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(La superficialità m’inquieta ma il profondo mi uccide - Alda Merini)
Alda Merini in un periodo storico di quasi totale incompetenza verso la malattia mentale fu definita bipolare ma ebbe sicuramente trattamenti non adeguati per una forma psichiatrica che adesso si curerebbe con una farmacologia e non certamente con terapie coercitive e con gli elettroshock che la Merini subì negli anni manicomiali.
Una donna dalle grandi capacità espressive che seppe trasformare il dolore in parola da condividere ma soprattutto le sue poesie servirono anche a conoscersi in una sorta di rilettura di un sé affossato da un'inadeguatezza medica. In questa intervista cara Barbara, non vorrei porle domande per le quali gli amanti e proseliti di Alda conoscono ampliamene le risposte. Vorrei se lei me lo permette, chiederle dei ricordi che lei ha di una mamma sicuramente particolare ma con un mondo dentro che pochi hanno potuto indossare.
D_Carissima Barbara, mi piacerebbe potesse descriverci un momento, un giorno, un ricordo di sua madre. Non saranno forse tutti ricordi piacevoli, è inevitabile ma il sentimento figliare può raccontare meglio di qualsiasi critico, intenditore, studioso, della nostra meravigliosa ed eccelsa poetessa.
R- I ricordi con mamma sono diversi poiché le famiglie affidatarie dove il comune di Milano mi mandava erano tutte nell’hinterland e questo mi dava la possibilità di andare dai miei genitori ogni fine settimana oppure ricevevo visite da loro. Abbiamo fatto anche le vacanze insieme a Omegna dove risiede mia sorella maggiore. Descrivere un momento particolare sarebbe molto riduttivo.Mia mamma era una donna estremamente empatica; è capitato per esempio che diventata già adulta, non le raccontassi tante cose, soprattutto per non metterla in pena e farla preoccupare. Quando mi chiedeva come stessi, le rispondevo che andava sempre tutto bene, facevo questo perché non volevo che lei avesse sensi di colpa per non essermi stata vicino a causa delle sue problematiche. Un fatto però molto particolare che vorrei farvi conoscere, è quando con me faceva un gioco particolare del quale non ricordo il nome ma era di attinenza fra le parole come ad esempio: legno-albero-foglia-frutto, frutto seme ecc… Non so come lei facesse ma con questo gioco arrivava a comprendere quale fosse il mio disagio facendomi sentire completamente scoperta. Aveva un’intuizione unica.
D- Alda venne ricoverata per la prima volta quando aveva già due figlie; accadde dopo la morte della madre, in un periodo di particolare stanchezza che aveva già espresso al marito. Non era facile comprendere quello che Alda passasse e quando il marito chiamò un'ambulanza dopo l'ennesima crisi di sua mamma, non pensava certamente che la portassero in ospedale psichiatrico. Da lì un escalation di torture, abbandono, shock per vederne le reazioni e tanto altro fu inflitto a Alda.
Barbara, che rapporto aveva con sua madre? quanto Alda nonostante il dolore, la malattia, gli stati bordelaine sapeva dimostrarsi mamma? Le era possibile?
R- Intanto ti ringrazio per avere messo in evidenza che mio padre quando chiamò l’ambulanza non aveva sentore che rinchiudessero mamma in ospedale psichiatrico. Negli anni 50/60 bastava avere una depressione, un attacco d’ira o addirittura essere una ragazza madre o avere altri tipi di disabilità che si apriva la porta del manicomio, sono convinta che mio padre chiamasse l’ambulanza per ridurre una situazione di crisi che lui non poteva e non riusciva a placare. Mi fa male sentire tutte le chiacchiere su mio padre come se fosse stato lui l’artefice della vita in manicomio di mia mamma. La sua unica preoccupazione era che fosse curata per poter tornare a casa dalla sua famiglia ristabilita. Io vedevo mamma solo nei fine settimana. Fra i quattro anni e mezzo e i sei anni, fui affidata all’Istituto Buon Pastore di Milano, mamma veniva a trovarmi con mio padre e durante le lezioni di ballo, si metteva al pianoforte. Per quel periodo il rapporto era bastevole. Lei ha provato in tutti modi ad essere una madre, passava momenti di estrema dolcezza non facendomi mancare nulla, dalla pulizia del corpo, all’alimentazione e altri momenti nei quali aveva paura e in quel caso ergeva un muro fra me e lei. Da piccola e da ragazzina non comprendevo tutto ciò, ma da adulta chiaramente ho compreso tutto il suo disagio legato proprio ad un bipolarismo che non poteva combattere. Ricordo a volte che mio padre, mi lasciava con lei qualche ora mentre andava al bar vicino casa. Ho memoria di lei che si metteva al piano suonando musiche struggenti e che piangeva, piangeva a dirotto rendendo l’impossibilità da parte mia ad avvicinarmi perché di quella cosa ero terrorizzata. Era il suo modo per estraniarsi ma anche per dire che non ce la faceva ad essere madre in quel momento. Non l’ho mai giudicata
D- QUELLA CROCE SENZA GIUSTIZIA CHE E' STATO IL MIO MANICOMIO NON HA FATTO CHE RIVELARMI LA GRANDE POTENZA DELLA VITA- Questa è un'affermazione di Alda Merini; lei pensa che se sua mamma non avesse subito la grande sofferenza interiore, la malattia avrebbe mai scritto poesia e prosa ai suoi altissimi livelli?
R- La poesia a lei si è rivelata da giovanissima, negli anni antecedenti alla chiusura in ospedale psichiatrico. Credo che mamma sia nata con la vocazione della poesia. E’ stata chiamata e non poteva scindere Alda Merini dalla scrittura poetica. Era il suo modo di parlare e di esprimersi al mondo. Sicuramente l’esperienza drammatica, la sofferenza della malattia hanno acuito quella forma letteraria che parla di delirio e di situazioni legate all’ambiente ma la poesia è nata con lei.
D- Se posso permettermi Barbara, quanto è stato difficile e complicata la vostra vita di figlie? Quanto adesso che siete adulte è cambiato il pensiero, l'accettazione, la mancanza di domande non poste?
R-Chiaramente posso parlare solo del mio rapporto personale con mamma; ogni sorella avrà il suo unico ed esclusivo. E normale che la carenza di un affetto così importante come quello genitoriale rende la vita di un bambino difficile e complicata, nel mio caso il ruolo è cambiato da figlia a madre. Ciò non ha permesso una vita sana dove l’autostima è inesistente, ho vissuto ovviamente tante incertezze e le difficoltà che si possono immaginare in una situazione così particolare. Una volta cresciuta e divenuta a mia volta madre, ho potuto in qualche modo comprendere molte cose come la manchevolezza involontaria di mia madre nei miei confronti. Parlo di mancanza non materiale perché mia madre non mi ha fatto mancare nulla ma solo la non capacità di dimostrare il sentimento materno stereotipato. Non cambierei mai mia mamma con nessuno, non vorrei mai avere avuto una madre diversa. In qualche modo lei mi ha spronata ad essere più esigente e mai superficiale. Mi manca il rapporto con lei, il confrontarsi, i dialoghi. Mi ha insegnato a vedere le cose da altre angolazioni. Ho del vissuto con lei soprattuto negli anni da adulta, momenti di grande valore affettivo e emozionale
D- Se fosse possibile chiedere qualcosa alla sua mamma, cosa le domanderebbe? Cosa invece eviterebbe di chiederle?
R- Cosa chiederei a mia madre: credo che in qualche modo mia mamma abbia sempre risposto alle mie domande. Alcune le ho volutamente tacitate come domandare se era proprio necessario affidarmi a un’altra famiglia, poi riflettendo penso che ai quei tempi forse l’assistente sociale non sapeva supportare in modo adeguato alcuni casi difficili. Avrei anche voluto chiederle se era il caso di esternare il suo dolore difronte a me in maniera totale da farmi male e sentirmi totalmente impotente all’aiuto. Ma la domanda che avrei dovuto chiederle era se sapeva quello che passavo nelle varie famiglie affidatarie, al dolore, al disagio ai trattamenti decisamente sbagliati nei miei confronti. Ho scoperto che lei sapeva tutto così come sapeva tutto mio padre. L’ho saputo solo dopo la sua morte. Questo mi ha fatto tanto male e sono stata arrabbiata, molto arrabbiata con loro. Ho sofferto per questo.
D- Quanto Alda ha messo in primo piano la poesia? Quanto ha preferito questa attività a tutto il resto?
R-Mamma ha sempre messo in primo piano la poesia, la poesia l’ha ammaliata, scelta, voluta. Avremmo tutti dovuto capirlo e comprenderla senza volere altro da lei perché è stata una vocazione la poesia per mamma; era il suo modo di esprimersi con gli altri. Volere che fosse prima moglie, madre o altro era volerla snaturalizzare, io non ho mai preteso questo, è capitato a volte da bambina quando andavamo in campagna e lei batteva sulla sua macchina da scrivere che non riuscissi a prendere sonno e mio padre diceva invece a me di fare silenzio per non disturbare mamma che scriveva poesie. Lui è sempre stato orgoglioso di questa sua passione.
D- Ha una poesia di sua madre che sente più vicina? Quale?
R- Molte poesie di mamma me le sento addosso, credo che sia quello che molti provano nella lettura dei suoi versi. C’è un episodio però che vorrei condividere con voi. Fu in occasione di uno degli ultimi periodi di ricovero a causa del suo tumore quando fu operata all’addome; chissà perché ho sempre pensato che mamma fosse eterna, ma quella volta andai a trovarla in ospedale come se mi sentissi una strana sensazione e le chiesi espressamente di dedicarmi un’ aforisma. Iniziò a dettarmene tanti mai io cercavo di farle capire che io ne volevo uno che fosse scritto espressamente per me. Mi guardò e mi disse: “chi brucia d’amore, non si consumerà mai” Quell’aforisma l’ho tatuato sul collo. Fa parte di me. Una poesia che mi ha fatto capire invece quanto fosse poeta mia mamma e quanto la sua sofferenza fosse grande è “la mia prima trafugazione di madre” una poesia che esprime con forza emozionale il concepimento all’interno delle mura manicomiali; penso che parli del parto della mia ultima sorella. In quella poesia ho respirato tutto il suo dolore, tutto il suo desiderio di volere amare e di non poterlo fare perché le era impedito. Forte la simbologia di quanto una cosa bella possa essere sbocciata all’interno di mura terribili.
Carissima Barbara, dopo ogni intervista, lascio uno spazio libero per dare la possibilità di espressione per qualsiasi cosa vogliate dire.
Questo è il suo:
Sono fiera di avere avuto per madre una persona che amava la vita, una donna che sapeva amare, uno tsunami d’amore, una donna che passava dalle invettive all’ironia. Certamente una persona complicata da gestire ma poi, chi siamo noi che vogliamo gestire le persone?Lei doveva essere lasciata libera; un suo aforisma dice. “Non cercate di prendere i poeti perché vi sfuggiranno fra le dita” e questo suo pensiero doveva bastarci per comprendere che la sua libertà era oltre. Avrei voluto comprenderla di più e avere vissuto con lei di più la sua poesia. Ricordo che quando usciva una sua nuova pubblicazione me la faceva vedere, ero contenta per lei ma a me interessava più il rapporto fra madre e figlia. Forse ho sbagliato e solo adesso ho capito. L’ho capito attraverso la gente che l’ama, che legge le sue poesie, che chiedono le interviste per conoscerla meglio, chi organizza spettacoli teatrali, televisivi. Adesso ho capito con gli occhi degli altri quello che per ricerca d’amore materno non riuscivo a vedere. Mia mamma era poesia.