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La musica è la lingua dello spirito. La sua segreta corrente vibra tra il cuore di colui che canta e l’anima di colui che l’ascolta
(Khalil Gibran)
Il nostro paese, è ricco di arte, di cultura, di emozioni. Nel fronte musicale abbiamo diversi cantanti e componitori italiani di tutto rispetto. Vorrei puntare sul cantautorato che arricchisce ancora di più il panorama della musica: comporre musica e parole è arte pura, cantare i propri costrutti, ancora di più. Riuscire a farlo per sé, per gli altri e farlo bene è già un successo ma se questo viene fatto in punta di piedi, con delicatezza, umiltà, professionalità e impegno, si arriva alla vetta.
Mariella Nava è tutto questo-
Maria Giuliana Nava, Mariella Nava per tutti, nasce a Taranto dove inizia a studiare con profitto al pianoforte. Scrittrice da sempre come da sempre estremamente sensibile.
Questa attività la porta dopo consigli di amici di fare leggere le sue composizioni e così inizia la strada di un grande talento. Fu con Gianni Morandi che iniziò i suoi primi successi con la canzone “ Questi figli”. Segue il contratto discografico con la RCA, l’apparizione al Festiva di Sanremo nel 1987 e poi innumerevoli meritati successi. Ha collaborato con illustri nomi della musica, ha scritto per Eduardo De Crescenzo, per Renato Zero, per Andrea Bocelli. Ha duettato con Mango, Amedeo Minghi, Dionne Warwick… Riceve premi per l’attività di scrittura, riconoscimenti al suo lavoro cantautorale e tantissime altre soddisfazioni che ha meritato appieno. La sua emotività e sensibilità l’hanno portata spesso ad essere presente in occasioni di beneficenza in eventi solidali.
Cerchiamo di conoscerla attraverso le sue parole che gentilmente mi ha concesso-
D- Ciao Mariella, intanto grazie per la gentilezza nell’avere accettato l’intervista:
ci piacerebbe conoscere il tuo imprinting con la musica. Quando è stato il primo momento nel quale hai compreso questo amore?
R.: Non ne ho una percezione temporale esatta ma credo che la musica si sia palesata a me come interesse insostituibile nel momento in cui entrò in casa mia un pianoforte verticale.
Sarebbe dovuto essere oggetto di studio per mia sorella di qualche anno più grande di me e quindi più pronta a iniziare ma invece mi ci appassionai io, fu una specie di folgorazione da cui non sono mai guarita. Avevo 7 anni.
D-Hai collaborato artisticamente con grandi nomi della musica? Vuoi parlarci di queste tue emozioni?
R.: grandissime emozioni tutte le volte e tutte diverse.
Le assimilo ad una scala piena di gradini da salire. Ogni volta era per me come un respiro nuovo ed un test importante da superare che insieme mi onorava ma mi metteva alla prova con me stessa. Anche perché il più delle volte era una richiesta che mi arrivava da artisti affermatissimi e non un mio propormi. Tutte le volte aggiungevo un valore alla mia scala e componevo la mia piccola storia. Era come dire: “ Ce L’ ho fatta anche questa volta!”
Ci sono state alcune occasioni in cui mi sentivo troppo inesperta per tenere testa alla domanda di collaborazione ma poi venivo esortata proprio da chi me la chiedeva a mettermi al lavoro con fiducia con il fatto di poter essere benissimo all’ altezza.
Questo è successo con RENATO Zero con “Spalle al muro“ nel 1991 o con Dionne Warwick nel 2004 con “It’s forever”.
D- Hai duettato con diversi artisti, vuoi dirci chi ti ha particolarmente coinvolto? Perché?
R.: Tutte le volte ho provato un grande coinvolgimento.
Ricordo “ Crescendo” con Renato Zero di cui girammo anche un bellissimo videoclip diretto da lui e poi ancora Amedeo Minghi con “ Futuro come te “ portata insieme al Festival di Sanremo del 2000.
Nel cuore ho anche il bellissimo ricordo di Pino Mango con cui cantammo “ Il mio punto di vista”. Due timidi che si incontrano puoi immaginare? Una tenerezza infinita se ci penso!!!!
Però quel giorno intero in studio a registrare e nostre voci insieme resta dentro me come uno dei momenti più emozionanti e belli.
D- La canzone “Vecchio” presentata a Sanremo nel 1991 è stato un enorme successo di Renato Zero e tuo. Quanto è contato per te l’incontro con il carismatico Renato?
R.: L’ ho sempre raccontato. Devo a lui moltissimo per come ha accolto nel suo repertorio questa mia creatura musicale.
Non sarebbe diventato il successo che è se non avesse goduto di quella insuperabile interpretazione su quel magico palco dell’ Ariston.
Tutto era perfetto per scrivere storia.
Io devo a lui il piacere di avere potuto partecipare a quel brillante momento della storia della musica leggera italiana.
Poi tutto il resto. Tutto quello che si può capire e imparare da un grande della nostra scena musicale.
D- L’ambiente della musica come di ogni altro mondo artistico è indubbiamente un cammino tortuoso, difficile e non sempre sinonimo di meritocrazia. Quanto ti sei sentita compresa? Quante altre volte hai avuto la percezione di insoddisfazione?
R.: posso dirti la verità? Incompresa molte volte. Nonostante la stima guadagnata essere donna in musica è davvero complicato.
Ho versato molte lacrime ma posso dirti oggi che sono state proprio la mia forza. Perciò benedico quei no. Benedico tutte le porte in faccia. E ad ogni delusione ricevuta corrisponde la mia crescita interiore e una mia canzone nuova che poi mi ha dato le più grandi soddisfazioni. Oggi sono molto più consapevole delle mie possibilità, del mio posto e non ho più paura di essere quello che sento e che voglio.
Un artista ha bisogno anche di questo per formarsi.
D- Sei una “scrittrice di vita” e porti in musica incanti di emozioni, hai la qualità di saperti esprimere in modo ottimale con la parola, la metafora e l’espressione emozionale. Quanto è contato tutto questo nella tua carriera? Quale è stata la tua prima importante collaborazione?
R.: è arrivata con una canzone sul rapporto genitori figli. La inviai a Gianni Morandi che come vedi è sempre pronto a voler scoprire e cantare nuovi generi musicali ancora oggi.
Lo lessi su di un giornale che avrebbe cantato volentieri nuovi autori.
Era il 1985. Così gli spedii una cassetta con su una canzone registrata voce e piano in diretta.
In una lettera di accompagnamento dicevo di essere di Taranto, studentessa e un numero di telefono di quelli fissi perché non c’ erano ancora i cellulari.
Rispose mia madre a quel telefono che squillò inaspettatamente in un pomeriggio ed era lui che mi cercava. Pensai che fosse uno scherzo ma era vero. Tutto iniziò da lì.
Cantò per primo le mie note e le mie parole.
Il brano si intitolava “ Questi figli”.
D- Mi piacerebbe che tu ti esprimessi liberamente su quanto è cambiata la musica, gli stili e la richiesta del pubblico.
R.: La richiesta del pubblico ? E chi la ascolta più? Con quale metodo? Se la ascoltassimo almeno una volta potremmo sapere qualcosa in più, per esempio perché non si compra più la musica mentre una volta si correva in un negozio a prenotarne il disco in uscita, perché non la si vuole più possedere ma ascoltare e basta? Ormai sono saltati molti parametri e se ci fermassimo a fare domande semplici avremmo moltissime sorprese.
Come in politica…
La musica è quella che sentiamo perché è quella che gira e forse quella che si sa fare con più facilità da molti ( forse troppi?) in questo momento.
La si “ compone “ con dei campionamenti e il più delle volte il vestito supera di gran lunga il nucleo della canzone, il contenuto, ammesso che ci sia. Spesso la linea musicale se la analizziamo è inconsistente, costruita su una nota sola, a volte due, se si arriva a tre si festeggia, scherzo naturalmente, però è vero che diventa insopportabile, troppe volte ripetuta e monotona.
Tutte le produzioni si assomigliano, in una sorta di overdose di brani poco distinguibili e destinati a non lasciare molto ricordo di sé dopo poco tempo.
Con questo non voglio dirti che tutto quello che si produce non sia valido, anzi, ci sono cose concepite e realizzate molto bene ed anche affascinanti nei nuovi generi, ma generalmente arrivano dall’ estero, dove hanno imparato a scrivere meglio di noi le canzoni che un tempo ci invidiavano.
Però, per farti un esempio, se un esperto musicista compositore si chiudesse in uno studio e capisse come si creano le canzoni in voga adesso, credo che con un po’ di impegno imparerebbe presto e ne potrebbe fare tante.
Il difficile è invece L’ esperimento contrario, scrivere le canzoni, trovare passaggi musicali unici, con cognizione di causa, parole inconfondibili, insomma scrivere quelle canzoni che riescano a rimanere nel tempo e parlare a più generazioni, quelle che non si scrivevano a chili per le stagioni, ma che venivano pensate con cura prima di vestirle con giusti strumenti, quelle che nascevano prendendo una chitarra e cantando come faceva Battisti con Mogol o Modugno o De Andrè, oppure sedendosi ad un pianoforte come faceva Burt Bacharach, tirando fuori un giro di accordi e di melodia di ineccepibile bellezza.
D-Hai qualcosa che vorresti dire ai nuovi talenti?
Si, di essere veri, soprattutto veri , di non scimmiottare mai nessuno e di scriverle loro le mode, non di seguirle!
D- Cosa ne pensi dei Talent che si aprono ai giovani?
Non mi dispiacciono, L’ ho detto già tante volte ma farei qualche cambiamento sui giudici scelti, altrimenti diventa puro show televisivo non al servizio della musica.
D- Una domanda di pura curiosità che rivolgo spesso a ogni tipo di artista: “La tua passione è nata in autonomia o nella tua famiglia vi era già il seme artistico?”
No in realtà è nata da me anche se mia madre, che era insegnante, ha sempre gradito
un’ educazione all’ arte per i suoi tre figli. La riteneva fondamentale per il nostro crescere e la nostra sensibilità e non posso darle torto.
D- Cara Mariella, è mia abitudine lasciare uno spazio bianco a qualsiasi artista perché sono convinta che l’arte non debba avere alcuna catena e limite d’espressione. Mi piacerebbe un tuo pensiero sul panorama musicale e dicendo panorama musicale, intendo spaziare a 360°.
Sentiti libera di dire che…
R- ho già un po’ detto tutto per cui mi limiterò a lanciare un annuncio:
Sappiate che la bella musica c’ è, non morirà mai, basta andare a cercarla.