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Dopo Amatrice, è ora la volta dell’Abbazia di Farfa, di presentare il volume dedicato agli Spazi della Preghiera, Spazi della Bellezza, come spiega il complemento del titolo. Il volume su Ama-trice è stato presentato a Roma ai Musei Capitolini. Questo di Farfa, invece, proprio presso l’Abbazia oggetto della trattazione.
È un sabato di sole e arrivando si gode lo spazio della bellezza naturale della Sabina laziale, nella provincia di Rieti e in particolare nel territorio del Comune di Fara Sabina, che ha spinto i monaci a fermarsi qui: la bellezza del creato che spinge alla preghiera, una preghiera di rin-graziamento per tanta felice armonia. In più, questo è il fine settimana dedicato alla manife-stazione Farfa in fiore, nel campo- giardino che introduce al borgo abbaziale, sono allestiti gli stands con il caleidoscopio di colori delle piante comuni e non. La natura coltivata, intervento dell’uomo sul dono che ha ricevuto. Con il biglietto d’ingresso si riceve la Guida ai Comuni Fioriti d’Italia, ottava edizione del 2015.
L’armonia continua nel borgo, dove la preghiera si è unita all’operosità nelle botteghe, un tempo dedicate ai mercanti che arrivavano in occasione della fiera, ora sede di negozi affascinanti per il loro sapore antico, conferito non solo dalla struttura architettonica, caratterizzata dall'ar-chitrave ligneo che connota ognuno degli ingressi, ma anche dalle “merci”. La tradizione della fiera è in qualche modo conservata dal mercatino che si tiene ogni prima domenica del mese. Tra i negozi più affascinanti e particolari, quello dei tessuti artigianali, con un antico telaio all’interno.
Nel cortile antistante alla Chiesa di Santa Maria di Farfa che dà il nome al Complesso Abbaziale, si stanno raccogliendo, davanti alla facciata, dove gli elementi decorativi sono costituiti da frammenti di sarcofagi, gli invitati dell’imminente matrimonio.
La presentazione ha luogo nel refettorio seicentesco. All’interno di una imponente struttura ar-chitettonica dipinta, si svolgono le scene pittoriche attribuite, in modo “abbastanza concorde” dalla letteratura artistica, a Vincenzo Manenti. In centro, La cena di Cristo in casa del Fariseo, è inquadrata in un’ampia cornice semplice, evidenziata da un drappo rosso, come una tenda ancorata al fastigio superiore, aperta per lasciar vedere la scena: Cristo, seduto in primo piano all’estrema destra, in tunica rossa e avvolto nel mantello azzurro, sporge il busto in avanti verso la Maddalena prostrata ai suoi piedi, adorante e penitente. All’estremità opposta si anima il banchetto, al di qua dell’angolo formato dalla tavola, coperta da una tovaglia bianca che arriva fino al pavimento, un personaggio ci volge le spalle. L’architettura classica sullo sfondo si apre in un arco, che conduce lo sguardo dello spettatore in profondità, su un paesaggio sfumato, con i volumi degli edifici disposti sulla diagonale. Ai lati, inquadrate da colonne e terminanti in una superficie stondata, caratteristica delle pale d’altare, le due scene raffiguranti rispettivamente, episodi della vita di San Benedetto e San Tommaso di Morienne.
Il Padre Priore Dom Eugenio Gargiulo, ha presentato il volume, come primo di una collana, che, tra le prime pubblicazioni, vedrà quella degli atti dei convegni tenutisi nell’Abbazia. Sono seguiti i saluti delle autorità e del rappresentante del Fondo Edifici Culto, proprietario della chiesa abbaziale, dall’epoca degli espropri post unitari. La storia dell’Abbazia è lunga e complessa, vi risiedono i monaci benedettini, fino a qualche tempo fa il Complesso dipendeva dai monaci dell’Abbazia della Basilica di S. Paolo fuori le Mura a Roma, dove importanti manoscritti provenienti da Farfa sono tuttora conservati. Anche a Roma i monaci stanno valorizzando e a-prendo il patrimonio che conservano, favorendo gli studi nel campo archivistico e bibliotecario, di recente è stato presentato il nuovo allestimento del giardino interno, accessibile con visita guidata.
Il professor Umberto Longo ha illustrato la composizione del volume che non si limita all’importante e determinante storia medievale del complesso, ma anche ai periodi storici suc-cessivi che hanno lasciato tracce importanti nell’Abbazia.
L’architetto Antonio Bureca, Soprintendente alle Belle Arti e Paesaggio per Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo, ha ribadito l’importanza dei restauri come preziose occasioni di approfondimento e aggiornamento degli studi. Ha tracciato anche, a grandi linee, la storia della Soprintendenza, che si trova in piena riforma, con l’espansione della cura anche ai beni archeologici che, in precedenza, venivano gestiti da una differente soprintendenza. Accorpamento che se da un lato, si auspica, favorirà la comunicazione tra professionisti di aree diverse, dall’altro, si teme per la mole di interventi congiunti che dovrà essere operata, sperando di non lasciare indietro niente di determinante.
La curatrice della pubblicazione, Isabella del Frate, ha sottolineato la collaborazione tra istituzioni e studiosi di aree diverse e le nuove scoperte e attribuzioni. In particolare lo spostamento dai fratelli Zuccari a Girolamo Muziano delle opere manieriste.
L’affascinante intervento del professor Bruno Toscano ha concluso la presentazione. Il profes-sore ha condotto l’uditorio nel vivo della storia dell’arte, nell’apertura di orizzonti che caratte-rizza la disciplina negli ultimi tempi. Apertura di fatto geografica, testimoniata dal confluire di esperienze e collegamenti insospettabili da luoghi disparati e lontani fra loro, non solo geogra-ficamente. Farfa ne è un esempio, come territorio dove confluiscono suggestioni non solo dalle vicine Umbria e Abruzzo, ma anche d’oltralpe. L’importanza dell’aver esteso oltre il medioevo gli studi è rafforzata dal fatto che, proprio dalle opere presenti nel territorio, possiamo farci un’idea della pittura del Quattrocento, quasi del tutto perduta a Roma. Testimonianza delle in-fluenze d’oltralpe, l’Ecce Homo scolpito nel frammento architettonico di difficile individuazione di appartenenza dell’opera d’origine e soprattutto il Giudizio Finale nella controfacciata della chiesa, di mano fiamminga. Il Professore ipotizza che la mancanza di documentazione relativa all’esecuzione dell’opera, grande e imponente, per bellezza e per l’estensione della superficie coperta dalla pittura, sia dovuta ai bellissimi e potenti nudi, presenti in una chiesa abbaziale in epoca di Controriforma. Riprendendo il discorso sugli accorpamenti delle soprintendenze si la-menta il fatto che, a livello istituzionale, continuino a occupare energie e risorse i centri come Venezia, Firenze, Pompei, quando ormai, la separazione tra centro e periferia, appare una ac-quisizione superata. Sopratutto, incredibile, è pensare di continuare a considerare periferiche entità come la Reggia di Caserta.
Unico appunto che è stato mosso al volume e che apre un’altra questione dibattuta, è sulla qualità delle foto. Ma è possibile muovere una critica in tal senso, con la crisi dell’editoria, in una società che sta perdendo il gusto di molte cose e tra queste la bellezza del libro come oggetto d’arte?
Spazi della Preghiera, Spazi della Bellezza. Il Complesso Abbaziale di Santa Maria di Farfa,
Palombi Editori, Roma 2015, 243 pp., ill. €. 35,00