha scritto una lettera di risposta alla missiva nella quale si chiedeva una drastica riduzione delle sofferenze nette, a cedere sofferenze per 10 miliardi di euro circa al Fondo Atlante ad un prezzo che a sentire i bene informati dovrebbe aggirarsi sul 30 per cento del valore nominale dei crediti stessi, operazione che dovrebbe portare ad un aumento di capitale sino ad un massimo di 4 miliardi di euro, aumento che sarebbe garantito da un consorzio di banche, consorzio che, ovviamente, ancora non è uscito allo scoperto.

Il problema è che il Monte dei Paschi, pur avendo un patrimonio netto di 9 miliardi di euro, in questo momento non arriva ad una capitalizzazione di borsa di un miliardo e non si nota uno spasmodico interesse dei risparmiatori e degli investitori a mettere mano al portafoglio per concorrere all'aumento di capitale, il che apre la strada all'ipotesi che si profili all'orizzonte un cavaliere bianco che desideri crescere sul mercato creditizio italiano o entrarvi mediante questa acquisizione che sarebbe certo a buon mercato ma che presenta notevoli profili di rischiosità.
E' ovvio che tutto quanto precede sarà influenzato dalle intenzioni del Governo italiano e dall'esito della trattativa in corso ormai da settimane con la Commissione europea, che, come ha ricordato giovedì scorso Mario Draghi, ha l'ultima parola sugli aiuti di Stato alle banche.

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Last modified on Tuesday, 26 July 2016 10:45
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