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Con un laconicissimo comunicato, Deutsche Bank ha reso noto di aver realizzato, si fa per dire, utili nel secondo trimestre in discesa del 98 per per cento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente che aveva visto un utile di 756 milioni di euro, realizzati però in un contesto completamente differente e con Il Chief Operating Officer di importazione non aveva ancora messo in atto il suo piano di drastica ristrutturazione di quella che ancor oggi è la più importante banca europea, una ristrutturazione che vedrà l'uscita di Deutsche da 10 paesi in cui oggi opera e il taglio di un terzo delle dipendenze in Germania, dove la banca di Francoforte è leader assoluto del mercato creditizio interno e dove le concorrenti sia private che pubbliche sono alquanto ammaccate, compresa la HVB di proprietà del gruppo Unicredit, una banca che non ha portato grandi soddisfazioni a coloro che, a partire da Alessandro Profumo, si sono trovati al timone di questo colosso che non poche analogie ha con la banca di Francoforte, compresa la richiesta avanzata ad ambedue dalla vigilanza europea presso la BCE di portare al 12,25 il CET1, ossia il coefficiente patrimoniale che le banche devono rispettare e che, come si è scoperto, non è uguale per tutti ma dipende dalle valutazioni effettuate dalla Nouy e dai suoi più stretti collaboratori.
Certo, le attese degli analisti era ancora peggiori, visti i costi della ristrutturazione messa in atto dal CEO che comportano spese per la chiusura delle dipendenze e, soprattutto, per la dismissione di circa 7 mila dipendenti solo in Germania, mentre poco si sa di quanto costerà l'uscita di dieci paesi in cui Deutsche era presente, spese che varieranno caso per caso in relazione dei sistemi di welfare e di protezione dei lavoratori ivi vigenti.
Ma, come ben sa chi ha seguito le puntate del Diario della crisi finanziaria dedicate alla crisi del colosso creditizio tedesco, il problema dei problemi è rappresentato dalle due Corporate&Investment Banking di cui è dotata Deutsche. Un'anomalia che non trova riscontro nelle altre banche globali poste al di qua e al di là dell'Oceano Atlantico, che hanno sì alcune di loro due Chief Opaerating Officer, modello di derivazione Goldman Sachs e che ora è stato mutuato da Unicredit, per decisione del suo nuovo/vecchio CEO, ma il problema è che due CIB con due fabbriche prodotto non si erano mai viste e i risultati sono stati subito evidenti con un nozionale per prodotti derivati e titoli più o meno tossici asceso alla stratosferica cifra di 54 mila miliardi di euro, un comparto che, non si sa ancora come, verrà disboscato con il napalm!