
L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni. |
Fabio Visintin, illustratore, autore di strisce a fumetti e graphic novel, porta in scena, come Graphic Theatre Painting, insieme alla Compagnia
Bolero, la sua acclamatissima “Odissea narrata allo sguardo”, già alla seconda edizione. Nella veste di Omero, accompagnato da Calliope, sua Musa, interverrà nelle scene salienti, dipingendo dal vivo l’azione, dando anima e respiro profondo ai sentimenti dei protagonisti, e una
spiegazione più profonda della poetica e della psicologia dei colori: Apertura del rito e Calipso: turchese; Tempesta di Poseidone: ottanio; Sirene che arrivano dagli abissi: verde smeraldo; Strage dei Proci: rosa carne; Partenza di Odisseo con remo e sale: bianco; Chiusura del rito: giallo paglierino.
Di che cosa parla l’Odissea lo sappiamo tutti, ma questa è la storia di una traversata a ritroso nel tempo. Un viaggio per mare rivissuto da un Odisseo già avanti negli anni, dall’Ade. Ma è anche un ribaltamento. E’ la storia delle donne del ritorno. Donne che lo hanno avuto, che lo hanno protetto, amato, tentato, posseduto. Donne che continuano a parlarci a 2500 anni di distanza. Chi sono? Tante, tutte. Ieri come oggi; uno ieri che ci appartiene da secoli, più giovane di oggi. Calliope, Atena, Circe, Calipso, Nausicaa, Arete, Penelope, Euriclea, Aglaia, perfino le Sirene. Nomi di donne che tornano a trovarlo, simili a risacche, impresse nella memoria dell’acqua, nello sciame di voci, di echi, nell’improvviso scintillio di presenze davanti a un Eroe solo, smarrito, provato. Richiami nelle raffiche di vento, orme che il mare ha cancellato, onde lunghe di canti, frammenti di vita, che si accendono come lampare sul mare. Donne che lo hanno vissuto, sofferto e perduto. Perché anche Penelope lo perderà. Dopo averla riabbracciata, ripartirà per andare a scoprire che cosa c’è oltre le Colonne d’Ercole. Per la sua spaventosa voglia di riprendere il mare. E’ il senso di Odisseo il mare, cioè, l’inconoscibile, l’alterità, il viaggio. Lui sa che c’è la fine, lo sa dall’inizio. L’importante della fine è che sia bella, mai banale. Combattere contro i nemici, combattere per amore e finire. Tornare.
Quanto tempo riesce un uomo a stare con le cose che ama? E soprattutto perché accontentarsi e smettere di cercare? La vita di un uomo non si ferma. Odisseo è tutti noi. Un uomo che perde e si rialza, che sbatte contro il dolore e lo supera. Odisseo è la capacità immensa di continuare. Ci sono due modi di concepire il mondo: la terra e il mare. La terra è permanenza: ci stai, ti fermi, non ti muovi. La terra la comanda la donna. Il mare è maschio: insicurezza, incertezza, dubbio. Il mare è la metafora del cuore, come la terra lo è dell'anima. Il mare è Arte, non sai mai dove ti porta. Odisseo non lo sapeva dove finiva il mare, però doveva andarci dentro. Sempre. Non gliene importava nulla della certezza. Aveva la straordinaria capacità che hanno gli uomini veri: non sapere mai se vinci o perdi, mettersi in gioco sempre, e affrontare l’ignoto. Questa è la Bellezza. E quando la Bellezza raggiunge la vastità, suona: potente, poetica, sovrumana.
LE MAPPE EMOTIVE DEL VIAGGIO
Quando non si hanno parole per dire la vita, si dice che la vita è un’Odissea. E ognuno aspetta un ritorno.
Fin dalla prima battuta dello spettacolo, lo spettatore resterà in attesa, scegliendo il personaggio che gli è più affine e inevitabilmente verrà messo in atto dal racconto. Proveremo a sentire l’ebbrezza del mare, lo spettacolo del mare. Oseremo il tuffo, ci inabisseremo, affronteremo le grandi domande.
Siamo sul ponte di una nave, le vele sono issate, le reti stanno asciugando sul ponte, e tutto è pronto per partire. Ad accompagnarci nella traversata sarà Omero, accompagnato da Calliope, la Musa che aprirà e chiuderà il rito della scrittura, del racconto e del Nòstos, il ritorno.
L’opera inizia dove finisce l’Odissea. Sono passati molti anni e Odisseo, invecchiato e spinto dalla nostalgia, immagina di riprendere il mare con i suoi vecchi compagni e di rivisitare i luoghi delle sue avventure.
Salire a bordo per questa traversata significa immergere le mani nella vastità, perdere la rotta, disorientarsi, perdersi, sentirsi stranieri in terra straniera, su una zattera di fortuna, storditi dal niente che ci circonda, e poi tentare l’approdo, per poi ritrovarsi.
Ci sono molte analogie con il presente, le guerre, le partenze, gli addii, la tempesta, il silenzio. Ci sono libecci di domande sul qui e l’Altrove. Poi s’affaccia il tema del tramonto dell’immagine paterna che toglie dal piedistallo il mito del padre-padrone. Il suo tempo è esaurito, scaduto. In questo contesto la figura di Telemaco è un punto-luce: mostra l’impossibilità di separare l’ereditare dal riconoscimento d’essere figli. Telemaco cerca il padre come una speranza, come la possibilità di riportare la Legge della parola sulla propria terra. Prega affinché il padre ritorni dal mare con la speranza che vi sia ancora una giustizia giusta per Itaca. La domanda di padre nasconde sempre l’insidia di coltivare un’attesa infinita di qualcuno che non arriverà mai. Nessun Dio-padre ci potrà salvare: la nostalgia per un padre-eroe è sempre in agguato! Dal mare non tornano flotte invincibili, uomini-dei, ma solo frammenti, pezzi staccati, padri fragili, vulnerabili, nuovi signori dal sorriso gentile, poeti, migranti, semplici testimoni di come si possa trasmettere ai propri figli e alle nuove generazioni la fede nell’avvenire, il senso dell’orizzonte, una responsabilità che non rivendica alcuna proprietà.
Questo Nòstos imbarca Nostalgie, la sofferenza provocata dal desiderio inappagato di ritornare, e lascia una scia di memorie e sogni. Gli echi si rincorrono una volta abbassata la soglia della veglia, la mente divaga e gli incontri si mescolano in un impasto che sfugge all’analisi, ma forse non alla meraviglia. Ogni storia, ogni personaggio, affiora dalla narrazione di altri autori, dalle emozioni e dal vissuto di altre menti, rivelazioni di differenti anime, che tessono la memoria del tempo: ogni storia è un viaggio a sé, ma tutte le voci si intrecciano tra loro con rimandi e dissonanze, che confluiscono nello stupore e incantamento del canto finale delle Sirene, che parlano di noi.
Un canto comune che parte dall’epos di Omero, attraversa i secoli e il sentire di molti cantori, per arrivare a noi e coinvolgerci nell’attesa, unico luogo in cui la felicità può esistere, come speranza di un piacere futuro.
Una grande rete che unisce Odisseo alle donne che ne sono travolte in modo fatale, divino, disperato. Totale, come può essere totale l’amore di una donna innamorata, che è insieme fanciulla, maga, madre, sposa, musa, dea, ninfa, nutrice, tessitrice e sirena. Donne che contengono l’Ego e l’Ombra, per le quali Odisseo rimane affascinato da qualcosa di estremo, di straziante e di passionale. Lui, l’Uomo che nessuna vorrebbe perdere, preso nella rete della seduzione, che sa perdere e ricominciare; l’Eroe squisitamente umano, assalito dal dubbio, ha paura, si mette alla prova, indaga, guarda lontano e va oltre il conosciuto. E’ l’Eroe circonfuso di Eros, per questo divino, consapevole del proprio destino, della vita come compito. E’ l’uomo che riannoda i fili strappati della tela, e piange con l’anima lacerata. E attende. Attende come Penelope, che tesse e disfa la sua tela enorme. Tesse la tela e tesse l’inganno. L’intelligenza, la furbizia, il temporeggiare, sono doti e strategie pari a quelle del consorte. La sua tela anticipa, come una profezia, la futura strage dei Proci. La tela ha per sorella la rete. "Trama invisibile di legami afferra tutto e non si lascia afferrare da niente". La rete è fatta di fili magici. Il loro intreccio invisibile permette al pescatore di ingannare i pesci. I buchi nell'intreccio sono migliaia di occhi in agguato alla preda. In questo intreccio è in causa il destino dei mortali. La tela di Penelope si è rovesciata magicamente nella rete di Odisseo.
“L’uomo del lungo viaggio” non insegue la gloria, vuole solo tornare in patria. La domanda principale che pone a se stesso è “Perché sei venuto al mondo?”, e per ogni tappa, ogni porto, una donna gli consegna una risposta. Omero chiede all’uomo Odisseo, al ragazzo Telemaco, al lettore - e noi la domanda la rimandiamo al pubblico - “Perché sei venuto al mondo?”. L’Odissea è cominciata con: “Narrami, o Musa, dell’eroe multiforme, che tanto vagò, dopo che distrusse la Rocca sacra di Troia...”. Chi è la Musa? Calliope, figlia di Memoria e di Zeus, padre degli Dei e degli uomini, colui che stabilisce le cose così come sono. E Memoria chi è? I Greci le danno una forma divina: è il principio vitale, perché è ciò che vince la morte.
TITOLO: FRAMMENTI DI ODISSEA: LE DONNE DEL RITORNO
ACTION THEATRE PAINTING: FABIO VISINTIN
GRAFICA: STUDIO VOX VENEZIA
REGIA: PATRIZIA MASI
LIGHT DESIGNER &SOUND ENGINEER: SOUNDTHINGS di ANDREA BITTI
DURATA: 1’40’’
PRODUZIONE: BOLERO
CAST:
OMERO, Fabio Visintin
CALLIOPE, Paola Zoffoli
ODISSEO, Lello Somma
ATENA, Francesca Visintin
CIRCE, Maddalena Fierro
CALIPSO, Brenda Monticone Martini
NAUSICAA, Erica Le Donne
PENELOPE, Patrizia Masi
ALCINOO, Norberto Faleo
ARETE, Elena Konoplyova
SIRENE, Tutte
EURICLEA, nutrice – Annetta Filippetti