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CONOSCERE L’ ISLAM: MA QUANTO E’ FACILE SBAGLIARE …

By Roberto Fantini August 04, 2017 9460

 Viviana Isernia
 Viviana Isernia

Conversazione con l’islamista Viviana Isernia, autrice de I mille volti dell’ Islàm


               Sono molti anni, oramai, che seguo da vicino l’impegno assiduo e generoso di Viviana Isernia nel campo dei Diritti umani, in particolar modo attraverso l’attività educativa svolta all’interno di Amnesty International. Negli ultimi tempi, però, sto scoprendo e apprezzando soprattutto le sue non comuni competenze in ambito islamistico, espresse, seppur solo parzialmente, nel recente prezioso volumetto I mille volti dell’ Islàm.

Proprio ispirandoci ad alcuni temi affrontati nel suo libro, con il chiaro obiettivo di invitare a diffidare dei tanti luoghi comuni e dei tanti veri e propri strafalcioni ampiamente in circolazione, è nata fra di noi la conversazione che segue.

 

-       Nella Premessa al tuo Mille e un volto dell'Islàm, scrivi che "E' facile credere di conoscere l'Islàm o l'islamismo: in realtà esiste una notevole confusione ...".

Intorno a quali aspetti della cultura islamica hai avuto modo di riscontrare maggiormente la presenza di lacune, incomprensioni e fraintendimenti?

Le prime lacune sono nell'uso della terminologia, dal semplice aggettivo italiano "musulmano" o "islamico", per cui ho inserito precise domande e risposte. Altre lacune riguardano la cornice storico-politica che è essenziale conoscere per comprendere molti versetti del Corano, ogni singola azione di un fedele della religione islamica e le nuove ideologie sorte in seno ad essa.

-       Potremmo dire, quindi, che l' idea del tuo libro è scaturita dal fastidio che ti procura il ricorrente uso approssimativo e impreciso del lessico relativo alla cultura islamica?

Potresti farci alcuni esempi particolarmente significativi?

Gli esempi possono essere tanti, alcuni di essi sono ben spiegati nel libro, a partire dal termine Islàm, che si pronuncia con l'accento sulla a, semplicemente perché il termine con l'accento sulla prima vocale nella lingua araba non ha significato.

Un altro esempio che mi preme sottolineare riguarda l'accezione negativa che si dà al termine “islamista”. Nelle notizie che circolano riguardo agli attacchi terroristici compiuti da musulmani, si abbina il termine "islamista" al concetto di "militante dell'integralismo islamico", riprendendo tra l'altro in modo errato il termine islamiste dal francese.

In italiano, e qualsiasi vocabolario lo può attestare, islamista è colui che si occupa di studiare gli aspetti strutturali del pensiero, della storia e della spiritualità della religione islamica, ovvero colui che si occupa di Islamistica. Un sinonimo è "islamologo" (in francese, difatti, usano islamologue).

-       Non si potrebbe obiettare, però, che, nella drammaticità della situazione internazionale delineatasi in questi ultimi anni, il soffermarsi su questioni così strettamente di ordine filologico possa apparire come  una raffinatezza comprensibile soltanto agli occhi degli "addetti ai lavori", sembrare, cioè, una sorta di giochino intellettuale godibile solo per pochi eletti?!?

Sicuramente gli "addetti ai lavori" percepiscono maggiormente tali peculiarità, ma è importante - a mio avviso - che chiunque conosca il significato delle proprie parole.

Molto spesso, e in ogni lingua, vengono utilizzati degli stranierismi, ovvero termini di prestito straniero che possono più o meno essere adattati (ad esempio hennè)o dei realia, cioè parole della lingua popolare che rappresentano concetti tipici di un ambiente geografico, di una cultura o di peculiarità storico-sociali di un popolo e che sono portatrici di coloriture nazionali, locali o storiche che non hanno corrispondenze precise in altre lingue (ad esempio imàm).

Tra l'altro il termine imàm ha un diverso significato se si parla di musulmani sunniti e musulmani shi'iti.

L'uso approssimativo e impreciso del lessico relativo alla cultura islamica sta conducendo ad una serie di stereotipi che difficilmente si potranno eliminare velocemente nel tempo se non si inizia a diffonderne l'uso corretto, seconda motivazione per cui mi sono cimentata in questo lavoro. L'uso approssimativo dei termini conduce anche ad una scarsa volontà di comprendere il significato originario del termine. Un esempio è quando si parla di gihàd riducendolo al solo e unico concetto di "guerra santa".

-       Sicuramente, il termine/concetto più equivocato (con conseguenze di grosso rilievo) è quello di   "gihàd". Qual è la sua origine e qual è il suo vero significato?

Il termine gihàd per un musulmano ha due significati e per tale motivo si distingue in gihàd minore e gihàd maggiore.

Il maggiore è quello che ha più rilievo nella quotidianità di un musulmano e della umma (termine arabo per indicare la comunità) intera poiché gli viene richiesto di "sforzarsi a combattere il male", ovvero combattere i propri vizi e difetti per il bene stesso della società.

Poi vi è il gihàd minore che equivale a " lottare" contro i nemici della comunità musulmana", ovvero contro coloro che minano il concetto di monoteismo (i politeisti).

Il gihàd minore viene effettuato a mo' di difesa, come citato nel Corano "combattete per la causa di Dio contro coloro che vi combattono, ma non eccedete perché Dio non ama chi eccede" (Cor. 2,190).

A partire dalla prima Crociata di Papa Urbano II contro i musulmani, il gihàd inizia ad essere difensivo, ma il concetto religioso del termine viene meno, diventando più strettamente politico.

-       Il ritenere giusto, anzi doveroso il combattere coloro che meritano di essere considerati "nemici della comunità musulmana" non è, però, pur con tutti i distinguo possibili e necessari, un pericoloso spalancare le porte ad un impiego pressoché incondizionato della violenza?

La lettura di un qualsiasi versetto del Corano deve essere sempre accompagnata dalla lettura del versetto precedente e di quelli successivi e possedere una minima conoscenza del quadro storico in cui tale versetto è stato rivelato.

In ogni modo, nel versetto sopracitato, in ogni caso, si sottolinea che il gihàd minore ha da essere solo difensivo e fatto senza eccessiva crudeltà e si fa riferimento ai politeisti quali "nemici della comunità musulmana", in quanto la loro dottrina semplicemente contrasta l'Unicità di Dio, la shahada (professione di fede) stessa che recita così: "Attesto che non c'è divinità all'infuori di Dio, e Muhammad è il suo Profeta".

 

Le violenze di cui si sente notizia contro cristiani, ebrei e altri musulmani (tra cui donne e bambini) non derivano da nessun precetto islamico.

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Last modified on Saturday, 05 August 2017 16:31
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