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11 edizione della cultura ebraica: palazzo del Portico d’Ottavia a Roma

By Caterina Della Valle July 02, 2018 8140

 Speciale giornata sulla cucina e mostra del dopoguerra su Israele

 

 

Se non ci fosse stato San Paolo, forse, oggi saremmo tutti ebrei e probabilmente anche il nostro cibo. Come sarebbe stata, quindi, la nostra cucina? attraverso il breve convengo sulle pietanze ebraiche, tenutosi lunedì 25 giugno presso il Palazzo della Cultura del Ghetto Ebraico, con esperti di ricette e alimentazione come Laura Ravioli, Fabiana Mendia e Giulia Gallichi Punturello, Ariela Piattelli, ci siamo immersi nella cultura ebraica con le sue tradizione ed un cibo tra l’esotico e diverse contaminazioni tripoline. Un cibo mai noioso, influenzato dai paesi con cui è venuto a contatto, come la cucina romanesca. Guardiamo ad esempio ai formaggi oggetto del rinfresco del festival, lavorati secondo la memoria ebraica, sono gli stessi della cucina italiana, ma trattati secondo le regole e precetti della religione ebraica. Infatti gli ebrei non possono accostare formaggio e carne, così da oltre 2000 anni è stato introdotto nella lavorazione il caglio vegetale in sostituzione di quello animale, utilizzando degli estratti del cardo, una pianta che cresce nelle pianure sarde ed adoperata dai pastori sardi per cagliare il latte di pecora e con il siero fare delle caciotte di pecora e della gustosa ricotta. Lo sa bene il proprietario del noto ristorante “Yotvata Cheese Italia” di Piazza Cenci produttore di formaggi lavorati secondo la “tradizione” “Per farla breve – spiega Marco Sed del ristorante kosher Yotvata – circa 12 anni fa ho iniziato la produzione di formaggio di ricotta e mozzarella e poi ho ampliato la gamma di formaggi italiani fatti secondo lo standard Kosher ed ho poi iniziato la vendita anche nei mercati esteri. Oggi la nostra clientela è soprattutto ebraica che apprezza i nostri formaggi naturali e digeribili senza aggiunta di prodotti animali”.

Eredi preziose della cultura ebraica sono le donne, nonne e madri, che la loro cucina ha trasmesso una sapienza fatta di spostamenti e attimi da ricordare. Cucina fatta di regole religiose, tradizioni, ma

 
 Immagini della mostra sugli eventi politici e sociali nel dopoguerra in Israele

anche quella più intima del proprio focolaio domestico come la Shakshuka un piatto specy, di uova e pomodoro. Un cibo scandito dal tempo e dalle ricorrenze, da interpretazioni e tocchi personali, da sapori e contaminazioni culturali . “Molte ricette, come ad esempio quelle degli ebrei libici arrivati in Italia con una forte identità – spiega - originaria di Napoli Giulia Gallichi Puntarello - fanno oggi ancora parte dei menù dei ristoranti del ghetto romano” . E’ stupefacente accorgersi quanto ogni cibo sia collegato a un evento ad un gesto, memorie che si intrecciano per non dimenticare ma nello stesso tempo per non farsi imprigionare da esse, guardando al futuro e ,perché no, anche alla cucina molecolare. Cibi che parlano per simboli, come il melograno i cui chicchi raffigurano i precetti positivi da osservare,oppure la zucca auspicio di guadagno e abbondanza, cibi della storia agricola come il pane, i carciofi romaneschi alla giudia e infine i dolci ,sentinelle delle feste, come quella pasquale la Pesah, con un dolce di pizzarelle e miele, o la Shavuot l’augurio di buon anno di ricotta e visciole. Dolci visti attraverso la festa del Re Fagiolo dove si nasconde il fagiolo tra i dolci e chi lo trova diventa il Re, o la festa di San Nicola del 6 dicembre dove si lasciano ai bimbi buoni tante leccornie. E non dimenticare quando dovevi partire e non avevi che poche sterline, e non potevi portare con te nulla se non un po’ di the e caramello e per questo a fine pasto si finisce proprio con la cerimonia del the e caramello. Insomma l’antisemitismo si può combattere a tavola dichiara Riccardo Di Segni rabbino capo di Roma, sul quotidiano la Repubblica, e questo è tanto più vero quando assaggi la pizza ebraica, un biscotto con dentro canditi e uva passa del forno del quartiere ebraico del centro di Roma.


Il festival della cucina ebraica è stato accompagnato da un mostra sulle donne straordinarie ed eventi legati al tempo che hanno contribuito alla vita sociale e politica dello Stato d’Israele subito dopo la 2^ Guerra Mondiale: come Golda Meir primo ministro eletta nel 1969, Rebecca Sieff promotrice del Movimento delle donne sioniste, la Conferenza Internazionale sul Nucleare del 1957, università di Bar Ilan con la consegna dei diplomi e il tempo delle operaie al lavoro nel 1950 , il tempo del voto delle donne per il rinnovo della Knesset nei kibbutz 1959. C’è un tempo per tutto per mangiare, per lavorare, per fare politica per innamorasi. Il mondo ebraico ti fa innamorare, chi è tornato da Israele lo sa bene, e allora per rendere la propria vita straordinaria ad ottobre sono aperte le iscrizione per imparare l’ebraico moderno e biblico presso il Centro Culturale Ebraico e a Marzo 2019 viaggio in Israele per prendere parte ad un seminario per costruire un mondo migliore (www.oneminutemeditation.com/rvs).

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Last modified on Sunday, 01 July 2018 17:59
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